Dissertations / Theses on the topic 'Archivio storico'
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Gobbo, Giulia <1989>. "Archivio storico del comune di Padova: inventario analitico del fondo "Atti amministrativi per categorie" (anno 1930)." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4845.
Full textPiva, Enrico <1988>. "Archivio storico del Comune di Padova. Regesto dei verbali e delle delibere di Giunta municipale (1868-1875)." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/6405.
Full textVolpe, Umberto. "Le fonti storico-documentarie d'archivio per la ricostruzione del paesaggio agrario nel distretto di Conegliano Valdobbiadene a supporto della candidatura a Patrimonio dell'Umanità UNESCO." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3426176.
Full textLa ricerca storica delle fonti archivistiche del territorio del distretto di Conegliano Valdobbiadene è finalizzata alla ricostruzione documentaria del paesaggio agrario. Un approccio di questo tipo rappresenta uno strumento possibile di valorizzazione territoriale in una prospettiva più ampia. La candidatura a Patrimonio dell'Umanità UNESCO ne è stata l'ispirazione. La ricerca e l'individuazione di tutte le fonti storiche conservate presso gli Archivi di Stato e, di Venezia in particolare, ha consentito la descrizione generale di ciascun fondo archivistico per la contestualizzazione del territorio allo scopo di una storia economica del paesaggio.
Zangelmi, Cristina. "Riordino, digitalizzazione e messa in rete del materiale dell'Archivio storico del Dipartimento di Astronomia di Bologna." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amslaurea.unibo.it/12818/.
Full textMASCIARIELLO, ANTONIO. "MEMORIA, IDENTITÀ E PROGETTO: L’ARCHIVIO D’IMPRESA NEL FASHION DESIGN COME PROGETTO CULTURALE E COME STRUMENTO DI PRODUZIONE. IL CASO DELL’ARCHIVIO STORICO VERSACE." Doctoral thesis, Università IUAV di Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/11578/287398.
Full textGallo, Lidia <1986>. "Archivio storico del comune di Due Carrare (PD): inventario analitico dei fondi “Congregazione di Carità ed Ente comunale di assistenza – ECA” dei comuni soppressi di Carrara Santo Stefano (1867-1979) e Carrara San Giorgio (1891-1979)." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/5488.
Full textZaffagnini, Alberto. "Strumenti della geomatica per la documentazione archivistica dell'evoluzione di un progetto architettonico: il caso del Grand'Arco d'ingresso alla Galleria Vittorio Emanuele II di Milano." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017.
Find full textNordin, Hanna. "Storing Stories : Digital Render of Momentous Living Archives." Thesis, Umeå universitet, Institutionen för informatik, 2020. http://urn.kb.se/resolve?urn=urn:nbn:se:umu:diva-172696.
Full textCantale, Claudia. "Studiare il patrimonio culturale nella contemporaneità." Doctoral thesis, Università di Catania, 2018. http://hdl.handle.net/10761/3781.
Full textSimioni, Mauro <1976>. "Percorrendo gli archivi del dipartimento degli archivi storici della Commissione Europea: Piero Malvestiti e la costruzione europea." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/16312.
Full textTACCOLA, GREGORIO. "RACCOGLIERE, ORDINARE ED ESPORRE NEI MUSEI STORICI. LE FONTI SULLA GRANDE GUERRA NEL MUSEO DEL RISORGIMENTO DI MILANO TRA STORIA CULTURALE E ARCHIVAL TURN (1915-1943)." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2018. http://hdl.handle.net/2434/548118.
Full textThe historical analysis of museums’ Public History practices brings the relation between science and public use of history – often regarded as antithetical - into the historiographical dimension. In order to reflect on the social and political implications of these types of narration of the past, our research reconstructs the formation and development of the collection of the Great War sources from Milan Museum of Risorgimento between the two World Wars. By taking the standpoint of Cultural History, our research questions the role that the historical imagery, embodied in a museum installation, has had in the process of nationalization of the masses in Italy. The follow-up on the figure and work of Antonio Monti (Director, 1925-45) enabled us to frame the process of formation and development of the War Archive-Museum within a social, political and scientific context that clarifies the knowledge gathered so far about the dynamics between center and periphery, as well as about the phases of the memory of war. Besides the study of documentary sources of various nature from Milan’s Civiche Raccolte Storiche (eg. paper documents, correspondence, memorabilia, graphics), the research made use of published sources (brochures, volumes, periodics) and proper archival sources. Among the primary archival sources, the main ones are the registers, card files, catalogs, and the other sets of documentation produced by the museum. The material and immaterial aspects of these sources have been analyzed from both a qualitative and a quantitative point of view. Starting from the archive analysis, from the study of the document management system, and finanlly from the relation between organized and described space, the museum practices concerning the Great War narration have been mainly construed as a material organization of the space (respectively in the archive, in the library, and in the museum). The museum history of the sources reshapes the relational network that gives meaning to the preserved historic heritage, shifting the focus from the immateriality of the representations to the materiality of the sources. On the other hand, the interpretative synthesis made use of anthropological cathegories: within the continuous exchange between reality and imagination, the museum acts as a resignification device that, through the actions of gathering, organizing and displaying, modifies the relational network between the sources, therefore changing their meaning. The history museum enshrines a social pact with the public through the gift, and becomes the scenery of a rite of passage that accomodates the reaggregation of private memories into the public dimension of the history of the nation. Through this rite, the meaning of the war experience is turned from a traumatic event linked to mourning, into a rigeneration myth, thus continuing the action of the Risorgimento. In conclusion, the analysis of the Milan case has allowed us to highlight the specificity of relational networks, unravelling the different meanings hidden by the oleographic representation consistent with the “totalitarian memory” imposed by the Fascist regime. Lastly, the scientific approach emerging from such practices of public use of history has been identified in the production of instruments that allow one to account for the spatial movement of the sources during their museum history.
Scalabrin, Daniela. "Per un'analisi comparativa della fashion industry in Italia e Spagna. I distretti calzaturieri della Riviera del Brenta e di Elda dagli anni Cinquanta ad oggi." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3424116.
