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Dissertations / Theses on the topic 'Diritto internazionale'

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1

Giacomini, Angela <1995&gt. "Le Special Procedures nel diritto internazionale dei diritti umani." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/19129.

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Abstract:
L’elaborato si propone di descrivere il meccanismo per la protezione e implementazione dei diritti umani all’interno dell’Organizzazione delle Nazioni Unite, conosciuto con il nome di “Special Procedures “. Se ne analizzeranno la sua struttura, amministrazione, organizzazione a livello giuridico, differenza con gli altri strumenti di protezione dei diritti umani e la relazione che essa ha con gli enti statali, le ONG, le OIG e la Società Civile. Si passerà poi ad esaminare nel dettaglio la figura dello Special Rapporteur, “l’unità di misura” delle Special Procedures. Se ne tratteranno le caratteristiche, a livello giuridico e non, i privilegi e le immunità ma anche i limiti e le sfide che deve affrontare e il metodo di lavoro. Si concluderà poi con la descrizione di quanto il meccanismo delle Special Procedures, attraverso la figura dello Special Rapporteur, abbia contribuito ad implementare il rispetto dei diritti umani sia a livello nazionale che internazionale, rendendo i diritti umani una materia concreta ed accessibile anche alle fasce di popolazione che ne sono sempre state prive o a cui sono stati presentati come qualcosa di astratto e riservato ai privilegiati. Tutto l’elaborato sarà supportato da esempi e casi studio che si propongono di enfatizzare il tema, sottolineandone i punti cruciali e dimostrando concretamente quanto si sia potuto avanzare nell’ambito dei diritti umani grazie a questa istituzione, nonostante le sfide che il mondo contemporaneo presenta.
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2

Lanzoni, Niccolo <1990&gt. "L'acquiescenza nel diritto internazionale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amsdottorato.unibo.it/9190/1/Lanzoni_Niccol%C3%B2_tesi.pdf.

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Abstract:
Il silenzio quale fatto giuridico costituisce una condotta passiva che, adottata da un soggetto giuridico in particolari circostanze, produce determinati effetti giuridici. Tra i fatti giuridici internazionali si annovera il silenzio degli Stati. Esso sarà classificabile come un atto giuridico quando volontario o intenzionale, ovvero come un fatto giuridico stricto sensu quando, seppur involontario perché inconsapevole, produrrà comunque effetti giuridici. La presente tesi si propone di approfondire e razionalizzare il valore giuridico del silenzio degli Stati sulla base di questa distinzione. La tesi è divisa in cinque Capitoli. Il Capitolo I analizza il silenzio quale atto giuridico nel diritto internazionale, vale a dire il fenomeno dell’acquiescenza. I Capitoli II, III e IV descrivono gli istituti di diritto internazionale in cui l’acquiescenza gioca un ruolo di rilievo nella produzione di effetti giuridici. Il Capitolo II è dedicato all’istituto della prescrizione acquisitiva, mentre il Capitolo III esamina come il silenzio degli Stati influisce nella formazione, sviluppo, interpretazione ed estinzione delle fonti dell’ordinamento internazionale. Il Capitolo IV affronta gli ulteriori ambiti di applicazione dell’acquiescenza. Il Capitolo V tratta infine il silenzio degli Stati quale fatto giuridico stricto sensu. Esso non integra una condotta qualificata alla quale l’ordinamento riconduce la produzione di effetti giuridici, ma uno di quei segmenti che compongono un istituto di diritto internazionale. Il diritto internazionale conosce almeno due istituti che contemplano l’esistenza di un silenzio involontario: l’estoppel by silence e la prescrizione estintiva. In conclusione, la tesi traccia alcune considerazioni sull’importanza che il silenzio degli Stati riveste nel diritto internazionale. L’obiettivo è di formulare una teoria generale su un fenomeno che troppo spesso viene trascurato o, comunque, studiato in dottrina prediligendo un approccio prettamente settoriale e, in questo senso, del tutto inadeguato.
Silence as a legal fact constitutes a passive conduct which, adopted by a legal entity under particular circumstances, produces certain legal effects. The silence of States is an international legal fact. It shall be classified as a legal act when voluntary or intentional, and as a juridical fact stricto sensu when, albeit involuntary because unintentional, it still produces legal effects. On the basis of said distinction, this thesis aims to deepen and rationalize the juridical value of the silence of States in international law. The thesis is divided into five Chapters. Chapter I analyses silence as a legal act, namely the phenomenon of acquiescence. Chapters II, III and IV describe the legal concepts of international law within which acquiescence plays a role in the production of legal effects. Chapter II is dedicated to acquisitive prescription, while Chapter III examines how the silence of States affects the formation, development, interpretation and extinction of the sources of the international legal system. Chapter IV addresses further areas of international law with reference to the application of acquiescence. Chapter V deals with the silence of States as a juridical fact stricto sensu. The latter does not integrate a qualified conduct to which the international legal order attributes the production of legal effects, but one of those segments which make up a legal concept of international law. International law provides at least two legal concept that contemplate the existence of an involuntary silence: estoppel by silence and extinctive prescription. Eventually, the thesis draws some conclusions on the importance that the silence of States has in international law. The aim is to formulate a general theory on a phenomenon that is often overlooked or, in any case, addressed by international legal scholarship with a purely sector-by-sector and, therefore, inadequate approach.
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3

FERRI, Marcella. "La tutela dei diritti culturali nel diritto internazionale dei diritti umani." Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2013. http://hdl.handle.net/10446/28977.

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4

CASIGLIA, STEFANIA. "La protezione del lavoratore marittimo tra diritto internazionale pubblico e diritto internazionale privato." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2021. http://hdl.handle.net/11567/1045543.

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Abstract:
The topic of this research takes into account the peculiarities of maritime employment, which has traditionally been an important sector for the operation of conflict of law rules as well as for the proliferation of regulative provisions adopted at the public international law level. The objective of the research is to analyse and assess how these two normative systems can create a level plain field in order to avoid unfair competition and to set out the conditions for decent work in the increasingly globalized maritime sector.
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5

Giusti, Chiara <1995&gt. "la protezione del diritto all'abitazione nel diritto internazionale." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15998.

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Abstract:
La casa è una parte fondamentale della vita degli esseri umani. Definire e misurare gli individui senza abitazione è uno dei compiti più difficili in ogni Paese: la definizione di senzatetto include gruppi di persone che vivono in abitazioni inadeguate, baraccopoli e per strada. Inoltre, la povertà estrema nella nostra società è spesso sottostimata: il diritto all’abitazione è una questione di giustizia, perché condurre una vita dignitosa senza una casa è impossibile. Lo scopo di questa tesi è analizzare l’esistenza del diritto all’abitazione sia a livello internazionale che europeo, esaminando come le leggi internazionali possano proteggere questo diritto, che è considerato uno dei principali diritti economici, sociali e culturali. Nel primo capitolo, studierò il diritto all’abitazione nell’ambito delle Nazioni Unite, ripercorrendo la storia della sua creazione e la sua codificazione nei principali strumenti di diritto internazionale, e gli obblighi degli Stati membri. Nel secondo capitolo prenderò in considerazione il diritto all’abitazione nel contesto del Consiglio d’Europa, interrogandomi sul se e quando questo diritto possa essere invocato davanti alla Corte Europea dei Diritti Umani. Infine, il terzo capitolo si concentrerà sull’Housing First, un modello innovativo sviluppato negli Stati Uniti con lo scopo di facilitare il reintegro dei senzatetto nella società: il suo sviluppo nella città di Bologna sarà considerato come caso di studio. La quantità di persone senza un’abitazione è in aumento in Europa, per cui approcci e soluzioni alternative sono necessarie ed è tramite l’implementazione del diritto che il diritto all’abitazione sarà pienamente riconosciuto, permettendo ad ogni persona di vivere dignitosamente.
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6

Casagrande, Marco. "Il porto nel diritto internazionale." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3422442.

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Abstract:
This thesis examinates the regulation of civilian seaports in international and EU law, unavoidably starting from the marked evolution that civilian seaports have had in the last decades. Civilian seaports have seen radical changes in their governance models, while at the same time assuming a strategic role in the world globalized economy. After the maritime oil pollution disasters which happened in Europe in the 1970s, moreover, civilian seaports have been more and more exploited as a place to enforce maritime standards. Finally, after September 11th, 2001 attacks, it was realized that civilian seaports are the only places where container traffic can be controlled. Containers are made to pass through seaports while remaining sealed. Therefore, they are an ideal means to smuggle formidden goods, even for terrorist purposes. This increased relevance of seaports led to the conclusion of regional Memorandums of Understanding on port State control, as well as to the adoption of the ISPS Code on port and ship security. These international instruments and the corresponding EU law implemementation acts, however, are unable to balance the scarceness, heterogeneity and fragmentation of international and EU norms about civilian seaports, a field which was long neglected for various reasons: the statalization of seaports after decolonization and the localist attitude of maritime-portual clusters. These clusters are still unwilling to interact with non-portual communities and institutions, even national ones, let alone supranational or international ones.
Nell'esaminare la disciplina del porto civile nel diritto internazionale e dell'Unione europea, la tesi parte necessariamente dalla spiccata evoluzione da cui è stato interessato negli ultimi decenni, appunto, il porto civile. Quest'ultimo non solo ha subito mutamenti radicali nei suoi sistemi di governance, ma ha assunto un ruolo strategico nell'economia globalizzata mondiale. Dopo i disastri petroliferi che hanno interessato l'Europa a partire dagli anni '70, inoltre, il porto civile è stato progressivamente valorizzato come luogo di controllo ed enforcement degli standard marittimi. Infine, dopo l'11 settembre 2001 ci si è resi conto che il porto civile è l'unico luogo in cui sia possibile controllare il traffico dei container. Questi ultimi, infatti, sono concepiti per attraversare il porto rimanendo sigillati, e sono potenzialmente un mezzo ideale per il contrabbando di merci vietate, anche a scopo terroristico. Questa rinnovata importanza dei porti ha condotto alla stipula dei Memorandum d'intesa regionali sul port State control, e all'adozione del Codice ISPS sulla port and ship security. Questi strumenti internazionali e i relativi atti di recepimento nel diritto dell'Unione europea, peraltro, non sono sufficienti a bilanciare la scarsità, eterogeneità e frammentarietà della norme internazionali ed europee sul porto civile, ambito a lungo trascurato per una varietà di fattori: la statalizzazione dei porti conseguente alla decolonizzazione, la località dei cluster marittimo-portuali e la persistente riluttanza di questi ultimi a dialogare con contesti extraportuali anche nazionali, men che meno sovranazionali o internazionali.
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7

FATTA, Caterina. "AUTODETERMINAZIONE SESSUALE NEL DIRITTO INTERNAZIONALE." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2014. http://hdl.handle.net/10447/90764.

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8

SPAGNOLO, ANDREA. "L¿APPLICABILITA¿ DEL DIRITTO INTERNAZIONALE UMANITARIO E DEI DIRITTI UMANI NELLE OPERAZIONI MILITARI ISTITUITE DALLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2012. http://hdl.handle.net/2434/172496.

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Abstract:
This PhD thesis aims at understanding the problems, both theoretical and practical, related to the applicability of international humanitarian law and human rights law to peacekeeping operations. The four chapters of the thesis discuss the nature and the variety of peacekeeping operations, the attribution of conducts, the interpretation of art. 103 of UN Charter and specific problems linked to the applicability of international humanitarian law and human rights law. The conclusion reached is in the sense that the role of troop-contributing States is fundamental in the compliance with the rule protecting human dignity during peacekeeping operations.
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9

Cantillo, Eugenio. "Diritto all'ambiente e forme di tutela nel diritto internazionale." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2010. http://hdl.handle.net/10556/124.

