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Dissertations / Theses on the topic 'Biodiversità'

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Ianieri, Roberta. "Biodiversità di salami europei fermentati spontaneamente." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2022. http://amslaurea.unibo.it/25117/.

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Abstract:
La fermentazione negli alimenti è un'antica tecnica che ne favorisce la conservazione. Lo studio di questo processo nella carne è relativamente recente e si basa sulla caratterizzazione di prodotti ottenuti tradizionalmente e dei loro gruppi microbici, il cui ruolo è chiave nella formazione e riconoscibilità del prodotto, a seconda dell'origine. Ad oggi nelle industrie è diffuso l'uso di colture starter per controllare e standardizzare la produzione di prodotti carnei fermentati, con conseguente appiattimento di 15 salami fermentati spontaneamente provenienti da 4 diversi paesi europei con l'obiettivo di evidenziarne la biodiversità. Sono state utilizzate due strategie: un'analisi metagenomica, che ha permesso di individuare i principali microrganismi che sono stati attivi nella matrice e, successivamente, attraverso l'isolamento di colonie di batteri lattici, è stato possibile valutare l'effettiva biodiversità di questa popolazione presente a fine fermentazione. I profili metagenomici hanno sottolineato una variabilità tra le principali specie che interessano le fermentazioni: batteri lattici e stafilococchi. In particolare, fra i primi sono state rilevate specie solitamente non usate nelle fermentazioni controllate, come i batteri del genere Companilacrobacillus, spesso responsabili della produzione di amine biogene, e batteri degradativi (Carnobacterium spp. e Brochothrix thermosphacta). Le successive indagini hanno evidenziato come Lat. sarei e Lat. curvatus risultino essere le specie predominanti in questi prodotti fermentati, pur mantenendo variabilità nella distribuzione dei biotipi tra i diversi campioni. Queste analisi hanno permesso di identificare 174 diversi ceppi che saranno studiati per quanto riguarda aspetti igienico-sanitari e tecnologici, al fine di selezionare nuovi ceppi possibili candidati starter per le industrie.
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Bonifazi, Riccardo Mauro. "Vigneti tolleranti alla siccità attraverso la biodiversità." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021. http://amslaurea.unibo.it/24878/.

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Abstract:
La ricerca per lo sviluppo di strategie agronomiche in grado di contrastare il cambiamento climatico nei sistemi viticoli rappresenta una priorità del settore produttivo e della formazione. Il lavoro di tesi ha approfondito le conoscenze su esperimenti di gestione agroecologica nel suolo in sistemi viticoli con trifoglio brachicalicino lungo il filare e sulla nell’interfilare. La consociazione con trifoglio brachicalicino, leguminosa annuale autoriseminante che disseca nel periodo estivo, ha migliorato lo stato idrico del suolo e delle viti, incrementato sensibilmente le rese produttive e ridotto le anomalie di maturazione in annate caratterizzate da marcata siccità estiva. L’introduzione della sulla, leguminosa perenne dotata di apparato radicale fittonante in grado di esplorare gli strati profondi del suolo, può migliorare ulteriormente la tolleranza delle viti alla siccità, anche attraverso il fenomeno della ridistribuzione idraulica. Le strategie agroecologiche in grado di contenere gli effetti e contrastare le cause del cambiamento climatico nei sistemi viticoli implicano una maggior conoscenza della biodiversità, non soltanto di quella viticola, attraverso la ricerca scientifica, il sapere rurale, il pensiero sistemico.
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SIMONETTO, Anna. "Modelli quantitativi per l’analisi della biodiversità negli agroecosistemi." Doctoral thesis, Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, 2021. http://hdl.handle.net/11380/1239079.

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Abstract:
Nell’ultimo decennio, agenzie e istituzioni internazionali hanno emanato direttive e attivato linee di ricerca che sanciscono il ruolo chiave dal capitale naturale nella definizione delle strategie che promuovono l’agricoltura sostenibile. Esempi recenti di questi nuovi indirizzi di policy sono l’adozione della ‘Strategy on Mainstreaming Biodiversity across Agricultural Sectors’ , da parte della FAO, e della ‘Strategia sulla biodiversità per il 2030’ , da parte della Unione Europea, entrambe nel 2020. Da questi documenti si evidenzia la necessità di supportare l’adozione di pratiche agricole sostenibili a tutela, valorizzazione e ripristino della biodiversità, come elemento chiave del capitale naturale, ed emerge la necessità di disporre di strumenti che consentano di analizzare il ruolo che la biodiversità, nella duplice componente strutturale e funzionale, svolge nei processi di genesi e rigenerazione dei servizi ecosistemici. In questa tesi si propone un framework quantitativo per l’analisi della biodiversità, definita come una rete di elementi. Ciascun elemento è uno specifico taxon microbico, animale o vegetale e può essere descritto tramite differenti attributi (ad esempio presenza/assenza, abbondanza o tratti funzionali). Le proprietà delle reti e la descrizione degli elementi è basata su misure quantitative. Il framework consente di analizzare differenti livelli di indagine (in termini di risoluzione spaziale), diverse dimensioni e componenti della biodiversità ed è basato su un approccio generativo (ossia consenta di indagare la relazione tra tratti e servizi ecosistemici). In termini di risoluzione spaziale, il framework considera tre livelli: i) l’unità ambientale, ossia la singola unità spaziale determinata dalla comunità vegetale predominante, ii) il livello della singola azienda agraria, composta da unità ambientali-produttive contigue, iii) il paesaggio (o landscape), un insieme eterogeneo di unità ambientali, sia produttive che non produttive. In termini di dimensioni, in primo luogo vengono distinte la dimensione ipogea e quella epigea. Successivamente, per ciascuna di queste dimensioni sono distinte la componente microbica, dei metazoi (con particolare riferimento ad artropodi e nematodi) e la componente dei vegetali (parte radicale e parte epigea). Nel capitolo introduttivo viene presentato in dettaglio il framework, quale risposta scientifica all’esigenza di sviluppare strumenti quantitativi per analizzare la biodiversità negli agroecosistemi. Il secondo capitolo si concentra sull’analisi dell’unità spaziale, in particolare vengono indagati i singoli taxa ed i modelli quantitativi che consentono di studiare il legame tra caratteristiche del taxon e determinanti ambientali. Il caso studio sviluppato riguarda modelli di habitat suitability per Popillia japonica. Nel terzo capitolo viene indagato il livello aziendale, in particolare sono presentati i modelli che consentono la valutazione dell’impatto dei determinanti ambientali su alcuni componenti dellla biodiversità. Sono presentati dei casi studio di analisi della biodiversità degli artropodi nell’agroecosistema vigneto. Il quarto capitolo è dedicato alla revisione delle proposte metodologiche di strumenti quantitativi a supporto del framework, con il duplice focus sulle analisi a livello landscape e l’implementazione dell’approccio generativo. In questo capitolo sono esplorati principalmente modelli multidimensionali e multilivello. Nella sezione conclusiva viene proposta una sintesi delle linee di ricerca e delle innovazioni sviluppate e sono tracciate le prospettive di ricerca future.
Over the last decade, major international agencies and institutions have established the key role played by natural capital in the definition of strategies promoting sustainable agriculture. Recent examples are the adoption of the 'Strategy on Mainstreaming Biodiversity across Agricultural Sectors' by the Food and Agriculture Organization of the United Nations (FAO) and the 'Biodiversity Strategy for 2030' by the European Union, both in 2020. These documents highlight the need to support the adoption of sustainable agricultural practices for the protection, enhancement and restoration of biodiversity, as a key element of natural capital, and the need to have quantitative tools to analyse the role that biodiversity plays in the processes of genesis and regeneration of ecosystem services. This thesis proposes a quantitative framework for the analysis of biodiversity. In the framework, biodiversity is defined as a network of elements. Each element is a specific microbial, animal or plant taxon and can be described by different attributes (e.g. presence/absence, abundance or functional traits evaluations). The description of these elements, as well as the properties of the networks, are based on quantitative measures. The framework allows to analyse different levels of investigation in terms of spatial resolution, different dimensions and components of biodiversity and is based on a generative approach (i.e. it allows to investigate the relationship between traits and ecosystem services). In terms of spatial resolution, the framework considers three levels: i) the environmental unit, i.e. the single spatial unit determined by the predominant plant community, ii) the farm level, composed of contiguous productive environmental units, iii) the landscape, a heterogeneous set of environmental units, both productive and non-productive. In terms of dimensions, the hypogeal and epigeal dimensions are first distinguished. Subsequently, for each of these dimensions, the microbial component of metazoans (with particular reference to arthropods and nematodes) and the component of plants (root and epigeal part) are distinguished. The introduction deeply describes the proposed framework, as a scientific response to the need of quantitative tools to analyse biodiversity in agroecosystems. The second chapter focuses on the analysis at the environmental unit level. In particular, quantitative models to study the link between taxon characteristics and environmental determinants are investigated. The case study concerns models of habitat suitability for Popillia japonica. The third chapter investigates the farm level, presenting the models allowing the analysis of the impact of environmental determinants on some biodiversity components. Case studies refer to the analysis of biodiversity of arthropods in the vineyard agroecosystem. The fourth chapter is a review of quantitative tools to support the framework, with the dual focus on the analysis at the landscape level and the implementation of the generative approach. Multidimensional and multilevel models are mainly explored in this chapter. In the final section, a synthesis of the lines of research and innovations developed is proposed and future research perspectives are outlined.
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CORAZZA, STEFANO. "Indicatori di Biodiversità . Con un Test degli indicatori europei SEBI 2010 per misurare i progressi nella conservazione della Biodiversità alla scala della." Doctoral thesis, Università IUAV di Venezia, 2011. http://hdl.handle.net/11578/278290.

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CRISANTI, MARIA ANTONIETTA. "Boschi residui delle Marche Biodiversità e problematiche di gestione." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2017. http://hdl.handle.net/11566/245271.

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Abstract:
BIODIVERSITÁ NEI BOSCHI RESIDUI DELLA PARTE MERIDIONALE DELLE MARCHE (ITALIA).GESTIONE E CONSERVAZIONE Questo studio si propone di verificare, mediante un’indagine floristica e vegetazionale e attraverso l’individuazione di habitat di importanza comunitaria, lo stato di conservazione della biodiversità nei boschi residui. I boschi oggetto di studio sono localizzati nella parte meridionale delle Marche nel settore sub-collinare e costiero nelle province di Fermo ed Ascoli Piceno. I boschi residui sono piccole aree forestali incluse all’interno del tessuto urbano o nei campi agrari. Sono state studiate nove aree, otto di loro sono aree costiere, l’area sub-costiera si sviluppa su un’intera collina chiamata Rovetino. Risultati: le indagini hanno rilevato che questi territori conservano ancora una buona biodiversità con specie floristiche rare e interessanti tipologie vegetazionali. Per alcune di esse saranno proposte nuove associazioni. Sono stati anche identificati differenti habitat, alcuni prioritari, rari nella Regione. Nel bosco di Rovetino sono stati rinvenuti 531 taxa appartenenti a 329 generi e 81 famiglie. L’analisi fitosociologica ha individuato 16 fitocenosi, delle quali 6 rappresentano le associazioni, 10 sono gli aggruppamenti riconducibili complessivamente a 9 Classi fitosociologiche. Nei boschi costieri sono stati rinvenuti 288 taxa, che appartengono a 159 generi e 70 famiglie. L’indagine fitosociologica ha rilevato 17 cenosi, con 14 associazioni, sei delle quali verranno proposte come nuove, 3 sono gli aggruppamenti, riconducibili complessivamente a 9 Classi fitosociologiche. Verranno anche proposte due nuove alleanze ed una nuova sub-associazione. Per la gestione e conservazione delle aree boscate costiere si propone l’unione di dette aree a quella già esistente in un’unica area SIC; per il Rovetino l’istituzione di una nuova area SIC o in alternativa di ampliare la vicina area SIC M. Ascensione.
BIODIVERSITY IN RESIDUAL FORESTS IN SOUTHERN MARCHE (ITALY) MANAGEMENT CONSERVATION The aim of the present study is a floristic and phytosociological analysis of the vegetatation in residual woods, also through the identification of the presence of habitats of Community importance to evalute biodiversity conservation status of residual woods. The forests objects of this study, are located in the sub-hilly and coastal territories of southern Marche Region, in the Provinces of Fermo and Ascoli Piceno. Residual woods are small isolated woods inside urban and agricultural landscapes. Nine remaining forests have been under study. Eight of them are located in the coastal territories, the sub-coastal wood has a much larger extension, it spreads over a hill called Rovetino Results: This analysis has revealed the great biodiversity value of the territory under study with rare species of flora and interesting vegetation typologies. For some of them new associations have been proposed. Also, different habitats, some of them rare and of priority importance have been identified in the Region In Rovetino wood 531 taxa belonging to 329 genera and 81 families have been found. The phytosociological study has identified 16 plant communities, 6 of which represent the 4 associations, 10 groupings, relating to 9 phytosociological Classes. In the coastal forests 288 taxa belonging to 159 genera and 70 families have been found. The phytosociological study have been found 17 plant communities, 14 associations, six of wich have been proposed as new associations, and 3 groupings, relating to 9 phytosociological Classes. Two new alliances and a new sub-association have also been proposed For the management and conservation we suggest to combine the residual costal forests into one larger area subject to protection as a new area SIC; as regards Rovetino wood, we proposed to enlarge the nearby M. Ascensione Sic area in order to include also this wood.
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Volpato, Francesca <1994&gt. "Pianificazione Territoriale per la Conservazione della Biodiversità in Cina." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/20042.

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Abstract:
Il delicato equilibrio che regola l’ecosistema è messo in crisi dalla massiccia incursione umana in quelli che sono gli spazi naturali. La nascita di nuove pandemie, ultima fra tutte il Covid-19, non è da considerarsi come un evento eccezionale, quanto più una preannunciata conseguenza degli squilibri ecosistemici dettati dall’impronta umana. In questa logica diventa fondamentale ripensare al rapporto che lega essere umano e ambiente attraverso concetti quali conservazione e tutela degli spazi naturali. Questo lavoro si propone di indagare l’evoluzione delle politiche di pianificazione territoriale finalizzata alla conservazione della biodiversità messe in atto in Cina. Nel fare ciò è stato preso in analisi il concetto di conservazione, analizzando come questo venga applicato nel contesto delle politiche ambientali cinesi. I risultati evidenziano come nel corso degli anni ci sia stata una crescente attenzione alle problematiche ambientali. L’approccio cinese verso la conservazione della biodiversità si basa tuttavia su logiche definite come “utilitaristiche”. Il legame che lega essere umano e ambiente viene letto principalmente sulla base dei benefici ecosistemici che l’essere umano può trarre dalla natura.
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Albertini, Elisa. "Citizen science e biodiversità: un’app per il monitoraggio del Mediterraneo." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021. http://amslaurea.unibo.it/24709/.

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Abstract:
Lo sfruttamento e l’inquinamento dovuti alla mano dell’uomo, unito ai cambiamenti climatici, come il surriscaldamento globale, hanno portato il Mar Mediterraneo a mutare il suo ricchissimo ma delicato ecosistema. Si è dunque reso necessario studiare con cura la situazione in cui si trova questo mare, in modo da raccogliere dati di vario genere (come il livello di inquinamento delle acque, la temperatura e le condizioni della fauna) per cercare di porre rimedio ai danni che lo stanno già modificando. Allo stesso tempo si è cercato anche di insegnare ai cittadini quanto sia importante rispettare il mare e averne cura, per questo si è ricorsi alla Citizen Science (CS), una tecnica, molto utilizzata nei progetti per la salvaguardia dell’ambiente, che ha appunto lo scopo di mettere in prima linea la cittadinanza in ambito scientifico. “Sentinelle del mare”, il punto di partenza di questo progetto di tesi, è appunto un progetto di CS che consiste nel far raccogliere dati sulla fauna marina, tramite un questionario, a dei sub amatoriali dopo le loro immersioni. È stata dunque sviluppata un’app mobile nativa, tramite React Native (tecnologia che permette di sviluppare un’unica applicazione per tutti i sistemi operativi), che informatizzasse il processo di raccolta dati, tramite un DataBase (realizzato mediante PostgreSQL) e delle API RESTful (collegate al DB tramite TypeORM e realizzate mediante NestJS), e che, allo stesso tempo, rendesse l’esperienza più interessante per gli utenti tramite alcune funzionalità di “gamification”.
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Fabbri, Andrea. "Machine learning e biodiversità: un'app per il riconoscimento di conchiglie." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021. http://amslaurea.unibo.it/24710/.

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Abstract:
Il tema della biodiversità negli ultimi anni è entrato a far parte della nostra vita di tutti i giorni per svariati motivi, tra i quali il mantenimento della biodiversità e la sua importanza nell’ecosistema. Il machine learning è un altro tema di cui ultimamente si sente spesso parlare per diversi motivi, tra i quali l’aumento della quantità di dati disponibili per l’elaborazione. Questo progetto nasce con l’obbiettivo di unire questi due temi, sviluppando un’applicazione per dispositivi mobili in grado di catalogare fotografie di conchiglie, riconoscendole utilizzando tecniche di machine learning. Il volume di tesi è suddiviso in tre capitoli: nel primo si introducono i concetti di biodiversità e machine learning illustrandone i principali temi. Il secondo capitolo mostra le tecnologie utilizzate (linguaggi, ambienti di sviluppo e librerie) per lo sviluppo sia dell’applicazione che del modello di machine learning. Il terzo capitolo, presenta il progetto completo, descrivendo in dettaglio le funzionalità.
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SEARDO, BIANCA MARIA. "Paesaggio e biodiversità: orizzonti convergenti? Concetti, politiche e esperienze di pianificazione." Doctoral thesis, Politecnico di Torino, 2012. http://hdl.handle.net/11583/2497519.

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Abstract:
Alla luce degli orientamenti internazionali più recenti nel segno dell'integrazione fra teorie, politiche e approcci operativi in merito a paesaggio e biodiversità, la ricerca indaga le condizioni per l'effettiva integrazione di questi concetti all'interno dei processi di pianificazione territoriale. Ad una prima parte di ricognizione sulle radici della terminologia utilizzata dai pianificatori per la trattazione di questi temi (spesso con slittamenti di significato), segue un'analisi sul grado di effettiva integrazione di politiche paesistiche e strategie per la biodiversità con ricaduta territoriale in ambito europeo. In ultima istanza ci si ripropone di verificare le condizioni per la territorializzazione integrata delle due tematiche attraverso i processi di pianificazione, avvalendosi dell'analisi di casi studio italiani e stranieri.
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ASSANDRI, GIACOMO. "La conservazione della biodiversità nelle coltivazioni permanenti e negli ambienti prativi." Doctoral thesis, Università degli studi di Pavia, 2016. http://hdl.handle.net/11571/1203354.

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Abstract:
La biodiversità degli ambienti agricoli è soggetta a forti pressioni di origine antropica, in particolare l’intensificazione delle pratiche agricole e l’abbandono dei sistemi agricoli tradizionali e marginali. In questa tesi è presentata una raccolta di studi sugli effetti delle pratiche colturali, dei cambiamenti di uso del suolo e della struttura del paesaggio sugli uccelli a vari livelli di scala condotti in quattro tipologie di agroecosistemi permanenti. Lo scopo ultimo di questa tesi è di individuare possibili pratiche gestionali che favoriscano la conservazione degli uccelli (che sono specie indicatrici e ombrello) in questi ecosistemi artificiali. Queste misure potrebbero essere inserite in adeguate regolamentazioni volte a ridurre gli impatti dell’agricoltura sulla biodiversità e favorire infine la sostenibilità complessiva dell’agroecosistema. I risultati mostrano come, nelle coltivazioni permanenti, la diversità ornitica e l’abbondanza di alcune specie dipendono da una moltitudine di elementi relativi al contesto paesaggistico, gestionale e topografico-climatico. Considerando l’intera comunità, il livello paesaggistico è quello che maggiormente influenza la diversità, tuttavia anche alcuni elementi relativi alla gestione agricola hanno un effetto su di essa. Diversamente, l’abbondanza di alcune specie non è solo influenzata dalle caratteristiche del paesaggio, ma anche significativamente, o primariamente, da effetti di caratteristiche climatico-topografiche e, soprattutto, dalle pratiche colturali. L’uso del suolo predominante a scala di paesaggio è risultato avere effetti negativi a livello di comunità e generalmente anche sulle specie più comuni. I risultati presentati evidenziano anche un ampio effetto positivo della copertura di habitat diversi da quello dominante (es. habitat marginali) e degli elementi tradizionali (es. siepi e filari, alberi ed edifici isolati) sugli uccelli, che permettono la presenza di specie non adattate all’habitat dominante che caratterizza la matrice, verosimilmente perché queste specie non riescono a nidificare o nutrirsi nella coltivazione. Nel corso del progetto si è investigato inoltre l’effetto dell’agricoltura biologica sugli uccelli, considerando vari indicatori e scale spaziali, senza tuttavia dimostrare alcun effetto positivo di questo tipo di gestione rispetto a quella convenzionale. Le principali cause di questo risultato riguardano il fatto che l’agricoltura biologica, a conferma di precedenti studi, ha di norma maggiori effetti in sistemi agricoli annuali e in contesti paesaggistici molto semplificati, quindi in agroecosistemi molto diversi da quelli indagati e che nell’area di studio le due forme di gestione non differiscono di molto in termini di utilizzo di pesticidi e altre pratiche colturali. In generale, per rendere l’agricoltura biologica più favorevole alla biodiversità sono necessari maggiori sforzi a scala di paesaggio. In un contesto gestionale o conservazionistico, è necessario identificare il target di una specifica azione (es. l’intera comunità o una specifica specie) perché se i bisogni principali della maggior parte delle specie che costituiscono la comunità possono essere soddisfatti in prima battuta a una scala di paesaggio, al contrario, alcune specifiche necessità di determinate specie di interesse conservazionistico possono riguardare principalmente, o esclusivamente, particolari elementi determinati dalla gestione agricola. Di conseguenza, questi elementi dovrebbero essere conservati o ricreati, per favorire queste particolari specie.
Permanent crops and anthropogenic grasslands used to be the most important low-intensity semi-natural farmlands of the continent and were both negatively impacted by agricultural intensification and land abandonment. I present a collection of studies on the effects of agricultural practices, land use change, and landscape structure on birds conducted in four agricultural typologies: vineyards, olive groves, fruit orchards, and hay meadows. The studies were conducted at different levels of scale, from landscape to foraging sites. I focused on farmland birds, because they are reliable indicators of biodiversity and could be regarded as “umbrella species.” The ultimate scope of this thesis is to inform possible best-management practices to favour bird conservation in man-made ecosystems. My findings show that, in permanent crops, bird diversity and the abundance of individual species are driven by a multitude of elements related to the landscape, management, and topographic-climatic contexts. Considering the whole community, the landscape level emerged as the most important driver of biodiversity patterns, but some agricultural management traits also affect biodiversity; conversely, the abundance of individual species could be influenced not only by the landscape characteristics, but also by the significant, or even predominant, effects of climatic-topographic attributes and, especially, of management practices. At the community level, the predominant land use throughout the landscape had negative effects on the community itself; this is also generally true for the reproductive outcome of the most common species dwelling in those crops. A relevant exception to this pattern was represented by three insectivores of conservation concern (i.e. common redstart, spotted flycatcher and wryneck), which are favoured by vineyard cover at the landscape scale likely because vineyards are structurally similar to their “ancestral” habitat. However, investigating the wryneck habitat selection at a finer spatial scale (i.e. territory), I showed that it is more affected by specific vineyard characteristics, which determined nesting site availability, than by general land cover traits. Importantly, my results also point out a broadly positive effect on birds with the cover of habitats different from their dominant ones (e.g. marginal habitats) and with traditional elements (e.g. hedge and tree rows, isolated trees, and buildings), which allowed for the persistence of species that are not adapted to the main habitat that characterise the matrix, since those species are unable to nest or forage in the crops. I also investigated the effect of organic viticulture on birds by considering several indicators and spatial scales without finding any positive effect of this kind of management. Main causes for this are that organic farming was previously shown to exert much more positive effects in annual crop systems and in simplified landscapes, thus in agroecosystems quite different from vineyards. Additionally in the study area, organic and conventional management forms do not differ very much in terms of pesticide use or other agricultural practices. Based on these findings, I suggest that much effort should be allocated at a wider landscape scale in making organic viticulture more biodiversity-friendly. In a conservation or planning framework, it is fundamental to identify the target (i.e. the whole community or a singular species) of a defined action. Indeed, if the primary needs of the majority of the species which constitute the community could be satisfied by acting at a landscape level, then some needs of individual species could rely mainly, or exclusively, on particular elements determined by agricultural management. As a consequence, to favour these particular species, these elements should be conserved or restored.
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Pappalardo, Anna Maria. "DNA barcoding e biodiversità molecolare: casi di studio nel settore ittico." Doctoral thesis, Università di Catania, 2012. http://hdl.handle.net/10761/1171.

