Literatura académica sobre el tema "Pseudoartrosi"

Crea una cita precisa en los estilos APA, MLA, Chicago, Harvard y otros

Elija tipo de fuente:

Consulte las listas temáticas de artículos, libros, tesis, actas de conferencias y otras fuentes académicas sobre el tema "Pseudoartrosi".

Junto a cada fuente en la lista de referencias hay un botón "Agregar a la bibliografía". Pulsa este botón, y generaremos automáticamente la referencia bibliográfica para la obra elegida en el estilo de cita que necesites: APA, MLA, Harvard, Vancouver, Chicago, etc.

También puede descargar el texto completo de la publicación académica en formato pdf y leer en línea su resumen siempre que esté disponible en los metadatos.

Artículos de revistas sobre el tema "Pseudoartrosi"

1

Salomone, C., G. Burastero, A. Rita, L. Felli y A. Biasibetti. "Le pseudoartrosi nelle fratture diafisarie". LO SCALPELLO-OTODI Educational 29, n.º 1 (6 de marzo de 2015): 44–48. http://dx.doi.org/10.1007/s11639-015-0102-3.

Texto completo
Los estilos APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
2

Calori, G. M., E. Mazza, L. Tagliabue, M. Colombo y C. Ripamonti. "Pseudoartrosi sottotrocanterica in osteogenesi imperfetta". Archivio di Ortopedia e Reumatologia 121, n.º 2-3 (noviembre de 2010): 9–10. http://dx.doi.org/10.1007/s10261-010-0021-z.

Texto completo
Los estilos APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
3

Mazza, E. L., G. V. Mineo, M. Colombo, S. W. Marchina, S. Mazzola y G. M. Calori. "Fattori di rischio per pseudoartrosi". Archivio di Ortopedia e Reumatologia 124, n.º 1-3 (diciembre de 2013): 4–5. http://dx.doi.org/10.1007/s10261-013-0040-7.

Texto completo
Los estilos APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
4

Salomone, Carlo, Giorgio Burastero, Andrea Antonini, Giuliana Carrega, Antonio Biasibetti y Giovanni Riccio. "Pseudoartrosi settiche e asettiche dell’arto inferiore". LO SCALPELLO-OTODI Educational 33, n.º 1 (21 de febrero de 2019): 42–47. http://dx.doi.org/10.1007/s11639-019-00300-8.

Texto completo
Los estilos APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
5

Calori, G. M., M. Bucci, P. Fadigati, E. Mazza, M. Colombo y C. Ripamonti. "Pseudoartrosi e perdite di sostanza juxta-articolari". Aggiornamenti CIO 18, n.º 2 (diciembre de 2012): 71–76. http://dx.doi.org/10.1007/s10351-012-0012-2.

Texto completo
Los estilos APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
6

Rizzo, Maria, Luigi Romano y Nicola Tammaro. "Le cellule staminali mesenchimali nel trattamento delle pseudoartrosi". LO SCALPELLO-OTODI Educational 33, n.º 3 (13 de septiembre de 2019): 270–74. http://dx.doi.org/10.1007/s11639-019-00328-w.

Texto completo
Los estilos APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
7

Zinghi, G. F. "La pseudoartrosi del collo femorale nell’età giovanile-adulta". Aggiornamenti CIO 17, n.º 1 (octubre de 2011): 1–5. http://dx.doi.org/10.1007/s10351-011-0001-x.

Texto completo
Los estilos APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
8

Cecconi, D., F. Bove, F. Quattrini, M. Ghiara, M. Marullo y F. Benazzo. "Risultati nel trattamento delle pseudoartrosi della diafisi femorale". Aggiornamenti CIO 17, n.º 1 (octubre de 2011): 11–14. http://dx.doi.org/10.1007/s10351-011-0003-8.

Texto completo
Los estilos APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
9

Colombo, M., E. Mazza, S. Mazzola, E. Malagoli, S. W. Marchina, N. Marelli y G. M. Calori. "Pseudoartrosi distale di femore trattata con monoterapia: case report". Archivio di Ortopedia e Reumatologia 124, n.º 1-3 (diciembre de 2013): 8–9. http://dx.doi.org/10.1007/s10261-013-0042-5.

Texto completo
Los estilos APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
10

Memeo, A., L. Pedretti, C. Maccario y W. Albisetti. "Pseudoartrosi dell’ulna: un nuovo approccio con chiodo endomidollare e PRP". Aggiornamenti CIO 17, n.º 2 (diciembre de 2011): 49–55. http://dx.doi.org/10.1007/s10351-011-0010-9.

Texto completo
Los estilos APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
Más fuentes

Tesis sobre el tema "Pseudoartrosi"

1

Galteri, Giulia. "Caratterizzazione biomeccanica sperimentale per il trattamento delle pseudoartrosi dell'arto superiore". Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021. http://amslaurea.unibo.it/22883/.