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Abstract:
2008-2009
I gravi problemi generati dall’imponente sviluppo della società industriale, dalle molteplici forme di inquinamento al depauperamento delle risorse naturali, hanno da tempo posto al centro degli interessi della comunità internazionale la tutela dell’ambiente. E parallelamente la nozione relativa, che in passato aveva una connotazione prevalentemente scientifica e naturalistica, ha assunto sempre più rilevanza nel novero delle scienze sociali, in special modo nella dimensione giuridica correlata agli interventi lato sensu normativi a livello interno agli Stati e a livello internazionale, concernenti, appunto, le esigenze di tutela preventiva, conformativa e repressiva. Questi interventi erano in origine soltanto frammentari e settoriali, relativi, cioè, alla tutela di specifici interessi o “beni”, quali il paesaggio, il suolo, l’aria e l’acqua, l’assetto del territorio. Ma poi sono sempre più venuti assumendo, in campo internazionale, un ambito più vasto, corrispondente ad una concezione unitaria dell’ambiente, inteso come sintesi dei fattori che permettono e favoriscono la vita degli esseri viventi, che assicurano, ad un tempo, una vita salubre, il benessere umano individuale e collettivo ed uno “sviluppo sostenibile”, tale cioè da preservare l’ambiente anche rispetto alle generazioni future. Si è preso atto, in particolare, sul piano oggettivo, della stretta correlazione tra i diversi interessi, i quali, assunti nella loro globalità, confluiscono appunto nell’unico “bene” complesso che si qualifica ambiente; e, sul piano soggettivo, del carattere collettivo degli interessi medesimi, che implicano il coinvolgimento di una pluralità di Stati e spesso hanno carattere planetario. L’ambiente, così inteso, è un valore fondamentale della comunità internazionale, la cui tutela corrisponde ad un interesse di tutti e di ciascuno degli Stati, al pari delle altre esigenze primarie dell’intera umanità. Solo l’azione sinergica degli esponenti della comunità internazionale può, del resto, soddisfare le aspettative di benessere e di qualità della vita connesse alla tutela dell’ambiente, la quale ha pertanto assunto le dimensioni di una funzione sociale dell’ordinamento internazionale, affidata in primis agli Stati, ma anche alle organizzazioni regionali, governative e non, e agli organi dell’O.N.U., i quali – secondo una felice definizione della migliore dottrina – operano come co-agenti della comunità globale. La sfida della tutela ambientale universale è, inoltre, emblematica delle profonde mutazioni nella struttura dell’ordinamento internazionale , che con caratteri di sempre maggiore nettezza mostra, da un lato, una progressiva erosione dei tradizionali spazi di sovranità statale – stante, come detto, l’insufficienza di risposte unilaterali ad esigenze che richiedono oggettivamente interventi integrati – dall’altro un’importanza crescente ed incisiva dei c.d. nuovi attori del diritto internazionale, che si manifesta appieno proprio nel settore oggetto della presente analisi, in cui si assiste, altresì, alla proliferazione di organi di tipo para-giurisdizionale istituiti a presidio di specifiche regolazioni convenzionali e, talvolta, accessibili direttamente dagli individui singolarmente e/o collettivamente. Ed è proprio il ruolo determinante per la tutela dell’ambiente svolto dai singoli e dalle associazioni ambientaliste che ha costituito un punto di vista privilegiato della ricerca, il cui principale obiettivo scientifico è quello di analizzare ed illustrare i processi normativi e giurisprudenziali che hanno condotto, a parere di chi scrive, all’emersione del diritto individuale all’ambiente salubre quale autonoma posizione giuridica soggettiva rientrante tra i diritti fondamentali alla stregua dell’ordinamento dell’Unione Europea e del sistema della CEDU. Conviene al riguardo precisare sin d’ora che detta teorizzazione è stata volutamente limitata proprio allo spazio giuridico europeo in considerazione dei più sicuri indici che in esso si rinvengono in ordine alla configurabilità di tale diritto, il cui fondamento, sotto il profilo sistematico, va ricercato in una norma generale che vincola gli Stati alla protezione dell’ambiente che – come si dirà – può verosimilmente ritenersi invalsa secondo un processo di produzione normativa di natura “organica” elaborato da Ziccardi Capaldo . La ricerca è stata, quindi, diretta in primis ad evidenziare le indicazioni internazionali (norme, giurisprudenza, comportamenti degli Stati egemoni e delle principali organizzazioni internazionali) che valgono a fugare i dubbi di parte della dottrina in ordine all’autonoma configurabilità di una norma di diritto internazionale generale che preveda un obbligo erga omnes di proteggere l’ambiente, inteso in senso unitario e non settoriale quale patrimonio comune dell’umanità. L’enucleazione di tale norma ha, quindi, posto le basi per interrogarsi sulla sussistenza – a livello europeo, come si è precisato – di un diritto individuale all’ambiente di matrice internazionale, funzionale proprio alla tutela del bene giuridico “ambiente” nei sensi innanzi delineati. Tale verifica è parsa di particolare attualità soprattutto alla luce dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, della piena efficacia giuridica riconosciuta alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea ed al collegamento organico da essa sancito tra gli standard di tutela dei diritti umani previsti dalla normativa dell’UE e della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali. In particolare, ci si è chiesto se la Carta di Nizza contempli, o meno, un autonomo diritto all’ambiente e se - ed in che misura - detto processo di integrazione tra diversi ordinamenti contribuisca all’emersione di un siffatto diritto. La dottrina si è, invero, da tempo ed autorevolmente dedicata a delineare i contorni del diritto all’ambiente salubre quale posizione giuridica tutelata, pur indirettamente, dalla CEDU Non risulta, invece, particolarmente approfondito il profilo attinente alla configurabilità del diritto all’ambiente nell’ordinamento dell’Unione Europea, rientrante nel novero dei diritti fondamentali tutelati dalla summenzionata Carta alla stregua di analoghi diritti di tipo programmatico, primo tra tutti il diritto alla salute, che, diversamente dal diritto all’ambiente, è positivamente sancito all’articolo 35 della Carta. Ciononostante, come si è argomentato nel testo, riteniamo che anche la tutela dell’ambiente, al pari della tutela della salute, si configuri non già come mero obiettivo da integrare nelle politiche dell’Unione, bensì anche – e soprattutto – come autonomo diritto soggettivo tutelato da adeguati mezzi di tutela di tipo preventivo e repressivo, interni ed esterni all’ordinamento dell’Unione, che confermano, altresì, la sussistenza di un sistema multilivello di “enforcement integrato” a presidio di valori condivisi della società globale. Sul piano organizzativo, la ricerca ha preso le mosse da un excursus storico sulle origini del diritto internazionale dell’ambiente, in uno all’analisi della principale normativa e della pertinente prassi internazionale, seguito dallo studio delle fonti del medesimo settore dell’esperienza giuridica. L’analisi ha così rivelato una crescita esponenziale, in un lasso di tempo relativamente breve, di convenzionali internazionali bilaterali e multilaterali sempre più estese ed incisive, nonché la progressiva formazione di norme munite dei requisiti propri della consuetudine. In particolare si ravvisano i caratteri di norme primarie dell’ordinamento internazionale nella previsione della responsabilità degli Stati autori di un evento lesivo dell’ambiente, in base al principio “chi inquina paga”; nell’obbligo di prevenzione – che si aggiunge a quello di riparazione – per cui gli Stati sono tenuti ad adottare comportamenti virtuosi, diretti a prevenire il danno ambientale; negli obblighi di informazione, consultazione e negoziazione cui sono tenuti gli Stati responsabili di un danno ambientale (una siffatta norma, la cui esistenza era stata già invocata in occasione dell’incidente nucleare di Chernobyl, si rinviene anche nei principi 18 e 19 della Dichiarazione di Rio de Janeiro sull’Ambiente e lo Sviluppo del giugno 1992). Analogamente, si ritiene ormai di matrice consuetudinaria “l’obbligo di proteggere e preservare l’ambiente marino” sancito dall’articolo 192 della Convenzione di Montego Bay del 1982. Tuttavia, come si è accennato, maggiori perplessità si sono registrate in dottrina quanto alla corrispondenza al diritto internazionale generale di una norma che imponga agli Stati di proteggere l’ambiente tout court, quale equilibrio ecologico complessivo, senza limitazioni a specifici settori. I dubbi attengono, in primis, allo stesso contenuto di un siffatto precetto, che può essere delineato, all’evidenza, solo con riferimento al bene oggetto della tutela, cioè all’ambiente inteso come equilibrio ecologico, per modo che il suo contenuto minimo va ravvisato nell’obbligo di ciascun Stato di astenersi da comportamenti positivi o negativi atti a turbare, appunto, quell’equilibrio e, per converso, nell’obbligo di compiere quanto necessario per la sua conservazione. E proprio per questo carattere di clausola generale, che solo in concreto può tradursi in comportamenti specifici, non risulta agevole individuare prassi condivise, espresse in comportamenti reiterati ed uniformi della gran parte dei componenti della comunità internazionale, che possano dar vita ad un precetto di matrice consuetudinaria, sorretto da un’idonea opinio necessitatis. Nonostante la posizione tuttora dubitativa di parte della dottrina, riteniamo, tuttavia, oggi possibile fornire una risposta positiva circa la sussistenza della suddetta norma di protezione ambientale, in considerazione degli inequivoci segnali provenienti dalle forze prevalenti della comunità internazionale, rappresentate e/o confermate in occasione di vertici internazionali, nonché dalle indicazioni contenute nelle pronunce delle Corti internazionali e dalle sempre più stringenti e dettagliate norme di origine pattizia che, come si è detto, disciplinano praticamente ogni ambito riconducibile alla tutela ambientale. Da tali elementi, infatti, è lecito desumere l’esistenza di un principio di tutela dell’ambiente, condiviso da gran parte degli Stati, che, pur non avendo una sicura autonoma valenza normativa secondo il tradizionale procedimento di matrice consuetudinaria, assume una connotazione ben più rilevante se apprezzato alla stregua del suddetto processo “organico” di produzione normativa, che si rivela più appropriato per consentire alla scienza giuridica di rispondere in modo puntuale alle sfide della società globale. In particolare, attraverso una sostanziale revisione della nota tesi dei “principi costituzionali” del Quadri , secondo tale indirizzo dottrinale le volizioni e, in genere, le determinazioni generali manifestate o attuate dagli Stati egemoni si traducono in norme generali o principi giuridici internazionali, vincolanti per l’intera comunità, quando siano accettate e fatte proprie dalla gran parte del resto del corpo sociale internazionale in sedi istituzionali, oppure, più in generale, in occasione di grandi vertici e conferenze internazionali, in conformità all’attuale tendenza di organizzazione istituzionale della società internazionale. Tra questi principi generali può essere annoverato, appunto, quello che impone la tutela dell’ambiente, quale valore fondamentale dell’ordinamento giuridico internazionale, condiviso dagli Stati egemoni e dalla maggioranza degli altri in atti ed accordi internazionali (considerati nella prima parte di questo lavoro), spesso raggiunti in occasione di vertici e conferenze internazionali e, soprattutto, in sede O.N.U. La quale, com’è noto, spesso superando il ruolo istituzionale, ha agito anche come interprete degli Stati uti universi, vale a dire dell’intera comunità internazionale, ed ha assunto la tutela diretta o indiretta di interessi e valori globali , tra i quali, appunto, la tutela dell’ambiente. La formazione di un principio fondamentale nei sensi e nei modi ora detti sembra, del resto, trovare riscontro anche in alcune statuizioni della Corte Internazionale di Giustizia. Questa, da ultimo con la recente sentenza del 13 luglio 2009 relativa ad una controversia tra Costa Rica e Nicaragua, ha, infatti, espressamente ravvisato proprio nella protezione dell’ambiente un primario interesse di tipo pubblicistico, suscettibile di limitare e condizionare il godimento di altri diritti. Nella giurisprudenza della massima autorità giurisdizionale internazionale si rinvengono, quindi, puntuali indicazioni nel senso della necessità che gli Stati assumano responsabilità sempre più penetranti per la tutela dell’ambiente, in ragione del carattere globale degli interessi coinvolti, che esige risposte ugualmente globali ai gravi problemi che questi suscitano. Appunto in siffatta norma generale va ricercato il fondamento del diritto individuale all’ambiente. In particolare, parallelamente al consolidamento del suddetto processo di produzione normativa, l’accresciuta sensibilità ambientale si è manifestata, soprattutto a seguito della Conferenza di Stoccolma sull’Ambiente Umano del 1972, nella progressiva inclusione della protezione dell’ambiente nelle Carte Costituzionali di numerosi Stati, quale nuovo valore fondamentale meritevole di essere sancito nelle disposizioni interne di rango primario, declinandosi in concreto nella frequente previsione di uno specifico diritto individuale a beneficiare di un ambiente salubre, ovvero in norme che demandano tale compito agli stessi Stati, tenuti per questa via ad adottare misure di dettaglio idonee a dare concretezza alle pertinenti previsioni costituzionali. In quest’ottica l’analisi delle disposizioni costituzionali dei Paesi membri dell’Unione Europea consente di riscontrare come la tutela ambientale sia ad oggi presente in pressoché tutte le normative fondamentali degli stessi, compresa quella italiana all’articolo 117, commi 2 e 3 Cost. Tali previsioni, in uno all’inclusione della tutela ambientale nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea - che fa espresso riferimento proprio alle tradizioni costituzionali degli Stati membri - ed alla recente entrata in vigore del Trattato di Lisbona, rappresentano, come si dirà nel prosieguo del lavoro, elementi decisivi al fine di pervenire ad affermare, altresì, l’esistenza del diritto all’ambiente quale diritto fondamentale dell’ordinamento dell’Unione; e ciò, nonostante la suddetta Carta non ne contenga un’esplicita previsione. Quanto al contenuto di tale diritto, da un punto di vista sostanziale esso è da ricercarsi, innanzitutto, nei principi fondamentali della politica ambientale dell’Unione Europea, sanciti dall’articolo 191, comma 2, del Trattato sul Funzionamento dell’UE, ovvero “sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio «chi inquina paga»”. Detti principi rappresentano, infatti, le pietre angolari intorno alle quali parametrare la legittimità di atti e norme emanate sia dalle Istituzioni dell’UE, sia dai singoli Paesi membri, e che allo stesso tempo danno sostanza al complesso di disposizioni interne e sovranazionali che sempre più incisivamente consentono agli individui singolarmente o collettivamente di pretendere, attraverso mezzi di tutela preventiva e repressiva anche di tipo giudiziale, il rispetto dell’ambiente, dando luogo, in concreto, all’emersione di uno specifico diritto umano all’ambiente. Sotto altro profilo, passando a considerare l’oggetto di un tale diritto, si è per l’appunto, constatato come la tutela dell’ambiente, sul piano strettamente giuridico, si sia storicamente sviluppata proprio muovendo dalla sua stretta interconnessione con il rispetto dei diritti umani, stante – per l’appunto – l’ormai acclarata interdipendenza tra gli obiettivi della conservazione dell’esistenza umana e della protezione ambientale. E nell’affrontare il tema del rapporto tra uomo e ambiente, sul piano giuridico si è ritenuto di privilegiare, quindi, un approccio cosiddetto right-based, in conformità all’orientamento dottrinale e giurisprudenziale volto a fare rientrare, pur con modalità differenti, la tutela dell’ambiente all’interno dell’ampia cornice dei diritti umani, avvalendosi della forza ad essi universalmente riconosciuta e della particolare incisività di taluni organi preposti a vigilarne l’osservanza. Un ruolo determinante in tal senso è stato (ed è tuttora) svolto dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, a cui è stata dedicata, nel secondo capitolo del lavoro, un’ampia attenzione. In particolare, attraverso un’interpretazione teleologicamente orientata delle disposizioni pattizie, la Corte di Strasburgo ha fatto rientrare la difesa dell’ambiente tra le posizioni giuridiche soggettive tutelate da alcuni dei diritti fondamentali consacrati nella CEDU, sino a sancire, in una recente pronuncia, l’esistenza di uno specifico diritto umano all’ambiente salubre, contribuendo, altresì a delinearne, i contenuti sostanziali e procedurali. Tale orientamento giurisprudenziale, comporta, in particolare, il positivo effetto di aggiungere, di fatto, il diritto all’ambiente al catalogo dei diritti umani tutelati dalla CEDU, consentendo, così, agli individui che singolarmente o collettivamente si ritengano lesi da comportamenti di Stati negligenti riguardo al livello di protezione ambientale, di potersi valere dei rimedi previsti per la tutela dei diritti umani secondo il sistema di tale Convenzione. E proseguendo per questa strada, analizzando nel dettaglio le numerose disposizioni del Trattato sull’Unione Europea e della Carta dei Diritti Fondamentali che sanciscono una stretta interrelazione tra i diritti fondamentali assicurati dall’ordinamento dell’Unione e quelli previsti nella CEDU, come interpretata alla luce della relativa giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, si perviene ugualmente ad affermare l’esistenza a livello dell’Unione Europea del diritto all’ambiente (a cui, a seconda delle soluzioni concretamente proposte, si tende ad aggiungere l’aggettivo salubre – human right to a healthy environment – ovvero florido – human right to a good environment), il quale si colloca accanto ai tradizionali diritti fondamentali, per cui ogni componente del genere umano viene investito della titolarità di un’autonoma posizione giuridica, nella quale confluiscono situazioni soggettive e poteri diversi previsti a garanzia della conservazione a lungo termine delle risorse naturali, nell’interesse delle generazioni presenti e future. Sul piano dell’inquadramento sistematico si discute se questo diritto possa ricondursi nello schema classico dei diritti della persona ovvero sia una formula sintetica per indicare una serie di situazioni soggettive diversamente strutturate e tutelate, concernenti beni che tali non sono in senso economico (trattandosi di un insieme di res communes omnium: acqua, aria, luce, calore atmosferico, etc.). Tenuto conto, però, che ai fini della qualificazione come diritto soggettivo non è elemento essenziale la possibilità di appropriazione del bene che ne è oggetto, essendo, invece, sufficiente l’attitudine dello stesso bene a soddisfare un interesse del titolare del diritto medesimo, non sembra esservi ostacolo a ravvisare nell’ambiente un bene giuridico immateriale di carattere collettivo, che compete – secondo lo schema dei diritti sociali – alla collettività ed ai singoli per la conservazione dell’equilibrio ecologico, cioè ad ogni essere umano in quanto componente della comunità umana globalmente considerata. Quanto agli aspetti procedurali del diritto all’ambiente, vengono anzitutto in considerazione i principi e le norme concernenti gli strumenti di tutela preventiva, disciplinati nella consapevolezza che prevenire è meno gravoso del risarcire le conseguenze delle attività rischiose. In particolare, assumono grande rilievo – in quanto costituiscono il presupposto di qualunque efficace azione di tutela (per la quale è indispensabile una corretta definizione degli interessi coinvolti) – l’informazione ambientale e la partecipazione ai processi decisionali delle determinazioni degli Stati che incidono sull’ambiente. Al riguardo, un ruolo di primaria importanza è svolto dalle disposizioni della Convenzione U.N.E.C.E. (United Nations Economic Commission for Europe) sull’accesso alle informazioni, la pubblica partecipazione e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (Convenzione di Aarhus, del 25 giugno 1998), che non definisce il contenuto del diritto individuale ad un ambiente salubre, ma, disciplinando aspetti fondamentali della tutela dell’ambiente, ha decisamente contribuito alla concreta configurazione di un siffatto diritto nel continente europeo (in conformità del resto, alla dichiarata finalità della convenzione, stipulata “per contribuire a tutelare il diritto di ogni persona, nelle generazioni presenti e future, a vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute e il suo benessere”). Ed allo studio dei primi due “pilastri” della Convenzione di Aarhus (accesso alle informazioni e pubblica partecipazione ai procedimenti ambientali) è, per l’appunto, dedicato il terzo capitolo del lavoro, ove si sottolinea, altresì, come i doveri di informazione e partecipazione ai processi decisionali, svincolati dal riferimento alla materia ambientale, si configurano anche come norme aventi natura consuetudinaria. In particolare, il diritto all’informazione ambientale, quale articolazione del diritto all’ambiente, spetta, nei confronti delle autorità statali, alle organizzazioni ambientaliste (associazione, comitati di tutela di interessi diffusi, etc.) ed ai singoli cives, che sono legittimati a valersi dei rimedi previsti per il caso di mancata osservanza. In questi sensi dispongono, per l’appunto, la già ricordata Convenzione di Aarhus ed altresì le disposizioni della Direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (attuativa del primo pilastro della Convezione di Aarhus), nonché del Regolamento CEE del Consiglio 7 maggio 1990, n. 1210/90, che ha istituito l’Agenzia Europea dell’Ambiente. D’altra parte, il diritto di partecipazione del pubblico ai processi decisionali viene garantito, in primo luogo, attraverso la pubblicità delle iniziative e dei progetti in materia ambientale; e, in secondo luogo, dai procedimenti istruttori, consultazioni, indagini conoscitive anche in contraddittorio dei soggetti interessati, etc. Il quarto capitolo della tesi si occupa, invece, del c.d. “terzo pilastro” della citata Convenzione di Aarhus, dedicandosi un’attenzione particolare all’accesso alla giustizia in materia ambientale nell’Unione Europea. Al riguardo, riveste rilievo qualificante della ricerca lo studio del sistema di tutela giudiziale dell’Unione, che appare ancora insufficiente ad assicurare integrale protezione al diritto all’ambiente, stante la persistenza di rilevanti ostacoli ad un efficace ed effettivo accesso alla giustizia dell’Unione da parte dei singoli soggetti, che, di fatto, impedisce un pieno controllo della legittimità degli atti comunitari. E ciò sebbene l’Unione Europea abbia autonomamente ratificato la Convenzione di Aarhus, impegnandosi a migliorare il proprio sistema di garanzie giurisdizionali quale strumento necessario ad assicurare il rispetto del diritto comunitario dell’ambiente e, più in generale, a tutelare il diritto umano ad un ambiente salubre, obiettivo finale della Convenzione di Aarhus, fatto proprio dall’Unione ed espressamente incluso tra gli obiettivi dalla politica comunitaria in materia ambientale. Si è, inoltre, sottolineata l’importanza dell’attività di compliance, consistente nel ricorso a meccanismi di controllo flessibili e dal carattere non adversarial, che si sta rivelando, appunto, un valido strumento per favorire, anche attraverso misure di tipo premiale e di ausilio tecnico, l’osservanza dei più importanti trattati di diritto internazionale dell’ambiente, soprattutto da parte dei Paesi meno dotati da un punto di vista tecnologico e finanziario. Imporre a Stati che versano in situazioni di particolare difficoltà pesanti sanzioni economiche a titolo di responsabilità per un inadempimento convenzionale potrebbe, infatti, rivelarsi addirittura controproducente rispetto agli obiettivi prefissati, oltre che socialmente insostenibile. D’altra parte, la moltiplicazione dei trattati bilaterali e multilaterali in materia di ambiente, unita al loro notevole tecnicismo ed all’assenza di un sistema strutturato obbligatorio di accertamento giudiziale (sul modello del sistema introdotto dal W.T.O.), rende estremamente utile, se non indispensabile, il contributo degli organi “quasi-giurisdizionali” all’attuazione ed al rispetto degli accordi internazionali in materia ambientale. In linea con le indicazioni di autorevole dottrina si condivide, quindi, l’auspicio che si proceda ad un loro compiuta istituzionalizzazione che – pur lasciandone impregiudicati i tratti sostanziali – ne assicuri l’indipendenza e l’imparzialità, rafforzandoli in termini di capacità operativa ed efficienza. Al qual proposito va detto che anche riguardo ai meccanismi di compliance, in ragione della particolare natura pubblicistica e al tempo stesso privatistica degli interessi correlati alla tutela dell’ambiente, appare determinante il contributo dei singoli e degli enti associativi istituzionalmente dediti alla tutela dell’ambiente, titolari di un distinto potere di iniziativa di compliance. In questo senso, di particolare interesse è, infine, risultato lo studio dell’attività del Compliance Committee della Convenzione di Aarhus, quale pioneristico esempio di struttura preposta al controllo dell’attuazione degli obblighi convenzionali, informato ai più avanzati criteri di democrazia partecipativa, nonché ai canoni dell’indipendenza, dell’ampia accessibilità e della trasparenza operativa.
VIII ciclo n.s.
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CHERUBINI, SANDRA. "Diritto del commercio internazionale e tutela dei diritti fondamentali dei fanciulli." Doctoral thesis, Università Bocconi, 2012. https://hdl.handle.net/11565/4054295.

