Academic literature on the topic 'Diritto internazionale'

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Journal articles on the topic "Diritto internazionale"

1

Bersier, Ladavac Nicoletta. "Diritto e pace in Hans Kelsen." SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, no. 1 (July 2012): 79–96. http://dx.doi.org/10.3280/sd2012-001004.

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Abstract:
Hans Kelsen ha dedicato una parte importante della sua produzione giuridica al diritto internazionale. La sua riflessione internazionalistica iniziň negli Anni Venti e si protrasse fino alla fine della sua vita. Le tematiche affrontate da Kelsen a partire dagli Anni Trenta, soprattutto durante il suo insegnamento a Ginevra, sono dedicate alla pace in rapporto al diritto e alla politica nel contesto delle istituzioni internazionali. A Ginevra elaborň vaste critiche rivolte soprattutto alla Societŕ delle Nazioni e un proprio progetto per assicurare la pace che raccolse in diversi scritti poco conosciuti. Particolarmente interessante appare il progetto per la pace che Kelsen mise a confronto con la scienza giuridica e collocň nel contesto politico. In tale documento il giurista viennese si sofferma per la parte teorica sulla giustizia internazionale e per la parte pratica traccia le linee per un Tribunale Internazionale, teorizzando al contempo il postulato della obbligatorietŕ della giustizia internazionale. Inoltre nella sua elaborazione del diritto internazionale, Kelsen dedica molto spazio alla civitas maxima, tema che rappresenta indubbiamente il nocciolo ideale della sua riflessione internazionalistica e rivela la sua concezione globale e federale tra utopia e Realpolitik
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Cataldi, Giuseppe. "R. Pisillo Mazzeschi. Diritto internazionale dei diritti umani. Teoria e prassi." CUADERNOS DE DERECHO TRANSNACIONAL 13, no. 1 (March 8, 2021): 1153. http://dx.doi.org/10.20318/cdt.2021.6025.

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3

Mattei, Alberto. "Il ruolo del diritto internazionale privato nella mobilitŕ transnazionale del lavoro." SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, no. 3 (February 2012): 100–104. http://dx.doi.org/10.3280/sd2011-003008.

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Abstract:
Nel mercato transnazionale del lavoro, con il distacco della manodopera previsto dalla direttiva 96/71/CE, il diritto internazionale privato, a partire dalla Convenzione di Roma ora trasfusa nel Regolamento Roma I, puň incidere seriamente sulla disciplina del rapporto di lavoro con elementi di transnazionalitŕ. In tal senso, nella prospettiva del conflitto di leggi, č possibile dare rilievo agli strumenti internazional-privatistici per garantire i diritti sociali dei lavoratori "mobili". Si puň cosě rendere piů uniforme la disciplina dei rapporti di lavoro nell'ambito delle imprese "senza confine", che per loro natura sfuggono alla sottoposizione ad un unico ordinamento giuridico, al fine di dare preminenza al principio di concretezza degli effetti del lavoro transnazionale.
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Catanzariti, Mariavittoria. "I diritti su misura: la Corte Europea di Strasburgo e i minori." SOCIOLOGIA DEL DIRITTO, no. 1 (July 2012): 97–121. http://dx.doi.org/10.3280/sd2012-001005.

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Abstract:
Questo saggio esamina l'approccio della Convenzione Europea dei Diritti dell'Uomo alla tutela dei diritti dei minori. Piů specificamente, esso pone la questione dello statuto di tali diritti come diritti fondamentali alla luce della compatibilitŕ normativa tra diritto internazionale e diritto interno. La giurisprudenza della Corte Europea č dunque analizzata al fine di mettere in rilievo alcuni principi dalla stessa elaborati, con particolare riguardo al rispetto della vita familiare. Il saggio si concentra infine sui principi della child-friendly justice adottati dal Consiglio d'Europa nel novembre 2010 al fine di evidenziare il rapporto tra modelli culturali e prassi giurisprudenziale.
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5

Germanò, Alberto. "Il cibo nel diritto internazionale del mercato dei prodotti agricoli: disciplina e controversie." AGRICOLTURA ISTITUZIONI MERCATI, no. 1 (December 2010): 85–113. http://dx.doi.org/10.3280/aim2009-001008.

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Abstract:
L'Autore, dopo aver illustrato il significato dei termini food security e food safety, analizza il mercato internazionale dei prodotti alimentari, con particolare attenzione alle regole tecniche e alle regole sanitarie e fitosanitarie e, quindi, all'Accordo Tbt e Sps, nonché al criterio di equivalenza, quale strumento per la tutela della diversità e nel contempo di conferma della sovranità degli Stati. L'Autore esamina, inoltre, alcune delle più significative controversie internazionali relative agli alimenti (la c.d. guerra delle banane e le controversie relative alla carne agli ormoni), l'Accordo Tbt e le regole tecniche a tutela dell'ambiente, nonché l'Accordo Trips e il rapporto tra indicazioni geografiche e marchi geografici di prodotti alimentari. Infine, viene affrontato il problema dei cambiamenti nell'allocazione della terra e nelle pratiche agricole utilizzate: per ottenere la riduzione delle emissioni climalteranti si sta alterando l'uso razionale della terra, agendo in modo scorretto sui "conflitti" tra le produzioni a fini mercantili e le produzioni a fini alimentari. In conclusione l'A. evidenzia la necessità , per i cultori del diritto dell'agricoltura, di uscire dagli angusti confini del diritto domestico e di affrontare, passando per il diritto comunitario, i problemi che il diritto internazionale prospetta, con conseguenti ricadute sulla comprensione ed interpretazione del diritto nazionale.
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Ribeiro, Luiz Gustavo Gonçalves, and Romeu Thomé. "LA PROTEZIONE PENALE DELL’AMBIENTE COME DIRITTO UMANO COSTITUZIONALE." Veredas do Direito: Direito Ambiental e Desenvolvimento Sustentável 14, no. 28 (June 7, 2017): 33–71. http://dx.doi.org/10.18623/rvd.v14i28.1014.

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Abstract:
L’ambiente, oggi consacrato dottrinalmente come diritto umano di terza generazione e contemplato con disposizioni costituzionali che lo innalzano alla condizione di diritto fondamentale nell’ambito di diversi Paesi, è bene giuridico atto a essere effettivamente tutelato dal diritto penale che, tuttavia, richiede modificazioni nella sua dogmatica individualista secolare per la difesa di un diritto che è, allo stesso tempo, individuale e diffuso. Il testo contempla, sotto il ragionamento logico-deduttivo e con ricerca bibliografica, la garanzia dell’ambiente dal diritto penale e presenta proposte per la migliore tutela ambientale, esse corrispondendo, oltre alla predisposizione di norme penali più adeguate, alla creazione di un Tribunale Internazionale competente per le richieste penali legate all’ambiente e all’ammissione della responsabilità penale delle persone giuridiche. Si riconosce, nell’ambiente, una reale garanzia di tipo costituzionale, non soltanto diffusa, ma anche individuale, giacché direttamente legata alla qualità di vita dei singoli esseri e che ha avviato, negli ultimi decenni, la consacrazione di documenti internazionali e costituzionali di effettiva tutela.
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Touzenis, Kristina. "Lo Status legale di Gerusalemme. Proposta per una soluzione." FUTURIBILI, no. 3 (September 2012): 221–43. http://dx.doi.org/10.3280/fu2011-003015.

