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Tesis sobre el tema "Conservazione"

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Meneghetti, Andrea Paola <1991&gt. "La conservazione dell'arte ambientale". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17189.

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Resumen
Nella società attuale, l’arte ambientale è in grado di coinvolgere e attirare sempre più visitatori. Si tratta di un movimento artistico che rivoluziona il rapporto tra l’uomo e la natura, in cui l’ambiente non solo influenza e ospita la creazione artistica, ma la incorpora fino a trasformarla una parte di se, al fine di creare e suscitare un’immediatezza sensoriale. Le opere sono realizzate con materiali eterogenei e sono costantemente esposte a fattori climatici. Ciò richiede una particolare riflessione sui principi e sulle metodologie da attuare per un corretto progetto di conservazione. La conservazione dell’arte ambientale è ancora oggi un argomento di studio e di discussione nei dibattiti internazionali, per tale motivo l’intento della tesi è di approfondire le tematiche relative alla conservazione e il restauro delle opere ambientali. In particolare, saranno analizzati i materiali utilizzati, le forme di degrado, e le difficoltà riscontrate sulle procedure e sugli interventi delle opere dell’arte contemporanea. Infine, saranno analizzate nel dettaglio due istituzioni storiche: la collezione privata di Fattoria Celle e il parco Arte Sella, per comprendere nel dettaglio le problematiche riscontrate e le strategie attuate per la conservazione e il mantenimento delle strutture.
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Spagnolo, Maria Francesca. "La conservazione del documento informatico". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amslaurea.unibo.it/6714/.

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Resumen
Fino a qualche anno fa, la conversione di documenti cartacei in documenti digitali appariva come una vera e propria utopia. Quest’oggi invece pensiamo al digitale di qualsiasi tipologia come fosse un fattore prioritario, scontato ed immediato, da poterlo considerare una vera a propria dipendenza. Mentre una volta i documenti venivano depositati in archivi talvolta rudi e polverosi, spiacevoli da recuperare, sia per tempistiche sia per condizioni, oggi la quotidianità è così frenetica che occorre ottenere tutto in modo tempestivo. Un’ evoluzione socio-culturale ha portato all’elaborazione di tecniche sempre più sofisticate di ottimizzazione nel campo; si parla di “dematerializzazione dei documenti” o “processo di conservazione sostitutiva”, innovazione che ha determinato una vera e propria rivoluzione nella Pubblica Amministrazione, nei rapporti tra privati, nell’Ordinamento Giuridico e nella scienza del diritto, poiché è radicalmente mutata la concezione di “documento” così com’è conosciuto da migliaia di anni, nella sua natura res signata, “cosa “ che riporta informazioni. Il concetto di ”smaterializzazione” non è un’ assoluta novità se si pensa alle transazioni finanziarie di enormi quantità di denaro, che da anni avvengono in tutto il mondo, grazie a “documenti informatici”, senza che passi di mano una sola banconota. Lo scopo di questa tesi è approfondire il processo di conservazione sostitutiva, partendo dalle figure ad esso legate, per poi continuare con le regole tecniche di adozione, la validità probatoria dei documenti informatici, i formati, i metadati utilizzati, e così via.
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Rasori, Manuela. "Nazik al-mala'ika innovazione e conservazione". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/5474/.

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Vallorani, Claudia <1983&gt. "Conservazione del seme sortato di suino". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4550/1/Vallorani_Claudia_tesi.pdf.

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Resumen
Gli spermatozoi di suino sottoposti alla procedura di sessaggio mediante citofluorimetria presentano una serie di modificazioni morfo-funzionali che compromettono nel tempo la loro sopravvivenza e la capacità fecondante. Questi spermatozoi, inoltre, a causa della sensibilità ai danni indotti dalla crioconservazione, vengono solitamente conservati allo stato liquido a 15-17°C, con conseguente ulteriore peggioramento nel tempo della qualità delle cellule spermatiche sessate. Lo scopo della ricerca è stato quello di valutare le modificazioni di alcune caratteristiche morfo-funzionali degli spermatozoi in seguito a sex-sorting e conseguente conservazione. Successivamente si è cercato di migliorare i parametri qualitativi del seme sessato mediante l’aggiunta di sostanze antiossidanti e la messa a punto di una nuova metodica di conservazione. I risultati ottenuti hanno evidenziato che la procedura di sessaggio e la conseguente conservazione per 24-26 ore a 15°C hanno indotto un peggioramento significativo delle caratteristiche morfo-funzionali (vitalità, integrità acrosomiale, quantità e distribuzione dell’Hsp70, capacità fecondante). Mentre l’azione degli antiossidanti non si è rivelata efficace nel miglioramento della qualità degli spermatozoi durante le fasi di colorazione e passaggio attraverso il citofluorimetro, l’azione congiunta del plasma seminale e degli antiossidanti superossido-dismutasi ed epigallocatechina-3-gallato ha indotto un miglioramento significativo della vitalità degli spermatozoi. Per la conservazione del seme di suino è stata testata la tecnica di incapsulazione in membrane di alginato di bario che permette, durante l’inseminazione artificiale, un rilascio graduale degli spermatozoi e l’utilizzo di un quantitativo inferiore di materiale seminale. L’applicazione di tale tecnica per la conservazione degli spermatozoi di suino sessati non sembra provocare un calo significativo della vitalità, dell’integrità acrosomiale e dell’efficienza totale di fecondazione rispetto al seme sortato e conservato diluito suggerendo futuri studi in vivo. Una migliore conoscenza dei danni indotti da queste tecnologie e la loro minimizzazione potrà stimolare in futuro l’utilizzo su vasta scala del seme sessato nel suino.
Boar spermatozoa submitted to the sorting procedure show several morpho-functional modifications effective in compromising their survival and fertilization ability. Moreover ,boar spermatozoa, because of their susceptibility to damages induced by cryopreservation, are usually stored at 15-17°C after the sorting procedure; however, also the conservation at liquid state implies the worsening of semen quality. The aims of this research were: 1) to evaluate morpho-functional characteristics of sperm cells submitted to sex-sorting and consequent storage; 2) to try to improve the quality of sorted semen by the addition of antioxidants; 2) to set up a new storage method. Our results evidence a decreased quality of boar sorted-stored spermatozoa in term of: viability, acrosome integrity, amount and localization of Hsp70, fertilizing ability. During the staining step and the passage through the cytofluorimeter, antioxidants were not effective in improving sperm cells morpho-functional characteristics, while the addition of superoxide dismutase or epigallocatechin-3-gallate associated with seminal plasma induced an increase of viability of sorted boar spermatozoa stored 24 h at 15°C. Some researchers have utilized encapsulation in barium alginate membrane to store boar sperm cells. This technique allows a constant release of spermatozoa in sow reproductive system, avoiding the double/triple intervention of insemination and reducing the number of spermatozoa/insemination. The application of this technique in order to store boar sperm cells after sorting did not induce any impairment of sperm morpho-functional characteristics (viability, acrosome integrity, total efficiency of insemination) compared to sorted spermatozoa stored at liquid state, thus demonstrating the possibility to use this method to improve the reproductive performance of boar sorted semen.
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Vallorani, Claudia <1983&gt. "Conservazione del seme sortato di suino". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4550/.

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Resumen
Gli spermatozoi di suino sottoposti alla procedura di sessaggio mediante citofluorimetria presentano una serie di modificazioni morfo-funzionali che compromettono nel tempo la loro sopravvivenza e la capacità fecondante. Questi spermatozoi, inoltre, a causa della sensibilità ai danni indotti dalla crioconservazione, vengono solitamente conservati allo stato liquido a 15-17°C, con conseguente ulteriore peggioramento nel tempo della qualità delle cellule spermatiche sessate. Lo scopo della ricerca è stato quello di valutare le modificazioni di alcune caratteristiche morfo-funzionali degli spermatozoi in seguito a sex-sorting e conseguente conservazione. Successivamente si è cercato di migliorare i parametri qualitativi del seme sessato mediante l’aggiunta di sostanze antiossidanti e la messa a punto di una nuova metodica di conservazione. I risultati ottenuti hanno evidenziato che la procedura di sessaggio e la conseguente conservazione per 24-26 ore a 15°C hanno indotto un peggioramento significativo delle caratteristiche morfo-funzionali (vitalità, integrità acrosomiale, quantità e distribuzione dell’Hsp70, capacità fecondante). Mentre l’azione degli antiossidanti non si è rivelata efficace nel miglioramento della qualità degli spermatozoi durante le fasi di colorazione e passaggio attraverso il citofluorimetro, l’azione congiunta del plasma seminale e degli antiossidanti superossido-dismutasi ed epigallocatechina-3-gallato ha indotto un miglioramento significativo della vitalità degli spermatozoi. Per la conservazione del seme di suino è stata testata la tecnica di incapsulazione in membrane di alginato di bario che permette, durante l’inseminazione artificiale, un rilascio graduale degli spermatozoi e l’utilizzo di un quantitativo inferiore di materiale seminale. L’applicazione di tale tecnica per la conservazione degli spermatozoi di suino sessati non sembra provocare un calo significativo della vitalità, dell’integrità acrosomiale e dell’efficienza totale di fecondazione rispetto al seme sortato e conservato diluito suggerendo futuri studi in vivo. Una migliore conoscenza dei danni indotti da queste tecnologie e la loro minimizzazione potrà stimolare in futuro l’utilizzo su vasta scala del seme sessato nel suino.
Boar spermatozoa submitted to the sorting procedure show several morpho-functional modifications effective in compromising their survival and fertilization ability. Moreover ,boar spermatozoa, because of their susceptibility to damages induced by cryopreservation, are usually stored at 15-17°C after the sorting procedure; however, also the conservation at liquid state implies the worsening of semen quality. The aims of this research were: 1) to evaluate morpho-functional characteristics of sperm cells submitted to sex-sorting and consequent storage; 2) to try to improve the quality of sorted semen by the addition of antioxidants; 2) to set up a new storage method. Our results evidence a decreased quality of boar sorted-stored spermatozoa in term of: viability, acrosome integrity, amount and localization of Hsp70, fertilizing ability. During the staining step and the passage through the cytofluorimeter, antioxidants were not effective in improving sperm cells morpho-functional characteristics, while the addition of superoxide dismutase or epigallocatechin-3-gallate associated with seminal plasma induced an increase of viability of sorted boar spermatozoa stored 24 h at 15°C. Some researchers have utilized encapsulation in barium alginate membrane to store boar sperm cells. This technique allows a constant release of spermatozoa in sow reproductive system, avoiding the double/triple intervention of insemination and reducing the number of spermatozoa/insemination. The application of this technique in order to store boar sperm cells after sorting did not induce any impairment of sperm morpho-functional characteristics (viability, acrosome integrity, total efficiency of insemination) compared to sorted spermatozoa stored at liquid state, thus demonstrating the possibility to use this method to improve the reproductive performance of boar sorted semen.
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Moroncelli, Marie, Enrico Vincenzetti, Federica Tonelli, Martina Ricupero, Enea Merloni, Amedeo Palagano y Alessandra Cecchini. "Conservazione e valorizzazione dell'Anfiteatro Romano di Ancona". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2022.

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Resumen
Oggi l’Anfiteatro romano di Ancona, privo dell’identità originaria, permane in uno stato di quasi totale abbandono lì dove fu concepito, tra il Colle Guasco e dei Cappuccini. La storia dell’Anfiteatro si interseca nel corso dei secoli con avvenimenti e necessità contrapposte tra loro; motivo per cui oggi avvertiamo la bellezza di questo luogo come un fascino pieno di mistero, capace, grazie allo stretto rapporto tra le parti, di generare un’insolita grazia. Nell’area vi è una forte tensione tra la molteplicità e l’unità degli elementi che rende assai difficile la comprensione dell’intero sito archeologico. Dall’esterno, le componenti architettoniche presenti nell’area, a causa della netta separazione tracciata da via Birarelli e, della complessa stratificazione storica, risultano pressoché indistinguibili. All’interno i percorsi sono quasi o del tutto inesistenti e scollegati tra loro. I continui e diversi salti di quota rendono il tema dell’accessibilità di grande rilevanza poiché - inseguendo un’idea Ruskiniana - pensiamo che la cura, ed in definitiva l’uso, oggi come ieri, siano i più validi strumenti di restauro. Fin dal primo istante l’obiettivo di questo lavoro è stato garantire una più comprensibile lettura di tutte le stratificazioni storiche, ponendo particolare attenzione per l’epoca romana, di cui rimangono i resti più imponenti dell’antica struttura anfiteatrale e termale. Inoltre, si è deciso di affrontare il tema dell’accessibilità nel segno dell’inclusione e di una migliore fruizione dell’intera area. In questo caso, la necessità non era semplicemente quella di collegare parti distinte tra loro bensì quella di delineare un percorso capace di farsi racconto. Un racconto che possa dialogare, in accordo con il testo antico, insieme al contesto urbano e vegetale; così da costituire, di nuovo, seppure in modo totalmente diverso, quell’unità di intenti andata perduta.
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Donà, Chiara <1974&gt. "Sicurezza strutturale e conservazione del costruito storico". Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2006. http://hdl.handle.net/10579/192.

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Battaglia, Daniela Maria <1987&gt. "CARATTERIZZAZIONE E CONSERVAZIONE DI REPERTI CERAMICI ARCHEOLOGICI". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4791.

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Resumen
Il presente lavoro di tesi è stato sviluppato considerando due aspetti tra loro complementari della chimica applicata ai beni culturali, lo studio dei materiali e l'intervento sui beni stessi, promuovendo un approccio non solo scientifico ma anche sostenibile del restauro, partendo dall'esperienza del "Progetto Shared Culture "Torecello 2012. Alle origini di Venezia". Oggetto di studio sono stati alcuni reperti ceramici rinvenuti nello scavo archeologico svolto sull'isola di Torcello, nel periodo novembre 2012-aprile 2013. Il lavoro è stato suddiviso in due fasi successive tra loro interconnesse. La prima fase del lavoro è stata di tipo "tradizionale" e ha riguardato la caratterizzazione chimica e fisica dei reperti che, appartenendo a epoche diverse, risultano differenti per impasto ceramico, tipo di rivestimento e metodologie di cottura impiegate. In questa fase, particolare attenzione è stata dedicata allo studio del rapporto tra vetrina e corpo ceramico: l'eventuale presenza di minerali di neoformazione nell'interfaccia e lo spessore di quest'ultima, sono infatti in grado di fornirci indicazioni riguardo la tipologia e la massima temperatura di cottura del manufatto. La seconda fase è stata di tipo "pratico" e ha riguardato la scelta e la verifica dei prodotti presenti sul mercato per il consolidamento dei reperti ceramici invetriati, che si presentavano in molti casi in cattivo stato di conservazione. L'intervento ha visto l'applicazione di due approcci: i) classico, utilizzando tre diversi consolidanti presenti nel campo del restauro, Estel 1000, Nanoestel e Acryl 33; e ii) sperimentale, volto da una parte al ripristino della protezione offerta dall'originale vetrina, tramite applicazione di film adesivi a base di PET e, dall'altra alla ricostruzione della vetrina stessa attraverso formulazioni bassofondenti. La fase di creazione della vetrina ha riguardato non solo l'individuazione della ricetta più semplice e facile da realizzare ma anche la necessità di un controllo della compatibilità delle fasi operative con i reperti stessi, che sarebbero stati poi sottoposti al trattamento. In tale fase sono state sperimentate diverse ricette e controllate le proporzioni tra i componenti delle diverse formulazioni, le interazioni tra corpo ceramico e vetrina nonché le temperature di cottura. Le indagini chimico-fisiche sono state ottenute utilizzando: microscopia ottica, fluorescenza a raggi x, spettroscopia infrarossa in trasformata di Fourier, microscopia elettronica a scansione, colorimetria.
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Pietroni, Camilla y Margherita Memè. "Sentinum: conservazione, restauro e valorizzazione del parco archeologico". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amslaurea.unibo.it/15838/.

