Academic literature on the topic 'Ipoclorito di sodio'

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Journal articles on the topic "Ipoclorito di sodio"

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Canzi, M., P. Coral, T. Roggio, L. De Filippo, and G. Panarello. "Valutazione clinico/morfologica di Amukine Med® e Braunol®, su CVC in spisilicone." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 23, no. 2 (January 24, 2018): 19–22. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2011.1431.

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Abstract:
La gestione infermieristica riveste un ruolo importante per la sopravvivenza dell'accesso vascolare per emodialisi, soprattutto quando per la sua realizzazione sono stati utilizzati materiali protesici etcrologhi. Scopo di questo studio è di valutare in vitro e in vivo gli eventuali effetti collaterali e l'efficacia di due disinfettanti tra i più comunemente usati (ipoclorito di sodio allo 0,057 Amukine Med® e iodopovidone al 10% Braunol®,) per le medicazioni dei cateteri venosi centrali. Lo studio è stato effettuato da gennaio 2003 a gennaio 2004. In tale periodo abbiamo valutato in vitro mediante esame morfologico gli effetti sui cateteri incubati a breve e lungo termine nei 2 disinfettanti e in vivo l'incidenza di reazioni cutanee locali e la positività dell'esame colturale del tampone cutaneo, in 17 malati uremici con “Tesio cat®” Medcomp (spisilicone) come accesso vascolare per emodialisi. Non si sono notate differenze morfologiche significative nello studio in vitro tra i campioni trattati con i due disinfettanti. Il contatto prolungato dello spisilicone con Amukine Med e Braunol anche in ambiente libero non ha determinato alterazioni morfologiche della parete all'esame macro e microscopico. Nello studio in vivo, condotto su due gruppi composti da 10 pazienti nel gruppo Amukine Med e 7 pazienti in quello con Braunol, sono state effettuate 1088 medicazioni (640 con Amukine Med pari al 58,8% medicazioni totali e 448 con Braunol pari al 41,2% medicazioni totali) pari al 40,5% delle sedute dialitiche con ambo le tecniche di disinfezione. Dagli esami colturali (271 tamponi) in 71 casi è stata riportata crescita batterica; 68 Staphilococcus Epidermidis; 2 Escherichia Coli (gruppo Amuchina Med) 1 Pseudomonas Aeruginosa (gruppo Braunol). Negli ultimi 3 casi (1/68 mesi d'esposizione) era presente sepsi locale. Non si sono rilevate differenze nell'incidenza di infezioni locali o di effetti collaterali indotti dai due disinfettanti.
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Parodi, Aurora, Valeria Maria Messina, Manuela Martolini, Shpresa Haxhiaj, and Emanuele Claudio Cozzani. "Update sul management e trattamento del paziente con lesioni cutanee croniche." Italian Journal of Wound Care 5, no. 3 (December 27, 2021). http://dx.doi.org/10.4081/ijwc.2021.78.

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Abstract:
Le lesioni da decubito, le ulcere vascolari e il piede diabetico rappresentano le lesioni cutanee croniche maggiormente diffuse in età geriatrica. La lesione cutanea cronica presenta un elevato rischio infettivo ed un management complesso che richiede terapie mirate ed un iter di trattamento specifico. Il metodo TIME (Tissue management control of Infection and inflammation Moisture imbalance advancement of the Epithelial edge of the wound), costituisce il gold standard per il trattamento delle lesioni cutanee croniche poiché consente di controllare l’infezione e il grado di macerazione della ferita anche nei margini epiteliali. La soluzione di ipoclorito di sodio alla concentrazione dello 0,05%, oggetto di numerosi studi in letteratura, grazie ad un ampio spettro germicida ed alla sua elevata compatibilità tissutale rappresenta il metodo di disinfezione d’elezione per il trattamento delle lesioni cutanee croniche. La qualità di vita (Quality of Life, QoL) di un paziente affetto da lesione cutanea cronica può essere fortemente compromessa. La formazione di un team sanitario multidisciplinare per la gestione del patient journey può favorire il percorso di guarigione, facilitare la gestione della lesione nella quotidianità e migliorare la QoL del paziente. La telemedicina spicca tra le modalità innovative di gestione del wound care sperimentate da un’equipe di specialisti del territorio ligure negli ultimi mesi a seguito della pandemia COVID-19. La pratica della telemedicina si è rivelata particolarmente utile nel follow up della lesione cronica a fronte di un adeguato impiego di strumenti tecnologici che permettano un’elevata qualità di immagini.
