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BENVENUTO, CARMELO NICOLO'. « Prime indagini su quattro scritti teologici di Nicola di Metone ». Doctoral thesis, Università degli studi della Basilicata, 2022. https://hdl.handle.net/11563/163007.

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2

Andreatta, Luisa. « Docmi κατά σχέσιν in Eschilo ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2010. https://hdl.handle.net/11572/368363.

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Résumé :
The first part of this survey analyzes theories: the ancient doctrine and modern interpretations about dochmiac; the evidence on poems in responsion, the treatment by scholars, from 19th century on, of free responsions and other recent interpretations of this apparent licence; the problem of hiatus and brevis longo in dochmiacs. In the second part I analyzed strophic dochmiacs in the Persians, the Seven against Thebes, the Supplicants, Agamemnon, Coephores, Eumenides, Prometheus and the astrophic dochmiac of Pr. 425 ff. and Cho. 961-964. Finally I made up two Appendixes (index of responsions and index of the keywords). As far as colometry is concerned, I checked on microfilms or by means of digitally photographic reproductions the main manuscripts of the Oresteia: the Mediceus, the so-called prototriclinians and Demetrius Triclinius’s autograph (T), which is the ultimate achievement of the recensio made by this scholar on the text of Aeschylus. The Suppliants and the Coephores are trasmitted by a codex unicus. The Byzantine triad is handed down by more than one hundred of manuscripts: I saw the most important (MTGFVIRaQLK) for the Seven; I checked the Persians on MTGF, whereas for Prometheus I controlled the colometry of the Mediceus, but I extended my collation as to include other manuscripts in some cases, since dochmiacs are generally organized in compact structures (‘systems’), so that we can quite confidently rely on vulgate colometry, which often goes back to G. Hermann.
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3

Deriu, Morena. « L'eroe satirico di Luciano tra Aristofane e Platone ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2013. https://hdl.handle.net/11572/368424.

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Résumé :
Tra le caratteristiche costitutive della produzione di Luciano di Samosata, la mixis è una dimensione fondamentale, attiva a vari livelli. Fra questi rientra anche la caratterizzazione dei protagonisti dei dialoghi e, in particolar modo, dei personaggi satirici, portavoce del messaggio autoriale e, per ciò stesso, in parte ma non totalmente identificabili con Luciano. L'analisi di queste figure mostra come gli archetipi comico, platonico e menippeo (identificati come tali dall'autore in Bis acc. 33) intervengano nella creazione del personaggio satirico, non senza una certa continuità. Allo stesso tempo, questa non si piega, però, a facili categorizzazioni, in linea con l'intera produzione lucianea.
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4

Fadini, Matteo. « L'inquietudine in versi. Le opere di Marcantonio Cinuzzi e la letteratura religiosa eterodossa ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2014. https://hdl.handle.net/11572/368610.

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Résumé :
Questo lavoro trae origine dal fortuito ritrovamento di un manoscritto (Campori App. 423 [γ.T.6.15] della Biblioteca Estense Universitaria di Modena) durante le ricerche riguardanti la tesi di laurea magistrale. Quel manoscritto, di nessuna utilità per le indagini che stavo facendo allora, mi colpì per alcuni dei componimenti che racchiude e per le loro particolarità metriche. A seguito di controlli, il codice si è dimostrato un canzoniere contenente le rime giovanili di Marcantonio Cinuzzi, di cui costituisce un testimone mai prima citato. Marcantonio Cinuzzi, nato nei primi anni del Cinquecento a Siena, entra giovanissimo nell’Accademia degli Intronati con il nome di Scacciato Intronato. Rimatore non disprezzabile, si dedica a più riprese ai volgarizzamenti: traduce il De raptu Proserpinae, uscito postumo nel 1608, e il Prometeo di Eschilo, del quale esiste una edizione critica. Funzionario di Cosimo, partecipa al gruppo ereticale dei Sozzini; probabilmente è la protezione del duca a metterlo al riparo dalla prima ondata di processi inquisitoriali degli anni Cinquanta, ma non da quella successiva: incarcerato nel 1578, viene liberato alla fine del processo (1583); non è chiaro se a seguito di abiura. L’ultima attestazione del Cinuzzi in vita è la lettera di dedica del Rapimento di Proserpina, sottoscritta Della villa dell’Africa, il dì X di giugno 1592. L’agnizione di cui ho dato conto mi ha spinto a occuparmi della produzione poetica religiosa del senese: le Ode spirituali («il migliore prodotto della poesia protestante in Italia», secondo una forse troppo enfatica definizione di Marchetti) e il poemetto De la Papeida. Queste due opere sono sicuramente rappresentative della letteratura religiosa variamente eterodossa o comunque inquieta che venne prodotta in Italia a partire dalla metà degli anni Trenta del Cinquecento, segmento della nostra storia letteraria poco noto e fino ad anni recenti del tutto trascurato. Se la tesi gobettiana della mancata presenza della Riforma in Italia è stata superata dagli studi storici dell’ultimo cinquantennio, e se quindi oggi parlare di Riforma protestante e di eresie nell’Italia del XVI secolo è pratica diffusa, altrettanto non si può dire a proposito del versante letterario degli studi umanistici. Nelle nostre storie letterarie – di solito – il rapporto tra crisi religiosa, Riforma e letteratura è questione che viene affrontata a partire dal periodo post-tridentino e in relazione alle tensioni esistenti nella cultura e nella società di quella che è definita all’ingrosso Controriforma. Insomma: Torquato Tasso e la tormentata vicenda elaborativa della Gerusalemme, per voler compendiare il problema con una sola immagine. Per il resto, la nostra letteratura religiosa, quando non è produzione devozionale minore, sembra sostanziarsi per lo più nel genere laudistico di precedenti illustri. A partire almeno dagli studi di Delio Cantimori, Carlo Ginzburg, Adriano Prosperi, Massimo Firpo e Silvana Seidel Menchi, le conoscenze sul versante storico dei movimenti eterodossi italiani e sulla storia della Riforma e delle inquietudini religiose sono diventate patrimonio condiviso, dopo i primi e in un certo senso pionieristici tentativi fatti dalla storiografia di parte protestante. Le ricerche, tra gli altri, di Gigliola Fragnito e di Ugo Rozzo hanno gettato nuova luce sulla censura libraria e su come questa influì sulla produzione letteraria contemporanea In più di una occasione questi storici hanno fatto riferimento ad alcuni testi letterari, citandoli come documenti esemplari di letteratura più o meno segnata dalla coeva battaglia religiosa. La informazioni prodotte da questo tipo di indagini non hanno però prodotto in ambito letterario un conseguente aggiornamento delle conoscenze; a parte alcuni importanti contributi, fino a pochi anni fa questa provincia della nostra storia letteraria era quasi del tutto sconosciuta. Più di recente, la crescita dell’interesse intorno alle “Muse sacre†e la riscoperta della letteratura, e in particolare della poesia, religiosa del Cinquecento e Seicento hanno stimolato gli studi, agevolando il recupero anche della produzione letteraria eterodossa e inquieta. Gli studi e le edizioni di testi curati, tra gli altri, da Davide Dalmas, Enrico Garavelli, Franco Pierno e Franco Tomasi, assieme ai lavori in corso sul Pasquino, rappresentano i primi frutti di questi sforzi sul versante a vario titolo ereticale della nostra letteratura. È in tale filone di studi che ambisce ad inserirsi questo lavoro. Ambito di interesse Il lavoro di ricerca si è concentrato sul rapporto tra la Riforma religiosa nelle sue varie declinazioni e i multiformi aspetti delle inquietudini religiose da una parte, e la produzione letteraria, segnatamente poetica, dall’altra. Le domande alla base di questo studio sono semplici: quanto è esteso il perimetro della poesia cinquecentesca composta anche come veicolo di idee religiose a vario titolo eterodosse? Quali furono le modalità di produzione e di ricezione di una letteratura che tematizzava la crisi religiosa e che spesso ambiva a giocare un ruolo diretto nella battaglia culturale e religiosa allora in piena evoluzione? In che modo questi testi poetici indicarono una strada di rinnovamento anche letterario, oltre che religioso? La storiografia su questo periodo ha insegnato a diffidare dalle definizioni troppo nette, anche perché spesso ottundono la capacità di cogliere veramente lo sviluppo e le dinamiche storiche. Analogamente, in questo lavoro ho cercato di non definire troppo rigidamente la pertinenza di singoli testi o di autori a categorie quali ‘ortodossia’, ‘eterodossia’ o ‘Riforma’. Ciò che interessava sono le opere letterarie partecipi della crisi religiosa da una posizione non convenzionale, in particolare i testi nei quali è possibile individuare un chiaro tentativo di proselitismo religioso. Si tratta di una doppia esclusione: la produzione di trattati come quella di Valdés è stata del tutto lasciata da parte, così come la letteratura religiosa programmaticamente cattolica, quale quella di Malipiero o Fiamma. Articolazione della tesi La tesi è divisa in due parti: nella prima parte (“Appunti per la storia della letteratura religiosa inquieta ed eterodossa†) si dà conto di cinque casi nei quali il rapporto tra il dissenso religioso e la letteratura è fondativo; nella seconda parte si presentano in edizione critica le due opere religiose di Cinuzzi. I primi cinque capitoli riguardano, nell’ordine: Celio Secondo Curione e la sua produzione poetica presente in due opere a stampa (1550 e 1552); la raccolta manoscritta Dello divino amore christiano di Antonio Brucioli (databile alla prima metà degli anni 50); i primi due volumi delle Rime spirituali, antologia uscita a Venezia tra il 1550 (volumi I e II) e il 1552 (volume III); le Sette canzoni spirituali di Bartolomeo Panciatichi (1576, ma la prima redazione è databile al 1560); infine la Comedia piacevole della vera antica romana, catolica et apostolica Chiesa (1611), volgarizzamento della commedia Phasma di Nicodemus Frischlin. Nel capitolo riguardante Curione si fornisce l’edizione critica dei 19 testi poetici presenti nel catechismo Una familiare et paterna institutione della Christiana religione – tutti, ad eccezione della canzone già edita da Prosperi – e l’edizione dei 2 sonetti che si leggono nelle Quatro lettere Christiane, entrambi esempi dell’impiego della letteratura per veicolare la Riforma religiosa e, almeno nel secondo caso, dell’uso della poesia per compendiare il messaggio teologico argomentato nei testi in prosa che precedono le liriche. L’unica opera poetica di Brucioli è stata più volte citata, ma mancava uno studio che desse conto della struttura e dei contenuti del testo, attestato da due corposi manoscritti. Nel capitolo propongo una datazione delle due redazioni dell’opera, individuo altri due manoscritti ora perduti e fornisco l’edizione di un gruppo di componimenti poetici, tra i quali la riscrittura della petrarchesca Vergine bella. L’antologia delle Rime spirituali ha richiamato più volte l’attenzione dei critici. Limitandomi ai primi due libri della raccolta, fornisco la tavola dei componimenti, cerco di delineare le probabili fonti e il messaggio complessivo che quel florilegio poetico presenta della produzione religiosa. A seguito del reperimento di duemanoscrittidiAntonioAgostinoTorti,autoredialcunicomponimentidella raccolta finora sostanzialmente sconosciuto, propongo il testo di due sestine. Dell’opera di Panciatichi, già segnalata da Firpo, ho potuto reperire un secondo manoscritto oltre a quello di dedica, attestante una diversa e precedente fase redazionale. Tale codice, appartenuto a Giovanni Domenico Scevolini, permette di meglio tratteggiare la figura di questo eccentrico domenicano e lascia intravedere la circolazione sotterranea che questa tipologia di letteratura poteva avere. Infine, nell’ultimo capitolo di questa parte ho affrontato il tardo volgarizzamento di una interessante commedia latina di Nicodemus Frischlin (Phasma), pièce nella quale è rappresentato il dibattito teologico interno al campo protestante. Sembra possibile che questa commedia, assieme ad un altro testo in italiano impresso l’anno prima dal medesimo editore, sia un estremo tentativo di propaganda religiosa tramite un’opera letteraria in un periodo nel quale i confini confessionali erano ormai stabiliti e invalicabili. Nel capitolo, presento l’edizione critica del IV atto della Comedia, che ben compendia l’intera opera. Nella seconda parte, invece, l’attenzione si concentra sulle opere di Cinuzzi. Il lavoro di ricerca ha permesso di reperire un terzo testimone delle odi (Urb. Lat. 758 della Biblioteca Apostolica Vaticana), accanto ai due già noti.11 I tre manoscritti attestano tre differenti fasi redazionali dell’opera: il Vaticano presenta 68 odi suddivise in quattro libri (47 in comune con gli altri), gli altri due, invece, 51. Il manoscritto ora a Cambridge è sicuramente una copia tratta dal manoscritto di dedica inviato al duca Cosimo, il Fiorentino è probabilmente il testimone di una successiva rielaborazione della stessa redazione in vista della stampa, mentre rilievi interni inducono a ritenere il Vaticano un testimone della primitiva redazione. L’edizione delle odi prende come testo-base il Fiorentino, probabile testimone dell’ultima volontà dell’autore, e presenta in apparato le varianti degli altri due manoscritti. Le 21 odi attestate dal solo Vaticano si possono leggere nell’appendice B, poiché non pertinenti alla redazione dell’opera testimoniata dagli altri due codici. Il poemetto De la Papeida è trasmesso dal solo manoscritto della Trinity College Library. L’opera in questione è adespota, ma rilievi interni e considerazioni esterne spingono ad attribuire definitivamente il testo a Cinuzzi. Lo stesso manoscritto trasmette anche due altri brevi componimenti che penso sia possibile attribuire a Cinuzzi.13 La Papeida è probabilmente un testo incompiuto e comunque si tratta di un’opera non rifinita dall’autore; questo fatto e l’esistenza di un unico testimone rendono a volte difficile stabilire un testo critico affidabile. La notevole estensione dei componimenti – le sole odi, complessivamente, constano di 4.000 – e l’impegno richiesto dalla prima parte delle tesi hanno reso irrealizzabile un commento approfondito. Si è optato per un commento puntuale ad alcuni luoghi della Papeida, soprattutto per esplicitare i riferimenti a personaggi storici e a testi altrimenti di difficile decifrazione. Ragione delle scelte Le tesi di dottorato nelle discipline filologico-letterarie, per consuetudine ormai invalsa, si presentano con le caratteristiche di una monografia. A prima vista, quindi, l’articolazione di questo lavoro può sembrare eccentrica. In effetti nella prima parte sono presentati cinque casi parzialmente slegati tra di loro e nella seconda si affronta la ricostruzione filologica di due opere di un autore differente rispetto a quelli analizzati all’inizio della tesi. Alcuni chiarimenti sono perciò d’obbligo. Questo lavoro non intende fornire il quadro complessivo della poesia religiosa eterodossa e inquieta del Cinquecento italiano, né presentare alcuni medaglioni che compendiano l’insieme di questo genere letterario. Una summa di questo segmento della nostra letteratura non potrebbe in ogni caso essere offerta per la ragione che allo stato attuale delle conoscenze mancano i dati per poterlo fare. La quasi totalità della poesia religiosa inquieta non è al momento conosciuta: se anche è nota l’esistenza di alcune opere, queste non sono state studiate a fondo, né pubblicate; è dubbio se siano state lette al di fuori di una ristretta cerchia di specialisti. Accanto a ciò, esiste un secondo ostacolo, anch’esso di natura testuale: mancano le necessarie conoscenze sui testi non strettamente letterari con i quali dialoga questo tipo di letteratura. La produzione di trattati, di pamphlet e, in generale, di opere di propaganda religiosa non è ancora studiata a dovere e in alcuni casi mancano le ricostruzioni dettagliate delle biografie degli autori e dei contatti che intercorrevano tra loro. Per fare un solo esempio, la monografia di riferimento per la vita di Curione è il lavoro di Kutter, in tedesco, che risale a più di mezzo secolo fa, per non citare il fatto che Edit16 riporta sotto il nome del figlio Celio Agostino un’opera del padre. Premesso tutto questo e sgombrato il campo da possibili equivoci, resta da chiarire che cosa voglia essere questo lavoro. Il titolo della prima parte (“Appunti...†) fornisce una prima spiegazione: in relazione alla poesia religiosa inquieta servono anzitutto dei sondaggi che, procedendo necessariamente per campioni, permettano di gettare luce su questa produzione. Prima di ogni altra cosa, occorre quindi avere edizioni affidabili dei testi e occorre ricostruire la storia della tradizione di queste opere. I cinque capitoli iniziali della tesi sono semplicemente un tentativo in questa direzione: degli scavi effettuati su alcune opere per le quali ho tentato di delineare i problemi filologici, di proporre un inquadramento critico e di presentare in edizione critica i testi oggetto d’analisi, integralmente laddove possibile oppure limitandomi ad alcune parti, in caso di una molte testuale eccessiva. I medaglioni della prima parte della tesi, quindi, rappresentato un primo tentativo di illuminare parzialmente il terreno sul quale si collocano le opere di Cinuzzi; senza una idea più chiara dello sfondo, infatti, anche i singoli pezzi del mosaico appaiono ancor più difficilmente comprensibili. Cinuzzi non fu un autore isolato; egli fu invece uno dei tanti intellettuali allora impegnati nella battaglia per il rinnovamento religioso, culturale e letterario, che si servirono della letteratura per intervenire nel dibattito coevo. Si tratta di un engagement storicamente perdente: a partire almeno degli anni Cinquanta del Cinquecento le sorti religiose della Penisola sono segnate e le variegate istanze di rinnovamento e di riforma sono destinate alla sconfitta. La riorganizzazione ecclesiale e dogmatica procedette spedita, di pari passo con il controllo religioso e culturale: la riforma, che pure ci fu, avvenne unicamente all’interno della Chiesa romana e venne gestita direttamente dalla gerarchia ecclesiale. Questa letteratura fu doppiamente perdente: tanto sul versante religioso, come detto, quanto sul piano letterario. L’evoluzione della nostra letteratura non tenne conto, o lo fece in minima parte, delle proposte implicite nelle opere religiose di queste tipo. Il tentativo di uscire dal petrarchismo per proporre una letteratura di impegno politico-religioso non ebbe sostanzialmente esito, così come l’auspicato connubio di poesia e discussione religiosa e politico-culturale. Un futuro studio che possa dar conto dell’insieme della letteratura religiosa partecipe delle inquietudini religiose del Cinquecento sarà il termine di un percorso di ricerca che procederà per successivi approfondimenti circoscritti.
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Pentericci, Caterina. « Editio critica, traduzione e commento di Truc. 1-254/5. Appendix : Editio critica, traduzione e analisi di Truc. 256-321 e 669-698 ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2019. https://hdl.handle.net/11572/367773.

