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Dissertations / Theses on the topic 'Lavoro di comunità'

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1

Degano, Fabrizio <1984&gt. "Il rapporto di lavoro nelle comunità religiose." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/8419.

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Abstract:
Viene descritto il rapporto di lavoro nelle comunità religiose, con la gestione delle risorse umane, la responsabilità civile penale ed amministrativa nei rapporti di lavoro, la disciplina contrattuale ( ccnl agidae, ccnl lavoro domestico, voucher etc), volontariato e sicurezza d.lgs 81/2008
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2

Dellagioia, Chiara <1993&gt. "Il lavoro sociale di comunità: il progetto "Ci sto? Affare fatica!"." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/18536.

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Abstract:
Questo elaborato prende in considerazione il progetto Ci sto? Affare fatica! come esempio di buona pratica di progettualità e intervento del Distretto 1 dell’Azienda ULSS 7 Pedemontana. Nato all’interno del Piano di intervento in materia di politiche giovanili della regione Veneto, il progetto, vanta un incredibile numero di soggetti coinvolti tra stakeholders (settore pubblico, privato, privato sociale) e partecipanti. Se è vero che, negli ultimi anni, il tessuto sociale e comunitario è andato sempre più frammentandosi, con Ci sto? Affare fatica! viene dimostrato che la comunità “c’è” e vive nei nostri territori con le sue problematiche e la sua unicità. E’ compito degli operatori del sociale lavorare con e per la comunità, in un processo di empowerment che vede il cittadino come centro di bisogni e risposte. In questa innovazione di azioni di welfare territoriale e generativo, si analizzerà il ruolo che l’assistente sociale ha assunto (e dovrà assumere) al fine di promuovere il suo mandato etico-professionale nella comunità di riferimento.
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3

Furlan, Sara <1995&gt. "L’affiancamento familiare come metodologia innovativa a sostegno della genitorialità in contesti di lavoro di comunità." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17764.

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Abstract:
L’elaborato vuole dare una prima risposta ad una riflessione in merito alla necessità di innovazione dei servizi sociali, soprattutto per quanto riguarda i progetti di sostegno alla genitorialità e di prevenzione nella tutela del minore. L’esigenza di individuare soluzioni nuove e innovative nell’ambito della tutela delle famiglie nasce dalla consapevolezza che il confine tra famiglie “normali” e “critiche” è sempre più sfumato e la possibilità di intrecci tra le due dimensioni complica ulteriormente le possibilità di lavoro. Si fa strada la consapevolezza che i servizi stessi abbiano il dovere di cambiare il proprio agire introducendo nuovi dispositivi tecnici, cercando di cambiare le culture di riferimento e le modalità con cui vengono letti i fenomeni sociali. Il Progetto “Una famiglia per una famiglia” nasce con l’intenzione di proporre una forma alternativa di aiuto alle famiglie in difficoltà. Il progetto propone un dispositivo nuovo, quello dell’affiancamento familiare, con lo scopo di offrire un supporto nuovo e diverso alle famiglie che, per diverse ragioni, si trovano a dover fronteggiare un periodo di temporanea fragilità. La metodologia proposta sembra in grado di cogliere le importanti istanze di cambiamento e di innovazione presenti tanto nella normativa, quanto nelle riflessioni che coinvolgono le categorie professionali che lavorano per la tutela dei minori e per il supporto alle famiglie, tra cui gli assistenti sociali. Le caratteristiche proprie dei progetti di affido, la cui sperimentazione e attuazione si è diffusa in modo uniforme sul territorio italiano, permettono a questi progetti di lavorare in un’ottica di prevenzione del disagio, anticipando interventi più tradizionali e di tipo più invasivo che, generalmente, vanno a modificare l’assetto originale delle famiglie. L’idea alla base dei progetti di affiancamento familiare infatti è quella di “sostenere senza dividere” le famiglie in difficoltà, supportando il rafforzamento di competenze e conoscenze. I percorsi di affiancamento familiare comportano una visione innovativa che si sposta dal bambino all’intera famiglia. Il progetto di affiancamento, oltre a rappresentare un elemento di innovazione nel sociale, si inserisce nelle realtà territoriali, coinvolgendo le comunità locali. L’obiettivo del presente elaborato è dunque quello di analizzare a fondo le caratteristiche di questa nuova metodologia anche attraverso degli studi caso. Verrà inoltre proposta una comparazione tra le caratteristiche dei progetti di affido e quelle di alcuni strumenti che tradizionalmente sono a disposizione dei Servizi che lavorano per la tutela dei minori e delle loro famiglie. Tra questi il progetto P.I.P.P.I. e il dispositivo dell’affido.
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4

OREFICE, MARINA. "Rilevazione e monitoraggio delle comunità di pratica. I processi di apprendimento nel Credito Cooperativo Trentino." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2008. http://hdl.handle.net/10280/317.