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Dissertations / Theses on the topic "Ipoclorito di sodio"

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GIACCAGLIA, LUCA. "Assessment of the impact of water discharge from industrial plants on marine enviroments." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2013. http://hdl.handle.net/11566/242064.

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Abstract:
Numerosi impianti industriali come petrolchimici, impianti chimici, raffinerie, centrali elettriche, nucleari e terminali di rigassificazione, sono localizzati in prossimità delle coste o in aree off-shore di tutto il mondo. Questo è strettamente legato sia alla posizione strategica, che agevola il rifornimento e la distribuzione via mare di materie prime e prodotti rispettivamente, sia alla necessità di impiegare acqua di mare al fine di cedere o sequestrare calore nei processi industriali associati agli impianti. Inoltre, nel caso di installazioni off-shore, la notevole distanza delle strutture antropiche dalle città e dagli ecosistemi costieri permette di minimizzare i potenziali impatti e i pericoli derivanti dalle relative attività industriali. Nei sistemi acqua-mare l’acqua salata è prelevata dall’ambiente e, in base alla tipologia di impianto industriale, pompata all’interno di sistemi di raffreddamento (CWS) o in circuiti di rigassificazione. Una volta utilizzata, l’acqua prelevata viene reimmessa in mare a temperatura notevolmente diversa da quella dell’ambiente marino circostante, più calda o più fredda nel caso di CWS e di circuiti di rigassificazione rispettivamente. Inoltre, l'acqua di mare sfruttata nei processi industriali è trattata con composti antifouling, come l'ipoclorito di sodio, al fine di evitare la proliferazione di organismi marini sulle superfici di condotte e scambiatori di calore e per garantire la massima efficienza dei processi industriali (Muller-Steinhagen, 2000). I residui dei biocidi impiegati ed i loro sottoprodotti (e.g. composti organoalogenati nel caso di clorazione) possono essere riscontrati allo scarico e nell’ambiente circostante. Tali composti possono determinare potenziali effetti negativi sugli ecosistemi marini anche a basse concentrazioni (Jenner et al., 1997). Gli effluenti degli impianti industriali con sistemi acqua-mare generano nell’ambiente ricevente sia gradienti termici che chimici i quali, potenzialmente, potrebbero interagire sinergicamente con gli organismi presenti nell’ambiente circostante lo scarico (Taylor, 2006). In Italia, gli effluenti di impianti industriali immessi in mare sono sottoposti a limiti ben definiti in termini di variazione termica e massima concentrazione consentita di biocida residuo (D.Lgs 152/2006). Tuttavia, tali limitazioni sono state fissate prendendo in considerazione soltanto variazioni termiche positive (e.g. effluenti di CWS), poiché l’installazione di terminali di rigassificazione, che scaricano in mare acqua più fredda 3 dell’ambiente circostante, sta interessando le acque territoriali italiane relativamente da pochi anni (Dorigoni et al., 2008) . Numerosi studi hanno dimostrato che il cloro residuo ed i sottoprodotti della clorazione presenti nelle acque di scarico di sistemi di raffreddamento industriali sono potenzialmente pericolosi per organismi marini appartenenti diversi livelli della catena trofica (Geraci et al., 1993;. Nebot et al., 2006; Taylor, 2006). Le informazioni disponibili in letteratura sugli effetti ecologici dovuti agli scarichi clorati freddi dei rigassificatori sono ancora limitate, come limitate risultano quelle inerenti ai effetti sul biota derivanti dalla potenziale sinergia tra le variazioni termiche ed il cloro residuo riscontrabili nei pressi degli scarichi, sia caldi che freddi (Fox e Moyer, 