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Résumé :
Il lavoro di tesi consiste nell’edizione critica di una porzione di testo del Truculentus di Plauto (vv. 1-254/5), strutturata secondo le caratteristiche dell’Editio Plautina Sarsinatis. Si basa pertanto su un’indagine di prima mano sui manoscritti e sulle edizioni di Plauto, dalla princeps in poi, e si struttura in un apparato, rigidamente positivo, che tenga conto delle problematiche relative (1) al paratesto, (2) alla colometria dei cantica, (3) alle varianti testuali e congetture. All’edizione segue una proposta di traduzione e un commento filologico-stilistico sui versi presi in considerazione, spesso indispensabile per affrontare i passi più corrotti. In appendice si è scelto poi di riservare spazio alle scene che vedono in azione il seruus truculentus (vv. 256-321 e 669-698), un personaggio in realtà del tutto secondario e poco rilevante ai fini della trama se non per il fatto che conferisce il titolo alla commedia. Di queste se ne fornisce l’edizione critica, una proposta di traduzione - finalizzata quanto più possibile a conservare l’ilarità dei Witze presenti - e un’analisi che evidenzi le caratteristiche del seruus, mettendone in discussione il nome.
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Angelini, Irene. « Lettere mercantili in volgare parmense : il carteggio dei Garso ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2018. https://hdl.handle.net/11572/367617.

Texte intégral
Résumé :
Il lavoro presenta l’edizione di un corpus di lettere mercantili in volgare, risalenti all’ultimo ventennio del Trecento, inviate da alcuni esponenti della famiglia parmense dei Garso al fondaco di Francesco di Marco Datini a Pisa, oggi conservate presso il fondo Datini dell’Archivio di Stato di Prato. L’edizione dei 64 testi (finora inediti, ad eccezione di uno) è accompagnata da un commento linguistico che si propone di individuare, accanto ai fenomeni genericamente settentrionali da una parte e alle tracce di contaminazione linguistica con il toscano dall’altra, alcuni tratti caratteristici del volgare parmense. Conclude il lavoro un glossario selettivo che raccoglie il materiale lessicale di uso locale, così come gli elementi riconducibili al formulario mercantile medievale.
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Sanson, Manuela. « Il corpo nell'opera di Francesco d'Assisi e di Iacopone da Todi ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2011. https://hdl.handle.net/11572/368289.

