Academic literature on the topic 'Calcificazione'

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Journal articles on the topic "Calcificazione"

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Lombardi, A., R. Anghinetti, C. Capone, E. Sani, and P. Piazza. "Intossicazione da monossido di carbonio: Coinvolgimento cerebellare." Rivista di Neuroradiologia 9, no. 6 (December 1996): 675–78. http://dx.doi.org/10.1177/197140099600900608.

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Abstract:
Sono ampiamente riportate in letteratura lesioni ipossico-ischemiche da intossicazione da CO. Esse si presentano di norma con lesioni necrotiche a livello dei nuclei della base, soprattutto dei nuclei pallidi, e con demielinizzazione della sostanza bianca cerebrale; meno frequentemente sono state riportate lesioni demielinizzanti e necrotiche cerebellari. Più raramente sono stati segnalati in letteratura casi di calcificazione cerebrale da intossicazione da CO. I reperti di più frequente riscontro dopo intossicazione da CO sono costituiti da modificazioni della densità / intensità di segnale a livello dei nuclei della base e della sostanza bianca e dall'ampliamento degli spazi liquorali, secondario ad atrofia cerebrale. Meno frequenti sono le modificazioni della densità / intensità cerebellare. Il reperto da noi osservato è per certi versi simile a quello descritto da Pasquier11, dal quale tuttavia si differenzia per la presenza di calcificazioni cerebellari. L'esclusione delle possibili cause di calcificazioni cerebellari ci fa pensare che siano conseguenti all'intossicazione da CO.
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Cammisa, M., M. G. Bonetti, G. M. Giannatempo, and G. Guglielmi. "I segni elementari della degenerazione articolare del rachide." Rivista di Neuroradiologia 7, no. 3_suppl (October 1994): 37–52. http://dx.doi.org/10.1177/19714009940070s306.

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Abstract:
Grande importanza riveste nella pratica quotidiana la patologia degenerativa del rachide. Essa può presentarsi in quattro forme principali: come alterazioni degenerative del disco intersomatico [condrosi (vacuum discale, riduzione in altezza del disco, etc.) e osteocondrosi (ernie discali intraspongiose e altre irregolarità delle limitanti discosomatiche, osteosclerosi reattiva subcondrale, etc.)]; come artrosi delle articolazioni sinoviali (atlo-assiale, interapofisaria, costo-vertebrale); come spondilosi (caratterizzata dalla presenza di grossolani spondilofiti con relativo risparmio, almeno all'inizio, dello spazio intersomatico); come diffuse calcificazione ed ossificazione dei tessuti molli paravertebrali di sostegno (iperostosi scheletrica diffusa idiopatica, DISH, o malattia di Forestier). Tra i segni elementari ben evidenziabili radiograficamente (ma riconoscibili anche con TC e RM), utili per una diagnosi differenziale vanno ricordati: gli spondilofiti od osteofiti (osteoproduzioni a decorso inizialmente orizzontale), marginali (piccoli, triangolari, da degenerazione del nucleo polposo, nell'osteocondrosi intervertebrale), submarginali (grossolani, con tendenza a saldarsi a ponte, da lesioni delle fibre di Sharpey dell'anello fibroso con trazione sul punto di inserzione del legamento longitudinale anteriore sul soma, nella spondilosi), riparativi (da osteoproduzione reattiva a lesioni traumatiche, flogistiche, neoplastiche, ad instabilità), iperostosici (nella DISH); i sindesmofiti (osteoproduzioni a decorso verticale), marginali (da calcificazione delle fibre periferiche dell'anulus, nella spondilite anchilosante e nella MDPC), non marginali (parasindesmofiti, paradiscali, nelle spondiloartriti seronegative), la cui patogenesi è però flogistica; le ossificazioni e calcificazioni ligamentose paravertebrali (idiopatiche, da spondiloartriti seronegative, da DISH). Due sono le complicanze più comuni della patologia degenerativa del rachide: la spondilolistesi e la stenosi del canale vertebrale. Esse si giovano sempre di un'integrazione di studio con TC e/o RM.
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Repetto, U., M. Lillo, R. Pizzorno, M. Schenone, A. De Rose, P. Audino, and M. Medica. "Idronefrosi da anomalia giuntale con voluminosa calcificazione della parete pielica." Urologia Journal 61, no. 1_suppl (January 1994): 145–47. http://dx.doi.org/10.1177/039156039406101s43.

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Abstract:
We report on a 47-year-old man with hydronephrosis secondary to ureteropelvic junction obstruction with renal pelvic calcification. Calcium deposit was found in the wall of the severely dilated renal pelvis. Pathological examination revealed a damaged and hyalinized fibrous renal pelvic wall while serum calcium level was normal. Thus, we speculated that this calcification was dystrophic. Chronic extensive dilatation with intermittent hemorrhage of the renal pelvic wall may have caused this dystrophic renal pelvic calcification.
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Jeffcoate, W., and Vincenza Spallone. "Calcificazione vascolare e osteolisi nella neuropatia diabetica — il legame mancante è il RANK-L?" L'Endocrinologo 6, no. 1 (March 2005): 42–45. http://dx.doi.org/10.1007/bf03344511.

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Cozzolino, M., S. Pasho, C. Crovetto, and E. Missaglia. "I meccanismi patogenetici alla base del processo di calcificazione vascolare in corso di insufficienza renale." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 19, no. 3-4 (July 1, 2007): 34–40. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2007.1519.

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Cozzolino, M., S. Pasho, C. Crovetto, and E. Missaglia. "I meccanismi patogenetici alla base del processo di calcificazione vascolare in corso di insufficienza renale." Giornale di Tecniche Nefrologiche e Dialitiche 19, no. 3-4 (July 2007): 34–40. http://dx.doi.org/10.1177/039493620701903-407.

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Berni, Luca. "Giacomo Puccini (1858–1924): un malato di musica e di altro." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 26, no. 2 (February 7, 2014): 187–91. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2014.886.

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Abstract:
Giacomo Puccini, nato a Lucca il 22 dicembre 1858, era il sesto di nove figli di Michele Puccini e Albina Magi e l'ultimo rappresentante di una genealogia di musicisti risalente al XVIII secolo. Erede della tradizione melodrammatica verdiana ebbe un enorme successo in vita in tutti i teatri d'Europa e in America. Appassionato cacciatore, altre sue passioni furono: le automobili, le sigarette, i sigari, i motoscafi, e le abitazioni da acquistare e ristrutturare. Un'incidente d'auto nel 1903 e la difficile calcificazione della tibia destra portarono alla diagnosi di un diabete e all'uso della saccarina. Nel 1923 quasi per caso inizia a curarsi con l'Insulin, ma senza i dosaggi e le tecniche di cura oggi conosciute. Sempre nel 1923 ingoia un osso d'oca che gli deve essere estratto, da allora, fumatore accanito di sigari sigarette, accusa insistenti laringiti con otalgie fino a dolori alla deglutizione, disfonia e infine tumefazioni cervicali tali da non permettergli di chiudere il colletto della camicia. Furono interpellati illustri medici del tempo, come era accaduto per l'incidente d'auto. Il 3 novembre 1924 un consulto generale con i professori Torrigiani, Toti e Gradenigo a Firenze, consigliò al compositore di recarsi nella clinica del dottor Louis Ledoux di Bruxelles che eseguiva un trattamento radio-chirurgico per i tumori della laringe. Puccini morì a Bruxelles il 29 novembre 1924 lasciando incompiuta Turandot che sarà rappresentata postuma, con la direzione di Arturo Toscanini il 25 aprile 1926.
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Basekim, C. C., E. Kizilkaya, A. M. Kutlay, and A. F. Karsli. "Proteinosi lipidica con calcificazioni ippocampali." Rivista di Neuroradiologia 8, no. 4 (August 1995): 589–91. http://dx.doi.org/10.1177/197140099500800415.

