Dissertations / Theses on the topic 'Diritto internazionale'
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Giacomini, Angela <1995>. "Le Special Procedures nel diritto internazionale dei diritti umani." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/19129.
Full textLanzoni, Niccolo <1990>. "L'acquiescenza nel diritto internazionale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amsdottorato.unibo.it/9190/1/Lanzoni_Niccol%C3%B2_tesi.pdf.
Full textSilence as a legal fact constitutes a passive conduct which, adopted by a legal entity under particular circumstances, produces certain legal effects. The silence of States is an international legal fact. It shall be classified as a legal act when voluntary or intentional, and as a juridical fact stricto sensu when, albeit involuntary because unintentional, it still produces legal effects. On the basis of said distinction, this thesis aims to deepen and rationalize the juridical value of the silence of States in international law. The thesis is divided into five Chapters. Chapter I analyses silence as a legal act, namely the phenomenon of acquiescence. Chapters II, III and IV describe the legal concepts of international law within which acquiescence plays a role in the production of legal effects. Chapter II is dedicated to acquisitive prescription, while Chapter III examines how the silence of States affects the formation, development, interpretation and extinction of the sources of the international legal system. Chapter IV addresses further areas of international law with reference to the application of acquiescence. Chapter V deals with the silence of States as a juridical fact stricto sensu. The latter does not integrate a qualified conduct to which the international legal order attributes the production of legal effects, but one of those segments which make up a legal concept of international law. International law provides at least two legal concept that contemplate the existence of an involuntary silence: estoppel by silence and extinctive prescription. Eventually, the thesis draws some conclusions on the importance that the silence of States has in international law. The aim is to formulate a general theory on a phenomenon that is often overlooked or, in any case, addressed by international legal scholarship with a purely sector-by-sector and, therefore, inadequate approach.
FERRI, Marcella. "La tutela dei diritti culturali nel diritto internazionale dei diritti umani." Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2013. http://hdl.handle.net/10446/28977.
Full textCASIGLIA, STEFANIA. "La protezione del lavoratore marittimo tra diritto internazionale pubblico e diritto internazionale privato." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2021. http://hdl.handle.net/11567/1045543.
Full textGiusti, Chiara <1995>. "la protezione del diritto all'abitazione nel diritto internazionale." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15998.
Full textCasagrande, Marco. "Il porto nel diritto internazionale." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3422442.
Full textNell'esaminare la disciplina del porto civile nel diritto internazionale e dell'Unione europea, la tesi parte necessariamente dalla spiccata evoluzione da cui è stato interessato negli ultimi decenni, appunto, il porto civile. Quest'ultimo non solo ha subito mutamenti radicali nei suoi sistemi di governance, ma ha assunto un ruolo strategico nell'economia globalizzata mondiale. Dopo i disastri petroliferi che hanno interessato l'Europa a partire dagli anni '70, inoltre, il porto civile è stato progressivamente valorizzato come luogo di controllo ed enforcement degli standard marittimi. Infine, dopo l'11 settembre 2001 ci si è resi conto che il porto civile è l'unico luogo in cui sia possibile controllare il traffico dei container. Questi ultimi, infatti, sono concepiti per attraversare il porto rimanendo sigillati, e sono potenzialmente un mezzo ideale per il contrabbando di merci vietate, anche a scopo terroristico. Questa rinnovata importanza dei porti ha condotto alla stipula dei Memorandum d'intesa regionali sul port State control, e all'adozione del Codice ISPS sulla port and ship security. Questi strumenti internazionali e i relativi atti di recepimento nel diritto dell'Unione europea, peraltro, non sono sufficienti a bilanciare la scarsità, eterogeneità e frammentarietà della norme internazionali ed europee sul porto civile, ambito a lungo trascurato per una varietà di fattori: la statalizzazione dei porti conseguente alla decolonizzazione, la località dei cluster marittimo-portuali e la persistente riluttanza di questi ultimi a dialogare con contesti extraportuali anche nazionali, men che meno sovranazionali o internazionali.
FATTA, Caterina. "AUTODETERMINAZIONE SESSUALE NEL DIRITTO INTERNAZIONALE." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2014. http://hdl.handle.net/10447/90764.
Full textSPAGNOLO, ANDREA. "L¿APPLICABILITA¿ DEL DIRITTO INTERNAZIONALE UMANITARIO E DEI DIRITTI UMANI NELLE OPERAZIONI MILITARI ISTITUITE DALLE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2012. http://hdl.handle.net/2434/172496.
Full textCantillo, Eugenio. "Diritto all'ambiente e forme di tutela nel diritto internazionale." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2010. http://hdl.handle.net/10556/124.
Full textI gravi problemi generati dall’imponente sviluppo della società industriale, dalle molteplici forme di inquinamento al depauperamento delle risorse naturali, hanno da tempo posto al centro degli interessi della comunità internazionale la tutela dell’ambiente. E parallelamente la nozione relativa, che in passato aveva una connotazione prevalentemente scientifica e naturalistica, ha assunto sempre più rilevanza nel novero delle scienze sociali, in special modo nella dimensione giuridica correlata agli interventi lato sensu normativi a livello interno agli Stati e a livello internazionale, concernenti, appunto, le esigenze di tutela preventiva, conformativa e repressiva. Questi interventi erano in origine soltanto frammentari e settoriali, relativi, cioè, alla tutela di specifici interessi o “beni”, quali il paesaggio, il suolo, l’aria e l’acqua, l’assetto del territorio. Ma poi sono sempre più venuti assumendo, in campo internazionale, un ambito più vasto, corrispondente ad una concezione unitaria dell’ambiente, inteso come sintesi dei fattori che permettono e favoriscono la vita degli esseri viventi, che assicurano, ad un tempo, una vita salubre, il benessere umano individuale e collettivo ed uno “sviluppo sostenibile”, tale cioè da preservare l’ambiente anche rispetto alle generazioni future. Si è preso atto, in particolare, sul piano oggettivo, della stretta correlazione tra i diversi interessi, i quali, assunti nella loro globalità, confluiscono appunto nell’unico “bene” complesso che si qualifica ambiente; e, sul piano soggettivo, del carattere collettivo degli interessi medesimi, che implicano il coinvolgimento di una pluralità di Stati e spesso hanno carattere planetario. L’ambiente, così inteso, è un valore fondamentale della comunità internazionale, la cui tutela corrisponde ad un interesse di tutti e di ciascuno degli Stati, al pari delle altre esigenze primarie dell’intera umanità. Solo l’azione sinergica degli esponenti della comunità internazionale può, del resto, soddisfare le aspettative di benessere e di qualità della vita connesse alla tutela dell’ambiente, la quale ha pertanto assunto le dimensioni di una funzione sociale dell’ordinamento internazionale, affidata in primis agli Stati, ma anche alle organizzazioni regionali, governative e non, e agli organi dell’O.N.U., i quali – secondo una felice definizione della migliore dottrina – operano come co-agenti della comunità globale. La sfida della tutela ambientale universale è, inoltre, emblematica delle profonde mutazioni nella struttura dell’ordinamento internazionale , che con caratteri di sempre maggiore nettezza mostra, da un lato, una progressiva erosione dei tradizionali spazi di sovranità statale – stante, come detto, l’insufficienza di risposte unilaterali ad esigenze che richiedono oggettivamente interventi integrati – dall’altro un’importanza crescente ed incisiva dei c.d. nuovi attori del diritto internazionale, che si manifesta appieno proprio nel settore oggetto della presente analisi, in cui si assiste, altresì, alla proliferazione di organi di tipo para-giurisdizionale istituiti a presidio di specifiche regolazioni convenzionali e, talvolta, accessibili direttamente dagli individui singolarmente e/o collettivamente. Ed è proprio il ruolo determinante per la tutela dell’ambiente svolto dai singoli e dalle associazioni ambientaliste che ha costituito un punto di vista privilegiato della ricerca, il cui principale obiettivo scientifico è quello di analizzare ed illustrare i processi normativi e giurisprudenziali che hanno condotto, a parere di chi scrive, all’emersione del diritto individuale all’ambiente salubre quale autonoma posizione giuridica soggettiva rientrante tra i diritti fondamentali alla stregua dell’ordinamento dell’Unione Europea e del sistema della CEDU. Conviene al riguardo precisare sin d’ora che detta teorizzazione è stata volutamente limitata proprio allo spazio giuridico europeo in considerazione dei più sicuri indici che in esso si rinvengono in ordine alla configurabilità di tale diritto, il