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Abstract:
L'Autore affronta il problema di Gerusalemme e propone soluzioni basate sul diritto internazionale. Gerusalemme gode di grande importanza su diversi livelli: il livello locale/municipale e quindi funzionale per gli abitanti, il livello nazionale dove la questione della sovranitŕ č importante, e infine il livello internazionale legato ai luoghi santi per le tre religioni. L'Autore analizza perciň i reclami storici delle due parti, il prima del 1947, l'idea (ideale) di Gerusalemme cittŕ internazionale del 1949 e la prima occupazione, la seconda occupazione del 1967, la dichiarazione dei principi del 1993 (accordo di Oslo), la Road Map, l'accordo di Ginevra. Ed infine considera come risolutiva della sovranitŕ una "divisione" non fisica (e cioč senza confini) di Gerusalemme, soprattutto dal punto di vista del diritto internazionale.
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Gorle, F. "Istituto internazionale di diritto umanitario." Military Law and the Law of War Review 24, no. 1-2 (December 1985): 191–92. http://dx.doi.org/10.4337/mllwr.1985.1-2.10.

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Travan, Federico. "Il non acquisto dello status di «locali della missione»: note a margine della sentenza della Corte Internazionale di Giustizia nel caso Guinea Equatoriale c. Francia." Revista da Faculdade de Direito, Universidade de São Paulo 116, no. 2 (December 30, 2021): 329–68. http://dx.doi.org/10.11606/issn.2318-8235.v116p329-368.

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Abstract:
Questo lavoro è un commento alla sentenza della CIG, di merito, nel caso Immunités et procédures pénales (Guinée Équatoriale c. France), e, allo stesso tempo, uno studio del problema – inedito nella giurisprudenza internazionale – emergente dalla sentenza, quello del momento in cui e delle modalità attraverso le quali un determinato immobile acquista, nel diritto internazionale, lo status di «premises of the mission». La sentenza della Corte, che ha ritenuto necessario il consenso dello Stato accreditatario, è criticata. Lo studio e l’analisi della prassi degli Stati, della Convenzione di Vienna sulle relazioni diplomatiche, della storia dell’istituto dell’inviolabilità dei locali diplomatici e della (poca) letteratura che ha trattato il problema, dimostrano che esiste una norma del diritto internazionale che determina che l’acquisto dello status di «premises of the mission» avvenga attraverso il (e nel momento del) solo inizio d’uso effettivo dei locali per l’esercizio delle funzioni diplomatiche. La sentenza della CIG «crea» quindi un requisito – il consenso dello Stato accreditatario – che non esiste nel diritto internazionale, e ciò comporta gravi potenziali problemi di contrasto e coesistenza tra situazioni di fatto (reali) e situazioni puramente giuridico-formali.
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Perulli, Adalberto. "Giustizia sociale, commercio internazionale ed extraterritorialità "atipica". Il caso USMCA." GIORNALE DI DIRITTO DEL LAVORO E DI RELAZIONI INDUSTRIALI, no. 170 (August 2021): 215–34. http://dx.doi.org/10.3280/gdl2021-170003.

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Abstract:
L'articolo analizza alcune delle principali novità del Trattato USMCA, collocandolo nel contesto della globalizzazione economica e delle tecniche di regolazione sociale che impiegano i la-bour standards dell'OIL e le clausole sociali nei Trattati commerciali internazionali, realizzando forme "atipiche" di extraterritorialità. Il Trattato USMCA si caratterizza per alcune impor-tanti innovazioni in materia: l'impegno delle parti a rispettare gli international core labour standards, il riconoscimento del diritto di sciopero, la possibilità di sanzionare direttamente le imprese responsabili delle violazioni dei diritti del lavoro, una procedura veloce di risoluzione delle controversie. Nel complesso il Trattato rilancia la capacità della clausola sociale come principale fattore di tutela dei diritti del lavoro in un contesto di globalizzazione economica.
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Dissertations / Theses on the topic "Diritto internazionale"

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Giacomini, Angela <1995&gt. "Le Special Procedures nel diritto internazionale dei diritti umani." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/19129.

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Abstract:
L’elaborato si propone di descrivere il meccanismo per la protezione e implementazione dei diritti umani all’interno dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, conosciuto con il nome di “Special Procedures “. Se ne analizzeranno la sua struttura, amministrazione, organizzazione a livello giuridico, differenza con gli altri strumenti di protezione dei diritti umani e la relazione che essa ha con gli enti statali, le ONG, le OIG e la Società Civile. Si passerà poi ad esaminare nel dettaglio la figura dello Special Rapporteur, “l’unità di misura” delle Special Procedures. Se ne tratteranno le caratteristiche, a livello giuridico e non, i privilegi e le immunità ma anche i limiti e le sfide che deve affrontare e il metodo di lavoro. Si concluderà poi con la descrizione di quanto il meccanismo delle Special Procedures, attraverso la figura dello Special Rapporteur, abbia contribuito ad implementare il rispetto dei diritti umani sia a livello nazionale che internazionale, rendendo i diritti umani una materia concreta ed accessibile anche alle fasce di popolazione che ne sono sempre state prive o a cui sono stati presentati come qualcosa di astratto e riservato ai privilegiati. Tutto l’elaborato sarà supportato da esempi e casi studio che si propongono di enfatizzare il tema, sottolineandone i punti cruciali e dimostrando concretamente quanto si sia potuto avanzare nell’ambito dei diritti umani grazie a questa istituzione, nonostante le sfide che il mondo contemporaneo presenta.
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Lanzoni, Niccolo <1990&gt. "L'acquiescenza nel diritto internazionale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amsdottorato.unibo.it/9190/1/Lanzoni_Niccol%C3%B2_tesi.pdf.

