Academic literature on the topic 'Emorragia cerebrale intraparenchimale'

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Journal articles on the topic "Emorragia cerebrale intraparenchimale"

1

Pasqualin, A. "Epidemiologia e storia naturale delle MAV cerebrali." Rivista di Neuroradiologia 15, no. 1 (February 2002): 29–40. http://dx.doi.org/10.1177/197140090201500104.

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Abstract:
Le malformazioni artero-venose (MAV o angiomi) cerebrali rappresentano una patologia rara: 1.5–2 casi/100.000 / anno. Non vi sono dati certi sulla ereditarietà, sono stati descritti casi di incidenza familiare. Alla diagnosi di angioma cerebrale si giunge precocemente nella vita, dato che la maggioranza dei pazienti con MAV ha età compresa tra 20 e 40 anni. La presentazione clinica più frequente è costituita dall'emorragia intracranica, più spesso intraparenchimale o intraventricolare, e raramente subaracnoidea. Sintomi meno frequenti sono costituiti dall'epilessia, dalla cefalea, da un deficit neurologico progressivo. Tra gli altri sistemi di esordio, lo scompenso cardiaco è una manifestazione comune per angiomi di grosse dimensioni in etè infantile. La presenza di uno o più aneurismi associati ad una MAV intracranica non è infrequente. È stata proposta una classificazione in 4 tipi degli aneurismi associati a MAV: 1) aneurisma displasico (in sede non dipendente dalla MAV); 2) aneurisma prossimale (sul circolo di Willis, prossimale alla MAV); 3) aneurisma peduncolare (su un peduncolo vasale afferente alla MAV); 4) aneurisma intranidale. La scomparsa completa dell'angioma è un evento raro, con un totale di 65 casi documentati nella letteratura di lingua inglese al momento attuale. La teoria meglio documentata (attraverso studi seriati con risonanza) è la progressiva trombosi dell'unico scarico venoso. Ai fini del trattamento, l'aspetto più importante da valutare in un paziente con angioma cerebrale dovrebbe essere la probabilità di sanguinamento dell'angioma stesso; in altre parole, se fosse possibile stabilire un basso rischio di emorragia per un dato angioma, non sarebbe giustificato sottoporre il paziente ad un trattamento che comporti rischi più elevati. I due fattori anatomici più significativi per presentazione emorragica sono lo scarico venoso profondo e la stenosi venosa. Il rischio annuo di emorragia rimane un dato fondamentale per una decisione terapeutica. I dati più attendibili derivano da studi - prospettici o retrospettivi - condotti su larghe serie cliniche e con follow-up prolungato nel tempo. Da questi studi si ricava un rischio annuo di emorragia variabile: a) dal 1.7 al 4% per angiomi intatti al momento della diagnosi, e b) dal 2 al 3.9% per angiomi con pregressa emorragia. In un recente lavoro presentato dal nostro gruppo nel 1995 il rischio annuo di prima emorragia si attesta intorno al 2.8%, il rischio di seconda emorragia intorno al 3.5%, il rischio di terza emorragia intorno al 7.7%, ed il rischio annuo di morte rispettivamente intorno all '1.2%, 1.6% e 3%; si è notata una tendenza ad un maggior rischio di emorragia nelle MAV di volume superiore ai 20 cm3 e nelle MAV con drenaggio venoso estensivo. L'istituzione di uno studio cooperativo internazionale - con una componente retrospettiva e prospettica valutata con criteri omogenei nei differenti centri - porterebbe sicuramente ad una migliore definizione del rischio di emorragia e ad una più adeguata scelta terapeutica nei pazienti con angiomi cerebrali.
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2

Gasparotti, R., G. F. Gualandi, M. Bonetti, A. Chiesa, and G. Galli. "L'angiografia a risonanza magnetica nello studio del circolo cerebrale." Rivista di Neuroradiologia 5, no. 3 (August 1992): 309–30. http://dx.doi.org/10.1177/197140099200500304.