cui fondamento, sotto il profilo sistematico, va ricercato in una norma generale che vincola gli Stati alla protezione dell’ambiente che – come si dirà – può verosimilmente ritenersi invalsa secondo un processo di produzione normativa di natura “organica” elaborato da Ziccardi Capaldo . La ricerca è stata, quindi, diretta in primis ad evidenziare le indicazioni internazionali (norme, giurisprudenza, comportamenti degli Stati egemoni e delle principali organizzazioni internazionali) che valgono a fugare i dubbi di parte della dottrina in ordine all’autonoma configurabilità di una norma di diritto internazionale generale che preveda un obbligo erga omnes di proteggere l’ambiente, inteso in senso unitario e non settoriale quale patrimonio comune dell’umanità. L’enucleazione di tale norma ha, quindi, posto le basi per interrogarsi sulla sussistenza – a livello europeo, come si è precisato – di un diritto individuale all’ambiente di matrice internazionale, funzionale proprio alla tutela del bene giuridico “ambiente” nei sensi innanzi delineati. Tale verifica è parsa di particolare attualità soprattutto alla luce dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, della piena efficacia giuridica riconosciuta alla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea ed al collegamento organico da essa sancito tra gli standard di tutela dei diritti umani previsti dalla normativa dell’UE e della Convenzione Europea per la Salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà Fondamentali. In particolare, ci si è chiesto se la Carta di Nizza contempli, o meno, un autonomo diritto all’ambiente e se - ed in che misura - detto processo di integrazione tra diversi ordinamenti contribuisca all’emersione di un siffatto diritto. La dottrina si è, invero, da tempo ed autorevolmente dedicata a delineare i contorni del diritto all’ambiente salubre quale posizione giuridica tutelata, pur indirettamente, dalla CEDU Non risulta, invece, particolarmente approfondito il profilo attinente alla configurabilità del diritto all’ambiente nell’ordinamento dell’Unione Europea, rientrante nel novero dei diritti fondamentali tutelati dalla summenzionata Carta alla stregua di analoghi diritti di tipo programmatico, primo tra tutti il diritto alla salute, che, diversamente dal diritto all’ambiente, è positivamente sancito all’articolo 35 della Carta. Ciononostante, come si è argomentato nel testo, riteniamo che anche la tutela dell’ambiente, al pari della tutela della salute, si configuri non già come mero obiettivo da integrare nelle politiche dell’Unione, bensì anche – e soprattutto – come autonomo diritto soggettivo tutelato da adeguati mezzi di tutela di tipo preventivo e repressivo, interni ed esterni all’ordinamento dell’Unione, che confermano, altresì, la sussistenza di un sistema multilivello di “enforcement integrato” a presidio di valori condivisi della società globale. Sul piano organizzativo, la ricerca ha preso le mosse da un excursus storico sulle origini del diritto internazionale dell’ambiente, in uno all’analisi della principale normativa e della pertinente prassi internazionale, seguito dallo studio delle fonti del medesimo settore dell’esperienza giuridica. L’analisi ha così rivelato una crescita esponenziale, in un lasso di tempo relativamente breve, di convenzionali internazionali bilaterali e multilaterali sempre più estese ed incisive, nonché la progressiva formazione di norme munite dei requisiti propri della consuetudine. In particolare si ravvisano i caratteri di norme primarie dell’ordinamento internazionale nella previsione della responsabilità degli Stati autori di un evento lesivo dell’ambiente, in base al principio “chi inquina paga”; nell’obbligo di prevenzione – che si aggiunge a quello di riparazione – per cui gli Stati sono tenuti ad adottare comportamenti virtuosi, diretti a prevenire il danno ambientale; negli obblighi di informazione, consultazione e negoziazione cui sono tenuti gli Stati responsabili di un danno ambientale (una siffatta norma, la cui esistenza era stata già invocata in occasione dell’incidente nucleare di Chernobyl, si rinviene anche nei principi 18 e 19 della Dichiarazione di Rio de Janeiro sull’Ambiente e lo Sviluppo del giugno 1992). Analogamente, si ritiene ormai di matrice consuetudinaria “l’obbligo di proteggere e preservare l’ambiente marino” sancito dall’articolo 192 della Convenzione di Montego Bay del 1982. Tuttavia, come si è accennato, maggiori perplessità si sono registrate in dottrina quanto alla corrispondenza al diritto internazionale generale di una norma che imponga agli Stati di proteggere l’ambiente tout court, quale equilibrio ecologico complessivo, senza limitazioni a specifici settori. I dubbi attengono, in primis, allo stesso contenuto di un siffatto precetto, che può essere delineato, all’evidenza, solo con riferimento al bene oggetto della tutela, cioè all’ambiente inteso come equilibrio ecologico, per modo che il suo contenuto minimo va ravvisato nell’obbligo di ciascun Stato di astenersi da comportamenti positivi o negativi atti a turbare, appunto, quell’equilibrio e, per converso, nell’obbligo di compiere quanto necessario per la sua conservazione. E proprio per questo carattere di clausola generale, che solo in concreto può tradursi in comportamenti specifici, non risulta agevole individuare prassi condivise, espresse in comportamenti reiterati ed uniformi della gran parte dei componenti della comunità internazionale, che possano dar vita ad un precetto di matrice consuetudinaria, sorretto da un’idonea opinio necessitatis. Nonostante la posizione tuttora dubitativa di parte della dottrina, riteniamo, tuttavia, oggi possibile fornire una risposta positiva circa la sussistenza della suddetta norma di protezione ambientale, in considerazione degli inequivoci segnali provenienti dalle forze prevalenti della comunità internazionale, rappresentate e/o confermate in occasione di vertici internazionali, nonché dalle indicazioni contenute nelle pronunce delle Corti internazionali e dalle sempre più stringenti e dettagliate norme di origine pattizia che, come si è detto, disciplinano praticamente ogni ambito riconducibile alla tutela ambientale. Da tali elementi, infatti, è lecito desumere l’esistenza di un principio di tutela dell’ambiente, condiviso da gran parte degli Stati, che, pur non avendo una sicura autonoma valenza normativa secondo il tradizionale procedimento di matrice consuetudinaria, assume una connotazione ben più rilevante se apprezzato alla stregua del suddetto processo “organico” di produzione normativa, che si rivela più appropriato per consentire alla scienza giuridica di rispondere in modo puntuale alle sfide della società globale. In particolare, attraverso una sostanziale revisione della nota tesi dei “principi costituzionali” del Quadri , secondo tale indirizzo dottrinale le volizioni e, in genere, le determinazioni generali manifestate o attuate dagli Stati egemoni si traducono in norme generali o principi giuridici internazionali, vincolanti per l’intera comunità, quando siano accettate e fatte proprie dalla gran parte del resto del corpo sociale internazionale in sedi istituzionali, oppure, più in generale, in occasione di grandi vertici e conferenze internazionali, in conformità all’attuale tendenza di organizzazione istituzionale della società internazionale. Tra questi principi generali può essere annoverato, appunto, quello che impone la tutela dell’ambiente, quale valore fondamentale dell’ordinamento giuridico internazionale, condiviso dagli Stati egemoni e dalla maggioranza degli altri in atti ed accordi internazionali (considerati nella prima parte di questo lavoro), spesso raggiunti in occasione di vertici e conferenze internazionali e, soprattutto, in sede O.N.U. La quale, com’è noto, spesso superando il ruolo istituzionale, ha agito anche come interprete degli Stati uti universi, vale a dire dell’intera comunità internazionale, ed ha assunto la tutela diretta o indiretta di interessi e valori globali , tra i quali, appunto, la tutela dell’ambiente. La formazione di un principio fondamentale nei sensi e nei modi ora detti sembra, del resto, trovare riscontro anche in alcune statuizioni della Corte Internazionale di Giustizia. Questa, da ultimo con la recente sentenza del 13 luglio 2009 relativa ad una controversia tra Costa Rica e Nicaragua, ha, infatti, espressamente ravvisato proprio nella protezione dell’ambiente un primario interesse di tipo pubblicistico, suscettibile di limitare e condizionare il godimento di altri diritti. Nella giurisprudenza della massima autorità giurisdizionale internazionale si rinvengono, quindi, puntuali indicazioni nel senso della necessità che gli Stati assumano responsabilità sempre più penetranti per la tutela dell’ambiente, in ragione del carattere globale degli interessi coinvolti, che esige risposte ugualmente globali ai gravi problemi che questi suscitano. Appunto in siffatta norma generale va ricercato il fondamento del diritto individuale all’ambiente. In particolare, parallelamente al consolidamento del suddetto processo di produzione normativa, l’accresciuta sensibilità ambientale si è manifestata, soprattutto a seguito della Conferenza di Stoccolma sull’Ambiente Umano del 1972, nella progressiva inclusione della protezione dell’ambiente nelle Carte Costituzionali di numerosi Stati, quale nuovo valore fondamentale meritevole di essere