1975, Choi, 2002;. Poornima et al., 2005). Pertanto, al fine di minimizzare il potenziale impatto sugli ecosistemi marini, è importante che ogni effluente immesso in mare sia dettagliatamente monitorato in funzione delle caratteristiche chimiche, fisiche e dinamiche dello scarico stesso, nonché degli aspetti geografici, idrologici e dei contesti biologici ed ecologici del bacino ricevente. Il presente studio è stato focalizzato sulla valutazione degli effetti combinati, sul biota marino, di gradienti termochimici associati a sistemi acqua-mare industriali che adottano ipoclorito di sodio come agente antifouling. L’approccio di studio ha previsto la trattazione dei seguenti argomenti: i) analisi della cinetica di decadimento dell’ipoclorito in acqua di mare, ii) analisi degli effetti indotti da differenti condizioni termochimiche su specie target, iii) analisi delle risposte ecologiche in aree marine interessate da scarichi termochimici, iv) simulazioni dell’impatto termochimico di effluenti per mezzo di specifici modelli matematici. I test biologici utilizzati in questo studio, condotti su diverse specie target marine (Artemia sp., Paracentrotus lividus e Sparus aurata) e basati su end-point differenti, si sono dimostrati estrememente sensibili, fornendo early warning signals di potenziali criticità ambientali. I risultati ottenuti indicano che basse concentrazioni di cloro, comparabili o inferiori a quelle consentite dalla normativa comunitaria per gli scarichi industriali in acqua di mare, potrebbero avere effetti negativi sugli organismi marini di diversa entità, dall’alterazione di importanti processi cellulari alla morte nel peggiore dei casi. Inoltre è stato osservato che l’effetto del cloro residuo, in alcune condizioni sperimentali, risulta amplificato in caso di innalzamento della temperatura. 4 I test di laboratorio effettuati durante il lavoro di tesi costituiscono utili strumenti d’indagine, che potrebbero essere inclusi in futuri piani di monitoraggio finalizzati al controllo delle attività industriali che sfruttano l'acqua di mare nei loro processi di produzione. Dai risultati ottenuti attraverso gli studi sul campo, condotti in zone costiere interessate da scarichi clorati di sistemi di raffreddamento (Falconara Marittima e Brindisi, Mare Adriatico, Italia), non sono emersi evidenti effetti sullo stato trofico, sugli habitat o sulle biocenosi potenzialmente attribuibili ai gradienti termo-chimici generati, almeno ad alcune centinaia di metri dal punto di immissione. Tuttavia, il potenziale impatto sul biota non può essere escluso in prossimità dello scarico, dove la variazione termica e il biocida residuo potrebbero interagire determinando effetti negativi sugli organismi marini a vari livelli trofici. Il modello numerico MITgcm è stato utilizzato al fine di simulare la plume termochimica originata dallo scarico di un rigassificatore off-shore. Il pennacchio freddo ha presentato un’ampia diffusione sia in verticale che in orizzontale, con una notevole persistenza di acque fredde nello spazio e nel tempo. I risultati forniti dalle simulazioni costituiscono un importante supporto per una modulazione eco-sostenibile delle concentrazioni di cloro e per un’adeguata impostazione dei regimi termici di impianti industriali con sistemi acqua-mare. Considerando i risultati conseguiti attraverso le diverse attività sperimentali, si ritiene opportuno sottolineare come adeguati piani di monitoraggio, effettuati secondo l’approccio Before-After-Control-Impact (BACI) e che tengano conto in maniera integrata delle caratteristiche fisiche, chimiche e biologiche degli ambienti marini interessati dalla presenza di impianti industriali, siano importanti per garantire e mantenere l’eco-sostenibilità delle attività antropiche nel tempo.