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ROSSI, MAGDA. "I POPOLI INDIGENI NELL'ORDINAMENTO INTERNAZIONALE: DIRITTO ALLA TERRA E DIRITTI UMANI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2011. http://hdl.handle.net/2434/153113.

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Abstract:
The indigenous peoples, who have not had the opportunity to participate in the creation of international law, have learned to use it to assert its own claims. In particular,on the basis of the principles and the existing system of human rights, indigenous peoples have made their demands for justice and they are now among the interests and priorities of the international agenda. Indigenous groups are among the most marginalized and vulnerable in the world and the international community has recognized the urgency for action to protect fundamental human rights of these peoples, who, as they reside in different parts of the world and have different characteristics, have shared the same centuries-old history of oppression and discrimination. The purpose of this study is to analyze how the tools of the international system of human rights have been able to meet the requirements of the protection of indigenous peoples. In particular, the first chapter will be addressed to set up the origins of the main issues related to the demands of this specific group, starting with the right to ancestral territories and the affirmation of the combination of the right to life and the right to land, which is also accepted by practices of organizations to protect universal human rights, analyzed in the second chapter. In the third section will be detailed the case law of the regional courts of human rights with regard to indigenous peoples through the study of the different contributions in the European, African and American context. Particular attention will be devoted to the work of the Inter-American Court of Human Rights, which has maneged an "evolutionary" interpration of the fundamental human rights principles, in order to promote an effective protection of indigenous peoples. The Inter-American Court has also made provision for remedial measures for violations of human rights of these peoples, reconciling the principles of restoring justice typical of the indigenous vision with the classical system of human rights guarantees. The Court for the first time has recognized the right to land in its collective dimension, in recognition of this right as a fundamental condition for the protection of all human rights of indigenous individuals. To get a complete overview of international instruments for the protection of indigenous peoples, in the fourth chapter will be analyzed the role of the ILO, as the first UN agency to turn its attention to this group and to produce the only two legally binding international instruments for a specific protection of indigenous peoples rights. The ILO Conventions n. 107 and n. 169 have been of great importance for the recognition of indigenous peoples into national law of States which have ratified them and have influenced the language and the formulation of soft law instruments dedicated to indigenous rights, as can be deduced from analysis carried out in the fifth chapter of the work.
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Zaru, Davide. "La tutela internazionale dei diritti umani: verso la "costituzionalizzazione" dell'ordine internazionale?" Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2010. http://hdl.handle.net/11577/3427421.

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Abstract:
As a first step, the present research took into consideration the doctrinal debate between 1930s and today related to the possible emergence of a ‘constitution’ in the international legal system. On this basis, the ‘international constitutionalisation’ was defined in the following terms: The process of development of a legal theory which aims at the identification and institutionalisation of the relevant legal devices in charge of performing two main constitutional functions. First, the function of establishment of rules related to the production and enforcement of norms, to the definition of subjectivity as well as to the allocation of spheres of jurisdiction. Second, the function of control of the public power as well as of the orientation of this power towards the promotion of public goals and values. The consequent research option could have been to assume that an “international constitution” is already embedded in a single legal instrument, e.g. the UN Charter, or in other “world treaties”, and thereafter to carry out a comparison of this international constitution with domestic constitutions. However, we noted that a similar exercise had already been extensively dealt by the doctrine. This led us to frame differently the present work, and to decide to compare the regime of human rights law with the interpretive framework of the constitutional functions of the international legal system. This comparison was undertaken from both from a material perspective as well as from an institutional one. From a material perspective, the statement that human rights law performs a constitutional role can be justified with reference to the peculiarities that characterize the formation and resistence of the human rights norms, as well as with reference to the use of many innovative solutions in the field of human rights law – in relation for instance to the regime of reservations or State succession. These innovations are deemed necessary in consideration of the fact that the final beneficiaries of this human rights law are individuals and communities. In addition, we underlined the capacity of human rights law to establish objective regimes,and the related possible emergence of a legitimate interest and a duty, if not an obligation, of each State participating in human rights regimes to protect their integrity. In the analysis of the possible impact of human rights onto the constitutionalization of the international legal system from an institutional perspective, we emphasised the complex modalities governing the implementation of this corpus of law. Our analysis went beyond the formal effects of control, and outlined the effectivess also of non-judicial control mechanisms of this body of law. Jurisdictional and quasi-jurisdictional human rights bodies carry out substantially the same mission, as both are expected first to determine the relevant facts, then to subsume the facts under the applicable norms and finally to assess whether the conduct corresponded to a violation of the law. In spite of the lack of binding powers vis-à-vis the State, non-jurisdictional human rights bodies have the capacity to detect a wrongful conduct, and therefore to establish a dialogue with the State with a view to request the cessation and reparation. The authoritative role played by human rights bodies could also justify the claim of other actors to invoke the responsibility of a State for the violation of human rights obligations. In the course of our analysis, we insisted on the applicability to human rights law of the general regime of the law of state responsibility. In this sense, we believe that a constitutional approach to international law provides for a useful interpretive framework that is instrumental to the enhancement of the enforcement of international law. This approach clarifies the legal significance of the all forms of monitoring of implementation of human rights law. It provides for a framework that helps assessing the respective profiles of responsibility and accountability of duty bearers and rights holders. In a nutshell, a constitutional approach to international law is opposite to the understanding that human rights, in spite of their inclusion in legal instruments, remain ethical values that the public power should duly consider to mainstream. In conclusion, the claim that human rights law already performs a series of constitutional functions is supported with a series of additional considerations. First, the capacity of this body of law to facilitate an effective ‘osmosis’ between the international legal system and domestic legal systems; second, the significant degree of compliance of States with the decisions of monitoring bodies established by human rights treaties, which reflects the importance attached by States and by the international community s such to the promotion and protection of human rights; third, the capacity of human rights law to put into place objective regimes aiming at the protection of community interests; fourth, the capacity of human rights law to foster a cooperative framework for the promotion and protection of a series of guaranteed rights; fifth, and finally, the capacity of human rights law to radically change the objectives of international law.
La presente ricerca si è proposta anzitutto di ricostruire il dibattito in dottrina teso ad indagare l’emergenza nell’ordine internazionale di una costituzione internazionale. Sulla base di tale indagine, abbiamo ricavato una definizione di costituzionalizzazione che riteniamo trasversale e applicabile ai diversi approcci presi in considerazione. Sarebbe da intendersi per costituzionalizzazione dell’ordine internazionale quel processo di creazione di una teoria tendente alla clarificazione/istituzionalizzazione dei meccanismi per lo svolgimento delle seguenti funzioni costituzionali: da una parte, la creazione delle regole che disciplinano la produzione ed esecuzione delle norme, la definizione della soggettività e della giurisdizione, così come la struttura, la divisione e la distribuzione delle sfere di giurisdizione, nonché – in secondo luogo – la funzione di controllo del potere pubblico e orientamento delle sue finalità, attraverso la definizione e attuazione dei valori giuridici fondamentali della Comunità internazionale. Non abbiamo scelto di aderire a quelle posizioni che vedono allo stato la possibilità di rintracciare nell’ordinamento internazionale un unico strumento che integri adequatamente le soprammenzionate funzioni, si tratti della Carta delle Nazioni unite, o in aggiunta ad esso di una serie di “trattati dell’ordine mondiale”, e che pertanto concentrano la loro analisi in una comparazione tra tali strumenti e le costituzioni al livello nazionale. La nostra ipotesi di lavoro è invece consistita nel confrontare il regime del diritto dei diritti umani, tanto da una prospettiva materiale quanto istituzionale, con la griglia interpretativa delle funzioni costituzionali. Da una prospettiva materiale, l’affermazione per cui il diritto dei diritti umani svolge un ruolo costituzionale si giustifica attraverso le peculiarità che caratterizzano la formazione e la resistenza delle norme sui diritti umani di diritto generale, ed il ricorso alle numerose soluzioni innovative integrate nell’ambito di produzione e attuazione di tale diritto convenzionale, le quali mirano ad un efficace adattamento di tali norme alla situazione speciale della tutela di individui. Inoltre, abbiamo sottolineato la predisposizione del diritto dei diritti umani a dare origine a regimi oggettivi il rispetto della cui integrità costituisce un interesse legittimo ed un dovere morale di ciascuno Stato partecipante a tale regime, se non addirittura un obbligo. Nell’analisi dell’influenza positiva del diritto dei diritti umani sulla costituzionalizzazione dell’ordine internazionale anche da un punto di vista istituzionale, si è messo l’accento sulle complesse modalità di garanzia di tale diritto, non limitandosi ad una considerazione degli effetti formali dell’atto finale del controllo, ma riconoscendo che meccanismi di controllo non-giurisdizionali, possono avere effetti altrettanto efficienti e funzionali. Gli organi giurisdizionali di garanzia, come quelli non-giurisdizionali di tutela dei diritti umani, svolgono la medesima attività sostanziale, in quanto entrambi determinano anzitutto i fatti rilevanti, sussumono poi tali fatti sotto le norme pertinenti, per valutarli e determinare quindi se quei fatti si concretano o meno nella violazione delle norme alle quali sono stati ragguagliati. Nonostante non si rivelino in grado di portare all’adozione, contro lo Stato responsabile, di provvedimenti atti a vincolare giuridicamente la condotta di tale Stato, gli organi di controllo non-giurisdizionale sono idonei ad individuare le infrazioni delle norme internazionali cui attengono, ad instaurare un dialogo con lo Stato al fine di determinare la cessazione dell’illecito ed eventualmente giustificano l’attivarsi di altri soggetti nell’attuazione della responsabilità. Nella dimostrazione della valenza costituzionale del diritto dei diritti umani da un punto di vista sia materiale che istituzionale, si è di fatto insistito sull’esigenza di applicare in maniera rigorosa ma piena al diritto dei diritti umani gli istituti esistenti del diritto internazionale, come ad esempio il regime della responsabilità dello Stato. In questo senso, riteniamo che un approccio costituzionale offra una griglia interpretativa utile a valorizzare la forza giuridica di tale diritto, come la pregnanza giuridica dei momenti diversi dell’accertamento e del controllo del diritto dei diritti umani, nonché i gradi diversi di accountability di ciascun attore che partecipa alle attività di controllo o accertamento dell’esecuzione dei diritti umani, contrastando pertanto quegli approcci che vedono nei diritti umani dei valori etici che occorre prendere in considerazione, o ‘mainstream’, nell’azione governativa. In conclusione, l’incisività delle funzioni costituzionali promosse dal diritto dei diritti umani risulta chiara se si prendono in considerazione con maggiore dettaglio le seguenti considerazioni: la capacità di tale diritto di facilitare un’osmosi materiale tra ordinamento internazionali e ordinamenti interni e ordinamenti sui generis; l’alto grado di osservanza spontanea degli Stati alle decisioni degli organi di controllo, che si giustifica con l’importanza attribuita a tale corpus giuridico; la capacità di tale diritto di porre in essere regimi oggettivi caratterizzati dalla tutela di interessi comunitari, e di garantirne l’integrità; la capacità di alimentare una logica cooperativa per la promozione e protezione dei diritti garantiti; la capacità di modificare radicalmente le finalità del diritto internazionale.
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DE, SOCIO VALENTINA. "L'ACCESSO ALL'ACQUA POTABILE NEL DIRITTO INTERNAZIONALE." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2011. http://hdl.handle.net/10280/983.