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Abstract:
A fronte della globalizzazione degli scambi commerciali, dei cambiamenti climatici e degli appelli a tutela della biodiversità, la rapida identificazione delle specie costituisce, a livello mondiale, una necessità. L utilizzo di una breve sequenza di DNA per standardizzare l identificazione degli organismi ha recentemente conosciuto gli allori della cronaca sotto l intrigante termine di DNA barcoding . Un segmento di circa 650bp del gene della citocromo ossidasi I mitocondriale (COI) è stato proposto come miglior potenziale barcode, almeno per il regno animale, dove si è potuta verificarne l efficacia in diversi taxa, e gran parte delle specie studiate (>94%) possiede barcode ben differenziati, con bassa variabilità intraspecifica ed alta divergenza tra taxa strettamente imparentati. L innovativa metodologia proposta potrebbe rivelarsi utile in numerosi settori scientifici, quali la biologia evoluzionistica, l ecologia, la filogeografia e la biologia della conservazione, ed avere numerosi riscontri applicativi, soprattutto nell ambito della sicurezza alimentare. In particolare nel settore ittico, la frequente sostituzione di tranci o filetti di specie ittiche pregiate con carni di esemplari di minor valore o l utilizzo di nomi generici usati per etichettare i prodotti della pesca ha messo in luce la necessità di sviluppare sistemi di tracciabilità molecolare. L impossibilità di ricorrere al riconoscimento morfologico quando il pesce è sottoposto a toelettatura richiede lo sviluppo di nuovi approcci analitici, basati sullo studio del DNA e il DNA barcoding si è rivelato un promettente strumento diagnostico alternativo ai tradizionali metodi di indagine e a quelli basati sull analisi delle proteine. L obiettivo principale di questo studio è stato quello di testare l efficacia e l applicabilità del gene della COI come DNA barcode per l identificazione molecolare di specie nel settore ittico sia in campo applicativo (tracciabilità molecolare), sia nella ricerca di base (tassonomia, identificazione di stock ittici). A tal scopo la prima fase della ricerca ha previsto la compilazione di una biblioteca di riferimento di sequenze di DNA barcode, partendo da esemplari la cui identità fosse già stabilita e un successivo screening su diverse specie ittiche di interesse commerciale, anche come prodotti trasformati, tra le più soggette a rischio di frode (es. pesce spada, pesci piatti). Le sequenze della COI e quelle del dominio ipervariabile della regione di controllo mitocondriale, 5 -dloop, (marker popolazione specifico comunemente utilizzato) di esemplari di Xiphias gladius (pesce spada) provenienti da diverse aree geografiche, sono state analizzate e i dati ottenuti hanno mostrato che il gene della COI non solo è un efficiente marker specie-specifico, ma è anche in grado, relativamente alla specie X. gladius di discriminare diversi stock ittici (per es. lo stock del Mediterraneo da quelli dei bacini oceanici). Il DNA barcoding è stato anche applicato per l identificazione di specie mesopelagiche della famiglia Myctophidae a partire da stadi larvali, fornendo un utile contributo all identificazione tassonomica, soprattutto nei casi in cui il tradizionale approccio morfologico è risultato difficile e ambiguo. Infine, un preliminare contributo allo studio della strutturazione genetica della specie Engraulis encrasicolus (acciuga) è stato fornito attraverso l analisi del 5 dloop di esemplari di larve campionati nell area Mediterraneo, per i quali è stato possibile definire quattro diverse aree di riproduzione. Dai dati ottenuti si evince chiaramente l efficienza del DNA barcoding come strumento di analisi complementare alla tassonomia tradizionale grazie al suo potere diagnostico come marcatore genetico specie-specifico e in qualche caso stock-specifico e la sua utilità per la tracciabilità genetico-molecolare applicata ai prodotti alimentari del settore ittico.
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Francescato, Cristiano. "Paesaggi vegetali, biodiversità cenotica e funzionalità fluviale. Il caso del fiume Tagliamento." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2013. http://hdl.handle.net/10077/8598.

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Facciani, Enrico. "PreSense: AR, machine learning e IoT in un gioco per promuovere la biodiversità." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amslaurea.unibo.it/21431/.

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Abstract:
Con il passare degli anni parole come biodiversità e sostenibilità sono diventate parte del vocabolario di tutte le persone essendo aspetti strettamente connessi con condizioni quali cambiamento climatico ed inquinamento, per citarne alcune. In questo contesto nasce PreSense, applicazione Android che si pone un duplice obiettivo: avvicinare gli utenti ai parchi presenti nelle loro città informandoli sull'importanza della fauna e della flora locale e allo stesso tempo ottenendo un servizio dalla loro esperienza di gioco. Gli utenti, durante l'utilizzo dell’applicazione, avranno infatti modo di classificare suoni di specifici animali collezionati attraverso sensori all'interno dei parchi stessi. Tale classificazione consentirà agli esperti di creare un database di suoni validato di elevate dimensioni da utilizzare per successivi studi. PreSense per incrementare il divertimento del giocatore utilizza elementi derivati dal game design e immagini animate di animali in realtà aumentata, in modo da coinvolgere gli utenti nel tempo, in modo da fornire vantaggi agli esperti, agli utenti e ai parchi locali. Tramite l’applicazione è quindi possibile collezionare informazioni sulla fauna ma anche sulla flora, sfruttando un modulo di machine learning che permette di identificare la pianta attraverso una foto.
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Mazzocchi, Marika. "Biodiversità malacologica degli ecosistemi a coralli bianchi del Mediterraneo, dall'ultimo glaciale ad oggi." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amslaurea.unibo.it/8191/.

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Abstract:
Nello studio di questa tesi è stata descritta una ricerca condotta allo scopo di fornire un contributo alla conoscenza della biodiversità analizzando la componente macrofaunistica subfossile e recente del Phylum Mollusca del Canale di Sicilia e del Golfo di Cadice. Tali organismi sono già da tempo noti in questi ambienti poiché associati a biocostruzioni a coralli bianchi presenti lungo i margini continentali atlantici e mediterranei i cui costituenti principali sono gli sclerattiniari coloniali Lophelia pertusa e Madrepora oculata. Tuttavia ben poco si conosce sull’ecologia di queste specie che si ritrovano spesso influenzate da scambi idrologici e biologici attraverso lo Stretto di Gibilterra. Nel corso di questo studio sono state analizzate 7 carote sedimentarie marine campionate durante diverse campagne oceanografiche: 6 carotaggi atlantici prelevati durante la campagna oceanografica Meteor nel Golfo di Cadice e 1 carota campionata nel Canale di Sicilia durante la campagna oceanografica MARCOS guidata dall’ISMAR-CNR di Bologna, sulla quale si concentra l’attenzione di questo lavoro. I dati raccolti sono stati analizzati in maniere quantitativa, per questo è stato utilizzato il software per analisi statistiche “Past3” e sono stati combinati con l’analisi qualitativa dei campioni in modo da ottenere il maggior numero di informazioni. Tra le analisi statistiche sono state effettuate il calcolo di tutti gli indici di dominanza, diversità, di equiripartizione e ricchezza specifica (Simpson, Shannon, Evenness e Margalef) e l’analisi multivariata NMDS (Non-metric Multi-Dimensional Scaling). Infine è stata effettuata l’analisi delle associazioni trofiche distribuite in una carota. Il risultato ha evidenziato un’elevata biodiversità per campioni prelevati in profondità e il ritrovamento di organismi appartenenti all’ultimo glaciale.
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PALLOTTA, Lucia. "Biodiversità e nutrizione: un modello dinamico per l'analisi quali-quantitativa dei sistemi agroalimentari." Doctoral thesis, Università degli studi del Molise, 2013. http://hdl.handle.net/11695/66279.

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Abstract:
Il presente lavoro di dottorato si propone di indagare le complesse relazioni tra biodiversità e nutrizione, con particolare riguardo a due fenomeni: da un lato la crescente e inarrestabile perdita di biodiversità a tutti i livelli (specifico, ecosistemico, agrario) e dall’altro il paradosso alimentare per il quale crescono in tutto il mondo sottonutrizione ed obesità che rappresentano i due principali problemi legati al cibo. L’agricoltura moderna ha reso la produzione di cibo indipendente dai limiti degli ecosistemi locali attraverso l’uso di input prelevati altrove. L’uso di fertilizzanti di sintesi ha favorito l’introduzione di specie e varietà non autoctone, ad alta resa ma altamente dipendenti da questi input, come pure l’introduzione di razze ibride per le quali non si ricorre più al foraggio prodotto localmente ma a fonti nutrizionali completamente estranee, non solo ai luoghi di allevamento ma anche alla stessa fisiologia animale. La grande disponibilità di combustibile fossile che ha caratterizzato l’economia del secolo scorso ha anche comportato l’intensificarsi dei processi di trasformazione e di manipolazione degli alimenti, come anche dei trasporti a lunga distanza delle merci prodotte. I sistemi di produzione e distribuzione alimentare hanno reso disponibili quantità crescenti di cibo a prezzi sempre più bassi, soprattutto nei paesi sviluppati e indipendentemente dalla disponibilità locale di risorse naturali. L’urbanizzazione ha poi reso il consumatore sempre meno consapevole dei legami tra risorsa naturale e cibo; infine, la globalizzazione ha reso sempre più omogeneo il modello alimentare nei paesi di tutto il mondo, senza risparmiare nessun contesto socio-culturale. La complessità e la molteplicità di aspetti coinvolti suggeriscono di avere un approccio olistico nell’analisi del sistema agroalimentare, cercando in tal modo di costruire un percorso logico ed operativo in grado di evidenziare le connessioni (se ve ne sono) tra la biodiversità e la nutrizione umana; in particolare si vuole capire se una perdita di biodiversità e di agrodiversità può influire negativamente sulla disponibilità alimentare, sia in termini quantitativi (sottonutrizione) e sia in termini qualitativi (carenze nutrizionali ed obesità). Pertanto, nel presente studio si descrive il percorso metodologico che, partendo da un’attenta analisi della letteratura, passa attraverso la costruzione di una banca dati e la strutturazione di un modello dinamico, con il duplice obiettivo di individuare le relazioni più significative tra le numerose variabili in gioco e di restituire una valutazione quali-quantitativa dei flussi che tra di esse si realizzano.
This thesis aims to investigate the complex relationships between biodiversity and nutrition, with a focus on to two phenomena: on the one hand, the growing and unstoppable loss of biodiversity at the level of species, ecosystems, and agriculture, and on the other one paradox food for which undernutrition and obesity grow all over the world, representing the two main problems related to food. By using input taken elsewhere, modern agriculture has made food production independent of the limits of local ecosystems. The use of chemical fertilizers has led to the introduction of non-native species and varieties characterized by high yield but highly dependent on these inputs, as well as the introduction of hybrid strains for which feed is not produced locally, but far from breeding site. The feed is also increasingly foreign to animal physiology. The wide availability of fossil fuel that characterized the economy of the last century has also resulted in the intensification of processing and handling of food, as well as in the long-distance transport of goods produced. Systems of food production and distribution have made available increasing amounts of food at lower prices, especially in developed countries, and regardless of the availability of local natural resources. Urbanization has also made consumers increasingly aware of the links between natural resource and food, and finally, globalization has made consumption habits increasingly homogeneous in countries around the world, sparing no socio-cultural context. Complexity and multiplicity of issues involved suggest to take a holistic approach in the analysis of the food system, in an effort to build a logical and operational path that is able to highlight the connections (if any) between biodiversity and human nutrition. In particular, we want to understand if a loss of biodiversity and agricultural diversity can adversely affect food availability, both in terms of quantity (undernutrition) and in terms of quality (nutritional deficiencies and obesity). Therefore, we describe the methodological approach that, starting from a careful analysis of the literature, through the construction of a database and the structuring of a dynamic model, with the dual aim of identifying the most meaningful relationships among the many variables involved and returns a quantitative evaluation of the flows are realized between them.
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Bettoli, Maria Chiara. "Infrastrutture lineari e frammentazione territoriale: minacce e tutela della biodiversità ecosistemica nella Road Ecology." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2022. http://amslaurea.unibo.it/25427/.

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Abstract:
Le infrastrutture lineari garantiscono l’interconnessione sociale, culturale e commerciale, ma per contro frammentano i territori naturali minando il potenziale di sopravvivenza di tutte le specie animali e vegetali, anche a causa dei fattori meccanici legati alla sua funzionalità, quali inquinamento acustico, luminoso, chimico, frammentazione territoriale ed effetto barriera, responsabili della mortalità stradale e dell'isolamento genetico. Verranno analizzati i principali meccanismi di interferenza tra infrastrutture e biodiversità, quali riduzione della superficie dell'habitat, aumento della mortalità causata da collisioni animali-veicoli, riduzione dei corridoi ecologici. Successivamente verrà affrontato il campo di studi definito ROAD ECOLOGY, che analizza le relazioni tra l’ambiente naturale e il sistema infrastrutturale, e verranno affrontate le tre metodologie cardine della road ecology, ovvero AVOIDANCE – MITIGATION – COMPENSATION. Partendo dalla fase pianificatoria di nuove infrastrutture, verranno affrontate le casistiche di interferenza più frequenti, le metodologie, gli standard e i criteri di selezione per individuare i migliori tracciati in tema di rispetto delle norme tecniche e di sicurezza, di efficacia ed economicità, di rispetto dell’ecosistema naturale e della fauna selvatica, il tema delle misure di mitigazione e deframmentazione, la prevenzione interattiva AVC (incidenti tra animali e veicoli), le barriere fisiche, l'adattamento dell’habitat o di elementi dell'infrastruttura stessa, con un’attenzione particolare alle misure volte a ridurre a priori la frammentazione, come la realizzazione di passaggi faunistici. Infine, verranno analizzate le opere di compensazione, da mettere in atto qualora anche le opere di mitigazione non consentano la riduzione degli impatti residui in maniera sufficiente o significativa.
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Sillingardi, Maria Elena. "Coinvolgimento dei subacquei sportivi nel monitoraggio della biodiversità delle scogliere coralline del Mar Rosso." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amslaurea.unibo.it/2128/.

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Amadesi, Barbara <1971&gt. "Conservazione della biodiversità nelle zone umide italiane mediante un approccio di 'systematic conservation planning'." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3043.

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Abstract:
The creation of conservation areas is one of the main tools to response to biodiversity loss but the effectiveness of existing systems in representing biodiversity needs to be assess. This thesis aims to evaluate, by a Systematic Conservation Planning approach, the effectiveness of the Protected Areas System and Natura 2000 to represent biodiversity in the italian wetlands and the impact of future climate change on long-term conservation of biodiversity within existing systems. The results showed that the current Protected Areas System is inadequate in assuring the waterbirds conservation, while the Natura 2000 network is more representative, and a potential loss of efficacy by both systems in ensuring the long-term conservation under climate change.
L'istituzione di aree di conservazione è uno dei principali strumenti per contrastare la perdita di biodiversità, ma sono necessarie valutazioni circa l'efficacia dei sistemi esistenti. In questo studio è stata analizzata, mediante un approccio di Systematic Conservation Planning, l'efficacia del Sistema di Aree Protette e di Rete Natura 2000 nel rappresentare la biodiversità ornitica nella zone umide italiane e il rischio associato ai cambiamenti climatici in corso per la conservazione a lungo termine della biodiversità all'interno dei sistemi di riserve esistenti. I risultati hanno mostrato un'insufficiente capacità del Sistema di Aree Protette nel rappresentare l'avifauna ornitica svernante, a differenza di Rete Natura 2000 in grado di fornire invece un'adeguata copertura, e una potenziale perdita di efficacia da parte di entrambi i sistemi nel garantire la conservazione a lungo termine, associata ai cambiamenti climatici in corso.
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Simonato, Rani <1992&gt. "Le vie ecologiche di Vandana Shiva. Biodiversità e sovranità alimentare per uno sviluppo sostenibile." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/13840.

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Abstract:
L’obiettivo della mia tesi è quello di affrontare tematiche attuali come la globalizzazione, l’impossibilità di accedere alle risorse naturali, il ruolo e il sapere delle donne e dei contadini, attraverso un’indagine del contesto in cui nasce e si sviluppa il pensiero e le azioni di Vandana Shiva, ecologista, fisica, filosofia contemporanea. Infatti, l’ecofemminista Vandana Shiva, prende in analisi l’India come uno di quei paesi fortemente colpiti e trasformati dalla globalizzazione dove i diritti fondamenti che aspetta alla popolazione sono stati erosi. Occorre denunciare la situazione di degrado, di impoverimento e di debito in cui vivono i contadini; gli stessi contadini vengono privati dei loro reditti e i loro prodotti diventano utili solo per aumentare il PIL; fame e carestie fanno da cornice a questo scenario in cui sono solo le multinazionali a guadagnarci. Vandana Shiva, attraverso i suoi libri, interviste, video, articoli, mette in luce le ingiustizie, le violazioni e la possibile strada da percorre per un’economia integrale che pone al centro il ruolo delle donne, il sapere di queste e una filosofia incentrata sul seme e sulla biodiversità. Per esplorare il pensiero dell’ecologista indiana ho scelto di procedere per tematiche e quindi si passerà dal fenomeno del cambiamento climatico e dai movimenti ambientali sorti che hanno influenzato il pensiero della Shiva e del fenomeno dell’ecofemminismo; al ruolo delle donne nella foresta, al principio femminile contro un sistema economico riduzionistico e scientifico incentrato sul mercato e sul profitto. Dal problema della perdita di sovranità alimentare e dei brevetti di proprietà, analizzerò la filosofia del seme e di una Democrazia Terra che rispetti tanto l’uomo, la donna, le tribù quanto la Terra Madre.
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TOMMASI, NICOLA. "DISENTANGLING THE EFFECTS OF HUMAN-ALTERED ENVIRONMENTS ON POLLINATORS AND THEIR INTERACTION WITH PLANTS: AN INTEGRATIVE ASSESSMENT." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2022. http://hdl.handle.net/10281/365320.