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Résumé :
La visione di un universo permeato dalla gloria di Dio che Francesco d’Assisi sviluppa nel Cantico di frate sole e nelle sue opere latine, e che risulta anche dalle testimonianze dei primi biografi, è stata interpretata da vari studiosi (Duby, Manselli, Pasero) come un implicito rovesciamento della concezione catara secondo cui il mondo non è stato creato dal Dio celeste, ma da un demiurgo malvagio. A prima vista, la concezione del corpo e della creazione materiale che emerge dall’opera poetica del francescano Iacopone da Todi si trova agli antipodi di quella del santo. Giovanni Pozzi ha osservato come nelle Laude sia assente “qualsiasi valutazione del creato come entità recante l’impronta divina†; ma, lungi dal comportare un dualismo ontologico di tipo “gnostico†, come quello dei catari, questo atteggiamento va ricollegato secondo lo studioso svizzero alla tradizione dell’ascetismo cristiano, e in particolare al linguaggio del “disprezzo†del corpo e del mondo che verso la fine del secolo XIII aveva trovato una delle sue espressioni più violente ed efficaci nel De contemptu mundi di Lotario di Segni, il futuro papa Innocenzo III. Queste lucide considerazioni non mancano tuttavia di porre una serie di problemi storici ed ermeneutici che appaiono decisivi per una corretta comprensione delle opere letterarie dei due primi grandi scrittori religiosi della nostra letteratura: qual è il rapporto fra la concezione francescana del corpo (e più in generale del mondo materiale) e la riflessione cristiana dei secoli precedenti su questi temi? In particolare, come si può situarla rispetto ai grandi filoni teologici del XII e del XIII secolo: mistica cisterciense e vittorina, pensiero ascetico, eresia catara? E quali sono i rapporti fra la concezione di Francesco e quella che si delinea con straordinario vigore lirico nelle Laude di Iacopone? Quali sono i modelli del poeta di Todi? Fra i due grandi scrittori mistici e ascetici del Duecento italiano vi è realmente, a proposito della visione del corpo e della corporeità, radicale opposizione? Oppure possono essere individuati anche punti di contatto, elementi di continuità o di mediazione? E come si spiegano degli atteggiamenti così diversi nel fondatore e in uno dei primi grandi seguaci del movimento francescano? A questi, ed ad altri più puntuali interrogativi si è cercato di rispondere nel presente lavoro. Per giungere a risposte motivate e convincenti, si è ritenuto necessario partire da un approfondito esame delle concezioni del corpo e della materia nella tradizione del pensiero cristiano fino al Duecento. In particolare, sono apparse di fondamentale importanza le correnti teologiche del secolo precedente, il XII, correnti il cui influsso nella concezione del mondo di Francesco e di Iacopone appare determinante. Nella prima parte della tesi, abbiamo così dedicato un capitolo alla tematica del contemptus mundi quale è sviluppata nel grande trattato di Lotario di Segni. In un secondo capitolo è studiata la complessa – e talvolta almeno apparentemente contraddittoria – concezione del corpo e delle realtà materiali nelle due maggiori correnti della teologia mistica nel XII secolo, quella cisterciense e quella vittorina, alle quali si rifarà direttamente anche il francescano Bonaventura da Bagnoregio. Inoltre, si è ritenuto necessario studiare in maniera approfondita le dottrine eterodosse dei catari, che ebbero certamente un grande peso – come si è accennato – nella riflessione cristiana di questo periodo sul corpo e sulla materia. A partire da queste premesse dottrinali – che sono state spesso trascurate o sottovalutate dai filologi, ma alle quali la critica più recente incomincia a dedicare la dovuta attenzione – nella seconda parte della tesi abbiamo sottoposto a una accurata analisi la concezione e la rappresentazione del corpo, e della “corporeità†in generale, nelle opere italiane e latine di Francesco d’Assisi e di Iacopone da Todi. Ne sono derivate conclusioni molto più articolate e sfumate di quanto possa far pensare una lettura superficiale dei loro testi: gli stretti rapporti che si possono osservare in entrambi gli autori con la precedente tradizione ascetica e mistica valgono a mettere in luce tutta una serie di rapporti profondi fra di loro, specialmente intorno al nodo cruciale del corpo di Cristo. E questo vale, a nostro parere, a far risaltare ancor meglio gli aspetti originali dei testi maggiori di Francesco e di Iacopone, a farci gustare appieno la loro “poesia del corpo†.
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Tavonatti, Paolo. « Francisci Porti Cretensis Commentaria in Aeschyli Tragoedias ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2010. https://hdl.handle.net/11572/368270.

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Résumé :
La tesi contiene l'editio princeps dei Commentaria dell'umanista cretese Francesco Porto (1511-1581) alle tragedie superstiti di Eschilo, primo commentario della tradizione occidentale all'intero corpus dell'Eleusino. L'edizione critica è preceduta da un'introduzione storico-biografica, in cui si indagano i contesti culturali in cui ha operato l'autore e che hanno influito sulla sua attività intellettuale. Segue un capitolo più generale sull'esegesi eschilea di Porto e sulla contestualizzazione dei Commentaria nel genere del commentario umanistico. L'edizione è accompagnata da un commento dei Commentaria, analizzati da un punto di vista non solo strettamente filologico, ma anche storico, retorico e stilistico.
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Wach, Aurelie. « L'intertextualité comme procédé dramaturgique dans Hécube et Les Troyennes d'Euripide ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2012. https://hdl.handle.net/11572/367680.

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Résumé :
This study investigates the question of how intertextuality is used as a dramaturgical device in Euripides’ Hecuba and Troades. The intertexts considered here are the Homeric epics and Aeschylus’ Agamemnon. After a presentation of the problems raised by the use of the notion of “intertextuality†in the field of ancient Greek literature, and more specifically Greek theatre, the two dramas are each studied in depth. Chapters I to IV are concerned with the stasima of these plays and raise the question of the specific manner in which intertextuality is inscribed in the lyrical language of the chorus. The stasima are considered from a global perspective in order to highlight their function as a guiding thread running through each drama. The following chapters deal with extended portions of Hecuba and Troades. The use of intertextuality in the representation of the sacrifice of Polyxena is studied in Chapter V, whereas Chapter VI deals with the double intertextual allusion (both to the Odyssey and to the Agamemnon) engaged in by Euripides in his representation of Hecuba’s revenge (in Hecuba). Chapters VII and VIII are about the Troades, focusing firstly on the Cassandra scene, which is compared with the Cassandra scene in Aeschylus’ Agamemnon, reworked here by Euripides. Secondly there is the scene involving Helen, where Euripides builds up the tensions of the agôn by basing it on a precise passage of Iliad III – which, in the light of the positions taken by the two characters, he purposely renders even more problematic than it is in Homer. The conclusion presents the results of this inquiry into the functioning and possible purposes of intertextuality in Greek tragedy.
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Tedeschi, Chiara. « Thomas Stanley, editore di Eschilo ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2011. https://hdl.handle.net/11572/368050.

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ANDRISANI, GIOVANNI. « Il campione. Achille nella letteratura latina di età imperiale ». Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2021. http://hdl.handle.net/11567/1056926.

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Résumé :
The aim of the present doctoral thesis is to investigate the presence of the character Achilles in the Latin Literature of the Imperial Age. Moving from Catullus’ Carmen LXIV up to Dracontius’ Carmina profana, the figure of Achilles is analysed as specimen of Homer’s fortune inside and out of the epic genre; the recurrent ambition of Roman writers to compete with Homer’s authority by giving birth to a ‘Latin Iliad’ leads to the frequent characterisation of Achilles as promise of a great poetic enterprise up to come. The conventional association of the Trojan War with its most celebrated symbol involves the demonization and de-heroicization of Achilles. On the other hand, there are some counterfactual reflections on his destructive potential as enemy of the Roman people (for killing their ancestor Aeneas).
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SIRONI, FRANCESCO. « LA LIRICA LESBIA E LA TRADIZIONE EPICA. SCOPERTE DI TESTI E NUOVE PROSPETTIVE ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2019. http://hdl.handle.net/2434/694798.

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Résumé :
Le scoperte papiracee degli ultimi anni hanno arricchito notevolmente la conoscenza della lirica eolica. In particolare, esse hanno riacceso il dibattito sui rapporti tra Saffo e Alceo e la poesia epica. Lo scopo di questa tesi è offrire uno studio del materiale epico presente nei frammenti di Saffo e Alceo, al fine di individuare quale poesia epica circolasse sull’isola di Lesbo tra VII e VI sec. a.C. Prendendo in considerazione le relative problematiche metodologiche, la presente ricerca conferma da una parte alcune conclusioni già formulate da altri studiosi, dall’altra apre nuove prospettive. In particolare, mentre risulta sostanzialmente confermata la conoscenza dell’Iliade da parte di Saffo e Alceo, il cosiddetto Carme dei fratelli di Saffo, pubblicato nel 2014, presenta molti elementi a favore della conoscenza dell’Odissea da parte dei due lirici, prima ritentua non verificabile. Il panorama della poesia epica oggi perduta nota a Saffo e Alceo si conferma molto vasto.
The recent papyrological discoveries have considerably enriched our knowledge of Aeolic lyric. In particular, they have reopened the debate about the relations between the Aeolic poets and epic poetry. The purpose of this dissertation is to provide a study of the epic material which can be found in the fragments of Sappho and Alcaeus, in order to identify the epic poetry circulating on the isle of Lesbos at the turn of the 7th and 6th centuries. Taking into account the related methodological issues, this research confirms, on the one hand, some conclusions already expressed by other scholars; on the other hand, it opens up new perspectives. In particular, whilst it is substantially confirmed that Sappho and Alcaeus knew the Iliad, the so-called Brothers Poem by Sappho, published in 2014, presents many elements which strenghten the hypotesis of the two poets knowing the Odissey – which was previously impossible to verify. As a further result, it is once more proved that a large amount of lost epic poetry was available to Sappho and Alcaeus.
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ROSSETTI, MATTEO. « 'LA MAPPA DELLE COSTELLAZIONI', MANILIO, ASTRONOMICA, 1, 255-455 : INTRODUZIONE, TRADUZIONE, TESTO E COMMENTO ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2019. http://hdl.handle.net/2434/618044.

