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Journal articles on the topic 'Diritti religiosi'

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Souza, Lidyane Maria Ferreira de, and Luca Baccelli. "L'UTILITÀ DELL’ANALISI CULTURALE DEI DIRITTI SOGGETTIVI RELIGIOSI." Revista Eletrônica do Curso de Direito da UFSM 17, no. 1 (December 31, 2022): e79979. http://dx.doi.org/10.5902/1981369470979.

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Abstract:
Nei paesi democratici, l’ordine giuridico in genere riconosce diritti soggettivi religiosi, prima di tutti la libertà religiosa. Dalla Guerra dei Trent’anni, un’ esperienza storicamente e geograficamente abbastanza specIfica, la libertà religiosa è presentata come soluzione universale alla sfida della coesistenza di differenti credenze religiose nello stesso spazio politico. Di conseguenza, si osserva come questi diritti promuovano determinati tipi di soggettività e di organizzazione religiosa. Dato che tale critica è già stata rivolta alla categoria dei diritti soggettivi, così come a quella dei diritti umani, questo articolo investiga se le risposte fornite a queste critiche – nell’ambito dei studi sociogiuridici, dell’analisi culturale del diritto e della filosofia e sociologia dei diritti umani – possono contribuire a riflettere sull’utilità dei diritti soggettivi religiosi per le persone di fede non egemonica. Si conclude che l’analisi culturale permette identificare possibili reinvenzioni della strategia politica dei diritti soggettivI religiosi.
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Dammacco, Gaetano. "Riflessioni sul diritto di satira e i suoi limiti." Studia z Prawa Wyznaniowego 23 (December 30, 2020): 101–21. http://dx.doi.org/10.31743/spw.10355.

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Abstract:
La satira è un paradigma estremo della libertà di espressione, ma esistono incertezze sulla sua definizione concettuale e sulla relativa disciplina giuridica. Lo sviluppo della comunicazione ha prodotto numerose figure letterarie simili tra loro come la cronaca (una registrazione impersonale e non interpretativa di fatti accaduti), la critica (analisi soggettiva e giudizio relativi a fatti accaduti) e la satira (critica sarcastica di personaggi, comportamenti, modi di fare individuali con scopo di denuncia sociale). Gli elementi che caratterizzano la satira, sviluppatisi nel corso dei secoli, sono sostanzialmente due: attenzione alle contraddizioni (della politica, della società, della religione, della cultura) e intento moralistico per promuovere un cambiamento sociale. La satira religiosa colpisce il potere ecclesiastico e le sue contraddizioni, ma colpisce anche i simboli religiosi e i contenuti delle religioni. Ne conseguono differenti conseguenze giuridiche. Quando colpisce il patrimonio di fede dei credenti essa non è accettabile. La satira religiosa genera una specie di conflitto tra differenti valori costituzionali, e cioè tra il diritto alla libera espressione del pensiero e il diritto alla reputazione e alla tutela del sentimento religioso. Il diritto di satira in generale è riconosciuto dagli ordinamenti giuridici (sia internazionali, sia nazionali) come diritto soggettivo di rilevanza costituzionale, che deriva dalla libertà di espressione e di pensiero. Pensiero, coscienza e religione – per esempio nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea – sono omologhi (come beni giuridici o valori etici). Pertanto pensiero, coscienza e religione non possono essere in contrapposizione tra loro. Notevoli incertezze esistono sulla disciplina giuridica del diritto di satira, che non può mai offendere i diritti fondamentali della persona, la sua dignità, la sua reputazione. La Carta di Nizza ha favorito un orientamento, che considera il diritto di libera espressione nella sua forma più ampia ed espansiva. È tuttavia sempre stato affermato il valore prevalente dei diritti umani fondamentali, che non possono essere offesi dall’esercizio del diritto di satira. Negli ordinamenti giuridici nazionali, la forza del diritto di satira consiste nel riconoscimento del suo rango costituzionale, ma anche nei limiti che deve avere. La giurisprudenza ha elaborato i vincoli “formali”, tra i quali i più importanti sono il limite della continenza e della funzionalità.
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Bianca Ceffa, Claudia. "Fra coesistenza e convivenza. Le interazioni tra diritti individuali e collettivi all'interno delle confessioni religiose." DIRITTO COSTITUZIONALE, no. 2 (June 2021): 33–54. http://dx.doi.org/10.3280/dc2021-002003.

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Abstract:
Muovendo dalle peculiarità di quelle particolari formazioni sociali costituite dalle confessioni religiose, l'articolo mira ad indagare come al loro interno sia affrontato il tema del rapporto fra tutela delle libertà individuali e salvaguardia dell'autonomia confessionale, anche alla luce delle nuove esigenze della società multiculturale. Queste ultime, infatti, imponendo all'ordinamento di considerare nuovi possibili profili di lesione dei diritti inviolabili dell'uomo all'interno dei gruppi religiosi, rinnovano il dibattito intorno all'opportunità dell'esistenza dei diritti collettivi in capo alle realtà confessionali, nonostante la funzionalità di tale categoria di diritti all'inveramento dell'obiettivo costituzionale dello sviluppo della personalità individuale.
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Caprara, Leonardo. "Linee evolutive del ruolo dei laici nel diritto canonico vigente." Scientia Canonica 4, no. 8 (September 10, 2022): 105–43. http://dx.doi.org/10.31240/2595-1165.vol4n8a2021pp105-143.

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Abstract:
Il Concilio Vaticano II costituisce lo spartiacque storico tra due epoche: quella preconciliare dominata dalla visione della Chiesa come societas perfecta inæqualis e dalla conseguente costruzione del rapporto laico/chierico in termini di subordinazione/sovraordinazione e quella post-conciliare nella quale matura l’idea della corresponsabilità e partecipazione di tutti i battezzati - siano essi chierici, laici o religiosi - nell’edificazione del Corpo di Cristo. Gli apporti della dottrina conciliare sono stati trasfusi in termini giuridici nel Codex del 1983 che pone al centro del (nuovo) diritto costituzionale canonico il principio di uguaglianza specificato dal principio di varietà: tutti i fedeli sono eguali nella dignità e nell’azione godendo dei medesimi diritti e doveri ma ognuno di essi è chiamato a partecipare alla missione della Chiesa con uno specifico ruolo determinato dalla rispettiva vocazione e condizione. Dopo aver dato conto del mutamento di indirizzo tra il Codice del 1917 e la nuova codificazione canonica, il presente contributo si sofferma sull’evoluzione della concezione del laicato nel post- Concilio con particolare attenzione ad alcuni documenti pubblicati nel corso degli ultimi tre pontificati sottolineandosene il contributo decisivo sia quanto all’interpretazione, arricchimento e sviluppo dei principi conciliari sia quanto all’applicazione concreta delle norme codiciali.
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Bignamini, Angelo A. "La persona centro e misura di ogni sistema sanitario." Medicina e Morale 51, no. 1 (February 28, 2002): 81–99. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2002.713.

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Abstract:
L’organizzazione sanitaria è l’insieme delle strutture, funzioni e responsabilità che dovrebbe garantire l’adeguata gestione della sanità in un ambito definito. I soggetti coinvolti nel sistema sanitario sono le persone afferenti (sane e malate); gli operatori (medici e operatori sanitari non medici); l’ambito in cui esso viene attuato (società). Essa è quindi il punto di incontro di tre realtà eminentemente umane: la medicina, l’etica, la società. I requisiti per un’adeguata organizzazione sanitaria implicano perciò la coesistenza dei principi fondamentali della medicina, dell’etica, della convivenza sociale. La medicina pone al suo centro il bisogno dell’essere umano che incontra il limite ai propri diritti nativi alla vita (cioè la morte) e alla salvaguardia di salute e integrità (cioè la malattia). La convivenza sociale impone la ricerca di un equilibrio tra i bisogni di ciascuno e la capacità di risposta della collettività nel suo complesso, incluse anche le capacità spontanee di aggregazione e di servizio, secondo priorità dettate dalla natura del soggetto del bisogno (la persona umana malata) e non pregiudizialmente definiti dall’osservatore. L’etica tutela i diritti nativi del soggetto (quoad justum), quindi determina procedure coerenti con la natura di quanti implicati nella progettazione e gestione dell’organizzazione sanitaria. In un approccio bioetico ontologicamente fondato, i criteri primi sono quelli che si riferiscono ai soggetti autonomamente esistenti, quindi alle persone. Subordinati e dialoganti con questi sono i criteri secondi, cioè quelli relativi alle entità per sé non esistenti se non in dipendenza dell’essere dei soggetti autonomi: la società e, in ulteriore subordine, il “governo”, sia esso regionale, sia nazionale. Esistono visioni alternative, nelle quali i criteri principali sono invece quelli, di stampo illuminista, relativi alla “collettività”, allo “stato”, cui si debbono subordinare i singoli “individui”. Già l’utilizzo di “individuo” contrapposto a “persona” mette in luce come questo approccio sia ideologico (basato su ipotesi astratte definite a priori) anziché scientifico (basato sull’osservazione della realtà). I due approcci originano sistemi organizzativi della sanità contrapposti tra loro, con ruoli diversi anche per gli operatori e soprattutto per il medico. Nel modello illuminista di stato etico gli strumenti matematico-statistici e matematico- economicisti (DRG, EBM, linee guida) diventano gabbie interpretative (ideologiche) della realtà. Nel modello sociale tutti gli strumenti disponibili vengono impiegati come uno dei mezzi possibili, insieme a scienza, coscienza e compassione, per descrivere la complessa realtà della singola persona che si pone in relazione con il medico portando i propri bisogni di salute, espressi ed inespressi. Secondo la bioetica personalista il criterio giustificante di qualunque “sistema” e qualunque “organizzazione”, inclusa l’organizzazione della sanità, è il “bene” di tutti i soggetti (malati e operatori con pari dignità), che si manifesta nel rispetto dei loro diritti, primo fra tutti il diritto alla difesa di vita e integrità, alla salvaguardia della salute, al rispetto dei criteri morali e religiosi di ciascuno. In questo contesto la persona rimane l’elemento centrale di riferimento della “organizzazione”, il rispetto della natura della persona rimane la misura della sua validità, la possibilità del “bene” della persona resta il criterio di valore. Esperienze in atto con questa visione non sembra siano, peraltro, meno efficienti di quelle basate sulla visione opposta. In questo contesto il medico, essendo l’operatore più prossimo al soggetto, ha però anche la responsabilità di agire come difensore dei diritti del malato (funzione etica) nei confronti del sistema organizzativo, anziché essere semplicemente un “fornitore di servizi”, dato che la salute non può essere ricondotta a “prodotto” o “servizio”, né può comprimersi nella definizione di “cliente” o “utente” la persona malata.
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Szewczul, Bożena. "Kształtowanie się prawa zakonników do należnej wolności w zakresie korzystania z sakramentu pokuty i kierownictwa duchowego (I) : (rys historyczno-prawny)." Prawo Kanoniczne 50, no. 1-2 (June 15, 2007): 27–51. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2007.50.1-2.02.