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Abstract:
La proteinosi lipidica è una rara malattia autosomica recessiva che affligge principalmente la pelle e le mucose e che viene considerata sistemica. È caratterizzata dal deposito di materiale ialino nelle pareti arteriolo-capillari e nelle membrane epiteliali. Viene presentato un caso di proteinosi lipidica con calcificazioni ippocampali bilaterali.
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Giuffrida, S., F. Le Pira, R. Saponara, V. La Spina, P. Milone, and G. Politi. "Epilessia, calcificazioni occipitali bilaterali e morbo celiaco." Rivista di Neuroradiologia 9, no. 3 (June 1996): 345–48. http://dx.doi.org/10.1177/197140099600900313.

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Abstract:
Diversi autori hanno descritto l'associazione di epilessia, calcificazioni occipitali bilaterali e malattia celiaca come entità clinica autonoma ben distinta dalla sindrome di Sturge-Weber. Viene riportato il caso di un giovane paziente di 14 anni affetto da epilessia in cui la TC ha evidenziato la presenza di calcificazioni occipitali bilaterali; in considerazione dell'assenza di stigmate cutanee di malattia di Sturge-Weber è stata eseguita la ricerca di anticorpi anti-gliadina e biopsia intestinale, che hanno consentito di porre la diagnosi di malattia celiaca. Riteniamo che, anche in assenza di anamnesi positiva per malassorbimento, in pazienti affetti da epilessia e calcificazioni occipitali bilaterali, sia necessario valutare l'eventuale presenza di malattia celiaca al fine di poter prontamente instaurare un corretto trattamento dietetico.
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De Maria, G., M. P. Pasolini, B. Guarneri, L. Antonini, G. Pelliccioli, A. Tiberti, V. Scipione, and M. Bonetti. "Sindrome di Sturge-Weber." Rivista di Neuroradiologia 5, no. 1_suppl (April 1992): 105–9. http://dx.doi.org/10.1177/19714009920050s121.

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Abstract:
La sindrome di Sturge-Weber è caratterizzata da un angioma cutaneo nel territorio di innervazione di una o più branche del nervo trigemino e da un'angiomatosi meningo-corticale calcificante. Il reperto TC di calcificazioni dall'aspetto tortuoso a prevalente localizzazione parieto-occipitale analoghe a quello della sindrome di Sturge-Weber è riscontrabile tuttavia anche in pazienti che non presentano un angioma cutaneo. Più recentemente è venuta delineandosi la possibilità dell'associazione di un quadro clinico di epilessia di gravità variabile, calcificazioni occipitali bilaterali e sindrome da malassorbimento. Vengono riportati dieci casi, cinque con sindrome di Sturge-Weber e cinque differenziabili dai primi: per l'assenza di angioma cutaneo, per la presenza di calcificazioni endocraniche non correlate a una angiomatosi ma verosimilmente secondarie a carenza di acido folico, per la presenza di un quadro clinico-EEG di epilessia con prevalente coinvolgimento del lobo occipitale, per l'elevata frequenza di malattia celiaca.
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Dissertations / Theses on the topic "Calcificazione"

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Benassi, Marica. "Studio di macromolecole associate alla calcificazione in organismi marini." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amslaurea.unibo.it/1582/.

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Abstract:
Lo studio riportato in questa tesi ha come scopo l’osservazione e la comprensione dei processi molecolari associati alla deposizione di CaCO3 nei polimorfi di calcite e aragonite nel mollusco gasteropode Haliotis rufescens. In particolare l’attenzione si è focalizzata sullo strato glicoproteico (green layer) che si trova inserito all’interno dell’ipostraco o strato madreperlaceo. Studi precedenti suggeriscono l’ipotesi che il green layer sia una struttura polifunzionale che svolge un ruolo attivo nell’induzione di crescita dei cristalli di carbonato di calcio nella conchiglia. All’analisi microscopica il green layer si presenta come un foglietto trilaminato. Sugli strati esterni è depositata aragonite nella forma prismatica da una parte e sferulitica dall’altra. All’interno è racchiuso un core proteico, formato da glicoproteine e ricco di chitina. Questa struttura tripartita conferisce al guscio calcareo nuove proprietà meccaniche, come la resistenza alle fratture molto maggiore rispetto al minerale naturale. Il green layer è stato trattato in ambiente alcalino, l’unico in grado di solubilizzarlo. È stato ottenuto del materiale proteico che è stato caratterizzato utilizzando SDS-PAGE, colorato con Blu Comassie e all’argento per visualizzarne la componente peptidica. Il green layer è fluorescente, sono state quindi eseguite analisi spettroscopiche sull’estratto peptidico per determinarne le proprietà chimo fisiche (dipendenza dal pH dell’intensità di fluorescenza). Sono stati eseguiti esperimenti di crescita dei cristalli di CaCO3 in ambiente saturo di CaCl2 in assenza e presenza del peptide e in assenza e presenza di Mg++. I cristalli sono stati osservati al microscopio elettronico a scansione (SEM) e al microscopio confocale. Da un punto di vista spettroscopico si osserva che, eccitando l’estratto alcalino del green layer a 280 nm e 295 nm, lunghezze d’onda caratteristiche degli aminoacidi aromatici, si ottiene uno spettro di emissione che presenta una forte banda centrata a 440 nm e una spalla a circa 350 nm, quest’ultima da ascrivere all’emissione tipica di aminoacidi aromatici. L’emissione di fluorescenza dell’estratto dal green layer dipende dal pH per tutte le bande di emissione; tale effetto è particolarmente visibile per lo spettro di emissione a 440 nm, la cui lunghezza d’onda di emissione e l’intensità dipendono dalla ionizzazione di aminoacidi acidi (pKa = 4) e dell’istidina (pKa = 6.5 L’emissione a 440 nm proviene invece da un’eccitazione il cui massimo di eccitazione è centrato a 350 nm, tipica di una struttura policiclica aromatica. Poiché nessun colorante estrinseco viene isolato dalla matrice del green layer a seguito dei vari trattamenti, tale emissione potrebbe derivare da una modificazione posttraduzionale di aminoacidi le cui proprietà spettrali suggeriscono la formazione di un prodotto di dimerizzazione della tirosina: la ditirosina. Questa struttura potrebbe essere la causa del cross-link che rende resistente il green layer alla degradazione da parte di agenti chimici ed enzimatici. La formazione di ditirosina come fenomeno post-traduzionale è stato recentemente acquisito come un fenomeno di origine perossidativa attraverso la formazione di un radicale Tyr ed è stato osservato anche in altri organismi caratterizzati da esoscheletro di tipo chitinoso, come gli insetti del genere Manduca sexta. Gli esperimenti di cristallizzazione in presenza di estratto di green layer ne hanno provato l’influenza sulla nucleazione dei cristalli. In presenza di CaCl2 avviene la precipitazione di CaCO3 nella fase calcitica, ma la conformazione romboedrica tipica della calcite viene modificata dalla presenza del peptide. Inoltre aumenta la densità dei cristalli che si aggregano a formare strutture sferiche di cristalli incastrati tra loro. Aumentando la concentrazione di peptide, le sfere a loro volta si uniscono tra loro a formare strutture geometriche sovrapposte. In presenza di Mg++, la deposizione di CaCO3 avviene in forma aragonitica. Anche in questo caso la morfologia e la densità dei cristalli dipendono dalla concentrazione dello ione e dalla presenza del peptide. È interessante osservare che, in tutti i casi nei quali si sono ottenute strutture cristalline in presenza dell’estratto alcalino del green layer, i cristalli sono fluorescenti, a significare che il peptide è incluso nella struttura cristallina e ne induce la modificazione strutturale come discusso in precedenza. Si osserva inoltre che le proprietà spettroscopiche del peptide in cristallo ed in soluzione sono molto diverse. In cristallo non si ha assorbimento alla più corta delle lunghezze d’onda disponibili in microscopia confocale (405 nm) bensì a 488 nm, con emissione estesa addirittura sino al rosso. Questa è un’indicazione, anche se preliminare, del fatto che la sua struttura in soluzione e in cristallo è diversa da quella in soluzione. In soluzione, per un peptide il cui peso molecolare è stimato tra 3500D (cut-off della membrana da dialisi) e 6500 D, la struttura è, presumibilmente, totalmente random-coil. In cristallo, attraverso l’interazione con gli ioni Ca++, Mg++ e CO3 -- la sua conformazione può cambiare portando, per esempio, ad una sovrapposizione delle strutture aromatiche, in modo da formare sistemi coniugati non covalenti (ring stacking) in grado di assorbire ed emettere luce ad energia più bassa (red shift).
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Gentili, Lorenzo. "Valutazione delle calcificazioni valvolari: nuove prospettive diagnostiche." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amslaurea.unibo.it/13990/.