Texto completo
Resumen
La pseudoartrosi è una patologia caratterizzata dalla non unione di una frattura dopo circa nove mesi, che può essere trattata attraverso tecniche non chirurgiche e, nei casi più gravi, attraverso mezzi di osteosintesi quali placche chirurgiche Locking Compression Plate (LCP). Lo scopo dello studio è stato quello di valutare possibili migliorie all'attuale tecnica chirurgica in caso di pseudoartrosi di omero, confrontando due tecniche di ricostruzione del tratto diafisario. La prima tecnica rappresenta l'attuale gold-standard (placca e viti), la seconda rappresenta una tecnica innovativa (placca, viti e cemento). Per lo svolgimento dello studio sono state utilizzate cinque paia di omeri umani; cinque sono stati ricostruiti seguendo la tecnica gold-standard, mentre i controlaterali sono stati ricostruiti secondo la tecnica innovativa. Sono state svolte delle prove meccaniche cicliche di torsione e di flessione a quattro punti, in cui sono state analizzate le rotazioni permanenti e le rotazioni reversibili tra i frammenti di ciascun provino. Successivamente, è stato valutato il rischio di necrosi termica che può verificarsi durante il processo di polimerizzazione del cemento nel tessuto osseo attiguo al cemento. Durante le prove meccaniche, i provini ricostruiti con la tecnica innovativa hanno raggiunto rotazioni molto inferiori rispetto ai provini ricostruiti con la tecnica gold-standard, evidenziando come il cemento influisca positivamente sulla rigidezza e sulla resistenza meccanica della ricostruzione. Dalle prove in vitro sulle proprietà termiche si è evidenziato come, il tempo effettivo di esposizione alle temperature critiche durante la polimerizzazione del cemento sia tale da escludere un possibile rischio di necrosi. In conclusione, questi risultati suggeriscono che l’utilizzo del cemento possa portare ad un miglioramento dell’attuale tecnica chirurgica, ai fini di garantire una migliore stabilità meccanica nel trattamento della pseudoartrosi di omero.
Los estilos APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
2

Natale, Matteo. "Pseudoartrosi delle fratture delle ossa tozze: eziopatologia, epidemiologia e tecniche chirurgiche". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020.

Buscar texto completo
Resumen
Si definisce pseudoartrosi la mancata consolidazione di una frattura a distanza di circa sei mesi dall’evento traumatico. È una complicazione tardiva determinata dall’interruzione dei normali processi di guarigione della frattura. Nonostante la percentuale di pseudoartrosi generalmente oscilli tra l’1% e il 5%, ancora oggi risulta essere una sfida non semplice trovare la via più sicura da parte del medico per prevenire le conseguenze traumatiche di questa patologia. L’incidenza di pseudoartrosi può variare significativamente in funzione dell’area anatomica coinvolta, del tipo di osso fratturato, della biologia nel sito di frattura e dalla mobilità meccanica dell’osso. Le ossa tozze, benchè statisticamente coinvolte in maniera minore dalla pseudoartrosi, occupano comunque una porzione ragionevole. Quelle maggiormente inclini ad andare incontro a non unione sono lo scafoide carpale e l’astragalo per via delle loro caratteristiche biologiche e del processo di vascolarizzazione limitato rispetto ad altri distretti ossei. Il trattamento delle pseudoartrosi delle ossa tozze così come quello riguardante le altre tipologie di ossa coinvolgerà numerosi fattori. Tra questi verranno analizzati la storia del paziente in termini di salute, il suo rapporto coi farmaci e con le dipendenze quali fumo e alcol. Ognuno di questi elementi infatti può aumentare la probabilità di andare incontro a pseudoartrosi in maniera significativa. Lo scopo di questa tesi è pertanto quello di esaminare lo stato dell’arte e fornire un quadro completo della pseudoartrosi partendo dalle conoscenze di base relative alla composizione e classificazione ossea, passando per i processi di guarigione della frattura e analizzando, infine, dati quantitativi e qualitativi frutto di ricerche eseguite su larga scala in merito all’epidemiologia, ai fattori di rischio e alla pratica medica.
Los estilos APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
3

Malerba, Albano. "Pseudoartrosi delle fratture di diafisi delle ossa lunghe: eziopatologia, epidemiologia e tecniche chirurgiche". Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020.

Buscar texto completo
Resumen
Si definisce pseudoartrosi la mancata consolidazione di una frattura a distanza di circa sei mesi dall’evento traumatico. Si tratta di una complicazione tardiva determinata dall’interruzione dei normali processi di guarigione della frattura. Nonostante le procedure chirurgiche avanzate e ottimizzate, circa il 5-10% delle fratture non riesce a raggiungere l'unione ossea. Lo scopo di questa tesi è quello di analizzare a fondo lo stato dell’arte e fornire un quadro completo sulla pseudoartrosi, comprensivo di dati quantitativi e qualitativi in merito all’epidemiologia, fattori di rischio e trattamenti esistenti nella pratica medica. Infine, in appendice, verranno dettagliatamente riportate tutte le procedure necessarie alla preparazione di provini anatomici da donatore umano di radio, che verranno impiegati in esperimenti per studiare la validità dei trattamenti per la frattura in quattro pezzi del radio distale. Attualmente il gold standard per questa pratica è l’inserimento di una placca in titanio con viti; nel proseguo di questo studio si valuterà la possibilità, in termini quantitativi, di utilizzare il cemento chirurgico come alternativa.
Los estilos APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
4

Fernández-Valencia, Laborde Jenaro-Ángel. "Respuesta de fase aguda en las fracturas abiertas. Correlación de los niveles de proteína C-reactiva, interleuquina 6 y creatin-quinasa con la clasificación de Gustilo y con la predicción de resultados". Doctoral thesis, Universitat de Barcelona, 2008. http://hdl.handle.net/10803/1242.

Texto completo
Resumen
INTRODUCCIÓN

Las fracturas abiertas (FA) suponen un reto para el cirujano ortopédico, dado que se asocian a una alta tasa de infección y de pseudoartrosis. Se han desarrollado múltiples clasificaciones para las FA siendo la clasificación de Gustilo la más universalmente aceptada. Estas clasificaciones proporcionan una orientación en el tratamiento y un pronóstico basándose en criterios clínicos sujetos a una inherente variabilidad interobservador. Si bien la respuesta de fase aguda (RFA) ha sido bien estudiada en pacientes politraumátícos, existen pocos estudios a este respecto en FA. El presente es un estudio prospectivo sobre una cohorte de pacientes con fractura abierta de huesos largos, realizado con el fin de determinar si la RFA correlacionaba con los principales tipos de la clasificación de Gustilo y determinar la utilidad de los reactantes de fase aguda en la predicción de complicaciones y/o del resultado funcional a largo plazo.

