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Dissertations / Theses on the topic 'Campi di produzione culturale'

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ZAFFARONI, LORENZO GIUSEPPE. "La Legittimazione Artistica della Fotografia in Italia." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2021. http://hdl.handle.net/10280/96755.

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Abstract:
Attraverso un ampio studio di campo, il contributo propone un'analisi sociologica della fotografia in Italia e della sua parziale legittimazione artistica. Prendendo in considerazione sia lo sviluppo storico del campo della fotografia artistica in Italia che la sua condizione contemporanea, lo studio si concentra sui processi attraverso cui diversi attori e istituzioni promuovono la legittimità e lo status della fotografia come arte. Combinando la sociologia dell'arte e dei processi culturali con gli studi organizzativi, la ricerca sviluppa un quadro interpretativo che delinea la relazione tra legittimazione, categorizzazione sociale e processi di valutazione culturale. La ricerca, adottando la metodologia della Constructivist Grounded Theory, raccoglie e analizza diverse fonti: interviste faccia a faccia con fotografi, critici, storici, curatori, galleristi, direttori di musei e collezionisti italiani; note etnografiche raccolte durante l'osservazione partecipante di vari eventi di arte e fotografia, come festival, fiere, presentazioni, visite a musei e aperture di gallerie; risultati d'asta (2009-2020) e analisi di mercato disponibili; dati secondari, come libri di storia e opere critiche sulla fotografia italiana, documenti di archivio e comunicati stampa. I risultati mostrano che la fotografia in Italia sta ancora lottando per assicurarsi uno statuto di forma d'arte legittima a causa di processi storici e dinamiche socio-economiche che rafforzano il confine simbolico tra il mondo professionale della fotografia e quello legittimo dell'arte contemporanea. Rispetto ad altri paesi europei, il campo della fotografia artistica è emerso tardi, solo alla fine degli anni '70, in seguito all'emergere di tre spazi di opportunità favorevoli, in particolare la crisi del fotogiornalismo italiano. Di conseguenza, i membri del campo della fotografia artistica hanno sviluppato strategie di mobilitazione delle risorse e di teorizzazione di un'ideologia legittimante ancora in fase di sviluppo. Inoltre, il contributo teorizza tre processi di legittimazione che, agendo in combinazione tra loro, stabiliscono le condizioni per la completa legittimazione della fotografia come arte: differenziazione, emulazione e sublimazione. Questi processi, discussi alla luce di esperienze empiriche di legittimazione sia completa che parziale, mostrano che il campo della fotografia occupa una posizione di "inclusione segregata" all'interno delle istituzioni artistiche, poiché persiste ancora una contestata identificazione della fotografia come arte.
Through an in-depth field study, this thesis provides a sociological analysis of photography in Italy and its partial artistic legitimation. Taking into account both the historical development of the field of art photography in Italy and its contemporary condition, the study focuses on the processes through which different actors and institutions promote the legitimacy and status of photography as art. Combining the sociology of art and cultural processes to organisation studies, the study develops an interpretative framework that spells out the relationship between legitimation, social categorisation and cultural evaluation processes. Adopting the Constructivist Grounded Theory methodology, the research collects and analyses different sources: face-to-face interviews with photographers, critics, historians, curators, gallery owners, museum directors and Italian collectors; ethnographic notes collected during participant observation of various art and photography events, such as festivals, fairs, presentations, museum visits and gallery openings; auction data (collected from 2009 to 2020) and extant market analyses; secondary textual data, such as history and critical works on Italian photography, archival records and press releases. The results show that photography in Italy is still struggling to secure its status as a legitimate art form due to historical processes and socio-economic dynamics that reinforce the symbolic boundary between the professional world of photography and the legitimate world of contemporary art. Compared to other European countries, the field of artistic photography emerged late, only at the end of the 1970s, following the emergence of three favourable opportunity spaces, notably the crisis of Italian photojournalism. As a result, members of the field of artistic photography developed strategies of resource mobilisation and theorisation of a legitimising ideology that are still ongoing today. In addition, the contribution theorises three processes of legitimation which, acting in combination with each other, establish the conditions for the complete legitimation of photography as art: differentiation, emulation and sublimation. These processes, discussed in the light of empirical experiences of both full and partial legitimation, show that the field of photography occupies a position of "segregated inclusion" within art institutions, as a contested identification of photography as art still persists.
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ZAFFARONI, LORENZO GIUSEPPE. "La Legittimazione Artistica della Fotografia in Italia." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2021. http://hdl.handle.net/10280/96755.

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Abstract:
Attraverso un ampio studio di campo, il contributo propone un'analisi sociologica della fotografia in Italia e della sua parziale legittimazione artistica. Prendendo in considerazione sia lo sviluppo storico del campo della fotografia artistica in Italia che la sua condizione contemporanea, lo studio si concentra sui processi attraverso cui diversi attori e istituzioni promuovono la legittimità e lo status della fotografia come arte. Combinando la sociologia dell'arte e dei processi culturali con gli studi organizzativi, la ricerca sviluppa un quadro interpretativo che delinea la relazione tra legittimazione, categorizzazione sociale e processi di valutazione culturale. La ricerca, adottando la metodologia della Constructivist Grounded Theory, raccoglie e analizza diverse fonti: interviste faccia a faccia con fotografi, critici, storici, curatori, galleristi, direttori di musei e collezionisti italiani; note etnografiche raccolte durante l'osservazione partecipante di vari eventi di arte e fotografia, come festival, fiere, presentazioni, visite a musei e aperture di gallerie; risultati d'asta (2009-2020) e analisi di mercato disponibili; dati secondari, come libri di storia e opere critiche sulla fotografia italiana, documenti di archivio e comunicati stampa. I risultati mostrano che la fotografia in Italia sta ancora lottando per assicurarsi uno statuto di forma d'arte legittima a causa di processi storici e dinamiche socio-economiche che rafforzano il confine simbolico tra il mondo professionale della fotografia e quello legittimo dell'arte contemporanea. Rispetto ad altri paesi europei, il campo della fotografia artistica è emerso tardi, solo alla fine degli anni '70, in seguito all'emergere di tre spazi di opportunità favorevoli, in particolare la crisi del fotogiornalismo italiano. Di conseguenza, i membri del campo della fotografia artistica hanno sviluppato strategie di mobilitazione delle risorse e di teorizzazione di un'ideologia legittimante ancora in fase di sviluppo. Inoltre, il contributo teorizza tre processi di legittimazione che, agendo in combinazione tra loro, stabiliscono le condizioni per la completa legittimazione della fotografia come arte: differenziazione, emulazione e sublimazione. Questi processi, discussi alla luce di esperienze empiriche di legittimazione sia completa che parziale, mostrano che il campo della fotografia occupa una posizione di "inclusione segregata" all'interno delle istituzioni artistiche, poiché persiste ancora una contestata identificazione della fotografia come arte.
Through an in-depth field study, this thesis provides a sociological analysis of photography in Italy and its partial artistic legitimation. Taking into account both the historical development of the field of art photography in Italy and its contemporary condition, the study focuses on the processes through which different actors and institutions promote the legitimacy and status of photography as art. Combining the sociology of art and cultural processes to organisation studies, the study develops an interpretative framework that spells out the relationship between legitimation, social categorisation and cultural evaluation processes. Adopting the Constructivist Grounded Theory methodology, the research collects and analyses different sources: face-to-face interviews with photographers, critics, historians, curators, gallery owners, museum directors and Italian collectors; ethnographic notes collected during participant observation of various art and photography events, such as festivals, fairs, presentations, museum visits and gallery openings; auction data (collected from 2009 to 2020) and extant market analyses; secondary textual data, such as history and critical works on Italian photography, archival records and press releases. The results show that photography in Italy is still struggling to secure its status as a legitimate art form due to historical processes and socio-economic dynamics that reinforce the symbolic boundary between the professional world of photography and the legitimate world of contemporary art. Compared to other European countries, the field of artistic photography emerged late, only at the end of the 1970s, following the emergence of three favourable opportunity spaces, notably the crisis of Italian photojournalism. As a result, members of the field of artistic photography developed strategies of resource mobilisation and theorisation of a legitimising ideology that are still ongoing today. In addition, the contribution theorises three processes of legitimation which, acting in combination with each other, establish the conditions for the complete legitimation of photography as art: differentiation, emulation and sublimation. These processes, discussed in the light of empirical experiences of both full and partial legitimation, show that the field of photography occupies a position of "segregated inclusion" within art institutions, as a contested identification of photography as art still persists.
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Fidenti, Camilla <1989&gt. "La produzione di "Tosca" di G. Puccini: analisi di un evento culturale." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/20625.