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Abstract:
L’elaborato presenta una revisione della letteratura delle metodiche di imaging utilizzate per la valutazione delle calcificazioni valvolari. Si è cercato di mettere in luce le differenze tra le diverse metodologie e i punti di forza e di debolezza di ciascuna metodica. Negli ultimi quindici anni, l’imaging delle valvulopatie calcifiche è stato prevalentemente effettuato attraverso l’utilizzo della CT multislice. Infatti grazie all’alta risoluzione e all’alta velocità di elaborazione dei dati risulta uno dei metodi più efficaci per questo determinato argomento. Tuttavia l’avvento dell’eco 3D ha sostanzialmente cambiato l’immaginario presente e soprattutto futuro. Inoltre è stato argomentato come lo studio complementare del calcium score sia di fondamentale importanza per l’identificazione e la valutazione delle strutture calcifiche e per la prevenzione di eventuali complicazionze future.
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De, Toni Luca. "Espressione e rilascio di osteocalcina da parte delle piastrine: ruolo nella calcificazione delle placche aterosclerotiche?" Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3422588.

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Abstract:
Background: Vascular-calcification mechanisms are only partially understood, but the role of circulating calcifying cells and non-collagenous bone matrix proteins in the bone-vascular axis is emerging. Despite platelets represent a cellular interface between hemostasis, inflammation and atherosclerosis and have a myeloid precursor, a possible involvement in the modulation of vascular calcification has been scarcely investigated. We investigated the hypothesis of OC platelet release and its expression in patients with carotid artery occlusive disease. Methods: Expression and release of OC were determined by Western blot, immunofluorescence, FACS, and ELISA in human resting and activated platelets and megakaryocytes. Co-localization of platelet aggregates, macrophages, OC, and calcifications was studied in carotid endoarterectomy specimens and in normal tissues. Results: We found that platelets express OC and co-localize with CD63 in delta-granules. Upon activation with an endogenous mechanism, platelets release OC in the extracellular medium. Expression of OC in megakaryocytes suggests a lineage specificity. Human platelets contain and release OC in circulating platelets were significantly higher in patients with carotid artery occlusive disease than in healthy controls (P<0.0001), despite similar serum levels. In atherosclerotic plaques but not in normal tissues OC strongly overlapped with CD41+ platelets in the early stage of calcification. CD68+OC+ cells were present at the periphery of the calcified zone. Conclusions: Given the active role played by platelets in the atherosclerotic process, the involvement of OC release from platelets in atherosclerotic lesions and the impact of genetic and cardiovascular risk factors in mediating bone-marrow preconditioning should be investigated further
Background: I meccanismi di calcificazione vascolare sono noti solo parzialmente, è però sempre più evidente il ruolo delle cellule osteogeniche circolanti e delle proteine della matrice ossea non collagenosa. Nonostante le piastrine abbiano un precursore mieloide e costituiscano un'interfaccia cellulare tra emostasi, l'infiammazione e l'aterosclerosi, un loro eventuale coinvolgimento nella modulazione della calcificazione vascolare è stato scarsamente studiato. In questo studio è stata valutata l'ipotesi di rilascio di osteocalcina (OCN) delle piastrine e la sua espressione nei vasi dei pazienti affetti da patologia occlusiva dell'arteria carotide. Metodi: L’espressione e il rilascio di OCN sono stati determinati mediante ELISA, immunofluorescenza, citometria a flusso e Western blot, nei megacariociti e nelle piastrine umane attivate e non attivate. La co-localizzazione di OCN con aggregati piastrinici, macrofagi, ed aree di calcificazione è stato studiato in campioni di tessuto non patologico ed in reperti di carotide da endoarterectomia. Risultati: Si è potuto evidenziare che le piastrine esprimono OCN nei granuli-delta CD63-positivi. In seguito ad l'attivazione con stimoli fisiologici, le piastrine rilasciano OCN nel mezzo extracellulare. Espressione di OCN nei megacariociti midollari suggerisce una specificità espressione nella linea differenziativa. Inoltre i trombociti circolanti da pazienti con patologia occlusiva dell'arteria carotide contengono e rilasciano significativamente più OCN rispetto alle piastrine dei controlli sani (P < 0,0001), nonostante simili livelli sierici della proteina. Nelle placche aterosclerotiche, ma non nei tessuti normali, il segnale per OCN risultava fortemente sovrapposto alle piastrine CD41-positive nelle aree di calcificazione precoce. Macrofagi CD68-positivi esprimenti OCN, erano presenti alla periferia delle aree calcifiche. Conclusioni: Considerando il ruolo svolto dalle piastrine nel processo aterosclerotico, il coinvolgimento delle piastrine nel rilascio di OCN nelle lesioni aterosclerotiche, i risultati ottenuti suggeriscono l’approfondimento dell’impatto dei fattori di rischio cardiovascolare e genetici nel precondizionamento del microambiente midollare osseo
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IANNOTTI, NATHALIE. "Associazione tra calcificazione aortica addominale, patologia cardiovascolare e patologia ossea in una coorte di pazienti con infezione da HIV-1." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2016. http://hdl.handle.net/2434/393457.