MATERIAL Y MÉTODOS

Se trata de un estudio prospectivo, observacional, de un periodo de 15 meses, comprendido entre febrero de 2001 y mayo de 2003. Se incluyeron en el estudio aquellos pacientes esqueléticamente maduros, con fractura abierta de hueso largo, tratados dentro de las 6 primeras horas tras el accidente. Se excluyeron a los pacientes con antecedentes de infección activa, neoplasia o intervención quirúrgica en los 3 meses anteriores. Se excluyeron del estudio los pacientes con enfermedades previas con repercusión sobre la respuesta inmunitaria y/o inflamatoria. Se incluyeron un total de 64 pacientes con 69 FA con un Injury Severity Score (ISS) medio de 10,2. Se determinó la proteína C-reactiva, interleukina 6 (IL-6) y creatínquinasa (CK) el tercer día postoperatorio y se efectuó un seguimiento hasta la consolidación de la fractura registrándose posibles complicaciones. Así mismo se realizó un seguimiento mediante entrevista telefónica, con un mínimo de cuatro años tras la FA, mediante el cuestionario SF-36.

RESULTADOS

Las concentraciones séricas de PCR, IL-6 y CK el tercer día postoperatorio de una FA de hueso largo, no correlacionaron con la clasificación de Gustilo en sus tres tipos principales (p <0.05). La media de las concentraciones de PCR, CK e IL-6 el tercer día postoperatorio no presentó diferencias significativas entre los pacientes que presentaron complicaciones en general, infección y retardo de consolidación o pseudoartrosis, respecto a los pacientes que tuvieron una recuperación sin complicaciones (p>0,05). La mediana del parámetro CK de la presente serie fue de 550 U/L y un total de 21 pacientes (30,4%) presentaron niveles de CK superiores a 1000 U/L. Los resultados en la escala SF-36 no se relacionaron con las concentraciones de PCR, CK e IL-6 el tercer día postoperatorio (p>0,05). Como conclusión, la presente serie muestra que la clasificación de Gustilo no correlaciona con la respuesta de fase aguda tras una FA. Los reactantes de fase aguda no mostraron utilidad para la predicción de complicaciones o de un mejor o peor resultado funcional. De forma interesante, la incidencia de rabdomiolisis fue elevada en esta serie. A pesar de que consideramos necesarios más estudios para corroborar este hallazgo, recomendamos la determinación sistemática de CK en todos los pacientes afectos de FA con el fin de diagnosticar y tratar de forma precoz una eventual rabdomiolisis.
Los estilos APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
5

Chaverri, Fierro Daniel. "TGF-B1 y otras moléculas como biomarcadores de consolidación ósea en pseudoartrosis no hipertrófica de huesos largos". Doctoral thesis, Universitat Autònoma de Barcelona, 2019. http://hdl.handle.net/10803/667984.

Texto completo
Resumen
INTRODUCCIÓN La pseudoartrosis es una complicación con unas tasas de incidencia que se estiman entorno al 5-10% de las fracturas. Es frecuente su localización a nivel de la diáfisis de huesos largo. Se trata de una complicación de difícil solución que requiere de importantes gestos quirúrgicos y un problema preocupante dentro de la cirugía ortopédica y traumatológica. El descubrimiento de una molécula o biomarcador para detectar a aquellos pacientes en riesgo de desarrollar un retraso o déficit de consolidación ósea nos ayudaría a poder actuar precozmente e instaurar medidas especiales para su tratamiento. MATERIAL Y METODOS Planteamos un estudio piloto prospectivo exploratorio que analiza una cohorte de 20 pacientes diagnosticados de pseudoartrosis no hipertrófica de huesos largos sometidos a tratamiento quirúrgico mediante aporte biológico +/- re osteosíntesis. A estos pacientes se les siguió durante 12 meses. Se realizaron analíticas para determinar Tranforming Growth Factor B1 y B2 (TGF-B1, TGF-B2) a la inclusión, a la semana, 2 semanas, 1mes, 2 meses, 3 meses, 6 meses y 12 meses post cirugía. Se evaluó su consolidación radiológica mediante la Tomographic Union Score (TUS). RESULTADOS De los 20 pacientes iniciales, 17 son incluidos finalmente para su análisis final. De ellos 9 consolidan frente a 8 que no lo hacen. Los valores medios de TGF-B1 al momento de inclusión fueron de: 26.702,4 +/- 14537 pg/ml. Para TGF-B2: 307,8 +/-83,1 pg/ml. Se encontraron diferencias estadísticamente significativas entre el grupo de consolidación y el de no consolidación a los 12 meses para TGF-B1 (p 0,005). No se encontraron diferencias significativas entre los dos grupos para TGF-B2. CONCLUSIONES TGF-B1 puede ser un marcador serológico de regeneración ósea si bien con los resultados de nuestro estudio no podemos decir que sea un biomarcador que permita la detección precoz por si sólo del fallo en la consolidación ósea. La misma conclusión sería aplicable a TGF-B2.
INTRODUCTION Pseudoarthrosis or non union is a complication wich incidence is estimated around 5-10% of fractures. Its frequently located in diaphysis of long bones. It is a complication that requires important surgical procedures and a worrying problem in orthopedic and trauma surgery actually. The discovery of a molecule or biomarker to detect those patients at risk of develope a delayed bone healing or non union would help us to establish special measures for their treatment.earlier. MATERIAL AND METHODS We propose a prospective exploratory pilot study that analyzes a cohort of 20 patients diagnosed of non-hypertrophic non-union of long bones undergoing surgical treatment consisting in autologus bone graft +/- re osteosynthesis. These patients were followed for 12 months. Plasma blood samples were obtained to determine Tranforming Growth Factor B1 and B2 (TGF-B1, TGF-B2) at inclusion, at week, 2 weeks, 1 month, 2 months, 3 months, 6 months and 12 months after surgery. Radiological bone healing was evaluated by the Tomographic Union Score (TUS). RESULTS 20 patients were included, 17 were analyzed finally. 9 healed versus 8 that did not heal. The mean values of TGF-B1 at inclusión time point were: 26,702.4 +/- 14537 pg / ml. For TGF-B2: 307.8 +/- 83.1 pg / ml. Statistically significant differences were found between the bone healing group and the non-union group at 12 months for TGF-B1 (p 0.005). No significant differences were found between the two groups for TGF-B2. CONCLUSIONS TGF-B1 can be a serological marker of bone healing although we can not say that it is a biomarker that allows early detection of delayed unión or non unión in base of our results. The same conclusion would be applicable to TGF-B2.
Los estilos APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
6