sancito nelle disposizioni interne di rango primario, declinandosi in concreto nella frequente previsione di uno specifico diritto individuale a beneficiare di un ambiente salubre, ovvero in norme che demandano tale compito agli stessi Stati, tenuti per questa via ad adottare misure di dettaglio idonee a dare concretezza alle pertinenti previsioni costituzionali. In quest’ottica l’analisi delle disposizioni costituzionali dei Paesi membri dell’Unione Europea consente di riscontrare come la tutela ambientale sia ad oggi presente in pressoché tutte le normative fondamentali degli stessi, compresa quella italiana all’articolo 117, commi 2 e 3 Cost. Tali previsioni, in uno all’inclusione della tutela ambientale nella Carta dei Diritti Fondamentali dell’Unione Europea - che fa espresso riferimento proprio alle tradizioni costituzionali degli Stati membri - ed alla recente entrata in vigore del Trattato di Lisbona, rappresentano, come si dirà nel prosieguo del lavoro, elementi decisivi al fine di pervenire ad affermare, altresì, l’esistenza del diritto all’ambiente quale diritto fondamentale dell’ordinamento dell’Unione; e ciò, nonostante la suddetta Carta non ne contenga un’esplicita previsione. Quanto al contenuto di tale diritto, da un punto di vista sostanziale esso è da ricercarsi, innanzitutto, nei principi fondamentali della politica ambientale dell’Unione Europea, sanciti dall’articolo 191, comma 2, del Trattato sul Funzionamento dell’UE, ovvero “sui principi della precauzione e dell’azione preventiva, sul principio della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente, nonché sul principio «chi inquina paga»”. Detti principi rappresentano, infatti, le pietre angolari intorno alle quali parametrare la legittimità di atti e norme emanate sia dalle Istituzioni dell’UE, sia dai singoli Paesi membri, e che allo stesso tempo danno sostanza al complesso di disposizioni interne e sovranazionali che sempre più incisivamente consentono agli individui singolarmente o collettivamente di pretendere, attraverso mezzi di tutela preventiva e repressiva anche di tipo giudiziale, il rispetto dell’ambiente, dando luogo, in concreto, all’emersione di uno specifico diritto umano all’ambiente. Sotto altro profilo, passando a considerare l’oggetto di un tale diritto, si è per l’appunto, constatato come la tutela dell’ambiente, sul piano strettamente giuridico, si sia storicamente sviluppata proprio muovendo dalla sua stretta interconnessione con il rispetto dei diritti umani, stante – per l’appunto – l’ormai acclarata interdipendenza tra gli obiettivi della conservazione dell’esistenza umana e della protezione ambientale. E nell’affrontare il tema del rapporto tra uomo e ambiente, sul piano giuridico si è ritenuto di privilegiare, quindi, un approccio cosiddetto right-based, in conformità all’orientamento dottrinale e giurisprudenziale volto a fare rientrare, pur con modalità differenti, la tutela dell’ambiente all’interno dell’ampia cornice dei diritti umani, avvalendosi della forza ad essi universalmente riconosciuta e della particolare incisività di taluni organi preposti a vigilarne l’osservanza. Un ruolo determinante in tal senso è stato (ed è tuttora) svolto dalla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, a cui è stata dedicata, nel secondo capitolo del lavoro, un’ampia attenzione. In particolare, attraverso un’interpretazione teleologicamente orientata delle disposizioni pattizie, la Corte di Strasburgo ha fatto rientrare la difesa dell’ambiente tra le posizioni giuridiche soggettive tutelate da alcuni dei diritti fondamentali consacrati nella CEDU, sino a sancire, in una recente pronuncia, l’esistenza di uno specifico diritto umano all’ambiente salubre, contribuendo, altresì a delinearne, i contenuti sostanziali e procedurali. Tale orientamento giurisprudenziale, comporta, in particolare, il positivo effetto di aggiungere, di fatto, il diritto all’ambiente al catalogo dei diritti umani tutelati dalla CEDU, consentendo, così, agli individui che singolarmente o collettivamente si ritengano lesi da comportamenti di Stati negligenti riguardo al livello di protezione ambientale, di potersi valere dei rimedi previsti per la tutela dei diritti umani secondo il sistema di tale Convenzione. E proseguendo per questa strada, analizzando nel dettaglio le numerose disposizioni del Trattato sull’Unione Europea e della Carta dei Diritti Fondamentali che sanciscono una stretta interrelazione tra i diritti fondamentali assicurati dall’ordinamento dell’Unione e quelli previsti nella CEDU, come interpretata alla luce della relativa giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, si perviene ugualmente ad affermare l’esistenza a livello dell’Unione Europea del diritto all’ambiente (a cui, a seconda delle soluzioni concretamente proposte, si tende ad aggiungere l’aggettivo salubre – human right to a healthy environment – ovvero florido – human right to a good environment), il quale si colloca accanto ai tradizionali diritti fondamentali, per cui ogni componente del genere umano viene investito della titolarità di un’autonoma posizione giuridica, nella quale confluiscono situazioni soggettive e poteri diversi previsti a garanzia della conservazione a lungo termine delle risorse naturali, nell’interesse delle generazioni presenti e future. Sul piano dell’inquadramento sistematico si discute se questo diritto possa ricondursi nello schema classico dei diritti della persona ovvero sia una formula sintetica per indicare una serie di situazioni soggettive diversamente strutturate e tutelate, concernenti beni che tali non sono in senso economico (trattandosi di un insieme di res communes omnium: acqua, aria, luce, calore atmosferico, etc.). Tenuto conto, però, che ai fini della qualificazione come diritto soggettivo non è elemento essenziale la possibilità di appropriazione del bene che ne è oggetto, essendo, invece, sufficiente l’attitudine dello stesso bene a soddisfare un interesse del titolare del diritto medesimo, non sembra esservi ostacolo a ravvisare nell’ambiente un bene giuridico immateriale di carattere collettivo, che compete – secondo lo schema dei diritti sociali – alla collettività ed ai singoli per la conservazione dell’equilibrio ecologico, cioè ad ogni essere umano in quanto componente della comunità umana globalmente considerata. Quanto agli aspetti procedurali del diritto all’ambiente, vengono anzitutto in considerazione i principi e le norme concernenti gli strumenti di tutela preventiva, disciplinati nella consapevolezza che prevenire è meno gravoso del risarcire le conseguenze delle attività rischiose. In particolare, assumono grande rilievo – in quanto costituiscono il presupposto di qualunque efficace azione di tutela (per la quale è indispensabile una corretta definizione degli interessi coinvolti) – l’informazione ambientale e la partecipazione ai processi decisionali delle determinazioni degli Stati che incidono sull’ambiente. Al riguardo, un ruolo di primaria importanza è svolto dalle disposizioni della Convenzione U.N.E.C.E. (United Nations Economic Commission for Europe) sull’accesso alle informazioni, la pubblica partecipazione e l’accesso alla giustizia in materia ambientale (Convenzione di Aarhus, del 25 giugno 1998), che non definisce il contenuto del diritto individuale ad un ambiente salubre, ma, disciplinando aspetti fondamentali della tutela dell’ambiente, ha decisamente contribuito alla concreta configurazione di un siffatto diritto nel continente europeo (in conformità del resto, alla dichiarata finalità della convenzione, stipulata “per contribuire a tutelare il diritto di ogni persona, nelle generazioni presenti e future, a vivere in un ambiente atto ad assicurare la sua salute e il suo benessere”). Ed allo studio dei primi due “pilastri” della Convenzione di Aarhus (accesso alle informazioni e pubblica partecipazione ai procedimenti ambientali) è, per l’appunto, dedicato il terzo capitolo del lavoro, ove si sottolinea, altresì, come i doveri di informazione e partecipazione ai processi decisionali, svincolati dal riferimento alla materia ambientale, si configurano anche come norme aventi natura consuetudinaria. In particolare, il diritto all’informazione ambientale, quale articolazione del diritto all’ambiente, spetta, nei confronti delle autorità statali, alle organizzazioni ambientaliste (associazione, comitati di tutela di interessi diffusi, etc.) ed ai singoli cives, che sono legittimati a valersi dei rimedi previsti per il caso di mancata osservanza. In questi sensi dispongono, per l’appunto, la già ricordata Convenzione di Aarhus ed altresì le disposizioni della Direttiva 2003/4/CE del Parlamento europeo e del Consiglio (attuativa del primo pilastro della Convezione di Aarhus), nonché del Regolamento CEE del Consiglio 7 maggio 1990, n. 1210/90, che ha istituito l’Agenzia Europea dell’Ambiente. D’altra parte, il diritto di partecipazione del pubblico ai processi decisionali viene garantito, in primo luogo, attraverso la pubblicità delle iniziative e dei progetti in materia ambientale; e, in secondo luogo, dai procedimenti istruttori, consultazioni, indagini conoscitive anche in contraddittorio dei soggetti interessati, etc. Il quarto capitolo della tesi si occupa, invece, del c.d. “terzo pilastro” della citata Convenzione di Aarhus, dedicandosi un’attenzione particolare all’accesso alla giustizia in materia ambientale