Full textIl tema della ricerca è il rapporto tra produzione calzaturiera e moda analizzato attraverso l'analisi comparativa dell'evoluzione di due distretti di classe mondiale, quello italiano della Riviera del Brenta tra Padova e Venezia e quello di Elda, nella provincia di Alicante, in Spagna. Le due aree si sono sviluppate industrialmente in contemporanea, ma con ritmi e modi diversi, specializzandosi entrambe nella produzione di calzature femminili di alta gamma. L'analisi si snoda per tutto il XX secolo, in particolare per il periodo che va dagli anni Cinquanta ad oggi. Le vicende dei due distretti sono indagate in chiave storico-economico-produttiva e socio-culturale, con particolare riferimento ai mercati della moda e del lusso. L'indagine nasce sulla scorta di alcuni progetti di riordino degli archivi storici compiuti in alcune aziende della Riviera del Brenta tra il 2009 e il 2011. Gli studi hanno messo in luce come gli archivi aziendali e di prodotto siano delle importantissime testimonianze per comprendere a fondo le vicende economiche delle aziende e la loro relazione con la moda. Dall'esperienza è nato questo lavoro, che ha poi allargato la sfera di ricerca all'analisi del comparto calzaturiero nei suoi rapporti con la storia della moda, con le vicende economiche nazionali ed internazionali e con la gestione dei beni culturali materiali ed immateriali prodotti all'interno del distretto. La metodologia ha previsto il confronto costante delle vicende dei distretti industriali della Riviera del Brenta in Italia e di Elda in Spagna, utilizzando un approccio multidisciplinare al tema. Per quanto riguarda le fonti, dopo un'analisi della letteratura di riferimento inerente alla storia economica e alla storia della moda e della letteratura specifica sui casi oggetto della ricerca, sono state condotte ricerche d'archivio presso imprese, musei ed enti territoriali, approfondendo le tematiche della catalogazione dell'oggetto calzatura anche mediante la partecipazione diretta a progetti di conservazione e valorizzazione degli archivi di prodotto di alcune imprese storiche. Si sono inoltre realizzate interviste con curatori museali, imprenditori, tecnici e stilisti, rappresentanti di associazioni di categoria e delle istituzioni territoriali. La ricerca ha messo in luce come la produzione industriale non dipenda solo dalle vicende economiche globali ma anche da quelle locali, riferite ai distretti, alle aree di saperi, alle tradizioni artigianali e alla moda nella sua totalità, comprensiva di storia, oggetti ed archivi. Nel confronto tra i due distretti si sono evidenziate le scelte strategiche attuate, le peculiarità imprenditoriali e gli enti di appoggio dei comparti produttivi. L'indagine oltre all'obiettivo di fornire nuovi apporti di conoscenza mediante una metodologia di analisi di tipo multidisciplinare, ha rilevato quali siano i presupposti per la valorizzazione e la conoscenza del patrimonio storico legato agli archivi di prodotto calzaturiero. La conoscenza storica, la comparazione degli elementi caratterizzanti le varie fasi di espansione, l'analisi delle positività e delle criticità delle aree hanno messo in luce elementi utili a tracciare delle linee guida per un processo di gestione dei saperi e conservazione della memoria storica. Su questi punti si possono promuovere ed attuare azioni mirate per il consolidamento e la valorizzazione dei distretti. L'analisi delle rispettive scelte produttive in rapporto alle caratteristiche e alle dinamiche dei mercati potranno essere d'aiuto nella realizzazione di progetti strategici (magari combinati) a sostegno della produzione calzaturiera. Comparando linee e strumenti di interventi in campo culturale, si potranno definire azioni atte a conservare e valorizzare il patrimonio storico materiale ed immateriale dei distretti, utilizzando saperi e prodotti come una fonte permanente di di affermazione simbolico-identitaria, ispirazione creativa e ideazione di nuovi percorsi di sviluppo.
TACCOLA, GREGORIO. "Raccogliere, ordinare ed esporre nei musei storici. Le fonti della Grande guerra nel Museo del Risorgimento di Milano tra storia culturale e Archival Turn (1915-1943)." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2018. http://hdl.handle.net/10281/268175.
Full textCRUCIATTI, GABRIELLA. "Da archivio familiare a collezione gentilizia. Il fondo Montereale Mantica." Doctoral thesis, Università di Siena, 2019. http://hdl.handle.net/11365/1075442.
Full textFalcone, Ugo. "Gli archivi e l'archivistica nell'Italia fascista : storia, teoria e legislazione /." Udine : Forum, 2006. http://catalogue.bnf.fr/ark:/12148/cb411498887.
Full textMcCuskey, Caitlin Anne. "Mapping Architecture as Archive: Stories in the Walls." Oberlin College Honors Theses / OhioLINK, 2018. http://rave.ohiolink.edu/etdc/view?acc_num=oberlin1529578729584707.
Full textPajusco, Vittorio. "Archivi per la storia dell'arte contemporanea: il caso di Silvio Branzi." Doctoral thesis, Dottorato di ricerca in Storia delle arti, XXVII ciclo, Università Ca' Foscari, 2017. http://hdl.handle.net/10278/3725325.
Full textPajusco, Vittorio <1982>. "Archivi per la storia dell'arte contemporanea: il caso di Silvio Branzi." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/10251.
Full textScire', Marianna. "L'archivio del liceo ginnasio "Nicola Spedalieri" di Catania." Doctoral thesis, Università di Catania, 2014. http://hdl.handle.net/10761/1615.
Full textBURATTINI, PATRIZIA. "Archivi degli architetti. Nuove fonti per la storia della città di Ancona." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2010. http://hdl.handle.net/11566/242198.
Full textScarpa, Erica <1986>. "La geografia storica della Siria nell'età degli Archivi di Ebla. I dati dei testi di cancelleria." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3901.
Full textGuercini, Beatrice <1997>. "La carriera accademica e il metodo didattico di Lionello Puppi attraverso i documenti del suo archivio." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/20556.
Full textSrinivasan, Ragini Tharoor. "Everyday stories: The people’s archive and the rural in ‘new’ India." Intellect, 2015. http://hdl.handle.net/10150/625790.
Full textCastro, Amanda E. "MENTAL HEALTH MEMORIES: A WEB-BASED ARCHIVE FOR MENTAL HEALTH STORIES." CSUSB ScholarWorks, 2017. https://scholarworks.lib.csusb.edu/etd/517.
Full textFusto, Daniela. "Le scuole a Catania nel XIX secolo." Doctoral thesis, Università di Catania, 2013. http://hdl.handle.net/10761/1406.
Full textRackley, Andrew. "Archiving the Games : collecting, storing and disseminating the London 2012 knowledge legacy." Thesis, University of Central Lancashire, 2016. http://clok.uclan.ac.uk/16539/.
Full textZanotto, Erika <1986>. "Archivi di biblioteche: il caso della Bertoliana di Vicenza Inventario analitico dell'archivio storico della Biblioteca civica di Vicenza (1802-1950)." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/9816.
Full textBattezzati, C. "L¿ARCHIVIO DI GIROLAMO LUIGI CALVI. SPUNTI PER ALCUNE RICERCHE DI STORIA DELL¿ARTE MODERNA IN LOMBARDIA." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2016. http://hdl.handle.net/2434/452282.
Full textNOCCO, FRANCESCO. "Gli archivi dei conventi francescani a Bari nei secoli XVIII-XIX." Doctoral thesis, Università degli studi di Bari, 2020. http://hdl.handle.net/11586/376949.