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Abstract:
Lo scopo del presente lavoro e' mostrare i principali risultati ottenuti da una ricerca su un contesto organizzativo specifico considerato un sistema sociale di apprendimento. l'argomento e' stato sviluppato all'interno del framework concettuale sull'apprendimento situato e sulle comunità di pratica. la ricerca ha riguardato un network di banche, il credito cooperativo trentino, localizzato in trentino alto Adige. Attraverso un approccio qualitativo, sono state rilevate le principali pratiche manageriali e formative promettenti per lo sviluppo di comunità di pratica. La tesi sottolinea le implicazioni metodologiche e il dispositivo metodologico attraverso cui è stato possibile intercettare la conoscenza in azione e la connessione tra organizzare, conoscere e apprendere.
The aim of this thesis is to present the main results obtained from research into a specific organizational context that can be seen as a learning social system. This matter has developed from a theoretical framework of situated learning and communities of practice. The research concerned a network of banks, mainly that of the Credito Cooperativo Trentino (CCT), located in Trentino Alto Adige, one of Italy's northern regions. using a qualitative approach, it has been possible to point out the most relevant training and managerial practices that encourage the development of CoP. The thesis highlights the methodological implications and the qualitative devices by which it has been possible to intercept knowledge in action and the connection between organizing, knowing and learning.
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OREFICE, MARINA. "Rilevazione e monitoraggio delle comunità di pratica. I processi di apprendimento nel Credito Cooperativo Trentino." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2008. http://hdl.handle.net/10280/317.

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Abstract:
Lo scopo del presente lavoro e' mostrare i principali risultati ottenuti da una ricerca su un contesto organizzativo specifico considerato un sistema sociale di apprendimento. l'argomento e' stato sviluppato all'interno del framework concettuale sull'apprendimento situato e sulle comunità di pratica. la ricerca ha riguardato un network di banche, il credito cooperativo trentino, localizzato in trentino alto Adige. Attraverso un approccio qualitativo, sono state rilevate le principali pratiche manageriali e formative promettenti per lo sviluppo di comunità di pratica. La tesi sottolinea le implicazioni metodologiche e il dispositivo metodologico attraverso cui è stato possibile intercettare la conoscenza in azione e la connessione tra organizzare, conoscere e apprendere.
The aim of this thesis is to present the main results obtained from research into a specific organizational context that can be seen as a learning social system. This matter has developed from a theoretical framework of situated learning and communities of practice. The research concerned a network of banks, mainly that of the Credito Cooperativo Trentino (CCT), located in Trentino Alto Adige, one of Italy's northern regions. using a qualitative approach, it has been possible to point out the most relevant training and managerial practices that encourage the development of CoP. The thesis highlights the methodological implications and the qualitative devices by which it has been possible to intercept knowledge in action and the connection between organizing, knowing and learning.
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Giovetti, Alessia <1982&gt. "Costruire partecipazione nel lavoro sociale di comunità. Il percorso del Servizio Sociale del Municipio IX di Roma per sviluppare progettualità nel Casale di Via Tullio Viola." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/20580.