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Abstract:
Pollination is mainly mediated by animals and is fundamental for plants reproduction and for maintaining ecosystem resilience and human wellbeing. However, pollinator decline is occurring at the global scale due to multiple threats, related to human activities, with the intensification of land use ranking first. This phenomenon, driven by the growing urbanization and agricultural pressures, directly or indirectly affect pollinator communities, causing biodiversity loss, altering plant-pollinator interactions, and thus impairing the overall pollination service. In this PhD thesis the effects of land use composition and configuration have been investigated at different levels (e.g., species, community, and interactions). A multidisciplinary approach has been adopted, through the integration of field sampling activities and GIS-based analyses, with laboratory ones, such as morphometric evaluations, analysis of pollen deposited on flower’s stigmas and taxonomic identification of pollen and insects through DNA-based tools (e.g., DNA metabarcoding). The general aim of this PhD project was to provide advice for land use management policies has been addressed through intermediate goals, treated in different case studies. In the first study case, the effects of urbanization and agricultural land uses have been addressed by focusing on pollinator insects and plants inhabiting smallholder farms of Tanzania. The obtained plant-pollinator networks indicated a general decrease of pollinator richness with increasing proportion of urban and agricultural land, and an increased competition for resources among individuals. At local scale, the availability of floral resources reversed this trend, thus supporting the adoption of nature-based solutions to create suitable conditions for pollinators. In the second study case, the effects green habitat fragmentation have been investigated in Maldivian islands. Results indicated that low degrees of green areas fragmentation in anthropic habitats promote pollinator richness but reduce the complexity of plant-insect interactions, reflecting a lower pollinators functional redundancy. The pollination efficiency seemed to be indirectly altered by fragmentation, thus, supporting the necessity of conservation efforts to promote and maintain a high pollinator biodiversity. In the third study case, we investigated the pollinator communities along a gradient of urbanization in the metropolitan area of Milan, confirming that low proportion of impervious surface and/or low fragmentation of green areas, may increase pollinators abundance. Pollinators have also been found to collect floral resources from less species in the more urbanized areas, confirming the simplification of plant-pollinator interactions. Flower resources also shaped their nutritional content in response to land use composition, with increasing sugar content in the more urbanized areas. The fourth study case, focused on pollinator morphological response to land use alteration. The higher temperatures resulting from increased proportion of impervious surfaces, shaped the morphological functional traits (i.e., body size and wing asymmetry) in two bumblebee species. Both species were negatively influenced by higher temperatures but showed idiosyncratic responses, with Bombus pascuorum reducing its body size and B.terrestris increasing wing asymmetry but not the body size. These results indicate that the microclimate conditions of urban landscapes influence insects development, likely reducing their dispersal ability. Overall, the results of this PhD thesis provide new insights for the design and management of anthropic landscapes, supporting the connection and maintenance of green spaces and nature-based solutions to reduce the impact on pollinators diversity and interaction with plants. Policy makers should consider these research outcomes in the future and integrate them into management actions, as also claimed by the “One health “concept.
Pollination is mainly mediated by animals and is fundamental for plants reproduction and for maintaining ecosystem resilience and human wellbeing. However, pollinator decline is occurring at the global scale due to multiple threats, related to human activities, with the intensification of land use ranking first. This phenomenon, driven by the growing urbanization and agricultural pressures, directly or indirectly affect pollinator communities, causing biodiversity loss, altering plant-pollinator interactions, and thus impairing the overall pollination service. In this PhD thesis the effects of land use composition and configuration have been investigated at different levels (e.g., species, community, and interactions). A multidisciplinary approach has been adopted, through the integration of field sampling activities and GIS-based analyses, with laboratory ones, such as morphometric evaluations, analysis of pollen deposited on flower’s stigmas and taxonomic identification of pollen and insects through DNA-based tools (e.g., DNA metabarcoding). The general aim of this PhD project was to provide advice for land use management policies has been addressed through intermediate goals, treated in different case studies. In the first study case, the effects of urbanization and agricultural land uses have been addressed by focusing on pollinator insects and plants inhabiting smallholder farms of Tanzania. The obtained plant-pollinator networks indicated a general decrease of pollinator richness with increasing proportion of urban and agricultural land, and an increased competition for resources among individuals. At local scale, the availability of floral resources reversed this trend, thus supporting the adoption of nature-based solutions to create suitable conditions for pollinators. In the second study case, the effects green habitat fragmentation have been investigated in Maldivian islands. Results indicated that low degrees of green areas fragmentation in anthropic habitats promote pollinator richness but reduce the complexity of plant-insect interactions, reflecting a lower pollinators functional redundancy. The pollination efficiency seemed to be indirectly altered by fragmentation, thus, supporting the necessity of conservation efforts to promote and maintain a high pollinator biodiversity. In the third study case, we investigated the pollinator communities along a gradient of urbanization in the metropolitan area of Milan, confirming that low proportion of impervious surface and/or low fragmentation of green areas, may increase pollinators abundance. Pollinators have also been found to collect floral resources from less species in the more urbanized areas, confirming the simplification of plant-pollinator interactions. Flower resources also shaped their nutritional content in response to land use composition, with increasing sugar content in the more urbanized areas. The fourth study case, focused on pollinator morphological response to land use alteration. The higher temperatures resulting from increased proportion of impervious surfaces, shaped the morphological functional traits (i.e., body size and wing asymmetry) in two bumblebee species. Both species were negatively influenced by higher temperatures but showed idiosyncratic responses, with Bombus pascuorum reducing its body size and B.terrestris increasing wing asymmetry but not the body size. These results indicate that the microclimate conditions of urban landscapes influence insects development, likely reducing their dispersal ability. Overall, the results of this PhD thesis provide new insights for the design and management of anthropic landscapes, supporting the connection and maintenance of green spaces and nature-based solutions to reduce the impact on pollinators diversity and interaction with plants. Policy makers should consider these research outcomes in the future and integrate them into management actions, as also claimed by the “One health “concept.
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MO, LINGZI. "Pressione antropica sulla biodiversità del suolo dovuta a cambiamenti d'uso del suolo e alla gestione." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2022. http://hdl.handle.net/11577/3447669.

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Abstract:
Human activities, especially land use change and habitat degradation, alter global soil biodiversity. It is known that soil biodiversity plays an important role in ecosystem function. However, our knowledge of belowground biodiversity is still limited, at least compared to what is known about aboveground diversity. To enhance our knowledge, the main objective of the thesis is to explore the response to soil biodiversity to human activities. Understanding the extent of anthropogenic pressures on soil biota can provide a perspective for developing appropriate environmental management, restoration, and monitoring. In my thesis, I would like to figure how human activities impact soil biodiversity through controlled experiments and field surveys. I try to see the results in a miniature world. Firstly, I assess how soil organisms respond to atmospheric nitrogen deposition and the application of nitrogen fertilizers: a collation of published surveys of bacteria and arthropods which face urbanization pressures. Then I wanted further access to anthropic pressure and comparison between natural and anthropic ecosystems: with the research group that leader by my supervisor, we set a series of sampling of soil biota in different land uses and management to investigate the influence of human pressure on biodiversity. In Chapter 2.1, soil bacterial diversity and evenness showed a clear trend of time-dependent decline under repeated N application. Ammonium nitrogen enrichment, either directly or in relation to pH decrease, resulted in the main environmental factor related to the shift of taxa proportions within the urban green space soil bacterial community and qualified as a putative important driver of bacterial diversity abatement. In Chapter 2.2, the composition of the soil fauna underwent major changes under nitrogen deposition which were confirmed by the decline of biodiversity indices. A threshold effect appears to exist: low N addition (< 25 kg N ha-1) did not negatively affect soil fauna structure and composition, while in the range from these values up to 50 kg N ha-1. In Chapter 3, I find that the biodiversity indices are higher in the anthropized environment; biodiversity is more due to chance and less to genetic exchanges in anthropized ecosystems, it depends on selection, and it is more phylogenetic in natural environment. In chapter 4, I highlight the human activities impact of soil microbial community structure, but not for diversity. Some changes of microbial, particularly in unique systems may not be noticed at the diversity and richness but mostly at the compositional level. The soil organisms in the anthropic system maybe more dependent on soil nutrients compared to those in natural ecosystems. In addition, soil arthropods were more abundant in the anthropic ecosystem. In conclusion, this thesis provides information on the challenges and opportunities faced by soil biodiversity. These findings can be a scientific reference for the development of policies to ensure biodiversity conservation and long-term soil protection.
Human activities, especially land use change and habitat degradation, alter global soil biodiversity. It is known that soil biodiversity plays an important role in ecosystem function. However, our knowledge of belowground biodiversity is still limited, at least compared to what is known about aboveground diversity. To enhance our knowledge, the main objective of the thesis is to explore the response to soil biodiversity to human activities. Understanding the extent of anthropogenic pressures on soil biota can provide a perspective for developing appropriate environmental management, restoration, and monitoring. In my thesis, I would like to figure how human activities impact soil biodiversity through controlled experiments and field surveys. I try to see the results in a miniature world. Firstly, I assess how soil organisms respond to atmospheric nitrogen deposition and the application of nitrogen fertilizers: a collation of published surveys of bacteria and arthropods which face urbanization pressures. Then I wanted further access to anthropic pressure and comparison between natural and anthropic ecosystems: with the research group that leader by my supervisor, we set a series of sampling of soil biota in different land uses and management to investigate the influence of human pressure on biodiversity. In Chapter 2.1, soil bacterial diversity and evenness showed a clear trend of time-dependent decline under repeated N application. Ammonium nitrogen enrichment, either directly or in relation to pH decrease, resulted in the main environmental factor related to the shift of taxa proportions within the urban green space soil bacterial community and qualified as a putative important driver of bacterial diversity abatement. In Chapter 2.2, the composition of the soil fauna underwent major changes under nitrogen deposition which were confirmed by the decline of biodiversity indices. A threshold effect appears to exist: low N addition (< 25 kg N ha-1) did not negatively affect soil fauna structure and composition, while in the range from these values up to 50 kg N ha-1. In Chapter 3, I find that the biodiversity indices are higher in the anthropized environment; biodiversity is more due to chance and less to genetic exchanges in anthropized ecosystems, it depends on selection, and it is more phylogenetic in natural environment. In chapter 4, I highlight the human activities impact of soil microbial community structure, but not for diversity. Some changes of microbial, particularly in unique systems may not be noticed at the diversity and richness but mostly at the compositional level. The soil organisms in the anthropic system maybe more dependent on soil nutrients compared to those in natural ecosystems. In addition, soil arthropods were more abundant in the anthropic ecosystem. In conclusion, this thesis provides information on the challenges and opportunities faced by soil biodiversity. These findings can be a scientific reference for the development of policies to ensure biodiversity conservation and long-term soil protection.
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Rahman, Md Mizanur. "Microbial biodiversity in a wooded riparian zone specifically designed for enhancing denitrification process." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3427451.

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Abstract:
This research is part of a project aimed at verifying the potential of a specifically assessed wooded riparian zone in removing excess of combined nitrogen from the Zero river flow for the reduction of nutrient input into Venice Lagoon. General objectives of this project were to increase knowledge on the processes which allow the riparian strips to act as a buffer and to identify the most appropriate management strategies in order to maximize the efficiency of these systems in supporting the microbial activities involved in the process. For this purpose, specific objectives were pursued to determine seasonal fluctuations of the microbial populations in the soil/water of the wooded riparian strip. The bacterial communities were determined by combined approaches involving cultivation, microscopic approaches and DNA bases techniques to characterize both culturable and total microbial community inside and outside the riparian strip. ARDRA and DGGE analyses of soil collected at different depths, showed a clear decrease of the microbial diversity in deeper horizons as compared to the medium depth and surface ones. A comparison between this soil and that collected from an undisturbed zone external to the riparian strip, indicated that this effect can be also observed in the external area, although higher microbial diversity was always present in the internal soil. DGGE cluster analysis and PCA of both genetic and chemical properties of water samples indicated that the bacterial populations present at the drainage ditches are rich in denitrifiers as a result of a mixing of bacterial communities carried by the Zero river flux and those already present in the soil of the riparian strip. Taken together, the overall results confirm what it was demonstrated by other chemical-physical analysis: the wooded riparian buffer zone assessed for water remediation (nitrogen removal from Zero river) is effectively working as a result of the special conditions there produced to support the work of specific microbial populations. The microbiological analysis here accomplished can also contribute to understand the bacterial population dynamic of an agricultural soil when transformed in a wooded strip and to provide key indications for the management of a phytoremediation site.
Questa ricerca fa parte di un più ampio progetto finalizzato a verificare l’attività di zone riparie atte a rimuovere l’eccesso di azoto combinato nel fiume Zero, con il fine ultimo di ridurre l’imput di nutrienti nella Laguna di Venezia. Obiettivo generale di questa ricerca è stato quello di aumentare le conoscenze relative ai processi che consentono alle zone riparie di agire come tamponi e identificare le strategie di gestione più appropriate per massimizzare l’efficienza di questi sistemi nel supportare le attività microbiche coinvolte. A questo scopo, sono stati perseguiti obiettivi specifici per determinare le fluttuazioni stagionali delle popolazioni microbiche nei suoli/acque della fascia tampone. Le comunità microbiche sono state determinate tramite un approccio combinato che ha previsto la coltivazione, tecniche microscopiche e tecniche molecolari al fine di caratterizzare sia la comunità microbica coltivabile sia quella totale, all’interno e all’esterno della fascia tampone. Le analisi ARDRA e DGGE di suoli raccolti a diverse profondità, mostrano una chiara diminuzione della diversità microbica negli orizzonti più profondi rispetto agli strati intermedi e superficiali. Il confronto tra suoli raccolti nella fascia tampone e suoli raccolti in una zona indisturbata esterna, indicano che questo effetto può essere osservato anche all’esterno sebbene una maggiore diversità microbica sia sempre rilevabile all’interno. Indagine DGGE e elaborazioni statistiche con PCA, sia delle proprietà genetiche che di quelle chimiche dei campioni d’acqua, hanno indicato che le popolazioni microbiche presenti nelle scoline sono ricche di denitrificanti e sono il frutto del rimescolamento delle comunità microbiche del fiume Zero con quelle già presenti nei suoli della fascia tampone. Nel complesso, questi risultati confermano quanto dimostrato da altre analisi fisico-chimiche: la fascia tampone messa a punto per il biorimedio delle acque (rimozione dell’azoto dal fiume Zero), sta effettivamente funzionando come risultato delle speciali condizioni che favoriscono specifiche popolazioni microbiche. Le analisi microbiologiche qui riportate possono inoltre contribuire alla comprensione delle dinamiche di popolazioni in suoli agricoli convertiti in fasce tampone e fornire indicazioni chiave per la gestione di siti di fitorimedio.
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Kaleb, Sara. "Caratterizzazione del Coralligeno del Nord Adriatico: analisi della biodiversità e della variabilità spaziale delle comunità macroalgali." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2013. http://hdl.handle.net/10077/8599.

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Abstract:
2011/2012
I fondali che si estendono dal Golfo di Venezia fino alle coste Slovene (Nord Adriatico) prevalentemente fangosi o detritici, sono interrotti da numerosi affioramenti rocciosi distribuiti a profondità tra 7 e 25 m. e distanti dalla costa 0.5-25 miglia nautiche. Tali affioramenti localmente chiamati “tegnùe”, “trezze”, “grebeni”, sono maggiormente concentrati tra il Delta del Po e il Golfo di Trieste (Fig. 1). Stefanon (1967) è stato il primo a descrivere alcuni di questi affioramenti, inizialmente definiti come beachrocks; la loro genesi è invece attualmente connessa alle emissioni di gas metano [1]. La migrazione di gas poco profondi attraverso i sedimenti marini induce la deposizione di carbonato di calcio, cementificando il substrato altrimenti non consolidato.La maggior parte degli affioramenti del Nord Adriatico, che mostrano un ampio spettro di morfologie e dimensioni, è formata da una base rocciosa colonizzata da bioconcrezioni calcaree [1]. Le tegnùe sono state definite formazioni coralligene, anche se differiscono dal tipico coralligeno mediterraneo sensu stricto (Ballesteros, 2006). Il coralligeno e i fondi a maërl e rodoliti sono considerati tra i principali hot-spots di biodiversità in Mediterraneo. Il coralligeno è prodotto dal concrezionamento di alghe calcaree, briozoi, serpulidi, coralli e spugne che si accrescono in condizioni sciafile (Hong, 1980; Ballesteros, 2006), mentre i fondi a rodoliti e maërl sono substrati sedimentari ricoperti da alghe calcaree libere (Corallinales o Peyssonneliaceae) (UNEP-MAP-RAC/SPA, 2008). La conoscenza dell’estensione e struttura delle formazioni coralligene in Mediterraneo è essenziale per l’individuazione di attività di gestione e protezione di questi habitat, così come indicato dalle più recenti Direttive europee e Convenzioni internazionali. Nell’ambito della Marine Strategy Framework Directive 2008/56/CE (MSFD) il “Coralligeno (C)” e i “Fondi a maërl e rodoliti” sono stati inseriti tra gli Special Habitat da caratterizzare e di cui valutare lo Stato Ecologico (GES). Lo scopo ultimo di questo studio, basato sia su attività sperimentali di campo e di laboratorio che sull’analisi di dati di letteratura, è quello di contribuire ad una più approfondita conoscenza delle comunità biotiche degli affioramenti rocciosi del Nord Adriatico. La maggior parte dell’attività di ricerca è stata incentrata sullo studio della struttura e variabilità delle comunità macroalgali, in relazione alle principali variabili ambientali e caratteristiche morfologiche degli affioramenti rocciosi del Veneto e del Friuli Venezia Giulia. È stata inoltre analizzata la componente algale dei fondi a maërl e rodoliti, che si estendono dalle coste venete fino al circalitorale Sloveno. HABITAT FONDI A MAËRL E RODOLITI Per il Nord Adriatico non sono disponibili dati recenti e rappresentativi sulla distribuzione di maërl e rodoliti. La loro presenza è stata segnalata per la prima volta nel Golfo di Trieste nell’area prospiciente le lagune di Grado e Marano (Giaccone, 1978; Orel et al., 1981-82). Successivamente uno studio condotto da Nichetto (1990) ha rilevato la presenza di talli di maërl, prevalentemente morti, sui fondali sabbiosi che si estendono da Grado a Venezia. Infine, Bressan e Giaccone (2005) hanno riportato la presenza di maërl fossile nei sedimenti del Dosso di Santa Croce posto al centro del Golfo di Trieste. Per meglio definire l’estensione di questo Habitat a scala di sottoregione, a partire dal 2008, sono state campionate 46 stazioni nel versante italiano del Golfo di Trieste [1] e al largo della Slovenia [2]. Il campionamento in collaborazione con l’ARPA-FVG è tutt’ora in corso. I campioni sono stati raccolti in immersione o mediante bennate e dragaggi. Considerando anche i dati di letteratura sui fondi mobili dal Veneto alle coste Slovene sono state rinvenute 23 Corallinales, la cui distribuzione batimetrica è compresa tra 9 e 24 m (Orel et al., 1981-82; Nichetto, 1990; Bressan e Giaccone, 2005; [1]; [2]). 15 Corallinales sono state rinvenute sotto forma di rodoliti: Lithophyllum incrustans Philippi, Lithophyllum racemus (Lamarck) Foslie, Lithophyllum corallinae (P.L.Crouan & H.M.Crouan) Heydrich, Lithophyllum pustulatum (J.V. Lamouroux) Foslie, Lithothamnion corallioides (P.L.Crouan & H.M.Crouan) (P.L.Crouan & H.M.Crouan), Lithothamnion minervae Basso, Lithothamnion philippii Foslie, Lithothamnion sonderi Hauck, Lithothamnion valens Foslie, Neogoniolithon brassica-florida (Harvey) Setchell & Mason, Neogoniolithon mamillosum (Hauck) Setchell & L.R. Mason, Phymatolithon calcareum (Pallas) W.H. Adey & D.L. McKibbin, Phymatoltihon lenormandii (Areschoug) W.H. Adey, Spongites fruticulosa Kützing), Sporolithon ptycoides Heydrich. Delle 11 Corallinales raccolte mediante dragaggi nel circalitorale sloveno 5 taxa rappresentano nuove segnalazioni per l’area di studio: Hydrolithon boreale (Foslie) Y.M. Chamberlain, L. philippii, L. minervae, L. sonderi, N. brassica-florida [2]. Nella biocenosi del Detritico Costiero e presso i banchi di Cladocora caespitosa Linnaeus, L. philippii, L. sonderi, L. minervae, L. pustulatum, L. racemus, N. brassica-florida, N. mamillosum, P. lenormandii sono stati campionati come rodoliti vivi, morti o fossili. Alcuni siti sono risultati caratterizzati prevalentemente da rodoliti sub-fossili [2]. Sui fondi mobili da Venezia a Trieste sono state censite 15 Corallinales in forma di rodoliti, in prevalenza caratteristiche del Detritico Costiero. I dati degli anni ’90 avevano evidenziato la dominanza di talli morti in particolare nell’area di Grado, che risultava anche impoverita in termini di abbondanza. Il presente studio ha invece individuato proprio al largo di Grado la presenza di facies vive di maërl e rodoliti. In particolare i fondali sabbiosi sono risultati caratterizzati da L. racemus, mentre sul substrato pelitico-sabbioso sono stati rinvenuti per la prima volta nel Golfo di Trieste talli vivi di P. calcareum, assieme alle altre due specie caratteristiche del maërl mediterraneo (L. corallioides e L. minervae) (Curiel et al., 2009; AA.VV., 2010; [1]). Poiché l’analisi della morfologia dei rodoliti sembra essere indicativa delle caratteristiche idrodinamiche e del tasso di sedimentazione, i talli raccolti in due siti al largo di Grado caratterizzati da una più cospicua presenza di forme libere sono stati classificati in base all’indice di sfericità e alla densità delle ramificazioni [1]. HABITAT CORALLIGENO La posizione, la profondità, la topografia e la struttura geologica degli affioramenti rocciosi del Nord Adriatico sono ben documentati già da tempo, come lo sono la biodiversità e la variabilità spaziale delle comunità zoobentoniche. Al contrario solo pochi studi sono stati condotti sulle macroalghe [3]. Nel presente studio sono state analizzate la biodiversità e la variabilità spaziale delle comunità macroalgali di 37 affioramenti rocciosi situati sui fondali antistanti le lagune di Venezia e Grado-Marano, a distanze dalla costa comprese tra 0.5-10 miglia nautiche e profondità tra 7 e 25 m [3]. In base alla loro morfologia ed elevazione dal substrato tali affioramenti sono stati suddivisi in 3 tipologie: i) piccole rocce sparse con elevazione di 0.5-1m; ii) rocce raggruppate con elevazione di 0.5-1m; iii) strutture ampie con rilievo fino a 3-4m. Sulle superfici orizzontali superiori di ciascun affioramento le macroalghe sono state campionate mediante grattaggi di tre aree (2500 cm2). In laboratorio sono stati analizzati il numero di taxa, la copertura di Rhodophyta, Chlorophyta, Ochrophyta e dei gruppi morfo-funzionali (forme incrostanti, filamentose ed erette). Le relazioni di questi parametri con la tipologia del substrato, la profondità e la distanza dalla costa sono state valutate mediante analisi statistica [3]. In totale sono stati identificati 173 taxa, di cui 124 Rhodophyta, 25 Ochrophyta e 24 Chlorophyta. Con l’aggiunta di dati di letteratura il numero di macroalghe censite sugli affioramenti del Nord Adriatico è di 190 taxa., comprendendo gran parte della flora della regione. Considerando il contesto biogeografico e i fondali mobili circostanti le tegnùe presentano una elevata biodiversità algale, se comparata con le formazioni coralligene del Mediterraneo. L’analisi floristica ha portato al ritrovamento di Mesophyllum macroblastum (Foslie) Adey (Hapalidiaceae, Corallinales, Rhodophyta) componente importante del coralligeno nel Mediterraneo occidentale e prima segnalazione per il Nord Adriatico. I talli gametangiali sono stati invece rinvenuti per la prima volta in Mediterraneo [4]. La morfologia e l’anatomia dei talli raccolti nel Golfo di Trieste sono state analizzate al SEM e successivamente comparate con campioni d’erbario provenienti dal Tirreno e con dati di letteratura. In base alla struttura e anatomia dei concettacoli tetrasporangiali è stata proposta una nuova chiave dicotomica per l’identificazione dei taxa Mediterranei del genere Mesophyllum. È stato inoltre segnalato per la prima volta in Mediterraneo Phymatolithon lamii (Lemoine) Y. Chamberlain (Hapalidiaceae, Corallinales, Rhodophyta), specie aliena incrostante nord atlantica [5]. Lo studio morfo-anatomico al SEM dei campioni raccolti ha evidenziato alcune differenze rispetto ai tipi e ai campioni delle Isole Britanniche. Sono stati inoltre individuati e descritti i caratteri che distinguono P. lamii dalle altre due specie del genere ed è stata proposta una nuova chiave dicotomica basata sulla morfologia esterna del tallo e la struttura dei concettacoli. Il ritrovamento di P. lamii al di fuori del suo range ottimale di temperatura e la presenza di entrambe le fasi riproduttive sembrano indicare una maggiore capacità adattativa di questa specie. È quindi possibile che P. lamii sia presente anche in altre aree del Mediterraneo, ma confuso con il congenerico P. lenormandii. Oltre a P. lamii sugli affioramenti rocciosi campionati sono state rinvenute altre 7 specie aliene, già segnalate nella laguna di Venezia: Antithamnion hubbsii E.Y.Dawson, Desmarestia viridis (O.F.Müller) J.V.Lamouroux, Heterosiphonia japonica Yendo, Neosiphonia harveyi (J.W.Bailey) M.S.Kim, H.G.Choi, Guiry & G.W.Saunders, Polysiphonia morrowii Harvey, Polysiphonia stricta (Dillwyn) Greville, Solieria filiformis (Kützing) P.W.Gabrielson [3]. In totale sono state rinvenute 5 Peyssonneliaceae e 22 Corallinales, tra cui le più comuni sono L. pustulatum e L. philippii. È peculiare l’assenza di alcune alghe comuni nelle formazioni coralligene tipiche del Mediterraneo, che sono invece presenti sui substrati rocciosi sottocosta e poco profondi del Golfo di Trieste, quali Halimeda tuna (Ellis & Solander) J.V. Lamouroux e Flabellia petiolata (Turra) Nizamuddin. La copertura media (14.8 % ± 29.2 %) è bassa rispetto ai valori riportati per il Mediterraneo occidentale (>120 %) Le specie più abbondanti sono Peyssonnelia sp.pl., L. philippii, L. pustulatum e Zanardinia typus (Nardo) P.C.Silva. Per quanto riguarda i gruppi morfo-funzionali il numero delle alghe filamentose (13.4 ± 9.0 taxa) è maggiore rispetto alle forme incrostanti (6.4 ± 5.6 taxa) ed erette (5.4 ± 3.8 taxa). Risultati opposti sono stati ottenuti considerando invece le coperture medie (incrostanti: 8.2 % ± 19.3 %; erette: 4.2 % ± 8.6 % ; filamentose: 2.3 % ± 5.0 % ). Sia il numero di macroalghe che la copertura mostrano un'elevata variabilità correlata alla distanza dalla costa, alla topografia degli affioranti e alla profondità. Tale variabilità è più marcata sottocosta in vicinanza di sbocchi fluviali e alla laguna di Venezia. Questi affioramenti, sottoposti ad elevata sedimentazione, sono caratterizzati da bassi valori di copertura e dalla presenza di taxa a tallo eretto o comuni nelle acque di transizione e sulle strutture artificiali, quali ad esempio Ulva laetevirens Areschoug, Cryptonemia lomation (Bertoloni) J.Agardh, Rhodophyllis divaricata (Stackhouse) Papenfuss, Rhodymenia ardissonei (Kuntze) Feldmann, Ceramium diaphanum (Lightfoot) Roth, Chondria capillaris (Hudson) M.J.Wynne, Dictyota dichotoma v. intricata (C.Agardh) Greville. Gli affioramenti posti a maggior profondità al largo delle lagune di Grado e Venezia mostrano invece elevati valori di copertura di specie biocostruttrici, quali L. stictaeforme, L. philippi, N. mamillosum. In particolare gli affioramenti del Golfo di Trieste, caratterizzati da una minor torbidità e sedimentazione, presentano il numero di macroalghe e i valori di copertura di specie incrostanti maggiori. In generale le forme filamentose mostrano un elevato numero di taxa in entrambe le aree ma con bassi valori di copertura, ad eccezione di Pseudochlorodesmis furcellata (Zanardini) Børgesen . Dato che la MSFD richiede che il GES sia definito a livello ecosistemico, lo studio è stato integrato con dati relativi alle comunità zoobentoniche e alla fauna ittica [6]. È stata quindi ottenuta una check-list di 1001 taxa, che evidenzia la grande biodiversità degli affioramenti del Nord Adriatico. I gruppi principali presenti sugli affioramenti biogenici sono molluschi (256 taxa), alghe (190 taxa), policheti (144 taxa), crostacei (124 taxa), spugne (68 taxa), tunicati (40 taxa) e pesci (80 taxa). In generale gli affioramenti Adriatici sono contraddistinti da un maggior numero di sospensivori e da una ridotta complessità strutturale delle comunità biotiche rispetto al coralligeno mediterraneo. Gli affioramenti del Veneto, probabilmente anche in relazione al numero di studi condotti, presentano un maggior numero di taxa zoobentonici rispetto a quelli del Friuli Venezia Giulia e ai fondali Sloveni. I principali biocostruttori delle tegnùe sono rappresentati da alghe calcaree e policheti. C. caespitosa risulta rara sugli affioramenti italiani mentre mostra un’importante attività di biocostruzione in Slovenia. Complessivamente sono stati censiti 17 taxa considerati caratteristici del coralligeno (sensu Ballesteros, 2006), al contrario i grandi antozoi e briozoi sono assenti, ad eccezione di Myriapora truncata Pallas rinvenuta in Slovenia. L'assenza di queste specie è probabilmente legata alla scarsa elevazione degli affioramenti, alla risospensione dei sedimenti e alle ridotte dimensioni delle superfici colonizzabili. Il ruolo dei bioerosori sui processi di biocostruzione è stato poco indagato. In totale sono stati censiti 14 taxa bioerosori, di cui 4 poriferi, 2 sipunculidi, 4 bivalvi, 3 policheti e 1 echinoderma. In conclusione questo studio rappresenta un importante contributo alla caratterizzazione della componente macroalgale del coralligeno di fondo duro e mobile in Nord Adriatico. Sono state individuate facies vive di maërl in diversi siti al largo della laguna di Grado e definite le tipicità del coralligeno degli affioramenti rocciosi adriatici, adattato a elevati tassi di sedimentazione e ampie escursioni termiche e di salinità. Le tegnùe, per la ridotta profondità e particolare topografia, presentano caratteristiche in parte simili al coralligeno descritto per le coste Pugliesi (Sarà, 1969). Le conoscenze acquisite durante questa ricerca hanno permesso di: - designare due affioramenti come nuova area SIC per il Friuli Venezia Giulia (IT3330009 “Trezze San Pietro e Bardelli”) che con la Deliberazione della Giunta regionale n. 1623 del 20 settembre 2012 è entrata a far parte della rete Natura 2000. - includere ai fini dell’attuazione della MSFD il nord Adriatico tra le 11 assessment area per gli Habitat “Coralligeno” e “Fondi a maërl e rodoliti”. Lo Stato Ecologico è stato indicato in base al “giudizio esperto”, dato che per i due Habitat mancano a livello nazionale ed europeo indici validati per la definizione dei valori soglia del GES.
XXV Ciclo
1981
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24