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Abstract:
La complessità della mise en place di un’opera lirica richiede, più di ogni altra forma di spettacolo di performing art, standard qualitativi elevati affinché il suo significato artistico possa essere comunicato e recepito dal pubblico: ne consegue la necessità da parte delle aziende teatro che offrono questo prodotto di disporre di un capitale finanziario considerevole, di una dotazione di attrezzature tecniche e dell’apporto di una notevole quantità di risorse umane dall’elevato profilo professionale che intervengono pariteticamente nella creazione dello spettacolo. Il modello di controllo direzionale adottato da queste aziende è caratterizzato da una dimensione organizzativa, comprendente centri di responsabilità che prevedono la definizione dei ruoli, l’assegnazione di incentivi motivazionali, l’utilizzo di processi di gestione per la definizione dei tempi e delle risorse necessarie per il raggiungimento degli obiettivi, e da una dimensione misurativa che fa riferimento al sistema di rilevazione dei dati contabili ed extra-contabili a supporto del controllo avente a preventivo, la definizione degli standard e la stesura del budget, e a consuntivo i sistemi di contabilità generale con il bilancio d’esercizio, e la contabilità analitica riferita alla contabilità per progetto, le varianze e i report periodici attraverso i quali le informazioni rilevate nei diversi livelli di gestione vengono resi noti ai responsabili delle aree di competenza e utilizzate per procedere a valutazioni costanti interne circa il livello di raggiungimento degli obiettivi e di conseguenza stabilire il piano d’azione da intraprendere. Nell’azienda teatro i processi di gestione sono riconducibili all’organizzazione delle attività di ideazione e progettazione dell’offerta culturale proposta nel cartellone stagionale, quindi di produzione, di commercializzazione e comunicazione ed infine l’erogazione dei prodotti culturali stessi. La tesi intende ripercorrere questi processi di gestione nella specifica produzione dell’opera lirica “Tosca” di Giacomo Puccini, un progetto culturale realizzato dall’Azienda Teatro del Giglio di Lucca in coproduzione con la Fondazione Teatro Verdi di Pisa e la Fondazione Teatro della Città di Livorno “Carlo Goldoni”, nella stagione lirica 2019/2020, quindi mostrare i report conclusivi e gli indici di performance che hanno permesso di valutare il progetto ex post sia qualitativamente che quantitativamente.
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Neglie, Ludovica <1989&gt. "Il progetto "Maravee". Un format innovativo di produzione culturale." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/5679.

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Abstract:
La presente trattazione si occupa delle organizzazioni di produzione culturale e nello specifico del progetto "Maravee", rassegna di arte contemporanea in Friuli Venezia Giulia. Il primo capitolo analizza le organizzazioni di produzione culturale e le complesse interazioni tra le finalità artistiche e la gestione economica all'interno di tali organizzazioni. In seguito si passa all'analisi del progetto culturale "Maravee", dalla sua nascita alle varie edizioni della rassegna. Nel terzo capitolo viene svolta un'analisi economico-finanziaria per verificare la sostenibilità della rassegna, prendendo in considerazione anche i suoi sponsor. Vengono analizzate, infine, altre rassegne e istituzioni culturali presenti sul territorio e il loro rapporto con il progetto "Maravee".
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5

Grigenti, Angela Elsa <1997&gt. "Arte e Intelligenza artificiale: esplorazione di una nuova frontiera di produzione culturale." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/20434.

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Abstract:
L’elaborato intende indagare l’evolvere delle sperimentazioni della tecnologia e, nello specifico, dell’intelligenza artificiale (Artificial Intelligence) nel campo artistico. Si analizzano le implicazioni filosofiche ed estetiche che l’intelligenza artificiale comporta nell’ambito dell’attività umana fin dalla sua creazione, in particolare per quanto riguarda il concetto di creatività intellettuale. Il focus è incentrato su alcuni artisti che, negli ultimi anni, si sono concentrati sull'utilizzo di sofisticati software di Intelligenza Artificiale per indagare i limiti e le opportunità della simbiosi tra l'artista e la macchina e le implicazioni estetiche e culturali che questi prodotti possono avere. Il lavoro degli AI-artists viene esplicitato attraverso l’analisi di diverse opere di tre artisti (Anna Ridler, Mario Klingemann e il collettivo Obvious), permettendo di comprendere in che modo l’intelligenza artificiale è percepita, utilizzata e accolta dai professionisti del settore. Vengono analizzati i contesti di produzione di tali opere che vedono la sinergia della scienza e dell’arte, ambiti che possiedono comunione di intenti e di ricerca ma diversità negli approcci. Si vede, inoltre, come il contesto influenzi in maniera significativa la figura dell’artista, sia nel suo percorso di formazione che nella ricerca artistica personale. Infine, si indagano le pressioni e i cambiamenti che il mondo del mercato artistico sta vivendo, sia per quanto riguarda il canale tradizionale delle aste sia per quanto riguarda il nascente mercato virtuale.
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6

Acone, Alessia <1986&gt. "Lo sviluppo strategico delle organizzazioni di produzione culturale : il caso Stichting Impakt." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/2427.

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Abstract:
Il progetto di tesi magistrale si propone di analizzare lo sviluppo strategico delle organizzazioni di produzione culturale. L’analisi vuole fornire un contributo su alcuni elementi e aspetti riguardanti in particolare il problema strategico. Ci si propone infatti di approfondire se e in che modo esse si caratterizzano significativamente per un orientamento strategico specifico e differente alle altre organizzazioni di produzione. Si farà riferimento, come caso studio, alla Impakt Foundation (Stichting Impakt), fondazione attiva nel territorio della città di Utrecht da circa vent’anni, applicando l'approccio teorico della "strategy-as-practice" al fine di tentare di individuare più in profondità la formazione del percorso di sviluppo strategico seguito.
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7

Peci, Mariangela <1989&gt. "Il Customer Relationship Management nelle organizzazioni di produzione culturale. Il caso Mart." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/9520.

