Academic literature on the topic 'La Dalmazia'

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Dissertations / Theses on the topic "La Dalmazia"

1

Conte, Alessio <1992&gt. "Ca’ Foscari e l’imperialismo adriatico: la Dalmazia nell’università veneziana tra studi e ideologia." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/11723.

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Abstract:
Partendo dall’analisi delle origini nazionali del mito irredentista della Dalmazia e proseguendo con la sua rielaborazione ideologica nell’ambiente della Venezia fascista, la tesi prende in esame, in particolare tramite documenti degli archivi storici dell'Università Ca' Foscari e dell'ISMAR (Istituto di Scienze Marine), le attività e l’interesse rivolto da istituzioni universitarie, di ricerca e culturali alla sponda orientale dell’Adriatico, specie nei primi anni del secondo conflitto mondiale. Vengono considerate le attività e le iniziative dell’ateneo veneziano nel contesto dei progetti imperialisti italiani nel Mediterraneo e nell’Europa Sud-Orientale tra cui il tentativo di creare nell'università un “Istituto per l’Europa Sudorientale e il Levante”. Nel contesto dell’interesse per la questione adriatica particolare attenzione venne rivolta in questo periodo agli studenti slavi, beneficiari non solo di sostegno economico da parte delle organizzazioni fasciste, ma anche di molte iniziative proposte dall’Università, a loro specificamente dedicate. A dimostrazione della pervasività ideologica dell’irredentismo nell’ambito accademico, vengono prese in esame pubblicazioni e discorsi di docenti e rettori cafoscarini, ma anche alcune tesi di laurea del periodo incentrate sul Mediterraneo e sulla Dalmazia, redatte in particolare nel decennio precedente il secondo conflitto mondiale.
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2

Pesce, Sabrina <1993&gt. "Mommsen e le "Dalmaticae incertae" del CIL III: un viaggio tra Venezia e Dalmazia." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/12631.

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Abstract:
La sezione del CIL III relativa alle iscrizioni "Dalmaticae incertae" rappresenta un punto di partenza interessante per lo studio dei rapporti collezionistici intercorsi tra la costa dalmata e Venezia. Attraverso un'indagine analitica delle parole di Mommsen, dunque, ci si propone di ripercorrere la storia delle iscrizioni, esaminando tutti quegli elementi che possano in qualche modo ricondurre all'esatta provenienza, e attuale collocazione, delle stesse.
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3

Tucci, Sara <1993&gt. "Il corpus epigrafico latino della Croazia e Dalmazia. Il rapporto con il Friulveneto e il Sud Italia." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/13716.

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Abstract:
La ricerca svolta si propone di investigare il corpus delle epigrafi in latino delle aree della Croazia e Dalmazia per i secoli dall’VIII all’XI; a questo scopo verranno operate delle comparazioni tra la produzione croato-dalmata e lo stile epigrafico longobardo del Friuli e quello del Veneto, e con la produzione manoscritta dell’ordine Benedettino dei Ducati di Benevento e Spoleto. Per prima cosa si propone un inquadramento storico di ogni singola area geografica di interesse, sia singolarmente sia dal punto di vista delle relazioni che si instaurarono tra l’une e le altre; punto focale sarà chiarire gli avvenimenti storici più rilevanti della Croazia e Dalmazia, ed illustrare quegli eventi che agevolarono lo scambio culturale tra le aree qui prese in esame. Successivamente, si passerà a trattare nello specifico il corpus delle epigrafi croate; essendo lo scopo di questo studio la ricerca di quelle istanze che diedero vita al modello epigrafico croato e dalmata, questa sezione dell’elaborato sarà strutturata in modo da valorizzare le caratteristiche in comune tra le varie produzioni e, quindi, gli stili e i modelli che possono essere visti come fonti da cui attinse o da cui venne influenzata, la produzione epigrafica croata. Dopo un capitolo introduttivo sul gruppo delle epigrafi croate e dalmate, si proporranno due capitoli separati che analizzeranno, il primo il rapporto con l’Alto Adriatico, il secondo con la produzione manoscritta dei Benedettini e l’impatto che ebbero. Infine, si descriverà brevemente anche l’influsso del modello scrittorio carolingio, e ciò per tentare di chiarire il meglio possibile tutte le direzioni da cui provennero influssi che poi caratterizzarono il corpus epigrafico preso in esame.
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4