STRINGINI, MARZIA. "Studio della biodiversità e caratterizzazione di lieviti isolati da ambienti naturali del Camerun e della Namibia." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2009. http://hdl.handle.net/11566/242383.

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25

Guarino, Francesco. "Studio della biodiversità mediante marcatori molecolari di popolazioni naturali e di ecotipi orticoli della regione Campania." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2015. http://hdl.handle.net/10556/1928.

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Abstract:
2012 - 2013
Il progetto di ricerca oggetto della mia tesi di dottorato intitolata "Studio della Biodiversità Mediante Marcatori molecolari di popolazioni naturali e di ecotipi Orticoli della Regione Campania" è stato focalizzato sulla biodiversità genetica ed epigenetica. In particolare, gli obiettivi di ricerca sono stati: i) lo studio della diversità genetica in popolazioni naturali di pioppo (Popolus alba L.) diffuso in Sardegna (Italia), attraverso analisi “whole genome”; ii) l'analisi dello stato di metilazione del DNA in risposta a diverse condizioni ambientali (meteorologici, pedologici, latitudine, longitudine, altitudine, inquinamento, etc.); iii) l’estrazione del DNA da prodotti orticoli (ecotipi unici) tipici della regione Campania (Sud Italia) finalizzato allo studio della biodiversità genetica attraverso marcatori molecolari codominanti (Simple Sequence Repeat) e all’istituzione di una banca del germoplasma ad hoc. L'ultimo obiettivo del mio progetto di ricerca è stato parte del progetto AGRIGENET finanziato dalla regione Campania. Durante progetto di dottorato sono stati raccolti 108 campioni di foglie di pioppo bianco in tutta la regione Sardegna. Per ogni singolo albero sono state annotate le coordinate geografiche e, grazie alle immagini delle foglie poste su carta millimetrata acquisite in loco, sono state conservate le caratteristiche dendrometriche e morfologiche. Da tutti i campioni raccolti è stato estratto il DNA, verificando la qualità e la quantità ottenuta mediante corsa elettroforetica su gel di agarosio e/o spettrofotometro UV. Sui campioni di pioppo bianco sono stati condotte analisi molecolari quali AFLP (Amplified Fragment Length Polymorphism) e MSAP (metilazione Sensitive Amplification polimorfismo). Il risultato ha confermato la limitata biodiversità genetica del pioppo bianco in Sardegna, e ha altresì evidenziato che lo stato di metilazione del DNA varia anche per lo stesso clone cresciuto in condizioni ambientali diverse modificando la biodiversità epigenetica. Il secondo aspetto del progetto di dottorato ha riguardato alcuni ecotipi orticoli della regione Campania, in particolare: mais (6 ecotipo); scarola (1 ecotipo); zucchine (2 ecotipo); aglio (2 ecotipo); cipolla (4 ecotipo). Per la caratterizzazione molecolare e lo studio della biodiversità sono state coltivate circa 10 piante per ogni ecotipo, e, allo stesso tempo, è stata condotta una ricerca bibliografica per ottenere i primer adatti all’amplificazione dei loci SSR (Simple Sequence Repeat). I risultati ottenuti hanno suggerito un caso di sinonimia per l’aglio “Schiacciato” e “Tondo di Torella”, mentre per gli altri ecotipi è stata evidenziata un’enorme biodiversità genetica dovuta al tipo di riproduzione da seme non controllata operata dagli agricoltori, che non ha permesso l’associazione tra profilo molecolare ed ecotipo. [a cura dell'autore]
XII n.s.
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Macagno, Giulia <1981&gt. "Linking biodiversity, ecosystem services and economic activities: an indicator-based assessment." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2010. http://hdl.handle.net/10579/934.

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Abstract:
Il fondamento di ogni scelta politica riguardante la biodiversità risiede nella possibilità di misurarne lo stato di conservazione e l’evoluzione. Il concetto di biodiversità si presenta come estremamente complesso, pertanto la scelta di quantificarne i principali elementi facendo ricorso a diversi indicatori appare appropriata. Obiettivo di questa tesi è l’identificazione del rapporto esistente tra la biodiversità e il benessere umano, tramite l’analisi dell’impatto della diversità di specie, habitat e paesaggio su settori economici differenti, tra cui il turismo. Inoltre, essi costituiscono un punto di riferimento per la definizione di scelte politiche e per la valutazione della loro efficacia, diventando così strumenti imprescindibili per il decisore politico.
At the very basis of biodiversity conservation stands the need to be able to quantify status and trends of biodiversity. Biodiversity is too complex to be fully quantified at policy-relevant scales and its assessment can only be done by means of indicators. This thesis establishes a link between biodiversity, measured via indicators, and human well-being, through the impact exerted by biodiversity on different economic sectors, for instance tourism. Moreover they can be employed as benchmarks for the evaluation of the effectiveness of policy decisions. Finally, they can be used to define priorities and policy objectives, thus becoming decision-making tools for biodiversity conservation.
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27

TAGLIABUE, GIULIA. "Linking vegetation optical properties from multi-source remote sensing to plant traits and ecosystem functional properties." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2019. http://hdl.handle.net/10281/241317.

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Abstract:
Negli ultimi decenni, il telerilevamento è stato utilizzato con successo per monitorare la vegetazione grazie alla sua capacità intrinseca di fornire informazioni quantitative ripetute e spazialmente distribuite circa le sue proprietà. Tuttavia, la ricerca si è concentrata prevalentemente sulla descrizione delle proprietà strutturali e biochimiche della vegetazione piuttosto che sulla comprensione del suo funzionamento. Negli ultimi decenni, il telerilevamento della fluorescenza della clorofilla indotta dal sole (F) è emerso come strumento innovativo utile allo studio del funzionamento delle piante. F è un debole segnale emesso nelle regioni spettrali del rosso e infrarosso vicino (~650-800 nm) dal cuore dell’apparato fotosintetico per dissipare l’eccesso di energia assorbita. Il suo potenziale risiede nella relazione esistente tra fotochimica e vie dissipative: poiché la fotochimica compete con la dissipazione sotto forma di F e calore, F può essere un indicatore diretto del funzionamento della fotosintesi. L’obiettivo principale di questo dottorato è stato l’utilizzo di dati ottici (i.e., riflettanza e fluorescenza) per migliorare la comprensione del funzionamento della vegetazione e della sua variabilità spaziale. In particolare, il lavoro si è focalizzato sullo studio del legame tra proprietà ottiche della vegetazione, plant traits (PT) e ecosystem functional properties (EFP) in una foresta di media latitudine. A tale scopo, sono state utilizzate tecniche di telerilevamento innovative per studiare il funzionamento della vegetazione a partire da dati ottici ad altissima risoluzione spettrale acquisiti tramite il sensore aviotrasportato ad immagine HyPlant. Il lavoro si è focalizzato su due obiettivi principali: i) l’analisi della relazione spaziale tra F e EFP per comprendere la variabilità della funzionalità a scala regionale; ii) l’analisi del potenziale di F come indice sintetico della diversità funzionale. I risultati dimostrano l’efficacia dell’utilizzo di F come proxy della funzionalità della vegetazione, sottolineando allo stesso tempo la complessità del legame tra F, PT e EFP e la necessità di integrare dati differenti per interpretare correttamente il segnale di F. In particolare, i risultati mostrano che: i) F è relazionata alla variabilità spaziale delle EFP, dimostrando che tale relazione tipicamente osservata nel dominio temporale si mantiene in quello spaziale; ii) F è uno strumento più promettente rispetto agli indici tradizionali basati sulla riflettanza per spiegare la diversità funzionale. Globalmente, i risultati mostrano il ruolo fondamentale dell’eterogeneità spaziale nel controllare l’uptake del carbonio, migliorando così la comprensione della complessa relazione tra F e funzionalità. Futuri studi in questa direzione sono una priorità per migliorare la comprensione del ruolo della vegetazione nel bilancio globale del carbonio.
Remote Sensing (RS) data have been successfully exploited in the last decades to monitor vegetation due to their inherent capacity of providing repeated and spatially-distributed quantitative information about vegetation properties. However, most research focused on the description of the structural and biochemical properties of vegetation rather than on the understanding of its functioning. In the last decade, RS of sun-induced chlorophyll fluorescence (F) emerged as a novel and promising tool for assessing plant functional status. F is a weak signal emitted by the core of the photosynthetic machinery in the red and far-red spectral regions (~650-800 nm) as a side product of light absorption. The potential of F relies on the relationship existing between photochemistry and the energy dissipation pathways: since photochemistry competes with F emission and heat dissipation for the absorbed energy, F can be a direct indicator of plant actual functional state. The main aim of this Ph.D. research was to exploit optical data (i.e., reflectance and fluorescence) to advance the understanding of vegetation functioning and of its variability across space. In particular, the work aimed at better understanding the link between vegetation optical properties, plant traits (PTs) and ecosystem functional properties (EFPs) in a case study represented by a mid-latitude forest ecosystem. At this purpose, innovative RS techniques were exploited to infer information about the vegetation functioning from fine and ultra-fine spectral resolution optical measurements acquired with the HyPlant airborne imaging spectrometer. The analyses were focused on two main work streams: i) the investigation of the spatial relationship between F and EFPs to better understand the variability of the ecosystem functioning at regional scale; ii) the analysis of the potential of F as a synthetic descriptor of the ecosystem functional diversity. Results provided evidence of the effectiveness of F as a tool for assessing vegetation functioning, but also pointed out the complexity of the link existing between F, PTs and EFPs and the need to integrate different RS derived products to obtain an unambiguous interpretation of the F signal. In particular, results showed that: i) F can be related to the spatial variability of the EFPs, thus demonstrating that this link usually observed in the temporal domain holds in the spatial domain; ii) F is a more powerful tool compared to traditional reflectance-based indices for explaining the functional diversity. Overall, these results improved the understanding of the complex relationship between F and vegetation functioning by adding new insights into the critical role of the spatial heterogeneity in controlling the carbon uptake. Further research in this direction constitutes a high priority for advancing the understanding of the imprint of plants on the global carbon balance.
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Zanatta, Katia. "Studio delle praterie steppiche submediterranee del Carso Nord Adriatico ai fini della conservazione della Biodiversità e dell'Habitat." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/10920.

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Abstract:
2013/2014
Il lavoro si articola in 3 capitoli ripartiti in una parte teorica dedicata alla sintassonomia delle praterie steppiche submediterranee del Carso e una parte applicativa finalizzata alla conservazione dell’habitat. 1. Analisi fitosociologica e revisione nomenclaturale delle praterie steppiche submediterranee (Scorzonero villosae-Chrysopogonetalia grylli Horvatić et Horvat in Horvatić 1963) del Carso Nord Adriatico. L’abbandono delle pratiche pastorali tradizionali ha reso le praterie steppiche fitocenosi ad elevata importanza e urgenza conservazionistica. Alla base di qualsiasi azione di tutela si pone la conoscenza delle specie e delle loro modalità organizzative nelle diverse condizioni ambientali e gestionali. Scopo della ricerca è fornire un quadro conoscitivo aggiornato dei syntaxa appartenenti all’ordine Scorzoneretalia villosae (= Chrysopogono-Scorzoneretalia villosae) secondo il metodo fitosociologico classico (Braun-Blanquet, 1924, 1964). Sono stati classificati 397 rilievi fitosociologici pubblicati e 25 rilievi inediti dal 1957 ad oggi, con l’individuazione di gruppi di specie differenziali di associazione e subassociazione mediante analisi ISA (Indicator Species Analysis). A livello formale, viene ripristinato il rango di associazione per Seseli gouanii-Artemisietm albae e Lactuco vimineae–Bothryocloetum ischaemum; per Centaureo cristatae–Chrysopogonetum gryllii cade la definizione di razza geografica e viene descritta una subassociazione inedita (stipetosum eriocaulis); viene individuato un aspetto inedito di transizione del Danthonio-Scorzonereetum verso Anthoxantho-Brometum, evidenziando il collegamento con i prati da sfalcio carsici. L’aumento dell’informazione data dalla numerosità dei rilievi elaborati ha reso possibile confermare la stabilità delle unità sintassonomiche a livello di associazione e dare una migliore definizione della loro variabilità ecologica. 2. Il potenziale informativo delle fitocenosi quale strumento di valutazione dello stato di conservazione dell’Habitat. Caso studio dei siti del progetto Biodinet. Scopo dello studio è testare un approccio metodologico di assessment basato sul potenziale informativo delle fitocenosi descritte dalla moderna fitosociologia, valutando nel tempo e su scala locale i cambiamenti strutturali e funzionali delle fitocenosi prato-pascolive. Lo stato di conservazione e il trend dei siti analizzati (stato reale) sono stati messi in relazione con l’associazione di riferimento (modello), rappresentato dal Danthonio-Scorzoneretum (Scorzonerion villosae) descritto nella prima parte. Per valutare la significatività della distanza tra stato attuale e modello sono stati applicati opportuni test statistici su variabili descrittive floristico-vegetazionali. I risultati evidenziano un cambiamento significativo dell’assetto funzionale-strutturale dei siti analizzati con alterazione del profilo corotipico, aumento delle terofite e diminuzione delle specie indicative rispetto all’associazione modello. Il metodo non risulta applicabile a livello sintassonomico di subassociazione, mentre l’applicazione a livello di associazione sembra dimostrare una certa validità nel fornire indicazioni gestionali utili al mantenimento o al recupero dell’habitat. Viene inoltre analizzata la relazione tra biodiversità e produttività foraggera. Lo studio ha evidenziato come la produttività sia correlata negativamente con la ricchezza floristica. In particolare, si è visto che la diversità tende ad essere maggiore nei pascoli, ovvero nelle condizioni a minor produttività. 3. Resilienza e recupero dell’habitat: analisi del pattern delle praterie steppiche termofile a diverso grado di incespugliamneto di un’area campione del Carso monfalconese. Scopo dello studio è analizzare il pattern delle specie di un pascolo abbandonato soggetto a riforestazione naturale in rapporto alla densità crescente di incespugliamento e alle condizioni geomorfologiche dell’area. Scopo ultimo è indicare un grado di incespugliamento per il quale risulta conveniente il recupero dell’habitat mediante decespugliamento. E’stato messo a punto un metodo di indagine basato sull’individuazione in ambiente GIS di quadrati random di campionamento a percentuale crescente di incespugliamento. I dati floristici dei quadrati campionati sono stati analizzati in relazione alle variabili geomorfologiche e floristico-vegetazionali. Allo scopo di testare l’influenza della zona e delle classi di incespugliamento sul pattern delle specie è stata applicata un’analisi della varianza a due vie. I risultati mostrano differenze significative nel pattern di distribuzione delle specie a dipendenza delle condizioni stazionali e indicano un limite di intervento fino all’80% di superficie interessata da cespugli. Questo dato va tuttavia interpretato in considerazione della limitata permanenza al suolo dei semi delle specie prative.
XXVII Ciclo
1970
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29

TANCA, MASSIMO. "Diversità come patrimonio: per una promozione delle identità locali: biodiversità da risorsa genetica a risorsa del territorio." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2013. http://hdl.handle.net/2108/202051.

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30

SOMENZI, ELISA. "INVESTIGATION ON SMALL RUMINANTS BIODIVERSITY AND ADAPTATION." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2022. http://hdl.handle.net/10280/119859.