ABUNDO, PAOLO. "Progetto di un dispositivo dedicato all'applicazione clinica di vibrazioni meccaniche localizzate ed analisi delle relative sperimentazioni". Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2010. http://hdl.handle.net/2108/1367.

Texto completo
Resumen
Nell’ambito della medicina riabilitativa, si sta affermando sempre più l’applicazione terapeutica di vibrazioni meccaniche nel trattamento di specifiche patologie cliniche e nel settore della riabilitazione sportiva. L’esposizione alle vibrazioni può avere sull’organismo effetti positivi o negativi in funzione del tipo d’oscillazione e della durata dell’esposizione stessa. Le vibrazioni meccaniche, se applicate per periodi d’esposizione ridotti e frequenze d’oscillazione dell’ordine di 15-50 Hz, non solo non comportano alcun effetto negativo a livello organico, ma al contrario possono indurre adattamenti positivi del corpo umano. Il corpo umano però non vibra come una massa unica con un’unica frequenza naturale, ma ogni sua componente ha la propria frequenza di risonanza, il che provoca un’amplificazione o attenuazione delle vibrazioni di input da parte di ogni segmento corporeo. Per questo motivo è necessario porre particolare attenzione alla modalità di trasmissione delle vibrazioni meccaniche al corpo umano: queste difatti, se applicate all’intero corpo in maniera troppo aspecifica (Whole Body Vibration), hanno un effetto che non sempre risulta benefico. Ecco perché è di primaria importanza localizzare le suddette vibrazioni ad un segmento corporeo ben preciso e focalizzarne il più possibile l’effetto nella zona di interesse. Pertanto nel presente lavoro si sono esaminate le modalità con le quali tradurre l’esigenza medica di avere a disposizione un dispositivo dedicato all’applicazione localizzata di vibrazioni meccaniche controllate in ambito clinico, in linguaggio scientifico-ingegneristico, cercando di produrne una soluzione progettuale. In collaborazione con la ditta Boscosystemlab, impegnata nel settore della produzione di dispositivi per la riabilitazione e l’allenamento fisico, si è ideato ed implementato un prototipo specifico per l’applicazione clinica di vibrazioni locali al corpo umano. L’apparecchio implementato rende ergonomica l’applicazione locale delle vibrazioni, è “auto-applicabile al paziente”, protegge l’operatore clinico dalle sollecitazioni vibratorie applicate al paziente ed è di agevole utilizzo. Dopo aver implementato il nostro dispositivo, abbiamo verificato che la somministrazione delle sollecitazioni meccaniche erogate da esso ed applicate sul corpo producessero degli effetti oggettivamente rilevabili, effettuando misure elettromiografiche di superficie, analizzando il comportamento dei muscoli a riposo e durante l’applicazione su di essi delle vibrazioni prodotte dal prototipo, rilevando una risposta muscolare maggiore nel secondo caso. Successivamente si è posta in essere una reale indagine clinica basata su sperimentazioni effettuate sul campo. In collaborazione con il Programma Aziendale di Medicina Fisica e Riabilitazione Ambulatoriale della Fondazione Policlinico Tor Vergata di Roma si è somministrato l’Esercizio Terapeutico Vibratorio (ETV), utilizzando il nostro dispositivo, ad un paziente con frattura della tibia destra con ritardo di consolidazione o pseudoartrosi. Le immagini radiologiche in itinere e la successiva analisi mediante l’introduzione dell’Indice di Massa Ossea (IMO) ci inducono ad affermare che la terapia vibratoria applicata con il prototipo, contribuisce in maniera decisiva alla terapia di quei quadri patologici che si presentano con disturbi della formazione del callo osseo, riuscendo a risolvere il ritardo di consolidazione, riducendo notevolmente i tempi di recupero del paziente; non è da trascurare inoltre il miglioramento indotto sullo stesso in merito alla sintomatologia parestesica ed alla risoluzione dell’edema perilesionale. L’obiettivo seguente è stato quello di verificare l’effetto delle vibrazioni a livello metabolico sul muscolo di applicazione. In quest’ottica abbiamo deciso di utilizzare un ossimetro tissutale, installato presso l’Ospedale Fatebenefratelli dell’Isola Tiberina di Roma, in grado di rilevare l’andamento delle concentrazioni di Hb e HbO2, facendo uso della NIRS (Near InfraRed Spectroscopy). Effettuando delle misure durante l’applicazione dell’ETV, è stato possibile ricavare informazioni inerenti l’attività metabolica muscolare nella zona trattata (il bicipite destro nelle nostre misure). Analizzando gli andamenti ottenuti da queste misurazioni si rileva una variazione della concentrazione di emoglobina totale, ossigenata, e non ossigenata e della percentuale di saturazione di ossigeno: in particolare per quel che concerne l’emoglobina ossigenata si riscontra un aumento della sua concentrazione. Ulteriori misurazioni ci rivelano che sebbene le variazioni di concentrazione dell’emoglobina possano essere provocate in parte da un aumento di temperatura superficiale, anche le stesse vibrazioni meccaniche inducono variazioni rilevanti.
In Rehabilitation Medicine, therapeutic application of vibration energy in specific clinical treatments and in sport rehabilitation is being affirmed more and more. Vibration exposure can have positive or negative effects on the human body, depending on the features and time of the characterizing wave. Short periods of vibration exposure and specific frequency values can determine positive adjustments of human body. Human body doesn’t vibrate like a unique body, but every element regarding its own resonance frequency can cause an amplification or attenuation of the vibrations applied. This is the reason why vibration application mechanisms are crucial: if applied in non specific way, Whole Body Vibration (WBV) treatments could have non positive effects. In order to focus the effect of vibration in the specific treatment area, local vibrations (LV) have been introduced in rehabilitation medicine. The initial aim of the present study was to translate the medical necessity of applying local vibration in clinical treatments into scientific-engineering language, producing a design solution. In collaboration with Boscosystem Company, a manufacturer of rehabilitation medicine and sport training devices, we have produced a specific prototype for LV application on human body. The device is user friendly, “auto-applicable” to the patient, it preserves clinical operator from vibration stress and it makes LV applications ergonomic. Then, we have tested our prototype, verifying that the vibration produced by it and applied on human body has objectively detectable effects, analyzing the behaviour of muscles in rest time and under vibration energy, by using surface electromyography, obtaining a greater response in the second scenary. Subsequently, a real clinical inquiry was made about the device effectiveness and its clinical use on patients. To achieve this goal, in collaboration with the Company Program of Physical Medicine and Day-Hospital Rehabilitation of Policlinico Tor Vergata in Rome, we have applied therapeutic exercise by vibration (TEV) produced by our device on a male patient with a non-union right tibial fracture. In itinere radiological images and Bone Mass Index analysis allow us to state that TEV, made by using our device, contributes decisively to the therapy of pathologies concerning disorders of bone callous forming, resolving the consolidation delay, reducing patient healing time; moreover it isn’t negligible the improvement induced on the patient, as far as paraesthetic symptomatology and reduction of perilesion edema are concerned. The next target of our study was the inquiry of TEV metabolic effects on the application muscle. So, we have used a Tissue Oximeter installed at Fatebenefratelli Isola Tiberina Hospital in Rome, that is able to detect Hb and HbO2 concentration trend, by using NIRS (Near InfraRed Spectroscopy). By making measurements during TEV application, it was possible to obtain information about metabolic activity in the treated area (biceps in our case). By analyzing Hb and HbO2 trends, we have shown a variation of total Hemoglobine, of oxygenated and non-oxygenated Hemoglobine and of oxygen saturation: in particular, we have shown an increase of oxygenated Hemoglobine. More measurements revealed us that, although Hemoglobine concentration increase could be partially caused by temperature rise, Local Vibrations themselves induce sensible variations.
Los estilos APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
7