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Abstract:
Il silenzio quale fatto giuridico costituisce una condotta passiva che, adottata da un soggetto giuridico in particolari circostanze, produce determinati effetti giuridici. Tra i fatti giuridici internazionali si annovera il silenzio degli Stati. Esso sarà classificabile come un atto giuridico quando volontario o intenzionale, ovvero come un fatto giuridico stricto sensu quando, seppur involontario perché inconsapevole, produrrà comunque effetti giuridici. La presente tesi si propone di approfondire e razionalizzare il valore giuridico del silenzio degli Stati sulla base di questa distinzione. La tesi è divisa in cinque Capitoli. Il Capitolo I analizza il silenzio quale atto giuridico nel diritto internazionale, vale a dire il fenomeno dell’acquiescenza. I Capitoli II, III e IV descrivono gli istituti di diritto internazionale in cui l’acquiescenza gioca un ruolo di rilievo nella produzione di effetti giuridici. Il Capitolo II è dedicato all’istituto della prescrizione acquisitiva, mentre il Capitolo III esamina come il silenzio degli Stati influisce nella formazione, sviluppo, interpretazione ed estinzione delle fonti dell’ordinamento internazionale. Il Capitolo IV affronta gli ulteriori ambiti di applicazione dell’acquiescenza. Il Capitolo V tratta infine il silenzio degli Stati quale fatto giuridico stricto sensu. Esso non integra una condotta qualificata alla quale l’ordinamento riconduce la produzione di effetti giuridici, ma uno di quei segmenti che compongono un istituto di diritto internazionale. Il diritto internazionale conosce almeno due istituti che contemplano l’esistenza di un silenzio involontario: l’estoppel by silence e la prescrizione estintiva. In conclusione, la tesi traccia alcune considerazioni sull’importanza che il silenzio degli Stati riveste nel diritto internazionale. L’obiettivo è di formulare una teoria generale su un fenomeno che troppo spesso viene trascurato o, comunque, studiato in dottrina prediligendo un approccio prettamente settoriale e, in questo senso, del tutto inadeguato.
Silence as a legal fact constitutes a passive conduct which, adopted by a legal entity under particular circumstances, produces certain legal effects. The silence of States is an international legal fact. It shall be classified as a legal act when voluntary or intentional, and as a juridical fact stricto sensu when, albeit involuntary because unintentional, it still produces legal effects. On the basis of said distinction, this thesis aims to deepen and rationalize the juridical value of the silence of States in international law. The thesis is divided into five Chapters. Chapter I analyses silence as a legal act, namely the phenomenon of acquiescence. Chapters II, III and IV describe the legal concepts of international law within which acquiescence plays a role in the production of legal effects. Chapter II is dedicated to acquisitive prescription, while Chapter III examines how the silence of States affects the formation, development, interpretation and extinction of the sources of the international legal system. Chapter IV addresses further areas of international law with reference to the application of acquiescence. Chapter V deals with the silence of States as a juridical fact stricto sensu. The latter does not integrate a qualified conduct to which the international legal order attributes the production of legal effects, but one of those segments which make up a legal concept of international law. International law provides at least two legal concept that contemplate the existence of an involuntary silence: estoppel by silence and extinctive prescription. Eventually, the thesis draws some conclusions on the importance that the silence of States has in international law. The aim is to formulate a general theory on a phenomenon that is often overlooked or, in any case, addressed by international legal scholarship with a purely sector-by-sector and, therefore, inadequate approach.
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FERRI, Marcella. "La tutela dei diritti culturali nel diritto internazionale dei diritti umani." Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2013. http://hdl.handle.net/10446/28977.

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CASIGLIA, STEFANIA. "La protezione del lavoratore marittimo tra diritto internazionale pubblico e diritto internazionale privato." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2021. http://hdl.handle.net/11567/1045543.

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Abstract:
The topic of this research takes into account the peculiarities of maritime employment, which has traditionally been an important sector for the operation of conflict of law rules as well as for the proliferation of regulative provisions adopted at the public international law level. The objective of the research is to analyse and assess how these two normative systems can create a level plain field in order to avoid unfair competition and to set out the conditions for decent work in the increasingly globalized maritime sector.
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Giusti, Chiara <1995&gt. "la protezione del diritto all'abitazione nel diritto internazionale." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15998.

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Abstract:
La casa è una parte fondamentale della vita degli esseri umani. Definire e misurare gli individui senza abitazione è uno dei compiti più difficili in ogni Paese: la definizione di senzatetto include gruppi di persone che vivono in abitazioni inadeguate, baraccopoli e per strada. Inoltre, la povertà estrema nella nostra società è spesso sottostimata: il diritto all’abitazione è una questione di giustizia, perché condurre una vita dignitosa senza una casa è impossibile. Lo scopo di questa tesi è analizzare l’esistenza del diritto all’abitazione sia a livello internazionale che europeo, esaminando come le leggi internazionali possano proteggere questo diritto, che è considerato uno dei principali diritti economici, sociali e culturali. Nel primo capitolo, studierò il diritto all’abitazione nell’ambito delle Nazioni Unite, ripercorrendo la storia della sua creazione e la sua codificazione nei principali strumenti di diritto internazionale, e gli obblighi degli Stati membri. Nel secondo capitolo prenderò in considerazione il diritto all’abitazione nel contesto del Consiglio d’Europa, interrogandomi sul se e quando questo diritto possa essere invocato davanti alla Corte Europea dei Diritti Umani. Infine, il terzo capitolo si concentrerà sull’Housing First, un modello innovativo sviluppato negli Stati Uniti con lo scopo di facilitare il reintegro dei senzatetto nella società: il suo sviluppo nella città di Bologna sarà considerato come caso di studio. La quantità di persone senza un’abitazione è in aumento in Europa, per cui approcci e soluzioni alternative sono necessarie ed è tramite l’implementazione del diritto che il diritto all’abitazione sarà pienamente riconosciuto, permettendo ad ogni persona di vivere dignitosamente.
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Casagrande, Marco. "Il porto nel diritto internazionale." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3422442.

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Abstract:
This thesis examinates the regulation of civilian seaports in international and EU law, unavoidably starting from the marked evolution that civilian seaports have had in the last decades. Civilian seaports have seen radical changes in their governance models, while at the same time assuming a strategic role in the world globalized economy. After the maritime oil pollution disasters which happened in Europe in the 1970s, moreover, civilian seaports have been more and more exploited as a place to enforce maritime standards. Finally, after September 11th, 2001 attacks, it was realized that civilian seaports are the only places where container traffic can be controlled. Containers are made to pass through seaports while remaining sealed. Therefore, they are an ideal means to smuggle formidden goods, even for terrorist purposes. This increased relevance of seaports led to the conclusion of regional Memorandums of Understanding on port State control, as well as to the adoption of the ISPS Code on port and ship security. These international instruments and the corresponding EU law implemementation acts, however, are unable to balance the scarceness, heterogeneity and fragmentation of international and EU norms about civilian seaports, a field which was long neglected for various reasons: the statalization of seaports after decolonization and the localist attitude of maritime-portual clusters. These clusters are still unwilling to interact with non-portual communities and institutions, even national ones, let alone supranational or international ones.
Nell'esaminare la disciplina del porto civile nel diritto internazionale e dell'Unione europea, la tesi parte necessariamente dalla spiccata evoluzione da cui è stato interessato negli ultimi decenni, appunto, il porto civile. Quest'ultimo non solo ha subito mutamenti radicali nei suoi sistemi di governance, ma ha assunto un ruolo strategico nell'economia globalizzata mondiale. Dopo i disastri petroliferi che hanno interessato l'Europa a partire dagli anni '70, inoltre, il porto civile è stato progressivamente valorizzato come luogo di controllo ed enforcement degli standard marittimi. Infine, dopo l'11 settembre 2001 ci si è resi conto che il porto civile è l'unico luogo in cui sia possibile controllare il traffico dei container. Questi ultimi, infatti, sono concepiti per attraversare il porto rimanendo sigillati, e sono potenzialmente un mezzo ideale per il contrabbando di merci vietate, anche a scopo terroristico. Questa rinnovata importanza dei porti ha condotto alla stipula dei Memorandum d'intesa regionali sul port State control, e all'adozione del Codice ISPS sulla port and ship security. Questi strumenti internazionali e i relativi atti di recepimento nel diritto dell'Unione europea, peraltro, non sono sufficienti a bilanciare la scarsità, eterogeneità e frammentarietà della norme internazionali ed europee sul porto civile, ambito a lungo trascurato per una varietà di fattori: la statalizzazione dei porti conseguente alla decolonizzazione, la località dei cluster marittimo-portuali e la persistente riluttanza di questi ultimi a dialogare con contesti extraportuali anche nazionali, men che meno sovranazionali o internazionali.
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FATTA, Caterina. "AUTODETERMINAZIONE SESSUALE NEL DIRITTO INTERNAZIONALE." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2014. http://hdl.handle.net/10447/90764.