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I versi 255-455 del primo libro degli Astronomica di Manilio contengono una dettagliata descrizione delle costellazioni dei due emisferi: modello strutturale della sezione testuale sono i Fenomeni di Arato. Il modello arateo costituisce, però, soltanto una traccia entro la quale il poeta si è mosso: numerose sono le differenze rispetto ai Fenomeni, evidenti, prima di tutto, nell’organizzazione della materia e nella modalità di presentazione degli argomenti. La dissertazione si configura come un commento filologico e letterario, preceduto da un’introduzione, da un testo critico e da una traduzione italiana. Nell’introduzione sono stati trattati alcuni problemi esegetici di carattere generale riguardanti la pericope di versi, con attenzione al complesso del primo libro e dell’opera. Dopo un capitolo dedicato alla struttura del libro, sono state discusse le fonti di Manilio, in particolare Arato, i suoi scolii, Cicerone e Germanico. I rapporti con quest’ultimo autore hanno consentito di prendere in considerazione i problemi di cronologia tra gli Astronomica e la traduzione dei Phaenomena del Princeps. Spazio è stato dedicato alle modalità di presentazione dei signa e al catasterismo. Nell’ultima parte dell’introduzione sono stati affrontati alcune questioni riguardanti i rapporti di Manilio con delle fonti iconografiche ed è stato tentato di interpretare il testo, visto come una grande ekphrasis, secondo un approccio “intervisuale”. Il testo, accompagnato da un apparato frutto di una nuova collazione dei codices primarii (GLNM) degli Astronomica, è preceduto da una nota sulla tradizione testuale del poema. L’apparato cerca di dar conto del maggior numero di interventi testuali, a partire dal quattrocento, con attenzione ai grandi filologi maniliani: Scaligero, Bentley e Housman. Il commento è strutturato su due ordini di note. A delle note generali e più ampie è demandata un’introduzione a singoli blocchi di versi: in queste sezioni vengono discussi i rapporti dell’autore con i modelli e si cerca di proporre un’interpretazione complessiva del passo in analisi. Le note ai singoli, versi, invece, discutono questioni più puntuali di testo, metrica e lingua, con attenzione ai paralleli. Il commento filologico, indispensabile per un poema testualmente complesso come gli Astronomica, si affianca a quello letterario. Su questo versante si è cercato di dimostrare come Manilio si muova con una certa libertà all’interno della tradizione aratea e riceva spunti anche da autori quali Virgilio e Ovidio. Inoltre, è stato evidenziato come nel passo la descrizione del cielo assuma dei toni che rimandano a uno scenario sublime, categoria rintracciabile anche in altri poemi didascalici latini. Spazio è stato riservato alla trattazione di alcuni aspetti della filosofia di Manilio: la descrizione del cielo in un costante equilibrio presuppone la presenza in filigrana di concezioni provvidenzialistiche. Infine, oggetto del commento sono state alcune problematiche scientifiche e astronomiche, discusse a partire dal confronto dei testi tecnici.
The verses 255-455 of the first book of the Astronomica of Manilius contain a detailed description of the constellations of the two hemispheres: structural model of the textual section are the Phenomena of Aratus. The Greek model, however, is only a trace in which the poet has moved: there are numerous differences with the Phenomena, in terms of organization of the matter and presentation of the arguments. The dissertation consists of a philological and literary commentary, preceded by an introduction, a critical text and an Italian translation. In the introduction some general exegetical problems concerning the pericope of verses have been treated, in the exposition of the topics has been paid attention to the complex of the first book and the work. After a chapter devoted to the structure of the book, were discussed the sources of Manilius, in particular Aratus, his schoolia, Cicero and Germanicus. Relations with the latter author have allowed to take into account the problems of chronology between Astronomica and the contemporary Princeps' Phaenomena. Space has been dedicated to the ways in which the constellations are presented, to catasterism and to the use of myth. In the last part of the introduction some questions concerning Manilius' relationship with iconographic sources were discussed and it was attempted to interpret the text, seen as a great ekphrasis, according to an "intervisual" approach. The text, accompanied by a critical apparatus resulting from a new collation of the codices primarii (GLNM), is preceded by a note on the textual tradition of the poem. The apparatus tries to give an account of the greatest number of textual interventions, starting from the fifteenth century, with attention to the great Manilian scholars: Scaliger, Bentley and Housman. The commentary is structured on two orders of notes. On the one hand, general and wider notes introduce single blocks of verses, these sections discuss the author's relationship with the models and propose an overall interpretation of the passage. The notes to the single verses, on the other hand, discuss more precise questions of text, metrics and style, with attention to the parallels with other authors. The philological commentary, indispensable for a textually complex poem such as the Astronomical, is combined with the literary one. In this regard, an attempt has been made to demonstrate how Manilius moves freely within the aratean tradition and also receives inspiration from authors such as Virgil and Ovid. In addition, the presence of a sublime scenario has been highlighted, a category that can also be found in other Latin didactic poems. Space has been reserved for the treatment of some aspects of Manilius' philosophy: the description of the sky in a constant equilibrium presupposes the presence of providentialist conceptions. Finally, some scientific and astronomical problems were discussed, starting from the comparison with technical texts.
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Selmi, Maher. « Traduzioni in lingua araba di testi della letteratura italiana del Novecento. Problemi linguistici e culturali ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3421602.

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The research presented collects a first set of results identified an issue that is easy to grasp the significance, as well as a history of fortune abroad in our literature of the last century, an area of interest identified by the growing importance of cultural relations between Italy and the Arab world in recent decades are characterized by the phenomenon of migration had accelerated and enriched stimuli and urgent reasons for an overall comparison of horizons of civilization. If mediation in the Italian language of the Arabic literary heritage has a proven history of academic knowledge of the world's Arabic for Italian culture which is manifested through the translation of works of our literature is much more fragmented, as well as the other part still is the episodic story that she should testify. Attempts to identify more clearly the context of the Arabic translation of Italian literary texts that you can not remember many. Among the samples surveyed from the view of Dr. Selmi we merely recall the conventions of 1980 and 1993 respectively dedicated to the Italian cultural presence in Arab countries: history and prospects (Naples 28 to 30 May 1980), Translating and interpreting dialogue between Italy and the Maghreb (Carthage February 18, 1993) or more recently the intervention of Ahmed Soma, professor of Italian language and literature at the University of Tunis Manouba, international conference in Italian culture in the world (Pescara 2001). Even in these cases we noted a predominant focus, as understood in part, to the classics, which have a well-established preeminence in traditional representations of the historical story of Italian literature. The twentieth century section carves out a very limited space.
La ricerca di cui la tesi presentata raccoglie una prima serie di risultati individua un tema di cui è agevole cogliere la rilevanza, oltre che per una storia della fortuna all'estero della nostra letteratura dell'ultimo secolo, per un ambito di interessi individuato dalla crescente importanza delle relazioni culturali tra l'Italia e il mondo arabo, caratterizzate negli ultimi decenni anche dal fenomeno della migrazione che ha accelerato e arricchito di stimoli e di urgenze le ragioni di un confronto complessivo di orizzonti di civiltà. Se la mediazione in lingua italiana del patrimonio letterario arabo ha una sua consolidata storia accademica, la conoscenza dell'attenzione del mondo arabo per la cultura italiana che si manifesta attraverso la traduzione di opere della nostra letteratura è assai più frammentata, così come d'altra parte ancora episodica è la vicenda che essa dovrebbe testimoniare. I tentativi di puntualizzare il quadro delle traduzioni in arabo di testi letterari italiani che è possibile ricordare non sono numerosi. Tra gli esempi censiti dalla tesi del dott. Selmi ci si limita a rammentare i convegni del 1980 e del 1993 dedicati rispettivamente a La presenza culturale italiana nei paesi arabi: storia e prospettive (Napoli 28-30 maggio 1980) e Tradurre e interpretare nel dialogo italo-maghrebino (Cartagine 18 febbraio 1993) o più recentemente all'intervento di Ahmed Somai, professore di lingua e letteratura italiana presso l'Università Manouba di Tunisi, nel convegno internazionale La cultura italiana nel mondo (Pescara 2001). Anche in questi casi si prende atto di una attenzione prevalente, come in parte comprensibile, ai classici, che hanno una consolidata preminenza nelle tradizionali rappresentazioni storiche della vicenda della letteratura italiana. Il capitolo novecentesco si ritaglia uno spazio alquanto limitato.
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Barucci, G. « «Ad imitazione degli antichi poeti greci e latini». Il libro Hinni et ode di Bernardo Tasso ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2003. http://hdl.handle.net/2434/23670.

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The thesis concerns the book Hinni et ode by Bernardo Tasso (1493-1569) : it consists of 55 compositions plus 3 not included for various reasons in the definitive edition. It was elaborated collecting poems composed along the thirty years of poetic prodictivity of one of the most prolific authors of the Italian Renaissance (1530-1560). As declared by the title, the book gathers poems inspired by classical odes and hymns. The thesis tackles the many aspects of classical imitation present in the poems, compared with the poems by hte same author belonging to the Italian petrarchan tradition. The chapters treat : the remarks by Tasso on the theme included in deidcations and letters ; the metrical option aimed at reproducing the latin verses and strophes, contrasted with his predecessors ; the disposition of the ocmpositions in a structure that could remind the disposition of latin poetry books ; the relation between syntax and metre as well as the use if enjambement in order to free the system to the strophe ; the themes and the similitudes. All this topics show that Bernardo Tasso aimed at creating a kind of poetry which could sound as much as possible.
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Gamba, Eleonora. « Pietro da Montagnana : la vita, gli studi, la biblioteca di un homo trilinguis ». Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2016. http://hdl.handle.net/11577/3424433.