nell’Unione Europea. Al riguardo, riveste rilievo qualificante della ricerca lo studio del sistema di tutela giudiziale dell’Unione, che appare ancora insufficiente ad assicurare integrale protezione al diritto all’ambiente, stante la persistenza di rilevanti ostacoli ad un efficace ed effettivo accesso alla giustizia dell’Unione da parte dei singoli soggetti, che, di fatto, impedisce un pieno controllo della legittimità degli atti comunitari. E ciò sebbene l’Unione Europea abbia autonomamente ratificato la Convenzione di Aarhus, impegnandosi a migliorare il proprio sistema di garanzie giurisdizionali quale strumento necessario ad assicurare il rispetto del diritto comunitario dell’ambiente e, più in generale, a tutelare il diritto umano ad un ambiente salubre, obiettivo finale della Convenzione di Aarhus, fatto proprio dall’Unione ed espressamente incluso tra gli obiettivi dalla politica comunitaria in materia ambientale. Si è, inoltre, sottolineata l’importanza dell’attività di compliance, consistente nel ricorso a meccanismi di controllo flessibili e dal carattere non adversarial, che si sta rivelando, appunto, un valido strumento per favorire, anche attraverso misure di tipo premiale e di ausilio tecnico, l’osservanza dei più importanti trattati di diritto internazionale dell’ambiente, soprattutto da parte dei Paesi meno dotati da un punto di vista tecnologico e finanziario. Imporre a Stati che versano in situazioni di particolare difficoltà pesanti sanzioni economiche a titolo di responsabilità per un inadempimento convenzionale potrebbe, infatti, rivelarsi addirittura controproducente rispetto agli obiettivi prefissati, oltre che socialmente insostenibile. D’altra parte, la moltiplicazione dei trattati bilaterali e multilaterali in materia di ambiente, unita al loro notevole tecnicismo ed all’assenza di un sistema strutturato obbligatorio di accertamento giudiziale (sul modello del sistema introdotto dal W.T.O.), rende estremamente utile, se non indispensabile, il contributo degli organi “quasi-giurisdizionali” all’attuazione ed al rispetto degli accordi internazionali in materia ambientale. In linea con le indicazioni di autorevole dottrina si condivide, quindi, l’auspicio che si proceda ad un loro compiuta istituzionalizzazione che – pur lasciandone impregiudicati i tratti sostanziali – ne assicuri l’indipendenza e l’imparzialità, rafforzandoli in termini di capacità operativa ed efficienza. Al qual proposito va detto che anche riguardo ai meccanismi di compliance, in ragione della particolare natura pubblicistica e al tempo stesso privatistica degli interessi correlati alla tutela dell’ambiente, appare determinante il contributo dei singoli e degli enti associativi istituzionalmente dediti alla tutela dell’ambiente, titolari di un distinto potere di iniziativa di compliance. In questo senso, di particolare interesse è, infine, risultato lo studio dell’attività del Compliance Committee della Convenzione di Aarhus, quale pioneristico esempio di struttura preposta al controllo dell’attuazione degli obblighi convenzionali, informato ai più avanzati criteri di democrazia partecipativa, nonché ai canoni dell’indipendenza, dell’ampia accessibilità e della trasparenza operativa.
VIII ciclo n.s.
CHERUBINI, SANDRA. "Diritto del commercio internazionale e tutela dei diritti fondamentali dei fanciulli." Doctoral thesis, Università Bocconi, 2012. https://hdl.handle.net/11565/4054295.
Full textROSSI, MAGDA. "I POPOLI INDIGENI NELL'ORDINAMENTO INTERNAZIONALE: DIRITTO ALLA TERRA E DIRITTI UMANI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2011. http://hdl.handle.net/2434/153113.
Full textZaru, Davide. "La tutela internazionale dei diritti umani: verso la "costituzionalizzazione" dell'ordine internazionale?" Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2010. http://hdl.handle.net/11577/3427421.
Full textLa presente ricerca si è proposta anzitutto di ricostruire il dibattito in dottrina teso ad indagare l’emergenza nell’ordine internazionale di una costituzione internazionale. Sulla base di tale indagine, abbiamo ricavato una definizione di costituzionalizzazione che riteniamo trasversale e applicabile ai diversi approcci presi in considerazione. Sarebbe da intendersi per costituzionalizzazione dell’ordine internazionale quel processo di creazione di una teoria tendente alla clarificazione/istituzionalizzazione dei meccanismi per lo svolgimento delle seguenti funzioni costituzionali: da una parte, la creazione delle regole che disciplinano la produzione ed esecuzione delle norme, la definizione della soggettività e della giurisdizione, così come la struttura, la divisione e la distribuzione delle sfere di giurisdizione, nonché – in secondo luogo – la funzione di controllo del potere pubblico e orientamento delle sue finalità, attraverso la definizione e attuazione dei valori giuridici fondamentali della Comunità internazionale. Non abbiamo scelto di aderire a quelle posizioni che vedono allo stato la possibilità di rintracciare nell’ordinamento internazionale un unico strumento che integri adequatamente le soprammenzionate funzioni, si tratti della Carta delle Nazioni unite, o in aggiunta ad esso di una serie di “trattati dell’ordine mondiale”, e che pertanto concentrano la loro analisi in una comparazione tra tali strumenti e le costituzioni al livello nazionale. La nostra ipotesi di lavoro è invece consistita nel confrontare il regime del diritto dei diritti umani, tanto da una prospettiva materiale quanto istituzionale, con la griglia interpretativa delle funzioni costituzionali. Da una prospettiva materiale, l’affermazione per cui il diritto dei diritti umani svolge un ruolo costituzionale si giustifica attraverso le peculiarità che caratterizzano la formazione e la resistenza delle norme sui diritti umani di diritto generale, ed il ricorso alle numerose soluzioni innovative integrate nell’ambito di produzione e attuazione di tale diritto convenzionale, le quali mirano ad un efficace adattamento di tali norme alla situazione speciale della tutela di individui. Inoltre, abbiamo sottolineato la predisposizione del diritto dei diritti umani a dare origine a regimi oggettivi il rispetto della cui integrità costituisce un interesse legittimo ed un dovere morale di ciascuno Stato partecipante a tale regime, se non addirittura un obbligo. Nell’analisi dell’influenza positiva del diritto dei diritti umani sulla costituzionalizzazione dell’ordine internazionale anche da un punto di vista istituzionale, si è messo l’accento sulle complesse modalità di garanzia di tale diritto, non limitandosi ad una considerazione degli effetti formali dell’atto finale del controllo, ma riconoscendo che meccanismi di controllo non-giurisdizionali, possono avere effetti altrettanto efficienti e funzionali. Gli organi giurisdizionali di garanzia, come quelli non-giurisdizionali di tutela dei diritti umani, svolgono la medesima attività sostanziale, in quanto entrambi determinano anzitutto i fatti rilevanti, sussumono poi tali fatti sotto le norme pertinenti, per valutarli e determinare quindi se quei fatti si concretano o meno nella violazione delle norme alle quali sono stati ragguagliati. Nonostante non si rivelino in grado di portare all’adozione, contro lo Stato responsabile, di provvedimenti atti a vincolare giuridicamente la condotta di tale Stato, gli organi di controllo non-giurisdizionale sono idonei ad individuare le infrazioni delle norme internazionali cui attengono, ad instaurare un dialogo con lo Stato al fine di determinare la cessazione dell’illecito ed eventualmente giustificano l’attivarsi di altri soggetti nell’attuazione della responsabilità. Nella dimostrazione della valenza costituzionale del diritto dei diritti umani da un punto di vista sia materiale che istituzionale, si è di fatto insistito sull’esigenza di applicare in maniera rigorosa ma piena al diritto dei diritti umani gli istituti esistenti del diritto internazionale, come ad esempio il regime della responsabilità dello Stato. In questo senso, riteniamo che un approccio costituzionale offra una griglia interpretativa utile a valorizzare la forza giuridica di tale diritto, come la pregnanza giuridica dei momenti diversi dell’accertamento e del controllo del diritto dei diritti umani, nonché i gradi diversi di accountability di ciascun attore che partecipa alle attività di controllo o accertamento dell’esecuzione dei diritti umani, contrastando pertanto quegli approcci che vedono nei diritti umani dei valori etici che occorre prendere in considerazione, o ‘mainstream’, nell’azione governativa. In conclusione, l’incisività delle funzioni costituzionali promosse dal diritto dei diritti umani risulta chiara se si prendono in considerazione con maggiore dettaglio le seguenti considerazioni: la capacità di tale diritto di facilitare un’osmosi materiale tra ordinamento internazionali e ordinamenti interni e ordinamenti sui generis; l’alto grado di osservanza spontanea degli Stati alle decisioni degli organi di controllo, che si giustifica con l’importanza attribuita a tale corpus giuridico; la capacità di tale diritto di porre in essere regimi oggettivi caratterizzati dalla tutela di interessi comunitari, e di garantirne l’integrità; la capacità di alimentare una logica cooperativa per la promozione e protezione dei diritti garantiti; la capacità di modificare radicalmente le finalità del diritto internazionale.