Ruthner, Roberto Pedersen. "Tratamento simultâneo da pseudoartrose diafisária ou supracondileana do fêmur e da rigidez do joelho". reponame:Biblioteca Digital de Teses e Dissertações da UFRGS, 2001. http://hdl.handle.net/10183/11404.

Texto completo
Resumen
As fraturas da diáfise e da região supracondileana do fêmur são importante fonte de morbidade e mortalidade nos pacientes com lesões da extremidade inferior causadas, normalmente, por traumas de grande intensidade. A pseudartrose e a rigidez articular do joelho podem ocorrer como complicações severas do trauma ou do tratamento dessas fraturas. Quando associadas, podem evoluir para um quadro de maior gravidade, de difícil manejo para o cirurgião e de incapacidade funcional para o paciente. Entretanto, de um modo geral, os trabalhos na literatura concentram suas atenções no tratamento da pseudartrose, deixando, em segundo plano, o equacionamento e o restabelecimento da mobilidade articular do joelho. Na tentativa de solucionar esses problemas, desenvolveu-se neste serviço (HCPA) uma sistemática de tratamento simultâneo dessas complicações, como forma de promover a consolidação da pseudartrose e o restabelecimento concomitante da amplitude do movimento articular do joelho. Assim sendo, o objetivo desse trabalho foi o de determinar os resultados cirúrgicos obtidos com a abordagem simultânea (quadricepsplastia, decorticação osteoperiosteal e colocação de enxerto ósseo autólogo), avaliando-se a consolidação da pseudartrose e o grau de amplitude do movimento do joelho obtido no pós-operatório. Foram assim operados, consecutivamente, 12 pacientes portadores de pseudartrose da região diafisária ou supracondileana do fêmur associada com rigidez articular do joelho. A média (desvio-padrão—DP) de idade foi de 30 (15) anos, variando de 22 a 65 anos (seishomens e seis mulheres). O tempo médio (DP) desde o trauma inicial, até o momento da cirurgia proposta, foi de 16 (6) meses (10 a 32 meses). A amplitude média (DP) de movimento articular pré-operatória foi de 10o (9o), enquanto que no pós-operatório foi de 112o (13o). Todos os pacientes apresentaram consolidação do foco de pseudartrose e obtiveram significativo aumento na amplitude do movimento articular do joelho rígido (t de Student=31; P≤0,0001). Nenhum óbito ou complicação grave ocorreu nesta série. O grupo de pacientes operados com menos de 16 meses de evolução, entre o trauma inicial e a cirurgia proposta, obteve uma amplitude de movimento média significativamente maior que aqueles com 16 ou mais meses de evolução; 120o (9o) vs 104o (11o), respectivamente (t de Student=2,71; P=0,02). Esta amplitude obtida correlacionou-se inversamente com o tempo de evolução da pseudartrose (Pearson=-0,672; P=0,017).Assim, o presente estudo demonstrou que os resultados obtidos com o tratamento simultâneo são excelentes, atingindo a consolidação óssea em todos os pacientes operados, obtendo um ganho significativo na amplitude de movimento em relação ao pré-operatório, e a amplitude de movimento articular no pós-operatório foi, significativamente, maior nos casos operados com menor tempo de evolução.
Femoral diaphyseal and supracondylar fractures are very incapacitating problems generally caused by high-energy traumas. Many complications can follow these lesions, but the association of pseudarthrosis with knee stiffness is among the most difficult ones to deal with. Nowadays, there is still a generally accepted approach, which gives priority to the pseudarthrosis treatment before knee blockage release. A simultaneous treatment of both, the fracture nonunion and the knee stiffness, would allow resolution of the problem in a single surgical procedure. Bending of the knee joint would improve the consolidation process and a single admission would decrease patient anxiety. This approach (quadricepsplasty + osteoperiosteal decortication + bone autografting + knee movement recovery), though it may increase tissue handling, blood loss and postoperative morbidity was proposed and it has been attempted in this service (HCPA) since 1990. A total of 12 consecutive patients (six men, six female; mean (sd) age of 30 (15) years; ranging from 22 to 65 years) were submitted to the combined procedure. The average (sd) time since onset of the orthopedic problem was 16 (6) months (range: 10 to 32 months) and the majority of the patients have already undergone surgical treatment. The average (sd) extent of movement was improved from 10o (9o) to 112o (13o) postoperatively. Not only all patients healed the fracture but also have obtained a statistically significant improvement in the extent of movement (Student t=31; P≤0.0001). However, thisimprovement was significantly greater in those patients with less than 16 months since disease onset than those over 16 months (Student t=2.71; P=0.02). This improvement was inversely correlated with time of clinical evolution since disease onset (Pearson correlation=-0,672; P=0,017). Postoperative course was uneventful and no death or severe complication occurred in this series. According to these findings, both purposes, the simultaneous treatment of the femoral pseudarthrosis and knee blockage was successfully achieved and therefore, if a combined approach as earlier as possible is established a better outcome should be expected.
Los estilos APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
8