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Abstract:
Le specie zootecniche costituiscono un elemento chiave della biodiversità agraria. In questa tesi si è contribuito al processo di caratterizzazione e conservazione del patrimonio genetico dei piccoli ruminanti tramite lo studio della demografia e struttura di popolazione, della diversità molecolare e dell’adattamento ambientale di diverse razze ovi-caprine. In questo contesto sono stati perseguiti cinque differenti obiettivi. In primo luogo, è stato sviluppato un algoritmo per la selezione di marcatori genetici in grado di identificare i soggetti ibridi originati dall’incrocio di pecora per muflone. Successivamente è stata analizzata da un punto di vista genetico la popolazione di capre ferali dell’isola di Montecristo e nonché l’impatto di diverse pratiche di gestione sul livello di inbreeding delle popolazioni caprine Italiane. Il focus sull’adattamento dei ruminanti a differenti ambienti climatici ha portato a un’approfondita revisione di metodologie ed approcci nonché all’identificazione di geni associati all’adattamento ambientale razze ovine locali Europee.
Livestock species constitute a key component of agricultural biodiversity. In this thesis a contribute to the process of characterization and conservation of small ruminants genetic resources was given with the study of the population history, structure, genetic diversity and environmental adaptation of sheep and goats local breeds. In this context, were addressed five specific goals. Firstly, the development of an algorithm for the selection of ancestry informative markers for the identification of feral x domestic sheep hybrids, secondly the assessment of molecular diversity, history and relationship of the feral goat of Montecristo, as well as the investigation of the impact of different management practices on genomic inbreeding on Italian goat populations. The focus on environmental adaptation allowed to carefully review methods and approaches for detecting adaptation in ruminants and, consequently, to detect genes associated to environmental adaptation in European local sheep breeds.
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MANTONI, CRISTINA. "Analisi della distribuzione altimetrica della biodiversità in gruppi target di artropodi nell’Appennino centrale: aspetti ecologici e implicazioni conservazionistiche." Doctoral thesis, Università degli Studi dell'Aquila, 2021. http://hdl.handle.net/11697/169595.

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Abstract:
Scopo di questo lavoro è stato quello di indagare le variazioni nella struttura di comunità di gruppi target di artropodi lungo diversi gradienti altimetrici dell’Italia centrale a scala regionale e locale, e di fornire indicazioni sul ruolo che gli artropodi possono avere come bioindicatori degli impatti umani ad alta quota. I nostri risultati suggeriscono che, in un contesto di millenaria presenza umana, pascolo e attività agricole, se ben gestiti, possono essere compatibili con il mantenimento di alti livelli di biodiversità.
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Negri, Lorenzo <1992&gt. "La biodiversità funzionale del frumento tenero: uno strumento di adattamento per modelli di cerealicoltura a ridotto impatto ambientale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2022. http://amsdottorato.unibo.it/9990/1/Tesi%20Lorenzo%20Negri_def_upload.pdf.

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Abstract:
Nel contesto dei cambiamenti climatici, al fine di aumentare la resilienza della coltivazione del frumento, risulta necessario comprendere le interazioni e le relazioni tra tecniche agronomiche a basso impatto ambientale e caratteristiche positive delle varietà di frumento. L'obiettivo generale di questo studio è quello di caratterizzare e individuare le varietà di grano più adatte per ridurre l’impatto ambientale della sua coltivazione. Il primo esperimento, di durata triennale, svoltosi presso un'azienda agricola biologica, ha permesso la caratterizzazione di 24 accessioni di grano tenero. Le analisi effettuate hanno riguardato sia gli aspetti agronomici, sia quelli nutrizionali e sia quelli nutraceutici. Il secondo studio ha caratterizzato, da un punto di vista nutrizionale e agronomico, diversi genotipi e popolazioni evolutive di grano tenero. Alcune varietà in condizioni pedoclimatiche favorevoli hanno raggiunto valori di produzione estremamente elevati, mentre in diversi contesti, hanno registrato valori di resa bassi. Diversamente, la popolazione evolutiva Bioadapt ha registrato un'elevata stabilità, in termini di risultati produttivi raggiunti. La terza ricerca ha studiato alcuni aspetti della fisiologia del grano tenero, per approfondire una caratteristica fisiologica delle piante, con particolare rilevanza e possibili importanti implicazioni per la coltivazione sostenibile del grano tenero. L'obiettivo è stato quello di identificare le varietà di grano tenero con un’attività allelopatica potenziale elevata, attraverso l'analisi della crescita iniziale delle radici della pianta di grano e delle erbe infestanti circostanti. Sono state selezionate e confrontate 30 cultivar di grano tenero, mentre il loietto perenne è stato impiegato come specie infestante modello. La capacità allelopatica non si è manifestata semplicemente come una risposta dose-dipendente delle molecole emesse nel substrato di crescita. Le caratterizzazioni delle accessioni effettuate nel presente studio rappresentano un valido punto di partenza per futuri programmi di miglioramento genetico, al fine di ottenere varietà idonee a sistemi di produzione a basso impiego di input.
In order to reduce the use of pesticides products and increase the resilience of wheat cultivation, in the context of climate change, it is necessary to fully understand the interactions and relationship between agronomic techniques with low environmental impacts and positive varieties traits. The general aim of this study is to characterize and identify the most suitable wheat varieties to achieve low environmental impact cultivation of common wheat. One experiment, carried out during three years at an organic farm, characterized 24 accessions of common wheat. The surveys carried out concerned both the agronomic, the nutritional, and the nutraceutical components. Some accessions registered excellent agronomic performance. A second study aimed to characterize, from a nutritional and agronomic point of view, different genotypes and evolutionary populations of common wheat, observing how they are influenced by different environments and meteorological trends. Some varieties in favorable pedoclimatic conditions reached extremely high production values, while in different contexts, they recorded lower values. In contrast, the evolutionary Bioadapt population registered high stability, in terms of production results achieved. The third research studied some aspects of common wheat physiology, to understand a physiological characteristic of plants, with particular relevance and important implications for sustainable cultivation of common wheat. The aim was to identify the common wheat varieties with a higher potential allelopathic activity, through the analysis of the initial root growth of the wheat plant and surrounding weeds. 30 cultivars of common wheat were selected and compared, while the perennial ryegrass was employed as weed model species. The allelopathic capacity seemed to be not simply a dose-dependent response to the molecules emitted in the growing substrate. The characterizations of the varietal resources carried out in the present study represent a valid starting point for future breeding programs, to obtain suitable varieties for low-input production systems.
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PERTILE, GIORGIA. "Potrebbe l'applicazione di pesticidi influenzare l'abbondanza, la struttura, la biodiversità e la funzionalità della comunità microbica del suolo?" Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2016. http://hdl.handle.net/10280/10801.

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Abstract:
In agricoltura, i pesticidi sono stati usati molto frequentemente per salvaguardare le colture dagli attacchi di parassiti e dalle malattie. Questi pesticidi, oltre a uccidere gli organismi target, molte volte colpiscono anche gli organismi non-target. Tra gli organismi non-target, possiamo individuare molti microrganismi utili a determinare la fertilità e la qualità del terreno. La presenza di questi xenobiotici nel terreno può influenzare i principali cicli biogeochimici (N, C, S, P) e altre vie metaboliche (es. β-ketoadipate). In questo studio abbiamo analizzato gli effetti di isoproturon, tebuconazole e chlorpyrifos sull’abbondanza, sulla struttura e sulla diversità della comunità microbica. Inoltre, abbiamo anche studiato gli effetti di questi pesticidi sui geni coinvolti nel ciclo dell’azoto. Si è potuto notare che l’abbondanza della comunità batterica è molto influenzata dall’applicazione del fungicida tebuconazole . Per quanto riguarda gli studi sulla funzionalità e diversità della popolazione microbica, l’applicazione di questi pesticidi sembra non indurre una chiara dose-dipendente e un effetto tempo. Diversamente, in relazione all’analisi sulla diversità microbica, possiamo affermare che l’applicazione di questi tre pesticidi ha influenzato il numero di OTU rilevate; tuttavia, l’indice di diversità (H’) ci dice che l’uso di questi pesticidi porta ad un incremento della diversità all’interno dei campioni trattati. In conclusione, è possibile affermare che l’applicazione di questi pesticidi influenza l’abbondanza e la funzionalità della popolazione microbica, ma non induce una diminuzione della diversità all’interno della medesima comunità.
In agriculture, pesticides have been frequently used to protect crops from pest and disease attacks. Many times such pesticides, besides killing the target organisms, hit non-target organisms. Among the non-target organisms, we can find many useful microorganisms that determine fertility and soil quality. The presence of these xenobiotics in soil can influence the main biogeochemical cycles (N, C, S, P) and other metabolic pathways (eg. Β-ketoadipate). In this study, we investigated the effects of isoproturon, tebuconazole and chlorpyrifos on the abundance, the structure and the diversity of the microbial community. We have also studied the effects of these pesticides on the genes involved in the nitrogen cycle. It was observed that the abundance of the bacterial community is significantly affected by the application of the fungicide tebuconazole. As for the studies on the functionality and the diversity of the bacterial population, the application of these pesticides does not seem to induce a clear dose-dependent nor a time effect. On the contrary, with respect to the analysis on microbial diversity, we observed that the application of these three pesticides did influence the number of detected OTU, whereas the diversity index (H') tells us that the use of such pesticides leads to an increase of diversity within the treated samples. Finally, we can conclude that the application of these pesticides affects the abundance and function of the microbial population, but does not lead to lower diversity within the same community.
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PERTILE, GIORGIA. "Potrebbe l'applicazione di pesticidi influenzare l'abbondanza, la struttura, la biodiversità e la funzionalità della comunità microbica del suolo?" Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2016. http://hdl.handle.net/10280/10801.

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Abstract:
In agricoltura, i pesticidi sono stati usati molto frequentemente per salvaguardare le colture dagli attacchi di parassiti e dalle malattie. Questi pesticidi, oltre a uccidere gli organismi target, molte volte colpiscono anche gli organismi non-target. Tra gli organismi non-target, possiamo individuare molti microrganismi utili a determinare la fertilità e la qualità del terreno. La presenza di questi xenobiotici nel terreno può influenzare i principali cicli biogeochimici (N, C, S, P) e altre vie metaboliche (es. β-ketoadipate). In questo studio abbiamo analizzato gli effetti di isoproturon, tebuconazole e chlorpyrifos sull’abbondanza, sulla struttura e sulla diversità della comunità microbica. Inoltre, abbiamo anche studiato gli effetti di questi pesticidi sui geni coinvolti nel ciclo dell’azoto. Si è potuto notare che l’abbondanza della comunità batterica è molto influenzata dall’applicazione del fungicida tebuconazole . Per quanto riguarda gli studi sulla funzionalità e diversità della popolazione microbica, l’applicazione di questi pesticidi sembra non indurre una chiara dose-dipendente e un effetto tempo. Diversamente, in relazione all’analisi sulla diversità microbica, possiamo affermare che l’applicazione di questi tre pesticidi ha influenzato il numero di OTU rilevate; tuttavia, l’indice di diversità (H’) ci dice che l’uso di questi pesticidi porta ad un incremento della diversità all’interno dei campioni trattati. In conclusione, è possibile affermare che l’applicazione di questi pesticidi influenza l’abbondanza e la funzionalità della popolazione microbica, ma non induce una diminuzione della diversità all’interno della medesima comunità.
In agriculture, pesticides have been frequently used to protect crops from pest and disease attacks. Many times such pesticides, besides killing the target organisms, hit non-target organisms. Among the non-target organisms, we can find many useful microorganisms that determine fertility and soil quality. The presence of these xenobiotics in soil can influence the main biogeochemical cycles (N, C, S, P) and other metabolic pathways (eg. Β-ketoadipate). In this study, we investigated the effects of isoproturon, tebuconazole and chlorpyrifos on the abundance, the structure and the diversity of the microbial community. We have also studied the effects of these pesticides on the genes involved in the nitrogen cycle. It was observed that the abundance of the bacterial community is significantly affected by the application of the fungicide tebuconazole. As for the studies on the functionality and the diversity of the bacterial population, the application of these pesticides does not seem to induce a clear dose-dependent nor a time effect. On the contrary, with respect to the analysis on microbial diversity, we observed that the application of these three pesticides did influence the number of detected OTU, whereas the diversity index (H') tells us that the use of such pesticides leads to an increase of diversity within the treated samples. Finally, we can conclude that the application of these pesticides affects the abundance and function of the microbial population, but does not lead to lower diversity within the same community.
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MARINO, Pasquale. "Caratteri tassonomici, ecologici e distributivi del genere Pyrus L. in Sicilia." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2014. http://hdl.handle.net/10447/90886.

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Boemi, Rosa. "Analisi della biodiversità della pedofauna in frutteti a conduzione tradizionale e biologica in zona B del Parco Regionale dell'Etna." Thesis, Università degli Studi di Catania, 2011. http://hdl.handle.net/10761/278.

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Abstract:
I sistemi agricoli sono attualmente caratterizzati da una elevata produttivita' grazie ad una serie di fattori esterni che se da un lato ne innalzano il rendimento e/o la qualita', dall'altro determinano una semplificazione degli agroecosistemi, una sensibile riduzione dell'eterogeneita'  ambientale ed un'erosione della biodiversita'. Diversi autori sostengono, oggi, che ad una minore complessita' di un agroecosistema corrisponda la riduzione della sua stabilita' e propongono una serie di pratiche agro-ecologiche basate sulla diversificazione delle colture e sull'incremento delle aree marginali naturali limitrofe ai sistemi agrari; quest'ultima pratica comporterebbe un incremento della biodiversita' all'interno degli agroecosistemi, con particolare riferimento alle popolazioni di predatori generalisti, predatori specifici, insetti pronubi, etc. ed una riduzione degli interventi antropici con una conseguente minore utilizzazione degli agrofarmaci. La maggior parte delle ricerche sviluppate in questo ambito si e' occupata di valutare le relazioni tra una pratica agronomica ed uno specifico gruppo di animali, evidenziando risultati spesso contrastanti, che variavano al variare della specie, della pratica presa in esame, o della regione geografica oggetto di studio. Raramente l'attenzione si e' rivolta ad una scala piu' ampia della diversita', prendendo in considerazione la struttura a mosaico del paesaggio e la sua influenza sulla composizione e sulla dinamica delle biocenosi degli agroecosistemi e sulla loro capacita' omeostatica. Recenti studi mostrano come l'aumento o il mantenimento di un elevato livello di biodiversita' in campo agricolo dipenda non tanto dalla riduzione delle pratiche di agricoltura convenzionale, ma piuttosto da altri fattori, tra cui, il piu' significativo sembra essere la struttura a chiazze del paesaggio. L'area in cui si e' svolta la presente ricerca e' quella di contrada Palmintelli, ricadente in zona B del versante meridionale del Parco dell'Etna. Il comprensorio nel quale e' compresa tale area mostra una situazione caratterizzata da boschi piu' o meno estesi, inframmezzati da colate laviche di differenti periodi, che talora circoscrivono delle "dagale" (vere e proprie isole di vegetazione naturale) e da frutteti e vigneti. Tutto cio' determina un mosaico di ambienti naturali, seminaturali, ed agricoli, piu' o meno frammentati ed isolati, all'interno di una matrice ambientale caratterizzata, comunque, da un elevato livello di naturalita'. La ricerca ha riguardato lo studio delle comunita' di Coleotteri del suolo di un frutteto a conduzione biologica (Bio) ed di uno, limitrofo, a conduzione tradizionale (Con), definendone la struttura, la diversita' e/o la similarita' sia dal punto di vista qualitativo, che quantitativo. Nello stesso periodo, un analogo studio e' stato condotto in altre due stazioni prossime ai due summenzionati frutteti: una dagala (Dag) ed un fondo (Mis) in cui alla presenza di alberi da frutta si associa quella di lembi di vegetazione naturale, rappresentata da querce e castagni. All'interno di ciascuna stazione sono state collocate delle pit-fall traps riempite con una soluzione di acqua ed aceto e sale da cucina in saturazione; le raccolte hanno riguardato un periodo complessivo di 6 mesi a partire dalla seconda meta' di aprile fino alla prima meta' di ottobre del 2008. In totale sono stati raccolti 17.296 esemplari che sono stati smistati e determinati a livello di taxa superiori; per quanto l'ordine dei Coleotteri, si e' proceduto alla determinazione a livello di Famiglie e di specie, o di morfospecie, con particolare riguardo a quelle appartenenti alle Famiglie dei Carabidi, Stafilinidi e Tenebrionidi. Le catture sono state standardizzate (CS) in base all'unita' di sforzo. In totale sono state censite 35 Famiglie e 193 specie o morfospecie. L'andamento delle frequenze di cattura, espresse come valori di CS, di Coleotteri, sia a livello di Famiglie che di specie, e' stato studiato durante l'intero periodo di campionamento e nelle singole stazioni ed anche relativamente alle singole trappole di ogni stazione. Sono stati elaborati i seguenti indici di biodiversita': Indice di Margalef per valutare la ricchezza in taxa tra le stazioni, indici di Simpson (D) e di Shannon-Weaver (Hà à à ¢ ) per valutare la biodiversita' delle stazioni; L'equiripartizione e' stata valutata con l'utilazzione degli indici di Pielou (E) e di dominanza Sono stati inoltre elaborati gli indici di similarita' rensen (QS) e di Jaccard (Cj), la loro significativita' stata testata con il t-student e con SIMPROF. Per il confronto tra le comunita' si e' fatto ricorso all'analisi multivariata delle comunita'  utilizzando due metodi: il Non Metric Multidimensional Scaling basato sull'indice di similarita' di Bray-Curtis, testato con ANOSIM e SIMPROF, e l'analisi delle corrispondenze. Tutti gli indici, l'analisi multivariata delle comunita' sono stati elaborati in relazione sia alle Famiglie, che alle specie e morfospecie di Coleotteri, con particolare riguardo a Carabidi, Stafilinidi e Tenebrionidi. Lo studio ha evidenziato che: 1. La biodiversita' della fauna del suolo, riscontrata all'interno delle stazioni indagate, risulta mediamente elevata, sia a livello delle Famiglie che del complesso delle specie e morfospecie di Coleotteri. I valori di biodiversita' osservati sono sensibilmente maggiori rispetto a quelli attesi in relazione alla ridotta estensione delle patches esaminate ed al loro grado di frammentazione ed isolamento. In generale, si osserva una coerenza fra gli indici di Margalef, Simpson e Shannon e l'indice di equiripartizione di Pielou. 2. La biodiversia' della pedofauna si manifesta con aspetti differenti a seconda delle stazioni e dei gruppi indagati. In alcuni casi essa sembra dipendere dalla struttura intrinseca delle stazioni, mentre in altri, dai gruppi animali presi in considerazione. I dati evidenziano come la valutazione dei livelli di biodiversita' di un sito debba tenere conto della componente indagata, che generalmente rappresenta una frazione, piu' o meno ampia della diversita' animale complessiva, e risente delle caratteristiche bio-ecologiche delle specie prese in considerazione e della loro plasticita'. Non e'quindi possibile trarre considerazioni generali esaminando uno o pochi gruppi animali, sebbene alcune aree possano presentare caratteristiche strutturali intrinseche che danno una forte ed omogenea connotazione alla struttura ed alle caratteristiche della pedofauna. 3. La biodiversita' si distribuisce in ambiti temporali differenti. I mesi di agosto e settembre mostrano i valori minimi di CS ed il minor numero di Famiglie e specie di Coleotteri campionate. Tuttavia, le specie piu' abbondantemente censite mostrano dei picchi del valore di CS differenti, nei vari periodi del campionamento. L'asincronia delle catture rappresenta un ulteriore aspetto della biodiversita' ed individua nella stagione estiva, caratterizzata da fattori limitanti di primaria importanza in ambito mediterraneo quali la temperatura e l'umidita', il periodo critico per la fauna del suolo degli ambienti naturali e seminaturali. Al di fuori di questo periodo, la frazione di pedofauna esaminata in questo studio mostra un'articolazione ed una complessita' strutturale che le consente di occupare la maggior parte degli ambiti con specie diverse che si susseguono nel tempo, e sembrerebbe confermare i risultati di recenti studi, che individuano nella struttura a mosaico del paesaggio un'importante componente per la conservazione della biodiversita'. 4. Gli indici di similarita' e soprattutto il Non Metric Muldimensional Scaling, basato sull'indice di Bray-Curtis, e l'analisi delle corrispondenze, evidenziano, con valori sempre statisticamente significativi, una omogeneita' fra le trappole delle singole stazioni sotto il profilo delle biocenosi della fauna del suolo a qualsiasi livello esse siano indagate. A tale omogeneita' fa riscontro una scarsa somiglianza fra le stazioni, messa in evidenza sia dagli indici qualitativi di Sà à à à ¸rensen e di Jaccard che dal Non Metric Muldimensional Scaling, basato sull'indice di Bray-Curtis, e dall' analisi delle corrispondenze. Le dissimilarita' riscontrate fra le stazioni risultano, a parte qualche eccezione, statisticamente significative. Anche l'analisi del rango/abbondanza mette in evidenza una struttura differente delle singole stazioni per quanto riguarda le specie di Coleotteri, nonche' di Carabidi, Stafilinidi e Tenebrionidi. La relativa omogeneita' delle stazioni e le differenze fra le stesse, visto che esse sono limitrofe e non presentano sostanziali differenze di esposizione, acclivita' ed altitudine, possono essere imputate alle diverse modalita' di conduzione dei vari fondi indagati, che determinano differenti caratteristiche pedologiche. Lo studio evidenzia come tutte le stazioni prese in esame differiscano sensibilmente fra loro per la struttura delle cenosi indagate, sia dal punto di vista qualitativo, che quantitativo, e come ognuna di esse presenti caratteristiche che le consentono di ospitare frazioni differenti della fauna del suolo, contribuendo in tal modo a mantenere e conservare porzioni significative e peculiari di biodiversita'. La presenza di lembi di vegetazione naturale all'interno degli agroecosistemi accresce la eterogeneita' ambientale e determina una maggiore ricchezza e dinamicita' delle comunita'. 5. Il contributo di questa biodiversita'  alla stabilita' degli agroecosistemi resta da definire. Se da un lato lo studio ha evidenziato la specificita' delle zoocenosi del suolo all'interno delle singole stazioni indagate ed il loro contributo per la conservazione della biodiversita' del territorio, dall'altro restano da definire gli effetti di questa biodiversita' sulla stabilita' degli agroecosistemi. 6. Nell'ottica di una corretta gestione del territorio, soprattutto se si tratta di un'area protetta, le patches vanno tutelate per conservare livelli significativi di biodiversita'. Lo studio evidenzia, infatti, il ruolo strategico delle tessere del mosaico ambientale per la conservazione di adeguati livelli di biodiversita' della fauna del suolo all'interno dell'area in esame. Nell'impostazione di una corretta politica di tutela della biodiversita' e di gestione di un'area protetta, basate su criteri scientifici, e non solamente estetici, il mantenimento di elevati livelli di eterogeneita' del paesaggio rappresenta quindi un principio importante ed una strategia da perseguire.
Currently, italian agro-ecosistyems is featured by high level of production obtained by some external input that, in relation to increasing productivity, cause a noticeable reduction of heterogeneity in agronomics and natural ecosystems Today various authors claim that, at a reduction of biodiversity correspond a low level of ecosystem stability; for this reason they purpose agronomics management systems based on crops diversification and increase of natural marginal areas neighboring the agro-ecosystems;this practice improve biodiversity, specially for generalist and specific predators, pollinating insects etc, with a decrease of human interventions like use of pesticides. Most part of researches in this field aimed to establish the relationship between a certain type of agronomical practice and a specific group of insects with results that it differs in relation to: insect species, selected agronomical practice and location. Seldom the target aimed to a wider scale of biodiversity in reference to landscape mosaic, its effect on agroecosystem biocenotics composition, dynamic and homeostatic. Recent studies show that to high level of biodiversity in agroecosystems correspond more to neighboring landscape mosaic than a reduction of conventional agronomical practices. The area this research has been carried out in is called "Palmintelli", which can be found in B zone of the southern side of the Etna Park. The territory that we are analysing shows a situation characterised by wide woods, interposed by lava streams going back to different periods and which sometimes surround some "dagala" (real isle of natural vegetation) and by some orchards and vineyards. All this determines a mosaic of natural enviroments, half-natural and agrarian, fragmented and isolated, inserted in a context characterised however by a high level of natural landscape. This research has involved the study of communities of coleoptera (beetles) found in the soil of an orchard in biological cultivation (Bio)and another one adjacent planted in a traditional way(Con), underlining the structure, the differences and similarities from a qualitative and quantitative point of view.In the same period a similar study was held in two other survey posts next to the two above named orchards: a "dagala" (Dag) and an allotment (Mis) where the presence of fruittrees is associated with pieces of wild vegetation represented by oaktrees and chestnut trees. Inside each surved post some pit-fall traps have been installed filled with a solution of water, vinegar and table salt in saturation; the gatherings of the pit-fall traps took a six month period beginning from the second half of April till the firsthalf of October 2008. Altogether 17.296 samples have collected which were sorted out and determined in a taxa superior level; as to coleopterons, they were divided into different Families, species and morphospecies with a particular attention to the ones belonging to Carabidae, Stafilinidae, Tenebrionidae Families.The entrapments were standardized according to the effort. Altogether 35 Families and 193 species or morphospecies were recorded.The rate of frequencies and entrapments expressed as value of CS, of Coleopterons both as Families and species, was analysed during the entire period of sampling and in the different survey post and even in the single traps of every survey post. The following data of biodiversity have been processed: à à à ¢ à à à ¢ Inex of Margalef to evaluate the richness in taxa among the survey posts, indexes of Simpson (D) and of Shannon-Weaver (H) to evaluate the biodiversity of the survey post. à à à ¢ à à à ¢ The equal distribution was evaluated with the use of Pielouà à à ¢ s indexes (E) and of dominance. à à à ¢ à à à ¢ Other similar indexes have been elaborated especially of Sà à à à ¸rensen (QS) and of Jaccard (Cj), and their importance has been tested with the T-student and with SIMPROF. As to the comparison between the communities researchers applied a multi-layered analysis of the communities using two methods: the Non Metric Multidimensional Scaling based on the index of similarity of Bray Curtis , tested with ANOSIM and SIMPROF, and the analysis of the corrispondences. All the indexes, and the multi layered analysis of the communities were elaborated in relation with both the Families and the species and morphospecies of coleoptera with a particular regard to Carabidae, Stafilinidae,Tenebrionidae. The study has underline that: 1) Biodiversity of soil fauna results quite high for all selected Taxa (referred at both the families and species or morpho-species group). The à à à à ±-biodiversity values for each Station results significantly higher than expected in relation to patch extension, level of fragmentation and isolation. In general, coherence is observed between index of Margalef, Simpson and Shannon and the evenness index of Pielou. 2) The soil fauna biodiversity shows diversity in relation to different Stations and Taxa analyzed. In some cases, biodiversity appears directly correlated to intrinsic feature of each Station while, in other cases, it is correlated to the analyzed groups. Data show that biodiversity level assessment referred to a site has to take into account the animal component investigated that represents a whole community diversity, being influenced by biological and ecological characters of component itself. So it is not possible to take conclusion only form considering one or a few animal groups, although some areas have intrinsic features that make a strong and homogeneous connotation to the structure and characteristic of the soil fauna. 3) The biodiversity shows different features in relation to different period of analysis. August and September are, for all Taxa, the critical months because of their humidity and temperature rates. However the most abundant species recorded show their number peak in different periods. In other months analyzed Taxa show structure and distribution that allow them to cover all habitats with species that succeed to each other during the different months; that sustains recent studies which consider landscape mosaic a really important source of biodiversity. 4) The similarity indexes and the Non-metric Multidimensional Scaling based on the index of similarity of Bray-Curtis and Correspondence Analysis show, with statistical significant values, an homogeneity among traps of each Station regarding the biocenosis of soil fauna at all level probed. So it is observed a low similarity between the stations, highlighted from the quality indexes of Sà à à à ¸rensen, Jaccard and especially from the Non-metric Multidimensional Scaling, based on the index of similarity of Bray-Curtis and from the Correspondence Analysis. Dissimilarities between species are statistically significant. Rank/abundance analysis highlights a different structure for each station for Coleoptera species, as well for Carabidae, Staphylinidae and Tenebrionidae. The homogeneity of the Stations and their differences, considering their proximity and similarity about exposition, steepness and altitude, may be ascribed at diverse management modality of agro-ecosystems investigated, modality determining differences in the soil features of each Station. This research shows that each Station has a well defined and different fraction of soil fauna, so each selected environment retains a relevant and important biodiversity portion. The presence of strips of natural vegetation within the agro-ecosystems increases the environmental heterogeneity determining more richness and dynamicity in soil fauna communities. 5) This study has underscored the specific zoocenosis in each Station and their role for the preservation of biodiversity. However it remains to define the role of biodiversity as ecology-stabilizer of agro-ecosystems. 6) In relation to a careful territory management, with particular attention to protected areas, all natural patches must be preserved for their high biodiversity value. The present study shows the strategic role of the landscape mosaic in the preservation of biodiversity of the studied environments. Final, for a correct strategy of biodiversity preservation especially within a natural reserve, based on aesthetic and scientific criteria, it is very important maintaining an high level of landscape heterogeneity.
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Ametrano, Claudio Gennaro <1984&gt. "Effetto delle North Adriatic Dense Waters (NAdDW) sulla biodiversità ed il metabolismo delle comunità microbiche del Mar Adriatico Meridionale." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3487.