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Abstract:
L’obiettivo delle tesi è quello di dimostrare come l’adozione di una suite CRM da parte di organizzazioni di produzione culturale possa essere un importate strumento a loro disposizione per il raggiungimento e il mantenimento di una posizione di vantaggio competitivo, poichè consente una migliore gestione e conoscenza della clientela rispetto a cui l’impresa può proporre un’offerta sempre più personalizzata. L’elaborato si compone di quattro capitoli. Nel primo, vengono analizzati e descritti i sistemi informativi aziendali, partendo dalle definizioni di azienda e informazione, mentre nel secondo il focus si sposta sul Customer Relationship Management (CRM), descrivendone obiettivi, funzioni, struttura e processo di implementazione. Scopo del terzo capitolo è, invece, quello di descrivere più approfonditamente le organizzazioni di produzione culturale, mettendone in evidenza, da un lato, le peculiarità, rispetto ad altre tipologie di organizzazioni, a livello di vision, mission, value proposition e dall’altro, le problematiche specifiche da affrontare per raggiungere e mantenere una posizione di vantaggio competitivo nel settore. Verrà dunque analizzato, nel quarto capitolo, un caso pratico, ossia quello del Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, di cui verranno esposte vision, misson e posizionamento attuale. Si cercherà quindi di esemplificare come l’adozione di una suite CRM da parte del Museo sia un valido strumento per rafforzare la propria posizione rispetto ai competitors. Pertanto verranno descritte le motivazioni e gli obiettivi di breve e medio – lungo termine che hanno spinto l’Ente a dotarsi di un sistema CRM, le fasi di sviluppo e implementazione e le mete future che si prospetta di raggiungere.
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Ciotola, Antonella. "Produzione e circolazione della ceramica comune nei Campi Flegrei in età romana : un campione dal Foro di Cuma." Thesis, Paris Sciences et Lettres (ComUE), 2017. http://www.theses.fr/2017PSLEP027.

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Abstract:
Cette étude analyse les céramiques communes romaines provenant de la cité de Cumes (Naples, Campanie) sur un arc temporel très étendu, depuis le IIe siècle av. J.-C. jusqu’à l’abandon du site durant l’Antiquité tardive. Après avoir examiné les données disponibles sur la production et la circulation des céramiques dans cette région de la baie de Naples, on analyse les mobiliers inédits des fouilles dans le forum, conduites par l’Università degli Studi di Napoli « Federico II », dans le cadre du projet Kyme, un programme de recherche et de mise en valeur des vestiges de la ville antique avec la participation de deux universités napolitaines et du Centre Jean Bérard (CNRS). Les données recueillies sur le site par les diverses équipes clarifient le rôle de Cumes comme centre de production céramique. Certaines céramiques communes fabriquées par les potiers de la ville connaissent une très large diffusion et sont parmi les productions les mieux attestées dans tout l’Empire romain: c’est le cas de la céramique dite à engobe rouge pompéien (ceramica a vernice rossa interna, Pompeian Red Ware o Pompejanisch-rote Platte). Les caractéristiques spécifiques du site et de l’assemblage de céramique commune étudié ont encouragé à adopter pour ce travail un système de classification différent de celui utilisé pour les productions communes de la Campanie jusqu'à présent. Chaque type est illustré analytiquement, avec le support d’une large documentation graphique et, dans la plupart des cas, des données fournies par l’étude des lames minces. L’examen des mobiliers provenant des fouilles du forum de Cumes et le réexamen des vases attestés dans la ville et en dehors du site, ont permis la révision des connaissances antérieures sur la production et la chronologie des types, en les confirmant ou en les modifiant. La documentation recueillie permet de dégager le cadre complexe de la production de céramique commune à Cumes. En outre, l’étude des importations a fourni nouveaux éléments sur les échanges commerciaux atteignant le site et la région phlégréenne, très influencés par la présence du port de Puteoli, porte de Rome sur les provinces de l’Afrique e de l’Orient. En examinant les variations du répertoire des formes représentées et les pourcentages des céramiques communes locales par rapport aux autres productions de l’Empire au cours des siècles, il a été possible d’observer des changements dans les flux commerciaux et dans les habitudes des individus. Il s’agit d’élever le regard des objets quotidiens pour atteindre les changements sociaux et économiques intéressant le site et le Champs Phlégréens entre le Haut Empire et l’Antiquité tardive
This study analyzes Roman Coarse Wares from the city of Cumae (Naples, Campania), over an extended period, from the II century B.C. to the abandonment of the site in the late Antiquity. After examining the available data on pottery production and circulation in this area of the bay of Naples, the unpublished assemblages from the forum are analysed. These contexts were found during the excavations carried out by the Università degli Studi di Napoli “Federico II”, in the framework of the Kyme Project, in which two Neapolitan universities and the Centre Jean Bérard (CNRS) are involved to promote the research and the valorisation of the ancient city. New data sets collected by these different teams highlight the role of Cumae in pottery production. Some coarse wares produced in Cumae were widely traded across the entire Roman Empire, in particular the so called Pompeian Red Ware (ceramica a vernice rossa interna, céramique à engobe rouge pompéien or Pompejanisch-rote Platte). The characteristics of the site and of the coarse ware assemblages led to the adoption of a classification system fundamentally different from those used in studies on Coarse Wares made in Campania until now. Every type of pottery is analytically described and illustrated, with profile drawings and, in most cases, with the support of data provided by thin-section study. The examination of Coarse Wares discovered in the excavations of the forum of Cumae and the re-examination of available documentation about Coarse Wares finds from the city and elsewhere, leads to review our previous knowledge about the chronology of each type and production, confirming or modifying them. The collected documentation allows us to reconstruct the framework of Coarse Wares production in Cumae. Furthermore, the study of imported Coarse Wares from the forum of Cumae provided new clues for reconstructing trade evolutions in the city and in the Phlegraean Fields, strongly influenced by the vicinity of the port of Puteoli, gateway of the Roman provinces of Africa and the Eastern Mediterranean. Examining forms evolutions and their percentage of the local and imported production through centuries, we observe changes in trade and in individuals habits and how everyday objects give insights on social and economical changes at Cumae and in the Phlegraean Fields during the Early Roman Empire and the late Antiquity
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Lanteri, Minet Tomaso <1985&gt. "Mario Labò. La produzione architettonica e il ruolo di promotore culturale nella prima meta del XX secolo." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amsdottorato.unibo.it/7961/1/TOMASO%20LANTERI%20MINET%20-%20MARIO%20LABO%20-%20TESI.pdf.