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Abstract:
La tesi mira a verificare l'effettiva esistenza del diritto umano all'acqua potabile. A questo fine viene studiata l'evoluzione del pensiero giuridico sull'accesso all'acqua potabile attraverso i principali strumenti di soft law, i le posizioni della dottrina e della giurisprudenza. Dal momento che l'accesso all'acqua potabile non compare nelle principali convenzioni dedicate ai diritti umani viene studiato il processo inferenziale che ha portato buona parte della dottrina a sostenere l'esistenza di tale diritto. Una volta individuato una comune definizione di diritto all'acqua, se ne analizzano le componenti, le obbligazioni ad esso relative e i legami tra tale diritto e gli altri diritti umani; a questo proposito viene proposta una breve analisi dell'esistenza di un diritto di accesso a fini agricoli. La conclusione si articola intorno all'ipotesi di un processo consuetudinario di formazione del diritto. Particolare attenzione a questo riguardo è posto sulle opinio iuris degli Stati che si sono espressi sul diritto all'acqua nelle più recenti risoluzioni dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e del Consiglio per i Diritti dell'Uomo.
This thesis aims to investigate the existence of a human right to safe and potable water within the international law. As none of the main covenant related to human rights explicitly mentions the right to water, an inferential process used by doctrine had to be analysed in order to verify whether it was consistent with the purpose of affirming the existence of such a human right. Also main instruments of soft law have been studied. Particularly the latest resolution of the United Nations General Assembly and Human Rights Council have been accurately studied in order to verify the existence of a common "opinio iuris" among States. We consider that today a common opinion has actually emerged and therefore we suggest in conclusion to address a future research on the issue towards the analysis of State practices in order to verify the emerging of a customary right.
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DE, SOCIO VALENTINA. "L'ACCESSO ALL'ACQUA POTABILE NEL DIRITTO INTERNAZIONALE." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2011. http://hdl.handle.net/10280/983.

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Abstract:
La tesi mira a verificare l'effettiva esistenza del diritto umano all'acqua potabile. A questo fine viene studiata l'evoluzione del pensiero giuridico sull'accesso all'acqua potabile attraverso i principali strumenti di soft law, i le posizioni della dottrina e della giurisprudenza. Dal momento che l'accesso all'acqua potabile non compare nelle principali convenzioni dedicate ai diritti umani viene studiato il processo inferenziale che ha portato buona parte della dottrina a sostenere l'esistenza di tale diritto. Una volta individuato una comune definizione di diritto all'acqua, se ne analizzano le componenti, le obbligazioni ad esso relative e i legami tra tale diritto e gli altri diritti umani; a questo proposito viene proposta una breve analisi dell'esistenza di un diritto di accesso a fini agricoli. La conclusione si articola intorno all'ipotesi di un processo consuetudinario di formazione del diritto. Particolare attenzione a questo riguardo è posto sulle opinio iuris degli Stati che si sono espressi sul diritto all'acqua nelle più recenti risoluzioni dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite e del Consiglio per i Diritti dell'Uomo.
This thesis aims to investigate the existence of a human right to safe and potable water within the international law. As none of the main covenant related to human rights explicitly mentions the right to water, an inferential process used by doctrine had to be analysed in order to verify whether it was consistent with the purpose of affirming the existence of such a human right. Also main instruments of soft law have been studied. Particularly the latest resolution of the United Nations General Assembly and Human Rights Council have been accurately studied in order to verify the existence of a common "opinio iuris" among States. We consider that today a common opinion has actually emerged and therefore we suggest in conclusion to address a future research on the issue towards the analysis of State practices in order to verify the emerging of a customary right.
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WINKLER, MATTEO MARIA. "Accountability dell'impresa multinazionale e diritto internazionale." Doctoral thesis, Università Bocconi, 2007. http://hdl.handle.net/11565/4051005.

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Bigi, G. "I principi generali di diritto e il diritto internazionale penale." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2009. http://hdl.handle.net/2434/61733.

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LIBERATOSCIOLI, SABRINA. "Le migrazioni nel diritto internazionale contemporaneo, tra diritti umani, sicurezza e governance." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2008. http://hdl.handle.net/2108/540.

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Abstract:
Le migrazioni internazionali sono un processo di mobilitazione e spostamento delle persone che comporta l’attraversamento delle frontiere. Nulla di nuovo nella storia dell’uomo, se non fosse per l’importanza e le dimensioni che il fenomeno ha assunto nell’ultimo decennio. Esso è stato determinato ed agevolato dalla globalizzazione del lavoro, dei servizi e dei capitali finanziari. Anche il progresso tecnico-scientifico e culturale ha offerto ulteriori e nuovi strumenti, incentivi e motivazioni all’immigrazione. Le migrazioni internazionali giocano un ruolo di estremo rilievo nell’attuale processo globale di cambiamento sociale, economico e politico. Esse sono, al tempo stesso, fattore trainante e conseguenza di tali trasformazioni globali. Per gli Stati destinatari dei flussi migratori ed economicamente più sviluppati, l’immigrazione costituisce una variabile decisiva per la gestione delle strette interconnessioni esistenti tra il mercato del lavoro, la produttività ed il governo di un’economia globale. Negli Stati ad elevato tasso invecchiamento della popolazione l’iniezione di giovani lavoratori, gioca un potenziale ruolo di supplenza al declino della forza lavoro, favorendo ed incrementando il dinamismo, l’innovazione e la mobilità economica, ma anche culturale e sociale. Per contro, le restrizioni alla mobilità del lavoro risultano favorire inefficienze ed grandi ineguaglianze. La duplice pressione della globalizzazione e dello squilibrio demografico pongono in seria questione l’urgenza di una regolamentazione giuridica efficace diretta alla gestione delle migrazioni economiche e forzate. Nella Comunità internazionale contemporanea, oggi, prevale, da parte degli Stati, una diffidente considerazione del diritto internazionale, quale disciplina di regolamentazione dei rapporti tra gli Stati, nello svolgimento delle reciproche concessioni di porzioni della loro sovranità. Le regolamentazioni giuridiche nazionali e regionali, ad oggi, sono riuscite a fissare delle norme di restrizione e contenimento dei flussi migratori, senza, tuttavia, edificare un sistema strutturalmente capace di governare il fenomeno. Mentre la società economica globale è riuscita ad imporre una regolamentazione giuridica diretta a favorire la libera circolazione, tra le frontiere degli Stati, di beni, servizi e capitali, rimarchevole è l’insufficienza e la scarsità del diritto internazionale e statuale in ordine all’incoraggiamento o disciplina della libera circolazione delle persone e forza lavoro. Anzi, è dato rilevare una tendenza di segno totalmente contrario, variamente giustificato da ragioni di sicurezza nazionale ed internazionale. Lo studio è stato suddiviso in tre parti corrispondenti a distinti argomenti quali: il fenomeno migratorio storicamente contestualizzato ed esaminato nell’ambito del processo di globalizzazione; i diritti dei migranti rinvenibili nel diritto internazionale generale e regionale e nel diritto sulle migrazioni forzate ed in ultimo la questione della sicurezza e dell’emergente esigenza e disponibilità espressa dagli Stati a soluzioni collettive, universali o regionali di governo del fenomeno migratorio. In particolare, la prima parte dello studio, descrive lo sviluppo storico del fenomeno a partire dal XX° secolo, la sua relazione con il processo di globalizzazione in corso, con un attenzione speciale alle determinanti, alla dimensione economica del fenomeno ed all’evoluzione della dibattuta questione dell’immigrazione clandestina. Nella seconda parte dell’indagine si procede al resoconto analitico della frammentata e copiosa regolamentazione giuridica di livello internazionale e regionale del fenomeno migratorio, prodotto, prevalentemente, nell’ambito delle Nazioni Unite e delle organizzazioni regionali, come il Consiglio d’Europa, con una specifica considerazione del contesto dell’Unione europea, a cui è dedicato un apposito capitolo. La parte terza dello studio è dedicata all’esame della nozione di sicurezza ed all’impatto sulla legislazione di gestione del fenomeno migratorio e di tutela dei diritti dei migranti, delle correlative normative internazionali di sicurezza e contrasto al terrorismo internazionale. Sotto questo profilo, particolare attenzione viene data alla questione dell’immigrazione clandestina. L’ultimo capitolo della terza parte è dedicato al tema della governance del fenomeno migratorio. L’analisi delle prospettive future, sia in termini di diritto sostanziale che di carattere istituzionale, diretti a favorire una più efficace ed equa gestione del fenomeno delle migrazioni internazionali, conclude lo studio.
The international migrations are a process of movement of persons crossing borders of States. It is not a new phenomenon in the history of the man. What is different now is the magnitude and complexity of the phenomenon. This process has been both driven and facilitated by the globalisation of labour, commodity, and financial markets that has offered new incentives and new means for the international migration of people. The technical and cultural changes also help create both the means and the motivation to migrate. Migration plays a central role in current global processes of social, economic and political change; it is both moulded by and helps to mould these global transformations. For the destination countries immigration is key factor to managing the interconnections existing between the labour market, the efficiency and governance of globalised economy. With the decline in fertility, migration has taken on increased significance, becoming an important component of population growth in a number of countries and increasing the economical, social and cultural dynamism and innovation. States recognise the importance of managing the process in order to maintain their competitiveness in the global economy. For the most part, this involves distinguishing between highly skilled and low-skilled migrants. The former are seen as desirable and policies are designed to facilitate their movement, while the vast majority of the latter are excluded through legal obstacles that paradoxically try to go against the ‘globalising’ trends. The world pressure of the globalization and the demographic imbalance places in serious issue the urgency of an efficient legal regulation to manage the economic and forced migration. In the contemporary international community, it prevails, from the States, a suspicious idea of the International Law, as law of relationships between the States. Actually, the migration national and regional legal frameworks have succeeded only to fix restrictions on the movement of people across borders, without, however, building up a structure able to manage the phenomenon. While the global economy has succeeded to impose rules supporting the free circulation of goods and services, between the borders of the States, remarkable it is the deficit of the International Law carrying or regulates the free movement of the persons. Definitely, trend is totally contrary, with different justifications, as national and international security. In fact, the majority of developed countries adopted restrictive immigration policies that leading not to a reduction in migration, but rather to unintended and undesired outcomes, notably increase in people smuggling, trafficking and undocumented migration, at a significant and rising human cost. Failure to find mutual ways regulating migrations and protecting migrants leads to exploitation, social divisions and the weakening of the rule of law. While different States across the world have attempted to put measures in place to control the migration of people, these policies are based on a very limited understanding of migrants’ rights. The research is composed of three parts: it starts with the historical analysis of the international migrations from the XX° century, its relationship with the globalization process, the current state and highlights some of its emerging trends. The second part of research carry on analytical survey of the fragmented and copious migration international and regional laws, as result, principally, from the United Nations and regional organizations, like Council of Europe and European Union, to which an appropriate chapter is dedicated. The third part of study examine the security notion and it highlights the complexity of the issues, perspectives and requirements that have to be taken into account when dealing with the nexus of security and migration. The heightened concerns with foreigners and security in the post-9/11 era and its impact on the international migration laws are also investigated. The analysis of the emerging issue of the international and regional and global Inter-State consultation mechanisms in management of migrations phenomenon end the research.
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Iapichino, Lucrezia <1979&gt. "La lotta al terrorismo tra diritto internazionale e diritto dell'Unione Europea." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1917/1/Iapichino_Lucrezia_Tesi.pdf.

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Iapichino, Lucrezia <1979&gt. "La lotta al terrorismo tra diritto internazionale e diritto dell'Unione Europea." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1917/.

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Righetto, Luca <1991&gt. "La protezione dei dati personali tra diritto UE e diritto internazionale." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/9198.

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Abstract:
The area of research of my thesis is the legislation on personal data protection. Technology has advanced rapidly over the last few decades and now legislator must attempt with their work to keep up the ever increasing pace of change.
With new technologies it is now incredibly easy to store enormous amount of informations and data. However, one of the main problems is that not always those data are kept at safe by the controller or processor. Therefore, it is particularly important to have a worldwide shared legislation about personal data protection: for example, an high level of protection must be required when personal data are stored. 
Most of the focus of my thesis will be on European legislation because Europe has been the major promoter of personal data protection for a long time. Others, like the US, have chosen to follow a path that gives priority to security over privacy. This thesis aims to analyse the greatest improvements over the last few years on the field of personal data protection, and also to point out some controversy on this theme.
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Paredi, L. "PROBLEMI DI ADEGUAMENTO DEGLI ORDINAMENTI INTERNI AL DIRITTO INTERNAZIONALE IN TEMA DI CRIMINI INTERNAZIONALI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2016. http://hdl.handle.net/2434/351014.