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Abstract:
Association between abdominal aortic calcifications, cardiovascular disease and bone disease in a cohort of HIV positive patient Background: Cardiovascular and bone comorbidities are an important health problem for HIV patients. Numerous studies involving mixed cohorts of HIV-negative patients have shown a strong association between abdominal aortic calcification ( AAC ) marker of cardiovascular disease and the presence of vertebral fractures , but there are no data in the population with HIV infection . The aim of our study was to evaluate the presence and distribution of abdominal aortic calcification in a cohort of patients with HIV infection and its correlation with cardiovascular disease and bone disease, identifying the clinical and immunological factors associated with the presence of AAC . In this cross sectional study, 280 asymptomatic HIV positive pts from the SPID (“San Paolo” Infectious Diseases) cohort were submitted to lateral spine X-ray and DXA. AAC was identified using the AAC-8 score, which estimates the total length of calcification of the anterior and posterior aortic walls in front of vertebrae L1 to L4. Low BMD was defined by T-score or Z-score <-1 at lumbar spine or femoral neck. Vertebral fractures (VF) were identified by morph-metric analysis of X-ray and were defined by the “spine deformity index”(SDI) ≥1 according to semiquantitative method by Genant. Associations between AAC, BMD and SDI were evaluated by univariate and multivariate logistic regression models. The relationship between the grade of AAC and SDI was evaluate by Spearman’s correlation. Results: 215/280 patients with HIV infection ( 76.8 % ) did not present AAC ( AAC- : score = 0 AAC - 8 score) and 65/280 ( 23.2 % ) presented AAC ( AAC + : ≥1 score AAC - 8 score) ;of these 15 pts showed moderate/severe calcifications (AAC>2). Univariate statistical analysis of demographic parameters , HIV - related and of comorbidities showed that AAC is associated with the following variables : age : OR 3.81 ( 95% CI 2.64-5.51 ), p < .001 ; BMI) : OR 1.07 ( 95% CI, 1:00 to 1:14 ), p = .02 ; Nadir CD4 : OR 0.89 ( 95% CI 0.82-0.97 ), p = .01 ; years of AIDS diagnosis : OR 2.13 ( 95% CI, 1:11 to 4:08 ), p = .02 ; HAART therapy ( vs naive ) : OR 2.75 ( 95% CI 1.28-5.90 ) p = .009. As for comorbidities, in addition to the well- known association between AAC and cardiovascular disease (hypertension : OR 3.67 ( 95% CI, 1:39 to 9:07 ), p = .008 ; cIMT or plaque increase : OR 4.96 ( 95% CI, 2:59 to 9:50 ) p < .001 ) in our analysis AAC is associated with the reduction of GFR below 60 ml / min / 1.73 m2 : 4:39 OR ( 95% CI 1.14-16.88 ) p = 0.03 ; reduction in bone mineral density : 2:45 OR ( 95% CI, 1:32 to 4:54 ), p = 0.042 , and the presence of vertebral fractures ( SDI≥1 ) OR 2.17 ( 95% CI, 1:10 to 4:16 ), p = 0.02 . Multivariate analysis for the study of the factors independently associated with the presence of AAC showed that only age and the presence of thickening cIMT or carotid plaque were significantly associated with the presence of abdominal aortic calcification ( p < . 0001 and p = 0.01 , respectively ) Univariate statistical analysis of T - cell immunophenotypes showed an association between AAC and the following immunophenotypes CD8 + T lymphocytes : CD8 + CD127 + ( absolute values ) indicative of central memory cells ( AAC- : 377 cells / mmc , IQR 264- 540 ; AAC + : 434 cells / mmc , IQR : 336-698 ; p = 0.007 ) ; CD45R0 + CD8 + (percentages and absolute values ) expressed by memory T lymphocytes ( AAC- : 11 % , IQR 8-18 ; AAC + : 16.5 % , IQR : 9-21 ; AAC- : 204 cells / mmc , IQR 130- 320 ; AAC + : 269 cells / mmc IQR 167-444 ; p = 0.04 and p = 0.01 , respectively ) . AAC≥1 predict VF independently from BMD, vitamin D status and bone turn-over marker ( p = 0.01) . The grade of AAC was directly correlated with the grade of SDI (AAC>2 determines a sixfold increase in the risk of VF (HR 6.44 [IC95% 2.21-18.79], p=.0006). Furthermore in our HIv population levels of OCP were significantly ( p = 0.025 ) higher in the blood of subjects and AAC + with reduced BMD ( median 1.8 % , IQR 1.3-2.75 ) than in subjects with normal BMD and AAC + ( 1:09 median % ; IQR 0.98-1.34 ) ( p <0.05 ) both in comparison to AAC- individuals and with reduced BMD ( median 1.225 % ; IQR 1:06 to 1:34 ) ( p <0.05 ) . Conclusions: In our HIV population AAC resulted associated with cardiovascular and bone comorbidities. This suggests the possibility to use the AAC as a clinical marker for the early identification of individuals at increased risk of developing these diseases . Therefore the detection of calcifications ( to be found with special care in elderly HIV patients) in the survey X-ray of the spine , should necessarily be followed by a careful bone study in order to highlight the possible presence of vertebral fracture or low bone mineral density.
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Rattazzi, Marcello. "Contribution of Interstitial Valve Cells to Aortic Valve Calcification." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3425639.