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Abstract:
La dovuta libertà dei religiosi nella scelta del confessore e del direttore spirituale e stata definitivamente espressa nel diritto canonico piu di 30 anni fa. La liberta sembra sia chiara, riconosciuta e rispettata in ogni comunità religiosa ma non sempre succede così. Insorgono, infatti, dei problerni, sia da parte dei superiori che delle comunità, i quali possono scatenare conflitti di coscienza in alcuni religiosi. Nell’articolo, l’autrice vuole presentare le difficoltà createsi al diritto soprannominato lungo la storia della vita consacrata. Si augura, inoltre, che l’esperienza degli anacoreti e dei primi monaci aiuti a far comprendere meglio ai superiori religiosi e a tutti i membri delle comunità religiose la necesità della dovuta libertà per quanto riguarda il Sacramento della penitenza e la direzione della cosienza nella loro vita spirituale.
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Cardia, Carlo. "Identitŕ religiosa e culturale europea: la questione del crocifisso." CITTADINANZA EUROPEA (LA), no. 1 (December 2010): 33–66. http://dx.doi.org/10.3280/ceu2010-001003.

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Abstract:
La presenza del crocifisso nelle aule scolastiche in Italia č stata ritenuta incompatibile con la libertŕ di religione e di educazione dalla Corte di Strasburgo, con una sentenza (Lautsi) che appare in contrasto con la giurisprudenza costante della stessa Corte, la quale riconosce agli stati un ampio margine di apprezzamento in materia della libertŕ religiosa, a tal fine richiamandosi alla tradizione dei singoli paesi. La sentenza, disattendendo il suo stesso criterio di valutazione, che impone di esaminare il contesto storico-culturale, perviene, con una sorta di atteggiamento di ‘iconoclastia laica', a un concetto limitato e fuorviante di educazione delle nuove generazioni. Infatti, se si concepisce il simbolo religioso come un elemento negativo e conturbante, i bambini cresceranno con un senso di ostilitŕ verso questi simboli, come se fossero fattori di divisione, e il rapporto tra religioni diverrebbe un rapporto diffidente, ostile e potenzialmente conflittuale. Senza poi considerare il fatto che il diritto di una maggioranza religiosa va tutelato con la stessa cura di quelli delle minoranze.
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NACCI, MATTEO. "Diritto canonico e diritti delle religioni." Prawo Kanoniczne 58, no. 1 (June 16, 2017): 111–22. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2015.58.1.06.

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Abstract:
Il presente contributo, frutto della conferenza tenuta in occasione della 8° Giornata Canonistica Interdisciplinare, Diritto canonico tra fondamenti e prassi (a 10 anni da: “Novo Codice”), Pontificia Università Lateranense (Città del Vaticano, 5 marzo 2013), prende in esame il rapporto fra il diritto canonico e i diritti delle altre religioni. La prospettiva da cui partire è senz’altro la tradizione dell’Institutum Utriusque Iuris della Pontificia Università Lateranense circa lo studio del diritto delle religioni, aggiornata sulla base del Decreto Novo Codice di riforma degli studi canonistici, in relazione alle società multiculturali del terzo millennio.
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Maccaro, Alessia. "Matto da slegare. Bioetica tra rispetto della prassi tradizionale e diritti umani / Madmen to untie. Bioethics between respect of cultural practices and human rights." Medicina e Morale 65, no. 2 (September 21, 2016): 155–65. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2016.432.

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Abstract:
Demonologia, culti, ritualità e miti religiosi molto spesso in territorio africano si congiungono con questioni relative alla cura. Ad oggi ancora diffusissima è la sovrapposizione tra insanità mentale e possessione diabolica, tipica della mentalità animista che conduce al gravoso problema dell’emarginazione e della contenzione del paziente psichiatrico. Il malato mentale incute paura alla comunità che ne teme il contagio, sicché il più delle volte, si affida il malato a sette religiose o a centri di preghiera, in cui i sedicenti guaritori, sciamani e santoni si fanno pagare cifre molto elevate per imprigionare all’interno di tronchi di albero o incatenare a ceppi o blocchi di cemento l’ammalato, così da neutralizzare la potenza maligna. La vita in catene rende gli ammalati storpi, talvolta li porta alla morte per malnutrizione ed incuria. In questo modo questioni relative alla salute, alla cura, incrociandosi con ritualità religiose, chiamano irrimediabilmente in causa la bioetica ed i diritti rispetto ad un problema non più posponibile. Si tratta di una barbarie che avviene nel completo disinteresse dell’OMS e delle grandi organizzazioni internazionali che conoscono l’incubo di questi “prigionieri” almeno da 30 anni, da quando il beninese Gregoire Ahongbonon, il “Basaglia nero” ha fondato in Costa d’Avorio la sua “Saint Camille de Lellis di Bouaké” e ha cominciato – letteralmente – a liberare i malati di mente dalle catene. L’analisi proposta intende precisare che, pur nel rispetto delle differenti culture, c’è un limite che non è possibile valicare: quello del rispetto dei diritti umani che è la base ed alla base di ogni discorso sul pluralismo e sull’Intercultura. ---------- In Africa, demonology, cults, rituals and religious myths are very often combined with issues related to health care. Today the overlap between insanity and demonic possession is still widely widespread. It is typical of the animist mentality that leads to the serious problem of psychiatric patient marginalization and restraint. The mentally ill arouses dread in the community that fears the contagion, so in most cases, the patient commits herself/himself to religious sects or to prayer centers, where the healers, shamans and gurus charge very high prices to imprison the patient in tree trunks or to chain up the patient to stumps or concrete blocks, in order to neutralize the evil force. Life in chains makes the sick patients lame, and sometimes leads them to death for malnutrition and neglect. In this way, issues related to health and health care, intersecting with religious rituals, involve bioethics and rights compared with a problem that cannot be postponed any further. It is a matter of barbarity that takes place in the complete disregard of WHO and of the major international organizations, aware of the nightmare experienced by these “prisoners” since at least 30 years, when Gregoire Ahongbonon from Benin, the “black Basaglia”, established in the Ivory Coast his “Saint Camille de Lellis of Bouaké” and – literally – began to release the mentally ill patients from the chains. The proposed analysis aims to clarify that, even if respecting the different cultures, there is a limit that cannot be crossed: the respect of human rights that is the basis and the foundation of every discourse on pluralism and interculture.
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Felice, Flavio. "La nozione di diritti umani nella prospettiva della dottrina sociale della Chiesa." Revista Pistis Praxis 6, no. 3 (September 13, 2014): 817. http://dx.doi.org/10.7213/revistapistispraxis.06.003.ds04.

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Abstract:
L’obiettivo di questo articolo è quello di dimostrare la diversità de prospettive della dottrina sociale della Chiesa su i diritti umani. Sottolinea la prospettiva personalista come la più appropriata per comprendere e giustificare l’interesse generale della dottrina sociale per il tema e l’affermazione dei diritti umani. La Chiesa vede nei diritti umani l’opportunità di promuovere e difendere l’universalità della dignità umana, intesa come carattere stampato da Dio creatore per le sue creature. La prospettiva antropologico-cristiana ha per fondamento la persona umana creata a immagine e somiglianza di Dio. La dottrina sociale della Chiesa, mostra una pluralità di dimensioni, essenziali per definire chi è l’essere umano, e, a sua volta, per la promozione e la difesa della dignità umana di fronte alle istituzioni giuridiche, politiche ed economiche. I diritti umani e la dottrina sociale hanno in Giovanni Paolo II uno dei principali teorici. I diritti umani sono un punto di riferimento per tutte le fasi della vita umana e dei contesti politici, sociali, economici e di culturali. Fonte e sintesi dei diritti umani è il diritto alla vita e il diritto alla libertà religiosa.
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Bianchi, Maria. "Il potere curativo della giustizia: un'esplorazione dei rapporti tra psicologia analitica e diritti umani." STUDI JUNGHIANI, no. 52 (November 2020): 38–52. http://dx.doi.org/10.3280/jun52-2020oa9896.