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Abstract:
The thesis explores the issue of implementation of international crimes. Implementing international criminal norms is far more complex than implementing other international norms and it also poses different challenges to States. This work aims at understanding the inherent reasons of this complexity, as well as the main difficulties that States generally face in this field. After an overview of the role of national legal orders in international criminal justice, the research focuses on problems related to the incorporation of international crimes into domestic legal orders. The thesis is not only an analysis of national implementing legislation on international crimes, but it is also an attempt to deal with the subject from the point of view of international law. The thesis thus addresses the issue of international obligations imposed on States in relation to international crimes, in the attempt to identify existing gaps in international law and to envisage future perspectives in the field.
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Contaldi, Gianluca. "Il trust nel diritto internazionale privato italiano /." Milano : A. Giuffrè, 2001. http://bvbr.bib-bvb.de:8991/F?func=service&doc_library=BVB01&doc_number=009968773&line_number=0001&func_code=DB_RECORDS&service_type=MEDIA.

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Mellone, Marco <1982&gt. "Il diritto internazionale privato in materia matrimoniale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2751/1/mellone_marco_tesi.pdf.

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Mellone, Marco <1982&gt. "Il diritto internazionale privato in materia matrimoniale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2751/.

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Granata, Gianluca <1992&gt. "IL DIRITTO INTERNAZIONALE APPLICATO ALLE INDUSTRIE CULTURALI." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17134.

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Abstract:
La tesi analizza il trattamento riservato alle opere culturali dei media nel quadro delle norme e dei principi inerenti al diritto degli scambi commerciali sul piano internazionale ed europeo. Le paure rese pubbliche da molte persone riguardo alle conseguenze del processo di globalizzazione collettiva, legislativa e finanziaria in atto sulle particolarità e le usanze culturali locali, si ampliano e raggiungono l’apice nel momento in cui trattano le politiche sul mercato dei media: in tale ambito, i negoziati sul commercio e sugli investimenti si sono incagliate sul tema di “eccezione culturale” che permetterebbe di concedere ai beni e ai servizi culturalmente importanti un trattamento privilegiato rispetto ad altri generi di prodotti o servizi con la concezione che per svilupparsi, la filiera culturale abbia bisogno di un sussidio pubblico. Se, nel diritto internazionale, il tema si è presentato con tutte le sue complicazioni alla fine dell’Uruguay Round del 1994, con l’introduzione, fra le norme commerciali, di una riserva che escludeva la cinematografia e altri beni audiovisivi dalle leggi adottate con il negoziato, nel procedimento di integrazione europea la necessità di tutelare le differenze culturali è destinata ad essere in contrasto con lo slancio verso la concretizzazione del mercato unico. Sul differente ambito della collaborazione in campo culturale, la Dichiarazione Unesco sulla diversità culturale del 2001 ha messo le fondamenta per una serie di progetti internazionali le quali, finalizzate a promuovere l’istituzione di standard per la difesa della cultura nelle sue numerose espressioni, sono arrivate all’apice nel 2005, con la ratifica della Convenzione sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali, primo strumento vincolante rivolto a tutelare le differenze culturali. Provando ad offrire una ricognizione generale sui legami che la produzione artistico/culturale dei media ha con la regolamentazione degli scambi commerciali, la tesi sarà prima di tutto volta ad intendere quale sia il ruolo ricoperto da tali opere nel più esteso ambito del patrimonio culturale. Inoltre la tesi presenta un approfondimento sulle industrie culturali dal punto di vista economico con maggiore attenzione per quanto riguarda il comparto audiovisivo.
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DANIELE, MATTEO. "L'applicazione del diritto internazionale alle operazioni cibernetiche." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2022. http://dx.doi.org/10.15167/daniele-matteo_phd2022-11-14.

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Abstract:
In view of the possible implications of the cyber-attacks on the security of States, the study assesses how the international law can and should regulate the use of instruments, programmes and techniques producing effects in or through the cyberspace.
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NANNINI, CLAUDIA. "LO STATO DEL PORTO NEL DIRITTO INTERNAZIONALE." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2013. http://hdl.handle.net/2434/217166.

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Abstract:
The thesis aims at appraising the role of port state in international law by analyzing the whole of rights, duties and obligations ascribed to it by relevant legal instruments adopted in various fields of the law of the sea. After considering some preliminary questions, namely the notion of “port state” in opposition to coastal and flag states, the first chapter deals with the legal regime of port state extra-territorial jurisdiction under Article 218 of the United Nations Convention on the Law of the Sea and other relevant provisions of this Convention. In the second chapter, the focus is on Port State Control as provided by a number of international legal conventions and soft law instruments relating to the prevention of marine pollution, safety and security matters as a complementary tool to the flag state principle. The next two chapters further address the responsibility assumed by port states to ensure compliance and implementation of international rules and standards concerning living and working conditions of seafarers on board merchant and fishing ships as well as port state measures adopted at the international and regional level in order to curb the phenomenon of illegal, unregulated and unauthorized fishing on the high sea. Subsequent chapters explore the various regional memoranda of understanding on Port State Control and the rights and obligations of EU members acting as port states under the relevant EU legislation. Finally, the research undertaken shows that the role of port state under international law has gone through significant changes both from a quantitative and qualitative perspective. Thus, it may be argued that port state is being more and more considered as acting for the protection of common values and goods.
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CALVI, FABIO. "Attività di imprese multinazionali e rispetto dei diritti umani: profili di diritto internazionale." Doctoral thesis, Università degli studi di Pavia, 2019. http://hdl.handle.net/11571/1242226.

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Abstract:
La Tesi di Dottorato ha approfondito l’interazione tra l’attività di imprese multinazionali ed il rispetto dei diritti umani, inquadrata dalla comunità internazionale nel settore Business and Human Rights. Negli ultimi decenni, si è assistito ad un allargamento della sfera di applicazione dei diritti umani, posto che il rispetto degli stessi viene oggi richiesto non solo nel rapporto tra Stato ed individuo ma anche nell’ambito delle attività economiche e, più direttamente, della condotta delle imprese che ne sono gli attori fondamentali. Al fine di un’esaustiva trattazione del tema, la Tesi ha in primo luogo affrontato il tema della natura delle imprese multinazionali in quanto attori dell’ordinamento internazionale, tentando di chiarire se, nello scenario attuale ed alla luce di autorevoli opinioni dottrinali, esse possano considerarsi come enti dotati di personalità internazionale. La Tesi ha evidenziato come il diritto internazionale odierno, a differenza di quello classico, che era essenzialmente un diritto tra Stati e per gli Stati, si interessi sempre più ai rapporti economici a livello globale, regionale e locale, sia pubblici sia privati, posto che gli stessi sono in grado di influenzare significativamente la tutela dei diritti fondamentali della persona umana. Come conseguenza, la dottrina ad oggi discute circa la possibilità di riconoscere una personalità giuridica internazionale in capo alle imprese multinazionali. Sul tema, si è dato conto di opinioni contrastanti. In linea generale, gli autori a favore sostengono che tali imprese abbiano ormai acquisito una tale influenza da poter fattivamente condizionare i processi normativo sia degli stati di appartenenza sia di quelli in cui si trovino ad operare. In particolare, secondo tale corrente dottrinale, riconoscere la personalità internazionale delle imprese consentirebbe di sottomettere le stesse alle norme internazionali in tema di diritti umani. Gli autori avversi a tale riconoscimento, attestano invece l’assenza in capo alle multinazionali delle prerogative sovrane tipiche di uno Stato e di un potere legittimo che consenta loro di imporsi giuridicamente su altri soggetti. Inoltre, le stesse non costituirebbero enti unitari, essendo composte da un complesso di società nazionali disciplinate dal diritto interno dello Stato di appartenenza. In aggiunta, gli accordi stipulati dalle stesse non potrebbero qualificarsi come internazionali ed i rispettivi codici di condotta interni non godono di effetti vincolanti. In conclusione, si è sostenuta la possibilità di riconoscere in capo alle imprese multinazionali una personalità internazionale derivata, per cui l’attribuzione di obblighi a tali soggetti economici sarebbe possibile solo tramite l’intermediazione statale. Successivamente, si sono esposte le sinergie ravvisabili tra le imprese multinazionali ed il corpus internazionale dei diritti umani. In particolare, si sono poste in rilievo le caratteristiche del corpus internazionale dei diritti umani e si è valutata l’opportunità di utilizzo dello stesso per disciplinare la condotta e le attività delle imprese multinazionali. In tal senso, tramite l’analisi della dottrina e della giurisprudenza, nazionali ed internazionali, si sono evidenziate posizioni tanto favorevoli quanto contrarie.
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Falletta, Sara. "La frode alla legge nel diritto interno e nel diritto internazionale privato." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2014. http://hdl.handle.net/10556/1870.

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Abstract:
2012-2013
La frode alla legge è un tema che, sin dalla cultura romana, ha attirato l’attenzione dei giuristi e risulta, ancora oggi, particolarmente attuale: forte è infatti, la tendenza di coloro che cercano sempre nuovi marchingegni al fine di sottrarsi alle norme imperative. E ciò è tanto più vero se si pone mente alla circostanza che non solo si tratta di un istituto affine a molti altri, quali la simulazione, il negozio indiretto e quello fiduciario, ma anche che esso va assumendo sempre più connotati di “internazionalità”, trovando applicazione non solo nel diritto interno, ma anche in quello internazionale privato. Inoltre, la frode viene generalmente perpetrata attraverso non un singolo negozio, bensì per il tramite di una pluralità di negozi tra essi collegati: tale circostanza rende, da un lato, più gravoso il compito dell’autorità giudiziaria, chiamata a compiere un’analisi non formale e superficiale, ma sostanziale e che vada a guardare, più che il singolo frammento, il risultato raggiunto dalla complessiva operazione economica posta in essere dalle parti; dall’altro, fa sì che la figura sia fortemente evanescente, difficile da inquadrare nelle sue molteplici e variopinte sfaccettature. La frode alla legge è disciplinata, nel nostro ordinamento, dall’art. 1344 del codice civile, il quale prevede che «Si reputa altresì illecita la causa quando il contratto costituisce lo strumento per eludere l’applicazione di norme imperative»: si tratta, come si evince dalla lettura del testo, di una disposizione scarna e di non facile interpretazione. Con l’espressione “frode alla legge” s’intende una violazione mediata e indiretta, un aggiramento della legge. In ciò si differenzia da altri istituti che, pur comportando la inosservanza di un comando o un divieto posto a livello delle norme, agiscono in maniera diretta. Con le parole della Suprema Corte, «il contratto in frode alla legge è caratterizzato dalla consapevole divergenza tra la causa tipica del contratto prescelto e la determinazione causale delle parti indirizzate all'elusione di una norma imperativa» (Cass. civ., 9 dicembre 1971, n. 3568, poi confermata, tra le altre, da Cass. civ., Sez. Un., 7 luglio 1981, n. 4414 e da Cass. civ., Sez. Un., 25 ottobre 1993, n. 10603). Il fine fraudolento è, dunque, realizzato attraverso uno o più contratti tipici, ma piegati al raggiungimento di scopi vietati da norme imperative (e divergenti da quelli per cui le figure negoziali sono state predisposte). [a cura dell'autore]
XII n.s.
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Gallese, Chiara <1982&gt. "La riforma del diritto internazionale privato in Giappone." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/11969.

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Abstract:
Per allinearsi con le riforme e l'armonizzazione della legislazione sul conflitto di leggi a livello globale, come ad esempio l’emanazione del regolamento Roma I dell’Unione Europea, in Giappone si è sentita l’esigenza di aggiornare la disciplina di diritto internazionale privato (legge Hourei) attraverso un'ampia riforma della materia. Lo scopo di questa tesi di dottorato si è esplicato in più obiettivi: colmare, per quanto possibile, una lacuna a proposito di diritto giapponese in Italia; offrire una prospettiva storica priva di orientalismo, in modo da dare un’ampia panoramica sullo sviluppo del diritto giapponese fino ai giorni in cui è stata emanata la legge di diritto internazionale privato, fornendo anche alcune nozioni del sistema giuridico odierno e dei principi costituzionali fondamentali, cosicché si possa comprendere la portata dell’introduzione della legge Hourei e delle modifiche apportate ad essa; tradurre in italiano il testo della riforma, contestualizzando ciascun termine all’interno della disciplina di riferimento e colmando la mancanza di traduzioni in lingue diverse dall’inglese; analizzare le scelte legislative in sede di riforma per ciascun articolo della legge, interpretandole secondo i criteri di civil law e fornendo un’analisi delle conseguenze di tali scelte in una prospettiva originale. Si è fornito, inoltre, un parere sulle criticità dell’ultima riforma e sui possibili sviluppi futuri. Questa tesi è nata da un progetto interdisciplinare a cavallo tra gli studi di area (Asian Studies) e il diritto internazionale privato: parte integrante ed essenziale della ricerca è non solo l’analisi della riforma delle norme di conflitto giapponesi, ma anche la loro traduzione in italiano.
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salvadego, laura. "Il ruolo della necessità nel diritto internazionale umanitario." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3422917.