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Abstract:
Background. The traditional view of aortic valve calcification as a slow, ineluctable event has been recently questioned by evidence showing the importance of a balance between promoting and inhibiting factors, and the relevance of osteogenic cellular-driven processes. The aortic valve leaflets are comprised of a heterogeneous population of interstitial cells (VIC) whose specific contribution to the degenerating valve has not been defined yet. Aim. The major aim is to identify and describe the phenotypic characteristics of a subpopulation of aortic VIC able to acquire a pro-calcific profile when exposed to pathological stimuli (such as endotoxin [LPS] and inorganic phosphate [Pi]). Methods and Results. Explants-derived primary bovine VIC (BVIC) were cloned by a limited dilution technique. Characterization of BVIC clones was performed by morphological and functional as well as immunophenotyping using markers specific for mesenchymal cells, smooth muscle (SM) cell lineage, endothelial cells, hematopoietic cells, and bone formation process. Among the 40 BVIC clones obtained we selected four clones, morphologically representative of the isolated populations, which displayed different growth pattern and immunophenotype. Both uncloned and cloned cell populations grown on plastics did not show a spontaneous tendency for calcification in the standard medium and were, hence, treated with different combinations of LPS (100 ng/ml) and Pi (2.4 mmol/L, final concentration) for 12 days. Uncloned BVIC showed a progressive increase of alkaline phosphatase (ALP) activity after treatment with LPS that resulted in calcium deposition after addition of Pi. Among the clones, only Clone 1 (fibroblast-like phenotype) showed relevant increase in ALP after LPS treatment, which was paralleled by an increased osteocalcin (OC) expression and prevention of smooth muscle (SM) ??actin (SMA) accumulation, as demonstrated by western blotting and cytofluorimetry analysis. The same treatment had no effect on Clone 4 cells that showed a more stable SM cell-like phenotype. Despite ALP activity and OC increase Clone 1 cells did not undergo calcium deposition after treatment with LPS in long-term culture supplemented with Pi. However, mineralization was observed in co-culture of Clone 1 and Clone 4 treated with LPS plus Pi. Moreover, when cells of Clone 1 were grown on type-I collagen sponges and treated with Pi alone or LPS plus Pi for 12 days we observed an extensive mineralization of the collagen-matrix. Instead, only modest calcium deposition was observed in collagen scaffolds seeded with Clone 4 treated in the same way. A high degree of apoptosis was documented in Clone 1 cells seeded in the collagen scaffolds and treated with LPS plus Pi. No apoptotic degeneration was observed in Clone 4 cells. The proteomic analysis of the cytosolic fraction of Clone 1 cells allowed the identification of 34 proteins which levels of expression were modified with the acquisition the pro-calcific profile. Among these proteins we documented a significant decrease in the expression of antioxidant proteins, such as superoxide dismutase [Cu-Zn] and thioredoxin, together with a downregulation in the level of dimethylarginine dimethylaminohydrolase (DDAH), an intracellular enzyme that degrades asymmetric dimethylarginine (ADMA) (a nitric oxide synthase inhibitor [NOS]). In line with these findings we observed that LPS treatment of Clone 1 cells was accompanied by increased reactive oxygen species (ROS) production. Conclusion. The results of this study demonstrate that BVIC clonal subpopulations are endowed with different calcifying potential when stimulated with the same pathogenic factors. In particular, we identified a specific BVIC subset harbouring a fibroblast-like phenotype that express osteogenic markers and promote collagen-matrix calcification in response to endotoxin and elevated phosphate levels.
Introduzione. Tradizionalmente la calcificazione valvolare aortica viene considerata un processo distrofico, ad evoluzione lenta e non modificabile. Tale visione è stata recentemente messa in discussione da evidenze che sottolineano l’importanza, nel corso della calcificazione vascolare, di un bilanciamento fra fattori promuoventi ed inibenti, nonché del ruolo svolto da processi cellulo-mediati. I lembi valvolari aortici sono popolati da cellule interstiziali valvolari (VIC) fenotipicamente eterogenee, il cui contributo specifico nel corso dei processi degenerativi della valvola è solo parzialmente conosciuto. Scopo. Scopo del presente studio è quello di ricercare e caratterizzare una sottopopolazione aortica di VIC in grado di acquisire un fenotipo pro-calcifico in seguito ad esposizione a fattori patogeni (quali endotossina [LPS] e fosfato inorganico [Pi]). Metodi e Risultati. VIC ottenute da espianti di valvole aortiche bovine (BVIC) sono state sottoposte ad un processo di clonazione, mediante tecnica di diluizione limite. I cloni di BVIC sono stati caratterizzati sotto il profilo morfologico ed immunofenotipico mediante l’utilizzo di marcatori tipici per cellule mesenchimali, cellule muscolari lisce (SMC), cellule endoteliali, cellule ematopoietiche e cellule di derivazione ossea. Fra i 40 cloni di BVIC ottenuti sono stati selezionati 4 cloni, morfologicamente rappresentativi delle diverse popolazioni isolate, che mostravano diverse caratteristiche di crescita e di profilo immunofenotipico. Sia la popolazione cellulare di VIC non clonate che i cloni non mostravano la tendenza a fenomeni spontanei di calcificazione in vitro. Le cellule sono state quindi trattate con diverse combinazioni di LPS (100 ng/ml) e Pi (2.4 mmol/L concentrazione finale) per 12 giorni. La popolazione non clonale di BVIC ha mostrato un progressivo incremento nei livelli di espressione della fosfatasi alcalina (ALP) dopo trattamento con LPS, mentre la deposizione di calcio è stata osservata solo nelle cellule trattate con la combinazione di LPS e Pi. Fra i diversi cloni solo il Clone 1 (fenotipo simil-fibroblasto) ha mostrato un significativo incremento nei livelli di espressione dell’ALP. Tale incremento si accompagnava ad un’aumentata espressione di osteocalcina (OC) e ridotto accumulo di ?-actina muscolare liscia (SMA), come documentato da studi in western blotting e citofluorimetria. Il trattamento con LPS non è stato in grado di indurre modifiche simili nel profilo fenotipico del Clone 4 (fenotipo muscolare liscio differenziato). Nonostante il significativo incremento nell’espressione di ALP ed OC, il Clone 1 non ha prodotto fenomeni di calcificazione della matrice dopo trattamento con la combinazione di LPS ed Pi. Tuttavia, aspetti di calcificazione sono stati osservati in esperimenti di co-coltura del Clone 1 e Clone 4, quando trattati con la combinazione di LPS e Pi. Inoltre, dopo semina su spugne di collagene di tipo I, il Clone 1 si è dimostrato in grado di produrre estesi fenomeni di calcificazione della matrice, in seguito a trattamento per 12 giorni con LPS e Pi. Tale combinazione ha indotto solo minimi aspetti di calcificazione nella matrice di collagene popolata dal Clone 4. Fenomeni apoptotici sono stati osservati nel Clone 1 seminato nelle spugne di collagene e trattato con LPS e Pi. Viceversa, nel caso del Clone 4 non sono stati documentati aspetti apoptotici. L’analisi proteomica della frazione citosolica del Clone 1 ha permesso di identificare 34 proteine i cui livelli di espressione si modificano con l’acquisizione del profilo pro-calcifico. Fra queste proteine è stata documentata una significativa riduzione nei livelli di molecole antiossidanti, come la superossido dismutasi [Cu-Zn] e la tioredoxina. Un significativo decremento è stato osservato anche per i livelli di dimetilarginina dimetilaminoidrolase (DDAH), un enzima intracellulare che degrada la dimetilarginina asimmetrica (ADMA) (inibitore dell’ossido nitrico sintetasi [NOS]). In linea con questi dati è stato osservato un aumento della produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) da parte del Clone 1 trattato con LPS. Conclusioni. I risultati di questo lavoro dimostrano che le popolazioni clonali di BVIC sono dotate di un diverso potenziale pro-calcifico quando stimolate con uno stesso fattore patogeno. In particolare, è stata identificata una specifica sottopopolazione di BVIC, caratterizzata da un profilo fenotipico simil-fibroblasto, che si è dimostrata in grado di esprimere marcatori osteogenici e di calcificare matrice di collagene, in risposta a trattamento con endotossina ed alti livelli di fosfato inorganico.
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Mezzabotta, Federica. "Nefrocalcinosi e placche di Randall: un processo di biomineralizzazione a livello renale? Studio cellulare e molecolare di un processo di calcificazione spontanea di cellule papillari in vitro." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3426127.