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Resumen
La tesi "Sentinum: conservazione, restauro e valorizzazione del parco archeologico" ha come oggetto lo studio del sito archeologico romano situato all'interno del comune di Sassoferrato (AN). In seguito ad una ricerca storica/bibliografica, si è proceduto con un rilievo in sito e con una successiva analisi del materiale reperito riguardante i due manufatti principali: le Terme Urbane e le Terme Extra - urbane. Parallelamente è stato condotto uno studio a scala territoriale riguardante il contesto paesaggistico. Alla fase di analisi ha fatto seguito l'elaborazione progettuale che si è concentrata sulla conservazione e valorizzazione dei due complessi termali, sulla risistemazione e integrazione del sistema dei percorsi e sulla progettazione di un deposito per i resti archeologici in vista di scavi futuri.
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Babolin, Maria Cristina <1965&gt. "Attualità e anacronismi nella conservazione dei beni culturali". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/1585.

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Bartolomiello, Enrico <1992&gt. "Il Polo Archivistico Regionale: conservazione digitale dei documenti". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/11725.

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Resumen
La tesi tratterà il progetto della Regione Veneto per la creazione di un polo archivistico regionale, lo studio di normative e direttive in tema di conservazione ed, infine, la definizione e l'individuazione di linee guida, standard e metadati per la gestione delle diverse tipologie documentali.
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Tormen, Nicola. "Conservazione e valorizzazione delle risorse genetiche animali autoctone". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3423074.

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Resumen
The conservation and enhancement of indigenous animal genetic resources is a field of theoretical study and application that are taking increasing interest and importance, especially in this new millennium in which global changes continue to accelerate and the need for sustainable and often localized agriculture, is becoming more prevalent (FAO, The State of Food and Agriculture, 2012, http://www.fao.org/catalog/inter-e.htm). The study of this thesis also financed by Veneto Region with a scholarship, is focused, through the presentation of four contributions, to the study of indigenous sheep genetic resources in Veneto region, with particular reference to the center of conservation at the Experimental Farm for the Mountain "Villiago" (Veneto Agriculture - Regional Agency for Agricultural sectors, Forestry and Food) Sedico (BL) (Annex I). The first contribution is about the characterization of Veneto sheep breeds with limited diffusion recognized in R.A. (Alpagota, Brogna, Foza and Lamon), through a genetic investigation with the use of a panel of 17 microsatellite markers (FASS, 1999; ISAG / FAO, 2004) and in relation to an Italian breed recognized in L.G. (Appenninica) used as an outgroup. To try to evaluate the influence of the structures of subpopulation (if present), total data were considered in the experimental plan in two ways: - as a single sample population ; - as two sample populations, divided into a main institutional farm called "main flock" ("Villiago"), which contains all 4 breeds of Veneto region, and into secondary farms called "secondary flocks" (essentially private breeders). In general, it was found that Veneto sheep breeds show a considerable genetic variability, in terms of number of alleles and heterozygosity with respect to the breed of reference, which proved to be the least variable (0.663). However, a significant deficit of heterozygotes was observed in every breed due to rather high levels of consanguinity or for the presence of substructures in the population, probably due to greater genetic variation in populations founders with respect to the latter. Considering the sample population divided into "main flock" and "secondary flocks," there has been a genetic differentiation between primary and secondary flocks within each breed, in terms of total number of alleles, allelic richness and reduction in genetic diversity. In general from total samples, not considering the division into "main flock" and "secondary flocks", the contribution of genetic diversity is between -0.954%, removing from the data set the Appenninica, to +1.357%, removing Alpagota. Considering the division between "main flock" and "secondary flocks", the results obtained from the main group are different from secondary groups: removing the subjects of "secondary flocks" the maximum value has been reached by removing the breeds Alpagota (-7.415) and Brogna (-6.390), while not considering breeds Foza and Lamon in both primary and secondary groups, the value obtained is always negative (Foza: -0.209, -6.237, Lamon: 0.949, -2.795, for "main flock" and "secondary flocks", respectively). In summary, the results of this study show the importance to compare the genetic diversity among primary and secondary flocks to safeguard native sheep breeds , especially in the guidelines that the institutions should provide in conservation programs to protect institutional and private farms, by providing separate and targeted actions. The results obtained are served, also, for the realization of a technical-informative layman for breeders (Annex II). The second contribution is to study the generational simulations through the use of Hybridlab software, in order to evaluate a first hypothesis about the possible effects of a selection of genotypes not susceptible to the development of neurodegenerative disease scrapie in native sheep breeds; the study concerns in particular the approach to generational simulations in groups of sheep that do not have the pedigree data. In this case the genetic variability of two groups of subjects from two native sheep breeds of Veneto region, Alpagota and Brogna (118 subjects in total, of which 23 ♂ and 42 ♀ for Brogna, 27 ♂ and 26 ♀ for Alpagota), was studied by genetic analysis with the application of 17 microsatellite markers, as in the protocol followed in the study of the first contribution of this work. The molecular data obtained were used for the simulation of subsequent generations of the two breeds, according to a scheme of intersections within the breed and on the basis of the choice of breeding males in relation to the genotypic data of scrapie susceptibility. The assumptions behind the work required for the coupling plane, were: - the allele frequencies of the sample of animals are representative of the original populations; - all rams and all females have the same reproductive performances; - males are selected by a random drawing and are used only for one round of mating; - the number of animals who makes up the sample population is fixed. For each breed were carried out four new simulated successive generations, expanding the population at time zero up to 1000 individuals and selecting more than 500 subjects representative of the real population (for allele frequencies and sex). On these simulated populations at time zero, considered representative of the real situation of departure, we proceeded to apply a selection scheme with internal selection of 10% of the internal real consistency, sex ratio of offspring about 50%, average fertility 145%, use of males for only one round of mating and never in reproductive round (season) after birth, but in the next. The selection, on the basis male, was performed using two different approaches: discarding males with scrapie unfavorable genotype (Hazard Class V genotypes VRQ / VRQ, ARQ / VRQ and ARH / VRQ) and without selection of the genotype. The subjects deleted were chosen randomly among those eligible for selection. It was found that the total number of alleles detected in Alpagota was of 158 (average 9:29 ± SD 2.95), and in Brogna was 186 (mean 10.94 ± SD 3.05). The differences in the mean number of alleles, expected and observed heterozygosity, and molecular coancestry are determined by the selected and non-selected populations of both breeds. The results showed that if the assumptions are met and the generational analysis is corrected by the use of Hybridlab software, selection against susceptibility to scrapie is possible in studied local breeds with reduced diffusion , without compromising the genetic diversity. The third contribution was made consecutive to the first two, and as a continuation of the same. It is based on molecular data of those animals tested in the first contribution and aims to try to answer two questions that a researcher might ask as a result of the theoretical analysis of generational simulation of populations: - "What would happen if there was in fact the direct and immediate removal of individuals as the result of a selection plan of subjects to high susceptibility to develop scrapie, and then in real populations?" - "Is possible to imagine a description of the current population at time zero?" To do this, we used data from real animals characterized in the first contribution of this thesis, extrapolating 394 individuals belonging to four Veneto sheep breeds, with the following specifications: 110 Alpagota, 186 Brogna, 55 and 43 Foza Lamon. In addition to the molecular characterization of 17 microsatellite markers, we have used the information from genotyping for verification of haplotype associated with the PrP gene, believed to be associated with the degree of susceptibility to developing the disease. So, I created 31 different punctual datasets, in relation to the removal of all combinations of haplotypes classified in the table of risk class indicated by the European Commission. The relative abundance of populations is different: - whole population (394 subjects); - population with removal of the male and female of risk class V (332 subjects); - population with subjects of risk class IV and V together (ie with complete removal of the VRQ allele from the population, for a total of 134 subjects). The statistical analysis of the datasets considered useful showed that the total number of alleles detected is equal to 286, with a minimum value of 11 for the loci McM527 and MAF65 and maximum value of 23 for the loci CSRD247 and INRA063. The allelic frequency relative to the alleles detected ARR, AHQ, ARK, ARQ, ARH and VRQ varies between breeds, but in all the ARQ allele is more prevalent. While the observed heterozygosity, passing from the analysis of data relating whole population to those of the other two populations without risk class V and risk class V and IV of individuals, would increase only in all cases for Brogna, for Lamon increases only between the last two categories, while for all breeds the average number of alleles drastically decreases. Finally, only the population of subjects of breed Lamon has reduced the loss in genetic diversity by comparing the three categories of dataset. In general, then, we can say that if we consider the selection of subjects in Veneto sheep breeds, in relation to the sampled data and assuming that these are representative of the real situation of entirely breeding populations, there is a possible general loss of biodiversity raised. In the fourth contribution, however, the conservation and development of animal genetic resources was investigated by an indirect approach, assuming that if there are glaring differences between individuals of different breeds and between breeds, there may also be differences expressed at the microscopic level. In this specific case it was decided to use a method of comparison of the wool, emphasizing the micro-morphometric structural features of hair surface, focusing on forms of cuticle. To try to reduce the error of the operator that should be adequately trained to recognize and classify the changing cuticular shapes, it has developed a method based on the measurement by microscopy image and subsequent image analysis with software ImageJ of calibrated sections of hair in certain areas of Shield (distal third of the hair towards the tip) and Shaft (proximal third of the hair towards the bulb). From the analysis of 90 hairs belonging to 15 female subjects (6 hairs to subject) attributable uniquely to the breeds Alpagota (3), Brogna (3), Foza (3), Lamon (3) and Appenninica (3), we have obtained 2 sets of 9023 raw data, in which are expressed values of area and perimeter of all cuticular forms (partial or total) referable to 6 sample areas contiguous 50 μm each. Since the objective is to identify a method of detection of the morphometric features and assuming that there are metric relations between the area and the perimeter of any geometric shape although not regular, it was decided to transform the values of area and perimeter of each form in its report "AREA/PERIMETER", obtaining a value expressed in microns. From each set of values it was then created a new set of index values equal to the average and median of the individual sample Shield and 6 areas of Shaft, bringing a contraction of the series of data sample of the population to 1080. These sample populations are considered in their entirety of the data, only considering data from the Shield area and only those relevant to the area of Shaft, subjected to parametric analysis of variance with procedure "Proc GLM SAS® version 9.2" and post- hoc test Duncan-Waller. The analysis showed that in all cases were always recognized the differences between the considered areas (Shield and Shaft), reflecting the fact that the method is able to adequately represent the microscopic obvious differences between the two areas of the hair. Considering then only the series of data relating to Shield and Shaft, it was possible to detect differences between breeds, with groupings "Foza-Alpagota", "Lamon" and "Brogna-Appenninica". About this, we can say that the features of micrometer diameter of wool in Brogna and Appenninica breeds are comparable, while the wool of Lamon breed is known to be larger in terms of length and diameter of the fibers. Only in the case of the analysis of the series on the medians in Shaft, with post-hoc test of Duncan-Waller it was possible to separate all five breeds. In summary, this method, if the results were confirmed by the application of the methods on a larger dataset in terms of number of individuals sampled, could be one possible economic method that integrates genetic analysis, also useful in the exploitation of the breeds by characterization (control and self-control) of derivatives.
La conservazione e la valorizzazione delle risorse genetiche animali autoctone è un campo di studio teorico ed applicativo che sta assumendo sempre maggior interesse ed importanza, soprattutto in questo nuovo millennio in cui i cambiamenti globali sono sempre più rapidi e l’esigenza di un’agricoltura sostenibile e spesso localizzata si fa sempre maggiormente presente (FAO, 2012, The State of Food and Agriculture, http://www.fao.org/catalog/inter-e.htm). Lo studio riportato in questa tesi di dottorato, finanziato anche dalla Regione Veneto con una borsa di studio a tema vincolato, è stato focalizzato, attraverso la presentazione di quattro contributi, sullo studio delle risorse genetiche ovine autoctone del Veneto, con particolare riferimento al centro di conservazione presso l’Azienda Sperimentale per la Montagna “Villiago” (Veneto Agricoltura - Agenzia Regionale per i settori Agricolo, Forestale e Agroalimentare) di Sedico (BL) (Allegato I). Il primo contributo riguarda la caratterizzazione delle razze ovine venete a limitata diffusione iscritte a R.A. (Alpagota, Brogna, Foza e Lamon), attraverso un’indagine genetica con l’uso di un panel a 17 marcatori microsatelliti (FASS, 1999; ISAG/FAO, 2004) e in relazione ad una razza italiana iscritta a L.G. (Appenninica) usata come outgroup. Per cercare di valutare l’influenza delle strutture di sottopopolazione (se presenti), i dati totali sono stati considerati nel piano sperimentale in due modi: - come un’unica popolazione campionaria; - come due popolazioni campionarie, suddivise in un allevamento principale istituzionale definito “main flock”(“Villiago”) e che racchiude tutte e 4 le razze venete, e in allevamenti secondari definiti “secondary flocks”(essenzialmente allevatori privati). In generale, si è rilevato che le razze venete mostrano una considerevole variabilità genetica, in termini di numero di alleli e di eterozigosità, rispetto alla razza di riferimento, che si è rivelata la meno variabile (0.663). Tuttavia, un significativo deficit di eterozigoti è stato osservato in ogni razza a causa di livelli piuttosto elevati di consanguineità o per la presenza di sottostrutture nella popolazione, probabilmente dovute a una maggiore variabilità genetica nelle popolazioni fondatori rispetto a quest’ultime. Considerando poi la popolazione campionaria suddivisa in “main flock” e “secondary flocks”, si è assistito ad una differenziazione genetica tra greggi principali e secondarie all'interno di ogni razza, in termini di numero totale di alleli, ricchezza allelica e riduzione di diversità genetica (Caballero & Toro, 2002). In generale, dai campioni totali e non considerando la suddivisione in “main flock” e “secondary flocks”, il contributo della diversità genetica è compresa tra -0,954%, rimuovendo dal set di dati la razza Appenninica, a +1,357%, rimuovendo Alpagota. Considerando la suddivisione tra “main flock” e “secondary flocks”, i risultati ottenuti dal gruppo principale sono diversi da quelli dei gruppi secondari: rimuovendo i soggetti del “secondary flocks” il valore massimo si è raggiunto togliendo le razze Alpagota (-7,415) e Brogna (-6,390), mentre non considerando le razze Foza e Lamon in entrambi i gruppi principale e secondario, il valore ottenuto risulta sempre negativo (Foza: -0,209, -6,237, Lamon: 0,949, -2,795, per “main flock” e “secondary flocks”, rispettivamente). In sintesi, i risultati di questo studio mostrano quindi l'importanza di confrontare la diversità genetica tra le greggi principali e secondari per salvaguardare le razze ovine autoctone, soprattutto nell’ambito delle linee guide che le istituzioni dovrebbero fornire nei programmi di conservazione a tutela di allevamenti istituzionali e privati, prevedendo azioni distinte e mirate. I risultati ottenuti sono serviti, inoltre, per la realizzazione di una scheda tecnica informativo-divulgativa per gli allevatori (Allegato II). Nel secondo contributo si propone di studiare delle simulazioni generazionali attraverso l’uso del software Hybridlab, al fine di valutare una prima ipotesi sui possibili effetti di una selezione di genotipi non suscettibili allo sviluppo della malattia neurodegenerativa scrapie nelle razze ovine autoctone; lo studio riguarda in particolar modo l’approccio alle simulazioni generazionali in gruppi di ovini di cui non si possiedono i dati di pedigree. In questo caso la variabilità genetica di due gruppi di soggetti appartenenti a due razze ovine autoctone del Veneto, Alpagota e Brogna (118 soggetti totali, di cui 23 ♂ e 42 ♀ per Brogna, 27 ♂ e 26 ♀ per Alpagota), è stata studiata attraverso l’analisi genetica con l’applicazione di 17 marcatori microsatelliti, come nel protocollo seguito nello studio del primo contributo di questo lavoro. I dati molecolari ottenuti sono stati utilizzati per la simulazione delle generazioni successive delle due razze, secondo uno schema di incroci all'interno della razza e sulla base della scelta dei maschi riproduttori in relazione ai dati genotipici di suscettibilità scrapie. Gli assunti alla base del lavoro, necessari per il piano di accoppiamento, sono stati: - le frequenze alleliche degli animali del campione sono rappresentativi delle popolazioni originali; - tutti i montoni e le tutte femmine hanno le stesse prestazioni riproduttive; - i maschi sono selezionati da un disegno casuale e sono utilizzati solo per un turno di monte; - il numero di animali che compone la popolazione campione è fisso. Per ogni razza quattro nuove generazioni simulate successive sono state realizzate ampliando la popolazione al tempo zero fino a 1000 individui e selezionando oltre 500 soggetti rappresentativi della popolazione reale (per frequenze alleliche e sesso). Su queste popolazioni simulate al tempo zero, ritenute rappresentative della situazione reale di partenza, si è proceduto ad applicare uno schema di selezione con rimonta interna pari a 10% della consistenza reale, sex ratio della progenie 50% circa, prolificità media 145%, utilizzo dei maschi per un solo turno di monte e mai nel turno riproduttivo (stagione) successiva alla nascita, ma in quello dopo. La selezione, su base maschile, è stata eseguita utilizzando due diversi approcci: scartando maschi con genotipo scrapie sfavorevole (Classe di rischio V, genotipi VRQ/VRQ, ARQ/VRQ e ARH/VRQ) e senza selezione del genotipo. I soggetti eliminati sono stati scelti in maniera casuale tra quelli idonei alla selezione. Si è riscontrato che il numero totale di alleli rilevati in Alpagota è stato di 158 (media 9.29 ± SD 2.95), e in Brogna è stato di 186 (media 10.94 ± SD 3.05). Le differenze nel numero medio di alleli, eterozigosità attesa e osservata, e coancestry molecolare sono stati rilevati per le popolazioni selezionate e non selezionate di entrambe le razze. I risultati hanno mostrato che, se gli assunti sono rispettati e l’analisi generazionale è corretta con l’uso del software Hybridlab, la selezione contro la sensibilità alla scrapie è possibile nelle razze locali a ridotta diffusione studiate, senza compromettere la diversità genetica. Il terzo contributo è stato realizzato consecutivamente ai primi due e come continuazione degli stessi. Si basa sui dati molecolari dei soggetti animali analizzati nel primo contributo e ha come scopo cercare di rispondere a due domande che un ricercatore si potrebbe porre a seguito dell’analisi teorica di simulazione generazionale delle popolazioni: - "Cosa succederebbe se ci fosse in realtà la rimozione diretta ed immediata di individui a seguito di un di piano selezione dei soggetti a suscettibilità elevata di sviluppare la scrapie, e quindi nella popolazione reale?"; - "È possibile ipotizzare un quadro descrittivo della popolazione attuale al tempo zero?". Per fare questo, si sono utilizzati i dati reali degli animali caratterizzati nel primo contributo di questa tesi, estrapolando 394 soggetti appartenenti alle 4 razze ovine venete, con le seguenti specifiche: 110 Alpagota, 186 Brogna, 55 Foza e 43 Lamon. Oltre alla caratterizzazione molecolare a 17 marcatori microsatelliti, si sono utilizzate le informazioni derivanti dalla genotipizzazione per verifica dell’aplotipo associato al gene PrP, ritenuto associabile al grado di suscettibilità di sviluppo della malattia. Ho creato così 31 dataset puntuali differenti, in relazione alla rimozione di tutte le combinazioni di aplotipi inquadrati nella tabella di classe di rischio indicata dalla Commissione Europea. La numerosità delle popolazioni è però differente: - popolazione integra (394 soggetti); - popolazione con rimozione dei soggetti maschi e femmine iscrivibili nella classe di rischio V (332 soggetti); - popolazione con soggetti delle classi di rischio V e IV insieme (quindi con rimozione completa dell’allele VRQ dalla popolazione, per un totale di 134 soggetti). Dall’analisi statistica dei dataset ritenuti utili è emerso che il numero totale di alleli rilevato è pari a 286, con valore minimo di 11 per i loci McM527 e MAF65 e valore massimo di 23 per i loci CSRD247 e INRA063. La frequenza allelica relativa agli alleli rilevati ARR, AHQ, ARK, ARQ, ARH e VRQ è variabile tra le razze, ma in tutte l’allele maggiormente presente è ARQ. Mentre l’eterozigosità osservata, passando dall’analisi dei dati relativi alla popolazione integra a quelli delle altre due popolazioni senza classe quinta e senza classi quinta e quarta di rischio degli individui, aumenterebbe solo in tutti i casi per Brogna, per Lamon aumenta solo tra le ultime due categorie, mentre per tutte le razze il numero medio di alleli cala drasticamente. Infine, proprio solo la popolazione dei soggetti di razza Lamon presenta una riduzione della perdita in diversità genetica confrontando le tre categorie di dataset. In generale, quindi, è possibile affermare che se si considera la selezione dei soggetti nelle razze ovine venete, in relazione ai dati campionati e assumendo che questi siano rappresentativi della situazione reale delle popolazioni allevate nella loro totalità, vi sia una possibile generale perdita di biodiversità allevata. Nel quarto contributo, invece, la conservazione e valorizzazione delle risorse genetiche animali è stata investigata con un approccio indiretto, assumendo che se esistono delle differenze macroscopiche tra i soggetti delle diverse razze e tra le razze, potrebbero esistere anche delle differenze espresse a livello microscopico. Nel caso specifico, si è scelto di utilizzare un metodo di raffronto del vello, con rilievo delle caratteristiche micro-morfometriche strutturali della superficie del pelo, concentrandosi sulle forme cuticolari. Per cercare di ridurre l’errore dell’operatore che dovrebbe essere adeguatamente preparato a riconoscere e classificare le mutevoli forme cuticolari, si è messo a punto un metodo basato sulla misurazione mediante microscopia d’immagine e successiva image analysis con software ImageJ di sezioni calibrate di pelo, in aree determinate di Shield (terzo distale del pelo verso la punta) e di Shaft (terzo prossimale del pelo verso il bulbo). Dall’analisi di 90 peli appartenenti a 15 soggetti femmine (6 peli a soggetto) riconducibili in maniera univoca alle razze Alpagota (3), Brogna (3), Foza (3), Lamon (3) e Appenninica (3), abbiamo ottenuto 2 serie di 9023 dati grezzi; in ciascuna sono espressi valori di area e perimetro di tutte le forme cuticolari (parziali o totali) riconducibili a 6 aree campione contigue di 50 µm l’una. Poiché lo scopo è quello di individuare un metodo di rilevamento delle caratteristiche morfometriche e assumendo che esistano delle relazioni metriche tra l’area e il perimetro di qualsiasi forma geometrica anche se non regolare, si è provveduto a trasformare i valori di area e perimetro di ciascuna forma nel suo rapporto “Area/Perimetro”, ottenendo un valore espresso in µm. Da ciascuna serie di valori è stata quindi creata una nuova serie di valori indice pari alla media e alla mediana delle singole 6 aree campione di Shield e di Shaft, portando una contrazione delle serie campionaria della popolazione di dati a 1080. Tali popolazioni campionarie sono state considerate nella loro totalità dei dati, solo considerando i dati relativi alla zona di Shield e solo quelli relativi alla zona di Shaft, sottoponendole ad analisi parametrica della varianza con procedura “Proc GLM SAS® version 9.2” e test post-hoc di Duncan-Waller. Dall’analisi è emerso che in tutti i casi sono stati sempre rilevati delle differenze tra le aree considerate (Shield e Shaft), a riprova del fatto che il metodo è in grado di rappresentare adeguatamente le differenze microscopiche evidenti tra le due aree del pelo. Considerando poi solo le serie di dati relative a Shield e Shaft, è stato possibile rilevare delle differenze tra le razze, con raggruppamenti “Foza-Alpagota”, “Lamon” e “Brogna-Appenninica”. Riguardo questo, si può dire che le caratteristiche di diametro micrometrico del vello delle razze Brogna e Appenninica siano comparabili, mentre il vello della razza Lamon è notoriamente di dimensioni maggiori in termini di lunghezza e diametro delle fibre. Solo nel caso dell’analisi della serie relativa alle mediane in Shaft, con il test post-hoc di Duncan-Waller è stato possibile separare tutte e cinque le razze. In sintesi, tale metodo, se i risultati fossero confermati dall’applicazione delle metodiche su un set di dati di dimensioni maggiori in termini di numerosità dei soggetti campionati, potrebbe rappresentare un possibile metodo economico che integra le analisi genetiche, utile anche nella valorizzazione delle razze mediante caratterizzazione (controllo e autocontrollo) dei prodotti derivati.
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Amati, Elisa. "Sant'Arduino. Conservazione, recupero e valorizzazione dell'antico borgo del Montefeltro". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amslaurea.unibo.it/1783/.