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Abstract:
Summary The present research aims to analyse the relevance of necessity in the context of international law of armed conflicts, clarifying its scope and the way in which it operates in this field of international law. The first part of the work focuses on necessity as a circumstance precluding wrongfulness, by analysing the relevant international practice and the codification work by the International Law Commission that led to the adoption of the 2001 Draft Articles on State Responsibility and of the 2011 Draft Articles on Responsibility of International Organizations. States and international organizations generally have the possibility to invoke necessity as a circumstance precluding wrongfulness of acts that would otherwise give rise to international responsibility, under the stringent conditions set forth by customary international law. Thus, some interests of international legal persons can be protected and upheld in the balance against the rights of others, when complying with the predefined paramaters of the general justification clause. Limitation clauses and derogations provided by human rights treaties that enable to limit the complete application of obligations assumed because of some exigences lato sensu linked to necessity are specifically taken into account. This part of the research led to qualify these clauses as primary rules of international law, therefore excluding the possibility of invoking, alongside them, also the plea of necessity. When situations of necessity arise International Law, being an autonomous legal order, sometimes predefines the precise balance between the interests at stake by developing specific primary rules that absorb the need expressed by the general justification clause. This is not without consequences on the possibility of invoking necessity as a circumstance precluding wrongfulness in the specific context which is here considered. The possibility to rely on the plea of necessity under general international law depends, to some extent, on primary obligations which may, in fact, exclude such a possibility as Article 25, paragraph 2, a) of both 2001 and 2011 Draft Articles states. According to the author, in particular, States Parties are prevented from invoking a state of necessity in order to justify the violation of a human right enshrined in a treaty which provides for a derogation clause. When such a clause exists, the balance between individual interests and States needs is already struck by the primary rule, and the secondary rule codified by Article 25 of the 2001 Draft can only play a limited interpretative role. Chapter II focuses on the legal rules pertaining to military necessity in the context of international law of armed conflicts; in particular, the research aims to detect the function and nature of military necessity, by paying specific attention to the role assumed by the proportionality principle. International humanitarian law is complementary to international human rights law; it is contended that, also in that context, whenever situations of necessity arise the appropriate balance of interests is set once for all by the relevant primary rules, without the possibility of further invoking a state of necessity under general international law. Beyond that, any further balance of interests can be pursued only in assessing proportionality of a military action. It should be recalled, in this regard, that proportionality is strictly connected to necessity in every area of international law. In international humanitarian law, proportionality performs a double function: it influences the content and the concrete application of most of its rules and it plays a role in the context of derogation clauses providing for military necessity clauses. The proportionality principle is a guideline in interpreting and applying those clauses, which allow for various degrees of military necessity to be taken into account, thus expressing the exact point of balance between different and opposing needs. In its commentary to Article 25 of the 2001 Draft articles concerning State responsibility for internationally wrongful acts, the International Law Commission qualifies rules concerning military necessity as primary rules, assimilating them to rules relating to the use of force and, in particular, to the rule concerning humanitarian intervention. The legal basis of military necessity can actually be identified in the primary rule concerning the use of military force in the context of an armed conflict. The conclusions reached as regards the nature and legal basis of military necessity bring the author to analyse, in this specific perspective, the interrelation between jus ad bellum and jus in bello. The last Chapter of the thesis verifies if and how the legal basis for the use of force in specific situations may influence the scope and relevance of military necessity. Different legal titles in the context of jus ad bellum do not seem to allow for broadening the scope of military necessity; they may however restrict further the use of force admitted in the context of jus in bello. In the author’s opinion, the non liquet contained in the 1996 ICJ advisory opinion on Legality of the Threat or use of Nuclear Weapons may not lead to stretch the role of military necessity in cases of ‘extreme self-defence’ in which the very ‘survival’ of the State subjected to an armed attack is in danger. This would be contrary to the principle of equality between belligerents, which does not seem to have been seriously cast in doubt by the Court. On the contrary, that principle was specifically reaffirmed when the Court held that every action in self-defence should satisfy, at the same time both jus ad bellum and jus in bello requirements. Military necessity may suffer specific limitations whenever the the Security Council so decides under Chapter VII of the United Nation Charter. In such cases, however, the justification of recourse to force within jus ad bellum only indirectly influences the jus in bello legal framework by virtue of the ‘primacy’ recognized to Security Council’s binding decisions. As regards military intervention undertaken for humanitarian purposes without an express authorization by the Security Council, the title that may justify such action does not seem to modify IHL obligations and, in particular, the scope of military necessity in the context of jus in bello. In fact States’ practice highlights their wide discretion concerning the choice of modalities of warfare when military action is carried outside the context of the United Nations Organization. Although the legitimacy of resort to force, on one hand, and modalities of the use of force in the context of an armed conflict, on the other hand, are - to a certain extent - interdependent and may influence each other during the conflict, the traditional distinction between jus ad bellum and jus in bello still holds true, and the principle of equality between belligerent is still to be considered one of the pillars of the law of armed conflict.
Riassunto Il presente lavoro è teso ad analizzare la rilevanza della necessità nel contesto del diritto internazionale dei conflitti armati, chiarendone l’ampiezza e precisando le modalità concrete del suo operare nella disciplina in questione. A tal fine l’indagine è stata in una prima fase incentrata sull’esimente generale dello stato di necessità attraverso l’analisi della prassi rilevante e dei lavori di codificazione poi sfociati nei due Progetti di articoli sulla responsabilità internazionale (di Stati ed organizzazioni) elaborati in seno alla Commissione del diritto internazionale. Si è così verificato che negli stretti limiti e alle condizioni stringenti delineate dalla disciplina consuetudinaria relativa all’esimente codificata, a Stati e organizzazioni internazionali è in generale riconosciuta la possibilità di non rispondere del mancato rispetto di specifici obblighi in situazioni tali da configurare uno stato di necessità. È dunque ammessa la possibilità di valorizzare determinati interessi internazionali facenti capo ad enti dotati di personalità giuridica internazionale al fine di un loro bilanciamento successivo con diritti di altri soggetti, ma pur sempre nel rispetto dei parametri predeterminati nella definizione dell’esimente generale. Si è reso poi necessario un esame delle clausole di limitazione e deroga inserite nei trattati relativi alla tutela internazionale dei diritti umani che consentono di limitare l’applicazione integrale degli obblighi assunti in presenza di esigenze lato sensu riconducibili alla necessità. In particolare, tale indagine ha condotto ad attribuire natura giuridica di norme primarie alle clausole in questione, escludendo la possibilità di un loro coordinamento con la disciplina generale relativa all’esimente dello stato di necessità. Nell’esercizio dell’autonomia ordinatoria che gli è propria, l’ordinamento internazionale, in considerazione del contenuto delle norme e dei valori ad esse sottesi, ritiene infatti talora opportuno predeterminare il punto di bilanciamento degli interessi in gioco attraverso la previsione di specifiche norme primarie in qualche misura in grado di assorbire l’esigenza espressa dall’esimente generale. Tali valutazioni non sono scevre da conseguenze in relazione all’applicabilità dell’esimente generale dello stato di necessità nel contesto normativo considerato nonché rispetto all’individuazione dei limiti inerenti all’esercizio delle deroghe ammesse nelle diverse ipotesi di necessità, nel rispetto del principio di proporzionalità. La stessa invocabilità dell’esimente generale in qualche misura dipende dalle norme primarie; la disciplina di determinate fattispecie, infatti, indipendentemente dalla fonte consuetudinaria o pattizia, può escludere tout court la possibilità di invocazione dell’esimente. In simili ipotesi ogni bilanciamento di interessi successivo alla formazione della regola primaria deve ritenersi escluso in quanto già effettuato, una volta per tutte, al momento della redazione delle relative regole primarie, senza che possa residuare una qualche facoltà di invocare l’esimente generale, ad eccezione dei limitati fini interpretativi della regola cui l’esimente è sottesa. Nel secondo capitolo del lavoro l’indagine si incentra sulla disciplina giuridica relativa alla necessità nell’ambito del diritto internazionale dei conflitti armati ed è tesa, in particolare, ad individuarne la natura giuridica, anche in virtù delle funzioni da essa svolte, con particolare attenzione al ruolo assunto dalla proporzionalità, che ad essa è strettamente connessa. Ciò consente, fra l’altro, di escludere la possibilità di ogni bilanciamento di interessi successivo alla formazione delle regole primarie nell’ambito di tale sistema normativo e, di conseguenza, anche la possibilità del riferimento all’esimente generale. Tale bilanciamento è infatti già effettuato, una volta per tutte, al momento della redazione delle relative regole primarie, senza che possa residuare una qualche facoltà circa l’invocabilità dell’esimente generale, sottesa alle norme primarie del diritto internazionale umanitario in quanto ratio stessa del suo regime giuridico. Esclusa la possibilità di un riferimento all’esimente generale nel contesto del diritto internazionale umanitario, l’unico bilanciamento di interessi successivo alla redazione delle sue regole risiede nella valorizzazione dell’elemento della proporzionalità, strettamente connesso alla necessità nell’intero ordinamento internazionale. Nell’ambito del diritto internazionale umanitario la regola di proporzionalità svolge una duplice funzione: informa il contenuto positivo e l’applicazione concreta di molte sue regole e viene in gioco nell’operatività delle clausole di deroga che prevedono circostanze di necessità militare. La proporzionalità guida infatti l’operatore e l’interprete nella valutazione del grado di ‘elasticità’ della norma in costanza delle diverse gradazioni di necessità militare che esprimono l’esatto punto di bilanciamento fra le esigenze in gioco. Il fondamento giuridico della necessità militare viene individuato nella norma relativa alla violenza bellica consentita nel contesto di un conflitto armato. In questo senso, fra l’altro, si esprime la Commissione del diritto internazionale nel commento all’art. 25 del Progetto di articoli del 2001 relativo alla responsabilità internazionale degli Stati laddove si riferisce alle regole relative alla necessità militare attribuendo loro natura giuridica di norme primarie ed avvicinandole a quelle relative all’uso della forza e, in particolare, all’intervento umanitario. Le valutazioni svolte circa la natura e il fondamento giuridico della necessità militare hanno infine imposto di considerare, in questa specifica prospettiva, l’interrelazione fra jus ad bellum e jus in bello. In particolare, nell’ultimo capitolo dell’elaborato, si è verificata l’incidenza del titolo giustificativo del ricorso alla forza militare sulla rilevanza in concreto assunta dalla necessità militare nei diversi contesti in cui essa può venire in gioco nell’ambito di conflitti armati internazionali. Al riguardo, la configurabilità di impieghi della forza non uniformi nel quantum della violenza bellica dispiegata, ma pur sempre legittimi in virtù di titoli giuridici differenziati nell’ambito dello jus ad bellum, non sembra influire sull’ampiezza della necessità militare; può tuttavia giocare un ruolo al limitato fine di restringere ulteriormente l’impiego della forza ammessa nel contesto dello jus in bello. D’altra parte, è difficile interpretare le valutazioni formulate dalla Corte internazionale di giustizia nel parere reso sulla questione delle armi nucleari nel senso di una estensione dell’ampiezza della necessità militare in ipotesi di ‘extreme self-defence’ in cui è in gioco la stessa ‘conservazione’ dello Stato aggredito. Lo impedisce, fra l’altro, il principio di uguaglianza fra belligeranti che, in concreto, non sembra aver subito un reale vulnus ad opera della Corte. Anzi, il principio secondo cui il diritto internazionale umanitario deve essere rispettato allo stesso modo da tutte le parti coinvolte nel conflitto, senza considerazione alcuna per la causa belli ha forse trovato in tale occasione una chiara affermazione per via giurisprudenziale proprio nella parte in cui la Corte afferma la necessità che ogni azione difensiva legittima soddisfi contestualmente sia i requisiti dello jus ad bellum che le condizioni previste dallo jus in bello. Il titolo giustificativo dell’uso della forza non sembra quindi incidere sulla necessità militare provocando una dilatazione della sua ampiezza. Al contrario, la necessità militare potrebbe risultare in concreto di molto compressa in virtù della specifica determinazione assunta dal Consiglio di sicurezza in virtù del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite. Così, ad esempio, laddove il Consiglio di sicurezza non si limiti ad adottare una generica autorizzazione all’impiego della forza da parte degli Stati ma definisca in modo più o meno stringente i limiti e le modalità di impiego della stessa nell’ambito dello jus in bello, ciò si ripercuote inevitabilmente sulla condotta delle ostilità. In simili ipotesi, tuttavia, il titolo giustificativo dello jus ad bellum influenza la disciplina concreta dello jus in bello solo indirettamente in virtù del ‘primato’ normativo riconosciuto alle decisioni vincolanti del Consiglio di sicurezza adottate ai sensi del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite. Con riferimento alle azioni militari intraprese per finalità ‘umanitarie’ in assenza di una autorizzazione espressa del Consiglio di sicurezza, il titolo giustificativo dell’azione non sembra condizionare la portata degli obblighi di diritto internazionale umanitario e, in particolare, l’ampiezza della necessità militare nel contesto dello jus in bello. Dall’esame della prassi emerge infatti la forte discrezionalità degli Stati rispetto alle modalità del ricorso alla forza in simili contesti laddove l’azione si sia svolta al di fuori dell’alveo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. In tale prospettiva la tradizionale distinzione fra jus ad bellum e jus in bello conserva la propria attualità in quanto funzionale alla corretta contestualizzazione delle problematiche connesse all’impiego della forza. Le questioni relative alla legittimità del ricorso alla forza e quelle correlate all’impiego della forza bellica nel corso delle ostilità restano due profili distinti, seppur non pienamente autonomi, con la possibilità di alcune influenze per l’intera durata del conflitto. Non è però configurabile una piena permeabilità fra la disciplina dello jus ad bellum e quella relativa allo jus in bello, che porti a riconsiderare il principio di uguaglianza fra belligeranti.
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BUSSANI, TIZIANO. "IL MERCATO DEL DEBITO SOSTENIBILE NEL DIRITTO INTERNAZIONALE." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2023. https://hdl.handle.net/2434/954931.

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Abstract:
La tesi indaga la regolamentazione e la governance del mercato globale degli strumenti di debito sostenibile nella prospettiva del diritto internazionale pubblico dell’economia, alla luce del principio dello Sviluppo sostenibile e nel più ampio contesto della Finanza sostenibile. L’indagine prende le mosse dalla ricostruzione dello Sviluppo sostenibile come concetto, obiettivo e principio giuridico internazionale e bene pubblico globale e prosegue con la disamina della Finanza sostenibile come fenomeno economico globale entro il generale processo di riforma dei mercati finanziari internazionali innescato dall’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e dall’Accordo di Parigi per promuovere lo Sviluppo sostenibile e contrastare i cambiamenti climatici. La tesi esamina l’evoluzione e le caratteristiche dell’emergente settore della Finanza sostenibile, gli strumenti e le pratiche maggiormente diffuse, le iniziative politico-normative assunte a supporto a livello nazionale, transnazionale e sovranazionale, i soggetti e gli attori coinvolti nella governance del mercato, la relativa regolamentazione con particolare riferimento all’Unione Europea e la collocazione sistematica della materia nel quadro dell’ordinamento internazionale economico e finanziario. Su tali premesse di ordine generale, l’indagine si sofferma nello specifico sul mercato degli strumenti di debito sostenibile, la cui rilevanza per l’effettiva transizione verso un modello di sviluppo sostenibile è da ritenersi cruciale e strategica. Il mercato in esame si configura a tutti gli effetti come segmento distinto e autonomo dei mercati finanziari internazionali, composto da una pluralità di strumenti aventi caratteristiche strutturali comuni – come i green bond, social bond, sustainability bonds, ESG-linked bond e i correlativi loans – e dotato di apposite discipline di settore, risultanti dalla diffusa e generale applicazione di standard transnazionali privati e dalla convergenza di molteplici iniziative di soft-law e di hard-law ai vari livelli di governance economica. Attraverso l’analisi delle funzioni di standard-setting, compliance monitoring ed enforcement, la tesi ricostruisce la struttura di governance internazionale/transnazionale del mercato ed esamina la disciplina sostanziale e procedurale dei principali strumenti che lo compongono alla luce degli standard maggiormente rilevanti, soffermandosi, da ultimo, sul ruolo delle external review come strumenti tipici di verifica della compliance, svolti privatamente, validi per l’intero mercato e sulla necessità di istituire a livello nazionale e sovranazionale appositi meccanismi di supervisione e controllo per la prevenzione sistemica del greenwashing. Nel procedere con l’indagine, la tesi approfondisce, altresì, temi generali del diritto internazionale contemporaneo, tra cui la crisi delle tradizionali forme di law-making internazionale, il crescente ruolo degli attori privati nella governance dei fenomeni economici internazionali, la problematica collocazione degli standard privati nell’ordinamento internazionale pubblico, il rapporto tra diritto internazionale e diritto transnazionale e la cosiddetta “frammentazione” e “stagnazione” del diritto internazionale di fronte al moltiplicarsi delle strutture di governance globale e transnazionale, risultanti da forme collaborative atipiche e informali tra settore pubblico e settore privato secondo il modello delle partnership multistakeholder.
The thesis investigates the regulation and governance of the global sustainable debt market from the perspective of public international economic law, in the light of the principle of sustainable development, and in the broader context of sustainable finance. The investigation begins with the reconstruction of sustainable development as a concept, objective, and principle with international legal significance as well as a global public good and proceeds with the examination of sustainable finance as a global economic phenomenon within the general reform process of international financial markets triggered by the United Nations 2030 Agenda and the Paris Agreement to support sustainable development and fight climate change. The thesis examines the evolution and characteristics of the emerging sector of sustainable finance, the most widespread instruments and practices, the political and regulatory initiatives taken at the national, transnational, and supranational levels, the subjects and actors involved in the governance of the market, the related regulation with particular reference to that of the European Union and the systematic positioning of the matter within the framework of international economic and financial law. On these general premises, the survey focuses specifically on the sustainable debt market, whose role in financing the transition toward sustainable development is strategic and crucial. In fact, the market has emerged globally as a distinct and autonomous segment of the international financial markets, consisting of a plurality of instruments sharing common structural characteristics - such as green bonds, sustainability bonds, social bonds, ESG-linked bonds, and homologous loans – which also have sector-specific disciplines resulting from the widespread and general application of transnational private standards within the market and the convergence of many soft-law and hard-law initiatives at different levels of governance. Through the analysis of the functions of standard-setting, compliance monitoring, and enforcement, the thesis analyzes the international/transnational governance structure of the market and examines the substantive and procedural disciplines of the main sustainable debt instruments according to the most relevant standards. Lastly, it focuses on external reviews as typical instruments for verifying compliance within the market and on the need to establish appropriate supervision and control mechanisms to prevent greenwashing at the national and supranational levels. In proceeding with the investigation, the thesis also explores contemporary international legal issues, such as the crisis of traditional forms of international public law-making, the growing role of private actors in the governance of international economic affairs, the problematic collocation of private standards within the framework of public international economic law, the relationship between international law and transnational law and the so-called “fragmentation” and “stagnation” of public international law facing the proliferation of global and transnational governance institutions resulting from the emergence of non-traditional and informal partnerships and networks between the public and the private sector in a multistakeholder fashion.
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Vinci, Pierpaolo. "L'interpretazione del contratto internazionale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4612/1/Vinci_Pierpaolo_tesi.pdf.