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Pietro Floriani da Montagnana (ca. 1395/97-1478), a Paduan humanist known for his trilingual book collection, studied Latin, Greek, and Hebrew. He became priest in 1420-1422, and rector of the parishes of St. Luke (1431) and St. Firmus (1433), obtaining other benefits sine cura such as the chantry of St. Mary Magdalene and Catherine in Paduan cathedral (1426) and the canonry of St. ‘Maria di Boccon’ (1432). He was also inscribed in the brotherhood of the Holy Spirit in Sassia in Rome (1457). After a first licentia testandi (1459), he obtained a second one (1465) in which his books were explicitly mentioned. On the 13th of March 1477 he made a will in favor of the regular canons of the Lateran of S. Giovanni di Verdara, and arranged with a donatio inter vivos that his books would join the library of the monastery, but retained his usufruct on them. Once he moved into the monastery, he officially gave up the parish of St. Firmus in November 1478 and died less than a month later. He also worked as a lifelong grammar teacher, first reporting directly to the cathedral chapter and later, after the school reform promoted by Pope Eugenius IV, as a salaried teacher by Volpe legacy (1442-1469). Besides teaching to the poor boys of the cathedral’s school, he also taught to a boy called Bernardino, dedicatee of one of Pietro’s grammatical works, and to Benedetto Mariani, an influent member of the Servite Order. He also studied with, and taught to, the Byzantine humanist John Argyropoulos, who lived in Padua from 1441 to 1444 and who wrote or added his own notes to 13 Greek and Latin manuscripts belonging to the library of Pietro da Montagnana. Pietro knew at least another Greek scribe, the Cretan Immanuel Rusotas, who got into debt with him in 1465. He was involved in a legal dispute with the canon Giovanni Barbo (1470) about a manuscript of Livy: Pietro had deposited it in a Jewish pawnshop, but Giovanni Barbo asserted that it had been stolen from him years before. In 1472 Pietro had a contention with another Paduan canon, Geremia Badoer, who was the new holder of the St. Mary Magdalen chantry and didn’t want to recognize Pietro certain retirement benefits. There are two iconographic evidences of Pietro da Montagnana: a fresco in the library of San Giovanni di Verdara and a miniature on one of Pietro’s grammatical works. On the other hand, the famous picture of Pietro da Montagnana in the Fasciculus medicinae does not show the humanist, but a doctor having the same name. Pietro’s manuscripts bear witness of his Latin, Greek and Hebrew handwriting: the Latin one has a diachronic variation, the Greek one, inspired by Manuel Chryoloras, is uniform. Some notes, both Latin and Greek, betray phenomena of imitation, some others are flickering and are ascribable to the last years of his life. The texts in his library were carefully corrected, collated, and annotated. To do so, he used particular reference signs and attention marks. In several manuscripts of Latin authors, such as Aulus Gellius, Lactantius, and Cicero, he restored the graeca, and he did the same in the Servian Vocabularium written by Guarino. He usually restored materially the codices which were in poor conditions. Among the translations usually ascribed to him on a paleographical basis, only those of Herodotus, Georgios Scholarius, Arisophanes, Theocritus, Agapetus and the epistolographs were written by him. He also translated into vernacular some parts of the Hebrew Bible. The translations of Philostratus, Sophocles, and Euripides, on the other hand, are by John Argyropoulos, while the Latin version of the Greek grammar in ms. Marc. lat. XIII, 15 is still unidentified. He composed three grammatical works, which circulated only in manuscript form: the Reportationes relativorum (in two versions), a remake of Orthographia by Gasparino Barzizza and an edition of Donatus’ Ars minor. His choice to give his whole book collection to the monastery of St. Giovanni di Verdara was common to many other Paduan savants of the XVth and XVIth centuries (G. Marcanova, B. Dal Legname, G. Calfurnio, etc.). Nevertheless, the library of St. Giovanni di Verdara went partially lost during the next centuries and just half of the book heritage remained in 1783, when the monastery was closed and the manuscripts were raked by the S. Marco library in Venice. Some books are known to have ended in the hands of H. Scrimgeur, G.V. Pinelli, M. Gude, Th. Coke, J. Gibson. The library belongings can be verified (in part) through four indexes pertaining the years 1599, 1600, 1639, and 1760. Pietro da Montagnana’s book collection has been pieced together. His Greek manuscripts were 27, and came from different times and places of origin. Among them, there are two groups. The first one consists of five manuscripts written by an anonymous scribe who worked in Veneto in 1460s and 70s, the second one of manuscripts copied by John Argyropoulos. The Latin library has 84 items, mostly made of parchment and beautifully illuminated. The majority of these manuscripts comes from Veneto and consists of grammatical texts. The Hebrew library counts 11 manuscripts, and among them are the Bible, grammars and vocabularies. The incunabula are 8, but for two of them the present location is unknown. Pietro da Montagnana owned about twenty more texts, which have been impossible to trace. All the Greek and Latin manuscripts have been examined, and their description can be found in chapter 4. Appendix A contains the archival documents used for the reconstruction of Pietro’s biography. Appendix B has two lists: the first one of manuscripts for the first time ascribed to his library, the second one of manuscripts which have been considered, but cannot be included.
Pietro Floriani da Montagnana (ca. 1395/97-1478), umanista padovano noto per aver raccolto una vasta biblioteca trilingue, fu studioso di latino, greco ed ebraico. Ordinato sacerdote nel 1420-1422, divenne parroco prima di S. Luca (1431) e poi di S. Fermo (1433), accumulando altri benefici sine cura quali la cappellania di SS. Maria Maddalena e Caterina in cattedrale (1426) e il canonicato di S. Maria di Boccon (1432). Aderì anche alla confraternita dell’Ospedale dello Spirito Santo in Sassia di Roma (1457). Dopo una prima licentia testandi (1459), ne ottenne una seconda (1465) nella quale venivano esplicitamente menzionati i suoi libri. Il 13 marzo 1477 dettò testamento, dichiarando erede universale dei suoi beni il monastero dei canonici regolari lateranensi di S. Giovanni di Verdara, e dispose con una donatio inter vivos che vi fosse trasferita la sua collezione libraria, di cui si riservò l’usufrutto. Accolto nel monastero, rinunciò formalmente alla parrocchia di S. Fermo nel novembre 1478 e al più tardi entro il mese successivo morì. Durante tutta la vita affiancò all’attività di curato quella di maestro di grammatica, prima alle dirette dipendenze del capitolo cattedrale (1423-1433), poi, dopo la riforma eugeniana, come stipendiato dalla commissaria Volpe (1442-1469). Oltre ai ragazzi poco abbienti che frequentavano la scuola della cattedrale, Pietro insegnò anche a un non identificato Bernardino, dedicatario di una sua opera grammaticale, e a Benedetto Mariani, che fece carriera nell’Ordine dei Servi. Ebbe anche un rapporto di reciproco discepolato con il bizantino Giovanni Argiropulo, che fu a Padova dal 1441 al 1444 e scrisse o annotò ben tredici codici manoscritti greci e latini presenti nella biblioteca di Pietro da Montagnana. Pietro ebbe anche contatti, di natura imprecisata, con il cretese Manuele Rusota, che aveva contratto con lui un debito piuttosto consistente (1465). Fu coinvolto in una disputa giudiziaria con il canonico Giovanni Barbo (1470), in merito alla proprietà di un codice di Livio che Pietro aveva depositato presso un banco dei pegni ebraico, ma che Giovanni Barbo sosteneva essergli stato rubato qualche anno prima. Inoltre, nel 1472 ebbe luogo una controversia con un altro canonico padovano, Geremia Badoer, che era diventato titolare della cappella di S. Maria Maddalena e che non voleva riconoscere a Pietro una pensione che questi aveva mantenuto. Di Pietro sopravvivono anche due testimonianze iconografiche: un affresco a S. Giovanni di Verdara e una miniatura in un esemplare di una sua opera grammaticale. Non raffigura invece l’umanista Pietro da Montagnana, ma un medico omonimo la celebre illustrazione presente nel Fasciculus medicinae. Esaminando i manoscritti presenti nella biblioteca di Pietro, è stato possibile studiare dal punto di vista paleografico le attestazioni della sua grafia latina, greca ed ebraica. Mentre in quella latina è riconoscibile una variazione diacronica, quella greca, di tipo crisolorino, si presenta tendenzialmente uniforme. Nell’una e nell’altra si individuano anche fenomeni di imitazione ed esitazioni nel ductus riconducibili agli ultimi anni della sua vita. La sua attività erudita si manifesta nel lavoro sui testi, che vengono emendati per collazione, integrati, corretti e annotati. A questo scopo egli utilizza un numero assai elevato di segni di rinvio e di attenzione. Frequente è il risarcimento dei graeca in codici latini (Gellio, Lattanzio, Cicerone, ma anche il Vocabularium serviano di Guarino). Quando necessario, i codici vengono restaurati materialmente. Delle traduzioni di norma attribuite alla sua mano, gli possono essere assegnate solo quelle da Erodoto, Giorgio Scolario, Aristofane, Teocrito, Agapeto e dagli epistolografi. Suo è anche un saggio di volgarizzamento dalla Bibbia ebraica. Sono invece state scritte da Giovanni Argiropulo le traduzioni da Filostrato, Sofocle, Euripide, mentre è spuria la versione della grammatica di Guarino contenuta nel Marc. lat. XIII, 15. Le opere originali scritte da Pietro da Montagnana, che ebbero esclusivamente una circolazione manoscritta, sono tre: le Reportationes relativorum (in due redazioni), un rifacimento dell’Orthographia di Gasparino Barzizza e un’edizione dell’Ars minor di Donato. Le scelta di Pietro di lasciare la propria biblioteca al monastero di S. Giovanni di Verdara fu comune anche a molti altri illustri padovani dei secoli XV-XVI (G. Marcanova, B. Dal Legname, G. Calfurnio, etc.). Tuttavia, la raccolta viridariana è andata dispersa nel corso dei secoli e meno della metà del patrimonio vi si trova nel 1783, quando il senato veneto chiuse le sedi dei canonici lateranensi e i manoscritti di Verdara furono incamerati dalla biblioteca Marciana. Alcune linee di dispersione sono ben riconoscibili: H. Scrimgeur, G.V. Pinelli, M. Gude, Th. Coke, J. Gibson. La consistenza della biblioteca può essere (in parte) verificata ricorrendo a quattro indici, relativi agli anni 1599, 1600, 1639, 1760. La biblioteca greca consta di 27 esemplari, di epoche e provenienze diverse. È possibile isolare due gruppi, uno di cinque manoscritti vergati da un anonimo scriba cretese in Veneto negli anni Sessanta-Settanta del Quattrocento, un altro di manoscritti copiati da Giovanni Argiropulo. La biblioteca latina consta di 84 esemplari, molti dei quali sono membranacei e finemente miniati. La maggior parte è di origine veneta. Prevalgono i testi grammaticali. La raccolta ebraica è formata da 11 esemplari, che contengono la Bibbia, grammatiche e lessici. Gli incunaboli ascrivibili alla sua biblioteca sono 8, ma di due non si conosce il luogo di conservazione. Completa la ricostruzione una ventina di testi che risultano essere appartenuti a Pietro da Montagnana, ma che non è stato possibile individuare materialmente. I manoscritti greci e latini sono puntualmente descritti nel cap. 4. In appendice si pubblicano i documenti grazie ai quali è stato possibile ricostruire le vicende biografiche di Pietro e si forniscono gli elenchi degli esemplari ascritti per la prima volta alla sua biblioteca e di quelli che sono stati presi in considerazione, ma devono essere esclusi.
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Vitello, Gabriele. « Terrorismo e conflitto generazionale nel romanzo italiano ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2012. https://hdl.handle.net/11572/369156.

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La mia ricerca si divide in due parti. La prima parte si apre con una premessa in cui, rifacendomi agli studi recenti di due psicologi contemporanei, Luigi Zoja e Massimo Recalcati, metto in discussione l’opportunità di ricorrere alle categorie del complesso edipico e del parricidio per interpretare le rivolte degli anni Settanta e le loro rappresentazioni artistiche. Nei successivi quattro capitoli che compongono questa prima parte effettuo un’analisi dei romanzi, dei quali propongo una classificazione in base al modo in cui il terrorismo è calato all’interno del contesto familiare e nei rapporti generazionali, a seconda, dunque, che il terrorista sia il figlio, il fratello/sorella, il coniuge-amante o il genitore. Nella seconda parte, nettamente più breve, affronto alcune questioni che riguardano trasversalmente tutti i romanzi che ho preso in esame, ovvero il significato dei ruoli di genere e il carattere stereotipato dei personaggi, con particolare riferimento alla figure dei terroristi e delle vittime. Nelle conclusioni metto in luce i limiti e i punti deboli che hanno caratterizzato fino ad ora la rappresentazione letteraria degli anni di piombo.
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Tamburini, Alessandro. « L'uomo al muro ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2015. https://hdl.handle.net/11572/367626.

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Gazzoli, Alessandro. « Auto da fé. Rileggere Giorgio Manganelli ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2016. https://hdl.handle.net/11572/368133.

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Questa tesi rilegge l'opera di Manganelli, cercando di sfrondare l'aneddotica fiorita attorno alla sua figura e di motivare i giudizi critici spesso limitativi del suo lavoro. La tesi è suddivisa in tre parti: una prima dedicata agli scritti giovanili di Manganelli, visti in parallelo con opere più mature (Centuria, Encomio del tiranno) e il rapporto con Leopardi, Pavese, Edmund Wilson, facendo ricorso anche a materiale inedito; nella seconda parte viene tentata una lettura (volutamente forzata) di Hilarotragoedia come un effettivo 'trattatello' retorico, da sviscerare Lausberg alla mano; infine, una terza parte indaga il rapporto di Manganelli con la letteratura inglese e la sua attività di traduttore.
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Xu, Jinjing. « Calvino nella letteratura mondiale : la ricezione in Cina e in Giappone ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2017. https://hdl.handle.net/11572/369293.

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Crocco, Claudia. « Poesia senza verso. La poesia in prosa in Italia ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2017. https://hdl.handle.net/11572/369296.