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L’evolvere del sistema insediativo nelle Marche, dal dopoguerra ad oggi, ha condotto ad un diffuso sottoutilizzo dei piccoli centri storici ed all’abbandono, ormai definitivo, di quei borghi minori, privi di funzioni di pregio, privi ormai anche delle dotazioni minime funzionali all’abitare. Il piccolo nucleo di Sant’Arduino si inserisce in quel lungo elenco di borghi che, con il graduale abbandono dell’agricoltura, hanno subito un progressivo processo di spopolamento. Lungo la strada che da Macerata Feltria conduce verso il monte Carpegna, il complesso monumentale è quasi sospeso su un dirupo: un campanile senza campane, una chiesa sconsacrata e pochi edifici rustici da alcuni anni completamente abbandonati. E' tutto quello che rimane dell'antico castello e della Chiesa parrocchiale di Sant’Arduino, che oggi ha perso la propria autonomia amministrativa e si colloca nel Comune di Pietrarubbia. Questo lavoro vuole offrire un contributo al processo di valorizzazione dei nuclei minori di antico impianto, intento promosso dalla stessa Regione all’interno del progetto “Borghi delle Marche”. La sensibilizzazione per un recupero urbanistico e architettonico del patrimonio tradizionale minore si coniuga con la scelta di inserire l’intervento nel suo contesto culturale e geografico, cercando di impostare, non un isolato intervento di recupero, ma un anello di connessione in termini sociali, culturali e funzionali con le politiche di sviluppo del territorio. Il percorso individuato si è articolato su una prima fase di indagine volta ad ottenere una conoscenza del tema dei borghi abbandonati e del sistema dei borghi delle Marche, successivamente l’analisi storica e la lettura e l’indagine dell’oggetto, fasi propedeutiche all’elaborazione di un’ipotesi di intervento, per giungere all’individuazione della modalità di riuso compatibile con il rispetto dei valori storico, formali e culturali del luogo. Per questo la scelta del riuso turistico del complesso, trovando nella funzione di albergo diffuso la possibile e concreta conversione dei manufatti. Il tutto basandosi su un’approfondita ricerca storica e su un’analisi dei sistemi costruttivi tradizionali, inserendo gli interventi di restauro dell’esistente e di integrazione delle nuove strutture nel totale rispetto della fabbrica. L’idea che ha mosso l’intero lavoro parte dall’analisi della cultura rurale locale, che ha generato il patrimonio dell’architettura minore. L’alta valle del Foglia può rappresentare un territorio nuovamente appetibile se non perde le sue ricchezze; la valorizzazione e il recupero di quest’architettura diffusa può rappresentare un buon trampolino di lancio per riappropriarsi della storia e della tradizione del luogo.
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Avesani, Daniele. "Analisi dello stato di conservazione del portico della Commenda". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amslaurea.unibo.it/1470/.

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Mencarelli, Silvia y Chiara Mariotti. "Il castello di Montebello tra conservazione e riprogettazione dell’esistente". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amslaurea.unibo.it/2852/.

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L’oggetto del progetto di restauro è il Castello di Montebello, un’antica fortezza inserita all’interno del circuito di costruzioni militari della Valle del Marecchia, dunque un oggetto della storia e nella storia. Dunque un’attenta fase diagnostica-conoscitiva deve costituire la premessa indispensabile a qualsiasi intervento sulla preesistenza. Così a partire dai dati conoscitivi assunti si sono delineati gli obiettivi del progetto. L’obiettivo conservativo viene, in questo caso specifico, raggiunto non solo attraverso la conservazione vera e propria, ma anche attraverso la demolizione: una quasi paradossale demolizione per la conservazione. Le strutture introdotte con l’intervento di ricostruzione degli anni Sessanta del Novecento effettuato sul manufatto storico infatti, non solo, non introducono valore aggiuntivo all’opera,ma ne compromettono, per soluzioni, materiali ed incertezza costruttiva, la spazialità e la sicurezza, dunque la conservazione. Così, attraverso operazioni ora di conservazione, ora di demolizione e ricostruzione si è cercato di predisporre la fabbrica affinché, in modo sicuro possa accogliere una funzione, necessariamente compatibile e rispettosa del manufatto, che ne consenta il prolungamento della vita e la conservazione nel tempo. La funzione museale, finalizzata alla valorizzazione del complesso difensivo e all’esposizione della collezione epigrafica della famiglia proprietaria sembrano rispondere appieno alle domande del progetto di restauro.
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Volpato, Francesca <1994&gt. "Pianificazione Territoriale per la Conservazione della Biodiversità in Cina". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/20042.

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Il delicato equilibrio che regola l’ecosistema è messo in crisi dalla massiccia incursione umana in quelli che sono gli spazi naturali. La nascita di nuove pandemie, ultima fra tutte il Covid-19, non è da considerarsi come un evento eccezionale, quanto più una preannunciata conseguenza degli squilibri ecosistemici dettati dall’impronta umana. In questa logica diventa fondamentale ripensare al rapporto che lega essere umano e ambiente attraverso concetti quali conservazione e tutela degli spazi naturali. Questo lavoro si propone di indagare l’evoluzione delle politiche di pianificazione territoriale finalizzata alla conservazione della biodiversità messe in atto in Cina. Nel fare ciò è stato preso in analisi il concetto di conservazione, analizzando come questo venga applicato nel contesto delle politiche ambientali cinesi. I risultati evidenziano come nel corso degli anni ci sia stata una crescente attenzione alle problematiche ambientali. L’approccio cinese verso la conservazione della biodiversità si basa tuttavia su logiche definite come “utilitaristiche”. Il legame che lega essere umano e ambiente viene letto principalmente sulla base dei benefici ecosistemici che l’essere umano può trarre dalla natura.
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BIELLO, Roberto. "Testudo hermanni: aspetti di genetica e genomica di conservazione". Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2019. http://hdl.handle.net/11392/2488174.