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SPAGNOLO, ANDREA. "L¿APPLICABILITA¿ DEL DIRITTO INTERNAZIONALE UMANITARIO E DEI DIRITTI UMANI NELLE OPERAZIONI MILITARI ISTITUITE DALLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2012. http://hdl.handle.net/2434/172496.

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Abstract:
This PhD thesis aims at understanding the problems, both theoretical and practical, related to the applicability of international humanitarian law and human rights law to peacekeeping operations. The four chapters of the thesis discuss the nature and the variety of peacekeeping operations, the attribution of conducts, the interpretation of art. 103 of UN Charter and specific problems linked to the applicability of international humanitarian law and human rights law. The conclusion reached is in the sense that the role of troop-contributing States is fundamental in the compliance with the rule protecting human dignity during peacekeeping operations.
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Cantillo, Eugenio. "Diritto all'ambiente e forme di tutela nel diritto internazionale." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2010. http://hdl.handle.net/10556/124.

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Abstract:
2008-2009
I gravi problemi generati dall’imponente sviluppo della società industriale, dalle molteplici forme di inquinamento al depauperamento delle risorse naturali, hanno da tempo posto al centro degli interessi della comunità internazionale la tutela dell’ambiente. E parallelamente la nozione relativa, che in passato aveva una connotazione prevalentemente scientifica e naturalistica, ha assunto sempre più rilevanza nel novero delle scienze sociali, in special modo nella dimensione giuridica correlata agli interventi lato sensu normativi a livello interno agli Stati e a livello internazionale, concernenti, appunto, le esigenze di tutela preventiva, conformativa e repressiva. Questi interventi erano in origine soltanto frammentari e settoriali, relativi, cioè, alla tutela di specifici interessi o “beni”, quali il paesaggio, il suolo, l’aria e l’acqua, l’assetto del territorio. Ma poi sono sempre più venuti assumendo, in campo internazionale, un ambito più vasto, corrispondente ad una concezione unitaria dell’ambiente, inteso come sintesi dei fattori che permettono e favoriscono la vita degli esseri viventi, che assicurano, ad un tempo, una vita salubre, il benessere umano individuale e collettivo ed uno “sviluppo sostenibile”, tale cioè da preservare l’ambiente anche rispetto alle generazioni future. Si è preso atto, in particolare, sul piano oggettivo, della stretta correlazione tra i diversi interessi, i quali, assunti nella loro globalità, confluiscono appunto nell’unico “bene” complesso che si qualifica ambiente; e, sul piano soggettivo, del carattere collettivo degli interessi medesimi, che implicano il coinvolgimento di una pluralità di Stati e spesso hanno carattere planetario. L’ambiente, così inteso, è un valore fondamentale della comunità internazionale, la cui tutela corrisponde ad un interesse di tutti e di ciascuno degli Stati, al pari delle altre esigenze primarie dell’intera umanità. Solo l’azione sinergica degli esponenti della comunità internazionale può, del resto, soddisfare le aspettative di benessere e di qualità della vita connesse alla tutela dell’ambiente, la quale ha pertanto assunto le dimensioni di una funzione sociale dell’ordinamento internazionale, affidata in primis agli Stati, ma anche alle organizzazioni regionali, governative e non, e agli organi dell’O.N.U., i quali – secondo una felice definizione della migliore dottrina – operano come co-agenti della comunità globale. La sfida della tutela ambientale universale è, inoltre, emblematica delle profonde mutazioni nella struttura dell’ordinamento internazionale , che con caratteri di sempre maggiore nettezza mostra, da un lato, una progressiva erosione dei tradizionali spazi di sovranità statale – stante, come detto, l’insufficienza di risposte unilaterali ad esigenze che richiedono oggettivamente interventi integrati – dall’altro un’importanza crescente ed incisiva dei c.d. nuovi attori del diritto internazionale, che si manifesta appieno proprio nel settore oggetto della presente analisi, in cui si assiste, altresì, alla proliferazione di organi di tipo para-giurisdizionale istituiti a presidio di specifiche regolazioni convenzionali e, talvolta, accessibili direttamente dagli individui singolarmente e/o collettivamente. Ed è proprio il ruolo determinante per la tutela dell’ambiente svolto dai singoli e dalle associazioni ambientaliste che ha costituito un punto di vista privilegiato della ricerca, il cui principale obiettivo scientifico è quello di analizzare ed illustrare i processi normativi e giurisprudenziali che hanno condotto, a parere di chi scrive, all’emersione del diritto individuale all’ambiente salubre quale autonoma posizione giuridica soggettiva rientrante tra i diritti fondamentali alla stregua dell’ordinamento dell’Unione Europea e del sistema della CEDU. Conviene al riguardo precisare sin d’ora che detta teorizzazione è stata volutamente limitata proprio allo spazio giuridico europeo in considerazione dei più sicuri indici che in esso si rinvengono in ordine alla configurabilità di tale diritto, il cui fondamento, sotto il profilo sistematico, va ricercato in una norma generale che vincola gli Stati alla protezione dell’ambiente che – come si dirà – può verosimilmente ritenersi invalsa secondo un processo di produzione normativa di natura “organica” elaborato da Ziccardi Capaldo . La ricerca è stata, quindi, diretta in primis ad evidenziare le indicazioni internazionali (norme, giurisprudenza, comportamenti degli Stati egemoni e delle principali organizzazioni internazionali) che valgono a fugare i dubbi di parte della dottrina in ordine all’autonoma configurabilità di una norma di diritto internazionale generale che preveda un obbligo erga omnes di proteggere l’ambiente, inteso in senso unitario e non settoriale quale patrimonio comune dell’umanità. L’enucleazione di tale norma ha, quindi, posto le basi per interrogarsi sulla sussistenza – a livello europeo, come si è precisato – di un diritto individuale all’ambiente di matrice internazionale, funzionale proprio alla tutela del bene giuridico “ambiente” nei sensi innanzi delineati. Tale verifica è parsa di particolare attualità soprattutto alla luce dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, della piena efficacia giuridica riconosciuta alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea ed al collegamento organico da essa sancito tra gli standard di tutela dei diritti umani previsti dalla normativa dell’UE e della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali. In particolare, ci si è chiesto se la Carta di Nizza