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Abstract:
Esiste un archetipo della giustizia? E se esiste quale immagine ne danno le mitologie delle diverse culture? Come un tale archetipo ha contribuito alla formazione delle visioni religiose e filosofiche alla base dei diritti umani? La teoria dei tipi psicologici di C.G. Jung può far luce sulla tensione esistente tra legge e giustizia? La giustizia ha un potere curativo? L'autrice propone elementi di risposta alle domande poste per dimostrare l'importanza di abbinare l'azione legale a un approccio psicoterapeutico junghiano nel trattamento delle vittime di violazioni dei diritti umani.L'articolo presenta la progressiva convergenza tra il diritto relativo ai diritti umani e la psicologia, così come le similitudini tra il lavoro di chi opera nel campo dei diritti umani e nella pratica analitica.
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Bianchi, Maria. "Il potere curativo della giustizia: un'esplorazione dei rapporti tra psicologia analitica e diritti umani." STUDI JUNGHIANI, no. 52 (November 2020): 38–52. http://dx.doi.org/10.3280/jun2-2020oa9896.

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Abstract:
Esiste un archetipo della giustizia? E se esiste quale immagine ne danno le mitologie delle diverse culture? Come un tale archetipo ha contribuito alla formazione delle visioni religiose e filosofiche alla base dei diritti umani? La teoria dei tipi psicologici di C.G. Jung può far luce sulla tensione esistente tra legge e giustizia? La giustizia ha un potere curativo? L'autrice propone elementi di risposta alle domande poste per dimostrare l'importanza di abbinare l'azione legale a un approccio psicoterapeutico junghiano nel trattamento delle vittime di violazioni dei diritti umani.L'articolo presenta la progressiva convergenza tra il diritto relativo ai diritti umani e la psicologia, così come le similitudini tra il lavoro di chi opera nel campo dei diritti umani e nella pratica analitica.
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Santoro, Roberta. "Educazione religiosa, disagio e minori. Commento alla sentenza della Corte di Cassazione italiana del 24 maggio 2018, n.12954." Studia z Prawa Wyznaniowego 21 (December 18, 2018): 413–22. http://dx.doi.org/10.31743/spw.182.

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Abstract:
Il presente lavoro ha ad oggetto una pronuncia emessa dalla Suprema Corte di Cassazione, con la recente sentenza del 24 maggio 2018, n.12954, che ha posto l’accento su tematiche riguardanti i minori e la loro educazione religiosa. La vicenda, definendo questioni inerenti alla separazione in presenza di minore, tratta il complesso argomento dell’intesa tra i genitori circa l’educazione da impartire (nello specifico quella religiosa), analizzando la legittimità del comportamento del padre di imporre alla figlia minore una religione diversa da quella dalla stessa praticata con la mamma, rilevando soprattutto l’aspetto del disagio, lamentato dalla stessa minore nel praticare questo “nuovo” culto. L’analisi, inoltre, porta a considerare che la scelta e la pratica di una religione rientra nella manifestazione del diritto di libertà religiosa, tutelato dall’art. 19 della Costituzione, conseguentemente, a poter ritenere ammissibile un autonomo diritto di libertà religiosa da parte del figlio minore, e a domandarci se l’esercizio di questo diritto possa contrastare con la divergente decisione di uno o di entrambi i genitori.
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Stokłosa, Marek. "Legalne przebywanie zakonnika poza wspólnotą zakonną." Prawo Kanoniczne 53, no. 1-2 (January 9, 2010): 105–28. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2010.53.1-2.06.

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Abstract:
Uno tra i doveri della vita religiosa si riferisce all’obbligo di residenza nella propria casa religiosa nella quale i membri della comunità osservano la vita comune dell’istituto. L’oggetto proprio della norma canonica del can. 665 § 1 è la permanenza abituale del religioso nella propria casa religiosa. Tuttavia, per esigenze dello stesso istituto, come pure per motivi personali, il religioso può assentarsi dalla propria casa religiosa, però con l’autorizzazione del competente superiore. Questo allontanamento potrebbe essere trattato come una semplice uscita quotidiana, o può diventare una vera assenza di breve termine, o un’assenza prolungata. Tutte queste uscite quotidiane per ragioni tanto ministeriali, quanto personali, devono essere regolate dai superiori locali, non dai superiori provinciali, per mezzo di permessi concessi secondo le usanze della rispettiva comunità, che possono essere ad actum o abituali, espressi o taciti, o anche impliciti e presunti. Il diritto comune, dopo aver stabilito l’obbligo di risiedere nella propria casa di assegnazione, determina che spetta al superiore maggiore, con il consenso del suo consiglio, concedere, per una giusta causa, a un religioso, di vivere fuori delle comunità dell’istituto (“extra domum instituti”) per un tempo che non superi la durata di un anno, a meno che non si tratti di malattia del religioso, tempo dei suoi studi, o di apostolato svolto in nome dell’istituto. È da osservare il fatto che la suddetta norma del diritto comune fa tacitamente una distinzione tra assenza prolungata dalla propria casa per dimorare in un’altra casa dell’istituto, dall’assenza prolungata dalla casa dell’istituto in genere. Considerando che il primo tipo di assenza non viene contemplato dal diritto comune, il diritto proprio potrà stabilire norme applicative più particolareggiate. Il superiore maggiore, con il consenso del proprio consiglio, può concedere, a norma del can. 665 § 1, la licenza di assenza dalla casa dell’istituto per un periodo superiore a un anno per motivo di malattia, di studio o di apostolato svolto a nome dell’istituto.
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Sgreccia, Elio. "Quando la fede si confronta con la legge nell’ambito delle biotecnologie umane." Medicina e Morale 51, no. 3 (June 30, 2002): 407–27. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2002.691.

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Abstract:
L’articolo analizza il rapporto tra istanze religiose e la legge civile, tenendo presente i possibili interventi della legge nel campo della genetica e della procreazione. Dopo aver argomentato che il dialogo tra fedi religiose e regimi democratici stia diventando sempre più urgente per evitare sia i fondamentalismi religiosi sia presunte neutralità morali delle democrazie liberali, l’autore afferma che il fatto religioso cristiano-cattolico ponga tre esigenze fondamentali per un corretto rapporto tra fede e legge: l’esigenza antropologica, cioè di una concezione dell’uomo esigitiva del rispetto della dignità di ogni persona umana; l’esigenza epistemologica, per cui la fede non deve opporsi alla ricerca scientifica e razionale, ma deve indicare il senso della ricerca stessa, nel quadro dei fini dell’uomo; il principio dell’accettazione del sistema democratico nel quale deve essere garantito per ogni uomo il diritto alla libertà-responsabilità in un clima di dialogo e persuasione. Infine, l’articolo si sofferma sugli orientamenti di carattere normativogiuridico sulla genetica e sulla procreazione artificiale che una visione centrata sulla dignità della persona umana richiede: 1. la protezione di individuo umano, cioè la tutela del diritto alla vita di ogni essere umano innocente; 2. il Principio di non discriminazione; 3. il divieto di ogni intervento genetico non terapeutico alterativo; 4. il divieto di brevettazione del genoma umano; 5. la promozione della ricerca in tema di terapia genetica; 6. la protezione degli individui che operano e sperimentano nei laboratori di biotecnologie sul DNA.
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Zampino, Ludovica. "Dall'autopoiesi all'autocostituzionalizzazione dei frammenti. la via teubneriana alla tutela dei diritti fondamentali "settoriali" al tempo della globalizzazione." SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, no. 2 (July 2012): 89–104. http://dx.doi.org/10.3280/sd2012-002005.

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Abstract:
Gli ultimi sviluppi nella teoria dei sistemi secondo Gunther Teubner affrontano le contraddizioni aperte dal costituzionalismo contemporaneo, tematizzando le criticitŕ del tradizionale rapporto tra costituzione ed autonomie sociali. Il focus della riflessione teubneriana si incentra sul concetto di costituzione sociale, che fissa i principi basilari di diritto e, al contempo, organizza i modi della produzione giuridica in ogni settore funzionale (politica, economia, religione... ). Il diritto attuale, in mancanza di un'istanza terza, si presenta frammentato in una miriade di ordinamenti parziali che riflettono la differenziazione della societŕ. I processi di autocostituzionalizzazione che riguardano i diritti settoriali mirano a garantire la pluralitŕ e a tutelare l'autonomia giuridica, per scongiurare tentazioni riduzionistiche totalitarie.
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Saj, Marek. "Prawna strona ślubu posłuszeństwa." Prawo Kanoniczne 53, no. 3-4 (October 15, 2010): 29–41. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2010.53.3-4.01.

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Abstract:
L’obbedienza religiosa che i membri degli istituti religiosi s’impegnano con il voto a praticare, si basa sull’insegnamento e sull’esempio di vita di Gesù Cristo. Tutta la sua vita costituisce il fondamento e la radice di questo consiglio evangelico. Perciò i religiosi assumono l’obbedienza nello spirito di fede e di amore verso Cristo che proprio per amore dell’uomo si fece obbediente al Padre fino alla morte. Accanto agli elementi strettamente teologici, importanti per capire e praticare questo consiglio, l’obbedienza religiosa possiede anche i suoi elementi giuridici, descritti nel diritto canonico della Chiesa e concretizzati nel diritto proprio degli istituti. L’essere obbedienti a Dio si manifesta nell’obbedienza alla volontà dei superiori. Proprio loro, in quanto rappresentanti di Dio, possono dare ordini ai propri subordinati, in accordo con le costituzioni dell’istituto. Avendo tali competenze devono, però, esercitare il proprio potere sempre come servizio alla comunità ed essere un esempio di fedeltà alla vocazione e di fervore nella sua realizzazione. Insostituibile è il ruolo che nella comune ricerca della volontà divina gioca il dialogo. La legislazione di ogni istituto lo mette ben in rilievo. Siccome l’obbedienza è uno dei più importanti elementi della vita religiosa, la sua mancanza può produrre serie conseguenze canoniche, perfino l’esclusione dall’istituto.
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Saj, Marek. "Prawna strona ślubu posłuszeństwa." Prawo Kanoniczne 53, no. 1-2 (January 9, 2010): 129–45. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2010.53.1-2.07.