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Nell'ultimo secolo e mezzo, il tasso di estinzione delle specie è cresciuto costantemente e molte specie sono in pericolo imminente di estinzione. In questo contesto, la genetica fornisce un supporto essenziale alla biologia della conservazione perché aiuta a comprendere il background evolutivo delle specie minacciate e consente lo sviluppo di migliori strategie di gestione. La testuggine di Hermann (Testudo hermanni), uno dei rettili più a rischio in Europa, è distribuita in popolazioni disgiunte attraverso l'Europa mediterranea. La riduzione degli habitat, insieme alle pratiche agricole intensive e agli incendi boschivi, sono le principali cause di riduzione delle dimensioni delle popolazioni in molte aree del Mediterraneo. La raccolta intensiva per il commercio a scopo domestico, specialmente prima degli anni '80, e il rilascio di individui non nativi nelle popolazioni locali, rappresentano ulteriori minacce. T. hermanni è inclusa nella lista delle specie faunistiche rigorosamente protette dalla Convenzione di Berna e la sottospecie occidentale T. h. hermanni è classificata come "in pericolo" nella Lista Rossa IUCN. Qui abbiamo (i) migliorato la comprensione della struttura genetica delle popolazioni selvatiche, con nuovi dati provenienti da marcatori microsatelliti, da aree geografiche precedentemente non campionate; (ii) testato un pannello di loci microsatelliti (STR) per indagare su possibili traslocazioni illegali in un campione di individui provenienti da centri di recupero in Italia; (iii) analizzato le relazioni genetiche di campioni della sottospecie ipotetica T. h. hercigovinensis (o specie T. hercigovinensis) con le due sottospecie comunemente accettate T. h. hermanni e T. h. boettgeri, utilizzando diversi marcatori genetici (mtDNA e microsatellite); (iv) esaminato la struttura genetica in popolazioni selvatiche con nuovi marcatori (SNP) provenienti dal sequenziamento ddRAD; (v) identificato un piccolo numero di SNP diagnostici e informativi per ridurre i costi delle assegnazioni geografiche di individui di origine sconosciuta; (vi) revisionato gli aspetti delle traslocazioni a fini conservativi al fine di pianificare un progetto pilota di reintroduzione in Italia. Con un piccolo pannello di loci STR, siamo stati in grado di assegnare il 70% delle tartarughe (su un totale di 458 individui) tenuti in cattività alle loro potenziali aree di origine. Abbiamo trovato la presenza di individui della sottospecie orientale nelle popolazioni selvatiche della penisola italiana e della Sicilia probabilmente dovuto all'ampio commercio di animali domestici che ha colpito questa specie, con migliaia di tartarughe esportate nell'Europa occidentale dalla penisola balcanica. Abbiamo osservato che gli individui considerati morfologicamente T. hercegovinensis (o T. t. hercegovinesis), provenienti dalla costa adriatica della penisola balcanica, dovrebbero essere classificati come T. h. boettgeri perché non esiste alcuna divergenza genetica che possa giustificare l'appartenenza di questi esemplari a una sottospecie o a una specie distinta. Migliaia di nuovi marcatori provenienti da un sequenziamento ddRAD hanno rivelato ulteriori approfondimenti sulla sottostruttura delle popolazioni occidentali, specialmente in Calabria (Sud Italia), dove abbiamo rilevato tre gruppi genetici distinti. Inoltre, abbiamo sviluppato un piccolo pannello di SNP diagnostici al fine di ridurre i costi di genotipizzazione (stimati in circa 10-12 euro per individuo). Questo piccolo pannello potrà essere utilizzato per selezionare centinaia di testuggini tenute in cattività e potenzialmente adatte reintroduzioni in natura. Considerando le preoccupazioni sulla conservazione di T. hermanni crediamo che questo lavoro permetta una migliore comprensione della variazione genetica in questa specie e fornisca nuovi strumenti pratici utili per la conservazione e la gestione di individui selvatici e in cattività.
For the past half century, it has been broadly perceived that the rate of species extinction is increasing and many species are in imminent extinction danger. In this context, genetics provides essential support to conservation biology because it helps to understand the evolutionary background of endangered species and enables the development of better management strategies. The Hermann’s tortoise (Testudo hermanni), one of the most endangered reptiles in Europe, is distributed in disjoint populations across Mediterranean Europe. Habitat reduction, together with intensive agricultural practices and forest fires, are major causes of reduction in population size in many Mediterranean areas. Intensive harvesting for pet trade, especially before the 1980s when it was banned, and releases of non-native individuals into local populations, represent additional threats. T. hermanni is included in the list of strictly protected fauna species by the Bern Convention on the Conservation of European Wildlife and Natural Habitat, and the western subspecies T. h. hermanni is classified as “Endangered” by the IUCN Red List. Here we (i) increased the understanding of the population genetic structure in wild populations with new microsatellite data from previously unsampled geographic areas; (ii) tested a panel of microsatellite loci (STR) to investigate possible patterns of illegal translocations in a sample of individuals from recovery centers and seizures in Italy; (iii) investigated the genetic relationships of samples from the hypotetical subspecies T. h. hercigovinensis (or species T. hercigovinensis) with the two commonly accepted subspecies T. h. hermanni and T. h. boettgeri, using different genetic markers (mtDNA and microsatellite); (iv) studied the genetic structure in wild populations with new markers (SNPs) coming from ddRAD sequencing; (v) identified a small number of diagnostic and informative SNPs to reduce the costs of geographical assignments of individuals of unknown origin; (vi) reviewed the conservation translocation aspects in order to plan a pilot reintroduction project in Italy. With a small panel of STR loci, we were able to assign 70% of tortoises (out of a total of 458 individuals) kept in captivity to their potential areas of origin. We found the presence of eastern subspecies individuals in the Italian peninsula and Sicily wild populations probably due to the wide pet trade that affected this species, with thousands tortoises exported to Western Europe from the Balkan Peninsula. We argued that individuals considered morphologically T. hercegovinensis (or T. h. hercegovinesis), coming from the Adriatic coast of the Balkan Peninsula, should be classified as T. h. boettgeri because there is no genetic divergence that could justify the belonging of these specimens to a subspecies or distinct species. Thousands of new markers coming from a ddRAD sequencing revealed further insights into the substructure in Western populations, especially in Calabria (South Italy) where we detected three distinct genetic groups. Therefore, we developed a small panel of diagnostic SNPs in order to reduce genotyping costs (estimated to about 10-12 euros per individual). This small panel should be used for the cost-effective selection of hundreds of tortoises kept in captivity and suitable for reintroductions. Considering the concerns about the conservation of T. hermanni we believe that this thesis allows a better understanding of the genetic variation patterns in this species and provides a new practical tools useful for the conservation and management of wild and captive individuals.
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Peruzzo, Fiorenza. "Il governo delle emergenze e la conservazione (?) della politica". Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3422973.

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The complex fluency of various events and transformations in progress within contemporary democracies is imposing a peculiar focus to those processes related – with justified basis – to the many-sided dynamics of exceptions. Actually, it appears particularly difficult to set the series of extraordinary events and of legal emergency measures that have occurred one after the other in recent years within western democracies. On one side, from them we get a representation of historical events and categories (legal, philosophic, political) stating elements of contiguity and continuity with the constitutive processes of modern and political rationalization; on the other side, we face the presence of events that underline with directness the importance of epoch-making events the setting to uncommon paths and unreadable scene. The reference is, first of all, to the declaration of état d’urgence in France, with the allocation of exceptional police powers to the civil authorities to face the banlieus’s rebellion, where new immigrants generations, with new temporary employee, propose a claim for legal recognition and safeguard for the great lack of job. But the real exception is England, considering the scene of measures aimed to fight terrorism: the law concerning civil unexpected events has provided, in fact, to widen all the exceptional powers assigned to the civil Government from previous bills enacted in 1920 and 1926 (the last declared specifically for the land of North Ireland). In the United States, then, again against terrorism, in response to the 9/11 occurrences, the adoption of the Patrioct Act limits consistently the constitutional rights tenure. Crucial are, anyway, also the usual exercise of commissioner powers and the extension of the use of administrative powers in the majority of the western democracies and, moreover, the reticular spread of practices and means of so-called governance in every single part of the globe. The above mentioned are phenomena definitely different one from each other and that call back rents in advanced background and jurisdictions of democratic life, but they represents also new political and legal instruments that introduce uncommon opportunities for communitarian organization: signs of transformation operating in the contest of human life and in the civil organizational forms we have known since now. In this contest, it is necessary a great theoretical effort directed to give, in a precise and useful way, the names of emergency or exception to actions, means, instruments and strategies that are recognized as cause or, even, accelerator of the update process on-going.
È la complessa fenomenologia delle trasformazioni in corso all’interno delle democrazie contemporanee ad imporre un’attenzione particolarissima a quei processi che vengono riferiti – con argomentate motivazioni - alle dinamiche multiformi delle eccezioni. In effetti risulta davvero difficile inquadrare la serie degli avvenimenti straordinari e delle misure giuridiche di emergenza che si sono susseguiti in questi anni recenti nei contesti delle democrazie occidentali. Da un lato, troviamo in essi rappresentati eventi storici e registri categoriali (giuridici, filosofici, politologici) che attestano elementi di contiguità e di continuità con i processi costitutivi della razionalizzazione politica moderna; per altri aspetti, ci troviamo in presenza di accadimenti che segnalano con immediatezza il rilievo di eventi epocali che aprono a percorsi inediti ed a scenari indecifrabili. Il riferimento è, anzitutto, alla proclamazione dell’état d’urgence in Francia, con l’assegnazione di poteri eccezionali di polizia alle autorità civili per fronteggiare le rivolte delle banlieus, dove le nuove generazioni di immigrati, congiuntamente ai nuovi precari, mettono in campo una richiesta di riconoscimento e tutela per le gravi condizioni di assenza di lavoro. Ma l’eccezione è anche in Inghilterra, nel contesto delle misure finalizzate a combattere il terrorismo: la legge sugli eventi civili imprevisti ha provveduto, infatti, ad ampliare tutte le misure di poteri eccezionali assegnati al governo civile dalle precedenti leggi del 1920 e del 1926 (quest’ultima proclamata in particolare per il territorio dell’Irlanda del Nord). Negli Stati Uniti, poi, ancora contro il terrorismo, in risposta agli avvenimenti del 9/11 del 2001, l’emanazione del Patrioct Act viene a limitare in forma consistente il godimento dei diritti costituzionali. Significativi sono, però, anche l’esercizio normale di poteri commissariali e l’estensione dell’utilizzo di poteri regolamentari nella maggior parte delle democrazie occidentali e, da ultimo, la reticolare diffusione di dispositivi e pratiche di c.d. governance in ogni parte del mondo. Si tratta di fenomeni che presentano sicure differenze, che richiamano lacerazioni in contesti avanzati del vivere democratico, ma che rappresentano anche nuovi dispositivi politici e giuridici che annunciano possibilità inedite dell’organizzazione comunitaria: segnali di veloci scorrimenti trasformativi nelle condizioni di vita e nelle forme di organizzazione civile che abbiamo finora conosciuto. Di fronte a tanti e tali eventi, risulta indispensabile uno sforzo teorico finalizzato ad attribuire in modo determinato e utile le qualifiche dell’emergenza o dell’eccezione ad azioni, dispositivi, strategie che vengono riconosciuti come causa o addirittura acceleratori delle trasformazioni in atto.
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Agostini, S. "Conversione e conservazione: alternative di recupero per l’edilizia rurale". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 1997. http://hdl.handle.net/2434/154173.

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Traditional farm buildings, which have stood for centuries and witnessed local farming practice, are about to disappear because of pressures due more to the times than to space-related problems. Several European institutions have already stated that rural architecture is a priceless building reserve that can not be wasted, and that the intelligent use of which may influence economic planning and rural development and decentralization policies. It is therefore necessary to start from a deep knowledge of a centuries-old architectural heritage, not only of its meaning for the collective imagination, in order to reinterpret the role of farm buildings. The more their role will be linked to local traditions and users’ needs, the more effective the effort to bring them to new life will be. To this purpose, the research devised a planning methodology taking into account the whole of productive and functional factors that can influence the choice to recover or to abandon traditional farm buildings. The proposed method was carried out with the experience of working in UK and Germany, seizing the opportunity to learn through working side-by-side with professionals from other disciplines. The Italian case study is the Parco Agricolo Sud Milano, located on the outskirts of Milan covering over 47,000 hectares, which comprises 61 municipalities and boasts a heritage of over 550 courtyard farmsteads, endangered by the growing pressure of urban expansion. The method developed can be adopted for other similar cases and applied to different types of farm buildings.
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Colombo, E. "CONSERVAZIONE DI RAZZE AVICOLE: CARATTERIZZAZIONE E CAPACITA' DI ADATTAMENTO". Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2012. http://hdl.handle.net/2434/170622.

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The aim of the present thesis was to characterize local turkeys and chicken breeds from a morphological, reproductive and genetic point of view. Two chicken breeds, Mericanel della Brianza and Valdarnese, and four turkey breeds, Nero d’Italia, Brianzolo, Bronzato dei Colli Euganei and Narragansett, were considered. Furthermore, the adaptation ability of commercial chickens was studied. The results stress the importance of the different activities of characterization in a breed conservation plan to increase and preserve local biodiversity.
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Bonoli, Luca. "Evoluzione della qualità delle carni avicole durante la conservazione refrigerata". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amslaurea.unibo.it/9327/.

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Lo studio ha lo scopo di valutare e confrontare l'efficienza del packaging in “LID” con atmosfera modificata a confronto con il confezionamento più tradizionale in “stretch” con atmosfera ordinaria, sulla shelf-life di diversi prodotti avicoli quali petti e sovracosce di pollo e fese di tacchino. A tal fine sui prodotti diversamente confezionati sono state valutate le variazioni di alcuni parametri qualitativi analizzando e confrontando alcuni aspetti tecnologici (pH, colore, texture, capacità di ritenzione idrica) durante un periodo di stoccaggio di 15 giorni in diverse condizioni di refrigerazione: durante i primi 3 giorni a 0-2°C, dal terzo al quindicesimo giorno a 6-8°C, al fine di simulare condizioni di abuso termico ed accelerare i fenomeni di deterioramento.
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Verdier, Nicolas. "Conservazione e Valorizzazione dell'area archeologica di Santa Croce a Ravenna". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016.

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L’area archeologica della chiesa di Santa Croce a Ravenna, risulta essere una diretta testimonianza del passare del tempo. Ha una densa storia e una serie di stratificazioni e, trasformazioni architettoniche che si possono distinguere in cinque sequenze di cui la prima è rappresentata dalla presenza sottostante la chiesa di alcuni ambienti di una domus romana databile al III sec d.C., di cui alcuni reperti - essenzialmente pavimenti musivi - sono stati riportati alla luce durante le molteplici e successive campagne di scavo del XX sec. La seconda fase corrisponde alle origini proprie del complesso della chiesa dedicata alla S. Croce, fatta edificare dall’imperatrice Galla Placidia, circa nel 425 d.C. Originariamente la chiesa era composta da una aula unica orientata seconda l’asse Ovest/Est, presentava un nartece, l’abside era di forma quadrata e comprendeva due bracci orientati secondo l’asse Nord/Sud. Poi, circa nel 450 d.C. un ampiamento delle dimensioni della chiesa venne realizzato, con due portici colonnati aggiunti a Nord e Sud dell’aula unica. Appartengono sempre a questa fase anche due sacelli ad ogni estremità del nartece - tra cui il mausoleo Galla Placidia -.In seguito, la chiesa di S. Croce subirà ulteriori modifiche, in primo luogo, durante il XII sec., una cripta sarà costruitta e nel XVI sec., la facciata principale fu arretrata per lasciare spazio alla via G. Placidia. Fu anche realizzato durante il XVI sec., un abside semicircolare ed un campanile. Durante il XX sec., numerose campagne di scavo si sono succedute per provare ad identificare meglio qual’era la storia di questo complesso. Una condizione idraulica singolare molto vincolante, ha contribuito a rendere questa area archeologica sempre più soggetta ad invasioni di moltiplici speci vegetali. In questa tesi proveremo ad affrontare le problematiche esistenti nell’intenzione di valorizzare il complesso, cercando di renderlo parte integrante di un unico sistema storico conoscitivo.
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Colella, Simona. "Evoluzione della qualita delle carni avicole durante la conservazione refrigerata". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amslaurea.unibo.it/9951/.