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Abstract:
The pathogenesis of calcium-oxalate (CaOx) renal stones is still debated. Randall’s plaque may represent an ideal site on which overgrowths of CaOx or calcium phosphate could grow into stones. The presence of hydroxyapatite (a mineral, chemically similar to the mineral component of bones) in these structures suggests that a process of biomineralization is in progress. Studies on vascular calcifications demonstrate that cells of mesenchymal origin (pericytes, calcifying vascular cells, vascular smooth muscle cells) may differentiate in osteoblast-like cells determining the synthesis of typical bone osteoid proteins (osteopontin, osteocalcin, osteonectin) in a biomineralization process similar to osteogenesis. Since these premises, we hypothesize that cells located in the papilla may differentiate toward the osteogenic lineage, determining the synthesis of typical bone osteoid proteins and hydroxyapatite mineralization of renal tissue. If this phenomenon indeed happens, it might well occur in renal diseases associated with nephrocalcinosis. Among these, the medullary sponge kidney (MSK) disease is frequently associated with calcium oxalate nephrolithiasis and nephrocalcinosis. Our research group found that GDNF (glial derived neurotrophic factor) mutations could be related to MSK in a subgroup of patients with nephrolithiasis and bilateral MSK. Papillary primary cells have been obtained from a surgical biopsy of the site remote from cancer in a patient with familiar MSK and with a GDNF eterozygous mutation. Analysis of the biopsy by Von Kossa staining and ESEM (Environmental Scanning Electron Microscope) analysis evidenced papillary nephrocalcinosis and a small calcium-phosphate plaque. We observed the spontaneous tendency of cells, starting from p2, to overlap and aggregate to form nodules with a behaviour similar to that described for calcifying pericytes in culture. The cellular phenotyping performed by immunocytochemistry (ICH) with marker for von Willebrand factor, ?SMA, cytokeratin, E-caderin, ZO-1, vimentin, desmin and 3G5 (pericyte marker) evidenced heterogeneity at first passages; however starting from p2, cells were mainly positive for mesenchymal markers. Calcium phosphate deposits were detected by Von Kossa staining, SEM (Scanning Electron Microscope) analysis starting from p3; positive alkaline phosphatase cells were also detected. By ICH analysis cells and nodules were osteocalcin and osteonectin positive and osteopontin negative. These results were confirmed by the RT PCR studies. Expression levels of Cbfa1 (a transcriptor factor regulating osteoblast specific genes) and osteonectin increased in cells starting from p1 to p4, paralleling the development of nodules. Instead, the expression levels of osteopontin decreased during the same passages. Primary cultures of renal papillary cells from a patient matched for age and gender but without MSK or nephrolithiasis, were used as control. Cells were incubated with glycerophosphate and dexametazone to induce an osteogenic phenotype, but not spontaneous neither induced nodular growth was observed. The study of GDNF expression revealed that this gene was down-regulated in MSK cells, suggesting its involvement in the observed phenomenon. Our data indicate that a spontaneous process of calcification was active in MSK cells, suggesting that in the renal papilla may be present cells that can undergo osteogenic differentiation. Whether this process was related to the transdifferentiation of resident renal cells or to the osteogenic differentiation of renal progenitors has to be clarified. The presence of GDNF mutation may have a role in the osteogenic differentiation, conferring some degree of immaturity to papillary cells, thereby predisposing them to transdifferentiation. Our results suggest a new pathogenetic mechanism for nephrocalcinosis in MSK and possibly in other neprholithiasis. .
La patogenesi della calcolosi renale ossalico-calcica è oggetto di discussione. Le placche di Randall originano nella membrana basale dell’ansa di Henle e agiscono come siti di ancoraggio per la formazione di calcoli. La presenza di idrossiapatite (chimicamente simile alla componente minerale dell’osso) in queste strutture potrebbe deporre per un processo di biomineralizzazione attiva. Studi sulle calcificazioni vascolari hanno dimostrato che cellule di origine mesenchimale (periciti, cellule vascolari calcificanti, cellule vascolari muscolari lisce) possono differenziare in cellule con fenotipo osteoblastico, con conseguente sintesi di proteine tipiche dell’osteoide (osteopontina, osteocalcina, osteonectina) in un processo di biomineralizzazione simile all’osteogenesi. Con queste premesse si ipotizza che cellule della papilla possano differenziare verso la linea osteogenica, determinando la sintesi di proteine tipiche dell’osso e mineralizzazione in apatite del tessuto renale. Questo fenomeno potrebbe aver luogo in patologie renali associate a nefrocalcinosi, come il rene con midollare a spugna (MSK). Recentemente il nostro gruppo di ricerca ha trovato che in alcuni pazienti con nefrolitiasi e MSK bilaterale sono presenti mutazioni del gene GDNF (glial derived neurotrophic factor), che potrebbero essere correlate con la malattia. Da biopsia chirurgica da polo indenne per carcinoma renale in una paziente con MSK e portatrice di una mutazione in eterozigosi di GDNF sono state allestite colture primarie di cellule papillari renali. L’analisi della biopsia renale ha evidenziato nefrocalcinosi papillare e una piccola placca di fosfato di calcio. Abbiamo osservato la crescita spontanea in vitro delle cellule fino al passaggio p4, notando nelle cellule la capacità di organizzarsi in noduli, a partire dal passaggio p2, con una modalità simile a quella descritta per i periciti calcificanti. E’ stata condotta un’analisi immunocitochimica (ICH) per tipizzare i vari tipi cellulari con marcatori per cellule endoteliali (von Willebrand), cellule muscolari lisce (?SMA), cellule epiteliali (citocheratina, E-caderina, ZO-1), cellule mesenchimali (vimentina e desmina) e periciti (3G5). L’analisi ha evidenziato eterogeneità cellulare al p1 e, a partire dal p2, la comparsa di un fenotipo mesenchimale. La presenza di depositi di fosfato di calcio nelle cellule e/o nei noduli è stata rivelata mediante colorazione con il reagente di Von Kossa e analisi al microscopio elettronico a scansione (SEM); il saggio della fosfatasi alcalina ha evidenziato alcune cellule positive nelle vicinanze dei noduli. Lo studio ICH dei marcatori osteogenici ha rivelato una positività per osteocalcina e osteonectina e una negatività per osteopontina nelle cellule e nei noduli. Questi risultati sono stati confermati attraverso studi di RT PCR nei quali i livelli di espressione di osteonectina e di Cbfa1 (fattore trascrizionale regolatore dell’espressione dei geni osteogenici) aumentavano a partire dal p1 fino al p4, in parallelo allo sviluppo dei noduli; al contrario i livelli di osteopontina diminuivano durante gli stessi passaggi. Lo studio dei livelli di espressione di GDNF nelle cellule MSK ha mostrato una down-regolazione del gene, suggerendo un suo possibile coinvolgimento nel fenomeno osservato. Sono state allestite come controllo colture primarie di cellule renali papillari provenienti da un soggetto di sesso ed età comparabili, senza MSK né nefrolitiasi. Le cellule al passaggio p3 sono state incubate con glicerolfosfato e dexametazone per la possibile induzione di un fenotipo osteogenico ma non hanno presentato crescita nodulare né spontanea né indotta. I dati raccolti depongono un processo attivo e spontaneo di calcificazione nelle cellule MSK in coltura, suggerendo che nella papilla renale sono presenti cellule in grado di differenziare verso la linea osteoblastica. Se questo processo sia dovuto al transdifferenziamento di cellule renali residenti o al differenziamento di progenitori renali verso il lineaggio osteogenico non è ancora noto e dovrà essere approfondito. La presenza della mutazione di GDNF potrebbe svolgere un ruolo nella differenziazione osteogenica, conferendo alle cellule un’immaturità che potrebbe renderle maggiormente suscettibili ad un possibile fenomeno di transdifferenziamento. I nostri risultati suggeriscono un nuovo meccanismo patogenetico per la nefrocalcinosi in MSK e probabilmente anche in altre nefrolitiasi.
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Perugini, Enrico. "Lˊimaging 3D per la quantificazione della stenosi mitralica." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018.