contempli, o meno, un autonomo diritto all’ambiente e se - ed in che misura - detto processo di integrazione tra diversi ordinamenti contribuisca all’emersione di un siffatto diritto. La dottrina si è, invero, da tempo ed autorevolmente dedicata a delineare i contorni del diritto all’ambiente salubre quale posizione giuridica tutelata, pur indirettamente, dalla CEDU Non risulta, invece, particolarmente approfondito il profilo attinente alla configurabilità del diritto all’ambiente nell’ordinamento dell’Unione Europea, rientrante nel novero dei diritti fondamentali tutelati dalla summenzionata Carta alla stregua di analoghi diritti di tipo programmatico, primo tra tutti il diritto alla salute, che, diversamente dal diritto all’ambiente, è positivamente sancito all’articolo 35 della Carta. Ciononostante, come si è argomentato nel testo, riteniamo che anche la tutela dell’ambiente, al pari della tutela della salute, si configuri non già come mero obiettivo da integrare nelle politiche dell’Unione, bensì anche – e soprattutto – come autonomo diritto soggettivo tutelato da adeguati mezzi di tutela di tipo preventivo e repressivo, interni ed esterni all’ordinamento dell’Unione, che confermano, altresì, la sussistenza di un sistema multilivello di “enforcement integrato” a presidio di valori condivisi della società globale. Sul piano organizzativo, la ricerca ha preso le mosse da un excursus storico sulle origini del diritto internazionale dell’ambiente, in uno all’analisi della principale normativa e della pertinente prassi internazionale, seguito dallo studio delle fonti del medesimo settore dell’esperienza giuridica. L’analisi ha così rivelato una crescita esponenziale, in un lasso di tempo relativamente breve, di convenzionali internazionali bilaterali e multilaterali sempre più estese ed incisive, nonché la progressiva formazione di norme munite dei requisiti propri della consuetudine. In particolare si ravvisano i caratteri di norme primarie dell’ordinamento internazionale nella previsione della responsabilità degli Stati autori di un evento lesivo dell’ambiente, in base al principio “chi inquina paga”; nell’obbligo di prevenzione – che si aggiunge a quello di riparazione – per cui gli Stati sono tenuti ad adottare comportamenti virtuosi, diretti a prevenire il danno ambientale; negli obblighi di informazione, consultazione e negoziazione cui sono tenuti gli Stati responsabili di un danno ambientale (una siffatta norma, la cui esistenza era stata già invocata in occasione dell’incidente nucleare di Chernobyl, si rinviene anche nei principi 18 e 19 della Dichiarazione di Rio de Janeiro sull’Ambiente e lo Sviluppo del giugno 1992). Analogamente, si ritiene ormai di matrice consuetudinaria “l’obbligo di proteggere e preservare l’ambiente marino” sancito dall’articolo 192 della Convenzione di Montego Bay del 1982. Tuttavia, come si è accennato, maggiori perplessità si sono registrate in dottrina quanto alla corrispondenza al diritto internazionale generale di una norma che imponga agli Stati di proteggere l’ambiente tout court, quale equilibrio ecologico complessivo, senza limitazioni a specifici settori. I dubbi attengono, in primis, allo stesso contenuto di un siffatto precetto, che può essere delineato, all’evidenza, solo con riferimento al bene oggetto della tutela, cioè all’ambiente inteso come equilibrio ecologico, per modo che il suo contenuto minimo va ravvisato nell’obbligo di ciascun Stato di astenersi da comportamenti positivi o negativi atti a turbare, appunto, quell’equilibrio e, per converso, nell’obbligo di compiere quanto necessario per la sua conservazione. E proprio per questo carattere di clausola generale, che solo in concreto può tradursi in comportamenti specifici, non risulta agevole individuare prassi condivise, espresse in comportamenti reiterati ed uniformi della gran parte dei componenti della comunità internazionale, che possano dar vita ad un precetto di matrice consuetudinaria, sorretto da un’idonea opinio necessitatis. Nonostante la posizione tuttora dubitativa di parte della dottrina, riteniamo, tuttavia, oggi possibile fornire una risposta positiva circa la sussistenza della suddetta norma di protezione ambientale, in considerazione degli inequivoci segnali provenienti dalle forze prevalenti della comunità internazionale, rappresentate e/o confermate in occasione di vertici internazionali, nonché dalle indicazioni contenute nelle pronunce delle Corti internazionali e dalle sempre più stringenti e dettagliate norme di origine pattizia che, come si è detto, disciplinano praticamente ogni ambito riconducibile alla tutela ambientale. Da tali elementi, infatti, è lecito desumere l’esistenza di un principio di tutela dell’ambiente, condiviso da gran parte degli Stati, che, pur non avendo una sicura autonoma valenza normativa secondo il tradizionale procedimento di matrice consuetudinaria, assume una connotazione ben più rilevante se apprezzato alla stregua del suddetto processo “organico” di produzione normativa, che si rivela più appropriato per consentire alla scienza giuridica di rispondere in modo puntuale alle sfide della società globale. In particolare, attraverso una sostanziale revisione della nota tesi dei “principi costituzionali” del Quadri , secondo tale indirizzo dottrinale le volizioni e, in genere, le determinazioni generali manifestate o attuate dagli Stati egemoni si traducono in norme generali o principi giuridici internazionali, vincolanti per l’intera comunità, quando siano accettate e fatte proprie dalla gran parte del resto del corpo sociale internazionale in sedi istituzionali, oppure, più in generale, in occasione di grandi vertici e conferenze internazionali, in conformità all’attuale tendenza di organizzazione istituzionale della società internazionale. Tra questi principi generali può essere annoverato, appunto, quello che impone la tutela dell’ambiente, quale valore fondamentale dell’ordinamento giuridico internazionale, condiviso dagli Stati egemoni e dalla maggioranza degli altri in atti ed accordi internazionali (considerati nella prima parte di questo lavoro), spesso raggiunti in occasione di vertici e conferenze internazionali e, soprattutto, in sede O.N.U. La quale, com’è noto, spesso superando il ruolo istituzionale, ha agito anche come interprete degli Stati uti universi, vale a dire dell’intera comunità internazionale, ed ha assunto la tutela diretta o indiretta di interessi e valori globali , tra i quali, appunto, la tutela dell’ambiente. La formazione di un principio fondamentale nei sensi e nei modi ora detti sembra, del resto, trovare riscontro anche in alcune statuizioni della Corte Internazionale di Giustizia. Questa, da ultimo con la recente sentenza del 13 luglio 2009 relativa ad una controversia tra Costa Rica e Nicaragua, ha, infatti, espressamente ravvisato proprio nella protezione dell’ambiente un primario