Bervian, Michel Roberto 1979. "Diagnóstico de necrose avascular em pacientes com pseudoartrose do escafoide : correlação dos exames de imagem pré-operatórios e achados intraoperatórios com o anatomopatológico". [s.n.], 2014. http://repositorio.unicamp.br/jspui/handle/REPOSIP/312427.

Texto completo
Resumen
Orientador: Bruno Livani
Texto em português e inglês
Dissertação (mestrado) - Universidade Estadual de Campinas, Faculdade de Ciências Médicas
Made available in DSpace on 2018-08-25T16:03:28Z (GMT). No. of bitstreams: 1 Bervian_MichelRoberto_M.pdf: 4068927 bytes, checksum: bf1a7a79c46ef107971e898469875605 (MD5) Previous issue date: 2014
Resumo: Objetivo: Realizar exames de imagem pré-operatórios, verificar a vascularização do segmento proximal do escafoide no intraoperatório e estabelecer correlações diagnósticas destes com o exame anatomopatológico. Justificativa: O diagnóstico pré-operatório do estado vascular do segmento proximal do escafoide é importante para o planejamento e direcionamento da escolha da técnica cirúrgica a ser utilizada. Métodos: Estudo experimental, prospectivo, caracterizado por ensaio não controlado. Os pacientes foram avaliados em relação à necrose do segmento proximal do escafoide em exames pré-operatórios (radiografia, tomografia computadorizada e ressonância nuclear magnética) e, no intraoperatório, no qual a condição vascular do segmento proximal do escafoide foi avaliada após sua perfuração, que demonstrou a presença ou não de sangramento. A ausência de sangramento estabelece como condição um segmento de necrose avascular ou esclerótico. Foi colhido material do segmento proximal e enviado para exame anatomopatológico, e os achados foram classificados em quatro tipos principais: viabilidade óssea, grau intermediário com maior ou menor viabilidade óssea e necrose completa. Foi utilizado o teste de qui-quadrado para testar a associação entre os achados dos exames de imagem e exame intraoperatório quando comparados com o exame de anatomopatológico. Resultados: Foram avaliados 19 pacientes do gênero masculino com diagnóstico de pseudoartrose do escafoide. Os resultados demonstraram que existe associação significativa entre a alteração radiográfica e a necrose óssea p<0,05 (0,026). A tomografia não apresentou associação significativa com o diagnóstico anatomopatológico da necrose do osso escafoide p>0,05 (0,125). A ressonância nuclear magnética mostrou que o hipossinal marcado em T1 apresentou correlação significativa com o diagnóstico anatomopatológico de necrose no segmento proximal do escafoide em todos os pacientes p<0,05 (0,002). Em 90% dos ossos considerados escleróticos na avaliação intraoperatória a necrose foi confirmada pelo exame anatomopatológico, e a associação foi significativa p<0,05 (0,003). Conclusão: Na pseudoartrose do escafoide, imagens de ressonância nuclear magnética com hipossinal de baixa intensidade marcado em T1 e ausência de sangramento no intraoperatório são fortes indicativos de necroseOsteonecrose do segmento proximal
Abstract: Background: The purpose of this study was to correlate the preoperative imaging, vascularity of the proximal pole, and histology of the proximal pole bone of established scaphoid fracture nonunions. Methods: This was a prospective observational study. Patients were evaluated preoperatively for necrosis of the proximal scaphoid fragment by radiography, computed tomography (CT) and magnetic resonance imaging (MRI). Vascular status of the proximal scaphoid was determined intraoperatively, demonstrating the presence or absence of puncate bone bleeding. Samples were harvested from the proximal scaphoid fragment and sent for pathological examination. We determined the association between the imaging and intraoperative examination and histological findings. Results: We evaluated 19 male patients diagnosed with scaphoid nonunion. CT evaluation showed no correlation to scaphoid proximal fragment necrosis. MRI showed a marked low signal intensity on T1-weighted, and the diagnosis of necrosis in the proximal scaphoid fragment was confirmed by the histology in all patients. Intraoperative assessment showed that 90% of bones had absence of intraoperative puncate bone bleeding, which was confirmed as necrosis by microscopic examination. Correlation between preoperative imaging, intraoperative findings and pathology was found in 41% of cases, with 26% for bone necrosis and 15% for viable bone. Conclusions: In scaphoid nonunion MRI images with marked low signal intensity on T1-weighted and the absence of intraoperative puncate bone bleeding are strong indicatives of osteonecrosis of the proximal fragment
Mestrado
Fisiopatologia Cirúrgica
Mestre em Ciências
Los estilos APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
9