Full textLa presente ricerca ha mosso le fila da un interesse in fieri – da parte di un filone d’indagine sull’età moderna sviluppatosi abbastanza recentemente – maturato nei confronti degli archivi, da intendersi nell’accezione di complessi documentari presi in considerazione non più soltanto quali ‘contenitori’ di notizie utili a costruire la Storia, ma nella prospettiva di ‘oggetti di studio’ di per sé, ovvero espressioni di corpi di potere che hanno prodotto, conservato e selezionato le scritture per gestire (e dunque tramandare) la memoria del ‘gruppo’. Nello specifico, come esposto nella Premessa, la ricerca si inserisce idealmente in un nuovo orientamento inaugurato negli ultimi anni, che affianca alla più tradizionale storia degli archivi alcune discipline più mirate a comprendere le strategie e le prassi archivistiche, colte nell’ottica di una storia dell’amministrazione, vagliando il divenire di quegli organi burocratici che sono le cancellerie dei corpi di potere (e/o le segreterie), in vista dell’auspicata elaborazione di una ‘storia documentaria delle istituzioni’, come affermato da recentissimi studi. Inquadrato il problema in questi termini, è necessario esplicitare il contesto sotteso alla ricerca (preso in esame nella trattazione del cap. I), ovvero il tema storiografico degli ordini religiosi e gli archivi in Ancien Régime, altro caposaldo di peculiari attenzioni in particolar modo negli ultimi anni. Il fenomeno chiama in causa una molteplicità di elementi, tutti volti a tentare di chiarire il ruolo che gli archivi hanno giocato nella costruzione dell’immagine e nella rilettura dell’identità delle varie familiae religiose, principalmente all’indomani del Concilio di Trento, come è noto uno spartiacque di non poco conto per far approdare in età moderna soprattutto quella nutrita schiera di ordini religiosi – ovvero le realtà monastiche di antichissima fondazione, ma anche i Mendicanti – che necessitava di nuovi slanci e riforme, nonché di più efficaci ricontestualizzazioni. D’altronde sarà proprio il Concilio a dare l’impulso a rinnovate forme di vita religiosa, quali in primis i chierici regolari: per i Francescani, protagonisti del lavoro di tesi, la cosiddetta Controriforma funge da base (ma vi erano state avvisaglie già nei decenni precedenti) per riconsiderare ancora una volta le origini, proponendo dal ceppo medievale dei Conventuali nuovi virgulti che cercheranno di imporsi nella società, facendo nascere (e/o confermando) i Cappuccini, i Riformati, gli Scalzi (poi detti Alcantarini) e i Barbanti, senza lasciare completamente alle spalle l’importante esperienza degli Osservanti, che solo nel 1517 si erano vista riconosciuta la piena autonomia giuridica dai Conventuali, costituendo a tutti gli effetti – per la prima volta dalla fondazione della famiglia francescana – un ‘nuovo’ primo Ordine. L’eco di queste istanze viene riflesso anche nelle Province serafiche pugliesi, dando voce a ripensamenti e riorganizzazioni: nello specifico il caso di Bari testimonia un tessuto territoriale condiviso da quattro presenze francescane; la circostanza ha richiesto un’attenta indagine (nel cap. II) sulla nascita di questi insediamenti, passando dalle due più antiche attestazioni entro le mura (i Conventuali a S. Francesco della Scarpa e gli Osservanti a S. Pietro delle Fosse) alla costruzione, negli anni compresi tra il 1556 e il 1617, di due conventi fuori dal perimetro della Città Vecchia – ormai satura di case religiose, chiese e residenze a uso civile –, ovvero i loca dei Cappuccini e dei Riformati (rispettivamente S. Croce e S. Bernardino). Tornando a puntare la lente sulle vicende degli archivi, la ricerca ha concentrato lo sguardo sulle fonti che trasmettono notizia dell’arrivo di queste famiglie a Bari, aprendo virtualmente le porte di quegli archivi che conservavano materiali vari utili ai cronisti francescani pugliesi di età moderna. Il riferimento va alle opere storiche del francescano osservante Bonaventura da Fasano (Memorabilia minoritica, Bari 1656) e del riformato Bonaventura da Lama (Cronica de’ minori osservanti Riformati della Provincia di S. Nicolò, Lecce 1723-1724), ai quali si aggiunge la settecentesca Cronaca del cappuccino Emanuele da Francavilla, pubblicata tuttavia solo nella prima metà del XX secolo (Cronaca dei frati minori Cappuccini di Puglia, a cura di ANTONIO DA STIGLIANO, Bari 1941). Alle fonti a stampa (o almeno concepite per la stampa), frutto inevitabilmente di una costruzione e selezione della memoria e dei documenti, si affianca il rinvenimento di fonti archivistiche rimaste manoscritte (secc. XVII-XIX), inedite o già segnalate (e studiate) da alcuni francescanisti del Novecento oppure solo menzionate en passant e dunque non approfondite: l’analisi complessiva ha condotto a leggere meglio i rapporti anche con la memorialistica della città di Bari, rappresentata dall’opera di Antonio Beatillo (Historia di Bari, Napoli 1637) e, a distanza di più di due secoli, dall’impegno letterario di Michele Garruba (Serie critica de’ sacri pastori baresi, Bari 1844) e di Giulio Petroni (Della storia di Bari dagli antichi tempi sino all’anno 1856 libri tre, Napoli 1857-1858). Continuando a illustrare l’itinerario della ricerca, è ancora il cap. II a dedicare ampio spazio ai conventi, soffermandosi sulla ricostruzione storico-documentaria delle vicende relative ai quattro loca francescani baresi, ripercorrendo i contesti e le circostanze storiche, discutendo in modo comparato le fonti disponibili. Per l’arrivo dei Conventuali nell’odierno capoluogo regionale pugliese la riflessione non poteva non avviarsi senza richiamare due auctoritates d’eccezione, ovvero Tommaso da Celano e Bonaventura da Bagnoregio, i quali hanno lasciato testimonianza di una visita di Francesco d’Assisi nelle vicinanze di Bari: la notizia viene utilizzata dal Beatillo e dal Garruba per trasferire sic et simpliciter la presenza dell’Assisiate direttamente in città e renderlo artefice della posa della prima pietra del locum dei Conventuali di S. Francesco della Scarpa (in una fase storica dell’Ordine nel quale non venivano ancora edificati conventi in muratura!), con il conseguente stanziarsi dei suoi fratres tra le comunità del clero regolare barese. Alla munificenza di un gruppo sociale emergente in città, ovvero quello dei mercanti, si deve la costruzione del convento osservante di S. Pietro delle Fosse, nella persona di Baldovino Carrattone, il quale nel 1463 fece completare la casa religiosa per questa famiglia, approvata circa un secolo prima e che costituiva una rinnovata e potente leva nell’assetto religioso e politico dell’Ordine francescano. Il Garruba spiega il titolo di S. Pietro delle Fosse ricorrendo a un altro mito di fondazione, che può criticamente essere letto in queste