Clewing, Konrad. "Staatlichkeit und nationale Identitätsbildung : Dalmatien in Vormärz und Revolution /." München : Oldenbourg, 2001. http://www.h-net.org/review/hrev-a0c6m9-aa.

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5

Pradem-Sarinic, Marianne. "Les malédictions en Dalmatie." Paris, EHESS, 2002. http://www.theses.fr/2002EHES0103.

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Abstract:
En Dalmatie, zone de la côte adriatique en Croatie, il n'est pas rare d'entendre proférer, en certaines circonstances, des malédictions. Ces expressions formulaires sont des actes de parole faites pour intervenir sur le destin des humains et de tous les êtres qui peuplent cette région. Après avoir dégager les formes que prennent ces malédictions dans divers mondes religieux ou profanes, la recherche présente la Dalmatie et la région de Zadar où elle s'est déroulée, telle que ses habitants en parlent aujourd'hui. Les malédictions en Dalmatie appartiennent à un ensemble d'actes de discours qui fondent leur efficacité sur la parole comme un lien entre les humains d'un groupe. Pour montrer de quelle manière est façonnée l'énonciation et comprendre son statut dans la société, des récits de vie décrivent les positions de celui qui profère, de celui qui est visé et les éléments qui constituent son efficacité sociale.
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6

Glicksman, Kristina. "The economy of the Roman province of Dalmatia." Thesis, University of Oxford, 2009. http://ethos.bl.uk/OrderDetails.do?uin=uk.bl.ethos.517141.

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7

Reed, Laurel Elizabeth. "Approaches to fifteenth- and early sixteenth-century painting in Dalmatia." Diss., [La Jolla] : University of California, San Diego, 2009. http://wwwlib.umi.com/cr/ucsd/fullcit?p3355597.

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Abstract:
Thesis (Ph. D.)--University of California, San Diego, 2009.<br>Title from first page of PDF file (viewed July 7, 2009). Available via ProQuest Digital Dissertations. Vita. Includes bibliographical references (p. 378-402).
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8

Campedelli, Alessandro <1975&gt. "Il dominio romano in Dalmatia: diffusione del modello urbano e culturale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2993/1/CAMPEDELLI_ALESSANDRO_IL_DOMINIO_ROMANO_IN_DALMATIA%2C_DIFFUSIONE_DEL_MODELLO_URBANO_E_CULTURALE.pdf.