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Abstract:
L’obbedienza religiosa che i membri degli istituti religiosi s’impegnano con il voto a praticare, si basa sull’insegnamento e sull’esempio di vita di Gesù Cristo. Tutta la sua vita costituisce il fondamento e la radice di questo consiglio evangelico. Perciò i religiosi assumono l’obbedienza nello spirito di fede e di amore verso Cristo che proprio per amore dell’uomo si fece obbediente al Padre fino alla morte. Accanto agli elementi strettamente teologici, importanti per capire e praticare questo consiglio, l’obbedienza religiosa possiede anche i suoi elementi giuridici, descritti nel diritto canonico della Chiesa e concretizzati nel diritto proprio degli istituti. L’essere obbedienti a Dio si manifesta nell’obbedienza alla volontà dei superiori. Proprio loro, in quanto rappresentanti di Dio, possono dare ordini ai propri subordinati, in accordo con le costituzioni dell’istituto. Avendo tali competenze devono, però, esercitare il proprio potere sempre come servizio alla comunità ed essere un esempio di fedeltà alla vocazione e di fervore nella sua realizzazione. Insostituibile è il ruolo che nella comune ricerca della volontà divina gioca il dialogo. La legislazione di ogni istituto lo mette ben in rilievo. Siccome l’obbedienza è uno dei più importanti elementi della vita religiosa, la sua mancanza può produrre serie conseguenze canoniche, perfino l’esclusione dall’istituto.
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Fumagalli, Pier Francesco. "Shalom-Salam-Pace in te, Gerusalemme!" FUTURIBILI, no. 3 (September 2012): 121–33. http://dx.doi.org/10.3280/fu2011-003008.

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Abstract:
L'Autore sottolinea con forza il ruolo delle tre religioni che vivono a Gerusalemme, che in comune hanno il monoteismo, e che hanno dato un volto originale, unico e santo alla cittŕ, pur tra momenti di fondamentalismi e di contrapposizioni acute. Per il futuro č doveroso che si trovi con buona volontŕ e lungimiranza un modo concreto e giusto in cui i diversi interessi e aspirazioni siano composti in forma armonica e stabile. Ciň puň avvenire sottolineando i seguenti punti salienti: 1) attenzione ai pronunciamenti internazionali, 2) rilievo degli aspetti spirituali, storici e culturali di Gerusalemme, 3) inclusione non solo dei monumenti ma anche dell'insieme della Gerusalemme storica, 4) presenza delle diverse comunitŕ religiose che vi vivono, 5) esigenza di trovare un modo concreto e giusto per tutelare i diversi diritti di tutti con uno speciale "statuto internazionalmente garantito", 6) distinte fedi religiose ma insieme l'identitŕ religiosa della cittŕ sotto il profilo della comune "fede monoteistica", 7) necessitŕ di pace e riconciliazione tra Stato di Israele e popolo palestinese. L'Autore mette altresě in evidenza il ruolo della Santa Sede nel perseguire queste direzioni, e in particolare quelle di cittŕ internazionale e di cittŕ "madre di giustizia per tutte le genti, realtŕ unica e insieme universale".
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Dyduch, Jan. "Potrójna misja Kościoła w świetle Konkordatu Polskiego z 1993 roku." Annales Canonici 7 (December 31, 2011): 87–99. http://dx.doi.org/10.15633/ac.0706.

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Abstract:
L’aggressiva campagna antiecclesiastica condotta in Polonia ha attaccato il fondamentale diritto della Chiesa a svolgere la sua missione, per es. il diritto ad insegnare la religione nella scuola. In questa situazione vale la pena di ricordare che il libero compimento della triplice missione della Chiesa è garantito dal Concordato Polacco del 1993. E il suo principio conduttore è la libertà religiosa, grazie al quale il concordato assicura lo svolgimento della missione ecclesiastica: profetica, santificatrice e pastorale.
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Kałowski, Julian. "Ewolucja prawodawstwa kościelnego dotyczącego instytutów zakonnych o ślubach prostych." Prawo Kanoniczne 34, no. 3-4 (December 10, 1991): 75–103. http://dx.doi.org/10.21697/pk.1991.34.3-4.04.

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Abstract:
L ’autore ha provato la tesi che gli istituti religiosi con i voti semplici, cioè tali che i loro membri facevano la professione semplice e non furono obbligati della legge di osservare la clausura papale, hanno avuto una ricca evoluzione giuridica. Tali istituti, partendo dal primo momento di esistere, fino alla piena approvazione formale, cioè al conferimento della personalità giuridica fatta dalla Santa Sede, hanno subito numerose limitazioni da parte della legislazione ecclesiastica. L’autore ha analizzato la costituzione Circa pastorialis di Pio V e Lubricum vitae genus che contenevano una normativa di grande importanza e l’influsso per la legislazione riguardante degli istituti religiosi con i voti semplici. L’autore ha sottolineato il fatto che documenti promulgati dal Pio V hanno ridotto la vita religiosa alla forma con i voti solenni ed obbligo della clausura papale. Dopo questi considerazioni l’autore ha messo in evidenza inefficacia delle norme emesse dal Pio V. E’ stato provato che la vita e la pratica usata delle autorità ecclesiali si furono mostrate più forti dei rigidi divieti di fondazione degli istituti religiosi con i voti semplici. E proprio tale tendenza si è manifestata, sotto la pressione delle circostanze e delle necessità (per esempio bisogno d’assistenza delle persane con le malattie mentali) e perciò l’autorità ecclesiali permettevano non solamente alla fondazione di numerosi istituti religiosi con i voti semplici, ma anche alla fondazione degli associazioni che imitavano lo stile di vita religiosa. L’autore ha considerato anche il problema della piena approvazione degli istituti religiosi con i voti semplici e il processo di ottenere della piena personalità giuridica. E’ stato provato che quel processo fu lungo e che si svilupava evolutivamente col passare del tempo. L’autore rivelato anche il fatto che il periodo del tempo più significativo per la stabilizzazione giuridica degli istituti religiosi di voti semplici ricadava a cavallo del XIX e XX secolo. Alla fine l’autore si occupava del diritto canonico riguardante l’argomento dal codice di diritto canonico del 1917 fine alla promulgazione del codice 1983.
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Cossiri, Angela, and Giulia Messere. "Il cibo dalla Costituzione alle pratiche educative nel quadro delle politiche per la sostenibilità." AGRICOLTURA ISTITUZIONI MERCATI, no. 1 (November 2021): 5–29. http://dx.doi.org/10.3280/aim2019-001001.

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Abstract:
Il cibo, anche a seguito di recenti contenziosi, sta assumendo sempre più una rilevanza costituzionalistica. Oltre a tutelare il diritto al sostentamento, la Costituzione ne presidia la libertà di scelta, che trova ancoraggio nelle libertà personali, di coscienza e religiosa. Il cibo è altresì connesso al diritto alla salute: da questo punto di vista, emerge il problema costituzionale del costo del cibo salubre, che non dovrebbe produrre disuguaglianze. Le questioni vanno inquadrate considerando i diritti delle generazioni future, a cui l'attuale comunità sociale è legata dal dovere di solidarietà. In questo contesto, si colloca l'educazione alimentare, riconosciuta nei programmi dell'Agenda 2030 dell'ONU e nelle Linee Guida per l'Educazione Alimentare del MIUR, in cui prende forma un'idea di azione globale integrata fra tutti i soggetti chiamati a promuovere corrette abitudini sul cibo. Tuttavia, su questo versante, recenti studi hanno evidenziato alcune debolezze nella cooperazione per programmi comuni e unitari verso un'educazione alimentare promossa sul piano nazionale.
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Baczyński, Andrzej. "Zasady realizacji programów religijnych w mediach audiowizualnych." Ruch Biblijny i Liturgiczny 57, no. 3 (September 30, 2004): 203. http://dx.doi.org/10.21906/rbl.515.

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Abstract:
L’istruzione pastorale Communio et progressio dice brevemente in riguardo ai programmi religiosi nella radio e nella televisione: “Gli aspetti religiosi della vita umana devono prendere luogo degno e stabile nei programmi” (CP 149). Il termine programma religioso, benché spesso adoperato, non è troppo preciso e non corrisponde pienamente alla realtà televisiva, in cui funziona. Esso ricorre alla formula isolata dei programmi ristretti tematicamente. Non dobbiamo aggiungere, che questo tipo di qualificazione non è una soluzione migliore per la presenza della Chiesa in mass media, poiché limita il potenziale pubblico per causa della troppa specializzazione.La Chiesa vuole che tutti i programmi televisivi, liberi dalla falsità, trasmettano la verità sull’uomo e sul mondo, difendino la dignità umana e si dichiarino in favore del bene, della bellezza e della giustizia. I programmi che rispettano questi valori si trovano nel centro dell’interesse della Chiesa. Essi si riferiscono al contesto religioso, benché esso non sia chiaramente legato alla Chiesa oppure alla religione.Il programma religioso, dal punto di vista formale, si sottomette alle stesse regole come tutta la produzione televisiva. Il professionismo, la conoscenza della problematica televisiva, come pure del linguaggio audiovisivo, l’onesto lavoro e la competenza – sono fondamenti del lavoro degli autori dei programmi televisivi, anche di quelli detti religiosi. Il criterio basilare di valutare questi programmi è la loro relazione con la verità. Il diritto e il dovere principale di ogni sorte della trasmissione televisiva, secondo l’insegnamento della Chiesa, sono la sincerità, la veracità e la verità.
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Saj, Marek. "Prawna strona ślubu czystości." Prawo Kanoniczne 52, no. 3-4 (December 10, 2009): 117–35. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2009.52.3-4.05.