Several industrial plants, all over the World, are located in proximity of the coasts or in offshore areas. This is due to the necessity of directly employing marine water in industrial processes and due to their strategic position in terms of products and materials distribution pathways. Moreover, in the case of off-shore plants, the significant distance from civilized areas and coastal ecosystems allows to minimize the potential impacts derived from industrial activities. Industrial plants such as petrochemical, chemical and refinery plants, nuclear, electric stations and regasification terminals exploit continuous sea water flows in order to cool or warm their specific industrial production devices. Thus, sea water is acquired from marine environment, pumped in Cooling Water Systems (CWS) or in regasification circuits, and then it is discharged in the sea at different temperature, higher or lower for CWS and regasification circuits respectively. In addition, sea water used in industrial processes is treated with antifouling compounds, such as sodium hypochlorite, in order to avoid the proliferation of marine organisms on the circuit surfaces and to ensure the highest efficiency of industrial processes (Muller- Steinhagen, 2000). Residuals of the biocide employed and disinfection byproducts (e.g. organohalogenated compounds) can be still present at the discharge point, with potential detrimental effects on marine ecosystems (Jenner et al., 1997). Thus, the water discharged from such industrial plants generates both thermal and chemical gradients that could potentially threat the closest marine ecosystem in a synergic manner (Taylor, 2006). In Italy, industrial effluents in marine basins are subjected to well defined limits in terms of thermal variation and allowed residual biocide concentration (Italian Law D.Lgs. 152/2006). Such threshold limits have been established taking into account only positive thermal variation (e.g. CWS effluents), since the development of regasification terminals, with their cool sea water effluents, has interested Italian coasts only in the last years (Dorigoni et al., 2008). Even if the restrictions reported in D.Lgs. 152/2006 are based on the international scientific literature about the potential impact on aquatic organisms due to heated and chemically treated effluents, several studies have shown that residual chlorine and chlorination byproducts present in such thermal effluent are potentially dangerous, also in case of low 3 concentration levels, for marine organisms at different levels of the trophic chain (Geraci et al., 1993; Nebot et al. 2006; Taylor, 2006). The responses of marine organisms to chlorinated compounds have been mainly investigated in relation with cooling water effluents, with temperature higher than the recipient basin, while the effects of cool chlorinated water resulting from regasification plants are still largely unknown. Moreover, only few information about the potential synergic effects between temperature variation and chlorinated compounds on marine organisms is available (Fox and Moyer, 1975; Choi, 2002; Poornima et al., 2005). To minimize the potential impact on the marine environment of thermochemical discharge, the source sea water system should be analyzed in detail taking into account its specific thermochemical features, the characteristics of water flow, integrated with the peculiar geographical, hydrological, biological and ecological contexts of the receiving basin. The present study has been focused on the assessment of the combined effects determined on marine biota by thermochemical gradients associated with industrial sea water systems adopting sodium hypochlorite as antifouling agent. The PhD work has been articled into different parts addressing the following topics: i) analysis of the hypochlorite behaviour in sea water; ii) analysis of the effects induced by different thermo-chemical conditions on target species; iii) analysis of the ecological responses of marine areas affected by thermochemical discharges; iv) simulations of thermochemical effluent impact by means of specific mathematical models. The bioassays utilized in this study, based on different marine target species (Artemia sp., Paracentrotus lividus and Sparus aurata) and different biological responses were found to be sensitive in providing early warning signals of critical environmental conditions. Results reported here indicate that low chlorine concentrations, comparable or below those allowed by the EU legislation for industrial sea water discharges, could have negative effects on marine organisms at different levels, from altering important cellular pathways to leading to organism death in worst cases. Moreover the effects of residual oxidant concentrations can be amplified at higher temperature regimes. Such laboratory tests represent useful tools to be included in future monitoring plans for the control of different industrial activities exploiting sea water for heating or cooling purposes. Based on the results obtained through field studies performed in coastal areas affected by cooling water systems discharges (Falconara Marittima and Brindisi, Adriatic Sea, Italy) no clear effects on trophic state and habitats or biocoenosis potentially induced by thermochemical gradients have been observed, at least at few hundred meters from the 4 discharge point. However, potential impact on biotic systems could not be excluded at lower distance from the discharge points, where thermal variation and residual biocides could interact in determining detrimental effects on marine organisms at different trophic levels. The MITgcm model was used to perform spatial and temporal simulations of an off-shore regasification terminal thermochemical discharge. The typical cold plume presented a wide spreading along both vertical and horizontal directions, with considerable persistence of cold waters in space and time. The use of such a model represents an important support tool for the eco-sustainable modulation of chlorine concentrations and the thermal operative conditions of the industrial plants. Overall findings of the present study highlighted that accurate and continuous monitoring plans, taking into account in an integrated way physical, chemical as well as biological variables are urgently required to guarantee an eco-sustainable management of such industrial activities over time.
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Pederzoli, Giulia. "Confronto di metodi basati sul gas plasma e sull'acqua elettrolizzata per la decontaminazione di mele." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amslaurea.unibo.it/12837/.