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Abstract:
I viaggi e gli studi compiuti in Croazia, Montenegro e Bosnia Erzegovina in occasione della Tesi di Laurea hanno costituito l’occasione per comprendere quanto sia consistente il retaggio di Roma antica sulla sponda orientale dell’Adriatico. Nello stesso tempo si è potuto constatare che, per diversi motivi, dal punto di vista prettamente scientifico, la ricchezza di questo patrimonio archeologico aveva sino allora trovato soltanto poche occasioni di studio. Da qui la necessità di provvedere a un quadro completo e generale relativo alla presenza romana in un territorio come quello della provincia romana di Dalmatia che, pur considerando la sua molteplicità geografica, etnica, economica, culturale, sociale e politica, ha trovato, grazie all’intervento di Roma, una sua dimensione unitaria, un comune denominatore, tanto da farne una provincia che ebbe un ruolo fondamentale nella storia dell’Impero. Il lavoro prende le mosse da una considerazione preliminare e generale, che ne costituisce quasi lo spunto metodologico più determinante: la trasmissione della cultura e dei modelli di vita da parte di Roma alle altre popolazioni ha creato un modello in virtù del quale l’imperialismo romano si è in certo modo adattato alle diverse culture incontrate ed assimilate, dando vita ad una rete di culture unite da elementi comuni, ma anche profondamente diversificate per sintesi originali. Quella che pare essere la chiave di lettura impiegata è la struttura di un impero a forma di “rete” con forti elementi di coesione, ma allo stesso tempo dotato di ampi margini di autonomia. E questo a cominciare dall’analisi dei fattori che aprirono il cammino dell’afflusso romano in Dalmatia e nello stesso tempo permisero i contatti con il territorio italico. La ricerca ne analizza quindi i fattori:il diretto controllo militare, la costruzione di una rete viaria, l’estensione della cittadinanza romana, lo sviluppo della vita locale attraverso la formazione di una rete di municipi, i contatti economici e l’immigrazione di genti romanizzate. L’analisi ha posto in evidenza una provincia caratterizzata da notevoli contraddizioni, che ne condizionarono – presso entrambi i versanti del Velebit e delle Alpi Dinariche – lo sviluppo economico, sociale, culturale e urbanistico. Le profonde differenze strutturali tra questi due territori rimasero sempre presenti: la zona costiera divenne, sotto tutti i punti di vista, una sorta di continuazione dell’Italia, mntre quella continentale non progredì di pari passo. Eppure l’influenza romana si diffuse anche in questa, così che essa si pote conformare, in una certa misura, alla zona litoranea. Come si può dedurre dal fatto che il severo controllo militare divenne superfluo e che anche questa regione fu dotata progressivamente di centri amministrati da un gruppo dirigente compiutamente integrato nella cultura romana. Oltre all’analisi di tutto ciò che rientra nel processo di acculturazione dei nuovi territori, l’obiettivo principale del lavoro è l’analisi di uno degli elementi più importanti che la dominazione romana apportò nei territori conquistati, ovvero la creazione di città. In questo ambito relativamente periferico dell’Impero, qual è il territorio della provincia romana della Dalmatia, è stato dunque possibile analizzare le modalità di creazione di nuovi centri e di adattamento, da parte di Roma, ai caratteri locali dell’insediamento, nonché ai condizionamenti ambientali, evidenziando analogie e differenze tra le città fondate. Prima dell’avvento di Roma, nessuna delle regioni entrate a far parte dei territori della Dalmatia romana, con la sola eccezione della Liburnia, diede origine a centri di vero e proprio potere politico-economico, come ad esempio le città greche del Mediterraneo orientale, tali da continuare un loro sviluppo all’interno della provincia romana. In altri termini: non si hanno testimonianze di insediamenti autoctoni importanti che si siano trasformati in città sul modello dei centri provinciali romani, senza aver subito cambiamenti radicali quali una nuova pianificazione urbana o una riorganizzazione del modello di vita locale. Questo non significa che la struttura politico-sociale delle