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Abstract:
Il legislatore ecclesiastico nel Codice di Diritto Canonico offre le norme riguardanti la vita secondo i consigli evangelici di castità, di povertà e di obbedienza in istituti religiosi. Sono indicazioni molto generici, perchè norme più dettagliate devono essere messe nella legge propria di ogni istituto. La castità viene sempre nominata come prima tra i consigli. Essa ha non solo un solido fondamento teologico e un significato religioso, ma anche una propria base giuridica. Nel codice di diritto troviamo delle prescrizioni che tendono a proteggere le persone consacrate a Dio tramite il voto di castità. Tra queste norme ci sono canoni che suggeriscono di trattare con prudenza le persone, la cui familiarità potrebbe mettere a pericolo il loro obbligo della perfetta continenza oppure suscitare lo scandalo dei fedeli. Ci sono anche altri canoni che invitano ad astenersi da ciò che è sconveniente al proprio stato e ad evitare ciò che, pur non essendo indecoroso, è alieno dal loro stato. Inoltre, ci sono canoni sull’adeguato approccio ai mezzi di comunicazione sociale. A proteggere la vita in castità è anche l’istituzione di clausura e l’abito religioso. Per prevenire le possibili trasgressioni contro questo consiglio il legislatore ha stabilito pure le sanzioni penali, non escludendo perfino la dimissione di una persona consacrata dall’istituto religioso. Le suddette norme del codice rivelano, dunque, non solo l’aspetto teologico, ma soprattutto quello giuridico del consiglio evangelico di castità.
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Alpa, Guido. "L'ingresso della donna nelle professioni legali." SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, no. 1 (July 2011): 7–25. http://dx.doi.org/10.3280/sd2011-001001.

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Abstract:
La generositŕ maschile sull'ingresso delle donne nel mondo del diritto č sempre stata assai rara: la donna divienesoltanto con l'abolizione della tutela maritale, in Italia nel 1919, e con una applicazione molto limitata delle nuove regole. Č questo iltra lo status giuridico della donna come persona, come membro della famiglia, come componente della societŕ, e della donna come esercente la professione forense. Per le altre professioni, il notariato e la magistratura, cosě come per la rappresentanza politica, occorrerŕ attendere altri decenni, non solo perché l'ingresso nel mondo del diritto era ancora circondato da ostilitŕ, opposizioni, ritardi culturali e meschine limitazioni, ma anche perché esercitare le funzioni notarili o le funzioni magistratuali significava svolgere un ruolo di natura pubblicistica; e le cariche che implicavano una funzione pubblica o l'esercizio di un pubblico servizio si addicevano solo agli uomini. E alle soglie del nuovo codice civile Anna Maria Mozzoni, una delle grandi icone della battaglia per la paritŕ dei diritti, con il suo saggio del 1864,, tenta, con una accurata analisi della posizione della donna nell'opinione pubblica, nella religione, nella famiglia, nella societŕ e nella scienza, di costruire le basi per una riforma delle regole di diritto privato che ne migliori la posizione e ne garantisca l'emancipazione.
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Montini, Gianpaolo. "Agenda per una evoluzione della giustizia amministrativa canonica." Estudios Eclesiásticos. Revista de investigación e información teológica y canónica 97, no. 383 (December 13, 2022): 1197–216. http://dx.doi.org/10.14422/ee.v97.i383.y2022.010.

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Abstract:
Nel contesto della tematica delle sfide che attendono il diritto della Chiesa quarant’anni dopo la promulgazione del Codice vigente, l’articolo si propone di preconizzare l’evoluzione auspicata della giustizia amministrativa canonica, ripartendo le responsabilità dell’agenda tra i vari soggetti della missione della Chiesa, a partire dai fedeli fino al Legislatore supremo e universale. L’evoluzione del sistema di giustizia amministrativa — forse come ogni altro ambito del diritto — non può essere caricato sulle spalle del solo legislatore, ma è opera corale: dai fedeli che devono sviluppare una maggiore coscienza dei propri diritti di partecipazione della missione della Chiesa, agli avvocati che devono operare con maggiore competenza e coraggio, ai Dicasteri della Curia Romana che devono maggiormente proceduralizzare i ricorsi gerarchici, ai Vescovi diocesani che devono sviluppare normative più efficaci di conciliazione. L’articolo espone in particolare alcune proposte per una evoluzione della giurisprudenza del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica e la proposta che il Legislatore supremo e universale consenta l’istituzione di tribunali amministrativi locali su richiesta di singole Conferenze episcopali.
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Kiwior, Wiesław. "Problematyka administracyjna, procesowa i kanonizacyjna w publikacjach zawartych w czasopiśmie "Prawo Kanoniczne"." Prawo Kanoniczne 51, no. 1-2 (June 5, 2008): 57–74. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2008.51.1-2.04.

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Abstract:
L’elaborato presenta la problematica affrontata dai canonisti, negli anni 1958-2008 sulla rivista Prawo Kanoniczne (Diritto Canonico), pubblicata dalla Facolta di Diritto Canonico dell’Univesita del Cardinal Stefan Wyszyński a Varsavia, riguardante il diritto amministrativo (questioni storiche, istituzioni, procedimenti, diritto amministrativo degli istituti religiosi, processo contenzioso-amministrativo), il diritto processuale (storia del diritto canonico, fondamenti del processo canonico, processo contenzioso, processi matrimoniali, la giurisprudenza rotale) e le cause di canonizzazione (questioni storiche, diritto sostantivo, procedure, le cause polacche).
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Stokłosa, Marek. "Przejście zakonnika z własnego do innego instytutu." Prawo Kanoniczne 52, no. 3-4 (December 10, 2009): 91–115. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2009.52.3-4.04.

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Abstract:
Il passaggio a un altro istituto è uno dei primi modi previsti dal can. 684 del Codice del 1983, con cui avviene la separazione di un religioso dal proprio istituto. Essa viene prospettata dal legislatore in tre ipotesi: - passaggio da un istituto religioso a un altro; - passaggio da un monastero “sui iuris” a un altro sempre “sui iuris” dello stesso istituto, o federazione, o confederazione; - passaggio ad un istituto secolare o una società di vita apostolica, o viceversa. Il passaggio del religioso, però, non interrompe l’appartenenza allo stato religioso, ma cambia solo lo specifico della sua vocazione. I voti emessi nell’istituto di provenienza rimangono, ma con il passaggio definitivo devono essere osservati secondo le regole e il carisma del nuovo istituto. Il passaggio del religioso ad un altro istituto consiste solo nel fatto della perdita della sua incorporazione o iscrizione nell’istituto d’origine, con i relativi diritti e doveri, a favore dell’acquisto della nuova incorporazione, comprese tutte le sue conseguenze, nel nuovo istituto dopo aver emesso di nuovo la professione a norma del diritto. Il passaggio può essere determinato da varie cause. Il motivo può constare nella ricerca da parte del religioso di un’attuazione più piena e perfetta della sua vocazione, che si realizza nella volontà di Dio. Gli altri motivi del passaggio potrebbero essere: la debolezza fisica o psicologica, che non permette di affrontare la vita austera di un istituto, o la possibilità di vivere in maniera più piena la propria consacrazione in un altro istituto che abbia uno stile di vita più sensibile alle caratteristiche della persona. Purtroppo ci sono anche quelle causate da un malcontento dovuto a contrasti con i propri superiori, o l’inadattabilità alle costituzioni e regole. L’oggetto del presente studio consta nella descrizione delle tre summenzionate ipotesi del passaggio, degli elementi fondamentali della loro procedura e infine degli interventi dei competenti superiori.
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Fiorita, Nicola. "Uguaglianza e libertŕ religiosa negli "anni zero"." DIRITTO, IMMIGRAZIONE E CITTADINANZA, no. 1 (May 2011): 30–49. http://dx.doi.org/10.3280/diri2011-001003.

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Janssens, Jules. "L’exposé de la réprobation dans l’Ihyā’ d’al-Ghazālī: quelques observations concernant l’influence d’al-Muhāsibī." Doctor Virtualis, no. 17 (May 14, 2022): 41–77. http://dx.doi.org/10.54103/2035-7362/17828.