interesse di tipo pubblicistico, suscettibile di limitare e condizionare il godimento di altri diritti. Nella giurisprudenza della massima autorità giurisdizionale internazionale si rinvengono, quindi, puntuali indicazioni nel senso della necessità che gli Stati assumano responsabilità sempre più penetranti per la tutela dell’ambiente, in ragione del carattere globale degli interessi coinvolti, che esige risposte ugualmente globali ai gravi problemi che questi suscitano. Appunto in siffatta norma generale va ricercato il fondamento del diritto individuale all’ambiente. In particolare, parallelamente al consolidamento del suddetto processo di produzione normativa, l’accresciuta sensibilità ambientale si è manifestata, soprattutto a seguito della Conferenza di Stoccolma sull’Ambiente Umano del 1972, nella progressiva inclusione della protezione dell’ambiente nelle Carte Costituzionali di numerosi Stati, quale nuovo valore fondamentale meritevole di essere sancito nelle disposizioni interne di rango primario, declinandosi in concreto nella frequente previsione di uno specifico diritto individuale a beneficiare di un ambiente salubre, ovvero in norme che demandano tale compito agli stessi Stati, tenuti per questa via ad adottare misure di dettaglio idonee a dare concretezza alle pertinenti previsioni costituzionali. In quest’ottica l’analisi delle disposizioni costituzionali dei Paesi membri dell’Unione Europea consente di riscontrare come la tutela ambientale sia ad oggi presente in pressoché tutte le normative fondamentali degli stessi, compresa quella italiana all’articolo 117, commi 2 e 3 Cost. Tali previsioni, in uno all’inclusione della tutela ambientale nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea - che fa espresso riferimento proprio alle tradizioni costituzionali degli Stati membri - ed alla recente entrata in vigore del Trattato di Lisbona, rappresentano, come si dirà nel prosieguo del lavoro, elementi decisivi al fine di pervenire ad affermare, altresì, l’esistenza del diritto all’ambiente quale diritto fondamentale dell’ordinamento dell’Unione; e ciò, nonostante la suddetta Carta non ne contenga un’esplicita previsione. Quanto al contenuto di tale diritto, da un punto di vista sostanziale esso è da ricercarsi, innanzitutto, nei principi fondamentali della politica ambientale dell’Unione Europea, sanciti dall’articolo 191, comma 2, del Trattato sul Funzionamento dell’UE, ovvero “sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio «chi inquina paga»”. Detti principi rappresentano, infatti, le pietre angolari intorno alle quali parametrare la legittimità di atti e norme emanate sia dalle Istituzioni dell’UE, sia dai singoli Paesi membri, e che allo stesso tempo danno sostanza al complesso di disposizioni interne e sovranazionali che sempre più incisivamente consentono agli individui singolarmente o collettivamente di pretendere, attraverso mezzi di tutela preventiva e repressiva anche di tipo giudiziale, il rispetto dell’ambiente, dando luogo, in concreto, all’emersione di uno specifico diritto umano all’ambiente. Sotto altro profilo, passando a considerare l’oggetto di un tale diritto, si è per l’appunto, constatato come la tutela dell’ambiente, sul piano strettamente giuridico, si sia storicamente sviluppata proprio muovendo dalla sua stretta interconnessione con il rispetto dei diritti umani, stante – per l’appunto – l’ormai acclarata interdipendenza tra gli obiettivi della conservazione dell’esistenza umana e della protezione ambientale. E nell’affrontare il tema del rapporto tra uomo e ambiente, sul piano giuridico si è ritenuto di privilegiare, quindi, un approccio cosiddetto right-based, in conformità all’orientamento dottrinale e giurisprudenziale volto a fare rientrare, pur con modalità differenti, la tutela dell’ambiente all’interno dell’ampia cornice dei diritti umani, avvalendosi della forza ad essi universalmente riconosciuta e della particolare incisività di taluni organi preposti a vigilarne l’osservanza. Un ruolo determinante in tal senso è stato (ed è tuttora) svolto dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, a cui è stata dedicata, nel secondo capitolo del lavoro, un’ampia attenzione. In particolare, attraverso un’interpretazione teleologicamente orientata delle disposizioni pattizie, la Corte di Strasburgo ha fatto rientrare la difesa dell’ambiente tra le posizioni giuridiche soggettive tutelate da alcuni dei diritti fondamentali consacrati nella CEDU, sino a sancire, in una recente pronuncia, l’esistenza di uno specifico diritto umano all’ambiente salubre, contribuendo, altresì a delinearne, i contenuti sostanziali e procedurali. Tale orientamento giurisprudenziale, comporta, in particolare, il positivo effetto di aggiungere, di fatto, il diritto all’ambiente al catalogo dei diritti umani tutelati dalla CEDU, consentendo, così, agli individui che singolarmente o collettivamente si ritengano lesi da comportamenti di Stati negligenti riguardo al livello di protezione ambientale, di potersi valere dei rimedi previsti per la tutela dei diritti umani secondo il sistema di tale Convenzione. E proseguendo per questa strada, analizzando nel dettaglio le numerose disposizioni del Trattato sull’Unione Europea e della Carta dei Diritti Fondamentali che sanciscono una stretta interrelazione tra i diritti fondamentali assicurati dall’ordinamento dell’Unione e quelli previsti nella CEDU, come interpretata alla luce della relativa giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, si perviene ugualmente ad affermare l’esistenza a livello dell’Unione Europea del diritto all’ambiente (a cui, a seconda delle soluzioni concretamente proposte, si tende ad aggiungere l’aggettivo salubre – human right to a healthy environment – ovvero florido – human right to a good environment), il quale si colloca accanto ai tradizionali diritti fondamentali, per cui ogni componente del genere umano viene investito della titolarità di un’autonoma posizione giuridica, nella quale confluiscono situazioni soggettive e poteri diversi previsti a garanzia della conservazione a lungo termine delle risorse naturali, nell’interesse delle generazioni presenti e future. Sul piano dell’inquadramento sistematico si discute se questo diritto possa ricondursi nello schema classico dei diritti della persona ovvero sia una formula sintetica per indicare una serie di situazioni soggettive diversamente strutturate e tutelate, concernenti beni che tali non sono in senso economico (trattandosi di un insieme di res communes omnium: acqua, aria, luce, calore atmosferico, etc.). Tenuto conto, però, che ai fini della qualificazione come diritto soggettivo non è elemento essenziale la possibilità di appropriazione del bene che ne è oggetto, essendo, invece, sufficiente l’attitudine dello stesso bene a soddisfare un interesse del titolare del diritto medesimo, non sembra