coordinate: se per i Conventuali si era chiamato in causa il nome di Francesco d’Assisi, celebrato come alter Christus, per gli Osservanti si prefigurava la loro venuta con il passaggio a Bari del princeps apostolorum, il quale – celebrando la messa in uno speco (le ‘Fosse’) accanto al luogo antesignano della costruzione della chiesa osservante – avrebbe idealmente predisposto e nobilitato l’insediamento della nuova famiglia religiosa. Le tensioni interne alle familiae serafiche fanno da contesto non dichiarato per l’interpretazione storiografica della nascita del convento cappuccino di S. Croce; le fonti dei Cappuccini attribuiscono un ruolo di primo piano a Giacomo da Molfetta, frate più insigne (e più santo) dopo l’abbandono dell’Osservanza e l’incardinazione nelle fila cappuccine: edificati spiritualmente per il ciclo di prediche tenuto in città dal religioso, gli esponenti dell’Universitas avrebbero predisposto la venuta in loco dei confratelli nel 1556, facendo sorgere un convento e dimostrando la (presunta) superiorità in crescendo della recentissima famiglia francescana, riconosciuta ufficialmente nel 1528. Di contro, gli storici baresi d’età moderna riconducono all’intervento vescovile di Antonio Puteo l’insediamento dei Cappuccini, dando maggiore risalto alla data del 1573, anno della ricostruzione della chiesa. L’arrivo dei Riformati in città nel 1617 complica gli equilibri con il clero secolare, gli altri ordini religiosi e con gli stessi francescani delle altre famiglie: il tema delle sepolture appare uno snodo nevralgico taciuto dalla memorialistica cittadina, ma fatto emergere dalle fonti dei Riformati, che individuano nel potere esercitato dalla Diocesi in merito alla questione un difetto poco tollerabile, seppur ineludibile per le ragioni della convivenza. Con il cap. III lo sguardo principale è tornato nuovamente a focalizzarsi sugli archivi francescani a Bari in Ancien Régime, intraprendendo un percorso finalizzato a ricostruire l’iter del flusso documentario, dalla produzione degli atti nelle segreterie (ovvero le Curie) dei quattro ministri provinciali che abitavano i conventi serafici dell’attuale capoluogo regionale pugliese sino alle modalità di gestione, conservazione e selezione dei documenti. Sottolineare la residenzialità dei ministri in città consente di chiarire che la scelta di studiare il caso barese è stata dettata anche da una constatazione previa: la presenza durante l’età moderna in loco di quattro nuclei archivistici che appaiono per natura omogenei, cioè gli Archivi Provinciali. Per i Francescani (e non solo), infatti, la gerarchia documentaria produce complessi scanditi su tre livelli ‘a piramide’, il cui vertice è da identificare nell’Archivio Generale e la base negli archivi dei singoli conventi; ne consegue che in forma medietatis si distinguono gli Archivi Provinciali, cioè le relazioni – in termini di atti prodotti e ricevuti – che le ‘circoscrizioni territoriali’ serafiche (appunto le Province) hanno intessuto in un dialogo istituzionale principalmente tra i conventi e la Curia Generale, non dimenticando, come è ovvio, i rapporti ad extra. Queste considerazioni permettono di operare una distinzione tra i quattro Archivi Provinciali attestati a Bari in Ancien Régime – ovvero il thesaurus memoriae centralizzato di Provincia dei Conventuali, Osservanti, Cappuccini e Riformati, nonché ‘oggetti di studio’ privilegiati della presente ricerca – e altre quattro realtà riscontrate, ovvero gli archivi propri delle fraternità che avevano dimora nei conventi di S. Francesco della Scarpa, S. Pietro delle Fosse, S. Croce e S. Bernardino. L’indagine, dunque, ha posto particolare attenzione sulle segreterie dei ministri provinciali, studiando, per quello che le fonti consentono, le figure professionali che vi lavoravano, ovvero il segretario e il pro-segretario, frati che dal riscontro sui documenti danno prova di una non ordinaria formazione culturale, in grado di svolgere mansioni sostanzialmente non molto diverse da quelle delle segreterie vescovili, seguendo tutte le procedure documentarie e redigendo ex officio testimonianze quali ad esempio il regestum Provinciae, tipico liber delle Curie francescane. Proprio al regestum Provinciae (o ‘libro magno’) è stato dedicato un approfondimento, in quanto la ricerca ha potuto rintracciarne (e descriverne) tre, attestazioni un tempo custodite dagli Archivi Provinciali degli Osservanti e dei Riformati di Bari, oggi presso l’Archivio Storico Provinciale dei Frati Minori di Puglia e Molise (S. Marco in Lamis, Foggia). Il tema della conservazione documentaria ha riguardato un altro aspetto della ricerca, poiché alle segreterie dei ministri spettava anche il compito – scandito tra i dettami delle Costituzioni francescane e le ragioni concrete della prassi – di seguire la sedimentazione dei documenti e provvedere a riporli in ambienti diversi rispetto a quelli della cella della segreteria, tutelando in primis le finalità pratico-amministrative, che solo in un secondo momento diverranno motivazioni di ordine storico legate alla custodia della memoria, anche in osservanza del notissimo documento di Benedetto XIII emanato il 14 giugno 1727, ovvero la Maxima vigilantia (e l’annessa Instructio Italica). Uno sguardo sulle strategie di conservazione documentaria nei singoli conventi serafici (e non negli Archivi Provinciali) della città di Bari ha permesso alla ricerca – ponendosi nell’alveo di indagini condotte dagli storici in merito però alle biblioteche francescane – di proporre i concetti di ‘archivio formale’ e ‘archivio non formale’, ovvero la presenza in età moderna nelle case religiose non solo di una cella adibita a luogo ‘ufficiale’ per la memoria, ma anche di almeno altri due spazi, la sacrestia e il refettorio, che prevedevano la tutela e la conservazione, rispettivamente, delle tabelle necrologiche – al fine di garantire la celebrazione dei suffragi per i confratelli defunti (in una sottile linea di confine tra memoria e memoriale liturgico) – e dei necrologi e delle circolari dei provinciali, da far leggere a un frate a turno durante la consumazione dei pasti per, nell’ordine, recitare il De profundis coralmente pro anima fratrum defunctorum e ascoltare in silenzio quanto disposto dai ministri per il governo della Provincia religiosa. Ritornando sugli Archivi Provinciali e alle pratiche della conservazione documentaria, l’indagine ha studiato un aspetto che appare meno conosciuto nel modus operandi delle famiglie francescane in Ancien Régime: connessa alla custodia delle scritture vi è la selezione delle carte, con l’invio agli Archivi Generali romani di atti che non dovevano rimanere negli Archivi Provinciali, al fine di preservare in loco il buon nome di confratelli che erano incorsi in situazioni