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Questo lavoro ripercorre la storia della poesia in prosa in Italia nel Novecento. . Inizialmente vengono considerate le interazioni fra prosa e poesia in seguito all’influenza della traduzione di opere straniere nell’Ottocento, parallelamente alla nascita del poemetto in prosa e del verso libero. Quindi viene fornito un inquadramento storico della koiné letteraria di inizio Novecento presso la quale la poesia in prosa diventa una forma privilegiata. La poesia in prosa viene considerata il genere della modernità italiana: ciò è spiegato attraverso la ricostruzione del contesto letterario (la polemica contro il romanzo, la nascita del verso libro, l’ibridazione dei generi letterari). Infine, la poesia in prosa viene esaminata alla luce delle teorie sul modernismo italiano. Le opere esaminate in modo più analitico appartengono a cinque autori, considerabili case study: Giovanni Boine, Dino Campana, Pietro Jahier, Camillo Sbarbaro, Scipio Slataper.L’ultima parte della tesi è dedicata alla poesia in prosa a partire dagli anni Settanta. Il quinto capitolo è di tipo monografico, ed è incentrato sull’opera di Giampiero Neri. Gli ultimi due capitoli hanno di nuovo un taglio storico: il decennio che va dal 2001 al 2010 è considerato più in dettaglio, specularmente a quanto già fatto per il periodo 1908-1919.
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Mellarini, Bruno. « Tra spazio e paesaggio. Studi su Calvino, Biamonti, Del Giudice e Celati ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2019. https://hdl.handle.net/11572/367791.

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La tesi indaga le forme della rappresentazione spaziale e paesaggistica nelle opere di quattro autori della letteratura italiana del secondo Novecento: Calvino, Biamonti, Del Giudice e Celati. La scelta di tali autori è motivata dal fatto che si tratta di scrittori di "scuola" calviniana, che hanno esordito, pur con aspetti di indubbia originalità, sotto l'egida di Calvino, risentendo in modo diverso del modello di riferimento rappresentato dallo scrittore ligure.
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Scartozzi, Sergio. « Letteratura italiana e «scienze occulte» tra fin de siècle e primo Novecento ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2018. https://hdl.handle.net/11572/368211.

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La tesi ha titolo Letteratura italiana e «scienze occulte» tra fin de siècle e primo Novecento. Essa si divide in tre parti: la prima è un'introduzione teorica (stato dell'arte) e storico-culturale sull'Esoterismo occidentale (le sue correnti, la sua diffusione in Italia e in Europa); una seconda, è riservata allo studio dei poeti italiani affascinati dalle scienze occulte (e.g. spiritismo, occultismo, Società teosofica e antroposofia); la terza analizza gli influssi esoterici nella prosa italiana otto/novecentesca. Tra la prima e la seconda parte è inserita una panoramica su 'letteratura ed esoterismo' nell'Europa moderna e contemporanea. Nel commento e nello studio degli irrazionalismi otto/novecenteschi e del loro influsso sulla letteratura è stato dato rilievo particolare a gruppi, cenacoli e associazioni nate per effetto del -- o comunque dedicatesi attentamente al -- fermento neo-idealista continentale. A fianco di queste realtà centrali e dei maggiori autori a esse associati (Arturo Onofri per la poesia; Antonio Fogazzaro e Luigi Capuana per la prosa), è stato interrogato più esaustivamente possibile l'impatto esoterico sulla letteratura del Bel Paese tra l'Unità e il primo dopoguerra.
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MANDILE, ROBERTO. « Il paesaggio tra mirabilia e miracoli : concezioni e rappresentazioni della natura nella poesia latina tardoantica ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2008. http://hdl.handle.net/2434/48898.

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FONTANA, AGNESE. « Presenza della grecità antica nella "Chronographia" di Giovanni Malala ». Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2020. http://hdl.handle.net/11567/1010780.

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The dissertation explores the presence and role of ancient Greece within the sixth-century chronicle attributed to John Malalas. A general overview is followed by an in-depht analysis of the series of Greek kingdoms included in the fourth book of Malalas' work.
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GIACOBBE, CARLA. « KURT ERICH SUCKERT E LA RUSSIA. NUOVE PROSPETTIVE DI STUDI MALAPARTIANI ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2018. http://hdl.handle.net/2434/558721.

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Résumé :
Curzio Malaparte is a representative author of a complex era of the Italian culture. The style, the main contents, and the features of his production give voice to many of the contradictions that have characterized the first half of the twentieth century in which he lived. Moreover his same charismatic and peculiar personality was rich in contradictions by which he often tried to shock his reading public. The aim of this doctoral dissertation is to analyze some aspects of the malapartian work that have not yet been an object of detailed study and which could suggest new approaches to Malaparte’s production, from a new, original, and wide perspective. Dealing with the very recurring theme of Russia in the author’s work, we have highlighted in it topoi that are also identifiable in the production of contemporary authors concerning same subject. Our purpose has also been to circumscribe a part of Malaparte’s production including works sharing some contents and stylistic features. We then analyzed the novel that constituted the core of our studies and research, The Kremlin Ball, trying to explain the phases of its creative elaboration, narrate the main facts that have inspired its incomplete plot, identify external literary influences and stylistic elements which are typical of the author’s literary production. This research then introduces detailed considerations about the presence of the figure of Bulgakov in Malaparte’s novel, a presence that has not yet been an object of study. Indeed some information should be dealt with and integrated in biographical and critical studies about Malaparte. The biographical contacts between Malaparte and Bulgakov and the similar literary atmospheres of some of their works have been discussed by some Russian researchers: we faced the results of their research with our personal critical approach. We believe that comparative studies could provide further possibilities for the our research. We aim to: integrate missing and pertinent information about the latest edition of The Kremlin Ball; present some documentary material concerning Malaparte’s journey to the Soviet Union that has not been examined yet and a list of Russian translations of the author’s works, in order to add them to the malapartian bibliography currently known. The purpose of this dissertation is highlighting the importance of the cultural relation between Malaparte and Russia, often considered simply as a stage in the author’s ideological evolution overlooking its real and significant value. Finally, the present study analyzes the reception of Malaparte’s literary production in Russia, dealing with the selection and the modes and the moments of publication of works by Malaparte, as well as the main reasons of the Russian readers and publishers’ interest in Malaparte’s work. Our analysis of the Russian Malaparte and the malapartian Russia is meant to understand something more about both. Most of all, as the title of the dissertation testifies, we want to offer new perspectives on Malaparte’s studies, since we believe that much still deserves to be investigated about the author.
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Colombo, Paolo. « "Il tempo dei lunghi poemi". Percorsi di storia di un genere letterario (1814-1850) ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2020. http://hdl.handle.net/11572/255367.

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Résumé :
Il lavoro intende proporre un'indagine sulla persistenza e lo sviluppo della forma "poema" in una stagione, la prima metà dell'Ottocento, che, sulla scia dei radicali cambiamenti nel sistema dei generi letterari, ne avrebbe visto il progressivo declino, favorito dalla crescente egemonia del romanzo. Il mutamento non fu tuttavia immediato, e per lungo tempo, nei centri urbani come nelle aree periferiche, il poema godette di una diffusione e di una vitalità per molti versi sorprendenti. In questa prospettiva, la prima parte della ricerca (Tre temi) è stata dedicata a un esame del fenomeno nelle sue proporzioni quantitative, condotto a partire dall'analisi di tre fioriture tematiche, indicative, pur nella modestia degli esiti, di un gusto consolidato e duraturo. Un censimento della produzione poetica nel periodo oggetto di studio (1814-1850) ha evidenziato la presenza di un recupero della poesia colombiana e dell'epos di scoperta, in continuità con la linea inaugurata da Tasso (Gerusalemme liberata, XV, 32, v. 8) e tentata, fra gli altri, da Stigliani e Tassoni; nel giro di un ventennio (1826-1846) furono infatti pubblicati almeno quattro poemi sull'argomento ("La Colombiade" di Bernardo Bellini; "Il Colombo" di Leonardo Antonio Forleo; l'"Amerigo" di Massimina Fantastici; il "Cristoforo Colombo" di Lorenzo Costa), accomunati da un'interpretazione in chiave religiosa della vicenda storica. Negli stessi ani, un'analoga propensione all'epopea sacra costituì il fondamento concettuale di un ciclo di opere (cinque pubblicate fra 1819 e 1850) di soggetto gerosolimitano, incentrate sulla conquista romana di Gerusalemme (70 d.C.). Anche in questo caso, i precedenti rimontano all'età barocca, e segnatamente all'incompiuta "Gerusalemme distrutta" di Marino, il cui soggetto fu a breve distanza di tempo ripreso e sviluppato da Giovan Battista Lalli. Un terzo versante tematico è invece rappresentato dalla tendenza, in un'ottica opposta, alla promozione di un'epica della contemporaneità, perseguita attraverso strade differenti: la tardiva rielaborazione della materia napoleonica (Luigi Budetti, Domenico Castorina), l'apologia dei sovrani restaurati (Troilo Malipiero), l'epopea municipale (Curti, Miovilovich), la rievocazione poetica dei fatti di Parga e, in genere, dell'indipendenza greca (Biorci, De Martino). A una descrizione più dettagliatamente qualitativa è invece destinata la seconda sezione (Tre autori), che, muovendo da sondaggi più specifici sull'opera e il pensiero di figure maggiormente note e rilevanti, ambisce a fornire indicazioni utili alla comprensione generale del fenomeno. Il dato che più s'impone all'attenzione è senz'altro la trasversalità culturale della suggestione poetica, che agì al di là degli schieramenti politici (dagli ambienti reazionari a cospiratori come Pietro Giannone) e culturali, suscitando attenzione sia fra i classicisti che in ambito romantico (Pellico, Scalvini). La fortuna del genere non poté tuttavia impedire l'insorgenza di una riflessione sui destini di una forma che rischiava di apparire anacronistica, e la questione della sopravvivenza dell'epos finì per attirare l'attenzione delle maggiori personalità del mondo letterario di quegli anni. Un'ampia e prolungata inchiesta sul tema, affidata alle pagine dello "Zibaldone", impegnò Leopardi dall'estate 1823 alla primavera 1829, alla vigilia di quegli anni Trenta occupati dalla composizione dei "Paralipomeni". Venti anni più tardi, a metà secolo, la questione sarebbe parsa definitivamente chiusa a Manzoni, che, nel discorso "Del romanzo storico", avrebbe attribuito l'estinzione dell'epopea all'inarrestabile affermazione della storia sulla finzione. Concludono la tesi un'"Appendice" e un "Catalogo" dei poemi analizzati.
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Colombo, Paolo. « "Il tempo dei lunghi poemi". Percorsi di storia di un genere letterario (1814-1850) ». Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2020. http://hdl.handle.net/11572/255367.