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Abstract:
Scopo di questa tesi è studiare l’influenza delle acque dense di origine Nord-adriatica (NAdDW) sull’abbondanza , il metabolismo e la biodiversità delle comunità microbiche planctoniche dell’Adriatico meridionale. A tal fine queste masse d’acqua sono state intercettate nell’area compresa tra la penisola del Gargano e la città di Bari nel corso della campagna oceanografica condotta nel Marzo-Aprile 2012 nell’ambito del Progetto di Ricerca Bandiera RITMARE (Ricerca Italiana per il MARE). Nel corso della campagna, sono stati eseguiti campionamenti di acqua superficiale e profonda lungo transetti orientati dalla costa verso il mare aperto lungo la direzione di propagazione prevista dai modelli matematici. La possibile influenza delle NAdDW è stata investigata valutando l’abbondanza totale dei procarioti (Batteri ed Archea) e del nanoplancton, le principali variabili funzionali del metabolismo procariotico (tassi di respirazione e di produzione di carbonio) e la biodiversità dei batteri (descritta utilizzando la tecnica di fingerprinting genetico ARISA e il sequenziamento con tecnica di nuova generazione del gene 16S rDNA). I risultati prodotti per il comparto microbico si inseriscono nell’ambito di uno studio multidisciplinare condotto dal CNR-ISMAR di Venezia per la caratterizzazione del fenomeno delle acque dense.
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ORTIS, GIACOMO. "Biologia e ecologia degli ortotteri tipici degli ecosistemi naturali e agrari: dalla gestione delle infestazioni alla conservazione della biodiversità." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2022. http://hdl.handle.net/11577/3443470.

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Abstract:
Orthopterans occur in most terrestrial habitats and their order includes the grasshoppers, locusts, crickets, and their relatives. They could have an ecological and economic importance, as pivotal elements in trophic food webs and as pests, causing devastating damages to agricultural and forest crops. There are two different management responses: reducing population levels in pest management and maintaining or increasing population levels in conservation management. While the phenomenon of outbreak in Orthoptera is well known worldwide especially for Caelifera suborder, less studied are the outbreaks of Ensifera. The recent and unexpected outbreaks of the bush-cricket Barbitistes vicetinus in the north-east of Italy, gave me the possibility to unravel some significant questions about this forest pest. Firstly, we confirmed the endemic origin of this species, suggesting that environmental factors rather than genetic factors could have a role in the demographic fluctuations of this orthopteran. Secondly, we clarified the role of temperature on survival and diapause, demonstrating how summer temperatures experienced by eggs after oviposition can affect their development, potentially shifting life-cycle from pluriannual to annual. Morevoer, we discovered a native egg parasitoid providing biological, taxonomical and distributional data that could be useful regarding its potential use in biological control against B. vicetinus. Another goal of this thesis was to implement conservation strategies to preserve different Orthoptera species with different ecological requirements. In particular, because agricultural intensification is widely considered a major threat to biodiversity, we investigated wether extensively managed perennial crops such as vineyards and olive groves could represent surrogate habitats for orthopterans. In addition, we focused on the endangered bush-cricket Anonconotus italoaustriacus, analysing genetic populations diversity among its small distribution area in the Alps to improve conservation strategies and prevent extinction.
Orthopterans occur in most terrestrial habitats and their order includes the grasshoppers, locusts, crickets, and their relatives. They could have an ecological and economic importance, as pivotal elements in trophic food webs and as pests, causing devastating damages to agricultural and forest crops. There are two different management responses: reducing population levels in pest management and maintaining or increasing population levels in conservation management. While the phenomenon of outbreak in Orthoptera is well known worldwide especially for Caelifera suborder, less studied are the outbreaks of Ensifera. The recent and unexpected outbreaks of the bush-cricket Barbitistes vicetinus in the north-east of Italy, gave me the possibility to unravel some significant questions about this forest pest. Firstly, we confirmed the endemic origin of this species, suggesting that environmental factors rather than genetic factors could have a role in the demographic fluctuations of this orthopteran. Secondly, we clarified the role of temperature on survival and diapause, demonstrating how summer temperatures experienced by eggs after oviposition can affect their development, potentially shifting life-cycle from pluriannual to annual. Morevoer, we discovered a native egg parasitoid providing biological, taxonomical and distributional data that could be useful regarding its potential use in biological control against B. vicetinus. Another goal of this thesis was to implement conservation strategies to preserve different Orthoptera species with different ecological requirements. In particular, because agricultural intensification is widely considered a major threat to biodiversity, we investigated wether extensively managed perennial crops such as vineyards and olive groves could represent surrogate habitats for orthopterans. In addition, we focused on the endangered bush-cricket Anonconotus italoaustriacus, analysing genetic populations diversity among its small distribution area in the Alps to improve conservation strategies and prevent extinction.
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AGOSTINETTO, GIULIA. "Data-driven approaches for biodiversity exploration via DNA metabarcoding data analysis." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2022. http://hdl.handle.net/10281/365346.

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Abstract:
Gli approcci metagenomici hanno cambiato il modo di studiare la biologia e la biodiversità in diversi campi. In particolare, il progresso tecnologico ci consente di determinare la composizione tassonomica dei campioni e di studiare la biodiversità in ambienti molto diversi. Al giorno d'oggi, il DNA metabarcoding è una procedura standard, applicata in un'ampia gamma di settori, dalla salute umana all'ecologia, alle applicazioni industriali. Negli ultimi anni, il DNA metabarcoding applicato al 16S rRNA è stato ampiamente utilizzato per studiare la comunità batterica, portando ad analisi di routine che hanno creato enormi quantità di dati, consentendo ai ricercatori di sviluppare strategie data-driven per rispondere a domande biologiche complesse. Inoltre, il DNA metabarcoding può essere utilizzato anche per studiare Piante, Animali o Funghi, grazie allo sviluppo di diversi marcatori molecolari. In entrambi i casi, considerando l'enorme quantità di dati prodotti dai ricercatori e disponibili nelle banche dati, una prospettiva di ‘data mining’ nella gestione e nell'esplorazione dei dati di DNA metabarcoding potrebbe essere utile per identificare nuovi pattern ed estrarre maggiori informazioni dai dati. Nella mia tesi di dottorato, mi sono focalizzata su una prospettiva incentrata sui dati di DNA metabarcoding, toccando quattro punti principali che possono potenziare e migliorare le strategie attuali: i) considerare le informazioni molecolari ottenute dal sequenziamento high-throughput del DNA (HTS) e disponibili in archivi pubblici, ii ) migliorare la fase di assegnazione della tassonomia, iii) studiare nuovi metodi per la ricostruzione di pattern di biodiversità e iv) utilizzare dati già prodotti come risorsa preziosa per la ricerca. Questi quattro punti possono migliorare a diversi livelli le potenzialità delle applicazioni di tecniche fondate sul DNA metabarcoding, aprendo la strada a procedure di standardizzazione per marcatori meno diffusi e all'integrazione di nuove strategie di data mining e riutilizzo di dati di DNA metabarcoding.
Metagenomic approaches have changed the way to study biology and biodiversity in several fields. In particular, technology advancement enables us to determine taxa composition and to study complex biodiversity patterns in very different environments. Nowadays, DNA metabarcoding is a standard procedure, applied on a wide range of fields, from human health to ecology, to industry applications. In the last few years, 16S rRNA metabarcoding was widely used to study the bacterial community, leading to routine analysis which created huge amounts of data, bringing researchers to develop data mining strategies in order to answer complex biological questions. On the other hand, DNA metabarcoding can be applied also to study Plants, Animals or Fungi, as very different molecular markers have been identified. In both cases, considering the huge amount of data produced by researchers and available in repositories, a data-driven perspective in managing and exploring DNA metabarcoding data could be useful to collect hidden information and potentially determine undiscovered aspects. In this PhD dissertation, I focused the attention on a data-centered perspective of DNA metabarcoding data, touching four main points that can enhance and ameliorate the current strategies: i) consider the molecular information obtained from high-throughput DNA sequencing (HTS) and available in public repositories, ii) enhance taxonomy assignment step, iii) investigate new methods for pattern reconstruction and iv) use data as a valuable resource for research. These four steps can enhance at different levels the potentials of DNA metabarcoding applications, paving the way for standardization procedures for uncommon markers and the integration of new data mining and data reuse strategies of metabarcoding data.
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GRANDINI, Alessandro. "Caratterizzazione chimica e biologica di oli essenziali dell’Amazzonia orientale e definizione di un loro profilo applicativo in un contesto salutistico." Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2017. http://hdl.handle.net/11392/2478802.

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Abstract:
L’attività di ricerca svolta in questa tesi di dottorato è stata incentrata sulla valorizzazione della biodiversità della foresta amazzonica tramite lo studio di piante aromatiche dell’Ecuador. Tali piante sono particolarmente ricche di oli essenziali, metaboliti secondari costituiti principalmente da molecole volatili odorose, note per essere spesso biologicamente attive. Proprio per via della loro fragranza, gli oli essenziali sono sovente contemplati nelle tradizioni etnomediche delle popolazioni indigene. Questo studio ha come punto di partenza le informazioni della medicina tradizionale con lo scopo di investigare piante poco conosciute potenzialmente interessanti per la salute dell’uomo (in campo farmaceutico, cosmetico ed alimentare). Dopo un’accurata ricerca in letteratura, sono state selezionate per essere studiate le seguenti piante: Chenopodium ambrosioides, Dacryodes peruviana, Piper carpunya, Schinus molle, Tagetes minuta, Endlicheria klugii, Ocotea cernua, Cymbopogon citratus, Ocimum micranthum e Ocotea quixos. Queste specie vegetali fanno parte di differenti famiglie proprio per abbracciare una maggior biodiversità possibile. Grazie ad una collaborazione con l’Universidad Politecnica Salesiana (Quito, Ecuador) e con l’Universidad Estatal Amazonica (Puyo, Ecuador), sono state distillate le droghe fresche delle piante ottenendone gli oli essenziali per arrivare poi ad un “fingerprinting” chimico e biologico. Gli oli essenziali sono stati caratterizzati chimicamente tramite gascromatografia accoppiata alla massa (GC-MS) e risonanza magnetica nucleare (NMR) per una determinazione qualitativa e quantitativa dei composti in essi presenti e successivamente sono stati testati per determinare diverse attività biologiche. Si è partiti dallo studio dell’attività antiossidante mediante il saggio del DPPH, dove l’olio essenziale di O. micranthum ha confermato eccellenti risultati. Sono stati eseguiti test di attività antimicrobica con batteri e funghi sia patogeni per l’uomo che fitopatogeni ed è stata approfondita la loro attività di sinergismo con farmaci di sintesi. Particolarmente interessante si è rilevata l’attività su funghi dermatofiti dove molti dei campioni sono risultati efficaci e il sinergisno con il fluconazolo degli oli essenziali di P. carpunya e S. molle nei confronti di vari ceppi di Candida spp. Sono stati effettuati anche esperimenti di attività antinfiammatoria, nei quali i risultati migliori si sono ottenuti con l’olio essenziale di C. ambrosioides. Per verificare invece la sicurezza per l’uomo sono stati eseguiti test di attività mutagena, dove tutti gli oli essenziali presi in considerazione sono risultati negativi. Infine, è stata realizzata una formulazione cosmentica contenente l’olio essenziale di O. micranthum, ossia quello che si è mostrato più attivo. Lo scopo era quello di trovare un’applicazione per i campioni più promettenti al fine di valorizzare la biodiversità della foresta Amazzonica.
The research activities performed in this PhD thesis focuses to promotion of Amazonian rainforest biodiversity by studying aromatic plants of Ecuador. Aromatics plant are reach of essential oils, secondary metabolites consisting mainly in fragrant volatile molecules known to be usually biologically active. Just for their fragrance essential oils are often known by ethnomedicine of indigenous populations. This study starts from information of traditional medicine to investigate poorly known plants potentially interesting for human health (in pharmaceutical, cosmetic and food environment). After careful literature research were choosen these plants Chenopodium ambrosioides, Dacryodes peruviana, Piper carpunya, Schinus molle, Tagetes minuta, Endlicheria klugii, Ocotea cernua, Cymbopogon citratus, Ocimum micranthum and Ocotea quixos. All of different families to consider greater biodiversity possible. Collaborating with the Universidad Politecnica Salesiana (Quito, Ecuador) and with Universidad Estatal Amazonica (Puyo, Ecuador), fresh crude drugs have been distilled to obtain essential oils (EOs) for a phytochemical and biological fingerprinting. The EOs have been chemically characterized through GC-MS and NMR for qualitative and quantitative determination of the compounds and tested for various biological activities. Was performed antioxidant activity with DPPH assay, where O. micranthum essential oil confirmed excellent results. Was performed antimicrobial assays for human or plant pathogens bacteria and fungi, and synergistic studies between essential oil and synthetic drugs where essential oils have been particular efficient against dermatophyte and P. carpunya and S. molle essential oils shown good synergism with fluconazole in Candida spp. Strains. Were conducted antinflamatory tests in which C. ambrosioides essential oil gave best results and mutagenic experiments to verify human safety that excluded potential mutagenic activities. Finally was made a cosmetics formulation with O. micranthum, the more active essential oil. The aims was precisely to find an application for best samples to increase in value the Amazonian biodiversity.
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DE, SIMONE WALTER. "Geostatistica e machine learning nell'analisi dei disturbi ecosistemici. Tecniche avanzate di monitoraggio per la salvaguardia della biodiversità e del benessere umano." Doctoral thesis, Università degli Studi dell'Aquila, 2022. http://hdl.handle.net/11697/192071.

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Abstract:
I cambiamenti climatici e le modificazioni dell’ambiente risultano tra le questioni più urgenti dell’Antropocene. Queste alterazioni sono in grado di generare effetti diretti e indiretti sulla maggior parte dei processi fondamentali del nostro pianeta, innescando crescenti preoccupazioni globali in merito alla biodiversità, alla sicurezza alimentare e alla produzione di energia. Negli ultimi 50 anni il principale responsabile dei cambiamenti globali risulta essere l’uomo, che attraverso l’uso massiccio di combustibili fossili e le alterazioni dell’ambiente ha determinato un’importante accelerazione in questi cambiamenti a livello globale. Tra i fenomeni che minacciano maggiormente l’integrità degli ecosistemi vi è l’alterazione dei “regimi di disturbo” (collegata direttamente e indirettamente al cambiamento climatico ed alle attività umane), che modifica gli elementi dell'ambiente biologico e/o fisico provocando trasformazioni altamente visibili, rapide e persistenti. Tra i disturbi più studiati, fortemente legati ai cambiamenti globali, vi sono gli incendi e le invasioni biologiche. Questi disturbi minacciano sempre più la biodiversità globale, l'economia, la sicurezza alimentare, come anche la salute umana. La modellistica ecologica e le tecniche di telerilevamento risultano uno strumento molto efficace per lo studio dei disturbi, in quanto permettono di individuare e caratterizzare questi fenomeni in maniera spazialmente esplicita, riuscendo anche a quantificare l’entità del danno. Il presente lavoro di tesi si inserisce in questo contesto attraverso l’approfondimento delle tecniche di modellistica ecologica e telerilevamento, ponendo come obbiettivo lo studio delle dinamiche tra vegetazione e fauna in relazione ai regimi di disturbo. L’attenzione è stata rivolta in particolare verso le due tipologie di disturbo precedentemente citate: gli incendi e le invasioni biologiche, che sono stati indagati all’interno di diversi ambiti (agronomico, sanitario, conservazionistico) e a diverse scale spaziali (locale e continentale). I risultati ottenuti potranno fornire utili approcci metodologici nella definizione e nell’attuazione delle politiche di conservazione e gestione dei disturbi, costituendo una grande risorsa soprattutto in considerazione delle problematiche che tali eventi comportano a livello di ambiente naturale ed antropico.
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Volpato, Alessio <1985&gt. "La biodiversità nell'agro-ecosistema ad alto valore naturale. Il caso di studio dell'agro-eco-paesaggio dei Palù del Quartier di Piave." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/1820.

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Betto, Viola Maria <1992&gt. "Monitoraggio della biodiversità del genere Ceramium (Rhodophyta) nella Laguna di Venezia e nei suoi litorali tramite il metodo del DNA Barcoding." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/12492.