diverse tribù sia stata cambiata in modo drastico: almeno nelle modeste “città” autoctone, nelle quali le famiglie appaiono con la cittadinanza romana, assieme agli ordinamenti del diritto municipale, esse semplicemente continuarono ad avere il ruolo che i loro antenati mantennero per generazioni all’interno della propria comunità, prima della conquista romana. Il lavoro mette compiutamente in luce come lo sviluppo delle città nella provincia abbia risentito fortemente dello scarso progresso politico, sociale ed economico che conobbero le tribù e le popolazioni durante la fase pre-romana. La colonizzazione greca, troppo modesta, non riuscì a far compiere quel salto qualitativo ai centri autoctoni, che rimasero sostanzialmente privi di concetti basilari di urbanistica, anche se è possibile notare, almeno nei centri costieri, l’adozione di tecniche evolute, ad esempio nella costruzione delle mura. In conclusione questo lavoro chiarisce analiticamente, con la raccolta di un’infinità di dati (archeologici e topografici, materiali ed epigrafici, e desunti dalle fonti storiche), come la formazione della città e l’urbanizzazione della sponda orientale dell’adriatico sia un fenomeno prettamente romano, pur differenziato, nelle sue dinamiche storiche, quasi caso per caso. I dati offerti dalla topografia delle città della Dalmatia, malgrado la scarsità di esempi ben documentati, sembrano confermare il principio della regolarità degli impianti urbani. Una griglia ortogonale severamente applicata la si individua innanzi tutto nelle città pianificate di Iader, Aequum e, probabilmente, anche a Salona. In primis nelle colonie, quindi, ma non esclusivamente. Anche numerosi municipi sviluppatisi da insediamenti di origine autoctona hanno espresso molto presto la tendenza allo sviluppo di un sistema ortogonale regolare, se non in tutta l’area urbana, almeno nei settori di più possibile applicazione. Ne sono un esempio Aenona, Arba, Argiruntum, Doclea, Narona ed altri. La mancanza di un’organizzazione spaziale regolare non ha tuttavia compromesso l’omogeneità di un’attrezzatura urbana tesa alla normalizzazione, in cui i componenti più importanti, forum e suoi annessi, complessi termali, templi dinastici e capitolia, si avviano a diventare canonici. Le differenze più sensibili, che pure non mancano, sembrano dipendere dalle abitudini delle diverse etnie, dai condizionamenti topografici e dalla disponibilità finanziaria dei notabili. Una città romana non può prendere corpo in tutta la sua pienezza solo per la volontà del potere centrale. Un progetto urbanistico resta un fatto teorico finché non si realizzano le condizioni per cui si fondano due fenomeni importantissimi: uno socio-culturale, che consiste nell’emergenza di una classe di notabili “fortunati” desiderosi di dare a Roma dimostrazioni di lealtà, pronti a rispondere a qualsiasi sollecitazione da parte del potere centrale e addirittura ad anticiparlo; l’altro politico-amministrativo, che riguarda il sistema instaurato da Roma, grazie al quale i suddetti notabili possono godere di un certo potere e muoversi in vista della promozione personale nell’ambito della propria città. Aiuti provenienti dagli imperatori o da governatori provinciali, per quanto consistenti, rimangono un fatto non sistematico se non imprevedibile, e rappresentano comunque un episodio circoscritto. Anche se qualche città risulta in grado di costruire pecunia publica alcuni importanti edifici del quadro monumentale, il ruolo del finanziamento pubblico resta relativamente modesto. Quando la documentazione epigrafica esiste, si rivela che sono i notabili locali i maggiori responsabili della costruzione delle opere pubbliche. Sebbene le testimonianze epigrafiche siano scarse e, per la Dalmatia non sia possibile formulare un quadro completo delle committenze che favorirono materialmente lo sviluppo architettonico ed artistico di molti complessi monumentali, tuttavia è possibile osservare e riconoscere alcuni aspetti significativi e peculiari della provincia.
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Campedelli, Alessandro <1975&gt. "Il dominio romano in Dalmatia: diffusione del modello urbano e culturale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2993/.