esservi ostacolo a ravvisare nell’ambiente un bene giuridico immateriale di carattere collettivo, che compete – secondo lo schema dei diritti sociali – alla collettività ed ai singoli per la conservazione dell’equilibrio ecologico, cioè ad ogni essere umano in quanto componente della comunità umana globalmente considerata. Quanto agli aspetti procedurali del diritto all’ambiente, vengono anzitutto in considerazione i principi e le norme concernenti gli strumenti di tutela preventiva, disciplinati nella consapevolezza che prevenire è meno gravoso del risarcire le conseguenze delle attività rischiose. In particolare, assumono grande rilievo – in quanto costituiscono il presupposto di qualunque efficace azione di tutela (per la quale è indispensabile una corretta definizione degli interessi coinvolti) – l’informazione ambientale e la partecipazione ai processi decisionali delle determinazioni degli Stati che incidono sull’ambiente. Al riguardo, un ruolo di primaria importanza è svolto dalle disposizioni della Convenzione U.N.E.C.E. (United Nations Economic Commission for Europe) sull’accesso alle informazioni, la pubblica partecipazione e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (Convenzione di Aarhus, del 25 giugno 1998), che non definisce il contenuto del diritto individuale ad un ambiente salubre, ma, disciplinando aspetti fondamentali della tutela dell’ambiente, ha decisamente contribuito alla concreta configurazione di un siffatto diritto nel continente europeo (in conformità del resto, alla dichiarata finalità della convenzione, stipulata “per contribuire a tutelare il diritto di ogni persona, nelle generazioni presenti e future, a vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute e il suo benessere”). Ed allo studio dei primi due “pilastri” della Convenzione di Aarhus (accesso alle informazioni e pubblica partecipazione ai procedimenti ambientali) è, per l’appunto, dedicato il terzo capitolo del lavoro, ove si sottolinea, altresì, come i doveri di informazione e partecipazione ai processi decisionali, svincolati dal riferimento alla materia ambientale, si configurano anche come norme aventi natura consuetudinaria. In particolare, il diritto all’informazione ambientale, quale articolazione del diritto all’ambiente, spetta, nei confronti delle autorità statali, alle organizzazioni ambientaliste (associazione, comitati di tutela di interessi diffusi, etc.) ed ai singoli cives, che sono legittimati a valersi dei rimedi previsti per il caso di mancata osservanza. In questi sensi dispongono, per l’appunto, la già ricordata Convenzione di Aarhus ed altresì le disposizioni della Direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (attuativa del primo pilastro della Convezione di Aarhus), nonché del Regolamento CEE del Consiglio 7 maggio 1990, n. 1210/90, che ha istituito l’Agenzia Europea dell’Ambiente. D’altra parte, il diritto di partecipazione del pubblico ai processi decisionali viene garantito, in primo luogo, attraverso la pubblicità delle iniziative e dei progetti in materia ambientale; e, in secondo luogo, dai procedimenti istruttori, consultazioni, indagini conoscitive anche in contraddittorio dei soggetti interessati, etc. Il quarto capitolo della tesi si occupa, invece, del c.d. “terzo pilastro” della citata Convenzione di Aarhus, dedicandosi un’attenzione particolare all’accesso alla giustizia in materia ambientale nell’Unione Europea. Al riguardo, riveste rilievo qualificante della ricerca lo studio del sistema di tutela giudiziale dell’Unione, che appare ancora insufficiente ad assicurare integrale protezione al diritto all’ambiente, stante la persistenza di rilevanti ostacoli ad un efficace ed effettivo accesso alla giustizia dell’Unione da parte dei singoli soggetti, che, di fatto, impedisce un pieno controllo della legittimità degli atti comunitari. E ciò sebbene l’Unione Europea abbia autonomamente ratificato la Convenzione di Aarhus, impegnandosi a migliorare il proprio sistema di garanzie giurisdizionali quale strumento necessario ad assicurare il rispetto del diritto comunitario dell’ambiente e, più in generale, a tutelare il diritto umano ad un ambiente salubre, obiettivo finale della Convenzione di Aarhus, fatto proprio dall’Unione ed espressamente incluso tra gli obiettivi dalla politica comunitaria in materia ambientale. Si è, inoltre, sottolineata l’importanza dell’attività di compliance, consistente nel ricorso a meccanismi di controllo flessibili e dal carattere non adversarial, che si sta rivelando, appunto, un valido strumento per favorire, anche attraverso misure di tipo premiale e di ausilio tecnico, l’osservanza dei più importanti trattati di diritto internazionale dell’ambiente, soprattutto da parte dei Paesi meno dotati da un punto di vista tecnologico e finanziario. Imporre a Stati che versano in situazioni di particolare difficoltà pesanti sanzioni economiche a titolo di responsabilità per un inadempimento convenzionale potrebbe, infatti, rivelarsi addirittura controproducente rispetto agli obiettivi prefissati, oltre che socialmente insostenibile. D’altra parte, la moltiplicazione dei trattati bilaterali e multilaterali in materia di ambiente, unita al loro notevole tecnicismo ed all’assenza di un sistema strutturato obbligatorio di accertamento giudiziale (sul modello del sistema introdotto dal W.T.O.), rende estremamente utile, se non indispensabile, il contributo degli organi “quasi-giurisdizionali” all’attuazione ed al rispetto degli accordi internazionali in materia ambientale. In linea con le indicazioni di autorevole dottrina si condivide, quindi, l’auspicio che si proceda ad un loro compiuta istituzionalizzazione che – pur lasciandone impregiudicati i tratti sostanziali – ne assicuri l’indipendenza e l’imparzialità, rafforzandoli in termini di capacità operativa ed efficienza. Al qual proposito va detto che anche riguardo ai meccanismi di compliance, in ragione della particolare natura pubblicistica e al tempo stesso privatistica degli interessi correlati alla tutela dell’ambiente, appare determinante il contributo dei singoli e degli enti associativi istituzionalmente dediti alla tutela dell’ambiente, titolari di un distinto potere di iniziativa di compliance. In questo senso, di particolare interesse è, infine, risultato lo studio dell’attività del Compliance Committee della Convenzione di Aarhus, quale pioneristico esempio di struttura preposta al controllo dell’attuazione degli obblighi convenzionali, informato ai più avanzati criteri di democrazia partecipativa, nonché ai canoni dell’indipendenza, dell’ampia accessibilità e della trasparenza operativa.
VIII ciclo n.s.
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CHERUBINI, SANDRA. "Diritto del commercio internazionale e tutela dei diritti fondamentali dei fanciulli." Doctoral thesis, Università Bocconi, 2012. https://hdl.handle.net/11565/4054295.