particolari, soprattutto processi canonici, e così esercitare da parte delle Curie Generali una politica del ‘controllo della memoria’ sulle singole circoscrizioni territoriali. Questi documenti ‘in esilio’ a Roma sono stati rintracciati e danno ampiamente conto della scelta (e delle motivazioni) di non ricordare, circostanza che si è potuta ricostruire individuando quattro carteggi – uno per ogni famiglia serafica barese – compresi negli anni 1763-1814: la lettura dei contenuti ha consentito di cogliere in un’altra chiave interpretativa la produzione e conservazione documentaria, nonché di restituire alcuni elementi riguardanti il tessuto sociale ed economico della città di Bari tra XVIII e XIX secolo, avviando spunti di riflessione su problemi di natura storiografica. La ‘memoria taciuta’ dà prova di unità archivistiche dalla consistenza diversa, accomunate dal tentativo di allontanare da Bari il ricordo di vicende dalle tematiche forti, che lasciano comprendere come il saeculum non si sia arrestato in età moderna dietro la soglia dei conventi francescani: dalle sevizie subite da un frate nella sua cella tra i Conventuali al raggiro di un religioso dell’Osservanza compiuto per «frodare la Chiesa ed i sacri canonici stabilimenti», le evidenze documentarie si snodano fino a chiamare in causa dinamiche quali il contrabbando di acquavite e la vendita illecita di preparazioni galeniche – ma anche il prestito di denaro – tra i Cappuccini, oppure le relazioni pericolose di un frate della Riforma, «sempre mescolato negl’affari secolareschi», con due donne nubili. L’ultimo tratto del percorso di ricerca (cap. IV) ha riguardato un puntuale approfondimento sulle attestazioni superstiti degli archivi dei francescani a Bari in Ancien Régime; dopo aver infatti lavorato con testimonianze in originale e in copia e aver fatto ricorso anche a documenti non più esistenti (ma pervenuti come ‘memoria della fonte’), l’indagine ha richiesto di inquadrare gli Istituti di conservazione – soprattutto archivi, ma anche biblioteche – che attualmente custodiscono le effettive evidenze sopravvissute alle due Soppressioni del XIX secolo e/o ad altri eventi. Si tratta, come le coordinate generali lasciano intendere, di una ricognizione che resta inevitabilmente in fieri, suscettibile di ulteriori apporti utili ad ampliare lo sguardo d’insieme, con auspicabili rinvenimenti documentari – non ultimi fortuiti – in Istituti non noti alla ricerca. In merito invece agli archivi (e alle biblioteche) adeguatamente investigati e di cui si conoscono bene i ‘vincoli naturali’ con la produzione francescana barese, lo studio è stato articolato suddividendo gli Istituti per luoghi geografici, dando la priorità alla città di Bari e alla Puglia, per poi proseguire l’iter d’indagine fuori Regione; a sua volta i sette Istituti baresi sono stati separati in due gruppi, a seconda dell’appartenenza a Uffici periferici dello Stato o a realtà afferenti alla sfera ecclesiastica. In questi termini la ricerca ha potuto mettere in evidenza i rapporti tra gli archivi serafici baresi in età moderna e il patrimonio documentario dell’Archivio di Stato di Bari, rintracciando notizie su fondi quali Corporazioni religiose soppresse o l’Intendenza di Terra di Bari (nelle due serie Culto e dipendenze e Ramo finanze) che danno prova, tra gli altri aspetti, di cospicui carteggi di interesse francescano, senza tuttavia restituire un numero considerevole di attestazioni documentarie provenienti per via diretta dai conventi o informazioni più dettagliate sugli archivi (diversamente ad esempio dalle biblioteche). Sorti analoghe hanno riservato la Biblioteca Nazionale “Sagarriga Visconti Volpi” e la Biblioteca Metropolitana “S. Teresa dei Maschi - De Gemmis”, con – rispettivamente – il fondo D’Addosio e il fondo De Gemmis, testimonianze delle ricerche e del gusto per il collezionismo di due studiosi locali vissuti fra la fine del XVIII e il XX secolo: tra i loro appunti, copie semplici, estratti da protocolli notarili e acquisti in antiquariato, tuttavia, qualche evidenza più significativa ha meritato indagini particolareggiate. Come facilmente intuibile i due maggiori archivi baresi del clero secolare (ovvero l’Archivio del Capitolo Metropolitano e l’Archivio Storico della Diocesi) rivestono un ruolo privilegiato nel custodire documentazione degli archivi dei conventi francescani baresi, principalmente per il ‘dialogo’ instaurato (e dunque la produzione dei relativi carteggi) tra i sacerdoti secolari e le Curie serafiche, testimonianza inoltre di un’azione di controllo sufficientemente attenta nei confronti dei religiosi, piuttosto capillare nei primi decenni successivi al Concilio di Trento e poi via via meno serrata. Le ricerche di documentazione francescana proveniente dai quattro conventi baresi si chiudono in loco con l’Archivio Provinciale dei Frati Minori Conventuali di Puglia e l’Archivio Storico della Provincia dei Cappuccini di Puglia, ovvero i due complessi documentari ancora oggi esistenti nel capoluogo regionale pugliese. Se per i Conventuali si è dimostrato che le scritture attualmente disponibili non costituiscono il thesaurus memoriae dell’antica Provincia Apuliae dedicata a san Nicola, per i Cappuccini si rileva la più nutrita consistenza documentaria a Bari in età moderna tra gli Archivi Provinciali serafici, nonostante le notevoli perdite attribuibili in particolar modo (ma non solo) alle due Soppressioni. Prima di lasciare i confini della Puglia l’indagine ha riservato uno spazio al già citato Archivio Storico Provinciale dei Frati Minori di Puglia e Molise, in modo da tornare sui tre ‘libri magni’ e chiarire i motivi della loro conservazione in quella sede, dettati dall’essere l’Istituto erede del patrimonio documentario delle due antiche Province in Terra di Bari degli Osservanti e dei Riformati, familiae nel 1897 riunite da Leone XIII con la bolla Felicitate quadam nel ‘nuovo’ Ordo Fratrum Minorum. Fuori dalla Puglia le ricerche si sono concentrate soprattutto a Roma, per la presenza degli Archivi Generali dei tre odierni Ordini francescani (Archivio Storico Generale dell’Ordine dei Frati Minori Conventuali, Archivio Storico Generale dell’Ordine dei Frati Minori, Archivio Generale dei Cappuccini), giovandosi tuttavia anche delle ricognizioni sui fondi dell’importante Archivio del Collegio di Sant’Isidoro, mentre le città di Milano, Firenze e Napoli hanno contribuito marginalmente a offrire allo studio un apporto documentario più incisivo. Nella parte finale del cap. IV la ricerca, avviandosi alla conclusione, ha preso in esame le tipologie e le consistenze dei documenti degli archivi francescani baresi, ricostruendo con le testimonianze superstiti (ma anche con quelle non più materialmente attestate – di cui si è rintracciata la sola memoria –, discusse