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Il presente lavoro di tesi ha avuto lo scopo di valutare l’influenza della marinatura su alcuni aspetti microbiologici e chimico-fisici correlati alla qualità della carne di petto di pollo confezionata sottovuoto durante un periodo di stoccaggio di 14 giorni in condizioni refrigerate. Dalle analisi microbiologiche, è emerso che, nonostante l’aumento di pH dovuto all’azione alcalinizzante del bicarbonato, la shelf-life del prodotto marinato è rimasta invariata rispetto al gruppo di controllo non-marinato ed è stata pari a circa 14 giorni. Dal punto di vista tecnologico, gli ingredienti funzionali aggiunti nella soluzione di marinatura hanno consentito di ottenere livelli di perdite di cottura nel prodotto finito simili a quelli delle carni non-marinate durante tutto il periodo di conservazione. Ciò è riconducibile al notevole aumento della solubilità delle proteine miofibrillari determinato dall’effetto sinergico di cloruro di sodio e bicarbonato. Tuttavia, i prodotti marinati hanno mostrato maggiori perdite di liquido nelle confezioni e questo aspetto può condizionare negativamente la propensione all’acquisto da parte del consumatore. Gli effetti rilevati sul colore non costituiscono invece un elemento determinante nella scelta dei prodotti avicoli confezionati sottovuoto. Infine, è stato escluso qualsiasi effetto negativo della marinatura nei confronti della stabilità ossidativa dei lipidi. I risultati ottenuti in questo lavoro di tesi hanno pertanto dimostrato che è possibile realizzare un prodotto marinato a base di carne di petto di pollo stabile durante la conservazione offrendo così al consumatore un alimento con caratteristiche sensoriali di succulenza e tenerezza superiori e con una maggiore facilità d’uso. Restano da ottimizzare alcuni aspetti legati alla presentazione del prodotto soprattutto in relazione alla presenza di liquido nelle confezioni.
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Pesare, Stefano. "Sistemi di Backup e tecniche di conservazione dei dati digitali". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018.

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La tesi si occupa del problema della conservazione dei dati digitali, spesso sottovalutato. Le odierne tecniche e strategie di conservazione e archiviazione non possono garantire da sole la sicurezza dei dati nel tempo, ma solo se vengono utilizzate sinergicamente. Durante questo percorso capiremo cosa siano i dati digitali, le loro caratteristiche e problematiche inerenti la loro gestione, nonché le tecniche di conservazione e storage. Vedremo come si sono evolute le memorie di massa, dalle schede perforate fino alla nascita dei dischi a stato solido. Inoltre, verranno introdotti il Cloud Computing e il ventaglio di servizi che offre, compreso il Cloud Storage. Infine, si mostreranno gli algoritmi principali di compressione, utili nella gestione dei dati.
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Baronio, Eleonora y Sara Sapucci. "Restauro del complesso di villa Cavalli tra conservazione e valorizzazione". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/4900/.

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L’attenzione dei pochi automobilisti che oggi passano velocemente per via Cavalli, nella frazione di Santa Maria Nuova, sotto il comune di Bertinoro (FC), non viene attirata dal palazzo settecentesco seminascosto dalla vegetazione che cresce incolta. L’edificio potrebbe passare per un casolare di campagna abbandonato, senza alcuna pretesa di bellezza, mutilato dei suoi terreni. Solo salendo lo scalone dissestato si può scoprire la ricchezza delle decorazione interne, stucchi baroccheggianti con maschere di volti provenienti da terre lontane e abbondanti cornucopie che circondano lo stemma della famiglia Cavalli. La piccola cappella della villa, in perfetto stato di conservazione, mostra, con un trionfo di stucchi, l’assunzione della Vergine al cielo, osservata dai santi Pietro e Paolo. Le quattro stanze centrali del piano nobile sono finemente dipinte con paesaggi marini e lacustri, stanze sepolcrali egizie e atrii di templi antichi. La ravennate famiglia dei marchesi Cavalli, una delle più ricche della zona nel XVIII e XIX secolo, utilizzava la villa come luogo di villeggiatura e come casino per la caccia. Testimonianze della loro presenza sono conservate nelle mappe storiche all’Archivio del Comune di Bertinoro e nell’Archivio parrocchiale di Santa Maria Nuova, dove si trovano descrizioni della ricchezza sia dell’edificio che delle terre possedute dai marchesi. Il complesso di villa Cavalli ha subito numerosi passaggi di proprietà dal 1900 ad oggi, è stato utilizzato come magazzino, pollaio, essiccatoio per il tabacco e le sue proprietà sono state frazionate fino a ridursi al piccolo parco presente oggi. Poiché gli attuali proprietari non possono garantire né la manutenzione ordinaria né quella straordinaria e il complesso è tutelato dal D. Lgs. 42/2004 Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio è stato messo all’asta per tre volte, l’ultima nel dicembre 2011, senza risultato. La tesi sviluppa un’analisi dello stato di fatto della villa e del parco, partendo dal suo inserimento nel territorio fino allo studio dei dettagli costruttivi, per giungere ad un’ipotesi di progetto che vede il complesso strettamente legato a Santa Maria Nuova e alla sua gente. L’edificio fungerà da centro culturale, con mostre permanenti e temporanee, laboratori didattici, ludoteca per bambini e ospiterà la sede distaccata della biblioteca del comune di Bertinoro, ora inserita in un edificio di Santa Maria Nuova ma con dimensioni estremamente limitate. Si intendono effettuare interventi di consolidamento strutturale su tutti i solai della villa, su volte e copertura, con un atteggiamento di delicatezza verso il piano nobile, agendo dal piano inferiore e da quello superiore. Capitoli specifici trattano il restauro delle finiture e delle superfici dipinte e stuccate, per finire con l’intervento di adeguamento impiantistico e di valorizzazione del parco.
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Palagano, Rosa. "Influenza della conservazione delle olive sulla qualita dell'olio vergine prodotto". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/6171/.

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Il primo scopo di questo progetto sperimentale è stato quello di valutare la qualità chimica e sensoriale di oli vergini d’oliva ottenuti da olive conservate per tempi diversi prima della loro lavorazione. Spesso, infatti, quando le olive arrivano in frantoio, la loro trasformazione può essere ritardata a causa della ridotta capacità di lavorazione degli impianti rispetto alla quantità di prodotto da lavorare. Il tempo e le modalità di conservazione delle drupe risultano fattori molto importanti ai fini della qualità organolettica dell’olio prodotto. Per questa finalità sono state acquistate olive di due diverse varietà (Correggiolo e Canino) e divise in due aliquote. La prima aliquota di ogni partita di olive è stata franta al momento della consegna (tempo 0), la seconda invece è stata stoccata in condizioni non ideali di conservazione ed umidità per 7 giorni (varietà Correggiolo) e 15 giorni (varietà Canino), quindi franta. Per tutti i campioni sono stati valutati i parametri di qualità stabiliti dal Reg. CEE n. 2568/91 e successive modifiche: acidità libera e numero di perossidi con valutazioni titrimetriche, estinzioni specifiche nell'ultravioletto mediante spettrofotometria, determinazione gascromatografica degli alchil esteri degli acidi grassi ed analisi sensoriale secondo “Panel test”. Sono stati inoltre valutati parametri compositivi che attualmente non sono contemplati nei regolamenti ufficiali: il profilo qualitativo e quantitativo gascromatografico in digliceridi e quello in componenti volatili (SPME). I risultati ottenuti per i campioni ottenuti da olive “fresche” e da olive conservate per tempi diversi sono stati comparati con i limiti di legge che definiscono l'appartenenza alle categorie merceologiche degli oli di oliva vergini (extravergine, vergine o lampante) e, per i parametri non normati, sono state valutate le principali differenze in relazione alla qualità del prodotto. Il secondo scopo del progetto è stato quello di valutare la possibilità di una rapida discriminazione di oli d’oliva caratterizzati da differenti concentrazioni di alchil esteri degli acidi grassi mediante Riflettometria nel Dominio del Tempo (TDR, Time Domain Reflectometry). Il metodo chimico proposto dal Reg. UE n. 61/2011 risulta, infatti, lungo e dispendioso prevedendo una separazione preparativa seguita da analisi gascromatografica. La TDR si presenta, invece, come un metodo alternativo rapido, economico e non distruttivo per la valutazione e discriminazione degli oli d’oliva sulla base di questo parametro qualitativo.
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Sandrolini, Barbara <1990&gt. "La conservazione e il restauro dell'Arte Povera: problematiche e casistiche". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/8484.

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La presente tesi nasce dalla volontà di comprendere le ragioni della versatilità sia simbolica che pratica dei materiali inconsueti utilizzati dagli artisti del gruppo dell'Arte Povera e di capire quali siano le effettive possibilità di salvaguardare questa ricchezza senza minarne l'espressività e il significato. Nella prima parte si delinea un'analisi generale del postmodernismo culturale e delle sue ripercussioni in ambito artistico, a cui segue l'esame di come le peculiarità dell'opera contemporanea si trasformino dal punto di vista conservativo in altrettante problematiche, costringendo i restauratori a una revisione della loro pratica nel senso del compromesso. Nella seconda parte trova posto l'analisi dei casi di studio, basata sulla letteratura esistente. Mario Merz interessa per il suo polimaterismo, che dà luogo all'interazione non sempre pacifica di materiali eterogenei. L'abbinamento di elementi morbidi e pesanti in Gilberto Zorio si traduce in opere altamente instabili, che uniscono la scarsa resistenza all'invecchiamento della gomma alla pericolosità dell'Eternit. Il caso di Piero Gilardi salta invece agli occhi per come la continua ricerca di interventi efficaci su un materiale tanto fragile come la gommapiuma assuma i tratti di una corsa contro il tempo per evitarne la disintegrazione completa. Infine, l'uso anomalo che Giuseppe Penone fa del legno e del terriccio mette alla prova le capacità logistiche e conservative del museo in modi assolutamente nuovi.
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Rubino, Ilenia <1994&gt. "L’EREDITÀ DELL’EFFIMERO: PRATICHE DI CONSERVAZIONE E RESTAURO DI UNA INSTALLAZIONE". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17224.

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Il progetto di tesi mira ad indagare i cambiamenti avvenuti nella pratica della conservazione e del restauro delle opere di arte contemporanea, con particolare attenzione alle manifestazioni artistiche della nostra epoca, effimere e precarie per definizione: le installazioni. La produzione artistica contemporanea ha inaugurato una tendenza sconosciuta all’arte precedente: l’adozione di materiali extra-artistici, prelevati dalla quotidianità ed elevati al rango dell’artisticità. Questa una delle cause della scarsa durabilità e dell’estrema precarietà dei manufatti, insieme con la volontà sempre più crescente degli artisti di rappresentare un processo: la trasformazione, il cambiamento e, a volte, l’auto-distruzione e la morte, anche per sfidare e opporsi alle leggi del mercato dell’arte e alla mercificazione e feticizzazione dell’oggetto-arte. Il capitolo 1 comprende una breve premessa sulla comparsa e sull’evoluzione del dibattito - prima negli Stati Uniti e poi in Italia, costretta a confrontarsi con la sistemazione teorica e metodologica di Cesare Brandi - circa la necessità di elaborare modalità di approccio conservativo e restaurativo all’arte contemporanea in linea con le innovazioni messe in campo dagli artisti. Il capitolo 2 cerca invece di analizzare tali innovazioni, sia nel campo della produzione artistica che nella pratica del restauro, attraverso l’esempio di alcuni interventi di restauro capitali. Si avverte la necessità di adottare nuovi approcci metodologici, che possano contemplare anche pratiche in apparente contrasto con alcuni assunti brandiani, come la sostituzione, la replica, il rimaneggiamento, la ri-costruzione (sulla base di schemi, progetti, fotografie). È lecito chiedersi, dunque, come cambia anche il concetto stesso di autenticità, se essa risieda nel messaggio, nell’intenzionalità artistica o nei materiali adoperati, e come il diritto possa tutelare l’artista e la sua creazione, quando l’intervento presuppone livelli di incisività così profondi. Il capitolo 3 esplora più da vicino l’universo delle installazioni e la conseguente attivazione dello spettatore, anche attraverso un breve excursus cronologico a partire dal primo prototipo rappresentato dal Merzbau di Kurt Schwitters. Oggetto di indagine è, inoltre, l’evoluzione del concetto di site-specificity, che da sinonimo di “immobilità” subisce pian piano uno slittamento semantico per assecondare la richiesta di maggior mobilità e duttilità delle istituzioni museali e delle collezioni private. Il capitolo 4 entra nel vivo della pratica conservativa e restaurativo delle installazioni, analizzando alcuni esempi di interventi, suddivisi in 3 macro-categorie: la ricostruzione ex novo, o rifacimento, messa in atto per opere andate distrutte e non più recuperabili ma la cui importanza è unanimemente riconosciuta; la sostituzione di una o più parti ammalorate di un’opera sostanzialmente ancora recuperabile e fruibile nella sua forma originaria; interventi, infine, che potremmo definire di mummificazione, tesi cioè a bloccare, con l’aggiunta di particolari sostanze chimiche fissanti, lo stato di degrado, risultando oltremodo invasivi ma al contempo estremamente salvifici. Ci sono, tuttavia, anche opere che non chiedono di essere salvate, che acquistano senso e ragion d’essere solo nell’auto-distruzione insita nel loro DNA. Opere siffatte possono essere tutelate solo attraverso una cospicua documentazione, oggetto del capitolo 5, pratica che cerca di adeguarsi, di perfezionarsi, anche mediante l’ausilio di video, fotografie, interviste agli artisti, e, al contempo, di ridefinire una figura sempre più centrale nel panorama artistico, ovvero quella del curatore/conservatore.
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DALL'ARGINE, Luigi. "Architetture ipogee destinate alla produzione e alla conservazione del vino". Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2010. http://hdl.handle.net/11392/2389295.

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Introduction The growing interest in the wine sector and the increasing profits deriving from this trend have created new possibilities for investment within a relatively short time. Some enterprises have extended their estates, others have concentrated their resources in the restructuring of the vineyards and on the reorganisation of the production cycle. Over recent years, many wine producers, drawing upon the best contemporary architecture available, have attempted to bring content and container together in the realisation of new wineries, combining investments in technological development with substantial efforts towards an overall reorganisation of the spaces. In many cases, the buildings were conceived not only as places designed for the production and conservation of wine, but also as complex architectural works accessible to the public and with the power to convey a precise cultural and commerciai image. Field of investigation A reaffirmation of hypogean or partially buried types of construction - with the capacity to respond to specific environmental and productive requirements - may be seen in many of the most recent works carried out. These buildings, without impacting in a negative manner on the landscape, in addition to offering the indoor thermohygrometric benefits typical of subterranean constructions, also permit the realisation of a more rational organisation of the grape and must processing "by gravity". If contemporary criticism has often expressed an interest in the architecture of hypogean wineries, pointing out their spatial characteristics and evocative potential, it is equally clear, on an examination of the state of the art, that sdentific research geared at analytically and systematically investigating their technological and constructive aspects is practically non-existent. The aim of this research is to make an in-depth examination of the characteristics of the buildings designed for the production and conservation of wine, focusing attention on hypogean installations. Goals and object of the research The research project sets itself the strategie goal of updating the state of the art on the subject, of examining in depth the aspeets connected with the production methods and technologies used in wine processing, of analysing the most innovative projeets and architectural trends in the European and non-European environment with particular attention focused on the technological, construetive and energy-related aspeets of the realisation of a hypogean installation, in order to supply qualified and reliable information and help orientate professionals in choices connected with the designing of hypogean wineries. Correlated aims are: - identification of specific necessities and an analysis of the requirements connected with the prescribed use (safety, usability, well-being, management and integrability); - comparison of the possible subterranean and surface-level construetion methods identified in literature and/or in the field; - analysis and classification of the typological variables; - definition of morphological characteristics and of possible alternative subterranean development plans; - identification of technologies, construetive systems, components and materials suitable for the realisation of hypogean spaces; - identification of technical and construetive solutions compatible with specific orographic and/or geological surroundings. A detailed study of the following will be undertaken: - the relationship between wine production and the protection of the agricultural landscape; - the occupation and use of the land aiming at reducing the quantity of built-up areas in proportion to vine-planted areas; - the functional organisation and sizing of the spaces; - the requirements ofthe production cycle basedon the various winemaking andfining systems; - the peculiarities of the production of quality wines (production by gravity); - thermal and hydrothermal performance and health and hygiene requirements ofthe processing environments; - the adoption of bioclimatic and bio-architectural principles; - the application of innovative ventilation and air conditioning systems and of systems for exploiting and controlli ng light radiation; - reduetion of energy consumption and the exploitation of naturai and renewable energy sources; - the possibility of prolonged Storage in hypogean environments; indoor comfort (offices, laboratories, routes open to the public, wine tasting areas); - any specific legislation in force. Methodology and phases of the research - identification of the strategie goais, detaiied structuring of the research project in phases, based on the time budget avaiiabie, Iimitation of the field of investigation to the specific goais identified and drawing up of a table of contents; - identification of traditional and computer-based reference sources; - interaction with experts from the world of wine (oenologists, producers, technidans) and design; - identification of international case studies (projeets and buiidings completed) and data research activities; - definition of a method of analysis and detection aimed at evaluating the performance of the buiidings; - on-site inspections in buiidings designed for wine production accompanied by instrumentai surveys and monitoring; - creation of a filing tool and examination of the data collected Results - creation of a data base relative to technologies, construetion systems and materials pertinent to the buiidings examined in the research project; - proposai of guidelines for the planning of hypogean buiidings designed for the production of wine.
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Parisi, Letizia, Giulia Zazzi y Valentina Milanesi. "Proposta di Restauro, Conservazione e Valorizzazione del Complesso Birarelli ad Ancona". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021. http://amslaurea.unibo.it/23071/.