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Abstract:
Nella seconda parte del Libro della condanna dello status e dell’ostentazione il ventottesimo libro della sua opera principale, La rinascita delle scienze religiose – al-Ghazālī trae molta ispirazione da al-Muhāsibī, soprattutto dalla sua opera al-Ri’āya al-huqūq Allāh (L’osservanza dei diritti di Dio). Il fatto che al-Ghazālī menziona esplicitamente il nome di al-Muhāsibī non meno di quattro volte in questa sezione testimonia la sua ammirazione profonda per questo grande mistico delle origini. Un attento esame di questi riferimenti e del loro contesto rivela una grande familiarità e un ampio uso della Ri’āya, così come un accesso diretto a un’altra grande opera di al-Muhāsibī, cioè il Kitāb al-Wasāya (Il Libro dei Comandamenti). Inoltre, la scelta di al-Ghazālī di specifici versetti coranici e delle Tradizioni, sia profetiche che di storie, è molto debitrice della Ri’āya, come diventa chiaro sulla base di un esame del primo capitolo di questa seconda parte che consiste interamente in citazioni di versetti coranici e delle Tradizioni riguardanti la questione dell’ostentazione.Per quanto riguarda il secondo capitolo, che si concentra sui modi usati per attirare l’attenzione della gente su di sé sia negli atti religiosi che in quelli verbali, esso condivide molte caratteristiche con l’esposizione di al-Muhāsibī nella Ri’āya, compresa la copia quasi letterale di alcuni passaggi. Infine, l’uso che al-Ghazālī fa della Ri’āya in ciascuno degli altri capitoli è brevemente indicato. Questo studio mostra che al-Muhāsibī non era solo una fonte importante per al-Ghazālī – un fatto già noto da quasi un secolo – ma la fonte principale, almeno per questa sezione della sua Rinascita. Tuttavia, allo stesso tempo, questo studio chiarisce che al-Ghazālī non è colpevole di cieco plagio. In the second part of the Book of the Condemnation of Status and Ostentation – the twentieth-eight book of his major work, The Revival of the Religious Sciences – al-Ghazālī draws much inspiration from al-Muhāsibī, above all from his work al-Ri’āya al-huqūq Allāh (Eyeservice to God’s Laws). The very fact that al-Ghazālī explicitly mentions al-Muhāsibī’s name no less than four times throughout this section clearly testifies to his profound admiration for this great early mystic. A close examination of these references and their context reveals a great familiarity with and an extensive use of the Ri’āya, as well as a direct access to another major work of al-Muhāsibī, i.e., Kitāb al-Wasāya (The Book of Commandments). Moreover, al-Ghazālī’s choice of specific Qur’anic verses and of Traditions, both prophetic and stories, is much indebted to the Ri’āya, as becomes clear on the basis of an examination of the first chapter of this second part which consisting entirely of quotations of Qur’anic verses and Traditions concerning the issue of ostentation. As to the second chapter, which focuses on the ways used to draw people’s attention to oneself both in religious as well as in wordly acts, it shares many features with al-Muhāsibī’s exposition in the Ri’āya, including the almost verbatim copying of some passages. Finally, al-Ghazālī’s use of the Ri’āya in each of the other chapters is briefly indicated. This study shows that al-Muhāsibī was not just a major source for al-Ghazālī – a fact already known for nearly a century – but the major source, at least for this section of his Revival. However, at the same time, this study makes clear that al-Ghazālī is not guilty of blind plagiarism.
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Bettini, Romano. "Ulema e Costituzione in Egitto. La "Carta dei Valori" 2011 della moschea-universitŕ di al-Azhar." RIVISTA TRIMESTRALE DI SCIENZA DELL'AMMINISTRAZIONE, no. 2 (July 2012): 31–61. http://dx.doi.org/10.3280/sa2012-002003.

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Abstract:
Il saggio analizza, nella prima parte, la originaria struttura diarchica del sistema islamico, nel suo ruolo negativo rispetto alla relativa economia; e, nella seconda parte, il conflitto tra diritto sacro e diritto costituzionale di uno Stato tendenzialmente liberal-democratico come quello egiziano. Le conclusioni vertono sul confronto del magistero religioso islamico-egiziano con il magistero religioso degli altri monoteismi.
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Borek, Dariusz. "Wykonywanie władzy karania w instytutach zakonnych w świetle aktualnego Kodeksu Prawa Kanonicznego." Prawo Kanoniczne 48, no. 3-4 (December 10, 2005): 175–200. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2005.48.3-4.09.

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Abstract:
Nell’articolo è stata presentata la normativa riguardante l’esistenza e l’applicazione del potere coercitivo nella Chiesa con particolare riferimento agli Istituti Religiosi. Il primo punto del lavoro è stato dedicato alla presentazione degli argomenti che spiegano l’esistenza del potere coercitivo nella Chiesa. Nel secondo punto dello studio è stato analizzato il potere che esiste negli Istituti Religiosi. Nel terzo punto si analizza il potere coercitivo che viene esercitato negli Istituti Religiosi secondo attuale Codice di Diritto Canonico nella triplice funzione della potestà di governo. Lesercizio del potere coercitivo nella funzione legislativa consiste nella possibilità di emanare le leggi penali. La potestà coercitiva nella funzione amministrativa comprende sia la possibilità di emanare i precetti penali sia la possibilità di fare la dichiarazione oppure la inflizione delle pene tramite la procedura penale stragiudiziale. La scelta tra la via amministrativa e giudiziale spetta all’Ordinario. Il potere coercitivo esercitato nella funzione giudiziale significa la possibilità di fare la dichiarazione o l’inflizione delle pene tramite il processo penale giudiziale. L’ultima parte dello studio è stata dedicata alla problematica della dimissione dall’Istituto Religioso. Avendo in considerazione il carattere forzoso della dimissione si potrebbe pensare che la dimissione è una delle sanzioni penali, non mancano pero gli argomenti che fanno pensare che la dimissione non puo essere inserita tra le sanzioni penali in senso stretto. Nel caso della dimissione dal Istituto si tratta piuttosto della procedura sui generis amministrativa, avente come scopo la protezione sia L’Istituto intero che i singoli religiosi incluso anche quello che viene dimesso.
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Ohly, Christoph. "Le confessioni religiosi nel diritto dell’Unione Europea,." ARCHIV FÜR KATHOLISCHES KIRCHENRECHT 182, no. 2 (November 24, 2013): 656–59. http://dx.doi.org/10.1163/2589045x-182-02-90000037.

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Saj, Marek. "Konstytutywne elementy domu zakonnego." Prawo Kanoniczne 51, no. 3-4 (December 10, 2008): 147–66. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2008.51.3-4.07.

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Abstract:
La casa religiosa, chiamata talvolta «monastero», secondo il diritto universale della Chiesa e il diritto proprio del rispettivo istituto di vita consacrata, è il luogo di abitazione di una comunità religiosa. Anche se essa non può essere associata esclusivamente con un posto materiale, è proprio questo elemento che il legislatore ecclesiastico mette a fuoco. Il numero stesso delle norme di codice dedicate alla casa religiosa dimostra la sua importanza nella vita religiosa. Lo manifestano per esempio: l’obbligo di stare nella propria casa religiosa, la necessità di chiedere il permesso di stare fuori di essa, nonchè diverse sanzioni penali che possono essere imposte nel caso in cui tali esigenze non vengano soddisfatte. Particolari norme vengono applicate alle case di noviziato dove l’assenza del candidato può perfino rendere invalida la sua professione religiosa, emessa dopo il noviziato. Il legislatore, definendo gli essenziali elementi legali della casa religiosa, voleva garantire una corretta vita fraterna all’interno della comunità di persone dedite a Dio nella vita consacrata. Le esigenze soprammenzionate confermano che sia giusto prendere in considerazione tali elementi costitutivi.
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Elliott, Peter J. "La prospettiva etica nella Conferenza ONU di Pechino sulla donna." Medicina e Morale 44, no. 6 (December 31, 1995): 1175–82. http://dx.doi.org/10.4081/mem.1995.957.

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Abstract:
L'articolo analizza quale sia stata l'etica dominante durante i lavori della recente IV Conferenza Internazionale sulla Donna svoltasi a Pechino dal 4 al 15 settembre 1995. In generale, durante tutte le Conferenze Onu - ed anche la manifestazione di Pechino non fa eccezione - ci si riferisce ad un'etica basata sul consenso fra tutte le nazioni secondo il principio del "minimo comun denominatore". Da questa premessa, ne deriva il ruolo importante svolto dai sostenitori di un'etica imperniata sul pragmatismo e l'utilitarismo, i quali rifiutano qualsiasi fondazione metafisica o religiosa. A queste correnti di pensiero si rifanno anche i movimenti femministi che a Pechino hanno improntato la stesura del documento finale (Piatform for Action). In esso traspare l'individualismo liberale che privilegia l'autonomia e l'autodeterminazione della donna, la quale può, ad esempio, arrivare al punto di negare al nascituro il diritto alla vita, perché considerato parte del corpo della donna e, quindi, ad essa soggetto. Termini come reproductive rights, reproductive health, fertility control, sexual rights, sexual orientation sono stati proposti durante la Conferenza secondo la logica sopra illustrata. Gli stessi diritti umani, così, non sono considerati giustamente quali principi universali fondati sul diritto naturale, bensì come adattamenti, vantaggi o privilegi concessi alle persone secondo il consenso sociale e lo sviluppo delle leggi. La Santa Sede - che ha partecipato sia alla fase preparatoria che ai lavori della Conferenza di Pechino - non ha mancato di far sempre presente - sia in riferimento al Documento preparatorio che alla Pllltfonn for Action - tutte le proprie riserve sulle dichiarazioni che non rispondono al pieno rispetto del principio dell'inviolabilità della vita umana fin dal momento del suo concepimento e dell'inalienabilità della dignità di ciascun individuo.
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Kowal, Janusz. "Geneza i rozwój instytucji eksklaustracji." Prawo Kanoniczne 37, no. 1-2 (June 15, 1994): 47–72. http://dx.doi.org/10.21697/pk.1994.37.1-2.03.

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Abstract:
L’istituzione d’esclaustrazione ossia una licenza di rimanere fuori della casa del proprio istituto è una delle più importanti norme riguardanti i casi di sospensione o di uscita dalla vita comune. Il senso più profondo richiede peró di prendere in considerazione le fonti dalle quali proviene soppranominata istituzione. Perciô il tema d’esclaustrazione è stato diviso in due parti. Il presente articolo descrive l’origine e sviluppo di questa istituzione, e il seguente ci dimostra attuali norme e la prassi vigenti in proposito. L’autore dopo aver presentato la definizione d’esclaustrazione, mostra la sua necessita alla luce di elementi essenziali della vita religiosa. Quindi presenta l’origine di licenza di rimanere fuori di comunità e in breve il suo sviluppo fino al 1917. La parte seguente dell’articolo presenta le norme del Codice di Diritto Canonico del 1917 e intende mostrare l’evoluzione dell’istituzione d’ esclaustrazione nel periodo del regime del CDC del 1917. Una particolare attenzione si dà alla nuova forma d’indulto d’esclaustratione introdotto dalla prassi della Congregazione dei Religiosi: esclaustrazione ,,ad nutum S. Sedis” ed esclaustrazione qualificata. L’analisi fatta dall’articolo prepara lettore a una migliore comprensione delle norme attuale, inoltre permette all’autore di venire alla conclusione riguardante il principio della sussidiarietà usato sempre più spesso dal’diritto della Chiesa. Ladimostrazione dell’evoluzione dell’istituzione d’esclaustrazione sugerisce anche che questo diritto é usato sempre più in modo soggettivo è modificato secondo le necessita.
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Pederzani, Ivana. "Parrocchie povere della Bergamasca tra antico regime e Restaurazione. Aspetti economici e disciplinari." STORIA IN LOMBARDIA, no. 1 (July 2021): 44–66. http://dx.doi.org/10.3280/sil2020-001002.