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Abstract:
La ricerca si propone di indagare la figura di Mario Labò (1884-1961), architetto-progettista, attento mediatore culturale impegnato negli studi storiografici, nella critica dell’arte, nella politica e protagonista dell’avanguardia razionalista. Si intende definirne il profilo culturale eseguendo una lettura critica e consapevole delle numerose fonti scritte, dell’opera progettuale, studiando i rapporti intrapresi con i contesti nazionali e internazionali delle avanguardie culturali di inizio Novecento. La ricerca vuole raccontare, attraverso l’attenta analisi delle fonti di archivio e lo studio approfondito dell’opera culturale di Mario Labò, le prime sei decadi del XX secolo. Inoltre, l’obbiettivo di questa tesi è quello di fornire un primo contributo sugli elementi compositivi della sua architettura in rapporto agli anni della formazione e agli scritti da lui prodotti.
The research aims at exploring the activity of Mario Labò (1884-1961), architect, designer, cultural mediator, representative of the rationalist avant-garde, committed in historiographical studies, art criticism and politics. The objective is to define his cultural profile through a critical reading of the numerous written sources, to study his architectural works and the relationships established with the cultural national and international avant-garde of the beginning of the 20th century. The current bibliography and the limited number of studied carried on Mario Labò are insufficient to point out the importance of his architectural production and, above all, of Labò himself as “man of culture”, with his relationships and his active role in the dialogue with other representatives of modern architecture. The research wants to describe the first six decades of the 20th century through a detailed analysis of Labò’s archives and cultural works.
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Bombardelli, Anna <1988&gt. "Centrale Fies: un centro di creazione e produzione delle arti contemporanee. Analisi della realtà organizzativa e culturale." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4537.

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Abstract:
Questa tesi di laurea magistrale nasce da un periodo di tirocinio universitario svolto presso Centrale Fies, che mi ha permesso di conoscere la struttura e di approfondire il suo funzionamento ed organizzazione. Centrale Fies è centro di creazione e produzione dell'arte contemporanea in Provincia Autonoma di Trento. La particolarità della struttura nasce dal binomio fra arte ed energia prodotta dall'acqua. Centrale Fies occupa infatti da diversi anni alcune sale che un tempo erano adibite alla produzione di energia all'interno degli spazi di una centrale idroelettrica parzialmente ancora funzionante. Nel primo capitolo si forniranno gli strumenti necessari per comprendere l'ambiente, la struttura territoriale nel quale Centrale Fies è inserita e l'offerta culturale e sportiva del Trentino. Successivamente sarà possibile approfondire la storia della centrale di Fies costruita all'inizio del Novecento, l'attività del centro artistico e capire il complesso iter che ha permesso alla struttura artistica di farsi conoscere ed apprezzare in tutti questi anni dal pubblico e dagli addetti ai lavori. Moltissime sono le attività prodotte: le due più famose e radicate sono il Festival Drodesera che ha raggiunto la trentatreesima edizione e Fies Factory un progetto artistico che sostiene sette artisti-compagnie che in questi anni hanno raggiunto traguardi importanti in campi artistici eterogenei, facendosi conoscere ed apprezzare nel panorama sia italiano che internazionale. Viene poi analizzato il festival, l'aspetto creativo ed organizzativo, compreso il risultato economico ed il confronto fra le edizioni 2011 e 2012. Vi sarà poi la possibilità di soffermarsi brevemente sulla partecipazione di alcuni degli artisti che compongono la Factory di Centrale Fies alla Biennale di Venezia, rispettivamente in campo teatrale ed in campo artistico. Infine si descriverà il network europeo APAP del quale Centrale Fies è l'unico partner italiano assieme ad altre sette realtà artistiche europee per il progetto di durata quinquennale (2011-2016) Performing Europe.
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Faccio, Giulia. "Un successo culturale: le strategie di Netflix per promuovere le serie televisive." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2022.

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Abstract:
Il quesito alla base della mia tesi di laurea è: in che modo un’azienda così in continua evoluzione come Netflix riesca a rendere innovativi i prodotti originali e come riesca a promuoverli? La stesura dell'elaborato inizia fornendo alcuni cenni storici riguardanti la nascita, lo sviluppo e l’evoluzione della piattaforma per la fruizione di contenuti mediali, procedendo successivamente con l’analisi delle diverse strategie impiegate all’interno di alcune celebri serie originali Netflix: The Witcher (2019- in produzione), Bridgerton (2020- in produzione) e La regina degli scacchi (2020). Man mano che l'azienda si è evoluta, anche la sua strategia del marchio è evoluta: l’elaborato ha lo scopo, quindi, di esporre tutte quelle strategie messe in campo dall’azienda per attirare l'attenzione del pubblico generale, per migliorare l'abbonamento e accrescerne il valore. Il brand Netflix Original è diventato virale in poco tempo e la cosiddetta pratica del binge watching (atto di guardare più puntate di una serie o puntate di un programma televisivo, una dopo l'altra) è sempre più diffusa; inoltre, grazie al complesso algoritmo che regola la piattaforma, l’azienda raccoglie ogni giorno numerosi dati che, dopo essere stati analizzati, forniscono indicazioni per quanto riguarda le preferenze del pubblico, orientando così le scelte di produzione. Ciascun caso di studio preso in considerazione presenta molteplici strategie e strumenti differenti che vengono analizzati, ponendo in evidenza come ogni prodotto venga sfruttato in maniera originale. Il presente lavoro riflette quindi sull’importanza che hanno le varie linee strategiche di marketing e comunicazione adottate dal servizio streaming all’interno dei prodotti audiovisivi. Premettendo la difficoltà e le problematiche per quanto riguarda il raccoglimento di dati, l’intento è quello di utilizzare diverse fonti bibliografiche e sitografiche utili a rispondere in maniera esaustiva alla domanda posta in principio.
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Lipreri, Vera <1987&gt. "Cultura come bene comune: la prospettiva delle occupazioni culturali in Italia. Teoria e pratiche di un modello di produzione culturale dal basso." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/5023.