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Abstract:
L'Angiografia a Risonanza Magnetica (ARM) è stata utilizzata per lo studio del circolo cerebrale a completamento della convenzionale indagine RM spin-echo (RM-SE) in 20 pazienti portatori di malformazioni artero-venose (MAV) cerebrali (17 sovratentoriali e 3 sottotentoriali). Per un'efficace dimostrazione sia delle afferenze arteriose che del drenaggio venoso sono stati contemporaneamente impiegati diversi tipi di sequenze ad «pacchetto» 2D e 3D (Time-of-Flight MR Angiography). Nei 5 casi con emorrragia intraparenchimale spontanea è stata utilizzata l'Angio-RM a contrasto d'ampiezza (Magnitude MR Angiography). I reperti sono stati confrontati con quelli dell'angiografia e della RM spin-echo. L'angio-RM è risultata essenziale ai fini di una diagnosi non invasiva di malformazione artero-venosa cerebrale in 3 pazienti (15%) con MAV di piccole dimensioni (diametro max di 15 mm), non riconoscibili nelle immagini spin-echo, ed in 4 casi dubbi (20%) in cui la RM-SE poneva solo un sospetto sulla base di rilievi indiretti. In tutti i casi di emorragia cerebrale da rottura spontanea di MAV l'Angio-RM ha permesso il riconoscimento del nidus angiomatoso residuo, mascherato dal segnale del sangue nelle immagini spin-echo, trovando successiva conferma nell'angiografia. L'Angio-RM si è inoltre dimostrata superiore alia RM spin-echo nella caratterizzazione anatomica delle MAV, riconoscendo un maggior numero di vasi afferenti e precisando meglio il tipo di drenaggio venoso. Confrontata con l'angiografia, l'Angio-RM in 3 casi è risultata insufficiente per la dimostrazione di vasi afferenti di calibro sottile, quali le arterie corioidee e le arterie cerebellari superiori, mentre in altri 3 casi ha mancato la visualizzazione di scarichi venosi profondi non dilatati. Nonostante l'angiografia rimanga l'unica indagine radiologica in grado di fornire una completa caratterizzazione sia morfologica che emodinamica delle MAV cerebrali, indispensabile ai fini di una terapia chirurgica o di un trattamento endovascolare, in base ai risultati del presente studio l'angio-RM può essere considerata come indagine fondamentale nella fase di inquadramento diagnostico, complementare alia RM tradizionale.
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3

Masotti, Luca, Fabio Antonelli, Paolo Pennati, Marcello Fiorini, Luciano Villani, and Alessandro Pampana. "Impatto ospedaliero e management pratico delle emorragie cerebrali intraparenchimali spontanee associate a terapia anticoagulante orale nel corso degli anni." La Rivista Italiana della Medicina di Laboratorio - Italian Journal of Laboratory Medicine 8, no. 2 (June 2012): 84–93. http://dx.doi.org/10.1007/s13631-012-0046-z.

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4

Bandini, Guest Editors: F., A. Fontanella, and D. Manfellotto. "Aggiornamenti in tema di malattia cerebrovascolare: prevenzione, terapia e riabilitazione." Italian Journal of Medicine, June 9, 2020, 1–174. http://dx.doi.org/10.4081/itjm.q.2020.2.

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Abstract:
IntroduzioneF. Bandini, P. Gnerre Epidemiologia e classificazioneM. Stornello, E. Sanzaro I fattori di rischioT.M. Attardo Prevenzione primariaS. Spolveri Cause rare di strokeM. Zedde L’attacco ischemico transitorioM. Guarino, S. Belluoccio Ictus ischemico: assistenza in fase acutaF. Di Blasio Trombolisi endovenosaP. Candelaresi, V. Andreone Trombectomia meccanicaP. Candelaresi, G. Leone, V. Andreone, M. Muto, M. Muto Modelli organizzativi nella gestione dell’ictus ischemicoR. Iannacchero, A. Siniscalchi, D. Bosco Emorragia cerebrale intraparenchimale spontaneaM. Masato, A. Bruscagnin Emorragia subaracnoideaL.A.A. Lanterna, M. Pantusa, A. Montalbetti, L. Savarese, P. Gritti, M.L. Colleoni Ictus a possibile doppia genesi. Cardioembolica o aterotrombotica?S. Ascione, P. Ripa, G. Grimaldi Ictus criptogenetico: la ricerca della fibrillazione atriale e del forame ovale pervio. Come e quandoM. Botta Le complicanze in fase acutaC. Di Carmine, G. Francolini, S. Bedetta, L. Mucci, G. Frausini Prevenzione secondaria dell’ictus ischemicoL. Gentile La riabilitazione dell’ictusP. Milia, G. Regesta La riabilitazione post-ictusA. Greco, F.R. Greco Trombosi venosa cerebraleA. Iannuzzi Gestione della disfagia e prevenzione delle complicanzeR. Rapetti, F. Bertoncini, L. Vestito
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Dissertations / Theses on the topic "Emorragia cerebrale intraparenchimale"

1

Nardetto, Lucia. "The haematoma expansion paradoxes. A study of haematoma expansion in acute primary intracerebral haemorrhage." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3422798.