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Abstract:
Il consumo di prodotti ortofrutticoli freschi è aumentato per una maggiore consapevolezza da parte dei consumatori dei loro benefici. I livelli di contaminazione microbica in tali prodotti sono elevati (3-7 Log) ed il microbiota generalmente è composto da batteri, lieviti che, a causa delle loro attività enzimatiche sono responsabili del deterioramento del prodotto. Inoltre, si sono riscontrati casi di tossinfezione causati da E. coli, S. typhimurium e L. monocytogenes Per ridurre la contaminazione superficiale, l’industria alimentare si avvale di operazioni di lavaggio con sanitizzanti a base di cloro per via del facile impiego e basso costo. Recentemente alcuni studi riportano metodi alternativi come il lavaggio con sostanze ad azione antimicrobica o l’uso del gas plasma, l’efficacia di differenti trattamenti al plasma nei confronti sia della microflora naturalmente che di L. monocytogenes 56 Ly, deliberatamente inoculato sulla superficie di mele Golden Delicious. I trattamenti svolti hanno incluso sia l’esposizione diretta, sia lavaggi con soluzioni acquose, con lo scopo di dotarle di attività antimicrobica; in confronto sono state utilizzate soluzioni di ipoclorito a differenti concentrazioni di cloro attivo. In generale il gas plasma ha dato buoni risultati quando la frutta è stata esposta direttamente: infatti si sono avuti evidenti riduzioni della vitalità della microflora naturalmente, in particolare i lieviti (1.5 cicli logaritmici). Anche per Listeria monocytogenes si è registrata una marcata disattivazione. D’altra parte per quanto riguarda i trattamenti con acqua plasmata si è osservata un’efficacia nettamente inferiore a quella ottenuta con le soluzioni di ipoclorito di sodio alla stessa concentrazione di cloro attivo. Per contro, nelle prove di lavaggio effettuate con acqua elettrolizzata, la disattivazione di L. monocytogenes è stata molto più rapida e precoce che non con l’ipoclorito di sodio. Complessivamente i risultati ottenuti in queste sperimentazioni, sebbene siano preliminari, hanno messo in evidenza le potenzialità dei trattamenti al plasma quale metodo di decontaminazione diretto di frutta quali le mele.
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Gueyap, Metchehe Carine Megal. "La micropropagazione di spezie ad uso alimentare: il caso dello zenzero." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2020. http://amslaurea.unibo.it/21681/.

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Abstract:
Lo zenzero o ginger (Zingiber officinale) è una pianta erbacea perenne appartenente alla famiglia delle Zinziberaceae. Originario dell’Asia orientale (Sud della Cina), oggi la sua coltivazione è diffusa in molti paesi dal clima caldo (Cina, Brasile, Messico, Indonesia, Perù, Tailandia, India e Giamaica). L’aroma speziato è principalmente dovuto alla presenza di chetoni, in particolare i gingeroli e suoi derivati (shogaolo, paradolo, gingerdiolo, gingerdiacetati, gingerdioni, 6-ginger-acido solfonico, gingerenoni etc). Lo scopo della presente ricerca è stato quello di valutare il metodo di sterilizzazione degli espianti di due popolazioni: zenzero Nero e Zenzero del Perù.La sperimentazione è stata condotta presso Battistini vivai di via Ravennate 1500,Cesena.Il materiale di partenza del processo di micropropagazione è stato il rizoma con gemme ancora non sviluppate .Dai germoglietti sviluppati da queste gemme ,sono stati eseguiti espianti di circa 1 o 2 cm di lunghezza .Questi espianti sono stati sciacquati e quindi immersi in una soluzione di ipoclorito di sodio commerciale al 50% per un tempo variabile da 5 a 20 minuti.Nel caso di zenzero nero,il tempo di contatto ottimale degli espianti all'NaClO ,è risultato di15 minuti ,tutta via ,allungare il tempo di soli pochi minuti,può determinare gravi danni alle colture .Nel caso della prima subcoltura,invece lo zenzero nero sembra essere sensibile all'NaClO ,che infatti non ha creato danni,indipendentemente dal tempo di durata della sterilizzazione .Nel caso dello zenzero del Perù ,il tempo di contattato ottimale degli espianti vitali si è fermati al 67%.A differenza dello zenzero nero ,quello del Perù è risultato sensibile all'ipoclorito di Na anche nella prima subcoltura dove,indipendentemente dal tempo di contatto,la percentuale non ha mai superato il 50%.
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