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Abstract:
Il presente lavoro intende analizzare il recente fenomeno delle occupazioni culturali in Italia. Obiettivo finale è quello di verificare se questi nuovi spazi, basati sulla partecipazione allargata e l’orizzontalità decisionale, possano effettivamente rappresentare una terza via che permetta alla produzione culturale di affrancarsi dai modelli generalmente proposti come vincolanti: la gestione pubblica-statale e il meccanismo neo-liberista delle industrie culturali. Entrambi i paradigmi presentano infatti contraddizioni, vincoli ed effetti negativi che hanno portato alla nascita delle occupazioni culturali in molte città italiane, è dunque opportuno chiedersi: può la cultura come bene comune (commons) rappresentare un modello di produzione e gestione culturale applicabile in più contesti? Il discorso proposto si sviluppa in quattro capitoli: il primo tenta di fornire un quadro dei modelli di produzione e gestione culturale mainstream (stato e industrie culturali); è dunque fornita un’analisi, da un lato, delle politiche italiane in materia di finanziamenti alla cultura, dall’altro, del Manifesto per la Cultura del Sole 24 Ore. Il capitolo si conclude con un approfondimento sul nuovo programma di finanziamento europeo Creative Europe. Il capitolo successivo traccia un quadro delle pratiche e dei discorsi teorici nati all’interno degli spazi occupati per la cultura. Per necessità di sintesi ci si concentra su tre realtà (S.a.L.E. Docks di Venezia, Teatro Valle Occupato di Roma e Macao di Milano), delle quali si individuano peculiarità e attività principali, indicando come esse si collochino all'interno di un discorso teorico coerente e condiviso dai diversi spazi. Il capitolo procede per macro-temi: critica all’industria culturale (lavoro cognitivo/precariato, critica del grande evento, rapporto con i pubblici); rapporto con la città (occupazione vs gentrificazione/speculazione); cultura come commons (nuove forme di gestione orizzontale e partecipata); istituzionalizzazione del comune (nuovo diritto, nuova economia). Il terzo capitolo è dedicato ad Open#6, progetto realizzato da S.a.L.E. Docks, qui presentato come esempio del diverso modello di produzione realizzato dalle occupazioni culturali. Il capitolo finale tenta di sintetizzare le prospettive che si aprono per il futuro di questi spazi. Centrale è la necessità di rafforzare ed allargare la “rete” di realtà affini che si è venuta a creare negli ultimi anni. Il capitolo è concluso dall’analisi del progetto #apparecchioper, primo tentativo concreto di realizzare una rete allargata di spazi di produzione culturale indipendente, ideato da Macao, Asilo, S.a.L.E. Docks e presentato al bendo “CheFare?”.
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PARODI, MICHELE. "Il campo del folclore tra valorizzazione e integrazione culturale. Il caso di Sao Luìs del Maranhao (Brasile)." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2011. http://hdl.handle.net/10281/21769.

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Abstract:
La presente tesi è dedicata allo studio dell’arena culturale che coinvolge le pratiche di valorizzazione delle forme del folclore e della cultura popolare in una capitale del Nordest del Brasile: São Luís del Maranhão. Nell’analisi di questa arena ci siamo serviti in primo luogo delle nozioni bourdieane di “campo”, “capitale” “habitus” ed “illusio”. La ricerca ha evidenziato nell’ambito etnografico esaminato e nelle sue diramazioni nazionali e globali, la presenza di una specifica forma di illusio: la credenza nel valore del folclore e nel valore della sua valorizzazione, della sua protezione, della sua messa in scena e del suo studio. La valorizzazione delle forme folcloriche è operata indipendentemente dalla valutazione della complessità dei loro contenuti e dalla valutazione della loro capacità di esprimere e far conoscere il contesto sociale, politico, economico ed esistenziale dei produttori e dei consumatori del folclore. Questa valorizzazione è vincolata viceversa al rispetto di determinate convenzioni formali riguardanti le forme degli artefatti e delle modalità espressive usate dai gruppi folclorici, quali ad esempio i materiali degli abiti e le loro decorazioni, le coreografie delle danze, i ritmi musicali. Questa illusio è sostenuta tautologicamente dall’affermazione, da un lato, della ricchezza culturale della diversità delle forme folcloriche e, dall’altro, dall’affermazione del valore di queste forme in quanto parte di questa diversità. A partire da questo presupposto, le forme folcloriche sono valorizzate in quanto emblemi identitari e in quanto risorse di distinzione nel mercato dei prodotti culturali. Nel tracciare le varie posizioni del campo generato da questa illusio (campo che abbiamo chiamato “campo del folclore” o “campo della cultura popolare”) abbiamo osservato l’imporsi egemonico degli habitus dei folcloristi e dei leader dei gruppi folclorici organizzati dalle classi dominanti. Questa egemonia tende a privilegiare forme di espressione che valorizzano gli aspetti decorativi e spettacolari e i contenuti più concilianti in detrimento dei contenuti dove sono messi in scena, in modo diretto o metaforico e satirico, i termini reali dei conflitti che sussistono tra le classi sociali. Come parte di questo contesto, abbiamo esaminato l’emarginazione degli aspetti narrativi della manifestazione folclorica del Bumba-meu-boi, manifestazione che presentava in passato la messa in scena del conflitto tra un fazendeiro e un suo dipendente (il “negro” Chico). Nelle odierne esibizioni folcloriche dei gruppi del Bumba-meu-boi di São Luís, tranne in alcuni casi eccezionali, sono messi in scena al più i personaggi principali della narrazione, che però, privati dell’attuazione corrispondente al proprio ruolo, funzionano solo come mere coreografie. Nella tesi è anche esaminata la genesi storica di questa illusio. Percorrendo la storia del folclore abbiamo potuto individuare i punti di contatto delle disposizioni degli agenti dell’attuale campo del folclore con le fascinazioni antiquarie per il possesso, la collezione e la classificazione sistematica degli oggetti del passato, e con le moderne logiche oggettivanti delle forme di patrimonializzazione della cultura materiale attivate dai processi di formazione degli stati nazionali. Abbiamo allora potuto re-interpretare l’illusio del campo del folclore di São Luís come parte di un più generale processo di cosificazione, patrimonializzazione, estetizzazione e mercificazione della cultura. In contrapposizione a questa trasformazione, storicamente, abbiamo osservato in Brasile la presenza di altri posizionamenti sulla cultura popolare che hanno considerato invece le sue forme come risorse di contenuti, temi e modalità di espressione con cui elaborare delle forme originali di cultura o con cui promuovere delle forme di politicizzazione e di effettiva emancipazione delle masse popolari. Infine, siamo giunti a concludere che le forme di valorizzazione del folclore, a partire dalla fine degli anni ’70 (all’inizio della fase di apertura della dittatura militare), e le più recenti forme di valorizzazione dei cosiddetti patrimoni immateriali hanno sviluppato e sviluppano in Brasile un meccanismo ideologico unitario simile a quello del mito della democracia racial (mito della sostanziale assenza in Brasile del pregiudizio razziale). Le forme folcloriche delle classi subalterne sono riconosciute e valorizzate al livello simbolico ed economico, ma, al medesimo tempo, sono ridotte a forme di espressione impoverite di contenuti politici non celebrativi delle autorità locali e delle identità, regionali, nazionali o etniche.
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MASCIARIELLO, ANTONIO. "MEMORIA, IDENTITÀ E PROGETTO: L’ARCHIVIO D’IMPRESA NEL FASHION DESIGN COME PROGETTO CULTURALE E COME STRUMENTO DI PRODUZIONE. IL CASO DELL’ARCHIVIO STORICO VERSACE." Doctoral thesis, Università IUAV di Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/11578/287398.