Santos, Rafael Senos dos. "Uso do decanoato de nandrolona na não-união de fratura induzida em fêmur de rato: aspectos morfológicos". Universidade de São Paulo, 2014. http://www.teses.usp.br/teses/disponiveis/10/10132/tde-04082015-124343/.

Texto completo
Resumen
A não-união de fratura é uma complicação relativamente comum em ortopedia humana e veterinária. Dentre os tipos de não-união, a atrófica costuma ser a mais difícil de tratar. Atualmente, o tratamento amplamente utilizado para esses casos é invasivo. Buscando alternativas, o presente estudo objetivou observar se o decanoato de nandrolona interfere positivamente no incremento de regeneração de não-união de fratura óssea com déficit vascular induzida experimentalmente em rato. Foram utilizados 10 ratos adultos da linhagem Wistar (Rattus norvegicus), divididos em 2 grupos (grupo controle - GC e grupo tratado - GNan). Protocolos cirúrgicos foram desenvolvidos a fim de promover fratura na diáfise do fêmur esquerdo com indução de déficit vascular por remoção do periósteo e endósteo e isolamento do foco de fratura com artefato de látex. Em seguida ao estabelecimento do quadro de não-união de fratura nos dois grupos de estudo, foi administrado 1,5mg/kg de decanoato de nandrolona IM, uma vez por semana, durante 4 semanas no GNan. A verificação do perfil morfológico do tratamento foi realizada pelo exames radiológicos periódicos, exame anatomopatológico, microscopia eletrônica de varredura, microtomografia computadorizada e microscopia óptica. Os resultados mostraram que o protocolo de não-união de fratura desenvolvido foi eficiente para estudos qualitativos e quantitativos de crescimento ósseo. Adicionalmente, foi observado que o decanoato de nandrolona promoveu incremento significativo de regeneração óssea em não-união de fratura com déficit vascular por aumento da atividade osteoblástica e redução da atividade osteoclástica no GNan. Houve aumento de massa óssea na cabeça femoral e diferentes regiões da diáfise femoral. As análises de percentual de colágeno não revelaram diferenças significativas entre GC e GNan, portanto, a qualidade óssea entre os grupos é semelhante. Dada viabilidade econômica do fármaco, é sugerido ensaios mais avançados que comprovem o potencial terapêutico do decanoato de nandrolona no tratamento de não-união de fratura atrófica em pacientes humanos e veterinários
The nonunion fracture is a relatively frequent complication in both human and veterinary medicine. Among their types, the atrophic nonunion fracture is usually the most difficult to treat and the elective treatment is surgery. In order to search for alternative therapeutic approach, the present study aimed to analyze the morphological changes induced by the use of nandrolone decanoate in experimental nonunion fracture with vascular deficit in the rat model. Ten adult Wistar rats (Rattus norvegicus) were divided into two groups, control (GC) and nandrolone decanoate (GNan). Surgical protocols were developed to promote fracture nonunion in the left femur diaphysis with vascular deficit by removing the periosteum and endosteum and isolating the fracture site using a latex artifact. After the establishment of the nonunion fracture, the GNan was treated with nandrolone decanoate (1.5mg/kg IM, once a week, during 4 weeks). Periodical radiological examinations were performed. In addition, anatomopathological evaluation, scanning electron microscopy, computed micro-tomography and optical microscopy techniques were performed. The results showed that the surgical protocols to establish the nonunion fracture were efficient and allowed qualitative and quantitative evaluation of bone growth. Besides, the nandrolone decanoate promoted the bone regeneration at the nonunion fracture site by raising the osteblastic activity and reducing the osteclastic activity. The percentage of collagen analysis did not reveal significant differences between GC and GNan. This guarantees some quality for the regenerated bone. Due to the economical viability of the use of nandrolone decanoate use, new advanced studies are recommended to prove the therapeutic potential of that anabolic steroid for the treatment of atrophic nonunion fracture in humans and other animals
Los estilos APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
10

Español, Barrull Anunciación Rosario. "Ondas de Choque Extacorpóreas en el Tratamiento de las Pseudoartrosis de los Huesos Largos de las Extremidades Inferiores". Doctoral thesis, Universitat Internacional de Catalunya, 2014. http://hdl.handle.net/10803/286511.