DE, SOCIO VALENTINA. "L'ACCESSO ALL'ACQUA POTABILE NEL DIRITTO INTERNAZIONALE." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2011. http://hdl.handle.net/10280/983.
Full textThis thesis aims to investigate the existence of a human right to safe and potable water within the international law. As none of the main covenant related to human rights explicitly mentions the right to water, an inferential process used by doctrine had to be analysed in order to verify whether it was consistent with the purpose of affirming the existence of such a human right. Also main instruments of soft law have been studied. Particularly the latest resolution of the United Nations General Assembly and Human Rights Council have been accurately studied in order to verify the existence of a common "opinio iuris" among States. We consider that today a common opinion has actually emerged and therefore we suggest in conclusion to address a future research on the issue towards the analysis of State practices in order to verify the emerging of a customary right.
DE, SOCIO VALENTINA. "L'ACCESSO ALL'ACQUA POTABILE NEL DIRITTO INTERNAZIONALE." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2011. http://hdl.handle.net/10280/983.
Full textThis thesis aims to investigate the existence of a human right to safe and potable water within the international law. As none of the main covenant related to human rights explicitly mentions the right to water, an inferential process used by doctrine had to be analysed in order to verify whether it was consistent with the purpose of affirming the existence of such a human right. Also main instruments of soft law have been studied. Particularly the latest resolution of the United Nations General Assembly and Human Rights Council have been accurately studied in order to verify the existence of a common "opinio iuris" among States. We consider that today a common opinion has actually emerged and therefore we suggest in conclusion to address a future research on the issue towards the analysis of State practices in order to verify the emerging of a customary right.
WINKLER, MATTEO MARIA. "Accountability dell'impresa multinazionale e diritto internazionale." Doctoral thesis, Università Bocconi, 2007. http://hdl.handle.net/11565/4051005.
Full textBigi, G. "I principi generali di diritto e il diritto internazionale penale." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2009. http://hdl.handle.net/2434/61733.
Full textLIBERATOSCIOLI, SABRINA. "Le migrazioni nel diritto internazionale contemporaneo, tra diritti umani, sicurezza e governance." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2008. http://hdl.handle.net/2108/540.
Full textThe international migrations are a process of movement of persons crossing borders of States. It is not a new phenomenon in the history of the man. What is different now is the magnitude and complexity of the phenomenon. This process has been both driven and facilitated by the globalisation of labour, commodity, and financial markets that has offered new incentives and new means for the international migration of people. The technical and cultural changes also help create both the means and the motivation to migrate. Migration plays a central role in current global processes of social, economic and political change; it is both moulded by and helps to mould these global transformations. For the destination countries immigration is key factor to managing the interconnections existing between the labour market, the efficiency and governance of globalised economy. With the decline in fertility, migration has taken on increased significance, becoming an important component of population growth in a number of countries and increasing the economical, social and cultural dynamism and innovation. States recognise the importance of managing the process in order to maintain their competitiveness in the global economy. For the most part, this involves distinguishing between highly skilled and low-skilled migrants. The former are seen as desirable and policies are designed to facilitate their movement, while the vast majority of the latter are excluded through legal obstacles that paradoxically try to go against the ‘globalising’ trends. The world pressure of the globalization and the demographic imbalance places in serious issue the urgency of an efficient legal regulation to manage the economic and forced migration. In the contemporary international community, it prevails, from the States, a suspicious idea of the International Law, as law of relationships between the States. Actually, the migration national and regional legal frameworks have succeeded only to fix restrictions on the movement of people across borders, without, however, building up a structure able to manage the phenomenon. While the global economy has succeeded to impose rules supporting the free circulation of goods and services, between the borders of the States, remarkable it is the deficit of the International Law carrying or regulates the free movement of the persons. Definitely, trend is totally contrary, with different justifications, as national and international security. In fact, the majority of developed countries adopted restrictive immigration policies that leading not to a reduction in migration, but rather to unintended and undesired outcomes, notably increase in people smuggling, trafficking and undocumented migration, at a significant and rising human cost. Failure to find mutual ways regulating migrations and protecting migrants leads to exploitation, social divisions and the weakening of the rule of law. While different States across the world have attempted to put measures in place to control the migration of people, these policies are based on a very limited understanding of migrants’ rights. The research is composed of three parts: it starts with the historical analysis of the international migrations from the XX° century, its relationship with the globalization process, the current state and highlights some of its emerging trends. The second part of research carry on analytical survey of the fragmented and copious migration international and regional laws, as result, principally, from the United Nations and regional organizations, like Council of Europe and European Union, to which an appropriate chapter is dedicated. The third part of study examine the security notion and it highlights the complexity of the issues, perspectives and requirements that have to be taken into account when dealing with the nexus of security and migration. The heightened concerns with foreigners and security in the post-9/11 era and its impact on the international migration laws are also investigated. The analysis of the emerging issue of the international and regional and global Inter-State consultation mechanisms in management of migrations phenomenon end the research.
Iapichino, Lucrezia <1979>. "La lotta al terrorismo tra diritto internazionale e diritto dell'Unione Europea." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1917/1/Iapichino_Lucrezia_Tesi.pdf.
Full textIapichino, Lucrezia <1979>. "La lotta al terrorismo tra diritto internazionale e diritto dell'Unione Europea." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1917/.
Full textRighetto, Luca <1991>. "La protezione dei dati personali tra diritto UE e diritto internazionale." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/9198.
Full textParedi, L. "PROBLEMI DI ADEGUAMENTO DEGLI ORDINAMENTI INTERNI AL DIRITTO INTERNAZIONALE IN TEMA DI CRIMINI INTERNAZIONALI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2016. http://hdl.handle.net/2434/351014.
Full textContaldi, Gianluca. "Il trust nel diritto internazionale privato italiano /." Milano : A. Giuffrè, 2001. http://bvbr.bib-bvb.de:8991/F?func=service&doc_library=BVB01&doc_number=009968773&line_number=0001&func_code=DB_RECORDS&service_type=MEDIA.
Full textMellone, Marco <1982>. "Il diritto internazionale privato in materia matrimoniale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2751/1/mellone_marco_tesi.pdf.
Full textMellone, Marco <1982>. "Il diritto internazionale privato in materia matrimoniale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2751/.
Full textGranata, Gianluca <1992>. "IL DIRITTO INTERNAZIONALE APPLICATO ALLE INDUSTRIE CULTURALI." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17134.
Full textDANIELE, MATTEO. "L'applicazione del diritto internazionale alle operazioni cibernetiche." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2022. http://dx.doi.org/10.15167/daniele-matteo_phd2022-11-14.
Full textNANNINI, CLAUDIA. "LO STATO DEL PORTO NEL DIRITTO INTERNAZIONALE." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2013. http://hdl.handle.net/2434/217166.
Full textCALVI, FABIO. "Attività di imprese multinazionali e rispetto dei diritti umani: profili di diritto internazionale." Doctoral thesis, Università degli studi di Pavia, 2019. http://hdl.handle.net/11571/1242226.
Full textFalletta, Sara. "La frode alla legge nel diritto interno e nel diritto internazionale privato." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2014. http://hdl.handle.net/10556/1870.
Full textLa frode alla legge è un tema che, sin dalla cultura romana, ha attirato l’attenzione dei giuristi e risulta, ancora oggi, particolarmente attuale: forte è infatti, la tendenza di coloro che cercano sempre nuovi marchingegni al fine di sottrarsi alle norme imperative. E ciò è tanto più vero se si pone mente alla circostanza che non solo si tratta di un istituto affine a molti altri, quali la simulazione, il negozio indiretto e quello fiduciario, ma anche che esso va assumendo sempre più connotati di “internazionalità”, trovando applicazione non solo nel diritto interno, ma anche in quello internazionale privato. Inoltre, la frode viene generalmente perpetrata attraverso non un singolo negozio, bensì per il tramite di una pluralità di negozi tra essi collegati: tale circostanza rende, da un lato, più gravoso il compito dell’autorità giudiziaria, chiamata a compiere un’analisi non formale e superficiale, ma sostanziale e che vada a guardare, più che il singolo frammento, il risultato raggiunto dalla complessiva operazione economica posta in essere dalle parti; dall’altro, fa sì che la figura sia fortemente evanescente, difficile da inquadrare nelle sue molteplici e variopinte sfaccettature. La frode alla legge è disciplinata, nel nostro ordinamento, dall’art. 1344 del codice civile, il quale prevede che «Si reputa altresì illecita la causa quando il contratto costituisce lo strumento per eludere l’applicazione di norme imperative»: si tratta, come si evince dalla lettura del testo, di una disposizione scarna e di non facile interpretazione. Con l’espressione “frode alla legge” s’intende una violazione mediata e indiretta, un aggiramento della legge. In ciò si differenzia da altri istituti che, pur comportando la inosservanza di un comando o un divieto posto a livello delle norme, agiscono in maniera diretta. Con le parole della Suprema Corte, «il contratto in frode alla legge è caratterizzato dalla consapevole divergenza tra la causa tipica del contratto prescelto e la determinazione causale delle parti indirizzate all'elusione di una norma imperativa» (Cass. civ., 9 dicembre 1971, n. 3568, poi confermata, tra le altre, da Cass. civ., Sez. Un., 7 luglio 1981, n. 4414 e da Cass. civ., Sez. Un., 25 ottobre 1993, n. 10603). Il fine fraudolento è, dunque, realizzato attraverso uno o più contratti tipici, ma piegati al raggiungimento di scopi vietati da norme imperative (e divergenti da quelli per cui le figure negoziali sono state predisposte). [a cura dell'autore]
XII n.s.