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Abstract:
Ceramium Roth è uno dei generi di alghe rosse (Rhodophyta) con il maggior numero di specie. Presenta una vasta distribuzione geografica che si estende dalle coste dei mari tropicali a quelle di climi temperati-freddi. Il genere è caratterizzato da un’elevata variabilità morfologica spesso influenzata dalle condizioni ambientali di crescita. Questo rende l’identificazione delle diverse specie molto difficile. Il problema di una corretta identificazione di queste specie algali è ancora maggiore in aree con un intenso traffico navale in cui nuove specie alloctone possono essere facilmente introdotte da aree extra-Mediterranee. Per questo motivo durante questo internato di tesi è stata studiata la biodiversità del genere Ceramium nella Laguna di Venezia e nelle aree litorali sia da un punto di vista morfologico sia usando un approccio di tipo molecolare. In particolare, è stato usato il metodo del DNA Barcoding che, tramite l’analisi di brevi frammenti del genoma, permette una rapida e univoca identificazione dei campioni in esame. È stato possibile, quindi, determinare la maggior parte delle specie presenti nell’ambiente lagunare e litorale di Venezia e confrontarle con quelle segnalate in letteratura fino ad oggi. Oltre a specie comunemente presenti è stato possibile individuare alcune specie nuove finora mai segnalate in queste aree.
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Fusaro, Silvia. "Evaluation, maintenance and improvement of biodiversity for environmental protection and crop nutritional properties." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3423960.

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Abstract:
Biodiversity is expected to be an assurance for agroecosystem resilience because it seems fundamental to preserve basic ecosystem services (ES). To examine in depth these topics, the present research aims: a) to evaluate, in real farms, the environmental sustainability by measuring the efficiency of some key ES in agroecosystems with different management; b) to search for relationships among biodiversity groups and ES and c) to explore the existence of correlations between different bioindication methodologies. The basic hypothesis is that a high efficiency of the ES can improve the environmental sustainability of agroecosystems. ES were studied by using several bioindicators associated to the functional biodiversity, which guarantees these useful services to crops. The chosen bioindicators, representing the principal trophic levels, were appropriate tools to investigate the complexity of food web in the crop field. The chosen bioindicators providing basic ES were: 1. Earthworms, soil structure drivers, responsible for air and water circulation and drainage, for organic matter (OM) decomposition and for cast enriching activity; 2. Mesofauna (including mites and springtails), which comprises mainly detritivores and small preys and predators; 3. Soil bacteria and fungi, promoters of OM decomposition, nutrient cycles, soil enzymatic activities and improvement of soil-root-water relationships; 4. Key Predators (including carabids) and parasitoids, natural control agents for crop pest outbreaks; 5. Crop Weeds and field margin vegetation, important reporters of soil conditions, can act as shelters for overwintering, provide alternative food sources for useful fauna and can attract pollinators in the field area. The research was carried out during 2012-2013 in five organic-biodynamic and five conventional horticultural fields in the Venice and Treviso provinces. The methodologies adopted to sample biodiversity of these bioindicators were: 30x30x20cm soil core hand sorting with irritant mustard powder water suspension for earthworms; Berlese-Tullgren extractor for mesofauna; Automated Ribosomal Intergenic Spacer Analysis and 16S and ITS sequencing performed in a 454 system (Roche) for overall communities of soil bacteria and fungi, PCR and qRT-PCR with specific primers for Arbuscular Mycorrhizal Fungi (AMF); Visual control on the aboveground part of crop for phytophagous agent and predator communities; Indoor breeding for parasitoid communities; Random nested data collection for weed communities. After sampling with the aim to know the biodiversity guilds, other innovative techniques were exploited to measure environmental quality. Regarding the component of soil mesofauna, the QBS-ar index was applied to assess the status of soil alteration but not performable by a taxonomically inexperienced operator. In order to analyse earthworms, the new QBS-e index based on earthworm ecological categories, similar to QBS-ar but easier to use also by non-experts, was successfully applied. To measure microbiological activity and biomass, soil respiration rate assay, Fluorescein Diacetate hydrolysis test, dsDNA quantification together with key soil enzymatic activities were carried out along with probes with Fertimeters , simple devices made of silk and cotton yarns working as reporters of organic matter degradation. In order to assess the natural pest control, besides the quantification of predator presence in the field, the parasitization and hyperparasitization percentages regarding one of the most problematic cabbage pest (Plutella xylostella) were calculated. To quantify the extent of pollinator and useful fauna attraction of weed communities, an Entomophily Index (E.I.) was adopted that takes into account the presence and abundance of insect-pollinated species. Some conclusive remarks were: 1.Taxa composition of a bioindicator group does not always change according to different agroecosystem managements. There seem to be more sensitive bioindicators to management practices, such as predators and parasitoids (belonging to higher trophic levels), than others, such as phytophagous agents and weeds. 2.Biodiversity, simply described with classical diversity indexes found in literature, seemed not to be associated to the ES efficiency, probably because the link has to be searched in the complexity of interactions among all biodiversity groups. 3.Agroecosystems managed in an organic-biodynamic way demonstrated to have more efficient ES (almost all among the ones measured) both in the aboveground and in the epigeal sectors and therefore this management system can be defined as more sustainable from environmental point of view. 4.Finally a great quantity of correlations emerged between all analysed indicators (biotic and functional): these could be very useful to better planning future programs of monitoring of agroecosystem conditions
La biodiversità è ritenuta essere una sorta di garanzia per la resilienza dell’agroecosistema in quanto sembra fondamentale per preservare basilari servizi ecosistemici (SE). Al fine di approfondire queste tematiche, questo lavoro si propone di: a) valutare, in aziende reali, la sostenibilità ambientale misurando l’efficienza di alcuni SE chiave in agroecosistemi a differente gestione; b) cercare relazioni fra i gruppi di biodiversità studiati e i SE e c) esplorare l’esistenza di correlazioni fra le differenti metodologie di analisi considerate. L’ipotesi di base è che una elevata efficienza dei SE può migliorare la sostenibilità ambientale dell’agroecosistema. I SE sono stati studiati utilizzando numerosi bioindicatori associati alla biodiversità funzionale, che è in grado di garantire alla coltura questi utili servizi. I bioindicatori scelti, appartenenti ai principali livelli trofici, sono stati strumenti appropriati per indagare la complessità della rete trofica nel campo coltivato. I bioindicatori scelti, che provvedono a SE fondamentali, sono stati: 1. Lombrichi, promotori della struttura del suolo, fra i maggiori responsabili della circolazione di aria e acqua e del drenaggio, della decomposizione della sostanza organica e della attività di arricchimento del suolo in nutrienti dovuta agli escrementi; 2. Mesofauna (come acari e collemboli), che comprende principalmente detritivori e piccole prede e predatori; 3. Batteri e funghi del suolo, promotori della degradazione della sostanza organica, dei cicli biogeochimici dei nutrienti, delle attività enzimatiche del suolo e del miglioramento delle relazioni suolo-radici-acqua; 4. Predatori (compresi i carabidi) e parassitoidi, agenti di controllo naturale delle pullulazioni di fitofagi; 5. Malerbe del campo coltivato e Piante spontanee di margine, importanti reporter delle condizioni del suolo, che possono fungere da rifugi per lo svernamento, possono fornire fonti alternative di cibo per la fauna utile e inoltre possono attrarre impollinatori nell’area del campo. La ricerca è stata sviluppata negli anni 2012-2013 in cinque campi biologici-biodinamici e cinque campi convenzionali coltivati ad orticole siti nelle province di Venezia e Treviso. Le metodologie per campionare la biodiversità di questi bioindicatori sono state le seguenti: hand sorting su una zolla di 30x30x20cm con precedente versamento di sospensione acquosa di polvere di senape, che funge da irritante per i lombrichi (in particolare per i profondi scavatori); l’estrazione con l’apparato Berlese-Tullgren per la mesofauna; la tecnica Automated Ribosomal Intergenic Spacer Analysis e il sequenziamento del gene 16S e ITS eseguito con il sistema 454 (Roche) per lo studio completo delle comunità di batteri e funghi del suolo, la tecnica PCR e real time-PCR con primer specifici per i funghi micorrizici (AMF); il controllo visivo sulla parte epigea della pianta coltivata per l’indagine della presenza di fitofagi e predatori; il successivo allevamento in laboratorio per indagare le comunità di parassitoidi; la raccolta raggruppata e casuale di dati sulle specie e le relative abbondanze di piante erbacee spontanee per esaminarne le comunità nell’area del campo e del margine erboso di capezzagna. Dopo aver campionato con lo scopo di conoscere i principali gruppi di biodiversità, si è proceduto applicando delle tecniche innovative e speditive utili per misurare la qualità dell’agroecosistema. Considerando la componente della mesofauna del suolo, è stato applicato l’indice QBS-ar per valutare lo stato di alterazione del suolo ma non applicabile da un operatore non esperto in tassonomia. Al fine di analizzare la comunità di lombrichi, è stato applicato il nuovo indice QBS-e basato sulle loro categorie ecologiche, simile al QBS-ar ma più facile da usare anche da non esperti. Per misurare l’attività e la biomassa microbica, il test di valutazione del tasso di respirazione del suolo, il test di idrolisi della fluoresceina diacetato, la quantificazione del dsDNA unitamente a saggi sulle attività di enzimi chiave del suolo sono stati condotti insieme al test con il fertimetro , un semplice strumento costituito da fili di seta e cotone che fungono da reporter della degradazione della sostanza organica. Al fine di valutare il controllo biologico naturale dei parassiti delle colture, oltre alla quantificazione dei predatori presenti sul campo, sono state calcolate anche le percentuali di parassitizzazione e iperparassitizzazione relative ad uno fra i più problematici parassiti del cavolfiore (Plutella xylostella). Per quantificare l’entità dell’attrazione di impollinatori e fauna utile svolta dalla comunità delle piante erbacee spontanee, un indice di entomofilia (E.I.), che prende in considerazione la presenza e l’abbondanza di specie entomofile, è stato applicato. Alcune considerazioni conclusive sono state: 1. La composizione in taxa di un gruppo di bioindicatori non sempre cambia in base a differenti gestioni dell’agroecosistema. Sembrano esserci bioindicatori più sensibili alle pratiche di gestione, come ad esempio i predatori e i parassitoidi (appartenenti a livelli trofici superiori), rispetto ad altri, come fitofagi e malerbe. 2. Gli agroecosistemi a gestione biologico-biodinamica hanno dimostrato di avere SE più efficienti (quasi tutti fra quelli misurati) sia nel settore ipogeo che in quello epigeo e perciò questo tipo di gestione si può definire più sostenibile dal punto di vista ambientale. 3. La biodiversità, descritta semplicemente con i classici indici di biodiversità che si trovano in letteratura, non sembra essere associata all’efficienza dei SE, probabilmente perché il collegamento fra questi due fattori deve essere cercato nella complessità delle interazioni fra tutti i gruppi di biodiversità considerati. 4. Infine, una grande quantità di correlazioni fra tutti gli indicatori analizzati (biotici e funzionali) è emersa: tali correlazioni potrebbero essere molto utili per pianificare meglio futuri programmi di monitoraggio delle condizioni degli agroecosistemi
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Antonioli, Marta. "Effects of natural drivers on marine prokaryotic community structure." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2014. http://hdl.handle.net/10077/10136.

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Abstract:
2012/2013
Heterotrophic nanoflagellate (HNF) grazing is one of the major source of prokaryotic mortality in marine ecosystems, acting as a strong selection pressure on communities. Protozoans may thus affect prokaryotic abundance and alter the diversity and the taxonomic composition of the prey community, as individual prokaryotes can develop distinct grazing-resistant mechanisms. Moreover, the microbial loop is well known to regulate carbon fluxes in surface marine environments but few studies have quantified the impact of HNF predation on prokaryotes in the dark ocean. The present work was aimed to: (1) quantify the impact of HNF predation on the deep prokaryotes biomass; (2) investigate if and how prey diversity varies in response to different predation pressure; (3) define taxonomic community composition in studied areas and identify most affected prokaryotic phylotypes by HNF grazing (4) evaluate the effects of small HNF (<3 µm), which are known to dominate nano-sized compartment and represent the main bacterivores in aquatic ecosystems, being an important link between bacteria and larger protists; (5) evidence differences in community sensitivity to grazing between surface and mesopelagic ecosystems (6) identify the main environmental drivers shaping microbial community diversity. Predation experiments were performed with surface and mesopelagic water samples collected from the Southern Adriatic and Northern Ionian basins. An additional predation experiment was set up in the North-eastern Adriatic Sea. We coupled the traditional ‘dilution method’ with high-throughput molecular analysis (ARISA and Ion Torrent/454 sequencing) to provide a quantitatively and qualitatively evaluation of the grazing process occurring in marine microbial communities. The present work is structured by four manuscripts in preparation and one manuscript already submitted. 1. Heterotrophic nanoflagellate grazing on picoplankton in deep waters (manuscript in preparation) 2. Effects of heterotrophic flagellate predation on bacterial community diversity (manuscript in preparation) 3. HNF grazing impact on taxonomic composition of marine prokaryotic community (manuscript in preparation) 4. Environmental drivers structuring surface and deep bacterial communities in Adriatic and Ionian Seas (manuscript in preparation) 5. Biodiversity changes of bacterial community under predation pressure analyzed by 16S rRNA pyrosequencing (manuscript submitted) My PhD research led to important progresses in the comprehension of microbial dynamics regulating carbon cycles and bacterial diversity in the Adriatic and Ionian basins. Prokaryotic abundance and biomass were one order of magnitude higher in the photic than in the aphotic layers of Southern Adriatic and Ionian Seas (surface biomass 1.68 ± 1.76 µC L-1, deep biomass 9.00 ± 2.11 µC L-1). The Northern Adriatic community presented the highest biomass value (57.46 µC L-1), according to its richer trophic status. All in situ communities displayed the same evenness, being dominated by rare phylotypes. Rare taxa were confirmed to represent the major contributors of microbial communities, with only a few phylotypes dominant. Mesopelagic bacterial communities were as rich and variable as surface assemblages, despite the significant biomass decrease along the water column. Natural archaeal assemblages were characterized by very low richness as we recovered only two genera (Cenarchaeum and Nitrosopumilus), while in situ bacterial communities were composed by the six major marine phyla (Proteobacteria, Cyanobacteria, Bacteroidetes, Actinobacteria, Firmicutes and Deinococcus-Thermus), whose contribution varied according to sampling depth. Flagellates were demonstrated to efficiently control their preys (ingestion rates: 7.86-22.26 µg C L-1 in surface experiments, 0.53-10.61 µg C L-1 in deep experiments), causing important losses in the potentially produced prokaryotic biomass. Despite picoplankton and HNF abundance reduction with depth contrasts with the hypothesis that at least 108 picoplanktonic cells L-1 are necessary to sustain HNF community, our data confirm that also in mesopelagic waters prey and predator concentrations are sufficient to sustain efficient microbial food webs. HNF grazing modified bacterial community diversity in both surface and deep marine systems but with different strength. Mesopelagic communities were more sensitive to grazing impact, evidencing a bell-shaped response to the increasing ingestion rates. Moderate-high top-down control preserved or enhanced bacterial diversity, that fell at low predation. In upper communities grazing did not induce wide variations of bacterial richness and evenness, revealing to be more stable. Small HNF (<3 µm) were the dominant size fraction within flagellate communities and likely constituted the main bacterivores. After the removal of large HNF, a higher fraction of prokaryotic phylotypes was affected. Larger protists partially reduced small flagellate impact on their preys. Larger HNF had a more important role in photic systems compared to mesopelagic waters. The fraction of bacterial taxa favored or affected by predation when small HNF were the only predators more markedly varied in surface experiments, while few phylotypes changes their behavior between the two size treatments in deep experiments. Some taxa were consumed mainly by larger HNF (3-10 µm), while others were grazed by smaller ones (<3 µm). Over 50% of the predated phylotypes belonged to the rare biosphere, mainly in the surface experiments. Rare bacteria are thus not only a dormant ‘seed bank’ but constitute a fundamental component of microbial food webs and actively vector the carbon transfer toward higher trophic levels, being as important as dominant organisms. Although general patterns applicable to all communities were not found, trends of selectivity over different phylotypes were highlighted within sampling layer along the water column and between different systems. While the majority of predator-prey interactions were characteristic to specific environments, some can be considered common to different systems (e.g. Burkholderiaceae and Pseudomonadaceae were exclusively selected in all mesopelagic sites, Bacterivoracaceae were subjected to small HNF predation independently from sampling site or depth). The Southern Adriatic and Ionian basins were significantly distinguished by both the physicochemical water characteristics and the prokaryotes and protists abundance distributions. Cluster analysis based on Jaccard and Bray-Curtis metrics evidenced that depth and geographical location of sampling sites influenced bacterial community similarity. The Southern Adriatic Sea was clearly distinguished from the Ionian Sea. The Northern Adriatic samples were always separated from the others, coherently with different biotic and abiotic characteristics of the sub-basin. Additionally, temperature, chl a and O2 concentration represented important environmental drivers shaping biodiversity of bacterial communities that inhabit Adriatic and Ionian basins. In conclusion, we evidenced that heterotrophic flagellates control bacterial biomass and select certain taxa among all possible preys, grazing also on the rare ones. HNF predation thus shapes bacterial community structures, which in turn influence the ecosystem functioning. Despite the cell abundance decrease of both predators and preys reduces encounter probabilities, the dark ocean hosts complex microbial food webs, structured around three trophic levels (i.e. prokaryotes, small and large heterotrophic flagellates).
I nanoflagellati eterotrofi (HNF) costituiscono una delle principali cause di mortalità dei procarioti in ambiente marino, esercitando una forte selezione sulle comunità predate. Possono modificarne l’abbondanza cellulare e alterarne la diversità e la composizione tassonomica, in quanto le diverse specie procariotiche possono sviluppare distintivi meccanismi di resistenza alla predazione. Mentre l’impatto degli HNF sui procarioti degli acque marine superficiali è ben noto, pochi studi si sono focalizzati sullo studio degli ambienti profondi. Il presenta lavoro di dottorato è stato finalizzato a: (1) quantificare l’impatto della predazione da parte degli HNF sulla biomassa procariotica profonda; (2) capire se e come la biodiversità della comunità predata vari in risposta alla diversa pressione di predazione; (3) definire la composizione tassonomica delle comunità presenti nell’area di studio e identificare i filotipi maggiormente colpiti dalla predazione da parte degli HNF; (4) valutare il contributo dei piccolo flagellati (<3 µm), i quali costituiscono la più abbondante frazione nanoplanctonica e rappresentano i principali organismi batterivori negli ambienti acquatici; (5) evidenziare possibili differenze nella risposta alla predazione tra comunità procariotiche che vivono in acque superficiali e profonde; (6) identificare i principali fattori ambientali che modulano la diversità delle comunità microbiche. Esperimenti di predazione sono stati condotti su campioni di acqua superficiale e mesopelagica raccolti nel Mar Adriatico meridionale e nel Mar Ionio settentrionale. Un ulteriore esperimento è stato condotto nel Mar Adriatico nord-orientale. Il tradizionale metodo delle diluizioni è stato abbinato ad analisi molecolari quali elettroforesi capillare (ARISA) e sequenziamento (Ion Torrent e 454) per consentire una valutazione quali-quantitativa degli effetti della predazione sulle comunità microbiche marine. La presente tesi è costituita da quattro articoli in preparazione e un articolo già sottomesso: 1. Heterotrophic nanoflagellate grazing on picoplankton in deep waters (articolo in preparazione) 2. Effects of heterotrophic flagellate predation on bacterial community diversity (articolo in preparazione) 3. HNF grazing impact on taxonomic composition of marine prokaryotic community (articolo in preparazione) 4. Environmental drivers structuring surface and deep bacterial communities in Adriatic and Ionian Seas (articolo in preparazione) 5. Biodiversity changes of bacterial community under predation pressure analyzed by 16S rRNA pyrosequencing (articolo sottomesso) La ricerca condotta durante il mio dottorato ha portato a interessanti progressi nella comprensione delle dinamiche microbiche che regolano i cicli del carbonio e la diversità batterica nei bacini adriatico e ionico. L’abbondanza e la biomassa delle comunità procariotiche superficiali è risultata un ordine di grandezza superiore rispetto alle comunità profonde in Mar Adriatico meridionale e Mar Ionio (biomassa superficiale 9.00 ± 2.11 µC L-1, biomassa profonda 1.68 ± 1.76 µC L-1). La comunità descritta nel Mar Adriatico settentrionale è caratterizzata dai valori più elevati di biomassa (57.46 µC L-1), coerentemente con l’eutrofia del bacino. I flagellati eterotrofi hanno causando perdite significative nella biomassa procariotica in tutti gli esperimenti condotti, con tassi di ingestione pari a 7.86-22.26 µgC L-1 negli esperimenti superficiali e 0.53-10.61 µgC L-1 negli esperimenti profondi. Un’abbondanza picoplanctonica di 108 cellule L-1 è stata ipotizzata come necessaria per sostenere la comunità degli flagellati. Nonostante l’aumento della profondità comporti una riduzione dell’abbondanza del picoplancton tale da non raggiungere questa soglia, i nostri dati confermano che anche negli ambienti profondi si instaurano interazione preda-predatore sufficienti a sostenere le reti trofiche microbiche. Tutte le comunità in situ hanno mostrato la medesima distribuzione, con prevalenza di filotipi rari e pochi gruppi dominanti. Le comunità mesopelagiche presentano diversità e variabilità analoghe a quelle superficiali, nonostante il decremento in biomassa lungo la colonna d’acqua. Una bassa diversità è stata osservata nelle comunità naturali di Archea, dove sono stati rilevati due soli generi (Cenarchaeum e Nitrosopumilus), mentre le comunità batteriche sono composte dai sei principali phyla marini (Proteobacteria, Cyanobacteria, Bacteroidetes, Actinobacteria, Firmicutes e Deinococcus-Thermus), la cui frequenza varia in base alla profondità di campionamento. La predazione esercitata dagli HNF ha modificato la diversità delle comunità sia superficiali che profonde ma con diversi effetti. Le comunità profonde si sono dimostrate più suscettibili alla diversa intensità della predazione. Un controllo top-down medio-alto ha preservato o incrementato la diversità batterica, che invece è risultata fortemente ridotta con bassa pressione di predazione. Al contrario, le comunità superficiali hanno subito solo leggere variazioni nella biodiversità batterica in risposta ai diversi tassi di ingestione, dimostrandosi più stabili. I piccoli flagellati (<3 µm) costituiscono la frazione dominante delle comunità nanoplanctoniche. In seguito alla rimozione dei predatori >3 µm, variazione significative dell’abbondanza sono state riscontrate in una maggiore percentuale di filotipi procariotici. Flagellati di maggiori dimensioni possono quindi mitigare l’impatto dei piccoli predatori sulle prede, con una maggior influenza nei sistemi fotici. Alcuni taxa batterici sono stati consumati prevalentemente dal grandi HNF (3-10 µm), mentre altri sono stati selezionati dai piccoli flagellati (<3 µm). Oltre il 50% dei filotipi predati apparteneva alla biosfera rara, soprattutto negli esperimenti condotti in superficie. I batteri rari (0.1-1% dell’abbondanza totale) non rappresentano quindi una frazione ‘dormiente’ il cui contributo varia in seguito a cambiamenti delle condizioni ambientali, come inizialmente ipotizzato. Costituiscono invece una componente fondamentale delle reti trofiche microbiche e contribuiscono attivamente al trasferimento di carbonio verso i livelli trofici superiori, così come gli organismi dominanti. Nonostante ciascuna comunità risponda in maniera distintiva alla predazione, in funzione della composizione tassonomica delle comunità stesse e dello stato trofico del sistema, alcuni indizi di selettività sono stati individuati. Alcune interazioni preda-predatore si sono rivelate tipiche delle comunità profonde o superficiali, mentre altre erano comuni ad entrambi i sistemi (es. Burkholderiaceae e Pseudomonadaceae sono stati selezionati sono in ambiente pelagico, Bacterivoracaceae sono stati sottoposti a predazione da parte di piccolo flagellati in tutti gli esperimenti, indipendentemente dalla profondità e dal sito di campionamento). I bacini Adriatico meridionale e Ionio settentrionale sono significativamente distinti sia per le caratteristiche chimico-fisiche della colonna d’acqua, sia per l’abbondanza di pico- e nanoplancton. La cluster analisi basata sugli indici di Jaccard e Bray-Curtis ha evidenziato che profondità di campionamento e localizzazione geografica sono i principali fattori che determinano la similarità tra le comunità batteriche. Il Mar Adriatico settentrionale è risultato sempre separato dagli altri campioni, coerentemente con le diverse caratteristiche biotiche e abiotiche del bacino. Oltre a profondità e sito geografico, temperatura, concentrazione di chl a e ossigeno contribuiscono a determinare la biodiversità batterica adriatica e ionica. In conclusione, il presente lavoro ha evidenziato come i flagellati eterotrofi controllino la biomassa procariotica e mostrino preferenza per determinati taxa, selezionando anche quelli rari. La predazione influenza la struttura delle comunità e di conseguenza il funzionamento degli ecosistemi. Anche gli ambienti marini profondi ospitano complesse reti trofiche, strutturate attorno a tre livelli principali (procarioti, piccoli e grandi flagellati eterotrofi) così come le acque superficiali.
XXVI Ciclo
1986
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CAPPA, FABRIZIO. "Wild boar impacts on crops and nemoral flora in lowland areas of northern Italy." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2021. http://hdl.handle.net/10281/305594.