nei capitoli precedenti) l’ideale albero logico dei quattro archivi. Si è trattato, in definitiva, di vagliare più campi d’indagine, a partire dai non numerosi ‘riferimenti archivistici’ espliciti rinvenuti nella legislazione francescana di età moderna (ma anche medievale), sottolineando differenze e analogie tra le quattro famiglie serafiche. La proposta di ricostruzione ha tenuto ben presente la vita amministrativa (e non solo) delle segreterie dei ministri provinciali e le funzioni svolte dalle singole comunità, riconsiderando i rapporti ad intra e ad extra e dunque la relativa produzione documentaria, individuando di conseguenza le possibili serie (e sottoserie) in cui apparivano strutturati gli archivi, sia quelli centralizzati delle quattro Province sia quelli delle fraternità. Questo tipo di lavoro si è avvalso, come è ovvio, anche delle evidenze archivistiche ancora disponibili (e su cui ci si è soffermati nel paragrafo precedente), tentando di dedurre dalla tipologia dei documenti l’organizzazione fisica delle carte ab antiquo, includendo l’analisi delle pochissime segnature superstiti e/o delle annotazioni di segreteria. L’iter assunto dall’indagine non ha ritenuto inopportuno far introdurre lo studio da una storia dei quattro archivi francescani baresi, profilo che è stato delineato anche grazie a una puntuale spigolatura delle fonti, richiamando tutte le testimonianze e le occorrenze – almeno quelle a oggi reperite dalla presente ricerca – che danno notizia del divenire dei complessi documentari dei Conventuali, Osservanti, Cappuccini e Riformati a Bari in età moderna. Chiude la tesi il consueto corpus finale di sigle e abbreviazioni, fonti, bibliografia e sitografia, preceduto da un’appendice iconografica: la raccolta di un gruppo di tavole, con riproduzioni a colori, vuole restituire visivamente alcuni dei documenti più significativi esaminati nel corso dello studio, dando anche prova delle particolari attenzioni che gli enti produttori hanno talvolta riservato, ad esempio, alla scrittura e all’apparato decorativo di specifici atti.
Bruzzese, Benedetta <1990>. "Il Teatro in soffitta. Gli Archivi teatrali in Italia e il caso dell'Archivio storico delle Arti Contemporanee della Biennale di Venezia." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/6692.
Full textEpp, Kathleen L. "Telling stories around the electronic campfire, the use of archives in television productions." Thesis, National Library of Canada = Bibliothèque nationale du Canada, 1999. http://www.collectionscanada.ca/obj/s4/f2/dsk1/tape9/PQDD_0005/MQ45042.pdf.
Full textSCANAGATTA, Manfredi. "Le fonti nelle società iperstoriche. Analisi e critica dei processi di dematerializzazione, archiviazione e fruizione delle fonti digitali e digitalizzate per una diffusione sociale della storia." Doctoral thesis, Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, 2022. https://hdl.handle.net/11380/1291705.
Full textIn the hyperhistorical societies in which we live, the informational exchange that takes place within what Floridi defines as the infosphere is largely conveyed by ICT technologies, now increasingly widespread and now able to generate and share data and information independently. Although it may seem distant from one's own discipline, the concept of data must attract the attention of the historian because it is with data, as original uninterpreted representations of a phenomenon, that it is possible to generate information, hence sources. For any source to exist it needs an event that generates it, just as any information needs data to be generated and in 2020 about 64.2 zettabytes of data were generated and exchanged. There are no historical sources that have not been produced through the use of technology, and every source manifests itself to us thanks to a process of inscription, which, as Ferraris tells us, is also at the basis of the creation of digital sources today. The amount of data produced, therefore of inscriptions, poses the historian of the present and the future with a problem that is both quantitative and qualitative in nature. Once, oblivion was the rule, today it is the exception. The processes of digitization have a decisive impact on the disciplines of archiving and history, especially with regard to the management of sources, which, following a process of dematerialization and remediation, are now available online through digital tools. The transformation of sources - be they digital born or re-edited material sources - into digital objects offers historians, historians, archivists and archivists the possibility to imagine and theorize new forms of organization and dissemination of historical content. Now, as never before, sources, the purest representation of history, can become accessible in a simple and direct way even to non-specialized users. In order to develop this process in the best possible way, it is necessary to develop digital archiving systems that not only ensure the correct and orderly deposit of sources in all phases of the life of an archives, but also take into account accessibility and use by a general public. To reach this goal, it is necessary that professionals with different skills work together, in order to develop the best of what technologies already offer us today. Metadata, shared metadata standards, the use of common vocabularies such as FOAF or DCMI and the development of the RDF model, designed for the integrated representation of information originating from multiple and heterogeneous sources, allow us to create ontologies, including semantic ones, within the repository itself. The Information Packages, which are specific sets of metadata used in digital archives management systems like OAIS, should make us reflect in a meta-historical sense on the processes of explanation and narration that have always determined the historiographic production. This reflection inevitably leads us to an epistemological analysis and critique of the idea of source, especially if observed as a narrative complexity. History and historiography overlap in a digital system that allows to show the historical reality in its original medium. The possibility of attributing new information to the sources within a process of digital neo-intermediation, together with a telepistemic access to the archives where the source enters the researcher's working space, allows us to imagine and develop innovative ways of historiographic production and history
SCANAGATTA, Manfredi. "Le fonti nelle società iperstoriche. Analisi e critica dei processi di dematerializzazione, archiviazione e fruizione delle fonti digitali e digitalizzate per una diffusione sociale della storia." Doctoral thesis, Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, 2022. https://hdl.handle.net/11380/1291704.