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Il progetto nasce dall’esigenza di riscoprire il valore di un luogo, oggi in disuso, dotato di un notevole potenziale panoramico, paesaggistico nonché storico; l’obiettivo è quello di restituirgli un’identità persa progressivamente nel tempo e riconsegnarlo alla città. L’approccio progettuale ha visto come punto di partenza l’analisi storica e inventiva dell’area e del contesto, questo ha permesso di intervenire in maniera consapevole nella realizzazione del progetto di restauro, conservazione e valorizzazione del Complesso Birarelli. “PoDiO” (Polo Direzionale Organizzativo del MiBACT) nasce dalla collaborazione con il Segretariato Regionale delle Marche, con l’obiettivo di creare un polo culturale del MiBACT ad Ancona. All’interno del Complesso è prevista la presenza di tre enti: l’Archivio di Stato, la Soprintendenza Archivistica e Bibliografica e la Direzione Regionale dei Musei delle Marche. Nell’ottica di progettare, dal latino proiectare “gettare avanti” oltre il presente, consapevoli che: “non esiste restauro che non implichi una trasformazione” si è cercato di intervenire nell’assoluto rispetto dell’area e del manufatto, operando attraverso le logiche del restauro conservativo, considerando la fabbrica come palinsesto storico e mirando ad un mantenimento attivo nell’uso quotidiano. Un’ulteriore attenzione è stata posta al superamento delle barriere architettoniche; il tema dell’accessibilità è stato per noi una linea guida che ci ha accompagnato fin dall’inizio nel processo di progettazione. Ci siamo trovate di fronte a un’area ricca di dislivelli e salti di quota, esterni ed interni alla fabbrica, che aveva l’ambizione di diventare un luogo pubblico; abbiamo cercato di garantire una completa e fluida fruizione degli edifici e degli spazi esterni, fermandoci laddove rendere accessibile il luogo significava stravolgere la natura dell’area, cercando di trasformare le svariate situazioni di limite presenti in opportunità di scoperta per il visitatore di oggi.
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Benatti, Riccardo. "Progetto di conservazione del santuario di S. Michele in Soliera (MO)". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021. http://amslaurea.unibo.it/23827/.

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L’oggetto della presente tesi è il complesso del Santuario di San Michele Arcangelo, collocato a circa un chilometro dal centro del comune di Soliera, in provincia di Modena. Il santuario ha origine molto antica: da un decreto di Matilde di Canossa datato 1106, si deduce che la Chiesa fu sede di “hospitium” per chierici di passaggio e fu affiliata alla celebre Abbazia Benedettina di Pomposa in provincia di Ferrara. In seguito, nel 1198, la giurisdizione della Chiesa si spostò sotto l’Arcivescovato di Modena. L’attuale configurazione è il risultato di una serie di interventi di trasformazione, il più importante dei quali è databile intorno alla metà del secolo XVII. Il complesso architettonico si compone del santuario e della canonica, costruita nel 1934-36. Gli interventi di conservazione proposti nella presente tesi rispondono alle necessità di valorizzazione e di uso del complesso edilizio, e al superamento delle principali vulnerabilità messe in evidenza nel terremoto del maggio 2012, che ha causato diverse lesioni significative tali da rendere inagibile il santuario. Il progetto ha un approccio volto alla conservazione dei segni architettonici del tempo e alla facilitazione della loro lettura, prevedendo, là dove sia necessaria dal punto di vista strutturale e funzionale, delle addizioni costituite da elementi reversibili, come l’acciaio e connettori a secco. Le principali fasi progettuali che vengono messe in evidenza sono costituite dal quadro conoscitivo e dal progetto di conservazione vero e proprio, che prevede anche l’aggiunta di alcuni nuovi elementi costruttivi. Nel progetto di conservazione sono infatti previsti diversi interventi locali e di miglioramento sismico. Il progetto è volto a mettere in rilievo i diversi caratteri evolutivi dei due fabbricati, compresi l’antica facciata con la porta ad arco inflesso e l’antico impianto pittorico del 1490 e del XIX sec., messo in relazione con le altre stratigrafie pittoriche e segni del tempo.
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Emanuelli, Beatrice, Giovanni Pulcinelli y Claudia Zavalloni. "La rocca di Fossombrone. Progetto di conservazione e valorizzazione della rovina". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amslaurea.unibo.it/3602/.

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L'oggetto della tesi è la rocca feltresca di Fossombrone, cittadina in provincia di Pesaro-Urbino, in parte attribuita a Francesco di Giorgio Martini. Dopo un'approfondita analisi storica ed evolutiva dell'oggetto, si sono studiati attentamente i suoi sistemi costruttivi, al fine di delineare un progetto di restauro principalmente conservativo. Il progetto propone anche la realizzazione di una copertura che abbia lo scopo sia di contribuire alla conservazione e protezione dei resti di murature antiche, sia di consentire un'accesso protetto in una ritrovata fruibilità della rocca.
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Santella, Davide. "Caratterizzazione colorimetrica di paste concentrate in funzione del tempo di conservazione". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amslaurea.unibo.it/4524/.

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Lo sviluppo negli ultimi decenni di strumentazioni sempre più pratiche, versatili, veloci ed economicamente accessibili, ha notevolmente incrementato la capacità delle aziende, in particolar modo quelle operanti nel settore dell'industria alimentare, nel cogliere le potenzialità di una tecnologia che applica rigore scientifico a una materia a lungo considerata liminale e di secondaria rilevanza, quale quella cromatica. A fronte di ciò, si è ritenuto opportuno introdurre strumenti di misura formalizzati a livello internazionale, atti a individuare e verificare parametri di colore, i quali attestassero la qualità della materia prima utilizzata, nonché riconducibili a una tecnologia di produzione di massa. L’attuale progetto deriva dalla necessità di un’azienda produttrice di concentrati in pasta e semi-lavorati in polvere per la gelateria e la pasticceria, di introdurre un sistema di misurazione oggettiva del colore, che vada a sostituirsi a una valutazione soggettiva, a lungo ritenuta come unico metodo valido di analisi. Il ruolo rivestito all’interno di tale azienda ha consentito, grazie anche al supporto fornito dal Controllo Qualità, la realizzazione di un elaborato finale di sintesi, contenente i risultati delle analisi colorimetriche condotte su alcune paste concentrate. A partire dunque dalla letteratura scientifica elaborata in materia, si è proceduto inizialmente, alla realizzazione di una parte generale riguardante la descrizione del colore, delle sue proprietà e manifestazioni, e dei metodi di misurazione, ripercorrendo le tappe dalla nascita delle prime teorie fino all’adozione di uno spazio di colore universale; una seconda sperimentale, in cui si elaborano- tramite software statistici (Anova , Spectra Magic Nx)- i parametri colorimetrici e il pH dei singoli campioni. In particolare, la determinazione del colore su paste concentrate, ha permesso di valutare in maniera oggettiva le variazioni di colore in termini di coordinate L*, a*, b*, che avvengono durante il periodo di conservazione (24-36 mesi). Partendo dai dati oggettivi di colore, sono state definite semplici equazioni che descrivono l'andamento dei parametri in funzione dei mesi di conservazione e del pH del prodotto. Nell’ottica del miglioramento della gestione della qualità delle aziende specializzate nella produzione di semilavorati-concentrati per le gelaterie, il presente lavoro ha fornito uno spunto per la realizzazione e l’applicazione di un sistema di controllo del colore durante la conservazione del prodotto; ha anche permesso di definire le linee per un sistema di analisi colorimetrica utile alla messa a punto di un database aziendale comprensivo d’indici, stime e annotazioni. Tale database dovrà essere mirato all’ottenimento di un sempre più alto livello di qualità del prodotto, suggerendo allo stesso tempo possibili interventi correttivi (maggior standardizzazione del colore e possibile definizione di un adeguato intervallo di tolleranza), ma anche a un miglioramento nella gestione di problematiche in fase di produzione e quindi, l’incremento della capacità produttiva con conseguente riduzione dei tempi di evasione degli ordini. Tale contributo ha consentito a delineare le future prospettive di sviluppo favorendo l’implementazione (nella realtà aziendale) di un approccio strumentale e quindi oggettivo, in relazione alle più comuni problematiche di tipo colorimetrico, al fine di migliorare il valore qualitativo del prodotto.
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Bramucci, Marco y Andrea Vicini. "Progetto di valorizzazione delle mura di Rimini. Conoscenza, utilizzo e conservazione". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amslaurea.unibo.it/4610/.

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La tesi approfondisce lo studio della cinta muraria di Rimini, elemento importantissimo per la comprensione della forma urbana e la conoscenza della storia della città. Nella fase iniziale è stata svolta la ricerca bibliografica e archivistica, cercando di capire le motivazioni e le vicende che hanno portato, in più tappe, alla definizione e all’evoluzione del complesso sistema fortificato. Nella seconda fase del lavoro si è studiato il contesto urbano e paesaggistico ed è stato elaborato un masterplan, avente come obiettivo principale la messa a sistema delle risorse storico-culturali e ambientali della città e i suoi spazi collettivi. In seguito si è approfondito lo studio relativo alla sistemazione architettonica e paesaggistica di due specifici ambiti del masterplan: i giardini delle mura di San Giuliano e l’area dell’anfiteatro romano. Procedendo dalla grande scala al dettaglio, sono state studiate le tecniche costruttive e le tipologie ricorrenti dei principali elementi architettonici della cinta muraria, che testimoniano l’evoluzione stessa dell’architettura militare tra XIV e XV secolo. La fase conclusiva dello studio riguarda in primo luogo la conoscenza dello stato di conservazione e dei principali fenomeni di degrado, e in secondo luogo l’elaborazione di un progetto di conservazione relativo ai due tratti del sistema analizzati e di un più generale piano di manutenzione programmata.
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Novelli, Roberta, Chiara Castellari y Luca Salvetti. "La Rocca di Forlì Un percorso tra conoscenza, conservazione e riuso". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/5349/.

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Castellari, Giulia y Francesca Morsiani. "Il luogo nella memoria conservazione e valorizzazione della rocca di Modigliana". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amslaurea.unibo.it/8688/.

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Nella valle del Marzeno, posta su un’altura che domina e protegge la città, si trova la rocca di Modigliana, una costruzione antica, che si configura come una preziosa occasione per poter leggere e comprendere la storia di un luogo. È infatti un delicato palinsesto, una testimonianza fisica di complesse trasformazioni storiche e sociali, accumulate nel tempo. La cittadina di Modigliana sorge in una posizione geografica di natura strategica, vicina all’attuale confine tra Emilia Romagna e Toscana, teatro di numerosi conflitti e contese politiche nel corso della storia. La rocca viene costruita alla fine del IX secolo, come torre residenziale dei Conti Guidi, una potente famiglia a cui va attribuito un ruolo politico decisivo nell’Italia centrale del medioevo. Sotto il dominio dei Guidi,durato circa quattro secoli, Modigliana diventa capitale del feudo romagnolo e la rocca un palatium, emblema del forte potere politico e militare che i conti detenevano sul territorio. Nel 1377 il Comune di Modigliana viene annesso alla Repubblica Fiorentina e la rocca subisce importanti trasformazioni, perdendo la propria funzione palaziale e acquistando quella militare difensiva, fino ad un definitivo abbondono nel XVI secolo. La rocca, definita ‘Roccaccia’ per la propria imponenza, è divenuta simbolo e identità della cittadina nella percezione collettiva locale. In seguito al crollo di una parte del mastio, la rocca presenta un suggestivo spaccato, visibile da tutto il paese, che permette di osservare l’interno dell’antica costruzione. Purtroppo la mancata attuazione di un progetto di conservazione della rocca, ha lasciato la rovina in uno stato di totale degrado, pericolosità e inaccessibilità, portandola ad un lento declino. Il progetto si pone innanzitutto l’obiettivo di conservare e valorizzare il manufatto, permettendo l’accessibilità e la fruizione della rocca, senza stravolgerne i caratteri naturali e accettando i limiti imposti dal luogo. Sfruttando i percorsi storici e gli spazi esistenti, il progetto è pensato con l’intento di rendere conoscibile la composizione delle parti del manufatto e il suo funzionamento. Queste volontà progettuali hanno portato a maturare l’idea di voler restituire alla città di Modigliana un luogo, che il degrado e l’incuria stanno rubando al tempo.
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ASSANDRI, GIACOMO. "La conservazione della biodiversità nelle coltivazioni permanenti e negli ambienti prativi". Doctoral thesis, Università degli studi di Pavia, 2016. http://hdl.handle.net/11571/1203354.