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Abstract:
Nell’elaborato presentato si espone l’ecocardiografia tridimensionale tempo reale, le sue caratteristiche e i suoi vantaggi rispetto la tomografia (gold standard) e l’ecografia convenzionale. Nel dettaglio viene presentato uno studio riferito alle valvole cardiache e alle loro principali patologie, quali calcificazione e stenosi. Vengono introdotte la calcificazione dell’anulus mitralico, un processo cronico degenerativo nella base fibrosa della valvola mitrale; la stenosi mitralica, la quale si verifica a causa di un restringimento della valvola e una non totale o incompleta apertura della stessa; la malattia della valvola calcifica aortica, caratterizzata da uno spessore maggiore dei lembi, irrigidimento, calcificazione (senza una fusione delle commessure) e con una considerevole ostruzione; in fine la stenosi aortica, un progressivo restringimento della valvola aortica che rimane tutt’oggi un processo ancora da definire completamente e non esistono trattamenti in grado di cambiare il corso della malattia. Tramite l’elevata risoluzione, la tomografia computerizzata multistrato fornisce uno strumento di imaging di riferimento per la quantificazione di calcio e per il calcolo dell’area dell’orifizio in una valvola stenotica. I contro di questa tecnica consistono nell’esposizione da parte del paziente a dosi nocive di raggi x e nella inesistenza di un approccio quantitativo convalidato. Con l’avvento dell’ecocardiografia 3D real-time è diventato possibile superare i metodi di studio delle strutture cardiache, ovviare ai limiti delle già esistenti tecniche, aumentare la precisione delle misure di parametri per la quantificazione di calcificazione e stenosi.
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Volpi, E. M. "STUDIO DEI MECCANISMI PATOGENETICI COINVOLTI NELLA PROGRESSIONE DELLE CALCIFICAZIONI VASCOLARI INDOTTE DA ELEVATI LIVELLI DI FOSFORO." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2012. http://hdl.handle.net/2434/171328.

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Abstract:
Vascular Calcification (VC), induced by a high-phosphate, is characterized by a passive deposition of calcium-phosphate (Ca-P) and an active transformation of vascular smooth muscle cells (VSMCs) in osteoblastic-like cells. Ascorbic acid (AA) supplementation has been suggested to afford erythropoietin hyporesponsiveness and high levels of ferritin in haemodialysis (HD) patients. However, little is known about the possible side effects of this policy on VC. The first aim of these studies was to characterize the combined effects of AA and P on VC. Rat VSMCs were challenged with inorganic P (Pi) and AA, and Ca deposition analysis was performed to quantify VC. To investigate VSMC osteoblastic differentiation, we analysed α-actin protein content and core-binding factor alpha-1 (Cbfα1/RUNX2) messenger RNA (mRNA) expression. When incubated with 5 mM Pi, VSMCs showed a significant increase in Ca deposition compared to control cells. Interestingly, the addition of AA in the calcification medium resulted in a dose-dependent increase in Pi-induced Ca deposition. At the same time, the combined effect of AA and Pi on VSMCs resulted in the reduction of α-actin protein content and in a 4-fold increase of Cbfα1/RUNX2 mRNA expression. We demonstrated that AA combined with Pi increases Ca deposition in rat VSMCs. The role of AA as cofactor in osteoblastic differentiation was demonstrated by phenotypic changes in VSMCs and enhanced bone mineralization key gene expression. These in vitro preliminary data suggest a potential role for AA combined with Pi in worsening VC. The second aim of this study was to investigate the effects of lanthanum chloride (LaCl3) on the progression of high Pi-induced Ca deposition in rat VSMCs. In fact, lanthanum is a Ca-free P-binder used in the treatment of hyperphosphatemia in patients affected by renal failure. In rat VSMCs, Pi-induced Ca deposition was inhibited by LaCl3, with a maximal effect at 100μM. Furthermore, we studied the effects on VC of calcium sensing receptor (CaSR) agonists. Gadolinium chloride, neomycin, spermine, and the calcimimetic calindol significantly inhibited Pi-induced VC. To investigate the hypothesis that LaCl3 reduces the progression of VC by interacting with the CaSR, we performed a concentration-response curve of LaCl3 in presence of a sub-effective concentration of calindol (10nM). Interestingly, this curve was shifted to the left, compared to the curve in the presence of LaCl3 alone. Additionally we analysed α-actin and SM-22α protein content after LaCl3 treatment observing that LaCl3 maintains the proteins levels as high as controls’. We also studied the Cbfα1/RUNX2 and Matrix Gla Protein (MGP) mRNA expression. LaCl3 prevents the over expression of Matrix Gla Protein mRNA observed in cells treated with Pi alone, while it doesn’t affect the Cbfα1/RUNX2 mRNA increase induced by Pi. In conclusion, we demonstrated that lanthanum chloride effectively reduces the progression of high phosphate-induced VC. In addition, LaCl3 cooperates with the calcimimetic calindol in decreasing Ca deposition in this in vitro model. Moreover LaCl3 is able to prevent the VSMC dedifferentiation preserving the expression of smooth muscle cell lineage markers. These results suggest the potential role of lanthanum in the treatment of VC induced by high Pi.
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LOFARO, FRANCESCO DEMETRIO. "Il ruolo del microambiente nei meccanismi patologici delle calcificazioni ectopiche: approfondimenti genetici e cellulari dal modello Pseudoxanthoma elastiscum." Doctoral thesis, Università degli studi di Modena e Reggio Emilia, 2022. http://hdl.handle.net/11380/1278837.