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Abstract:
La ricerca indaga il tema dell'archivio di impresa come progetto culturale e come strumento di produzione. L'archivio è analizzato nella prospettiva degli Studi di moda e delle pratiche del Fashion design, e approfondisce la case history dell'archivio storico Versace. L’Archivio Versace è un patrimonio ricchissimo di idee, informazioni e documenti importanti non solo per la azienda ma rilevanti a livello italiano e internazionale, così come la storia del progetto Versace che tiene insieme fashion design, fotografia, cultura pop, produzione per il teatro e pratiche curatoriali nella moda attraverso le mostre, le pubblicazioni e i progetti editoriali realizzati in oltre quarant’anni. La tesi si articola in tre capitoli. Il primo si concentra sull’analisi degli snodi fondamentali che si sviluppano attorno all’archivio, evidenziando come il movimento centripeto e centrifugo che lo caratterizza intercetti alcune specificità della moda. Il secondo capitolo declina queste stesse caratteristiche nell’ambito del museo d’impresa, dove le problematiche dell’archivio sono guardate rovesciando il punto di vista: patrimonio aziendale e fulcro di strategie di innovazione e comunicazione del marchio, in un’ottica di brand heritage. Infine, il terzo capitolo tratta dall’interno il caso studio dell’archivio storico Versace. Nato come progetto del dipartimento “Information Technology” dell’azienda nel 2011, si è sviluppato nell’istituzione nel 2015 di un “Heritage department” dedicato allo studio, alla conservazione e alla valorizzazione dell’archivio, oltre che alla gestione di moltissime attività che riattivano i materiali d’archivio nelle pratiche di fashion design e in quelle di comunicazione.L’Archivio Versace è un patrimonio ricchissimo di idee, informazioni e documenti importanti non solo per la azienda ma rilevanti a livello italiano e internazionale, così come la storia del progetto Versace che tiene insieme fashion design, fotografia, cultura pop, produzione per il teatro e pratiche curatoriali nella moda attraverso le mostre, le pubblicazioni e i progetti editoriali realizzati in oltre quarant’anni. Un punto fondamentale dell’analisi condotta nel terzo capitolo è l’analisi dell’esperienza della mostra Gianni Versace. L’abito per pensare, curata da Nicoletta Bocca e Chiara Buss al Castello Sforzesco di Milano nel 1989. Le schede di catalogazione degli oggetti e dei materiali esposti in quella mostra, sono state considerate come riferimento per lo studio degli oggetti dell’archivio e per l’elaborazione di modelli di schede di catalogazione e conservazione create insieme al team di restauro tessile delle Galleria degli Uffizi-Museo della Moda e del Costume di Palazzo Pitti. La mostra del 1989 al Castello Sforzesco, si rivela ancora oggi un esempio importantissimo di approccio specifico e scientifico allo studio della moda, precisando anche come il dispositivo della mostra di moda si configuri come strumento di indagine, analisi e riflessione progettuale e apra a considerazioni su come raccontare la moda, le sue storie, i suoi oggetti e le relazioni tra questi. In senso più ampio, lo studio degli archivi aziendali, della storia culturale e materiale degli oggetti in essi contenuti, l’analisi delle tecniche di manifattura e delle strategie di brand heritage, offrono infinite soluzioni da rimettere in circolo, producendo valore e innovazione e possono costituire le basi di una riflessione condivisa tra ricerca accademica, ricerca creativa, pratiche del design, ambiti produttivi, tracciando traiettorie che indicano possibili sinergie tra università e industria.
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Calabrese, Marianna. "La gestione manageriale e l'accountability: studio dei processi di produzione del valore (culturale, sociale ed economico) per i musei pubblici. L'analisi empirica: realizzazione del primo "rapporto di attività" del Museo di Capodimonte." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2013. http://hdl.handle.net/10556/1464.