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La biodiversità degli ambienti agricoli è soggetta a forti pressioni di origine antropica, in particolare l’intensificazione delle pratiche agricole e l’abbandono dei sistemi agricoli tradizionali e marginali. In questa tesi è presentata una raccolta di studi sugli effetti delle pratiche colturali, dei cambiamenti di uso del suolo e della struttura del paesaggio sugli uccelli a vari livelli di scala condotti in quattro tipologie di agroecosistemi permanenti. Lo scopo ultimo di questa tesi è di individuare possibili pratiche gestionali che favoriscano la conservazione degli uccelli (che sono specie indicatrici e ombrello) in questi ecosistemi artificiali. Queste misure potrebbero essere inserite in adeguate regolamentazioni volte a ridurre gli impatti dell’agricoltura sulla biodiversità e favorire infine la sostenibilità complessiva dell’agroecosistema. I risultati mostrano come, nelle coltivazioni permanenti, la diversità ornitica e l’abbondanza di alcune specie dipendono da una moltitudine di elementi relativi al contesto paesaggistico, gestionale e topografico-climatico. Considerando l’intera comunità, il livello paesaggistico è quello che maggiormente influenza la diversità, tuttavia anche alcuni elementi relativi alla gestione agricola hanno un effetto su di essa. Diversamente, l’abbondanza di alcune specie non è solo influenzata dalle caratteristiche del paesaggio, ma anche significativamente, o primariamente, da effetti di caratteristiche climatico-topografiche e, soprattutto, dalle pratiche colturali. L’uso del suolo predominante a scala di paesaggio è risultato avere effetti negativi a livello di comunità e generalmente anche sulle specie più comuni. I risultati presentati evidenziano anche un ampio effetto positivo della copertura di habitat diversi da quello dominante (es. habitat marginali) e degli elementi tradizionali (es. siepi e filari, alberi ed edifici isolati) sugli uccelli, che permettono la presenza di specie non adattate all’habitat dominante che caratterizza la matrice, verosimilmente perché queste specie non riescono a nidificare o nutrirsi nella coltivazione. Nel corso del progetto si è investigato inoltre l’effetto dell’agricoltura biologica sugli uccelli, considerando vari indicatori e scale spaziali, senza tuttavia dimostrare alcun effetto positivo di questo tipo di gestione rispetto a quella convenzionale. Le principali cause di questo risultato riguardano il fatto che l’agricoltura biologica, a conferma di precedenti studi, ha di norma maggiori effetti in sistemi agricoli annuali e in contesti paesaggistici molto semplificati, quindi in agroecosistemi molto diversi da quelli indagati e che nell’area di studio le due forme di gestione non differiscono di molto in termini di utilizzo di pesticidi e altre pratiche colturali. In generale, per rendere l’agricoltura biologica più favorevole alla biodiversità sono necessari maggiori sforzi a scala di paesaggio. In un contesto gestionale o conservazionistico, è necessario identificare il target di una specifica azione (es. l’intera comunità o una specifica specie) perché se i bisogni principali della maggior parte delle specie che costituiscono la comunità possono essere soddisfatti in prima battuta a una scala di paesaggio, al contrario, alcune specifiche necessità di determinate specie di interesse conservazionistico possono riguardare principalmente, o esclusivamente, particolari elementi determinati dalla gestione agricola. Di conseguenza, questi elementi dovrebbero essere conservati o ricreati, per favorire queste particolari specie.
Permanent crops and anthropogenic grasslands used to be the most important low-intensity semi-natural farmlands of the continent and were both negatively impacted by agricultural intensification and land abandonment. I present a collection of studies on the effects of agricultural practices, land use change, and landscape structure on birds conducted in four agricultural typologies: vineyards, olive groves, fruit orchards, and hay meadows. The studies were conducted at different levels of scale, from landscape to foraging sites. I focused on farmland birds, because they are reliable indicators of biodiversity and could be regarded as “umbrella species.” The ultimate scope of this thesis is to inform possible best-management practices to favour bird conservation in man-made ecosystems. My findings show that, in permanent crops, bird diversity and the abundance of individual species are driven by a multitude of elements related to the landscape, management, and topographic-climatic contexts. Considering the whole community, the landscape level emerged as the most important driver of biodiversity patterns, but some agricultural management traits also affect biodiversity; conversely, the abundance of individual species could be influenced not only by the landscape characteristics, but also by the significant, or even predominant, effects of climatic-topographic attributes and, especially, of management practices. At the community level, the predominant land use throughout the landscape had negative effects on the community itself; this is also generally true for the reproductive outcome of the most common species dwelling in those crops. A relevant exception to this pattern was represented by three insectivores of conservation concern (i.e. common redstart, spotted flycatcher and wryneck), which are favoured by vineyard cover at the landscape scale likely because vineyards are structurally similar to their “ancestral” habitat. However, investigating the wryneck habitat selection at a finer spatial scale (i.e. territory), I showed that it is more affected by specific vineyard characteristics, which determined nesting site availability, than by general land cover traits. Importantly, my results also point out a broadly positive effect on birds with the cover of habitats different from their dominant ones (e.g. marginal habitats) and with traditional elements (e.g. hedge and tree rows, isolated trees, and buildings), which allowed for the persistence of species that are not adapted to the main habitat that characterise the matrix, since those species are unable to nest or forage in the crops. I also investigated the effect of organic viticulture on birds by considering several indicators and spatial scales without finding any positive effect of this kind of management. Main causes for this are that organic farming was previously shown to exert much more positive effects in annual crop systems and in simplified landscapes, thus in agroecosystems quite different from vineyards. Additionally in the study area, organic and conventional management forms do not differ very much in terms of pesticide use or other agricultural practices. Based on these findings, I suggest that much effort should be allocated at a wider landscape scale in making organic viticulture more biodiversity-friendly. In a conservation or planning framework, it is fundamental to identify the target (i.e. the whole community or a singular species) of a defined action. Indeed, if the primary needs of the majority of the species which constitute the community could be satisfied by acting at a landscape level, then some needs of individual species could rely mainly, or exclusively, on particular elements determined by agricultural management. As a consequence, to favour these particular species, these elements should be conserved or restored.
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MAIOLATESI, DONATELLA. "Manutenzione e Conservazione Programmata: le centrali idroelettriche in Provincia di Ancona". Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2014. http://hdl.handle.net/11566/242909.

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Nel seguente lavoro si è sviluppato il tema della manutenzione nell’ambito della tutela dei beni culturali, considerando che la cultura della prevenzione si è diffusa ormai in tutti i campi. Sono state effettuate ricerche bibliografiche e si è definito uno studio sul territorio locale per l’individuazione di possibili casi studio. L’obiettivo è la tutela e la conservazione del patrimonio architettonico moderno e contemporaneo. Il metodo della ricerca è la manutenzione programmata. Le azioni per l’approccio metodologico sono la diagnostica, il monitoraggio, gli interventi conservativi, la formazione e la comunicazione. Gli strumenti utilizzati sono risorse umane e strumentali, piani di conservazione preventiva, convegni. Si analizza lo stato dell’arte in Italia, vagliando normativa vigente, pubblicazioni e convegni recenti, valutando anche la Carta del Rischio della nostra zona. Vengono visionate alcune esperienze in Italia e nel resto del mondo. L’impostazione di un cantiere-studio è un’esemplificazione metodologica: partendo da un primo necessario intervento che affronti con completezza le problematiche individuate, si può giungere a prevedere una serie di fondamentali tappe manutentive. I casi studio sono le cinque centrali idroelettriche della provincia di Ancona di proprietà Enel Green Power: Molino - Agugliano (An), Franciolini - Castelplanio (An), Sant’Elena - Serra S. Quirico (An), Angeli di Rosora - Rosora (An), e Ripabianca - Jesi (An). Tali impianti sono una presenza produttiva significativa nella Vallesina nel settore delle fonti rinnovabili. Su di esse vengono definite le principali criticità, con l’analisi dello stato attuale attraverso rilevi metrici, materici e analisi dello stato di conservazione. Vengono descritti gli interventi da eseguire, includendo necessarie fasi manutentive che possono essere riproposte e applicate anche su vasta scala.
The present research work focuses on the maintenance aspects of the cultural heritage, considering that the culture of prevention is now widespread in all fields. Literature searches and a research on the local territory was carried out to identify possible case-studies. The focus of the analysis is on the protection and to preservation of modern and contemporary architectural heritage. The methodological research is the scheduled maintenance. The methodological approach is based on diagnostic, monitoring, conservative effort, training and communication, and the tools include human and material resources, preventive conservation plans, conferences and meetings. The state of the art is analyzed through the current legislation, recent publications and conferences, including the risk assessment of the landscape. Some Italian and international experiences are analyzed. The set up of an experimental study is used as a methodological example: starting from a complete analysis of a case study, it is possible to identify important milestones for maintenance projects. The case studies selected are the five hydroelectric power stations located in the province of Ancona, owned by Enel Green Power: Molino - Agugliano (An), Franciolini - Castelplanio (An), Sant’Elena - Serra S. Quirico (An), Angeli di Rosora - Rosora (An), e Ripabianca - Jesi (An). These systems are a significant energy production presence in the renewable energy sector in Vallesina, an area in the Ancona province. With respect to these power stations, this research identifies the main conservation issues by analyzing their current status through metric and materials surveys and the analysis of their state of conservation. The research then identifies the actions to be undertaken, including the main necessary maintenance steps that could be use also as milestones in other maintenance cases.
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Conserva, Francesco <1980&gt. "Per un atlante dell'architettura storica bolognese. Caratteri costruttivi e conservazione consapevole". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/6112/1/conserva_francesco_tesi.pdf.

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La ripresa degli studi sulla manualistica del recupero ha contribuito, attraverso una lettura tecnica vista in prospettiva storica, a diffondere sensibilità conoscitiva e consapevolezza del patrimonio premoderno. Tuttavia l’esigenza di superare il tracciato delineato dall’uso dei manuali di recupero – da molti intesi, semplicisticamente, come cataloghi per soluzioni architettoniche di ripristino e ricostruzione – ha reso indispensabile una riflessione sul reale bisogno di questi strumenti e sulle loro ripercussioni operative. Se i manuali, spesso, esprimono una visione statica e totalizzante dell’edilizia storica, l’atlante dichiara una concezione dinamica e “sempre aperta”, in cui ogni elemento rilevato è caso a sé. L’atlante fa, quindi, riferimento ad una concezione “geografica” in cui la catalogazione non è esaustiva e dogmatica ma, contrariamente, dà luogo ad un repertorio di casi criticamente analizzati nell’ottica della conoscenza e della conservazione. L’obiettivo della ricerca non è consistito, pertanto, nel descrivere la totalità dei caratteri costruttivi e delle loro combinazioni, ma nell’individuare casi singoli che sono letti ed interpretati all’interno del loro contesto storico-costruttivo e che valgono quale monito per un’azione progettuale consapevole, orientata al minimo intervento e alla compatibilità fisico-meccanica, figurativa e filologica. Nello specifico la ricerca, collocata in un riferimento temporale compreso tra il XIII e il XIX secolo, ha approfondito i seguenti caratteri: solai lignei, appartato decorativo in cotto e portali. Attraverso un approccio interdisciplinare lo studio si è proposto di contribuire alla costituzione di una metodologia di ricerca sulle tecniche costruttive storiche, ravvisando nel momento conoscitivo la prima fase del progetto di conservazione. È indiscusso, infatti, il solido legame che esiste tra conoscenza, progetto ed operatività. Solo attraverso la consapevolezza storica e architettonica del manufatto è possibile individuare scelte conservative criticamente vagliate ed operare in funzione della specificità del caso in esame e delle sue reali necessità.
The research aims to identify a survey of Bolognese wooden floors, terracotta friezes and portals. Every element that characterizes the Bolognese historical architectural organism has been studied from an historical-critical and historical-technical point of view thanks to the prolific relationship between indirect sources and direct ones, in order to reach the full understanding of each architectural components. This awareness is the first step for a ‘conscious’ planning strategy of conservation which is consistently valid from a methodological point of view but not standardized in technical applications.
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Conserva, Francesco <1980&gt. "Per un atlante dell'architettura storica bolognese. Caratteri costruttivi e conservazione consapevole". Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/6112/.

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La ripresa degli studi sulla manualistica del recupero ha contribuito, attraverso una lettura tecnica vista in prospettiva storica, a diffondere sensibilità conoscitiva e consapevolezza del patrimonio premoderno. Tuttavia l’esigenza di superare il tracciato delineato dall’uso dei manuali di recupero – da molti intesi, semplicisticamente, come cataloghi per soluzioni architettoniche di ripristino e ricostruzione – ha reso indispensabile una riflessione sul reale bisogno di questi strumenti e sulle loro ripercussioni operative. Se i manuali, spesso, esprimono una visione statica e totalizzante dell’edilizia storica, l’atlante dichiara una concezione dinamica e “sempre aperta”, in cui ogni elemento rilevato è caso a sé. L’atlante fa, quindi, riferimento ad una concezione “geografica” in cui la catalogazione non è esaustiva e dogmatica ma, contrariamente, dà luogo ad un repertorio di casi criticamente analizzati nell’ottica della conoscenza e della conservazione. L’obiettivo della ricerca non è consistito, pertanto, nel descrivere la totalità dei caratteri costruttivi e delle loro combinazioni, ma nell’individuare casi singoli che sono letti ed interpretati all’interno del loro contesto storico-costruttivo e che valgono quale monito per un’azione progettuale consapevole, orientata al minimo intervento e alla compatibilità fisico-meccanica, figurativa e filologica. Nello specifico la ricerca, collocata in un riferimento temporale compreso tra il XIII e il XIX secolo, ha approfondito i seguenti caratteri: solai lignei, appartato decorativo in cotto e portali. Attraverso un approccio interdisciplinare lo studio si è proposto di contribuire alla costituzione di una metodologia di ricerca sulle tecniche costruttive storiche, ravvisando nel momento conoscitivo la prima fase del progetto di conservazione. È indiscusso, infatti, il solido legame che esiste tra conoscenza, progetto ed operatività. Solo attraverso la consapevolezza storica e architettonica del manufatto è possibile individuare scelte conservative criticamente vagliate ed operare in funzione della specificità del caso in esame e delle sue reali necessità.
The research aims to identify a survey of Bolognese wooden floors, terracotta friezes and portals. Every element that characterizes the Bolognese historical architectural organism has been studied from an historical-critical and historical-technical point of view thanks to the prolific relationship between indirect sources and direct ones, in order to reach the full understanding of each architectural components. This awareness is the first step for a ‘conscious’ planning strategy of conservation which is consistently valid from a methodological point of view but not standardized in technical applications.
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Bellucco, Laura <1991&gt. "Il ciclo di vita dei documenti digitali: dalla nascita alla conservazione". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/9027.

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Questo lavoro tratta dei processi e dei metodi gestionali cui è sottoposto un documento nato digitale. La trattazione consta di due parti: la prima parte (capp. 1-6) è per lo più teorica, ma anche corredata da esempi esplicativi, e riguarda le fasi di formazione, trasferimento e conservazione di un documento elettronico. Essa comprende anche tematiche quali la garanzia, che deve essere assicurata da qualsiasi sistema che intenda fornire soluzioni paperless, di autenticità della documentazione e di accessibilità. La seconda parte (capp. 7-8) riguarda invece casi concreti: vengono analizzati il progetto di ricerca InterPARES, il progetto applicativo BABEL attuato dall’AUSL di Bologna, le effettive modalità e pratiche con cui il Comune di Vicenza ha realizzato la propria adesione alle recenti normative inerenti la dematerializzazione. Gli obiettivi fondamentali della presente tesi, dunque, sono: quello di delineare un quadro chiaro ed esaustivo delle metodologie che devono essere utilizzate per gestire il quotidiano flusso documentale digitale di enti pubblici o aziende, e quello di dimostrare i tangibili benefici, in termini di risparmio ed efficacia, apportati dalla corretta applicazione delle suddette metodologie.
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Petrelli, Valentina <1976&gt. "La conservazione dell’arte contemporanea: problematiche e nuovi apporti teorici e metodologici". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/9751.

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Nel lavoro sviluppato si è cercato di fare emergere un quadro certamente incompleto, ma indicativo per la comprensione dello stato attuale della disciplina del restauro. La questione di fondo che si è tentato di mettere in luce e alla quale oggi occorre dare una risposta chiara, consiste nel riconoscere o meno la validità della Teoria del restauro di Cesare Brandi in rapporto all’arte contemporanea. Ovvero, molti restauratori, soprattutto in Italia, negli ultimi decenni si sono domandati: la Teoria è applicabile anche al contemporaneo? Se si, in quale misura? In considerazione del fatto che l’arte contemporanea è più composita e articolata rispetto al moderno, sono emerse nel campo della teoria dell’arte numerose riflessioni filosofiche interessate a individuare il nuovo orizzonte all’interno del quale si dispiegano le pratiche artistiche contemporanee, d’altra parte tale complessità ha richiesto indagini scientifiche e studi nell’ambito del restauro orientati a definire un nuovo modus operandi all’interno dei musei. Abbiamo visto che la conservazione dell’arte contemporanea è una disciplina giovane, che si è sviluppata alla fine degli anni Sessanta a partire da casi di deterioramento imprevisto di opere d’arte che avevano solo pochi anni di vita. Da allora sono stati fatti molti passi in avanti. La ricerca scientifica ha messo a punto nuovi studi, oggi molto avanzati, attinenti alla composizione chimica dei materiali non tradizionali, al monitoraggio delle loro fasi di invecchiamento in base all’interazione con l’ambiente e all’individuazione di materiali e tecniche innovative di restauro con i quali affrontare il degrado fisico dell’oggetto artistico. Nel corso di una breve ricostruzione storica degli esordi del dibattito internazionale, si è visto che dopo una prima fase di ricerca prettamente scientifica gli interessi degli esperti si sono incentrati anche sull’analisi critica delle maggiori problematiche relative all’arte contemporanea. Verso la fine degli anni Ottanta, nell’ambito di convengni e incontri internazionali, si è avviato un vero e proprio processo di riflessione e di ricerca che si è espresso nella definizione di nuovi criteri standard elaborati in rapporto alle specificità dell’arte contemporanea. Queste specificità costituiscono l’altro grande tema del dibattito internazionale sulla conservazione dell’arte contemporanea. Prendendo come orizzonte temporale il decennio 1997-2007 si è tentato di segnalare i nuovi orizzonti di ricerca. Alla luce della letteratura di cui si è dato conto nel corso del lavoro, affiora con forza un dato: l’urgenza di promuovere una nuova riflessione teorica, da rinviare anche al quadro metodologico elaborato in questi ultimi anni.
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Stefani, Michele <1990&gt. "Gli archivi degli scrittori nativi digitali: verso la conservazione e oltre". Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/10134.