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Abstract:
La ricerca ha ad oggetto l’analisi di clausole, contenute nei contratti del commercio internazionale, che sembrano finalizzate a fornire in anticipo una metodologia dell’interpretazione del contratto. L’elaborato pertanto analizza i profili di validità ed efficacia di singole e specifiche clausole, come le “clausole d’intero accordo”, le “clausole di non modificazione orale”, le clausole contenenti definizioni, e simili, alla luce delle regole giudiriche di derivazione eteronoma applicabili al contratto, siano esse rappresentate da una legge nazionale, da una convenzione internazionale di diritto materiale uniforme, o da fonti ulteriori c.d. di soft law, come i Principi Unidroit sui contratti del commercio internazionale. La ricerca ha pertanto rivelato che, diversamente da quanto possa apparire a prima vista, svariate tipologie di clausole analizzate non coinvolgono profili legati all'’nterpretazione del contratto, quanto piuttosto di documentazione e forma dello stesso. L’elaborato contiene infine alcune considerazioni di teoria generale del diritto.
The reasearch focuses on the analysis of a number of clauses, contained in international commercial contracts, which seem aimed at providing in advance a methodology for the intepretation of the contract. The study therefore analyzes the validity and efficacy of specific types of clauses, such as “entire agreement clauses”, “no oral modification clauses”, clauses containing definitions, and the like, in light of the rules of law applicable to the contract, being it a national law, an international convention of substantive law, or further rules of so-called soft law, such as the Unidroit Principles on international commercial contracts. The research has therefore revealed that, contrary to what it may appear at first sight, a number of the above-mentioned clauses do not affect interpretation issues, whereas they rather involve issues of evidence and form of the contracts. The study finally contains some preliminary observations on general theory of law.
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Vinci, Pierpaolo. "L'interpretazione del contratto internazionale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4612/.

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Abstract:
La ricerca ha ad oggetto l’analisi di clausole, contenute nei contratti del commercio internazionale, che sembrano finalizzate a fornire in anticipo una metodologia dell’interpretazione del contratto. L’elaborato pertanto analizza i profili di validità ed efficacia di singole e specifiche clausole, come le “clausole d’intero accordo”, le “clausole di non modificazione orale”, le clausole contenenti definizioni, e simili, alla luce delle regole giudiriche di derivazione eteronoma applicabili al contratto, siano esse rappresentate da una legge nazionale, da una convenzione internazionale di diritto materiale uniforme, o da fonti ulteriori c.d. di soft law, come i Principi Unidroit sui contratti del commercio internazionale. La ricerca ha pertanto rivelato che, diversamente da quanto possa apparire a prima vista, svariate tipologie di clausole analizzate non coinvolgono profili legati all'’nterpretazione del contratto, quanto piuttosto di documentazione e forma dello stesso. L’elaborato contiene infine alcune considerazioni di teoria generale del diritto.
The reasearch focuses on the analysis of a number of clauses, contained in international commercial contracts, which seem aimed at providing in advance a methodology for the intepretation of the contract. The study therefore analyzes the validity and efficacy of specific types of clauses, such as “entire agreement clauses”, “no oral modification clauses”, clauses containing definitions, and the like, in light of the rules of law applicable to the contract, being it a national law, an international convention of substantive law, or further rules of so-called soft law, such as the Unidroit Principles on international commercial contracts. The research has therefore revealed that, contrary to what it may appear at first sight, a number of the above-mentioned clauses do not affect interpretation issues, whereas they rather involve issues of evidence and form of the contracts. The study finally contains some preliminary observations on general theory of law.
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Serrano', G. "Il riconoscimento dei provvedimenti e degli altri atti amministrativi nel diritto internazionale privato e nel diritto comunitario." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2009. http://hdl.handle.net/2434/65563.

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Abstract:
From the beginning of administrative studies, scholars have discussed the notion of «administrative act» and the possible classification of the measures carried out by a public body or entity. In this debate, Italian authors introduced the notion of «provvedimento amministrativo», as an expression of the public entities’ discretionary powers, as opposed to other instrumental acts. No proof of the existence of a rule of international law binding the States to recognize foreign administrative acts can be detected in international practice, either as a general rule, founded on jurisdictional immunity, or as a specific provision, regarding only confiscations and similar measures or competition law. As a consequence, the recognition of administrative acts has to be considered in a private international law perspective. In modern private international law, two different kinds of recognition of administrative acts are possible: an «indirect recognition», where the administrative act may be relevant as a part of the rules to be applied to the specific case by the judge; a «direct recognition» when the forum attributes a specific value to a foreign act. The question of recognition has other implications in European law. Though some references are contained in private international law regulations, recognition of foreign administrative acts is a consequence of the application of the «mutual recognition» principle, elaborated by the EC Court with reference to the free circulation of goods and extended, in a different way, to services and persons. Contrarily to the theoretical reconstruction of a minority of the doctrine, the principle does not operate like a conflict rule, but like an exception to the application of the law applicable to the substantive content of a specific case.
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Ferracin, Sabrina <1988&gt. "L'Organizzazione Internazionale del Lavoro." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3269.

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Abstract:
Nel panorama giuridico internazionale ,la disciplina giuslavorista e il rispetto degli Human Rights assumono un’importanza sempre maggiore, tanto da giustificare la crescente importanza dell’Organizzazione internazionale del lavoro ( OIL ). Nata al termine del primo conflitto mondiale attraverso il trattato di Versailles , l’OIL rappresenta oggi la principale agenzia delle Nazioni Unite dedita alla promozione della giustizia sociale , della pace, del lavoro dignitoso e dei diritti fondamentali in materia di lavoro. Dopo una prima parte di introduzione storica, il presente lavoro si concentra sull’ analisi giuridica dei quattro core labour standards , individuati dalla Dichiarazione sui principi e diritti fondamentali del 1998. Nello specifico si tratta del riconoscimento della libertà di associazione e dell’interdizione del lavoro forzato , del lavoro minorile e di ogni forma di discriminazione. Da ultimo si esamina il sistema di controllo sull’applicazione delle norme , ponendo particolare enfasi al ruolo e all’attività svolta della Commissione degli esperti ( CEACR) . Dall’analisi dell’ultimo rapporto sull’applicazione delle convenzioni e raccomandazioni elaborato dalla stessa Commissione emerge, infatti, la non completa osservanza dei core labour standards.
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Favuzza, F. "LA PROTEZIONE DELLA POPOLAZIONE CIVILE NEI TERRITORI OCCUPATI TRA DIRITTO INTERNAZIONALE UMANITARIO E DIRITTI UMANI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2015. http://hdl.handle.net/2434/250233.

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Abstract:
This PhD thesis deals with the protection of the civilian population in occupied territories. After defining the notion of 'military occupation’ in the light of recent practice of both States and international organizations, as well as analysing the relevant provisions of International Humanitarian Law (IHL), the research focuses on the extraterritorial application of International Human Rights Law (IHRL) and the interplay between IHL and IHRL in occupied territories. The aim is to ascertain how to reconcile these two legal regimes whenever a conflict of norms arises, as in the case of the tension between internment of civilians in time of occupation (Art. 78 IVGC) and the right to personal liberty enshrined in human rights treaties (Art. 9 ICCPR and Art. 5 ECHR).
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Staltari, Erik <1992&gt. "Tassazione del commercio elettronico internazionale." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/12373.

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Abstract:
Viene esaminata la tassazione del commercio elettronico internazionale, con riferimento all'imposizione diretta e indiretta, nonché le problematiche date dall'applicazione dei tradizionali principi di fiscalità internazionale. Viene trattata anche la disciplina di contrasto al BEPS.
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Lazar, Andreea Florina. "Diritto all'oblio e trasferimento dei dati a livello internazionale." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021.

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Abstract:
Il mondo di internet, arrivato come una valanga, ha sconvolto la popolazione globale in quanto vasto e spesso incomprensibile. Un territorio che se non regolato, ci si è accorti che può diventare davvero pericoloso. È interessante infatti capire cosa l’avvento di internet ha provocato nella vita delle persone, sia per quanto attiene le relazioni sociali, sia per quel che riguarda i rapporti economici. Capire quali sono i diritti e le tutele che pervadono il web, soprattutto per quanto concerne i dati personali, è la chiave di questa ricerca. Alla base di questo studio vi è l’analisi del diritto ad essere dimenticati e di come a fatica, passo dopo passo, sia riuscito a farsi strada nell’Unione Europea. In particolare, si pone l’attenzione sui casi che hanno dato la spinta necessaria in questo ambito. Ci troviamo davanti a un quadro estremamente variegato che offre numerosi spunti di analisi.
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Renzulli, Carmine. "Il regime di diritto internazionale applicabile alle cultural industries." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2012. http://hdl.handle.net/10556/1288.

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Abstract:
2010 - 2011
Il presente studio ha per oggetto il trattamento destinato alle opere culturali dei media nel quadro delle regole e dei principi che informano il diritto degli scambi commerciali in ambito internazionale ed europeo. I timori da molti manifestati circa le ripercussioni del processo di globalizzazione sociale, giuridica ed economica in atto sulle specificità e le tradizioni culturali locali, si amplificano e giungono al culmine quando si affrontano le politiche sul mercato dei media: in questo contesto, le trattative sul commercio e sugli investimenti si sono arenate sulla questione di una «eccezione culturale» che consentirebbe di rivolgere ai prodotti e ai servizi culturalmente rilevanti un trattamento differenziato rispetto alle altre categorie di beni o servizi, in virtù della convinzione che, per svilupparsi, la produzione culturale necessiti di un certo sostegno pubblico. Se, in diritto internazionale, la questione si è posta con tutta la sua problematicità al termine dell’Uruguay Round del 1994, con l’inserimento, tra le regole commerciali, di una clausola che escludeva il cinema e gli altri prodotti audiovisivi dalle norme adottate durante il negoziato, nel processo di integrazione europea l’esigenza di garantire la diversità culturale è destinata a scontrarsi con la spinta verso la realizzazione del mercato unico, che da sempre rappresenta una sua tematica propulsiva. Sul diverso versante della cooperazione in materia culturale, la Dichiarazione sulla diversità culturale promossa nel 2001 dall’UNESCO ha gettato le basi per una serie di iniziative internazionali le quali – volte ad incoraggiare la creazione di standard per la tutela della cultura nelle sue molteplici manifestazioni – sono culminate nel 2005, con la conclusione della Convenzione sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali, primo strumento vincolante volto a garantire la diversità culturale. Nel tentativo di fornire una ricognizione generale sulle correlazioni che la produzione artistico-culturale dei media vive con il regime degli scambi commerciali, il lavoro sarà anzitutto orientato a comprendere, in via preliminare, quale sia il ruolo rivestito da tali opere nel più ampio contesto del patrimonio culturale. In tal senso, nel primo capitolo si osserverà come la nozione di cultural heritage si sia evoluta nel corso degli anni subendo un processo di progressivo ampliamento rispetto ai canoni classici, in cui i media vengono in considerazione in una prospettiva nuova e del tutto particolare, così come crescente è il rilievo assunto dalle imprese culturali (cultural industries) dei media, le quali si trovano oggi ad operare in un mercato globalizzato, cui fanno capo quote sostanziose di diritti di proprietà intellettuale e di cui non è agevole fornire una definizione valevole in ambito internazionale, anzitutto in virtù delle differenze sociali e normative esistenti tra gli Stati nel modo di concepire la produzione artistica. Nel corso del secondo capitolo sarà approfondita l’analisi dei rapporti tra mercato e cultura nell’ordinamento giuridico internazionale. In particolare, dopo aver analizzato in dettaglio la Convenzione sulla protezione e la promozione delle diversità delle espressioni culturali, si volgerà lo sguardo al regime degli scambi internazionali negoziato nell’ambito dell’OMC, valutando se l’articolato della Convenzione UNESCO del 2005 risulti idoneo, conformemente alle aspettative, a rappresentare un valido compromesso, per la produzione artistica dei media, tra esigenze commerciali e valori culturali. Il terzo capitolo sarà infine volto ad esaminare le relazioni intercorrenti tra mercato e cultura nel diritto dell’Unione Europea, dove le soluzioni raggiunte sono più interessanti grazie al maggior grado di integrazione tra gli Stati membri. In tale ambito, sono ancora diverse le deroghe concesse agli Stati membri dell’Unione in virtù di valori sovraordinati che possono dar luogo, tra le altre, alle restrizioni di cui all’art. 36 TFUE o alla compatibilità degli aiuti di Stato contemplati dall’art. 107 (3) TFUE. In entrambe le norme considerate, ricorrono le ipotesi di protezione e promozione della cultura tali da non incidere in misura eccessiva sullo sviluppo del libero scambio e della concorrenza tra imprese. Prescindendo dalla salvaguardia del patrimonio culturale stricto sensu, il lavoro intende complessivamente osservare – alla luce della normativa di riferimento e della giurisprudenza più significativa sul tema – entro quali limiti le imprese nazionali operanti nel settore dei media (editori librari e musicali, emittenti radiotelevisive, produttori cinematografici) possano legittimamente essere destinatarie di trattamenti privilegiati in ragione del loro status di «imprese culturali» e quando, viceversa, tali agevolazioni risultino contrastanti con i monolitici principi posti a tutela del libero mercato nell’attuale scenario globale. [a cura dell'autore]
X n.s.
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Bortoluzzi, Marco. "Il concorso apparente di norme nel diritto penale internazionale." Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2018. https://hdl.handle.net/11572/367729.