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Résumé :
Il lavoro intende proporre un'indagine sulla persistenza e lo sviluppo della forma "poema" in una stagione, la prima metà dell'Ottocento, che, sulla scia dei radicali cambiamenti nel sistema dei generi letterari, ne avrebbe visto il progressivo declino, favorito dalla crescente egemonia del romanzo. Il mutamento non fu tuttavia immediato, e per lungo tempo, nei centri urbani come nelle aree periferiche, il poema godette di una diffusione e di una vitalità per molti versi sorprendenti. In questa prospettiva, la prima parte della ricerca (Tre temi) è stata dedicata a un esame del fenomeno nelle sue proporzioni quantitative, condotto a partire dall'analisi di tre fioriture tematiche, indicative, pur nella modestia degli esiti, di un gusto consolidato e duraturo. Un censimento della produzione poetica nel periodo oggetto di studio (1814-1850) ha evidenziato la presenza di un recupero della poesia colombiana e dell'epos di scoperta, in continuità con la linea inaugurata da Tasso (Gerusalemme liberata, XV, 32, v. 8) e tentata, fra gli altri, da Stigliani e Tassoni; nel giro di un ventennio (1826-1846) furono infatti pubblicati almeno quattro poemi sull'argomento ("La Colombiade" di Bernardo Bellini; "Il Colombo" di Leonardo Antonio Forleo; l'"Amerigo" di Massimina Fantastici; il "Cristoforo Colombo" di Lorenzo Costa), accomunati da un'interpretazione in chiave religiosa della vicenda storica. Negli stessi ani, un'analoga propensione all'epopea sacra costituì il fondamento concettuale di un ciclo di opere (cinque pubblicate fra 1819 e 1850) di soggetto gerosolimitano, incentrate sulla conquista romana di Gerusalemme (70 d.C.). Anche in questo caso, i precedenti rimontano all'età barocca, e segnatamente all'incompiuta "Gerusalemme distrutta" di Marino, il cui soggetto fu a breve distanza di tempo ripreso e sviluppato da Giovan Battista Lalli. Un terzo versante tematico è invece rappresentato dalla tendenza, in un'ottica opposta, alla promozione di un'epica della contemporaneità, perseguita attraverso strade differenti: la tardiva rielaborazione della materia napoleonica (Luigi Budetti, Domenico Castorina), l'apologia dei sovrani restaurati (Troilo Malipiero), l'epopea municipale (Curti, Miovilovich), la rievocazione poetica dei fatti di Parga e, in genere, dell'indipendenza greca (Biorci, De Martino). A una descrizione più dettagliatamente qualitativa è invece destinata la seconda sezione (Tre autori), che, muovendo da sondaggi più specifici sull'opera e il pensiero di figure maggiormente note e rilevanti, ambisce a fornire indicazioni utili alla comprensione generale del fenomeno. Il dato che più s'impone all'attenzione è senz'altro la trasversalità culturale della suggestione poetica, che agì al di là degli schieramenti politici (dagli ambienti reazionari a cospiratori come Pietro Giannone) e culturali, suscitando attenzione sia fra i classicisti che in ambito romantico (Pellico, Scalvini). La fortuna del genere non poté tuttavia impedire l'insorgenza di una riflessione sui destini di una forma che rischiava di apparire anacronistica, e la questione della sopravvivenza dell'epos finì per attirare l'attenzione delle maggiori personalità del mondo letterario di quegli anni. Un'ampia e prolungata inchiesta sul tema, affidata alle pagine dello "Zibaldone", impegnò Leopardi dall'estate 1823 alla primavera 1829, alla vigilia di quegli anni Trenta occupati dalla composizione dei "Paralipomeni". Venti anni più tardi, a metà secolo, la questione sarebbe parsa definitivamente chiusa a Manzoni, che, nel discorso "Del romanzo storico", avrebbe attribuito l'estinzione dell'epopea all'inarrestabile affermazione della storia sulla finzione. Concludono la tesi un'"Appendice" e un "Catalogo" dei poemi analizzati.
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BASSI, Roberta. « Saints' lives and miracle stories in Bede, the old english Bede and Ælfric between translation and rewriting ». Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2012. http://hdl.handle.net/10446/26701.

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Résumé :
The aim of the present study is to explore the ways in which selected hagiographic sections of Bede’s Historia ecclesiastica gentis Anglorum have been rendered in the anonymous Old English translation of the Historia ecclesiastica, and in the Homilies and in the Lives of Saints written by Ælfric of Eynsham. The analysis is focused on five different saintly figures, each embodying a different model of sanctity in Bede’s Historia ecclesiastica: St. Alban, the martyr; Æthelthryth, virgin queen and abbess; Oswald, king of Northumbria, warrior, and saint; Fursey, a model of monastic peregrinatio who has several visions of the otherworld, and Dryhthelm, a layman who embraces monastic life after experiencing a vision of the afterlife. For every saintly figure, I develop a comparative analysis between the source text and the two target texts; each of them, in their own way, is representative of a different stage in the development of the English pre-Conquest literary system. This study combines a philologically oriented approach to the study of Medieval literature with the theoretical framework developed in the interdisciplinary field of Translation Studies. This descriptive approach allows me to address issues concerning the relationship between the ideas of translation and rewriting. It also shows that the boundary between the two ideas is far from being rigidly fixed, because perceptions of fidelity, the main parameter that defines translation as opposed to rewriting, are themselves subject to change and cannot be reduced to the mere notion of semantic equivalence. With regard to the specific texts examined here, the theoretical framework provided by Translation Studies also allows us to observe the evolution of the hagiographic genre, of its aims, and narrative strategies, within two very different contexts of production: historiography for the Historia ecclesiastica and its Old English translation, homiletics for Ælfric.
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COLETTA, NELLA. « La pietra dei filosofi : dispositivi analogici e sostituti figurali dall’alchimia alle Petrose di Dante ». Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2016. http://hdl.handle.net/10446/63710.

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SALLUSTO, Filippo. « Rachele Villa Pernice e l'intellettualità femminile italiana del secondo Ottocento ». Doctoral thesis, Università degli studi di Cassino, 2023. https://hdl.handle.net/11580/95441.

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Résumé :
>This doctoral thesis concerns a relatively unknown lady, fond of literature, arts and religion, whose unpublished paper archive reveals the evolution of important Italian writers and various historical issues of the second half of XIXth century through exchange of ideas and debates between several femmes savantes both Italian that Europeans with the intervention of important male figures. The intrinsic feature of Rachele Villa Pernice, daughter of the historian Cesare Cantù, stands out in comparison with other Italian and foreign learned ladies.
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BARIS, Tamara. « «Io poi mi trascrissi queste parole per non averle a dimenticare». Scritture private di donne cólte fra Otto e Novecento ». Doctoral thesis, Università degli studi di Cassino, 2021. http://hdl.handle.net/11580/84729.

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Résumé :
The corpus, rich but homogeneous, consists of autographed texts, unpublished or published in part (but written without the purpose of publication), of educated women, belonging to the upper middle class and lived between the nineteenth and twentieth centuries: the diary Giornale de'viaggi, 1804 of Maddalena Mastrilli, the diary Mie carissime memorie (1825-1882) of Tercsa Stappo, the diary Il mio diario (Quaderni, 1893-1895) of Rosina D'Amico, the diary Diario di Silvia Ferro (1/01 - 31/05/1901) of Silvia Ferro. The texts selected for the investigation, transcribed and analyzed from a linguistic point of view, are kept in the private archive of the Abbey of Montecassino and the National Diary Archive of Pieve Santo Stefano; can be traced back to the diary genre and to the textual type of the egodocument. The thesis, started with an introductory chapter that informs about the purpose of the work, the corpus, the biography of the writers and the editing criteria, is structured in two macro-sections: the first consists of the transcription of the texts; the second consists of the linguistic analysis, which is divided into the levels of handwriting, paragraph, punctuation; of phonology; of morphology. The research is a contribution to linguistic studies on the nineteenth-century private writings of educated writers: a front opened by the fundamental works of Rita Fresu, Serenella Baggio and other researchers, but which must be deepened and enriched.
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MASSARI, MATTEO. « Le Epistole cattoliche in volgare Studio della tradizione e edizione critica della redazione alpha ». Doctoral thesis, Università degli studi di Pavia, 2023. https://hdl.handle.net/11571/1471816.

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Résumé :
Il mio progetto di ricerca si concentra sulla tradizione dei volgarizzamenti in antico italiano delle Epistole Cattoliche del Nuovo Testamento. Tale ricerca muove da un rinnovato interesse generale per gli studi relativi ai volgarizzamenti del Testo Sacro, a partire dalle ricerche condotte dall’équipe guidata da Lino Leonardi (progetto BibIta) che ha prodotto, oltre ad importanti studi in merito e fondamentali strumenti di ricerca (da ultimo, il Catalogo nel 2018), l’edizione critica delle versioni medievali dell’Ecclesiaste (a cura di Sara Natale). Il testimoniale delle Epistole, censito anch’esso nel già citato Catalogo, conta ad oggi 26 testimoni manoscritti, che non contengono però tutti il corpus epistolare nella sua interezza, e all’interno del quale si possono distinguere almeno due redazioni antiche, che possiamo chiamare alpha e beta; in questo senso, alcuni sondaggi compiuti in Leonardi (1996 e 2018), richiamando i pionieristici studi di Berger, avevano già evidenziato l’esistenza di almeno due traduzioni antiche, cui si aggiunge una redazione veneta autonoma e almeno un testimone pesantemente glossato (Firenze, Laurenziano 1043), in cui risulta difficile distinguere il testo di partenza su cui opera il glossatore. Il mio lavoro ha dunque come scopo l’allestimento dell’edizione della redazione alpha, con ogni probabilità versione più antica. La tesi, di taglio ecdotico ma anche traduttologico e linguistico, offrirà inoltre un dettagliato raffronto delle due redazioni, indagate nel loro usus traducendi, così da mettere in evidenza i punti comuni tra alpha e beta, ma anche le sostanziali divergenze.
My research project focuses on the tradition of translations into ancient Italian of the Catholic Epistles of the New Testament. This research moves from a renewed general interest for the studies related to the translations of the Sacred Text, starting from the researches conducted by the team led by Lino Leonardi (BibIta project) which has produced, in addition to important studies on the subject and fundamental research tools (most recently, the Catalogue in 2018), the critical edition of the medieval versions of Ecclesiastes (edited by Sara Natale). The testimonial of the Epistles, also surveyed in the aforementioned Catalogue, counts to date 26 manuscript witnesses, which do not, however, contain all the corpus epistolary in its entirety, and within which we can distinguish at least two ancient redactions, which we can call alpha and beta; in this sense, some surveys carried out in Leonardi (1996 and 2018), recalling the pioneering studies of Berger, had already highlighted the existence of at least two ancient translations, to which is added an autonomous Venetian redaction and at least one heavily glossed witness (Florence, Laurenziano 1043), in which it is difficult to to distinguish the source text on which the glossator works. The aim of my work is therefore the preparation of the edition of the alpha redaction, in all probability the oldest version. The thesis, of ecdotical cut but also translutological and linguistic, will offer a detailed comparison of the two two drafts, investigated in their usus traducendi, so as to highlight the common points between alpha and beta, but also the substantial divergences.
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PENNA, CRISTINA TERESA. « Per «agguagliar il suon de l’arme» : la gravitas del Tasso lirico nell’edizione Osanna 1591 ». Doctoral thesis, Università degli studi di Pavia, 2021. http://hdl.handle.net/11571/1437954.