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Abstract:
La calcificazione ectopica (CE) è una deposizione patologica di sali di calcio-fosfato che coinvolge attivamente le cellule e la matrice extracellulare. La CE si verifica in diverse condizioni acquisite e genetiche portando ad una grave compromissione delle proprietà meccaniche dei tessuti connettivi lassi (TCL). Nonostante i numerosi studi effettuati finora, alcuni quesiti rimangono ancora irrisolti: 1) la complessità genetica e l'eterogeneità della CE; 2) il ruolo delle cellule mesenchimali e/o dell'ambiente extracellulare nel modulare la deposizione di minerali; 3) l'identificazione delle vie molecolari coinvolte nel processo patogenetico; 4) i meccanismi che controllano le CE in aree specifiche di un determinato tessuto. Lo Pseudoxantoma elasticum (PXE) è una malattia genetica, caratterizzata da una progressiva mineralizzazione delle fibre elastiche dei TCL, frequentemente utilizzata come modello per comprendere la complessità delle CE. Varianti patogenetiche rare nel gene ABCC6 sono responsabili dell'insorgenza di PXE. Un'ampia coorte di pazienti italiani PXE è stata studiata retrospettivamente per valutare l'insorgenza di manifestazioni cliniche (dalle più frequenti a carico di cute, occhi e sistema cardiovascolare, a quelle meno frequenti come ictus, emorragie gastrointestinali e nefrolitiasi) a seconda dell'età, del genere e del tipo di mutazioni. Inoltre, per migliorare la consulenza dei pazienti PXE, lo score clinico (Phenodex), è stato implementato con manifestazioni oftalmologiche, che permettono di caratterizzare i disturbi molto precoci o tardivi. Poiché l'eterogeneità del fenotipo PXE può essere correlata a geni modificatori, sono stati condotti studi di sequenziamento dell’esoma completo i cui risultati evidenziano: i) la presenza di un'ereditarietà digenica di ABCC6 e GGCX o di ABCC6 e ENPP1; ii) la presenza di varianti genetiche rare in geni coinvolti in patologie retiniche ereditarie (es. ABCC4, IMPG1), ampliando così lo spettro dei geni potenzialmente coinvolti nella progressione della malattia; iii) il coinvolgimento di geni che contribuiscono all'assemblaggio, mantenimento e stabilità delle fibre elastiche creando un ambiente locale pro-calcificante iv) la partecipazione di geni che codificano per proteine mitocondriali. Quest’ultimo dato è stato approfondito con un approccio multidisciplinare su fibroblasti PXE i cui mitocondri risultavano morfologicamente modificati e caratterizzati da un proteoma alterato influenzando l'equilibrio redox, la fosforilazione ossidativa e l'omeostasi del calcio. Inoltre, è noto che lo stress ossidativo può portare all'attivazione delle vie di segnale SMAD che promuovono l'espressione di geni pro-calcificanti. Tale via è stata studiata confrontando la cute di controllo con la cute clinicamente affetta (CAS) e non affetta (CUS) dello stesso paziente PXE. Rispetto al controllo, la via delle SMAD risulta attivata nel PXE indipendentemente dall'area cutanea (CUS o CAS). Tuttavia, l’attivazione delle SMAD non è sufficiente per indurre la calcificazione delle fibre elastiche, in quanto quest’ultime nel CUS appaiono degradate ma non calcificate, suggerendo che ulteriori fattori locali possono contribuire all'ambiente pro-osteogenico. È stato quindi sviluppato un modello in vitro per studiare la mineralizzazione delle strutture fibrillari dell’elastina idrolizzate ed incubate in mezzi a diversa composizione ionica. I risultati dimostrano che la deposizione di minerali sull'elastina insolubile dipende dal tipo di idrolisi, dalla presenza di specie ioniche specifiche e dalla loro concentrazione, spiegando il motivo per cui le fibre elastiche non calcificate e calcificate in vivo possono coesistere all'interno dello stesso tessuto.
Ectopic calcification (EC) is a progressive deposition of calcium-phosphate salts actively involving cells and the extracellular matrix. Aberrant mineralization is responsible for the severe impairment of the mechanical properties of soft connective tissues and takes place in several acquired and genetic conditions. Despite the number of studies performed so far, the following issues are still unresolved: 1) the genetic complexity and heterogeneity of EC; 2) the role of mesenchymal cells and/or of the extracellular environment in modulating mineral deposition; 3) the identification of molecular pathogenetic pathways; 4) the mechanisms controlling the localization of mineral deposits in specific areas within a tissue. Pseudoxanthoma elasticum (PXE) is a genetic disorder characterized by a progressive mineralization of elastic fibers within soft connective tissues, being considered a paradigm of EC diseases, is frequently used as a model to understand the complexity of EC. Rare pathogenic sequence variants in the ABCC6 gene are mostly responsible for the onset of PXE. A large cohort of Italian PXE patients was retrospectively investigated to better evaluate the occurrence of clinical manifestations (from the most frequent affecting skin, eyes, and the cardiovascular system, to the less frequent as stroke, gastrointestinal hemorrhages, and nephrolithiasis) depending also on age, gender, and type of mutations. Moreover, to improve PXE patients’ counselling, the clinical score system (i.e., Phenodex index), was updated by adding ophthalmological findings, which characterize either very early or late manifestations. Since, it has been proposed that the heterogeneity of the PXE phenotype can be related to modifiers genes, whole exome sequencing analysis were performed on several PXE patients. Data highlighted the: i) occurrence of a digenic inheritance of ABCC6 and GGCX or of ABCC6 and ENPP1; ii) presence of pathogenic variants in inherited retinal diseases genes (i.e., ABCC4, IMPG1), thus widening the spectrum of genes potentially involved in the disease progression; iii) involvement of genes contributing to the assembly, maintenance and stability of elastic fibers which create a more favorable local environment to mineral deposition and iv) participation of genes encoding mitochondrial proteins. Consistently, by a multidisciplinary approach, it was demonstrated that PXE mitochondria were morphologically modified and characterized by an altered proteome affecting redox balance, oxidative phosphorylation, and calcium homeostasis. Moreover, the mitochondrial-dependent oxidative stress can lead to the activation of SMAD signaling pathways as inducer of the expression of calcifying genes. This pathway was also investigated in control skin and in both clinically affected (CAS) and unaffected (CUS) PXE skin biopsies from the same patient. Compared to control skin, SMAD signaling was activated in PXE regardless of the skin area (i.e., CUS or CAS). However, the activated SMAD signaling is not sufficient to induce the calcification of elastic fiber, because CUS elastic fibers appear degraded, but not calcified, suggesting that additional local factors can contribute to the pro-osteogenic environment. An in vitro model system was therefore fine-tuned to investigate the mineralization of elastin fibrillar structures hydrolyzed and incubated in cell-free environmental milieu of different ionic composition. Results demonstrated that mineral deposition on insoluble elastin depends on type of hydrolysis, on the presence of specific ionic species and on their concentration, thus explaining why, in vivo, non-calcified and calcified elastic fibers can coexist within the same tissue.
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Puglisi, Carmelo Gabriele. "Patologie di confine: patologie addominali associate a calcificazioni prostatiche. Osservazioni alla TC addome richiesta in PS per patologie addominali acute." Doctoral thesis, Università di Catania, 2018. http://hdl.handle.net/10761/4014.

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Abstract:
La patologia di confine prostato-addominale trae spunto da considerazioni epidemiologiche generali di forte prevalenza relativa a prostatiti infiammatorie (cat. IIIA) e con dolore cronico pelvico (cat IIIB, CPSS), che sottendono uno scenario patogenetico più complesso, nel quale si riconoscono al paziente con CP/CPPS una presentazione clinica eterogenea, per effetto di un cluster di più fenotipi (UPOINT/S). La selezione dei dati per lo studio retrospettivo è stata effettuata prendendo a campione un numero di 58 pazienti e selezionando in maniera consecutiva coloro che rientravano in un range di età compreso tra i 18 ed i 50 anni e sottoposti a TAC (TC) con presenza di 1 o più calcificazioni prostatiche (>5 mm, indice assunto come marker surrogato di patologia certa di natura microbico/infiammatoria). La popolazione selezionata ha esibito patologie viscerali addominali in un alta percentuale: la distribuzione di frequenza tra 2 gruppi eletti era significativamente differente, con una più alta frequenza (58.6%) di >2 comorbidità nel gruppo di studio (con calcificazioni prostatiche di diametro >5 mm) vs 27.3% osservata nel gruppo di ontrollo. Tali risultati preliminari se confermati in più ampia casistica prospettano un utilizzo diagnostico della TC addominale come indagine di approfondimento. Confermando quanto preliminarmente da noi evidenziato a proposito di comorbidità intestinale associata a prostatite sulla base di anamnesi ed occasionale diagnostica strumentale (colonscopia e TC).
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