Full textIn the hyperhistorical societies in which we live, the informational exchange that takes place within what Floridi defines as the infosphere is largely conveyed by ICT technologies, now increasingly widespread and now able to generate and share data and information independently. Although it may seem distant from one's own discipline, the concept of data must attract the attention of the historian because it is with data, as original uninterpreted representations of a phenomenon, that it is possible to generate information, hence sources. For any source to exist it needs an event that generates it, just as any information needs data to be generated and in 2020 about 64.2 zettabytes of data were generated and exchanged. There are no historical sources that have not been produced through the use of technology, and every source manifests itself to us thanks to a process of inscription, which, as Ferraris tells us, is also at the basis of the creation of digital sources today. The amount of data produced, therefore of inscriptions, poses the historian of the present and the future with a problem that is both quantitative and qualitative in nature. Once, oblivion was the rule, today it is the exception. The processes of digitization have a decisive impact on the disciplines of archiving and history, especially with regard to the management of sources, which, following a process of dematerialization and remediation, are now available online through digital tools. The transformation of sources - be they digital born or re-edited material sources - into digital objects offers historians, historians, archivists and archivists the possibility to imagine and theorize new forms of organization and dissemination of historical content. Now, as never before, sources, the purest representation of history, can become accessible in a simple and direct way even to non-specialized users. In order to develop this process in the best possible way, it is necessary to develop digital archiving systems that not only ensure the correct and orderly deposit of sources in all phases of the life of an archives, but also take into account accessibility and use by a general public. To reach this goal, it is necessary that professionals with different skills work together, in order to develop the best of what technologies already offer us today. Metadata, shared metadata standards, the use of common vocabularies such as FOAF or DCMI and the development of the RDF model, designed for the integrated representation of information originating from multiple and heterogeneous sources, allow us to create ontologies, including semantic ones, within the repository itself. The Information Packages, which are specific sets of metadata used in digital archives management systems like OAIS, should make us reflect in a meta-historical sense on the processes of explanation and narration that have always determined the historiographic production. This reflection inevitably leads us to an epistemological analysis and critique of the idea of source, especially if observed as a narrative complexity. History and historiography overlap in a digital system that allows to show the historical reality in its original medium. The possibility of attributing new information to the sources within a process of digital neo-intermediation, together with a telepistemic access to the archives where the source enters the researcher's working space, allows us to imagine and develop innovative ways of historiographic production and history
Yugami, Ryo <1975>. "Gli archivi e la fiscalità: l’organizzazione delle informazioni amministrative nella Repubblica di Venezia nel Settecento." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/6516.
Full textRANIERI, ELISABETTA. "Archivi radiofonici e storia sociale: documenti, memoria e partecipazione tra le voci di Radio Popolare." Doctoral thesis, Politecnico di Torino, 2013. http://hdl.handle.net/11583/2507339.
Full textO?Loughlin, Ian. "Remembering without storing| Beyond archival models in the science and philosophy of human memory." Thesis, The University of Iowa, 2014. http://pqdtopen.proquest.com/#viewpdf?dispub=3638417.
Full textModels of memory in cognitive science and philosophy have traditionally explained human remembering in terms of storage and retrieval. This tendency has been entrenched by reliance on computationalist explanations over the course of the twentieth century; even research programs that eschew computationalism in name, or attempt the revision of traditional models, demonstrate tacit commitment to computationalist assumptions. It is assumed that memory must be stored by means of an isomorphic trace, that memory processes must divide into conceptually distinct systems and phases, and that human remembering consists in inner, cognitive processes that are implemented by distinct neural processes. This dissertation draws on recent empirical work, and on philosophical arguments from Ludwig Wittgenstein and others, to demonstrate that this latent computationalism in the study of memory is problematic, and that it can and should be eliminated. Cognitive psychologists studying memory have encountered numerous data in recent decades that belie archival models. In cognitive neuroscience, establishing the neural basis of storage and retrieval processes has proven elusive. A number of revised models on offer in memory science, that have taken these issues into account, fail to sufficiently extricate the archival framework. Several impasses in memory science are products of these underlying computationalist assumptions. Wittgenstein and other philosophers offer a number of arguments against the need for, and the efficacy of, the storage and retrieval of traces in human remembering. A study of these arguments clarifies the ways that these computationalist assumptions are presently impeding the science of memory, and provides ways forward in removing them. We can and should characterize and model human memory without invoking the storage and retrieval of traces. A range of work in connectionism, dynamical systems theory, and recent philosophical accounts of memory demonstrate how the science of memory can proceed without these assumptions, toward non-archival models of remembering.
Demetriou, P. A. "An exhibition of hidden stories : investigating methods of staging and performing oral history archives." Thesis, University of Bristol, 2015. https://ethos.bl.uk/OrderDetails.do?uin=uk.bl.ethos.701830.
Full textO'Loughlin, Ian. "Remembering without storing: beyond archival models in the science and philosophy of human memory." Diss., University of Iowa, 2014. https://ir.uiowa.edu/etd/1374.
Full textBurke, Dominic Francis. "Stories of stress: feeling, thinking and the flourishing of life." University of Southern Queensland, Faculty of Education, 2007. http://eprints.usq.edu.au/archive/00004780/.
Full textFAVARO, FRANCESCA. "Alle origini della professione liberale: costellazioni documentali nell¿archivio disperso di B.A. Vittone (1704-1770)." Doctoral thesis, Politecnico di Torino, 2021. http://hdl.handle.net/11583/2929754.
Full textBOTRUGNO, LORENZO. "LE RELAZIONI DIPLOMATICHE TRA IL REGNO UNITO E LA SANTA SEDE DURANTE IL PONTIFICATO DI PIO XI (1922 - 1939)." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2015. http://hdl.handle.net/10280/6225.
Full textAnglo-vatican relations, historically marked by reciprocal diffidences, were characterized by cordiality during the first part of the pontificate of Pope Achille Ratti - Pius XI (1922-1939). From 1927 to 1932 a painful conflict between Church and State in Malta, the Roman Catholic British colony, gradually turned into a bitter diplomatic confrontation between the Secretariat of State of His Holiness and the Foreign Office. The ties between United Kingdom and Holy See weakened further in the years 1935-1936, during the Ethiopian War: wrongly, London interpreted Papal Diplomacy’s peace initiative as conceived to support the imperial claims of Fascist Italy. In 1937, following the publication of the Encyclical “Mit Brennender Sorge”, a factual rapprochement started: the British perceived the Papacy as lined up with democracies and opposed to Totalitarian States, that is to say Germany and Italy. The institution of the Apostolic Delegation to Great Britain (November 1938) constituted symptom and concrete manifestation of a new and deep harmony.
BOTRUGNO, LORENZO. "LE RELAZIONI DIPLOMATICHE TRA IL REGNO UNITO E LA SANTA SEDE DURANTE IL PONTIFICATO DI PIO XI (1922 - 1939)." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2015. http://hdl.handle.net/10280/6225.