Gallese, Chiara <1982>. "La riforma del diritto internazionale privato in Giappone." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/11969.
Full textsalvadego, laura. "Il ruolo della necessità nel diritto internazionale umanitario." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3422917.
Full textRiassunto Il presente lavoro è teso ad analizzare la rilevanza della necessità nel contesto del diritto internazionale dei conflitti armati, chiarendone l’ampiezza e precisando le modalità concrete del suo operare nella disciplina in questione. A tal fine l’indagine è stata in una prima fase incentrata sull’esimente generale dello stato di necessità attraverso l’analisi della prassi rilevante e dei lavori di codificazione poi sfociati nei due Progetti di articoli sulla responsabilità internazionale (di Stati ed organizzazioni) elaborati in seno alla Commissione del diritto internazionale. Si è così verificato che negli stretti limiti e alle condizioni stringenti delineate dalla disciplina consuetudinaria relativa all’esimente codificata, a Stati e organizzazioni internazionali è in generale riconosciuta la possibilità di non rispondere del mancato rispetto di specifici obblighi in situazioni tali da configurare uno stato di necessità. È dunque ammessa la possibilità di valorizzare determinati interessi internazionali facenti capo ad enti dotati di personalità giuridica internazionale al fine di un loro bilanciamento successivo con diritti di altri soggetti, ma pur sempre nel rispetto dei parametri predeterminati nella definizione dell’esimente generale. Si è reso poi necessario un esame delle clausole di limitazione e deroga inserite nei trattati relativi alla tutela internazionale dei diritti umani che consentono di limitare l’applicazione integrale degli obblighi assunti in presenza di esigenze lato sensu riconducibili alla necessità. In particolare, tale indagine ha condotto ad attribuire natura giuridica di norme primarie alle clausole in questione, escludendo la possibilità di un loro coordinamento con la disciplina generale relativa all’esimente dello stato di necessità. Nell’esercizio dell’autonomia ordinatoria che gli è propria, l’ordinamento internazionale, in considerazione del contenuto delle norme e dei valori ad esse sottesi, ritiene infatti talora opportuno predeterminare il punto di bilanciamento degli interessi in gioco attraverso la previsione di specifiche norme primarie in qualche misura in grado di assorbire l’esigenza espressa dall’esimente generale. Tali valutazioni non sono scevre da conseguenze in relazione all’applicabilità dell’esimente generale dello stato di necessità nel contesto normativo considerato nonché rispetto all’individuazione dei limiti inerenti all’esercizio delle deroghe ammesse nelle diverse ipotesi di necessità, nel rispetto del principio di proporzionalità. La stessa invocabilità dell’esimente generale in qualche misura dipende dalle norme primarie; la disciplina di determinate fattispecie, infatti, indipendentemente dalla fonte consuetudinaria o pattizia, può escludere tout court la possibilità di invocazione dell’esimente. In simili ipotesi ogni bilanciamento di interessi successivo alla formazione della regola primaria deve ritenersi escluso in quanto già effettuato, una volta per tutte, al momento della redazione delle relative regole primarie, senza che possa residuare una qualche facoltà di invocare l’esimente generale, ad eccezione dei limitati fini interpretativi della regola cui l’esimente è sottesa. Nel secondo capitolo del lavoro l’indagine si incentra sulla disciplina giuridica relativa alla necessità nell’ambito del diritto internazionale dei conflitti armati ed è tesa, in particolare, ad individuarne la natura giuridica, anche in virtù delle funzioni da essa svolte, con particolare attenzione al ruolo assunto dalla proporzionalità, che ad essa è strettamente connessa. Ciò consente, fra l’altro, di escludere la possibilità di ogni bilanciamento di interessi successivo alla formazione delle regole primarie nell’ambito di tale sistema normativo e, di conseguenza, anche la possibilità del riferimento all’esimente generale. Tale bilanciamento è infatti già effettuato, una volta per tutte, al momento della redazione delle relative regole primarie, senza che possa residuare una qualche facoltà circa l’invocabilità dell’esimente generale, sottesa alle norme primarie del diritto internazionale umanitario in quanto ratio stessa del suo regime giuridico. Esclusa la possibilità di un riferimento all’esimente generale nel contesto del diritto internazionale umanitario, l’unico bilanciamento di interessi successivo alla redazione delle sue regole risiede nella valorizzazione dell’elemento della proporzionalità, strettamente connesso alla necessità nell’intero ordinamento internazionale. Nell’ambito del diritto internazionale umanitario la regola di proporzionalità svolge una duplice funzione: informa il contenuto positivo e l’applicazione concreta di molte sue regole e viene in gioco nell’operatività delle clausole di deroga che prevedono circostanze di necessità militare. La proporzionalità guida infatti l’operatore e l’interprete nella valutazione del grado di ‘elasticità’ della norma in costanza delle diverse gradazioni di necessità militare che esprimono l’esatto punto di bilanciamento fra le esigenze in gioco. Il fondamento giuridico della necessità militare viene individuato nella norma relativa alla violenza bellica consentita nel contesto di un conflitto armato. In questo senso, fra l’altro, si esprime la Commissione del diritto internazionale nel commento all’art. 25 del Progetto di articoli del 2001 relativo alla responsabilità internazionale degli Stati laddove si riferisce alle regole relative alla necessità militare attribuendo loro natura giuridica di norme primarie ed avvicinandole a quelle relative all’uso della forza e, in particolare, all’intervento umanitario. Le valutazioni svolte circa la natura e il fondamento giuridico della necessità militare hanno infine imposto di considerare, in questa specifica prospettiva, l’interrelazione fra jus ad bellum e jus in bello. In particolare, nell’ultimo capitolo dell’elaborato, si è verificata l’incidenza del titolo giustificativo del ricorso alla forza militare sulla rilevanza in concreto assunta dalla necessità militare nei diversi contesti in cui essa può venire in gioco nell’ambito di conflitti armati internazionali. Al riguardo, la configurabilità di impieghi della forza non uniformi nel quantum della violenza bellica dispiegata, ma pur sempre legittimi in virtù di titoli giuridici differenziati nell’ambito dello jus ad bellum, non sembra influire sull’ampiezza della necessità militare; può tuttavia giocare un ruolo al limitato fine di restringere ulteriormente l’impiego della forza ammessa nel contesto dello jus in bello. D’altra parte, è difficile interpretare le valutazioni formulate dalla Corte internazionale di giustizia nel parere reso sulla questione delle armi nucleari nel senso di una estensione dell’ampiezza della necessità militare in ipotesi di ‘extreme self-defence’ in cui è in gioco la stessa ‘conservazione’ dello Stato aggredito. Lo impedisce, fra l’altro, il principio di uguaglianza fra belligeranti che, in concreto, non sembra aver subito un reale vulnus ad opera della Corte. Anzi, il principio secondo cui il diritto internazionale umanitario deve essere rispettato allo stesso modo da tutte le parti coinvolte nel conflitto, senza considerazione alcuna per la causa belli ha forse trovato in tale occasione una chiara affermazione per via giurisprudenziale proprio nella parte in cui la Corte afferma la necessità che ogni azione difensiva legittima soddisfi contestualmente sia i requisiti dello jus ad bellum che le condizioni previste dallo jus in bello. Il titolo giustificativo dell’uso della forza non sembra quindi incidere sulla necessità militare provocando una dilatazione della sua ampiezza. Al contrario, la necessità militare potrebbe risultare in concreto di molto compressa in virtù della specifica determinazione assunta dal Consiglio di sicurezza in virtù del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite. Così, ad esempio, laddove il Consiglio di sicurezza non si limiti ad adottare una generica autorizzazione all’impiego della forza da parte degli Stati ma definisca in modo più o meno stringente i limiti e le modalità di impiego della stessa nell’ambito dello jus in bello, ciò si ripercuote inevitabilmente sulla condotta delle ostilità. In simili ipotesi, tuttavia, il titolo giustificativo dello jus ad bellum influenza la disciplina concreta dello jus in bello solo indirettamente in virtù del ‘primato’ normativo riconosciuto alle decisioni vincolanti del Consiglio di sicurezza adottate ai sensi del capitolo VII della Carta delle Nazioni Unite. Con riferimento alle azioni militari intraprese per finalità ‘umanitarie’ in assenza di una autorizzazione espressa del Consiglio di sicurezza, il titolo giustificativo dell’azione non sembra condizionare la portata degli obblighi di diritto internazionale umanitario e, in particolare, l’ampiezza della necessità militare nel contesto dello jus in bello. Dall’esame della prassi emerge infatti la forte discrezionalità degli Stati rispetto alle modalità del ricorso alla forza in simili contesti laddove l’azione si sia svolta al di fuori dell’alveo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. In tale prospettiva la tradizionale distinzione fra jus ad bellum e jus in bello conserva la propria attualità in quanto funzionale alla corretta contestualizzazione delle problematiche connesse all’impiego della forza. Le questioni relative alla legittimità del ricorso alla forza e quelle correlate all’impiego della forza bellica nel corso delle ostilità restano due profili distinti, seppur non pienamente autonomi, con la possibilità di alcune influenze per l’intera durata del conflitto. Non è però configurabile una piena permeabilità fra la disciplina dello jus ad bellum e quella relativa allo jus in bello, che porti a riconsiderare il principio di uguaglianza fra belligeranti.