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Abstract:
Attraverso l'analisi della struttura beneficiale della diocesi l'autrice ricostruisce i nessi tra vita religiosa e debolezza economica nella Bergamasca tra Sette e Ottocento in una varietà di situa-zioni locali. Ad eccezione di qualche rara zona o di importanti centri borghigiani, non manca-vano nella pianura, dominata da salariati agricoli poveri e analfabeti, cure mercenarie.- cioè con parroco salariato e senza un'adeguata dotazione beneficiale - di elezione popolare e con qual-che centinaia di fedeli o poco più. Esse erano più numerose in montagna e nelle valli quale esi-to della tendenza della popolazione locale a rendere capillare il servizio religioso costruendo luoghi di culto anche nelle frazioni più isolate. In queste parrocchie le comunità, che detenevano antichi diritti di patronato, per la nomina del pastore si erano viste spesso costrette a stipula-re contratti "a termine" con sacerdoti senza regolare investitura ecclesiastica. La debolezza eco-nomica rese difficile in età napoleonica applicare la riforma parrocchiale nei suoi aspetti eco-nomici e disciplinari e cioè in materia di dotazioni beneficiali, ordinazioni sacerdotali, concorsi vescovili.
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Vicenza, Giordano. "Multiculturalismo Specifico in Svizzera." INFLUENCE : International Journal of Science Review 1, no. 2 (August 25, 2019): 1–9. http://dx.doi.org/10.54783/influence.v1i2.87.

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Abstract:
Ci sono numerose aree, culture e lingue in Svizzera. In Svizzera, le minoranze sono per lo più minoranze etno-linguistiche la cui lingua comune è unificata. Lo Stato elvetico è stato quindi considerato uno Stato multilingue sin dalla costituzione della Confederazione nel 1848. La Confederazione ei Cantoni devono preservare le minoranze linguistiche. I fondamenti della struttura sociale svizzera sono due principi: libertà linguistica (Sprachenfreiheit) e territorialità con multiculturalismo storico e quattro lingue nazionali (Territorialitätsprinzip). Non esiste una religione di stato ufficiale in Svizzera. La religione predominante è il cristianesimo, l'islam è la più grande minoranza religiosa. Le maggiori confessioni cristiane sono quella cattolica (37,7%) e la CRS (25,5 per cento). La Svizzera ha iniziato l'afflusso di nuove minoranze culturali dopo la seconda guerra mondiale ed era fortemente legata alla migrazione economica e al massiccio numero di lavoratori ospiti dal Terzo mondo e dall'ex Jugoslavia nell'Europa meridionale. La tutela delle minoranze nazionali, ma non delle minoranze culturali, coinvolge il diritto internazionale. La tutela delle minoranze nazionali in Svizzera si basa anche su norme internazionali.
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Atighetchi, Dariusch. "La procreazione assistita nelle società islamiche: bioetica, diritto, costume e religione." Medicina e Morale 53, no. 5 (October 31, 2004): 969–95. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2004.627.

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Abstract:
L’assenza di un’autorità giuridico-religiosa suprema e di un magistero sono i principali fattori della quantità di interpretazioni e opinioni differenti presenti sui temi bioetici nel mondo musulmano. Uno dei temi apparentemente meno contrastati è quello della procreazione medica assistita in cui prevale, tra i giurisperiti islamici aggiornati sul tema, una sostanziale tolleranza verso le tecniche omologhe e un rifiuto di quelle eterologhe equiparate ad un atto di fornicazione-adulterio vietato dalla Shari’a. Anche l’adozione legale rimane vietata. Le legislazioni degli Stati contemporanei rispettano queste due impostazioni di fondo, entrambe derivate dal diritto di famiglia di impronta sharaitica. Vengono analizzate numerose fatwa di autorità religiose sul tema della procreazione assistita evidenziandone le convergenze e le divergenze. Una riflessione a parte è dedicata alle riflessioni di alcuni giurisperiti shi’iti che appaiono più originali sull’argomento. In generale si evidenzia che, in un dibattito molto ricco, cominciano a emergere opinioni favorevoli persino verso alcuni aspetti delle pratiche eterologhe. Il caso egiziano è emblematico per analizzare la mentalità della popolazione nel valutare le nuove tecniche procreative occidentali, una mentalità che incide fortemente sulla disponibilità (o meno) ad un loro utilizzo.
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Saj, Marek. "Warunki ważności profesji zakonnej." Prawo Kanoniczne 50, no. 1-2 (June 15, 2007): 53–75. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2007.50.1-2.03.

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Abstract:
La professione religiosa, cioè il voto dei tre consigli evangelici: castità, povertà e obbedienza, è uno degli elementi essenziali della vita religiosa, a tal punto che senza di essa non si può parlare di vita religiosa. Oltre ad avere una grande rilevanza teologica, essa è un atto giuridico, costituito da vari elementi. Può, dunque, succedere che uno di essi non sarà adempiuto o sarà mancato, per cui i voti potranno essere considerati dubbi oppure invalidi. Il diritto universale della Chiesa definisce perciò le condizioni che garantiscono la validità degli atti emessi. Il Codice di Diritto Canonico del 1983 offre elementi che, al momento dell’emissione dei voti sia temporali che perpetui, sono richiesti per la loro validità. Il presente saggio considera le questioni relative alle condizioni richieste dalla Chiesa per una valida e lecita professione religiosa, nonchè le questioni concernenti la sua convalidazione, la scadenza del tempo per il quale fu emessa oppure l’eventuale dispensa da essa.
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Świto, Lucjan. "Istota "bonum prolis"." Prawo Kanoniczne 45, no. 3-4 (December 20, 2002): 53–105. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2002.45.3-4.03.

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Abstract:
Sempre più spesso capita che il titolo, per cui si prendono in considerazione le cause di invalidità del matrimonio, è una simulazione del consenso matrimoniale, che si concretizza nell’atto positivo della volontà che causa l’esclusione del bonum prolis. La suddetta nozione di bonum prolis da una parte non si manifesta in nessuno dei contesti del diritto canonico, dall’altra viene comunemente usata dalla canonistica e perciò suscita tante ambiguità. La definizione precisa del contenuto, accettato dalla tradizione canonistica e dalla giurisprudenza rotale del termine bonum prolis, è oggetto di questa esclusione ehe causa l’invalidità del matrimonio, provoca tante difficoltà e la giusta opinione su questo problema è oggetto di dibattito. La discussione è legata all’interpretazione della norma giuridica del can. 1101 § 2 CIC/1983, a cui nella codificazione del diritto canonico del 1917 corrispondeva il can. 1086 § 2, perché la dottrina canonistica e la giurisprudenza rotale affermano unanimemente ehe il contenuto del termine bonum prolis implicitamente si conclude in questo, la cui esclusione conforme al can. 1101 § 2 CIC/1983, che si è formato per via dell’evoluzione del can. 1086 § 2 CIC/1917 - causa l’invalidità del matrimonio. Lo scopo del tema assunto era una prova della definizione del termine bonum prolis nel contesto della simulazione del consenso matrimoniale che causa la sua esclusione. L’autore cercava di rispondere alla domanda, quale è la genesi di questa nozione, quale contenuto a questo termine attribuiva la dottrina e la giurisprudenza rotale sotto il vecchio codice ed anche quale contenuto si ascrive ad essa alla luce del nuovo codice. L’analisi della dottrina e della giurisprudenza rotale è arrivata all’affermazione che il termine bonum prolis venne preso dall’insegnamento di sant’Agostino sui tre beni matrimoniali per esprimere l’oggetto fondamentale costituente il matrimonio. Inizialmente il contenuto del bonum prolis, era collegato al can. 1086 §2 CIC/1917, in seguito venne riferito al cosiddetto ius in corpus. Tuttavia questa formula del canone, che riduceva il contenuto del bonum prolis a ius in corpus, risultò insufficiente per tutti i casi della simulazione del consenso matrimoniale, per questo motivo si avverte la necessità di una nuova redazione della suddetta norma giuridica. Nel nuovo codice il bonum prolis si riferisce - nello spirito del can. 1101§ 2 CIC/1983 – al’ „essenziale elemento del matrimonio” ed, in conformità alla comune pratica della giurisprudenza rotale, il suo contenuto comprende i seguenti diritti-obblighi matrimoniali, i quali occorre trattare come uno solo, completando il diritto matrimoniale trasmesso reciprocamente dalla coppia di sposini nel momento dell’espressione del consenso matrimoniale, che per sua natura è esclusivo, fino alla morte, e non ammette né interruzioni, né limiti. Il diritto al fecondo atto matrimoniale (ius ad coniugalem actum), il cui aspetto dell’unione è indissolubilmente legato all’aspetto della procreazione. Poi il diritto alla prole (ius ad prolem), in altre parole il diritto alla procreazione (ius ad procreationem), ovvero il diritto alla generazione e alla nascita della prole per mezzo del pieno atto matrimoniale (copula perfecta). Infine il diritto all’educazione (ius ad educationnem), nel significato di bonum physicum prolis, cioè il diritto-obbligo dell’assicurazione alla prole di un minimo di educazione, cioè il mantenere il feto del nasciturus in vita, la sua nascita, la premura nel sostenere lui e il complesso delle sue membra in vita, infine l’accoglienza del neonato natus e la possibilità della crescita e dello sviluppo come persona umana. Il diritto all’educazione morale-religiosa della prole, ossia l’elemento del bonum spirituale prolis, non rientra nel contenuto del bonum prolis.
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Le Tourneau, Dominique. "Albornoz Pavisic, David, I diritti nativi della Chiesa nel Codice di Diritto Canonico e nel diritto concordatario vigente (Questioni di Diritto Canonico 2), LAS, Roma 2008, 252 pp." Ius Canonicum 49, no. 97 (December 5, 2017): 291–92. http://dx.doi.org/10.15581/016.49.14228.