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Abstract:
2011 - 2012
Il dibattito sempre più acceso che riguarda il potenziamento del settore culturale e creativo allo scopo di trasformarlo in un grande generatore economico e sociale, coinvolge una varietà di apporti e di implicazioni, volti ad imprimere la propria matrice umanistica, sociologica, economica. Il tema della definizione del suo valore in un’ottica di gestione, secondo una prospettiva d’analisi economico-aziendale, trova come primo obiettivo la necessità di individuare un insieme di principi e pratiche autenticamente condivisibili tra la comunità professionale dei conservatori e dei curatori e quella degli economisti e degli studiosi di management. Ad oggi, infatti, la molteplicità di approcci teorici esistenti e il mancato raggiungimento di una sintesi univoca tra di essi, sono alla base della difficoltà che lo studioso di management incontra. Un approccio manageriale allo studio del settore e alla gestione strategica di esso, implica dunque un’analisi dello scenario interpretativo che mappa i suoi confini, al fine non soltanto di identificare caratteristiche e funzioni, ma anche di esplicitare l’importanza del suo ruolo rispetto alle connessioni e criticità congiunte alla qualificazione o quantificazione del suo valore, il quale si riflette all’intero ecosistema economico determinando sia accumulazione di capitale culturale (materiale e immateriale), sia valore economico. Sulla base di tale premessa, l’analisi del settore museale e la ricerca di un modello strategico capace di risolvere i problemi gestionali ed operativi dei musei, impone innanzitutto il superamento della problematica relativa l’inquadramento concettuale dell’intero comparto culturale, finalizzata ad una “reale” identificazione delle sue specificità complesse e, successivamente, la definizione dei processi di produzione del valore inerenti le funzioni istituzionali del museo. Il valore che esso genera necessariamente attraverso un processo di scambio con specifiche comunità di portatori di interesse assume carattere multidimensionale: si tratta di valore differente e specifico, quale economico-monetario, d'uso e di scambio, meritorio e scientifico, pubblico e identitario, che viene prodotto per ciascuna “comunità di interlocutori” verso cui l’istituzione risulta orientata. Appare fondamentale però sottolineare che come ogni istituzione educativa, quella museale si rivolge simultaneamente ad una molteplicità di portatori di interesse (e non a una sola comunità di utenti); tra essi prevalgono i soggetti pubblici (lo stato, nelle sue articolazioni nazionali e periferiche), le comunità scientifiche e professionali, il pubblico dei visitatori, nonché gli sponsor e i donor che sostengono finanziariamente le iniziative, oltre i privati, le aziende e gli esercizi commerciali che ricavano un'utilità economica indiretta dalla sua presenza. Da ciò deriva che in modo simultaneo e competitivo, avvengono specifiche negoziazioni all’interno dei diversi sistemi di relazione disponibili, che determinano le condizioni e le risorse per la sopravvivenza e la crescita dell'istituzione stessa. Nei confronti del settore pubblico (stato, regioni, enti territoriali), la significatività reale e potenziale del valore generato verte intorno alla responsabilità, che ha l’istituzione di gestione museale, di tutelare la realtà di "bene pubblico" del patrimonio culturale nelle sue diverse componenti. Ne discende che nei confronti della cittadinanza, e delle sue istituzioni di rappresentanza, suddetto valore non può essere riportato unicamente ad una dimensione di costo-beneficio in quanto non è un valore monetario, bensì va esteso alle componenti immateriali di natura identitaria, educativa, di qualità della vita, di natura "meritoria", per le quali si esplica in diverse dimensioni. In particolare, ponendo in risalto una di queste, ovvero la sua sostenibilità ed economicità (efficacia/efficienza) rispetto ad indicatori di carattere pubblico, emerge la necessità di sostenere l’opinione secondo cui i musei sono istituzioni orientate a fini cui la collettività intera attribuisce un valore e che pertanto essi sono tenuti a produrre risultati misurabili sul piano qualitativo e quantitativo. Rispetto alle problematiche di carattere economico-finanziario dell’ambito museale, se da un lato si richiede ai policy makers locali e regionali, nazionali ed internazionali, l’attuazione di nuove scelte di gestione al fine di individuare soluzioni - tanto nella gestione organizzativa quanto in quella finanziaria - che consentano all’istituzione museale sia di conseguire una maggiore autonomia dall’apparato pubblico, sia di attuare strategie innovative di prodotto e di processo in grado di aumentare il consumo di cultura (secondo una logica “edificante”) ottenendo il miglior risultato finanziario compatibile con tali obiettivi, dall’altro le istituzioni museali, sono chiamate a rispondere alla necessità di accountability, ovvero di "rendere conto", all'interno e all'esterno dell'istituzione, delle proprie scelte allocative. Sulla base dei dati forniti dal sistema informativo, e mediante l’utilizzo di documenti - rendiconti - che dovrebbero consentire di valutare il raggiungimento degli equilibri dell’azienda pubblica, la rendicontazione rileva l’andamento della gestione oltre che i risultati conseguiti, e al contempo, permette la formulazione di un giudizio sull’efficacia del comportamento istituzionale della medesima. In tal modo, le conoscenze prodotte tramite il sistema informativo insieme all’utilizzo corretto degli strumenti contabili, risultano essenziali all’intero ciclo della pianificazione/programmazione e controllo, e servono altresì ad attivare un circuito virtuoso attraverso cui la comunicazione genera il controllo sociale. Il presente lavoro di ricerca ha l’obiettivo di analizzare come la gestione dei processi di produzione del valore nei musei, così come concepiti dalla letteratura in materia nonché dalla proposta ministeriale per la definizione dei livelli minimi uniformi di qualità della valorizzazione (d.m. 1 dicembre 2006), possa contribuire allo sviluppo strategico dell’istituzione museale, anche attraverso la definizione di un modello di accountability e comunicazione istituzionale quale l’Annual Report”, in grado di organizzare, gestire e comunicare responsabilmente gli esiti della sua attività ai vari stakeholder. Il processo di ricerca si compone di cinque capitoli. Nella prima parte, il primo e il secondo propongono un inquadramento concettuale rispettivamente del prodotto culturale al fine di comprenderne la logica economica e organizzativa, con particolare riguardo ai concetti di “valore” e di “specificità” fondamentali all’interpretazione del problema strategico delle organizzazioni di produzione culturale, e del “settore artistico-culturale” allo scopo di stabilire quali sono i suoi confini e quali sono, di conseguenza, le istituzioni che è necessario analizzare. Il terzo capitolo analizza la struttura del “Museo, azienda pubblica” attraverso un suo inquadramento teorico volto a descriverne la natura, gli assetti istituzionali soprattutto rispetto alla gestione in forma autonoma (D.Lgs. 1998 n. 368) prevista per la “Soprintendenza speciale per il Polo museale”, i percorsi strategici per il rinnovamento della gestione museale, i percorsi di valutazione in relazione al principio di accountability e alla sottointesa necessità di costruire un’adeguata responsabilità informativa nei musei. La seconda parte concerne l’analisi empirica, più specificatamente il quarto capitolo illustra la metodologia della ricerca adottata per lo sviluppo del lavoro, mentre il quinto capitolo presenta l’analisi empirica articolata sulla realizzazione dell’“Annual Report (Rapporto di attività) Museo di Capodimonte 2011/2012”, un documento/strumento di accountability che attualmente rappresenta la più evoluta pratica di rendicontazione sociale messa a punto nell’ambito museale. Considerando quindi, due direttrici di orientamento, vale a dire una teorica tesa alla concettualizzazione di nuovi modelli di gestione museale oppure finalizzata all’individuazione dei processi a cui è opportuno far riferimento per definire i livelli minimi di qualità delle attività di valorizzazione, e l’altra operativa rappresentativa degli indirizzi di orientamento proposti dalle istituzioni operanti nel settore museale, le domande di ricerca enunciate sono: in quali termini l’attività di gestione del settore culturale può avvalersi delle metodologie e tecniche che sono state sviluppate dall’analisi teorica aziendale, a livello nazionale ed internazionale, e che tipo di “traslazione” si rende necessaria in ragione della “specificità” e “significatività” del comparto culturale? In che misura l’Annual Report può rappresentare uno strumento per lo sviluppo strategico dei Musei? In merito alla prima domanda, i quesiti della ricerca hanno evidenziato alcuni approcci teorici e metodologie di matrice economico-manageriale concepite sulla necessità di considerare la particolarità dei prodotti e delle risorse, nonché la natura dei processi di produzione in esame, che risultano “fortemente condizionati dalla ricerca di un equilibrio, sovente instabile, tra orientamenti e finalità culturali e orientamenti e finalità economiche” [Soda 2001]. In questa forte caratterizzazione, si rinvengono le specificità del management di queste organizzazioni, e dunque le diversificate chiavi di gestione strategica, intrinsecamente connesse, a cui è riconducibile una logica essenzialmente polarizzata dai concetti di commitment, risorse, prodotti. Per quanto riguarda il secondo quesito di ricerca, esso è basato sull’ipotesi positiva che l’Annual Report può supportare l’implementazione delle tesi proposte, attraverso la rappresentazione esplicitata della complessità di gestire obiettivi manageriali, economici ed estetici. Inoltre, mediante una “qualificazione valoriale” di questo documento/ strumento di rendicontazione si cercherà di dimostrare come la sua redazione, potrebbe realizzare un sistema valoriale in grado di attribuire valore aggiuntivo all’istituzione museale, a livello sia culturale, sia economico. L’approccio metodologico utilizzato per perseguire l’obiettivo della ricerca è di tipo qualitativo, in quanto al fine di rispondere alla seconda domanda di ricerca, è stato realizzato il primo “Annual Report (Rapporto di attività) 2011-2012 del Museo di Capodimonte” (Napoli). [a cura dell'autore]
XI n.s.
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Galatà, Vincenzo, Eleonora Bilotta, and Caldognetto Emanuela Magno. "Produzione e percezione di emozioni vocali: uno studio cross-linguistico-culturale europeo." Thesis, 2013. http://hdl.handle.net/10955/194.

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BULGINI, Giulia. "Il progetto pedagogico della Rai: la televisione di Stato nei primi vent’anni. Il caso de ‹‹L’Approdo››." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251123.