BUSSANI, TIZIANO. "IL MERCATO DEL DEBITO SOSTENIBILE NEL DIRITTO INTERNAZIONALE." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2023. https://hdl.handle.net/2434/954931.
Full textThe thesis investigates the regulation and governance of the global sustainable debt market from the perspective of public international economic law, in the light of the principle of sustainable development, and in the broader context of sustainable finance. The investigation begins with the reconstruction of sustainable development as a concept, objective, and principle with international legal significance as well as a global public good and proceeds with the examination of sustainable finance as a global economic phenomenon within the general reform process of international financial markets triggered by the United Nations 2030 Agenda and the Paris Agreement to support sustainable development and fight climate change. The thesis examines the evolution and characteristics of the emerging sector of sustainable finance, the most widespread instruments and practices, the political and regulatory initiatives taken at the national, transnational, and supranational levels, the subjects and actors involved in the governance of the market, the related regulation with particular reference to that of the European Union and the systematic positioning of the matter within the framework of international economic and financial law. On these general premises, the survey focuses specifically on the sustainable debt market, whose role in financing the transition toward sustainable development is strategic and crucial. In fact, the market has emerged globally as a distinct and autonomous segment of the international financial markets, consisting of a plurality of instruments sharing common structural characteristics - such as green bonds, sustainability bonds, social bonds, ESG-linked bonds, and homologous loans – which also have sector-specific disciplines resulting from the widespread and general application of transnational private standards within the market and the convergence of many soft-law and hard-law initiatives at different levels of governance. Through the analysis of the functions of standard-setting, compliance monitoring, and enforcement, the thesis analyzes the international/transnational governance structure of the market and examines the substantive and procedural disciplines of the main sustainable debt instruments according to the most relevant standards. Lastly, it focuses on external reviews as typical instruments for verifying compliance within the market and on the need to establish appropriate supervision and control mechanisms to prevent greenwashing at the national and supranational levels. In proceeding with the investigation, the thesis also explores contemporary international legal issues, such as the crisis of traditional forms of international public law-making, the growing role of private actors in the governance of international economic affairs, the problematic collocation of private standards within the framework of public international economic law, the relationship between international law and transnational law and the so-called “fragmentation” and “stagnation” of public international law facing the proliferation of global and transnational governance institutions resulting from the emergence of non-traditional and informal partnerships and networks between the public and the private sector in a multistakeholder fashion.
Vinci, Pierpaolo. "L'interpretazione del contratto internazionale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4612/1/Vinci_Pierpaolo_tesi.pdf.
Full textThe reasearch focuses on the analysis of a number of clauses, contained in international commercial contracts, which seem aimed at providing in advance a methodology for the intepretation of the contract. The study therefore analyzes the validity and efficacy of specific types of clauses, such as “entire agreement clauses”, “no oral modification clauses”, clauses containing definitions, and the like, in light of the rules of law applicable to the contract, being it a national law, an international convention of substantive law, or further rules of so-called soft law, such as the Unidroit Principles on international commercial contracts. The research has therefore revealed that, contrary to what it may appear at first sight, a number of the above-mentioned clauses do not affect interpretation issues, whereas they rather involve issues of evidence and form of the contracts. The study finally contains some preliminary observations on general theory of law.
Vinci, Pierpaolo. "L'interpretazione del contratto internazionale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amsdottorato.unibo.it/4612/.
Full textThe reasearch focuses on the analysis of a number of clauses, contained in international commercial contracts, which seem aimed at providing in advance a methodology for the intepretation of the contract. The study therefore analyzes the validity and efficacy of specific types of clauses, such as “entire agreement clauses”, “no oral modification clauses”, clauses containing definitions, and the like, in light of the rules of law applicable to the contract, being it a national law, an international convention of substantive law, or further rules of so-called soft law, such as the Unidroit Principles on international commercial contracts. The research has therefore revealed that, contrary to what it may appear at first sight, a number of the above-mentioned clauses do not affect interpretation issues, whereas they rather involve issues of evidence and form of the contracts. The study finally contains some preliminary observations on general theory of law.
Serrano', G. "Il riconoscimento dei provvedimenti e degli altri atti amministrativi nel diritto internazionale privato e nel diritto comunitario." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2009. http://hdl.handle.net/2434/65563.
Full textFerracin, Sabrina <1988>. "L'Organizzazione Internazionale del Lavoro." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3269.
Full textFavuzza, F. "LA PROTEZIONE DELLA POPOLAZIONE CIVILE NEI TERRITORI OCCUPATI TRA DIRITTO INTERNAZIONALE UMANITARIO E DIRITTI UMANI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2015. http://hdl.handle.net/2434/250233.
Full textStaltari, Erik <1992>. "Tassazione del commercio elettronico internazionale." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/12373.
Full textLazar, Andreea Florina. "Diritto all'oblio e trasferimento dei dati a livello internazionale." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021.
Find full textRenzulli, Carmine. "Il regime di diritto internazionale applicabile alle cultural industries." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2012. http://hdl.handle.net/10556/1288.
Full textIl presente studio ha per oggetto il trattamento destinato alle opere culturali dei media nel quadro delle regole e dei principi che informano il diritto degli scambi commerciali in ambito internazionale ed europeo. I timori da molti manifestati circa le ripercussioni del processo di globalizzazione sociale, giuridica ed economica in atto sulle specificità e le tradizioni culturali locali, si amplificano e giungono al culmine quando si affrontano le politiche sul mercato dei media: in questo contesto, le trattative sul commercio e sugli investimenti si sono arenate sulla questione di una «eccezione culturale» che consentirebbe di rivolgere ai prodotti e ai servizi culturalmente rilevanti un trattamento differenziato rispetto alle altre categorie di beni o servizi, in virtù della convinzione che, per svilupparsi, la produzione culturale necessiti di un certo sostegno pubblico. Se, in diritto internazionale, la questione si è posta con tutta la sua problematicità al termine dell’Uruguay Round del 1994, con l’inserimento, tra le regole commerciali, di una clausola che escludeva il cinema e gli altri prodotti audiovisivi dalle norme adottate durante il negoziato, nel processo di integrazione europea l’esigenza di garantire la diversità culturale è destinata a scontrarsi con la spinta verso la realizzazione del mercato unico, che da sempre rappresenta una sua tematica propulsiva. Sul diverso versante della cooperazione in materia culturale, la Dichiarazione sulla diversità culturale promossa nel 2001 dall’UNESCO ha gettato le basi per una serie di iniziative internazionali le quali – volte ad incoraggiare la creazione di standard per la tutela della cultura nelle sue molteplici manifestazioni – sono culminate nel 2005, con la conclusione della Convenzione sulla protezione e la promozione della diversità delle espressioni culturali, primo strumento vincolante volto a garantire la diversità culturale. Nel tentativo di fornire una ricognizione generale sulle correlazioni che la produzione artistico-culturale dei media vive con il regime degli scambi commerciali, il lavoro sarà anzitutto orientato a comprendere, in via preliminare, quale sia il ruolo rivestito da tali opere nel più ampio contesto del patrimonio culturale. In tal senso, nel primo capitolo si osserverà come la nozione di cultural heritage si sia evoluta nel corso degli anni subendo un processo di progressivo ampliamento rispetto ai canoni classici, in cui i media vengono in considerazione in una prospettiva nuova e del tutto particolare, così come crescente è il rilievo assunto dalle imprese culturali (cultural industries) dei media, le quali si trovano oggi ad operare in un mercato globalizzato, cui fanno capo quote sostanziose di diritti di proprietà intellettuale e di cui non è agevole fornire una definizione valevole in ambito internazionale, anzitutto in virtù delle differenze sociali e normative esistenti tra gli Stati nel modo di concepire la produzione artistica. Nel corso del secondo capitolo sarà approfondita l’analisi dei rapporti tra mercato e cultura nell’ordinamento giuridico internazionale. In particolare, dopo aver analizzato in dettaglio la Convenzione sulla protezione e la promozione delle diversità delle espressioni culturali, si volgerà lo sguardo al regime degli scambi internazionali negoziato nell’ambito dell’OMC, valutando se l’articolato della Convenzione UNESCO del 2005 risulti idoneo, conformemente alle aspettative, a rappresentare un valido compromesso, per la produzione artistica dei media, tra esigenze commerciali e valori culturali. Il terzo capitolo sarà infine volto ad esaminare le relazioni intercorrenti tra mercato e cultura nel diritto dell’Unione Europea, dove le soluzioni raggiunte sono più interessanti grazie al maggior grado di integrazione tra gli Stati membri. In tale ambito, sono ancora diverse le deroghe concesse agli Stati membri dell’Unione in virtù di valori sovraordinati che possono dar luogo, tra le altre, alle restrizioni di cui all’art. 36 TFUE o alla compatibilità degli aiuti di Stato contemplati dall’art. 107 (3) TFUE. In entrambe le norme considerate, ricorrono le ipotesi di protezione e promozione della cultura tali da non incidere in misura eccessiva sullo sviluppo del libero scambio e della concorrenza tra imprese. Prescindendo dalla salvaguardia del patrimonio culturale stricto sensu, il lavoro intende complessivamente osservare – alla luce della normativa di riferimento e della giurisprudenza più significativa sul tema – entro quali limiti le imprese nazionali operanti nel settore dei media (editori librari e musicali, emittenti radiotelevisive, produttori cinematografici) possano legittimamente essere destinatarie di trattamenti privilegiati in ragione del loro status di «imprese culturali» e quando, viceversa, tali agevolazioni risultino contrastanti con i monolitici principi posti a tutela del libero mercato nell’attuale scenario globale. [a cura dell'autore]
X n.s.