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Abstract:
La commissione sistematica o su larga scala dei crimini internazionali non sembra lasciare molto spazio a singole ed isolate violazioni. Il diritto penale internazionale costituisce, per sue caratteristiche intrinseche, luogo del molteplice e della pluralità, in cui il concorso di norme e di reati trova la sua più naturale e logica manifestazione. La ricerca ha ad oggetto il concorso apparente di norme nel diritto penale internazionale e, in particolare, le ipotesi di convergenze normative che si instaurano tra il crimine di genocidio, i crimini contro l’umanità e i crimini di guerra così come definiti dallo Statuto di Roma e applicati dalla Corte penale internazionale. Rilevata l’assenza, negli Statuti dei tribunali internazionali, di disposizioni dedicate al concorso di norme, e viste le criticità e insufficienze che emergono dalle soluzioni adottate dalla giurisprudenza, lo studio privilegia un approccio di diritto comparato volto a individuare – se esistono – principi e criteri di soluzione da applicarsi alle ipotesi di convergenza che si verificano tra i crimini codificati all’interno dello Statuto di Roma. L’analisi tiene distinte i casi di concorso intra-categoriale, che ricomprendono le convergenze che si verificano all’interno della stessa categoria di crimine, e le ipotesi di concorso inter-categoriale, avente ad oggetto le convergenze che si verificano tra le diverse categorie di crimini. Sullo sfondo la consapevolezza che qualsiasi strada intrapresa verso la razionalizzazione e semplificazione del concorso di norme deve fare i conti con l’impossibilità di eliminare o annientare a priori il fenomeno della convergenza, in quanto esso è inevitabile.
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Bortoluzzi, Marco. "Il concorso apparente di norme nel diritto penale internazionale." Doctoral thesis, University of Trento, 2018. http://eprints-phd.biblio.unitn.it/2823/1/Bortoluzzi_-_Il_concorso_apparente_di_norme_nel_diritto_penale_internazionale.pdf.

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Abstract:
La commissione sistematica o su larga scala dei crimini internazionali non sembra lasciare molto spazio a singole ed isolate violazioni. Il diritto penale internazionale costituisce, per sue caratteristiche intrinseche, luogo del molteplice e della pluralità, in cui il concorso di norme e di reati trova la sua più naturale e logica manifestazione. La ricerca ha ad oggetto il concorso apparente di norme nel diritto penale internazionale e, in particolare, le ipotesi di convergenze normative che si instaurano tra il crimine di genocidio, i crimini contro l’umanità e i crimini di guerra così come definiti dallo Statuto di Roma e applicati dalla Corte penale internazionale. Rilevata l’assenza, negli Statuti dei tribunali internazionali, di disposizioni dedicate al concorso di norme, e viste le criticità e insufficienze che emergono dalle soluzioni adottate dalla giurisprudenza, lo studio privilegia un approccio di diritto comparato volto a individuare – se esistono – principi e criteri di soluzione da applicarsi alle ipotesi di convergenza che si verificano tra i crimini codificati all’interno dello Statuto di Roma. L’analisi tiene distinte i casi di concorso intra-categoriale, che ricomprendono le convergenze che si verificano all’interno della stessa categoria di crimine, e le ipotesi di concorso inter-categoriale, avente ad oggetto le convergenze che si verificano tra le diverse categorie di crimini. Sullo sfondo la consapevolezza che qualsiasi strada intrapresa verso la razionalizzazione e semplificazione del concorso di norme deve fare i conti con l’impossibilità di eliminare o annientare a priori il fenomeno della convergenza, in quanto esso è inevitabile.
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Pisano, Angela. "I "public participation rights" nel diritto internazionale e comunitario dell'ambiente." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2009. http://hdl.handle.net/10077/3159.

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Abstract:
2006/2007
La tesi esamina il tema dei diritti di partecipazione del pubblico (“public participation rights”) nel diritto internazionale e nell’ordinamento giuridico comunitario, con specifico riferimento al settore ambientale, ove gli stessi hanno incontrato un particolare sviluppo. Lo spunto per la ricerca è stato offerto dalla conclusione della Convenzione di Aarhus del 1998, sull’accesso all’informazione, sulla partecipazione del pubblico al processo decisionale e sull’accesso alla giustizia in materia ambientale, che rappresenta la più compiuta codificazione dei diritti di partecipazione a livello internazionale. La prima parte della ricerca è dedicata all'evoluzione dei public participation rights nel diritto internazionale dell'ambiente e, in particolare, all'analisi delle novità introdotte dalla Convenzione di Aarhus, la quale si è inserita nel processo di codificazione del diritto all’ambiente come diritto umano di carattere “procedurale”. Si tenta, quindi, di ricostruire le origini e le motivazioni di tale approccio e di verificare se in che misura l’ambiente possa ritenersi oggi tutelato, a livello internazionale, come oggetto di un diritto umano. La seconda parte si focalizza sull’analisi dell’impatto della Convenzione (che è stata conclusa dalla Comunità Europea e dagli Stati membri nella forma di accordo misto) sull’ordinamento giuridico comunitario, analisi che ha costituito, però, l'occasione per una riflessione più ampia sulla rispondenza dello stesso ai principi di democraticità ed apertura. A livello comunitario in questi anni il dibattito sulla democratizzazione del sistema istituzionale si è concentrato, più che sullo sviluppo di singoli diritti di partecipazione, sul complesso tema della governance. L’analisi ha quindi tentato di evidenziare il legame fra i principi della good governance e i diritti sanciti dalla convenzione di Aarhus, indicando in quale misura i diritti di partecipazione democratica fossero già garantiti, in base alle previsioni dei Trattati e del diritto derivato, così come interpretati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. Vengono quindi analizzate le modifiche che l’attuazione della Convenzione di Aarhus ha reso necessarie nell’ordinamento comunitario. In primo luogo vengono evidenziati i problemi legati all’applicazione della Convenzione alle istituzioni comunitarie, disciplinata dal nuovo regolamento 1367/2006/CE. Inoltre, poiché nel diritto comunitario dell'ambiente i diritti di partecipazione erano già disciplinati da diversi atti di diritto derivato, la Comunità Europea ha predisposto un pacchetto normativo per il loro adattamento alle previsioni della Convenzione. Vengono, quindi, analizzate le direttive che già codificavano i diritti di partecipazione in materia ambientale, la loro congruità rispetto alle previsioni della Convenzione e le modifiche apportate dalla Comunità Europea per renderle coerenti con le previsioni internazionali. La ricerca prova, infine, a verificare, attraverso l’analisi delle elaborazioni dottrinali e giurisprudenziali sul tema degli accordi misti (e, in particolare, della recente sentenza sul caso dell'impianto MOX di Sellafield) la coerenza di tale modalità di attuazione, basata sull’adozione di atti di diritto derivato, rispetto al principio di sussidiarietà, che forse avrebbe consigliato di affidare l’attuazione dell’accordo internazionale agli Stati membri.
XX CICLO
1976
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Costantino, Federica. "L’elusione internazionale tra norma e fatto." Doctoral thesis, Luiss Guido Carli, 2010. http://hdl.handle.net/11385/200745.

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Abstract:
L’elusione fiscale in ambito nazionale ed internazionale. L’onere della prova nella disciplina dell’elusione. La ripartizione dell’onere della prova tra contribuente e Amministrazione finanziaria negli strumenti di contrasto all’elusione internazionale.
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Gregori, Marco <1982&gt. "Le fonti dell'arbitrato marittimo internazionale." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/8303.

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Abstract:
La tesi esamina l’arbitrato marittimo con riferimento ai fondamenti giuridici della sua disciplina, ossia alle sue fonti internazionali (convenzioni in materia arbitrale e marittima), nazionali (normative statali) e private (lex mercatoria nelle sue varie manifestazioni) nonché al rapporto tra queste e l’elemento fondativo dell’istituto arbitrale stesso, la volontà delle parti.
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Dimetto, Marco. "Il concetto di controversia nella giurisdizione internazionale." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2020. http://hdl.handle.net/11577/3425806.

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Abstract:
The first purpose of the dissertation is to outline the concept of dispute in various jurisdictional systems known to International Law (ICJ, DSB of the WTO, Investment Tribunals under the auspices of ICSID). Due to the multiplication of international judicial fora, there is the need to revise a classical topic, mainly by checking if the concept has assumed different peculiarities in different fields. This analysis is also useful for a number of reasons. First, to improve the knowledge of the different sub-systems in which the jurisdictional function takes place in International Law. Second, to analyse different facets of jurisdiction, given that the concept of dispute and jurisdictional questions relate to each other. The findings of the analysis indicate that, despite commonalities among different judicial sub-systems, the concept of dispute is not unified in International Law, and rather dependent on the nature of the judicial body and its powers. The second aim of the study is thus to grasp the reasons why there is no common and unified understanding of the concept of dispute among different judicial bodies and to identify trends and strategies that may lead to such an understanding. The dissertation is divided in four main parts. The first one is devoted to the identification of the constitutive elements of international disputes before the institution of the proceedings. The second one aims at understanding how the dispute brought before the relevant judicial organ is outlined. The third one considers the procedural elements that may affect the “perimeters” of the dispute. The fourth concerns the settlement of international disputes, both inside and outside the proceedings.
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CEOLOTTO, MATTEO. "LE SANZIONI DOGANALI TRA ORDINAMENTO INTERNAZIONALE E DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2019. http://hdl.handle.net/10280/67354.

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Abstract:
La tesi di dottorato esamina il tema della regolamentazione delle infrazioni alla disciplina doganale dell’Unione europea e delle relative sanzioni. La prima parte della tesi descrive le tappe rilevanti nel passaggio dall’unificazione tariffaria alla codificazione della legislazione doganale dell’Unione. Successivamente, è trattato il tema della compenetrazione tra potestà normativa dell’UE e residui ambiti di sovranità degli Stati membri in materia doganale, anche in riferimento al ruolo attualmente ricoperto dai principi generali del diritto, in particolare, per l’esercizio delle prerogative sanzionatorie. La seconda parte della tesi procede nell’esame della compatibilità tra il quadro normativo in materia di sanzioni doganali, precedentemente delineato, e la rilevante disciplina internazionale multilaterale. Infine, sono analizzati i profili di (in)coerenza tra le esigenze connesse alla realizzazione di un uniforme regime doganale dell’Unione e l’attuale contesto di diritto dell’UE, con particolare riferimento ai caratteri propri delle basi giuridiche, rilevanti per l’approntamento di una disciplina sanzionatoria doganale di fonte sovranazionale, ed alla concreta conformazione dei primi tentativi di normazione della materia.
The thesis examines the topic of the regulation of infringements to the European Union customs discipline, and the related sanctions. The first part describes the relevant steps in the transition from tariff unification to the codification of the EU customs legislation. Subsequently, the subject of the interpenetration between EU legislative power and residual areas of sovereignty of the Member States in customs matters is dealt with, also in reference to the role currently held by the general principles of law, in particular, for the exercise of the sanctioning competence. The second part of the thesis proceeds in examining the compatibility between the regulatory framework on customs sanctions, previously outlined, and the relevant international multilateral discipline. Finally, the thesis analizes the profiles of (in)coherence between the requirements related to the implementation of a uniform customs regime and the current EU law context, with particular reference to the characteristics of the legal bases, relevant for the setting of a supranational customs sanctioning discipline, and to the concrete conformation of the first attempts at regulating the matter.
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CEOLOTTO, MATTEO. "LE SANZIONI DOGANALI TRA ORDINAMENTO INTERNAZIONALE E DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2019. http://hdl.handle.net/10280/67354.

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Abstract:
La tesi di dottorato esamina il tema della regolamentazione delle infrazioni alla disciplina doganale dell’Unione europea e delle relative sanzioni. La prima parte della tesi descrive le tappe rilevanti nel passaggio dall’unificazione tariffaria alla codificazione della legislazione doganale dell’Unione. Successivamente, è trattato il tema della compenetrazione tra potestà normativa dell’UE e residui ambiti di sovranità degli Stati membri in materia doganale, anche in riferimento al ruolo attualmente ricoperto dai principi generali del diritto, in particolare, per l’esercizio delle prerogative sanzionatorie. La seconda parte della tesi procede nell’esame della compatibilità tra il quadro normativo in materia di sanzioni doganali, precedentemente delineato, e la rilevante disciplina internazionale multilaterale. Infine, sono analizzati i profili di (in)coerenza tra le esigenze connesse alla realizzazione di un uniforme regime doganale dell’Unione e l’attuale contesto di diritto dell’UE, con particolare riferimento ai caratteri propri delle basi giuridiche, rilevanti per l’approntamento di una disciplina sanzionatoria doganale di fonte sovranazionale, ed alla concreta conformazione dei primi tentativi di normazione della materia.
The thesis examines the topic of the regulation of infringements to the European Union customs discipline, and the related sanctions. The first part describes the relevant steps in the transition from tariff unification to the codification of the EU customs legislation. Subsequently, the subject of the interpenetration between EU legislative power and residual areas of sovereignty of the Member States in customs matters is dealt with, also in reference to the role currently held by the general principles of law, in particular, for the exercise of the sanctioning competence. The second part of the thesis proceeds in examining the compatibility between the regulatory framework on customs sanctions, previously outlined, and the relevant international multilateral discipline. Finally, the thesis analizes the profiles of (in)coherence between the requirements related to the implementation of a uniform customs regime and the current EU law context, with particular reference to the characteristics of the legal bases, relevant for the setting of a supranational customs sanctioning discipline, and to the concrete conformation of the first attempts at regulating the matter.
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FORTI, MIRKO. "La tutela dei diritti fondamentali nel contesto cibernetico. Profili di diritto interno, internazionale e dell'Unione europea." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2020. http://hdl.handle.net/11567/1006960.

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Abstract:
The main goal of this research is to define a complete human rights framework which could be relevant in the context of cyberspace, therefore to analyze how this kind of rights are enforced and protected under European Union law. Furthermore, my thesis would like to underline any deficit of the European legislation in this respect, thus proposing any improvements to guarantee effective enforcement of the human rights framework in the context of cyberspace. The first part of the thesis aims to address a preliminary issue, namely what is cyberspace and how this new ‘environment’ can be defined. Furthermore, to evaluate the actual human rights enforcement in this context, it is necessary to answer a very important question: what rules should govern cyberspace? In other words, the thesis intends to analyze the topic of cyber governance, with the purpose of individuating what entities can establish their rules over this new domain. The second introduces the several human rights relevant into the cyberspace, proposing also a complete analysis of each one of them, to evaluate their effectiveness and enforcement.
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BOTTIGLIERI, MARIA. "Il diritto al cibo adeguato. Tutela internazionale, costituzionale e locale di un diritto fondamentale “nuovo”." Doctoral thesis, Università del Piemonte Orientale, 2015. http://hdl.handle.net/11579/105576.

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