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Abstract:
Introduction: intracerebral haemorrhage (ICH) accounts for approximately 10-15% of all new strokes that occur each year, but results in disproportionately high morbidity and mortality. Outcome has not improved significantly in recent decades due to the lack of clear beneficial medical or surgical therapies. One of the four factors thought to be responsible for the praecox clinical and radiological deterioration of ICH patients is haematoma expansion (HE). Aims of our study were to analyze the haematoma expansion phenomenon, any risk factors and its influence on outcome, and to evaluate ICH patient characteristics, investigating elements that could contribute to determining ICH outcome. Methods: we conducted an observational longitudinal study on retrospectively collected data on 206 consecutive patients with primary or anticoagulant-associated ICH admitted to the Stroke Units of the Neurology Units of Treviso Hospital and St. Anthony's Hospital of Padova, from January 2011 to December 2015. Patients with a secondary cause of ICH were excluded. We recorded baseline history, radiological, laboratory and clinical admission data, and follow-up information. Results: our ICH population was characterized by elderly Caucasian patients with a slight prevalence of males, small haematoma volumes and mild-moderate clinical severity. While male patients seemed to have a higher incidence of ICH, at a younger age, with a different vascular risk-factor profile and a higher risk of haematoma expansion, outcome was not poorer than in female patients. Of our population, 28.6% presented significant HE and the risk factors for HE proved to be male sex and higher NIHSS score. At follow up, mortality was 24.7% at three months and 28.4% at one year; based on the mRS, the average patient was dependent at three months. At follow up, there was a slightly higher percentage of ICH relapses than of ischemic strokes. Age, haemorrhage characteristics, as baseline volume and ventricular invasion, haematoma expansion and clinical severity are the strongest predictors of outcome. Conclusions and Discussion: the analysis has confirmed the complexity of the haematoma expansion phenomenon, which still remains partially unknown. Our findings have yielded several paradoxes and we wonder whether haematoma expansion can be truly considered a prognostic factor or represents one step in the natural history of every ICH. Considering the natural history of ICH patients, none of the identified prognostic factors is modifiable at the time of medical evaluation. ICH pathology and the haematoma expansion phenomenon are still not sufficiently understood and more studies are warranted to positively influence the prognosis of these patients.
Introduction: intracerebral haemorrhage (ICH) accounts for approximately 10-15% of all new strokes that occur each year, but results in disproportionately high morbidity and mortality. Outcome has not improved significantly in recent decades due to the lack of clear beneficial medical or surgical therapies. One of the four factors thought to be responsible for the praecox clinical and radiological deterioration of ICH patients is haematoma expansion (HE). Aims of our study were to analyze the haematoma expansion phenomenon, any risk factors and its influence on outcome, and to evaluate ICH patient characteristics, investigating elements that could contribute to determining ICH outcome. Methods: we conducted an observational longitudinal study on retrospectively collected data on 206 consecutive patients with primary or anticoagulant-associated ICH admitted to the Stroke Units of the Neurology Units of Treviso Hospital and St. Anthony's Hospital of Padova, from January 2011 to December 2015. Patients with a secondary cause of ICH were excluded. We recorded baseline history, radiological, laboratory and clinical admission data, and follow-up information. Results: our ICH population was characterized by elderly Caucasian patients with a slight prevalence of males, small haematoma volumes and mild-moderate clinical severity. While male patients seemed to have a higher incidence of ICH, at a younger age, with a different vascular risk-factor profile and a higher risk of haematoma expansion, outcome was not poorer than in female patients. Of our population, 28.6% presented significant HE and the risk factors for HE proved to be male sex and higher NIHSS score. At follow up, mortality was 24.7% at three months and 28.4% at one year; based on the mRS, the average patient was dependent at three months. At follow up, there was a slightly higher percentage of ICH relapses than of ischemic strokes. Age, haemorrhage characteristics, as baseline volume and ventricular invasion, haematoma expansion and clinical severity are the strongest predictors of outcome. Conclusions and Discussion: the analysis has confirmed the complexity of the haematoma expansion phenomenon, which still remains partially unknown. Our findings have yielded several paradoxes and we wonder whether haematoma expansion can be truly considered a prognostic factor or represents one step in the natural history of every ICH. Considering the natural history of ICH patients, none of the identified prognostic factors is modifiable at the time of medical evaluation. ICH pathology and the haematoma expansion phenomenon are still not sufficiently understood and more studies are warranted to positively influence the prognosis of these patients.
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