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Abstract:
Non c’è dubbio sul fatto che la RAI, dal 1954 a oggi, abbia contribuito in misura considerevole a determinare la fisionomia dell’immaginario collettivo e dell’identità culturale dell’Italia. Si tratta di un assunto che, a distanza di più di sessant’anni, resta sempre di grande attualità, per chi si occupa della questione televisiva (e non solo). Ma a differenza di quanto avveniva nel passato, quando la tv appariva più preoccupata dei reali interessi dei cittadini, oggi essa sembra rispondere prevalentemente a dinamiche di mercato, in grado di alterarne la funzione etica e sociale. E nonostante il livello di istruzione e di benessere economico si siano evidentemente alzati, in questi ultimi anni si è assistito a programmi di sempre più bassa qualità e in controtendenza a un incremento del potere modellante e suggestivo sull’immaginario dei telespettatori. C’è di più: l’interesse verso la tv ha coinvolto anche gli storici dell’epoca contemporanea, i quali hanno iniziato a prendere coscienza che le produzioni audiovisive sono strumenti imprescindibili per la ricerca. Se si pensa ad esempio al ‹‹boom economico›› del Paese, negli anni Cinquanta e Sessanta, non si può non considerare che la tv, insieme agli altri media, abbia contributo a raccontare e allo stesso tempo ad accelerare i progressi economici e sociali di quell’epoca. Partendo, dunque, dal presupposto che la televisione da sempre esercita un potere decisivo sulla collettività, si è scelto di concentrarsi sulla fase meno indagata della sua storia, quella della televisione delle origini: ‹‹migliore›› perché senza competitor, ‹‹autentica›› perché incontestabile e soprattutto ‹‹pedagogica›› perché è di istruzione e di formazione che, quell’Italia appena uscita dalla guerra, aveva più urgenza. La storia della televisione italiana inizia il 3 gennaio 1954, con la nascita del servizio pubblico televisivo e insieme di un mezzo che, di lì a poco, avrebbe completamente rivoluzionato la società italiana, trasformandola in una civiltà di massa. Si accorciano le distanze territoriali e insieme culturali e la società inizia a omologarsi nei gusti, poi nei consumi e infine nel pensiero. Il punto d’arrivo si colloca negli anni Settanta, quando ha termine il monopolio della RAI, che fino a quel momento era stato visto come il garante del pluralismo culturale. La RAI passa dal controllo governativo a quello parlamentare, mentre si assiste al boom delle televisioni private e alla necessità della tv di Stato di stare al passo con la concorrenza, attraverso una produzione diversa da quella degli esordi. Dunque cambia la tv, come pure cambia la sua funzione e la forma mentis di chi ne detiene le redini. Ne risulta un’indagine trasversale, che passa nel mezzo di molteplici discipline che afferiscono alla materia televisiva e che non evita di porsi quelle domande scomode, necessarie tuttavia a comprendere la verità sugli artefici della prima RAI e sui loro obiettivi. E allora: qual era il valore attribuito alla televisione degli esordi? Era davvero uno strumento pedagogico? Sulla base di quali presupposti? Chi scriveva i palinsesti di quegli anni? Chi e perché sceglieva temi e format televisivi? Chi decideva, in ultima analisi, la forma da dare all’identità culturale nazionale attraverso questo nuovo apparecchio? Il metodo di ricerca si è articolato su tre distinte fasi di lavoro. In primis si è puntato a individuare e raccogliere bibliografia, sitografia, studi e materiale bibliografico reperibile a livello nazionale e internazionale sulla storia della televisione italiana e sulla sua programmazione nel primo ventennio. In particolare sono stati presi in esame i programmi scolastici ed educativi (Telescuola, Non è mai troppo tardi), la Tv dei Ragazzi e i programmi divulgativi culturali. Successivamente si è resa necessaria una definizione degli elementi per l’analisi dei programmi presi in esame, operazione resa possibile grazie alla consultazione del Catalogo multimediale della Rai. In questa seconda parte della ricerca si è voluto puntare i riflettori su ‹‹L’Approdo››, la storia, le peculiarità e gli obiettivi di quella che a ragione potrebbe essere definita una vera e propria impresa culturale, declinata in tutte le sue forme: radiofonica, di rivista cartacea e televisiva. In ultimo, sulla base dell’analisi dei materiali d’archivio, sono state realizzate interviste e ricerche all’interno dei palazzi della Rai per constatare la fondatezza e l’attendibilità dell’ipotesi relativa agli obiettivi educativi sottesi ai format televisivi presi in esame. Le conclusioni di questa ricerca hanno portato a sostenere che la tv delle origini, con tutti i suoi limiti, era uno strumento pedagogico e di coesione sociale. E se ciò appare come un aspetto ampiamente verificabile, oltreché evidente, qualora si voglia prendere in esame la televisione scolastica ed educativa di quegli anni, meno scontato risulta invece dimostrarlo se si decide – come si è fatto – di prendere in esame un programma divulgativo culturale come ‹‹L’Approdo››, che rientra nell’esperienza televisiva definita di ‹‹educazione permanente››. Ripercorrere la storia della trasmissione culturale più longeva della tv italiana degli esordi, per avvalorarne la funzione educativa, si è rivelata una strada interessante da battere, per quanto innegabilmente controversa, proprio per il principale intento insito nella trasmissione: diffondere la cultura ‹‹alta›› a milioni di telespettatori che erano praticamente digiuni della materia. Un obiettivo che alla fine della disamina si è rivelato centrato, grazie alla qualità della trasmissione, al suo autorevole e prestigioso groupe d'intellectuels, agli ascolti registrati dal ‹‹Servizio Opinioni›› e alla potenzialità divulgativa e penetrante della tv, nel suo saper trasmettere qualunque tematica, anche quelle artistiche e letterarie. Dunque se la prima conclusione di questo studio induce a considerare che la tv del primo ventennio era pedagogica, la seconda è che ‹‹L’Approdo›› tv di questa televisione fu un’espressione felice. ‹‹L’Approdo›› conserva ancora oggi un fascino innegabile, non foss’altro per la tenacia con la quale i letterati difesero l’idea stessa della cultura classica dal trionfo lento e inesorabile della società mediatica. Come pure appare ammirevole e lungimirante il tentativo, mai azzardato prima, di far incontrare la cultura con i nuovi media. Si potrebbe dire che ‹‹L’Approdo›› oggi rappresenti una rubrica del passato di inimmaginata modernità e, nel contempo, una memoria storica, lunga più di trent’anni, che proietta nel futuro la ricerca storica grazie al suo repertorio eccezionale di immagini e fatti che parlano di arte, di letteratura, di cultura, di editoria e di società e che raccontano il nostro Paese e la sua identità culturale, la stessa che la televisione da sempre contribuisce a riflettere e a delineare. Lo studio è partito da un’accurata analisi delle fonti, focalizzando l’attenzione, in primo luogo, sugli ‹‹Annuari della Rai›› (che contengono le Relazioni del Cda Rai, le Relazioni del Collegio Sindacale, i Bilanci dell’Esercizio e gli Estratti del Verbale dell’Assemblea Ordinaria). Altre fonti prese in esame sono gli stati gli opuscoli di ‹‹Servizio Opinioni››, le pubblicazioni relative a studi e ricerche in materia di televisione e pedagogia e le riviste edite dalla Rai Eri: ‹‹Radiocorriere tv››, ‹‹L’Approdo Letterario››, ‹‹Notizie Rai››, ‹‹La nostra RAI››, ‹‹Video››. Negli ultimi anni la Rai ha messo a disposizione del pubblico una cospicua varietà di video trasmessi dalle origini a oggi (www.techeaperte.it): si tratta del Catalogo Multimediale della Rai, che si è rivelato fondamentale al fine della realizzazione della presente ricerca. Altre sedi indispensabili per la realizzazione di questa ricerca si sono rivelate le due Biblioteche romane della Rai di Viale Mazzini e di via Teulada.
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