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Résumé :
A poco meno di venticinque anni dalla prima e, fino a quel momento, unica raccolta autorizzata delle liriche tassiane, edita nell’ambito dell’antologia collettiva degli Accademici Eterei (Padova, 1567), nel 1591 vedeva la luce, presso la tipografia di Francesco Osanna stampatore ducale, il primo volume di un progetto editoriale in tre parti destinato a interrompersi dopo il secondo atto (la stampa bresciana Marchetti delle rime d’encomio). Con una selezione di 180 componimenti, il Tasso si proponeva – come si legge nella dedicatoria a Vincenzo Gonzaga – di far uscire Amore dalla confusione, ponendo fine alla tradizione delle raccolte non autorizzate e proliferate negli anni della reclusione forzata all’ospedale di Sant’Anna. Resa possibile grazie alla recente pubblicazione (nell’ambito del progetto di Edizione Nazionale delle Opere di Torquato Tasso) dell’edizione critica per le cure di Vania de Maldé, la presente ricerca intende fare luce sui modi in cui le teorizzazioni cinquecentesche dello stile grave e sublime, fatte proprie e interiorizzate dal Tasso sin dall’inizio degli anni Sessanta, ed esperite già a partire dalle più scoperte imitazioni del modello dellacasiano nelle prime prove liriche, siano filtrate nella prassi della matura e definitiva sistemazione della stampa Osanna, la cui elaborazione, dal punto di vista cronologico, era iniziata in contemporanea con un altro e più celebre ripensamento letterario, quello che avrebbe condotto alla pubblicazione, nel dicembre del 1593, del rinnovato poema gerosolimitano. Sulla scorta delle considerazioni tassiane messe a punto nei suoi Discorsi, il primo capitolo dell’indagine, finalizzato a registrare la portata dell’incidenza, nella raccolta, dei principali tratti caratterizzanti dello stile grave, segue una tripartizione focalizzata sulle tre componenti capitali della forma del dire in versi: figure di suono, sintassi (in relazione al contenitore metrico), lessico. Nel secondo e ultimo capitolo, il campo di ricerca è stato ripartito secondo la canonica divisione – ereditata dalla bipartizione della precedente e provvisoria forma del libro di rime, il ms. autografo Chigiano L VIII 302 ‒ tra una prima parte, che raccoglie e amplia la silloge giovanile per Lucrezia Bendidio (I-CIV), e una seconda parte, nel nome della «Signora Laura» (CV-CLXXX). A entrambe le sezioni è stato dunque dedicato un primo paragrafo vòlto a indagare la struttura di ciascun canzoniere nella sua funzione di macrotesto, con riguardo alla sua composizione in plurimi nuclei tematico-narrativi e alle eventuali connessioni intertestuali tra le liriche. Definita così la «materia» (il contenuto), il secondo e più significativo paragrafo, anch’esso come il precedente sdoppiato per via della bipartizione del capitolo, è stato rivolto ai «concetti», con attenzione, quindi, ai modi tramite cui i temi, gli argomenti, le «cose» delle rime amorose sono state trattate. Obiettivo dell’approfondimento, in questo caso, è stato quello di mettere a fuoco le più significative interferenze tra il contesto lirico di partenza, inevitabilmente determinato dalla materia amorosa, e le molteplici suggestioni letterarie ‒ talvolta dichiarate dall’autore stesso nel prezioso autocommento a corredo dell’edizione ‒ che si attestano nel segno della gravità e della magnificenza, e il cui richiamo diviene prova concreta di una tensione stilistica al sublime, indizio di una declinazione nobilitante dei tradizionali clichés del libro di rime d’amore.
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DE, FRANCO MATTEO. « "Guta lag" e "Statuto della gilda di Santa Caterina" : edizione e traduzione ». Doctoral thesis, Università degli studi di Pavia, 2021. http://hdl.handle.net/11571/1438352.

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Résumé :
Il progetto di ricerca ha come oggetto il "Guta lag" e lo "Statuto della gilda di Santa Caterina". Databile al XIII secolo il primo e al 1443 il secondo, sono i due testi di carattere legislativo più estesi scritti in gutnico, la lingua parlata nel Medioevo sull’isola svedese di Gotland. La tesi fornisce una nuova edizione di entrambi i testi nonché la loro prima traduzione italiana, volta ad ampliare il quadro delle leggi nordiche tradotte in italiano. Un riguardo particolare è stato rivolto all’analisi delle affinità linguistiche tra i due testi e, soprattutto, al lessico conservato nello "Statuto della gilda di Santa Caterina", studio che ha consentito di proporre nuove ipotesi etimologiche per alcuni lessemi gutnici.
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CINTI, GABRIELLA. « Il labirinto dei labirinti di Emilio Villa : all'origine del divenire ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2014. http://hdl.handle.net/2108/201821.

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Résumé :
In questa tesi di dottorato viene presentata per la prima volta, e analizzata, una selezione dei Labirinti autografi di Emilio Villa, che costituisce un materiale, di testi poetici e non, per lo più inediti, appartenenti alla sua produzione dei primi agli anni Ottanta del secolo scorso. Questo materiale è stato contestualizzato nel percorso di Emilio Villa, nei suoi risvolti biografici e relativi all’opera, sia per quanto riguarda gli apporti culturali, teorici e antropologici, che in particolare in relazione alla poesia coeva. L’approccio scelto ha privilegiato una ricerca multidisciplinare attraverso gli strumenti forniti dalle varie aree specialistiche, come l’archeolinguistica, l’analisi testuale e fonosimbolica, l’antropologia anche rivolta alla comprensione degli aspetti oracolari e misterici delle civiltà antiche: il tutto in un orientamento a dominanza etimologica. Un’ampia sezione del lavoro è dedicata all’approfondimento dell’archetipo del labirinto, così come emerge dal mito e dalle relative interpretazioni, anche in chiave comparatistica, in rapporto alle discipline e agli studiosi che hanno contribuito contributi a gettare lumi sull’argomento. A completamento di questo quadro informativo, un intero capitolo è dedicato a inquadrare i rapporti tra il labirinto e Dioniso, nella prospettiva di fondo della tesi di una ricerca dell’“origine del divenire”, alla base degli stessi Autografi di Emilio Villa
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BOSCHI, CARLO. « Il Dissoluto punito o sia il Don Giovanni di Lorenzo Da Ponte per Wolfgang Amadeus Mozart : un nuovo idioma per la poesia lirica ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2015. http://hdl.handle.net/2108/201655.

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AVELLANO, VANIA. « Notizie biografiche su Dante nei commenti alla commedia del 14. secolo ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2014. http://hdl.handle.net/2108/201889.

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TONI, ALBERTO. « Paesaggio e degrado del paesaggio nella poesia di Andrea Zanzotto (echi e ricadute nella poesia degli anni Zero) ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2015. http://hdl.handle.net/2108/201783.

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PASQUALINI, FRANCESCA. « Bradamante nel Furioso ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2014. http://hdl.handle.net/2108/202035.

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LAMI, ARDIAN. « Il tessuto linguistico e non di Fiàmuri Arbërit : la bandiera dell’Albania nel quadro dell’Ottocento ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2014. http://hdl.handle.net/2108/202091.

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DUGO, SANDRA. « La fortuna delle opere drammaturgiche e narrative di Luigi Pirandello in Brasile ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2014. http://hdl.handle.net/2108/201677.

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PALUMBO, Anna. « «Quanto conta la memoria nella storia». Antonio Delfini 1951-1963 ». Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2022. https://hdl.handle.net/11384/125805.

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TRICOMI, Paola Maria. « Filo, nodo, tessitura : una tassonomia di immagini dantesche ». Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2022. https://hdl.handle.net/11384/125806.

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CAMPEGGIANI, IDA. « L’ultimo Ariosto : problemi testuali e interpretativi tra Satire, Cinque canti e terzo Furioso ». Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2015. http://hdl.handle.net/11384/109624.

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PUZZO, Giulia. « Gravitas e levitas. Alle origini della soggettività poetica fra Tasso e Leopardi ». Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2022. http://hdl.handle.net/11384/112104.

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CABONI, PAOLO. « Engaños y desengaños del profano amor di Joseph Zatrilla y Vico. Edizione e studio ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2017. http://hdl.handle.net/11584/249642.

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Résumé :
The last decades of the Seventeenth century represent a world still largely to be investigated for the Hispanic-Sardinian literary studies. The aim of this dissertation is to give a contribution to a better understanding of what has often been considered an era of cultural decadence, a degenerate extension of the so-called Golden Centuries in the field of Spanish literary studies. This work is composed by two parts: a new edition of Engaños y desengaños del profano amor by Joseph Zatrilla y Vico (Naples, 1687-1688), and an introductory study which starts from the author’s biography to frame the story of this Sardinian count in his historical context. The other chapters of the introduction analyse literary aspects of the work, such as the paratext – which contains indications about Zatrilla’s poetics –, the unusual narrative structure of the ‘novel’ in comparison to its contemporary production, the recurrent use of quotes that makes Engaños y desengaños del profano amor close to treatises, and lastly, the presence of five academies in the second volume of the work.
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PANI, MARIA LUISA. « Gli animali nei 'Paralipomeni' di Giacomo Leopardi e le Scienze Naturali ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2017. http://hdl.handle.net/11584/249644.

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Résumé :
The thesis aims to investigate animals in Paralipomeni della Batracomiomachia and Natural Science. The critical scope of the study highlights the absence of specific research on the topic at hand. This is despite the existence of important recent studies concerning links between various branches of science and other works by Leopardi, the results of which underline the author’s wide-ranging and consistent interest in science. Analysis of the animal kingdom and its comparison with humans can be seen in Leopardi’s largely reflective works, such as Zibaldone di pensieri and the early Dissertazioni filosofiche. It is also evident in his more creative works, including Operette morali, which contains many explicit references to both ancient and modern naturalist essays, ranging from the fundamental Historia Animalium by Aristotle to the more recent Histoire Naturelle by Buffon. The study aims to demonstrate the culmination of Leopardi’s active effort and participation in the historical debate on the ‘animal issue’, represented by one of the poet’s later productions: Paralipomeni. The poem’s depiction of animals elaborates and develops reflections on beasts, evolved by Leopardi throughout his life.
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PITZANTI, GIANMARCO. « Il linguaggio delle medicine non convenzionali tra scienza, divulgazione e mistificazione ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2017. http://hdl.handle.net/11584/249649.

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Résumé :
The subject of this thesis is the analysis of the language of unconventional medicine (MNC, medicine non convenzionali) in particular, homeopathy, acupuncture, ayurvedic medicine and phytotherapy (the most popular unconventional therapies in Italy). The first section gives an overview of previous studies on special languages and medical discourse in the Italian context. This part offers the theoretical framework upon which is based my linguistic analysis. The lexicon analysis has shown how vague and prescientific terms are commonly and frequently used in the promotional discourse of unconventional medicine. The text structure is that of typical web-designed text, with a total lack of the peculiar features of scientific texts. The main feature of these texts is a poor scientific reliability wich may involve social issues linked to health literacy. Scientific and linguistic education are crucial to help individuals defend themselves from the unreliable medical information on the web.
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RATTU, ROBERTO. « Repertorio plurilingue e variazione linguistica a Cagliari : i quartieri di Castello, Marina, Villanova, Stampace, Bonaria e Monte Urpinu ». Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2017. http://hdl.handle.net/11584/249648.

Texte intégral
Résumé :
The main aim of this work is to examine how variation in the spoken language of Cagliari (italian and sardinian) corresponds with the classical sociolinguistic variable and with the degree of formality in the interaction.
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