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D'Agostino, Francesco. "La Religione tra Diritto e Secolarizzazione." Persona y Derecho, no. 77 (December 11, 2017): 11–26. http://dx.doi.org/10.15581/011.77.11-26.

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Kałowski, Julian. "Wiek wymagany przy przyjęciu do zakonu - nowicjatu : (studium prawno-historyczne)." Prawo Kanoniczne 44, no. 3-4 (December 10, 2001): 3–41. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2001.44.3-4.01.

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Abstract:
L’Autore sottopone all’analisi un problema molto importante e sempre attuale, ossia l’età richiesta dal diritto e dalla prassi per l’ammissione all’istituto religioso. Tutta la questione viene studiata principalmente sotto l’aspetto storico e per questo l’Autore dedica molta attenzione all’istituzione di oblazione paterna che consisteva nell’offerta, da parte del padre, dei figli allo stato religioso. Inoltre il problema dell’eta richiesta dal candidato per l’ammissione alla vita nell’ordine e del funzionamento dell’istituzione di oblazione vengono considerati, per quanto ció era necessario, alla luce del diritto civile, e soprattutto della legge dei cesari romani cristiani e degli altri sovrani civili. Il lavoro oltre all’analizzare l’istituzione di oblazione, rivolge anche l’attenzione sulla continua sollecitudine, sia della potestà suprema della Chiesa, sia dei fondatori dei singoli ordini, per assicurare ai candidate una decisione libera al momento di entrare nell’ordine. Col passar del tempo le direttive della legislazione della Chiesa riguardante l’età richiesta per l’ammissione al noviziato cambiavano e le differenze si vedono in modo particolare nel Codice di Diritto Canonico del 1917 ed in quello del 1983. Anche questo problema, l’Autore lo studia con attenzione particolare.
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Szewczul, Bożena. "Obowiązek odpowiedniego przygotowania kandydatów przed przyjęciem do nowicjatu." Prawo Kanoniczne 48, no. 3-4 (December 10, 2005): 87–110. http://dx.doi.org/10.21697/pk.2005.48.3-4.05.

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Abstract:
Le esigenze verso i candidati al noviziato non si cambiano da quasi 30 anni. Listruzione sulla formazione religiosa Potissimum institutioni (1990) e il Codice del Diritto Canonico (1983) ripetono quello che dice l’istrizione Renovationis causam (1969) per quando riguarda i candidati. Sembra che il più grande cambiamento riguardi gli stessi giovani. È sempre più difficile trovare dei candidati con un sufficente grado di maturità umana e cristiana, consapevoli della loro vocazione alla vita consacrata, fedeli a questa chiamata. Per prepararli bene al noviziato non esiste l’unica e chiara strada. Certo, bisogna prendere in considerazione le esigenze nominate in questo articolo cioè: la giusta intenzione di abbracciare la vita consacrata in un istituto religioso, il grado di maturità umana e christiana, l’equilibrio dell’affettività, la salute fisica e psichica, la capacità di vivere in comunità, pero la strada giusta si apre camminando. Sia candidati sia che i responsabili per loro devono con passione e pazienza ascoltare la voce dello Spirito Santo nella vita quotidiana per riconoscere la vocazione dei giovani.
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Tedeschi, Mario. "Per uno studio del diritto di liberta religiosa." Revista Española de Derecho Canónico 47, no. 128 (January 1, 1990): 169–87. http://dx.doi.org/10.36576/summa.5625.

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Webster, Ted. "Prefazione." Epidemiologia e psichiatria sociale. Monograph Supplement 11, S4 (March 2002): 17–19. http://dx.doi.org/10.1017/s1827433100000472.

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Abstract:
L'esame generale sulla salute mentale delle popolazioni indigene effettuato dal dr. Alex Cohen si inserisce a pieno titolo tra gli sforzi dell'Organizzazione Mondiale della Sanità nel promuovere la salute mentale, prevenire i principali disturbi mentali e neurologici, assicurare l'offerta di cure appropriate particolarmente ai soggetti più vulnerabili e bisognosi di servizi sanitari.Presentando questo lavoro in un contesto più ampio può essere utile richiamare uno dei principi costitutivi dell'OMS, che “il godimento del più elevato standard di salute raggiungibile è uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano senza distinzione di razza, religione, fede politica, condizione economica o sociale”. L'Organizzazione Mondiale della Sanità considera la salute come “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non meramente l'assenza di malattia o infermità”.Inoltre questo resoconto giunge a noi nel punto centrale dello svolgimento del programma International Decade of the World's Indigenuos People. Tale programma è patrocinato dall'Alto Commissariato per i diritti umani delle Nazioni Unite e dal Gruppo di Lavoro sulle Popolazioni Indigene (Working Group on Indigenous Populations-WGIP) che riferiscono i risultati raggiunti all'Assemblea Generale delle Nazioni Unite attraverso la ECOSOC, la Commissione sui Diritti Umani e la sub-Commissione sulla Prevenzione della Discriminazione e Protezione dei Minori. Al WGIP è assegnato il compito di analizzare gli sviluppi riguardanti le attività di promozione e protezione dei diritti umani e fondamentalmente la libertà delle popolazioni indigene, ponendo particolare attenzione all'evoluzione degli standard relativi ai diritti di queste popolazioni. Al WGIP è stata richiesta la stesura della Dichiarazione sui diritti delle Popolazioni Indigene del mondo che al momento è in discussione e la cui conclusione è attesa nel corso del programma decennale.
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De Cicco, Maria Cristina. "Diritti fondamentali e minori dal punto di vista del civilista. Quale tutela? Doi: 10.5020/2317-2150.2015.v20n3p917." Pensar - Revista de Ciências Jurídicas 20, no. 3 (December 29, 2015): 917–40. http://dx.doi.org/10.5020/23172150.2012.917-940.

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Abstract:
Partendo dal tema centrale dell’incontro, “Violenza e diritti umani: il ruolo delle ONGs e delle OGs nella rielaborazione, da parte dei ricercatori, delle politiche pubbliche sulla lotta contro le aggressioni ai diritti umani”, si vuole affrontare la questione relativa allo sfruttamento del lavoro minorile. Parlare di diritti umani e di dignità dell’uomo, oggi, è sempre di piú un’esigenza pressante. Invero, la dignità dell’uomo è un concetto caratterizzato da assolutezza: ogni uomo, pertanto, in quanto tale, è degno quanto qualsiasi altro uomo, a prescindere dalla razza, dalla nazionalità, dalla religione e dalla condizione sociale. L’accoglimento del concetto secondo il quale i diritti umani e, quindi, la dignità dell’uomo integrano un valore assoluto, fa sí che i medesimi diventino la misura attraverso la quale poter anche valutare la qualità dello sviluppo c.d. «sostenibile». La dignità dell’uomo, dunque, è da ascrivere nell’àmbito dei princípi inderogabili del nostro ordinamento, principio di ordine pubblico costituzionale. Conferma di tale assunto, inoltre, nell’àmbito del Trattato che adotta una Costituzione per l’Europa, si ha dall’art. II-61, articolo di apertura e posto al vertice del catalogo dei diritti fondamentali, secondo il quale «La dignità umana è inviolabile. Essa deve essere rispettata e tutelata». La clausola generale di dignità, dunque, peraltro già presente in molteplici testi normativi sopranazionali ed interni, viene a costituire uno dei princípi cardine del sistema italo-comunitario, un valore normativo di rilevanza sovraordinata, in antitesi al quale si pone, al contrario, una logica economicistica, esclusivamente produttivistica, ispirata al profitto e, quindi, al mercato, affermerebbe il primato del mercato e della produzione anche a costo di violare la dignità dell’uomo e i diritti umani.
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Morpurgo, Daniela. "Quale pianificazione per quale cittadinanza? Governo del territorio e pianificazione spaziale di fronte alla sfida della diversità religiosa." ARCHIVIO DI STUDI URBANI E REGIONALI, no. 134 (August 2022): 126–50. http://dx.doi.org/10.3280/asur2022-134006.

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Abstract:
L'immigrazione, e la diversità che ne consegue, pone una nuova questione urbana. Guardando al contesto veneto, questo studio approfondisce le relazioni tra gover- no del territorio, pianificazione spaziale e diritti di cittadinanza, in particolare quello di libertà religiosa. La ricerca considera le strategie messe in atto dalle amministrazioni in risposta alla crescente domanda di spazi per il culto non cattolici e quindi discute il ruolo della pianificazione in tali processi di localizzazione.
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Nogler, Luca. "Max Weber "giurista" del lavoro." GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, no. 133 (December 2011): 1–19. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2012-133001.

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Abstract:
Il saggio analizza gli scritti che Weber elaborň come "giurista" del lavoro. L'Autore giunge alla conclusione che č erroneo il paradigma, che risale ad Habermas, secondo cui W. accolse una concezione positivistica e formalista del diritto. Vero č invece che W. sostenne lo sforzo profuso da Lotmar nel reinterpretare il diritto contrattuale e delle obbligazioni alla luce del valore della persona. Ciň corrispose, d'altra, parte al fatto che W. fu un sociologo, non tanto dei fenomeni, quanto soprattutto dell'azione sociale. Le sue indagini furono, infatti, rivolte ai comportamenti umani dei quali W. indagň ogni possibile "impulso" religioso, sociale, economico, ma anche sempre, e costantemente, giuridico.
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