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Nell'elaborato si vuole proporre una riflessione sull'archiviazione destinata alla conservazione e allo studio, di tutti quei documenti nativi digitali prodotti originariamente in digitale dagli autori (non quindi digitalizzazioni o trascrizioni successive). Nello specifico si indagheranno le questioni sollevate in merito a quest'ambito, per quanto concerne gli scrittori e i giornalisti, i cui materiali saranno nel futuro oggetto di studio e di ricerca diversamente rispetto agli archivi istituzionali o di persona; infine si vuole rendere conto del lavoro effettuato negli ultimi anni dal progetto PAD - Pavia Archivi Digitali dell'Università di Pavia, il cui obiettivo è appunto quello di archiviare per la conservazione a lungo termine e lo studio i documenti nativi digitali principalmente di scrittori e giornalisti.
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USAI, ALESSIA. "La città creativa.Politiche culturali e riqualificazione urbana tra conservazione e sviluppo". Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2015. http://hdl.handle.net/11584/266848.

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In the last two decades territorial competitiveness has profoundly changed the objectives of government intervention in the field of culture. No longer seen as a tool of social integration, Culture is now considered a tool for the economic revitalization of the city, especially in relation to chronic deficit of public finances. This depends mainly on the fact that the cultural heritage, as a scarce and irreproducible resource, is now the only economic good capable of competing on the global market, conquering niches in the "new new economy" and, at the same time, ensuring new forms of development, sustainable and able to unleashing positive processes at the micro-scale. Scientific literature on protection, conservation, enhancement and management of Cultural and Environmental Heritage, gives reason for these large-scale dynamics, exhorting to a general renovation of the sector. Researches carried out in order to respond to this instance often aim to the identification of physical, economic and human resources already present in a given region in the attempt to create a 'local cultural chain' functional and working. In Italy, the reference model for networking is Third Italy's industrial district, whose success is due to the close correlation between production, territory and local knowledge. The application of industrial district's organizational principles to cultural and environmental heritage has given rise to the 'advanced cultural district', now also applied to the more technical aspects of conservation, as demonstrated by the Regional Technology Districts for Cultural Heritage and Activities of Lazio and Tuscany. The identification of physical, economic and human resources already present in a region and necessary for the cultural district operation is, as in the industrial field, based on the analysis of cultural and creative clusters, i.e. the measure of the geographic concentration of businesses, suppliers, and institutions networks which operate in the fields of culture and creativity. The analyses developed in Anglo-Saxon countries in relation to the theme of the creative city, have had a wide spread, especially thanks to the works of Charles Landry and Richard Florida where creativity and culture are read as the principal agents of the economic transformation processes and, in some cases, as the ideal solution to all the contradictions and issues of urban. This, however, leads to a reductive and distorted view of the two concepts which, in their original meaning, have instead strong implications from ethical and civic point of view, so much important as to suggest possible links with the theme of the common goods and the historic urban landscape (as palimpsest of human-nature interactions in a given geographical area). The PhD thesis, entitled “The creative city. Cultural policies and urban regeneration between conservation and development”, focused on these relationships between creative city principles and landscape approach outlined by the European Landscape Convention in order to identify best practices for the development of innovative cultural policies and new urban regeneration tools. The research is characterized by a cross-cutting approach to cultural heritage which involves conservation technologies, cultural planning, urban studies and creative economy. In particular, the thesis faces and deepens many questions related to creative city and cultural districts in Italy leading to a theoretical model for the design of advanced cultural districts, consisting of: a benchmark methodology which explains, step by step, how to built an advanced cultural district, i.e. a district focused on cultural heritage, based on urban policies inspired to “creative city” theories and included in landscape planning framework; a "toolbox" of spatial, economic and social analysis and indicators that can be used to build the necessary knowledge on the future district’s territory as to draw a feasibility study. Finally, having Sardinia region as reference, the thesis offers a picture of programs and plans to which the methodology and toolbox can be applied, outlining potential impacts of the proposed theoretical model within regional programming and landscape planning.
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VENTIMIGLIA, Gaspare. "Le superfici di pietra artefatta. Conoscenza e diagnosi per la conservazione". Doctoral thesis, Università di Napoli Federico II, 2009. http://hdl.handle.net/10447/74432.

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La tesi di dottorato è incentrata sullo studio delle finiture architettoniche di pietra artificiale realizzate con metodi o ricette coperte da brevetto in Italia. La ricerca, dopo avere descritto le ricette e metodi per simulare le pietre naturali, propone una metodologia analitica diagnostica per la conservazione delle superfici architettoniche e mostra gli esiti delle sue applicazioni sperimentali.
The PhD thesis is focused on the study of architectural finishes of artificial stone patented in Italy. The research, after presenting the recipes and methods to simulate natural stones, proposes an analytical diagnostic method for the conservation of architectural surfaces and shows the results of its experimental applications.
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CARACOGLIA, LUCA. "WIND-STRUCTURE OSCILLATIONS ON LONG-SPAN SUSPENSION BRIDGES". Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2001. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12416.

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BONELLI, ALESSIO. "ANALISI DI INTEGRATORITEMPORALI APPLICATI AGLI ELEMENTI FINITI E AL METODO DI PROVA PSEUDODINAMICO". Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2001. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12415.

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1999/2000
La corretta valutazione della risposta delle strutture soggette ad azioni dinamiche quali terremoti oppure il vento risulta di fondamentale interesse nell'ingegneria civile. In generale, l'evoluzione di un fenomeno di dinamica strutturale può essere descritta, in modo rigoroso, attraverso la soluzione di equazioni alle derivate parziali su un dominio spazio-temporale, con condizioni al contorno ed iniziali. Risolvere queste equazioni in forma chiusa è, spesso, impossibile, per cui si ricorre alla loro discretizzazione. In genere, tale operazione è effettuata separatamente sulle variabili spaziali e sul tempo. Nell'approccio più diffuso si esegue la discretizzazione spaziale mediante un metodo agli elementi finiti, ottenendo un sistema (semidiscreto) di equazioni differenziali ordinarie nella variabile temporale. T aie operazione è possibile solo se le caratteristiche meccaniche della struttura in esame e la loro variazione a seguito del processo deformativo sono conosciute. Salvo casi estremamente semplici e di scarso interesse applicativo, il sistema semidiscreto non può essere risolto per via analitica, da cui la necessità del ricorso di algoritmi di integrazione numerica. Questo vale già per problemi con comportamento elastico lineare; se sono presenti non linearità di qualunque genere, l'integrazione numerica diviene l'unico metodo utilizzabile, pur risultando, in confronto, molto complessa e laboriosa. Fino ad oggi hanno avuto successo algoritmi step-by-step se/f-starting, basati su procedimenti alle differenze finite, che dal punto di vista computazionale non incrementano l'onere di un problema statico. Negli ultimi anni sono stati sviluppati anche altri procedimenti con qualità superiori rispetto a quest'ultimi, basati su procedimenti variazionali analoghi a quelli usati in statica, pur presentando una complessità di implementazione e soprattutto un'onerosità computazionale che non rendono attraente il loro inserimento nei normali codici di calcolo strutturale. l vari algoritmi proposti possono essere in generale suddivisi in metodi espliciti e metodi impliciti. Gli schemi impliciti necessitano dell'inversione di una matrice complessa per procedere nell'integrazione necessitando di un notevole sforzo computazionale; possono essere tuttavia incondizionatamente stabili e quindi utilizzati con passi d'integrazione elevati. Gli algoritmi espliciti tipicamente non richiedono l'inversione di matrici nella procedura di soluzione con la conseguenza di richiedere uno sforzo computazionale e di memorizzazione minore se comparati agli schemi impliciti. D'altra parte gli algoritmi espliciti sono necessariamente condizionatamente stabili, richiedendo una limitazione sul passo di integrazione che spesso può essere restrittiva. Per questa ragione sono utilizzati in problemi dove l'accuratezza necessaria nell'integrazione richiede un passo di integrazione ridotto, come in problemi di propagazione di onde. In generale, le proprietà fondamentali degli algoritmi possono essere analizzate in modo rigoroso soltanto in problemi lineari. Alcuni algoritmi incondizionatamente stabili in regime lineare, presentano comportamenti patologici se applicati a sistemi non lineari conservativi. Ciò è dovuto principalmente all'impossibilità di integrare esattamente il termine non lineare. La non linearità, nel caso dei metodi impliciti, introduce un secondo problema, puramente computazionale: ad ogni passo di discretizzazione temporale deve essere risolto un sistema non lineare di equazioni; questo richiede l'adozione di un algoritmo di risoluzione iterativo, costituito usualmente dal metodo di Newton-Raphson. Come è noto, la soluzione determinata da tale algoritmo è legata alla scelta del valore iniziale mediante il quale si inizia il processo iterativo. Questa caratteristica spiega le difficoltà di convergenza o la convergenza verso soluzioni spurie che talvolta si manifestano anche nei più semplici problemi modello non lineari. Una delle difficoltà principali che si riscontrano nello studio delle strutture è la modellazione della loro risposta meccanica, che, anche in casi apparentemente banali, può richiedere un'analisi estremamente raffinata. Una valida alternativa è il ricorso alla tecnica ibrida numerico-sperimentale denominata metodo di prova pseudodinamico (PSD), condotta per mezzo di attuatori elettroidraulici. Le forze di inerzia di una struttura e le forze viscose vengono simulate numericamente mentre la forza di reazione viene misurata sperimentalmente. Il metodo può essere inquadrato come una particolare procedura agli elementi finiti nella quale le forze di reazione anziché essere valutate per mezzo di una routine di calcolo vengono misurate sperimentalmente. Le prove PSD permettono di esaminare strutture di medie dimensioni. Il problema principale che si deve affrontare è la necessità di considerare il comportamento della struttura condensato in pochi punti nei quali vengono posizionati gli attuatori. Se la struttura è caratterizzata dall'avere effettivamente le proprie masse concentrate in alcuni punti specifici, almeno agli effetti di una particolare sollecitazione, allora i risultati ottenuti possono ritenersi rappresentativi della risposta reale. Data la sua natura numerica, il test è intrinsecamente collegato ad un integratore temporale, che a seconda del tipo di analisi può essere sia di tipo esplicito o implicito. La natura ibrida del test rende possibile la prova in laboratorio di una parte di una struttura, generalmente il punto critico, simulando numericamente il comportamento della parte rimanente (tecnica della sottostrutturazione). Il test PSD, nella sua implementazione convenzionale, è realizzato mediante una successione di spostamenti della struttura costituiti da rampe e periodi di attesa in cui la struttura è ferma. Recentemente è stata proposto di realizzare il test senza mai fermare gli attuatori, integrando le equazioni del moto della struttura direttamente al passo di campionamento del programma di controllo degli attuatori (test PSD continuo). La nuova tecnica permette l'esecuzione di test molto accurati; introduce tuttavia potenziali difficoltà in presenza di sottostrutture analitiche complesse che possono essere eliminate mediante l'utilizzo di schemi partizionati. Il lavoro svolto nella tesi presenta analisi relative ad algoritmi di integrazione temporale, con riferimento sia alla loro applicazione a procedure puramente numeriche quali il metodo agli elementi finiti, sia al metodo PSD. In particolare, viene presentato lo stato dell'arte degli algoritmi dissipativi sia dì tipo esplicito che implicito e vengono proposte nuove famiglie di integratori. Il lavoro è svolto in due parti. La prima parte è stata dedicata all'analisi degli integratori applicati a problemi numerici. Lo studio è stato concentrato su due algoritmi dissipativi modello di due categorie di schemi di filosofia diversa; in particolare, per gli schemi alle differenze finite è stato scelto il metodo a-generalizzato, mentre per la classe di algoritmi variazionali è stato scelto il metodo time discontinuous Galerkin. Accanto ad una revisione delle proprietà in regime lineare degli schemi suddetti, l'attenzione è stata principalmente dedicata ad analisi teoriche legate al regime elastico non lineare; sono state eseguite sia indagini qualitative generali, sia analisi relative a problemi modello ad uno e due gradi di libertà dei quali è conosciuta la soluzione, quali l'oscillatore di Duffing e il moto di un pendolo. Gli algoritmi sono stati analizzati sia nella loro versione implicita originale, sia in versione esplicita. In particolare, è stata sviluppata una nuova categoria di metodi espliciti a dissipazione controllata, dotata di un buon limite di stabilità ed un'accuratezza del terzo ordine. La seconda parte è stata dedicata all'applicazione degli schemi al metodo di prova PSD. In dettaglio, si sono eseguite analisi sia nel campo del metodo di prova PSD convenzionale, sia nell'ambito della più recente tecnica denominata pseudodinamica continua, nella quale la risoluzione dell'equazione del moto è eseguita all'interno del ciclo di controllo degli attuatori, evitando degli arresti indesiderati nel movimento della struttura. Per quanto riguarda la pseudodinamica convenzionale, gli schemi alle differenze finite studiati nella prima parte sono stati analizzati dal punto di vista della propagazione degli errori, proponendo varie forme di implementazione. È stato inoltre proposto l'utilizzo di metodi secant Newton per identificare la matrice di rigidezza della struttura in esame al fine di migliorare le caratteristiche di accuratezza degli algoritmi. Per validare le analisi condotte, gli schemi sono stati poi implementati e sottoposti a prova in laboratorio su una struttura modello in acciaio a due gradi di libertà. Il metodo PSD continuo è stato studiato con particolare riferimento al problema della sottostrutturazione, mediante la quale si può sottoporre a prova in laboratorio solo una parte della struttura in esame, mentre la rimanente può essere simulata numericamente. La velocità della prova introduce infatti difficoltà che, in presenza di strutture analitiche complesse, rendono auspicabile l'utilizzo di schemi diversi sulla parte testata in laboratorio e la parte analitica. Di conseguenza sono state condotte analisi su nuovi schemi di integrazione partizionati, investigando possibili modifiche e miglioramenti. Successivamente gli schemi sono stati implementati e sperimentati in laboratorio su una struttura campione a quattro gradi di libertà, due dei quali sperimentali.
XIII Ciclo
1972
Versione digitalizzata della tesi di dottorato cartacea.
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FRAGIACOMO, MASSIMO. "COMPORTAMENTO A LUNGO TERMINE DI TRAVI COMPOSTE LEGNO-CALCESTRUZZO". Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2001. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12417.

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VALLUZZI, MARIA ROSA. "COMPORTAMENTO MECCANICO DI MURATURE CONSOLIDATE CON MATERIALI E TECNICHE A BASE DI CALCE". Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2001. http://thesis2.sba.units.it/store/handle/item/12413.

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50

Mazzoni, Raffaele. "Ruolo dell'ossigeno durante la conservazione del vino bianco: Aspetti chimici e sensoriali". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amslaurea.unibo.it/9139/.

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Resumen
Ho svolto una tesi sul monitoraggio dell'ossigeno nella varie fasi di lavoro di un vino bianco. In particolare, si è potuto osservare dalla fase di arrivo del vino in cantina fino alla fase del post confezionamento come l'ossigeno e altri composti si sono evoluti lungo il flusso di lavorazione. Il vino in arrivo è stato diviso in due tagli e stabilizzato con due sistemi differenti proprio per capire se l andamento dell' ossigeno poteva essere differente. Inoltre, sono stati analizzati gli aromi durante le varie fasi di lavoro dato che il prodotto una volta confezionato è stato monitorato da un gruppo PANEL per valutare la shelf-life .
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