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Diritto internazionale. 5th ed. Napoli: Editoriale scientifica, 1997.

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Cannizzaro, Enzo. Diritto internazionale. Torino: G. Giappichelli editore, 2012.

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Cassese, Antonio. Diritto internazionale. Bologna: Il mulino, 2006.

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Mastroianni, Roberto. Diritto internazionale e diritto d'autore. Milano: A. Giuffrè, 1997.

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Montalbano, Giuseppe. Diritto penale internazionale, terrorismo internazionale. Caltanissetta: Edizioni Krinon, 1986.

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Ballarino, Tito. Diritto internazionale privato. 2nd ed. Padova: CEDAM, 1996.

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Facci, Giovanni. Diritto internazionale privato. Padova: CEDAM, 2000.

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Diritto internazionale privato. Milano: Giuffrè, 2010.

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Liccardi, E. Diritto tributario internazionale. Padova: CEDAM, 1986.

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Diritto globale: Il nuovo diritto internazionale. Milano: Giuffrè, 2010.

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Gigliola di Renzo Villata, Maria. "Alle origini del diritto internazionale: l'utilizzo delle fonti canonistiche medievali nei primi 'artigiani' cinquecenteschi. Vitoria e … gli altri." In Der Einfluss der Kanonistik auf die europäische Rechtskultur, 332–74. Köln: Böhlau Verlag, 2020. http://dx.doi.org/10.7788/9783412518929.332.

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Nuzzo, Luigi. "Cap. 3: Aspettando il diritto internazionale." In Origini di una scienza, 169–222. Klostermann, 2012. http://dx.doi.org/10.5771/9783465141594-169.

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Bonafè, Beatrice I. "Il pirata secondo il diritto internazionale contemporaneo:." In La metamorfosi della pirateria, 247–76. Quodlibet, 2023. http://dx.doi.org/10.2307/jj.4688113.10.

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Nuzzo, Luigi. "Cap. 4: Il lato oscuro del diritto internazionale." In Origini di una scienza, 223–86. Klostermann, 2012. http://dx.doi.org/10.5771/9783465141594-223.

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Ingravallo, Ivan. "The Formation of International Law Journals in ItalyTheir Role in the Discipline." In A History of International Law in Italy, 190–214. Oxford University Press, 2020. http://dx.doi.org/10.1093/oso/9780198842934.003.0008.

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Abstract:
This chapter analyzes the role played by legal journals as ‘tools’ for international law studies in Italy. The author considers their role in the development of this subject in the domestic arena, where there were no specialized legal journals expressly devoted to these topics until 1898. The early journals represented ephemeral experiments, prior to the foundation of the Rivista di diritto internazionale in 1906 under the leadership of Dionisio Anzilotti. The Rivista represented a turning point in this branch of law and was followed by other periodicals established in the 1930s and 40s, which were partly inspired by the political milieu characterizing Fascist Italy, and by those that developed in the aftermath of World War II, which were influenced in turn by the theoretical and methodological premises of the time and by accentuated contrasts between different academic ‘schools’ of thought. Lastly, the author evaluates how the Italian journals of international law dealt with foreign scholars and foreign languages.
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Sorgoni, Barbara. "«Tu dì tutta la verità»: categorie e politiche migratorie nel diritto d’asilo." In Vulnerabilità in migrazione Sguardi critici su asilo e protezione internazionale in Italia. Venice: Fondazione Università Ca’ Foscari, 2024. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-785-2/003.

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Abstract:
A leitmotiv in contemporary migration procedures, soliciting asylum seekers to “tell the truth” seems to automatically open up the possibility to get international protection, thus generating hope and expectations. Acknowledging the complex nature of the refugee status determination procedure, and the intertwinement between conflicting requests this system produces - i.e. to say the truth and to produce a “credible” narrative - I focus on instances of rejection where issues like vulnerability and provenance played a decisive role, in order to articulate the many aspects which affect the outcome of the procedure, regardless of the truth of the story.
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Balboni, Paolo E. "14 • Politica linguistica: rallentare Darwin nell’Europa plurilingue." In Thesaurus di Linguistica Educativa: guida, testi, video. Venice: Fondazione Università Ca’ Foscari, 2022. http://dx.doi.org/10.30687/978-88-6969-607-7/014.

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Abstract:
Dalla fine degli anni Settanta a oggi ho studiato l’intreccio tra i diritti della persona a vivere più lingue e in più lingue e i diritti e doveri stabiliti dalle politiche linguistiche nazionali e internazionali. Così come per l’educazione linguistica ho affiancato ricerca teorica e creazione di materiali operativi, anche nel settore del plurilinguismo ho lavorato molto sul campo, con progetti scolastici e con interventi in ambito istituzionale, dal Consiglio d’Europa al Parlamento italiano, alle Regioni, ai Comuni, in parte descritti nella bibliografia. In questo settore ho contribuito in maniera originale in due ambiti: l’intercomprensione tra lingue affini, vista ottimisticamente come una risorsa per il futuro, e l’elaborazione di una prospettiva realistica, quindi pessimistica, sul futuro del plurilinguismo.
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Papa, Maria Irene. "Le dichiarazioni degli stati produttive di effetti giuridici vincolanti nei lavori di codificazione dalla commissione del Diritto Internazionale delle Nazioni Unite sugli atti unilaterali." In Liber Amicorum Benedita Mac Crorie Volume II, 143–62. UMinho Editora, 2022. http://dx.doi.org/10.21814/uminho.ed.105.8.

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Parmar, Sejal. "La protezione internazionale dei diritti umani dei giornalisti." In Il giornalismo sotto attacco, 51–112. Nomos Verlagsgesellschaft mbH & Co. KG, 2019. http://dx.doi.org/10.5771/9783748904977-51.

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Lo Iacono, Pietro. "La repressione della pedofilia ecclesiastica e il divieto di bis in idem tra CEDU, Convenzione di Schengen e Trattato lateranense." In Savremeno državno-crkveno pravo : uporednopravni izazovi i nacionalne perspektive, 1033–59. Institut za uporedno pravo, 2023. http://dx.doi.org/10.56461/zr_23.sdcp.46.

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Abstract:
L’articolo analizza la tematica concernente l’eventuale applicabilità del principio ne bis in idem al rapporto intercorrente tra l’ordinamento canonico e quello italiano. Secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, al quesito va data, attualmente, risposta negativa. Il divieto del doppio giudizio non può essere ricondotto, infatti, alle norme internazionali generalmente riconosciute, norme la cui vigenza è espressamente affermata dall’art. 10 della Costituzione italiana. Non risultano poi applicabili norme pattizie: la S. Sede non ha mai sottoscritto né la Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, né la Convenzione di Applicazione dell’Accordo di Schengen; il Trattato del Laterano, stipulato tra la S. Sede e l’Italia, non affronta la questione. L’art. 20 del Trattato stabilisce semplicemente, infatti, l’inesistenza di barriere doganali tra la Città del Vaticano e la Repubblica italiana; l’art. 23 regolamenta, al comma 1, la rilevanza in Italia delle sentenze emanate dai tribunali vaticani, organi giudiziari del tutto distinti da quelli canonici. L’art. 23, comma 2, è dedicato, infine, alla rilevanza civile delle sentenze eccle- siastiche, ma ciò non esclude che la giurisdizione italiana possa esercitarsi sugli stessi fatti. È altresì legittimo che i tribunali statali possano desumere elementi probatori dalle pronunce canoniche.
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