Texto completo
Resumen
La pseudoartrosi és una alteració en el normal procés de consolidació òssia que es tradueix clínicament per dolor y persistència del focus de fractura amb movilitat i desviació dels fragments. És la principal complicació de les fractures, especialment als óssos llargs, afectan el 10% de les mateixes. El tractament de les pseudoartrosis combina, diferentes tècniques incruentes amb més o menys èxit i complicacions. Les ones de xoc extracorpòries són ultrasons d’alta energia, originats en un generador electromagnètic, en el nostre cas, capaços de produir efectes físics i biològics als óssos, mitjançant l’efecte Hopkins y el fenòmen de cavitació, que indueix una hemorràgia subperiostal estimulant el creiximent óssi de novo. Al present treball es tracta de valorar l’eficàcia de les ones de xoc extracorpòries en el tractament de les pseudoartrosis establertes dels óssos llargs de les extremitats inferiors, mitjançant la valoració clínica i radiològica de un total de 118 casos, distribuits en 58 fémurs i 60 tibies. Així mateix, es valora la influència del sexe, l’edat, el temps d’evolució de la fractura, la zona de l’ós afectada, la presència d’empelt óssi i de material d’osteosíntesis. El tractament amb con ones de xoc extra corpòries promou la consolidació de les pseudoartrosis establertes als óssos llargs de les extremitats inferiors: fèmur i tíbia. El tractament amb ones de xoc produeix un efecte analgèsic amb la conseqüent desaparició del dolor i millora clínica, en pacients amb pseudoartrosis als óssos que no arriben a consolidar completament. La resposta al tractament amb ones de xoc extra corpòries de las pseudoartrosis dels óssos llargs, no té relació amb el sexe, la edat, el temps d’evolució i el tipus de fractura, la zona de l’ós afectada i la presència o no d’empelt ossi. El tipus de material de osteosíntesis influeix en la resposta al tractament amb ones de xoc de les pseudoartrosis localitzades a les diàfisis femorals, essent millor el resultat en aquells pacients portadors de placa vers els portadors de clau endomedular, fet que sembla més relacionat amb la immobilització posterior al tractament que amb el tractament en sí. El tractament amb ones de xoc extracorpòries, donat el seu caràcter no invasiu i la mínima incidència de complicacions i efectes secundaris, ha de ser tingut en compte com un dels procediments més efectius, de primera elecció i alternatiu a la cirurgia en les pseudoartrosis establertes dels óssos llargs.
La pseudoartrosis es una alteración en el normal proceso de la consolidación ósea que se traduce clínicamente por dolor y persistencia del foco de la fractura con movilidad y desviación del los fragmentos. Es la principal complicación de las fracturas, especialmente en los huesos largos, afectando al 10% de las mismas. El tratamiento de las pseudoartrosis combina diferentes técnicas incruentas con éxito dispar e inconvenientes. Las ondas de choque extracorpóreas son ultrasonidos de alta energía, originados en nuestro caso a través de un generador electromagnético, capaces de producir efecto físicos y biológicos en los huesos, mediante el efecto Hopkins y el fenómeno de cavitación, induciendo una hemorragia subperiostal que estimula el crecimiento óseo de novo. En el presente trabajo se trata de medir la eficacia de las ondas de choque extracorpóreas en el tratamiento de las pseudoartrosis establecidas de los huesos largos de las extremidades inferiores, a través de una valoración clínica y radiológica.
Los estilos APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
Más fuentes

Capítulos de libros sobre el tema "Pseudoartrosi"

1

Yanez, Yanetzi Loimig Arteaga, Yoel López Gamboa y Neris Marina Ortega Guevara. "COMPLICACIÓN MECÁNICA DE PRÓTESIS ARTICULAR INTERNA, PSEUDOARTROSIS DE TIBIA IZQUIERDA". En Ciencias de la salud: Oferta, acceso y uso 4, 71–81. Atena Editora, 2022. http://dx.doi.org/10.22533/at.ed.9002219108.

Texto completo
Los estilos APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.

Actas de conferencias sobre el tema "Pseudoartrosi"

1

García Sánchez, Cándido Manuel y Doctora María Isabel Rico Rangel. "FACTORES DE RIESGO EN EL DESARROLLO DE ADICCIÓN A ANALGÉSICOS OPIOIDES EN PACIENTE CON PATOLOGÍA DUAL." En 22° Congreso de la Sociedad Española de Patología Dual (SEPD) 2020. SEPD, 2020. http://dx.doi.org/10.17579/sepd2020p086.

Texto completo
Resumen
Nuestro objetivo es ejemplificar cómo el consumo de tóxicos y la comorbilidad con los trastornos mentales son factores de riesgo para el desarrollo de dependencia a opioides en pacientes tratados con analgésicos opioides. Se trata de una paciente de 53 años sin alergias y con antecedentes de isquemia mesentérica aguda con peritonitis, que requirió hemicolectomía; colecistitis y SCACEST, tratado con angioplastia. En seguimiento en Salud Mental con diagnóstico de trastorno mixto de la personalidad y sintomatología ansioso-depresiva, requiriendo ingreso en unidad de hospitalización por ingesta medicamentosa. Convive con su hijo y es dependiente para actividades básicas. Mala relación con familiares debido a conductas derivadas de su adicción. Antecedentes de consumo de cocaína y consumo actual. Fumadora de 30 cigarrillos diarios. Percibe una pensión por invalidez. En 2014 sufre una fractura del pilón tibial izquierdo tras caída, que tuvo como complicación una pseudoartrosis infectada por SAMS, requiriendo una nueva intervención. Fue derivada a Unidad del Dolor debido a dolor crónico neuropático en pie izquierdo, que impedía la deambulación. La paciente ya se encontraba en tratamiento con fentanilo, prescribiéndose tratamiento con gabapentina, tapentadol, paracetamol y fentanilo sublingual en caso de crisis de dolor. Un año más tarde se inicia pauta de deshabituación de opioides, que la paciente incumple. Actualmente la paciente continúa abusando de analgésicos opioides, con escasa adherencia al resto del tratamiento. No ha acudido a Centro de Tóxicos y Adicciones, donde ha sido derivada y frecuenta área de urgencias, solicitando prescripción de opioides. Asimismo, presenta un importante deterioro físico y en sus relaciones familiares. Como conclusión, cabría destacar el riesgo de desarrollar adicción a opioides en pacientes con antecedentes de consumo de tóxicos y síntomas depresivos a los que se les pautan analgésicos opioides, la necesidad de ser cautos en la prescripción de estos y de explorar dichos antecedentes.
Los estilos APA, Harvard, Vancouver, ISO, etc.
Ofrecemos descuentos en todos los planes premium para autores cuyas obras están incluidas en selecciones literarias temáticas. ¡Contáctenos para obtener un código promocional único!

Pasar a la bibliografía