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Abstract:
I viaggi e gli studi compiuti in Croazia, Montenegro e Bosnia Erzegovina in occasione della Tesi di Laurea hanno costituito l’occasione per comprendere quanto sia consistente il retaggio di Roma antica sulla sponda orientale dell’Adriatico. Nello stesso tempo si è potuto constatare che, per diversi motivi, dal punto di vista prettamente scientifico, la ricchezza di questo patrimonio archeologico aveva sino allora trovato soltanto poche occasioni di studio. Da qui la necessità di provvedere a un quadro completo e generale relativo alla presenza romana in un territorio come quello della provincia romana di Dalmatia che, pur considerando la sua molteplicità geografica, etnica, economica, culturale, sociale e politica, ha trovato, grazie all’intervento di Roma, una sua dimensione unitaria, un comune denominatore, tanto da farne una provincia che ebbe un ruolo fondamentale nella storia dell’Impero. Il lavoro prende le mosse da una considerazione preliminare e generale, che ne costituisce quasi lo spunto metodologico più determinante: la trasmissione della cultura e dei modelli di vita da parte di Roma alle altre popolazioni ha creato un modello in virtù del quale l’imperialismo romano si è in certo modo adattato alle diverse culture incontrate ed assimilate, dando vita ad una rete di culture unite da elementi comuni, ma anche profondamente diversificate per sintesi originali. Quella che pare essere la chiave di lettura impiegata è la struttura di un impero a forma di “rete” con forti elementi di coesione, ma allo stesso tempo dotato di ampi margini di autonomia. E questo a cominciare dall’analisi dei fattori che aprirono il cammino dell’afflusso romano in Dalmatia e nello stesso tempo permisero i contatti con il territorio italico. La ricerca ne analizza quindi i fattori:il diretto controllo militare, la costruzione di una rete viaria, l’estensione della cittadinanza romana, lo sviluppo della vita locale attraverso la formazione di una rete di municipi, i contatti economici e l’immigrazione di genti romanizzate. L’analisi ha posto in evidenza una provincia caratterizzata da notevoli contraddizioni, che ne condizionarono – presso entrambi i versanti del Velebit e delle Alpi Dinariche – lo sviluppo economico, sociale, culturale e urbanistico. Le profonde differenze strutturali tra questi due territori rimasero sempre presenti: la zona costiera divenne, sotto tutti i punti di vista, una sorta di continuazione dell’Italia, mntre quella continentale non progredì di pari passo. Eppure l’influenza romana si diffuse anche in questa, così che essa si pote conformare, in una certa misura, alla zona litoranea. Come si può dedurre dal fatto che il severo controllo militare divenne superfluo e che anche questa regione fu dotata progressivamente di centri amministrati da un gruppo dirigente compiutamente integrato nella cultura romana. Oltre all’analisi di tutto ciò che rientra nel processo di acculturazione dei nuovi territori, l’obiettivo principale del lavoro è l’analisi di uno degli elementi più importanti che la dominazione romana apportò nei territori conquistati, ovvero la creazione di città. In questo ambito relativamente periferico dell’Impero, qual è il territorio della provincia romana della Dalmatia, è stato dunque possibile analizzare le modalità di creazione di nuovi centri e di adattamento, da parte di Roma, ai caratteri locali dell’insediamento, nonché ai condizionamenti ambientali, evidenziando analogie e differenze tra le città fondate. Prima dell’avvento di Roma, nessuna delle regioni entrate a far parte dei territori della Dalmatia romana, con la sola eccezione della Liburnia, diede origine a centri di vero e proprio potere politico-economico, come ad esempio le città greche del Mediterraneo orientale, tali da continuare un loro sviluppo all’interno della provincia romana. In altri termini: non si hanno testimonianze di insediamenti autoctoni importanti che si siano trasformati in città sul modello dei centri provinciali romani, senza aver subito cambiamenti radicali quali una nuova pianificazione urbana o una riorganizzazione del modello di vita locale. Questo non significa che la struttura politico-sociale delle diverse tribù sia stata cambiata in modo drastico: almeno nelle modeste “città” autoctone, nelle quali le famiglie appaiono con la cittadinanza