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Abstract:
La selezione degli habitat del cinghiale è stata studiata nel Parco Regionale della Valle del Ticino, raccogliendo dati sulla distribuzione e abbondanza dei segni di presenza lungo 30 itinerari (lunghezza media 8,02 km, SD = 2,97) rilevati in autunno-inverno e primavera. Abbiamo confrontato l'uso dei diversi tipi di habitat con la loro disponibilità dall'indice α di Manly-Chesson. Per stimare l'effetto della composizione dell'habitat sulla presenza di cinghiali, abbiamo formulato una funzione di probabilità di selezione delle risorse (RSPF) mediante analisi di regressione logistica binaria (BLRA). Per analizzare la presenza nei diversi tipi di habitat, abbiamo effettuato analisi di correlazione e regressione tra l'Indice di Abbondanza Chilometrica (IKA) e la percentuale di tipi di habitat sugli itinerari. Il cinghiale principalmente seleziona i boschi decidui durante tutto l'anno, le foreste di conifere sono utilizzate secondo la loro disponibilità mentre le risaie e le aree urbanizzate vengono evitate. I prati sono prevalentemente utilizzati durante l'autunno e l'inverno mentre in primavera la presenza del cinghiale è più alta nelle zone dove la lunghezza dei margini del bosco è maggiore. Il modello logistico formulato mostra che le foreste decidue ad alta densità hanno influenzato positivamente la probabilità di presenza di cinghiali. Prati e campi hanno invece mostrato un'influenza negativa. La Zona di Protezione Speciale “Risaie della Lomellina” è stata oggetto di uno studio per determinare l'impatto del cinghiale sui terreni coltivati e formulare un modello di previsione del rischio attraverso un'analisi di regressione logistica binaria. I danni hanno riguardato quasi esclusivamente il mais e si sono concentrati in primavera ed estate. Casi sporadici di danni hanno riguardato campi di riso, soia e sorgo. Il rischio di danni è risultato maggiore nei campi vicini alle foreste, lontano dalle strade principali, dalle aree urbane e dalle siepi continue, e nelle aree a bassa densità di popolazione umana. Nel Parco Naturale della Valle del Ticino, dal 2010 al 2017, il 49% delle denunce riporta un evento di danno al mais e il 43% ai prati. La spesa complessiva per rimborsi del mais è stata pari a 439.341,52 euro, con danni concentrati a maggio e tra agosto e settembre. Per i prati i rimborsi sono stati pari a 324.768,66 euro, con eventi di danno concentrati nei mesi di febbraio e marzo. Per ridurre i danni alle colture, l'amministrazione del Parco ha effettuato un controllo letale della popolazione di cinghiali. Dal 2006 al 2017, il metodo di controllo più utilizzato è stato l'abbattimento da altana. Non abbiamo trovato relazioni significative tra il numero di cinghiali abbattuti e l'entità del danno. I fattori che determinano la diminuzione della probabilità di danni alle colture sono principalmente legati al disturbo antropico e alle caratteristiche dei campi e il modello predittivo del rischio di danno ha mostrato una buona capacità predittiva. Le analisi della vitalità della popolazione hanno mostrato che non è possibile ottenere una riduzione drastica con l'attuale tasso di prelievo. Triplicandolo e concentrandolo sulle femmine e sui subadulti si otterrebbe una riduzione numerica del 50% della popolazione in 7 anni e la probabilità di sopravvivenza della popolazione sarebbe dimezzata in 3 anni. Tra marzo e agosto 2019 abbiamo studiato i fattori che influenzano la selezione dell'habitat alimentare del cinghiale e l'impatto del grufolamento sulla flora nemorale. L'alimentazione durante la primavera e l'estate sembra concentrata nelle zone boschive caratterizzate da suoli freschi, dove lo spessore della lettiera è maggiore e il contenuto di frutti, soprattutto ghiande, è maggiore. Nonostante la correlazione significativa tra rooting e presenza delle nemorali non sembra esserci un effetto significativo e negativo sul numero e l'abbondanza di specie presenti.
The habitat selection by the wild boar was studied in the Ticino Valley Regional Park. The study was carried out collecting data on distribution and abundance of presence signs along 30 itineraries (average length 8.02 km, SD = 2.97) surveyed in autumn-winter and spring. We firstly compared the use of the different habitat types with their availability by the Manly-Chesson α index. To estimate the effect of habitat composition on wild boar presence we formulated a Resource Selection Probability Function (RSPF) by Binary Logistic Regression Analysis (BLRA). To analyse the attendance of the different type of habitats by the species we carried out correlation and regression analyses between the Index of Kilometric Abundance (IKA) and the percentage of habitat types on the itineraries. Wild boar mainly selected woodland during the whole year, coniferous forests are used as availability while rice fields and urbanized areas avoided. The meadows are mainly used during autumn and winter while in spring the presence of wild boar was higher in areas where the length of the forest edges is greater. The logistic model formulated show that high-density deciduous forests positively affected the probability of wild boar presence. Meadows and fields instead showed a negative influence. The Special Protection Area “Risaie della Lomellina” was the subject of a study that aimed to determine the impact of wild boar on croplands and to formulate a risk prediction model through a binary logistic regression analysis. Damage events almost exclusively involved maize, and were concentrated in spring and summer. Sporadic cases of damage concerned rice, soybean and sorghum fields. The risk of damage was higher in fields close to forests, far from main roads, urban areas and continuous hedgerows, and in areas with low human population densities. In the Ticino Valley Natural Park, from 2010 to 2017, 49% of the complaints report an event of damage to maize and 43% to meadows. The total expense for reimbursements of the maize amounted to € 439,341.52, with damages concentrated in May, after sowing period and between August and September, during the milky stage of maize. For meadows, reimbursements amounted to € 324,768.66, with damage events concentrated in February and March. To reduce damage to crops, the Park administration carried out lethal control of the wild boar population. From 2006 to 2017, the most used control method was culling from hides. In our analysis, we did not find significant relationships between the number of shot boars and the amount of damage. The factors that determine the decrease in the probability of damage to crops are mainly related to human disturbance and the characteristics of the fields. The predictive model of damage risk showed a good predictive ability. The Population Viability Analyses showed that it is not possible to obtain a drastic reduction with the current harvest rate. By tripling it and focusing on the females and sub-adult a numerical reduction of 50% of the population would be achievable in 7 years and the probability of population survival would be halved in 3 years. Between March and August 2019 we investigated the factors influencing feeding habitat selection of the wild boar, and the impact of rooting on nemoral flora. Feeding during spring and summer seems concentrated in wooded areas characterized by fresh soils, where the thickness of the litter is greater and the mast content, especially acorns, is greater. We found a significant correlation between the intensity of rooting and the presence of nemoral species, it does not seem to have a significant and negative effect on the number of species present or their abundance in the sampled areas. The floristic diversity and the dominance ratios are not influenced by the rooting intensity.
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PANZERI, DAVIDE. "A Bioprospecting Multidisciplinary Approach to Valorise Biodiversity: The Case of Bowman-Birk Protease Inhibitors in Vigna unguiculata (L.) Walp." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2023. https://hdl.handle.net/10281/404605.

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Abstract:
La biodiversità naturale è un’importante risorsa per l’uomo sin da tempi antichi. Tuttavia, sta sperimentando un critico declino e molte specie sono a rischio estinzione. Il cambiamento climatico e l’attività umana sono i maggiori drivers di una conservazione e gestione del territorio non sostenibili. L’opportunità di ammortizzare gli effetti del cambiamento climatico è fornita da specie indigene, domesticate in contesti locali ma poco investigate. In questo contesto, questa tesi mira a sviluppare strategie per valorizzare la biodiversità naturale, considerando diversi e integrati aspetti scientifici. Il primo obiettivo è quello di riscoprire un legume tradizionale africano, Vigna unguiculata (L.) Walp., e verificare la sua adattabilità a condizioni di stress tipiche del cambiamento climatico o pratiche agricole poco esigenti. La ricerca di composti bioattivi è un valore aggiunto al fine di dare coscienza della potenzialità della specie. Per questa ragione, i successivi obiettivi della tesi sono l’esplorazione della diversità genetica di composti bioattivi dei legumi, gli inibitori delle proteasi Bowman-Birk (BBIs), e la valutazione delle proprietà nutraceutiche. Un design sperimentale multidisciplinare è stato applicato integrando diversi approcci per creare un flusso di lavoro coerente. Un esperimento di campo e analisi di produzione e metaboliti è stato organizzato per dimostrare l’adeguatezza di Vigna unguiculata come coltivazione per il cambiamento climatico. La diversità genetica di questa specie è stata esplorato con tecniche di biologia molecolare e analisi computazionali e filogenetiche. Le proprietà nutraceutiche sono state determinate grazie a procedure biochimiche e test su modelli, cellulari e in vivo, di cancro ed invecchiamento. Dal punto di vista della coltivazione, Vigna unguiculata può essere considerata una specie poco esigente in termini di richiesta d’acqua e pratiche agronomiche. Ciò rende questo legume adatto a pratiche di agricoltura conservativa in paesi in via di sviluppo o in quei paesi colpiti fortemente dal cambiamento climatico. Questo legume si dimostra importante come risorsa di macronutrienti essenziali, e, per promuovere la sua diffusione a livello globale, abbiamo indagato anche la presenza di molecole con azione dirette per la salute umana. L’esplorazione genetica ha considerato quasi 200 accessioni, tovando13 diverse isoforme di BBI tra accessioni selvatiche e domesticate distribuite sul continente Africa e in altre parti del mondo. In aggiunta, abbiamo sviluppato una metodica estrattiva e purificative che ha permesso l’isolamento e caratterizzazione delle singole isoforme di BBI. La dimostrazione di attività correlate a BBI nei diversi modelli, rende questa famiglia di proteine un valore aggiunto per la salute umana. L’azione verso linee cellulari tumorali suggerisce possibili applicazioni terapeutiche anche in sinergia con farmaci d’elezione. Ciò apre opportunità per la futura ricerca in specie e generi affini e la valutazione di isoforme maggiormente efficaci anche in sistemi in vivo. Concludendo, questo progetto dimostra che i) la bioprospezione per la ricerca di molecole bioattive in specie regionali è un importante passo per la loro salvaguardia, ii) conoscere evoluzione e diversificazione di piante di interesse è uno strumento per migliorare azioni bioprospettive e identificare migliori varianti di composti bioattivi, iii) analisi di efficacia funzionale in vitro e in vivo è un passaggio fondamentale per dedicare ricerca scientifica al miglioramento della biodiversità in contesti operativi. Quest’ultima è una fase importante per stimolare investitori, sia privati che pubblici, al fine di portare valore economico e sociale alla conservazione della biodiversità.
Natural biodiversity is an important source for humans since ancient times. However, biodiversity is experiencing a dramatic decline and many species are at extinction risk. Climate change and human activity are the main drivers of non-sustainable landscape conservation and management. The opportunity to dampen climate change effects is provided by indigenous species, domesticated in local contexts but are little investigated. In this framework, this PhD thesis aims at developing strategies to valorise natural biodiversity, considering different integrative scientific aspects. The first objective of this thesis is the rediscovery of a traditional African legume, Vigna unguiculata (L.) Walp., and assess its adaptability to stressful conditions typically caused by climate change or undemanding agricultural practices. Moreover, the research for bioactive compounds is an added value to give consciousness of the species potential. For this purpose, exploration of genetic diversity of known legume bioactive compounds, the Bowman-Birk protease inhibitors (BBIs) and appraisal of their nutraceutical properties are the second objectives of the project. A multidisciplinary experimental overview has been applied by integrating different approaches to create a coherent workflow. The demonstration of Vigna unguiculata L. as suitable species for climate change was carried out with a field experiment and subsequent laboratory analyses to evaluate production parameters and metabolic features. The genetic diversity of this species was explored through molecular biology techniques and in silico computational and phylogenetic analyses. The nutraceutical features were established by biochemical procedures and cellular biology by testing compounds on different ageing and cancer models. From the point of view of cultivation needs, it is possible to consider V. unguiculata (L.) Walp. as undemanding in terms of water demand and agronomic practices. This makes this legume suitable for conservation agriculture practices in developing countries and where climate change is having a dramatic impact on indigenous crop. This legume is also an important resource of essential macronutrients and to enhance this species and promote its cultivation globally, we also wanted to focus on the presence of bioactive molecules with direct action on humans. The genetic exploration considered almost 200 accessions and found 13 isoforms of BBI were identified in different wild and cultivated accessions, distributed in the African continent and in other areas of the world. Furthermore, we managed to develop an extraction and purification procedure to isolate single isoforms and characterise them. Our data suggest that V. unguiculata BBIs possess a great natural genetic and biochemical diversity. Moreover, the demonstration of BBI-related bioactivities on different models makes them very promising as a high-value natural compound for human wellbeing. The direct action on different tumour cell lines suggests a possible therapeutic application also in synergy with some drugs (i.e. Cetuximab). This opens opportunities for future research on similar related species and genera, and on the analyses to evaluate the most effective isoforms also in in vivo systems. In conclusion, this PhD project demonstrates that i) bioprospection of local species directed to the search for bioactive molecules represents an important lever for safeguarding; ii) the knowledge of evolution and diversification of the plants of interest is a tool to improve bioprospecting actions and identify molecular variants of bioactive compounds; iii) analyses of functional efficacy of bioactive compounds in in vitro and in vivo systems is a fundamental step to dedicate scientific research to the enhancement of biodiversity in an operational context. This is an essential phase to stimulate private investors and businesses to bring economic and social value and biodiversity conservation.
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Gaiani, Leonardo. "Caratterizzazione di un prodotto tipico algerino a base di carne di Camelus dromedarius (El Kadid) e della sua popolazione microbica." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amslaurea.unibo.it/14149/.

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Abstract:
Nei paesi industrializzati la produzione di molti alimenti include fasi quali essiccamento, salagione e fermentazione, che vengono condotte in modo strettamente controllato per evitare lo sviluppo di microrganismi indesiderati e garantire la sicurezza e qualità del prodotto finale. La disidratazione è ancora estremamente diffusa in numerose aree del mondo a livello domestico: in Nord Africa questo avviene tramite esposizione diretta della carne al sole. La microflora che accompagna questo processo può svolgere un ruolo importante sulle caratteristiche igienico-sanitarie del prodotto. Il prodotto trattato in questa sperimentazione è El Kadid, un alimento disidratato tipico algerino a base di carne di dromedario, su cui è stata effettuata una caratterizzazione microbiologica, aromatica e chimico-fisica. I risultati hanno mostrato che El Kadid è caratterizzato da un basso valore di aw, un pH di circa 5.6. Tra gli acidi organici, il principale è risultato l’acido lattico (6.22 g/kg), mentre le ammine biogene erano presenti solo in tracce. Nel profilo aromatico è stata riscontrata la presenza di aldeidi come gruppo chimico dominante, seguite da chetoni, acidi ed alcoli. La caratterizzazione della microflora ha evidenziato la predominanza di microstafilococchi, lieviti e batteri lattici. L’aspetto interessante di questo elaborato è che questo prodotto domestico può costituire un’importante fonte di biodiversità e può essere una nicchia da cui isolare microrganismi per applicazioni nell’industria della carne. Alcuni batteri lattici, tra cui le principali specie identificate sono Lactobacillus plantarum e Lactobacillus sakei, saranno infatti oggetto di ulteriori analisi per valutarne il potenziale come colture starter, sia per meglio guidare il processo di disidratazione (e quindi garantire la sicurezza igienico-sanitaria), sia per processi di fermentazione di carni diverse da quella da cui sono stati isolati.
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Lorenzini, Silvia. "Confronto tra caratteristiche tecnologiche di diversi ceppi di Lactobacillus sakei in differenti condizioni." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amslaurea.unibo.it/14589/.

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Abstract:
Lactobacillus sakei è una specie altamente specializzata nella colonizzazione di prodotti a base di carne. Possiede un genoma relativamente ridotto nel quale, ad esempio, mancano le informazioni per la sintesi di 18 aminoacidi su 20, per i quali risulta dunque auxotrofo. La carne è quindi un substrato ottimale poiché tali aminoacidi sono facilmente disponibili. Una delle caratteristiche più interessanti di Lb. sakei, ed il motivo per cui viene largamente impiegato come coltura starter nell’industria dei salumi, è la sua capacità di permanere attivo e dominante per lungo tempo, anche quando le fonti principali di zuccheri sono esaurite. Inoltre tale microorganismo non è in grado di produrre sostanze dannose, come ad esempio le ammine biogene, ma bensì produce sostanze con attività antimicrobica: le batteriocine (sakacina). Questo elaborato ha costituito il primo tassello di un lavoro più ampio di selezione di ceppi di Lb. sakei da destinare all’utilizzo come colture starter. Sono state valutate alcune caratteristiche tecnologiche di ceppi di Lb. sakei, isolati da prodotti ottenuti tramite fermentazioni spontanee, e le loro performance sono state confrontate con ceppi di collezione e con un ceppo utilizzato a livello commerciale. In particolare si sono studiate le cinetiche di fermentazione a temperature diverse, variabili da 5°C a 40°C, e a differenti concentrazione di NaCl, da 0 a 8%. Per quanto riguarda la temperatura, tutti i ceppi sono stati in grado di sviluppare tra 5°C e 35°C, ma nessuno è riuscito a 40°C. I risultati hanno evidenziato una notevole variabilità delle performance fermentative tra 15 e 20°C. Per quanto riguarda la presenza di sale, tutti i ceppi sono cresciuti a tutte le concentrazioni di NaCl, anche a quella più elevata (8%), seppur con cinetiche diverse. Questi diversi pattern fermentativi, associati con altre caratteristiche che verranno valutate in futuro, determineranno i criteri di scelta per nuovi starter.
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De, Luca Crescenzo. "Studio del Terroir di Modigliana, frontiera tra Romagna e Toscana." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019.

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Abstract:
Il Lavoro di Tesi è stato condotto a Modigliana, comprensorio viticolo di frontiera ai confini tra Romagna e Toscana caratterizzato da elevata biodiversità, suddiviso in tre vallate (Ibola, Acerreta e Tramazzo). Sono stati presi in esame tre vigneti di Sangiovese uno per ogni valle, considerando anche specie arboree e arbustive presenti nelle aree contigue. Il Sangiovese, interagendo con i vari elementi del Terroir si è adattato a diversi ambienti donando uve con qualità diverse. Le uve dei tre vigneti erano contraddistinte da una minore concentrazione di monoterpeni e C13-norisoprenoidi ed un più alto livello di acidi grassi ed esteri rispetto ai dati riportati in altre ricerche. Nella classe degli alcoli alifatici, l’1-esanolo e il 2-esen-1-olo, rappresentano i composti preponderanti nelle uve dei vigneti delle valli di Modigliana. In particolare, nelle uve del vigneto della valle Ibola, essi superano nettamente le concentrazioni riportate in altri studi. L’1-esanolo e il 2-esen-1-olo sono responsabili degli aromi erbacei nelle uve e nel vino. Questa caratteristica delle uve trova corrispondenza con la descrizione dei vini di Sangiovese di Modigliana, caratterizzato da note verdi, definite “nobili” poiché evolvono nel tempo regalando complessità. I rilievi sulla microflora delle uve hanno evidenziato la presenza di diverse specie di lieviti non-Saccharomyces, che ricoprono importanti ruoli in vinificazione. Dal vigneto della valle Tramazzo sono stati isolati ceppi H. uvarum, I. occidentalis, M. pulcherrima e Pichia spp. Dal vigneto della valle Ibola sono stati isolati ceppi appartenenti solo alla specie Hanseniaspora uvarum. Dal vigneto della valle Acerreta sono stati identificati ceppi di H. uvarum, I. occidentalis, I. terricola, Pichia spp. e Aureobasidium spp. Nel proseguo dello studio sarà importante valutare la ripetibilità dei risultati nel tempo, monitorando anche le cinetiche di fermentazione, includendo la caratterizzazione e l’evoluzione dei vini.
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