Bortoluzzi, Marco. "Il concorso apparente di norme nel diritto penale internazionale." Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2018. https://hdl.handle.net/11572/367729.
Full textBortoluzzi, Marco. "Il concorso apparente di norme nel diritto penale internazionale." Doctoral thesis, University of Trento, 2018. http://eprints-phd.biblio.unitn.it/2823/1/Bortoluzzi_-_Il_concorso_apparente_di_norme_nel_diritto_penale_internazionale.pdf.
Full textPisano, Angela. "I "public participation rights" nel diritto internazionale e comunitario dell'ambiente." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2009. http://hdl.handle.net/10077/3159.
Full textLa tesi esamina il tema dei diritti di partecipazione del pubblico (“public participation rights”) nel diritto internazionale e nell’ordinamento giuridico comunitario, con specifico riferimento al settore ambientale, ove gli stessi hanno incontrato un particolare sviluppo. Lo spunto per la ricerca è stato offerto dalla conclusione della Convenzione di Aarhus del 1998, sull’accesso all’informazione, sulla partecipazione del pubblico al processo decisionale e sull’accesso alla giustizia in materia ambientale, che rappresenta la più compiuta codificazione dei diritti di partecipazione a livello internazionale. La prima parte della ricerca è dedicata all'evoluzione dei public participation rights nel diritto internazionale dell'ambiente e, in particolare, all'analisi delle novità introdotte dalla Convenzione di Aarhus, la quale si è inserita nel processo di codificazione del diritto all’ambiente come diritto umano di carattere “procedurale”. Si tenta, quindi, di ricostruire le origini e le motivazioni di tale approccio e di verificare se in che misura l’ambiente possa ritenersi oggi tutelato, a livello internazionale, come oggetto di un diritto umano. La seconda parte si focalizza sull’analisi dell’impatto della Convenzione (che è stata conclusa dalla Comunità Europea e dagli Stati membri nella forma di accordo misto) sull’ordinamento giuridico comunitario, analisi che ha costituito, però, l'occasione per una riflessione più ampia sulla rispondenza dello stesso ai principi di democraticità ed apertura. A livello comunitario in questi anni il dibattito sulla democratizzazione del sistema istituzionale si è concentrato, più che sullo sviluppo di singoli diritti di partecipazione, sul complesso tema della governance. L’analisi ha quindi tentato di evidenziare il legame fra i principi della good governance e i diritti sanciti dalla convenzione di Aarhus, indicando in quale misura i diritti di partecipazione democratica fossero già garantiti, in base alle previsioni dei Trattati e del diritto derivato, così come interpretati dalla giurisprudenza della Corte di giustizia. Vengono quindi analizzate le modifiche che l’attuazione della Convenzione di Aarhus ha reso necessarie nell’ordinamento comunitario. In primo luogo vengono evidenziati i problemi legati all’applicazione della Convenzione alle istituzioni comunitarie, disciplinata dal nuovo regolamento 1367/2006/CE. Inoltre, poiché nel diritto comunitario dell'ambiente i diritti di partecipazione erano già disciplinati da diversi atti di diritto derivato, la Comunità Europea ha predisposto un pacchetto normativo per il loro adattamento alle previsioni della Convenzione. Vengono, quindi, analizzate le direttive che già codificavano i diritti di partecipazione in materia ambientale, la loro congruità rispetto alle previsioni della Convenzione e le modifiche apportate dalla Comunità Europea per renderle coerenti con le previsioni internazionali. La ricerca prova, infine, a verificare, attraverso l’analisi delle elaborazioni dottrinali e giurisprudenziali sul tema degli accordi misti (e, in particolare, della recente sentenza sul caso dell'impianto MOX di Sellafield) la coerenza di tale modalità di attuazione, basata sull’adozione di atti di diritto derivato, rispetto al principio di sussidiarietà, che forse avrebbe consigliato di affidare l’attuazione dell’accordo internazionale agli Stati membri.
XX CICLO
1976
Costantino, Federica. "L’elusione internazionale tra norma e fatto." Doctoral thesis, Luiss Guido Carli, 2010. http://hdl.handle.net/11385/200745.
Full textGregori, Marco <1982>. "Le fonti dell'arbitrato marittimo internazionale." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2015. http://hdl.handle.net/10579/8303.
Full textDimetto, Marco. "Il concetto di controversia nella giurisdizione internazionale." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2020. http://hdl.handle.net/11577/3425806.
Full textCEOLOTTO, MATTEO. "LE SANZIONI DOGANALI TRA ORDINAMENTO INTERNAZIONALE E DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2019. http://hdl.handle.net/10280/67354.
Full textThe thesis examines the topic of the regulation of infringements to the European Union customs discipline, and the related sanctions. The first part describes the relevant steps in the transition from tariff unification to the codification of the EU customs legislation. Subsequently, the subject of the interpenetration between EU legislative power and residual areas of sovereignty of the Member States in customs matters is dealt with, also in reference to the role currently held by the general principles of law, in particular, for the exercise of the sanctioning competence. The second part of the thesis proceeds in examining the compatibility between the regulatory framework on customs sanctions, previously outlined, and the relevant international multilateral discipline. Finally, the thesis analizes the profiles of (in)coherence between the requirements related to the implementation of a uniform customs regime and the current EU law context, with particular reference to the characteristics of the legal bases, relevant for the setting of a supranational customs sanctioning discipline, and to the concrete conformation of the first attempts at regulating the matter.
CEOLOTTO, MATTEO. "LE SANZIONI DOGANALI TRA ORDINAMENTO INTERNAZIONALE E DIRITTO DELL'UNIONE EUROPEA." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2019. http://hdl.handle.net/10280/67354.
Full textThe thesis examines the topic of the regulation of infringements to the European Union customs discipline, and the related sanctions. The first part describes the relevant steps in the transition from tariff unification to the codification of the EU customs legislation. Subsequently, the subject of the interpenetration between EU legislative power and residual areas of sovereignty of the Member States in customs matters is dealt with, also in reference to the role currently held by the general principles of law, in particular, for the exercise of the sanctioning competence. The second part of the thesis proceeds in examining the compatibility between the regulatory framework on customs sanctions, previously outlined, and the relevant international multilateral discipline. Finally, the thesis analizes the profiles of (in)coherence between the requirements related to the implementation of a uniform customs regime and the current EU law context, with particular reference to the characteristics of the legal bases, relevant for the setting of a supranational customs sanctioning discipline, and to the concrete conformation of the first attempts at regulating the matter.
FORTI, MIRKO. "La tutela dei diritti fondamentali nel contesto cibernetico. Profili di diritto interno, internazionale e dell'Unione europea." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2020. http://hdl.handle.net/11567/1006960.
Full textBOTTIGLIERI, MARIA. "Il diritto al cibo adeguato. Tutela internazionale, costituzionale e locale di un diritto fondamentale “nuovo”." Doctoral thesis, Università del Piemonte Orientale, 2015. http://hdl.handle.net/11579/105576.
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