romana, assieme agli ordinamenti del diritto municipale, esse semplicemente continuarono ad avere il ruolo che i loro antenati mantennero per generazioni all’interno della propria comunità, prima della conquista romana. Il lavoro mette compiutamente in luce come lo sviluppo delle città nella provincia abbia risentito fortemente dello scarso progresso politico, sociale ed economico che conobbero le tribù e le popolazioni durante la fase pre-romana. La colonizzazione greca, troppo modesta, non riuscì a far compiere quel salto qualitativo ai centri autoctoni, che rimasero sostanzialmente privi di concetti basilari di urbanistica, anche se è possibile notare, almeno nei centri costieri, l’adozione di tecniche evolute, ad esempio nella costruzione delle mura. In conclusione questo lavoro chiarisce analiticamente, con la raccolta di un’infinità di dati (archeologici e topografici, materiali ed epigrafici, e desunti dalle fonti storiche), come la formazione della città e l’urbanizzazione della sponda orientale dell’adriatico sia un fenomeno prettamente romano, pur differenziato, nelle sue dinamiche storiche, quasi caso per caso. I dati offerti dalla topografia delle città della Dalmatia, malgrado la scarsità di esempi ben documentati, sembrano confermare il principio della regolarità degli impianti urbani. Una griglia ortogonale severamente applicata la si individua innanzi tutto nelle città pianificate di Iader, Aequum e, probabilmente, anche a Salona. In primis nelle colonie, quindi, ma non esclusivamente. Anche numerosi municipi sviluppatisi da insediamenti di origine autoctona hanno espresso molto presto la tendenza allo sviluppo di un sistema ortogonale regolare, se non in tutta l’area urbana, almeno nei settori di più possibile applicazione. Ne sono un esempio Aenona, Arba, Argiruntum, Doclea, Narona ed altri. La mancanza di un’organizzazione spaziale regolare non ha tuttavia compromesso l’omogeneità di un’attrezzatura urbana tesa alla normalizzazione, in cui i componenti più importanti, forum e suoi annessi, complessi termali, templi dinastici e capitolia, si avviano a diventare canonici. Le differenze più sensibili, che pure non mancano, sembrano dipendere dalle abitudini delle diverse etnie, dai condizionamenti topografici e dalla disponibilità finanziaria dei notabili. Una città romana non può prendere corpo in tutta la sua pienezza solo per la volontà del potere centrale. Un progetto urbanistico resta un fatto teorico finché non si realizzano le condizioni per cui si fondano due fenomeni importantissimi: uno socio-culturale, che consiste nell’emergenza di una classe di notabili “fortunati” desiderosi di dare a Roma dimostrazioni di lealtà, pronti a rispondere a qualsiasi sollecitazione da parte del potere centrale e addirittura ad anticiparlo; l’altro politico-amministrativo, che riguarda il sistema instaurato da Roma, grazie al quale i suddetti notabili possono godere di un certo potere e muoversi in vista della promozione personale nell’ambito della propria città. Aiuti provenienti dagli imperatori o da governatori provinciali, per quanto consistenti, rimangono un fatto non sistematico se non imprevedibile, e rappresentano comunque un episodio circoscritto. Anche se qualche città risulta in grado di costruire pecunia publica alcuni importanti edifici del quadro monumentale, il ruolo del finanziamento pubblico resta relativamente modesto. Quando la documentazione epigrafica esiste, si rivela che sono i notabili locali i maggiori responsabili della costruzione delle opere pubbliche. Sebbene le testimonianze epigrafiche siano scarse e, per la Dalmatia non sia possibile formulare un quadro completo delle committenze che favorirono materialmente lo sviluppo architettonico ed artistico di molti complessi monumentali, tuttavia è possibile osservare e riconoscere alcuni aspetti significativi e peculiari della provincia.
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Breiter, Nehalem Clare. "How selective are biological controls? Evaluating the potential for nontarget herbivory by Mecinus janthinus Germar [Coleoptera: Curculionidae], a biological control agent for Dalmatian (Linaria dalmatica L. P. Mill.) and yellow toadflax (Linaria vulgaris P. Mill.) [Scrophulariaceae]." Diss., Connect to online resource, 2005. http://wwwlib.umi.com/cr/colorado/fullcit?p1425779.

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