Full textAnglo-vatican relations, historically marked by reciprocal diffidences, were characterized by cordiality during the first part of the pontificate of Pope Achille Ratti - Pius XI (1922-1939). From 1927 to 1932 a painful conflict between Church and State in Malta, the Roman Catholic British colony, gradually turned into a bitter diplomatic confrontation between the Secretariat of State of His Holiness and the Foreign Office. The ties between United Kingdom and Holy See weakened further in the years 1935-1936, during the Ethiopian War: wrongly, London interpreted Papal Diplomacy’s peace initiative as conceived to support the imperial claims of Fascist Italy. In 1937, following the publication of the Encyclical “Mit Brennender Sorge”, a factual rapprochement started: the British perceived the Papacy as lined up with democracies and opposed to Totalitarian States, that is to say Germany and Italy. The institution of the Apostolic Delegation to Great Britain (November 1938) constituted symptom and concrete manifestation of a new and deep harmony.
TODDE, ELEONORA. "Infortuni e malattie nel sottosuolo: prevenzione e assistenza sanitaria nella miniera di Montevecchio (1863 – 1996)." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2014. http://hdl.handle.net/11584/266844.
Full textTölch, Ulf. "Bat time stories decision-making in spatio-temporally predictable environments /." [S.l.] : [s.n.], 2006. http://edoc.ub.uni-muenchen.de/archive/00005130.
Full textMulvanity, Laura Mathis. "Women in science stories from the margins /." Click here to access dissertation, 2008. http://www.georgiasouthern.edu/etd/archive/spring2008/laura_m_mulvanity/mulvanity_laura_m_200801_edd.pdf.
Full text"A dissertation submitted to the Graduate Faculty of Georgia Southern University in partial fulfillment of the requirements for the degree Doctor of Education." Under the direction of John Weaver. ETD. Electronic version approved: May 2008. Includes bibliographical references (p. 139-149)
MANALI, Sara. "Un archivio per la storia italo-albanese di Sicilia: il Seminario greco di Palermo. Inventario e guida ai fondi (secc. XVIII-XX)." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2021. http://hdl.handle.net/10447/514975.
Full textVattovaz, Laura <1991>. "ARCHIVI IN MOVIMENTO. Processi e dispositivi di conservazione della performance e della danza contemporanea (Marina Abramović, Boris Charmatz, La Ribot)." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/16246.
Full textMendelson, Zoë. "Psychologies and spaces of accumulation : the hoard as collagist methodology (and other stories)." Thesis, University of the Arts London, 2014. http://ualresearchonline.arts.ac.uk/11730/.
Full textAdams, James, Jean Swindle, and Amanda Ingram. "Access Granted, Perspectives Denied: Challenges to Telling the Stories of Desegregation in Southern Educational Institutions through Archival Data." Digital Commons @ East Tennessee State University, 2019. https://dc.etsu.edu/etsu-works/6307.
Full textGrazia, Mura Angela. "L’archivio dell’Ufficio capitaniale e vicariale di Fassa. Sezione di Antico regime (1550-1803)." Doctoral thesis, Università di Siena, 2018. http://hdl.handle.net/11365/1046842.
Full textThe PhD thesis deals with the archival fonds produced by the Officio capitaniale e vicariale di Fassa (the Captain’s and Vicar’s Office of Val di Fassa, I-TN), covering a period from the middle of the 16th century – when the structured organisation of the archives began – to the secularisation of the see of the Prince Bishop of Bressanone at end of the 17th century. From this small state body within the German Empire the Fassa Officio administered the territory and population of Val di Fassa, which is nowadays part of North-East Trentino. The 430 descripted units of the fonds created by this institution are now preserved in the State Archives in Trento. The first part deals with the institutional history of the Fassa Officio and the pattern of government – with the Officio on the one hand as a link between the Prince Bishop and the rural community and, on the other hand, its relationship with the other Giudizi in the surrounding territory. It gives us an insight into the management of land, persons and community from a public law point of view. The analysis of the structure and inventory of the fonds, which constitutes the central part of the thesis, sheds light on the production, transmission and conservation of the written documentation of the main Chancellery of the Officio, and its relationship with the peripheral scribes, and also the means by which the Prince Bishop administered justice and kept track of his income from his lands. The range of competence of this administrative and jurisdictional body is well documented for over two centuries. In the third part of the thesis are listed published and manuscript sources; also the transcription and comment of unpublished documents relevant to Fassa and its constitutional organisation, and to show the custom of documentation. The historical and cultural interest of this research is related to the geographical position of Val di Fassa (which in Ladin means a “strip of land”), wedged between a German-speaking area to the North and an Italian-speaking area to the South, and at the same time an integral part of a Ladino Dolomite enclave. Val di Fassa is therefore a melting pot of various judicial and cultural customs. The keeping of public documentation in this area shows from the early modern period that the work previously carried out by notaries was being taken over by public officials. Documentation was becoming progressively the task of the chancelleries of the giudizi and of the local public bodies. The same was happening in most of the neighbouring German-speaking Tyrol as well as in the rest part of Prince Bishopric of Bressanone. This significant change at the beginning of the 16th century shows a radical transformation in the method of making documents probative (i.e. imbued with publica fides, public faith and credit): the custom of putting a seal on a document as a guarantee of authenticity went hand in hand with the weakening of the function of the notaries of the Latin tradition. Between the 15th and 16th century contracts between persons (cives and peasants) who were not allowed to validate with a seal of their own their legal transactions, needed to be written by public chancelleries and validated by a judge (only nobles, high-ranking clergy and towns had their own seal, which was later extended to lower-ranking nobles and the upper middle classes in towns and in the country). In the strip of land falling within the jurisdiction of the Tyrolean statute it was no longer the notary but the judicial officer, meaning the local lord’s emissary, who authenticated – fides publica – contracts between private parties. This he did by stamping his seal on the document and by officially registering the contract. From the 16th century on, in order to establish central control over property rights for tax proposes, people’s rights to property were entered in special archival registers kept in the Giudizi, known locally as libri di archiviazione or Verfachbücher. This type of documentation also spread to areas under Tyrolean jurisdiction, governed by the Counts of Tyrol and also in the see of Bressanone, which included Val di Fassa and the neighbouring Giudizio of Livinallongo. This change in the law did not however affect areas that were now under Tyrolean jurisdiction and no longer under the Bishop of Trento – i.e. Primiero and the other Giudizi on the Italian border – or under the Republic of Venice – such as Ampezzo –, where the previous legal system continued to exist and the notary procedure continued as before. As we see, the pattern of distribution of these contract registers in the whole region is not strictly confined to German-speaking areas, nor to areas that came under the Tyrolean Statute. Val di Fassa, on the other hand, was primarily influenced by neighbouring Trentino – particularly by Val di Fiemme – with regard to the broad spectrum of private law including family law, property, testamentary law and community law. This in turn has affected not just the organisation of the community and access to jointly-owned resources, but indeed the whole pattern of settlement. Val di Fassa as case of study provides insight into the historic and institutional development of the whole Trentino-Tyrolean Region in the early modern age.