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Abstract:
Il presente elaborato propone una lettura del lavoro sociale di comunità, in particolare quello teso allo sviluppo di comunità, attraverso un’analisi conoscitiva di alcuni progetti realizzati dal Servizio Sociale del Municipio IX nel Casale di via Tullio Viola a Roma. L’indagine desidera evidenziare teorie di riferimento, metodi, strumenti e tecniche con i quali il Servizio Sociale ha operato per introdurre e sviluppare i progetti nel territorio e per coinvolgere la cittadinanza, dando rilevanza al tema della partecipazione nella progettazione sociale. La domanda che guida la ricerca riguarda le modalità percepite come efficaci dai diversi attori coinvolti nel progetto. La metodologia di ricerca adottata per rispondere è quella qualitativa, grazie all’utilizzo di interviste semi-strutturate, rivolte agli operatori sociali e ai cittadini residenti nel quartiere. La tesi propone una prima parte teorica in cui è presentato il tema della partecipazione in diversi suoi aspetti e applicazioni, in particolare la sua implicazione nello sviluppo locale, nelle nuove forme di governo e nel lavoro sociale di comunità. Proprio dalle pratiche del lavoro di comunità, sono evidenziati modalità di attivazione, livelli di partecipazione e strumenti e tecniche per il suo sviluppo. La seconda parte del lavoro presenta i progetti del Casale in modo descrittivo, per inquadrarli in una prospettiva spazio-temporale, socio-culturale e conoscere le politiche sociali attive sul territorio. Una terza parte presenta il motivo dell’indagine condotta, le questioni a cui risponde e la metodologia scelta. L’ultimo capitolo presenta i risultati della ricerca, evidenziando le difficoltà emerse nel percorso di costruzione della partecipazione e del lavoro di comunità, ma anche le azioni che hanno offerto buoni risultati, spendibili in contesti analoghi.
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CIRILLO, FRANCESCA. "LE DONNE: UN PONTE TRA LE CULTURE. IL COMMUNITY SOCIAL WORK E LA RIGENERAZIONE RELAZIONALE NEI QUARTIERI PERIFERICI MULTIETNICI." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2019. http://hdl.handle.net/10280/61537.

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Abstract:
La ricerca ha l’obiettivo di illustrare la tesi secondo cui le donne hanno un ruolo importante all’interno dei processi rigenerativi delle comunità e possono essere considerate il “motore” per lo sviluppo dei legami sociali. In particolare, le donne di diversa nazionalità, all’interno dei quartieri multietnici, possono agire da “ponte” capaci di mediare tra la cultura del paese d’origine e quella del paese ospitante, capaci di unire mondi culturali e sociali diversi, rappresentando quindi una possibile e preziosa via per promuovere l’integrazione sociale. La ricerca si basa sul case study di un progetto di Community Work chiamato “il mondo in un quartiere”, nato nel 2012 all’interno del contesto multiculturale del Comune di Pioltello. Sono state realizzate 43 interviste a persone in vario modo coinvolte nel progetto. Attraverso le interviste, analizzate su tre livelli di lettura, sono stati messi in luce i nodi tematici rilevanti, la percezione delle persone sul progetto e l’efficacia della metodologia di Social Work. Infine, i dati emersi dalle interviste sono stati commentati e connessi con i temi emersi dalla letteratura internazionale evidenziandone gli aspetti di conformità, di diversità, gli aspetti non osservati e quelli innovativi introdotti dall’esperienza sul campo.
The research aims to prove the thesis according to which women play a foremost role in the regenerative processes, as well as they can be considered as the “driving force” in the development of social connections. In particular, women of different nationalities, within the multiethnic neighborhoods, they can act as a "bridge" able not only to mediate between the culture of the native country and that of the host country, but also to connect different cultural and social worlds, representing in this way a potential and worthy way to promote social integration.The research is based on the case study of a Community Work project called "the world in a neighborhood" arised in 2012 within the multicultural context of the City of Pioltello. 43 interviews were conducted to people differently involved in the project. The interviews were analyzed on three different levels of reading; first finding the focal themes, following people’s perception of the project and finally the effectiveness of the Social Work methodology. To sum up the data collected from the interviews were analyzed and connected with the themes resulted from the international literature, highlighting the aspects of: compliance, diversity together with the not faced aspects and the innovative ones introduced by a first and experience.
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CIRILLO, FRANCESCA. "LE DONNE: UN PONTE TRA LE CULTURE. IL COMMUNITY SOCIAL WORK E LA RIGENERAZIONE RELAZIONALE NEI QUARTIERI PERIFERICI MULTIETNICI." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2019. http://hdl.handle.net/10280/61537.

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Abstract:
La ricerca ha l’obiettivo di illustrare la tesi secondo cui le donne hanno un ruolo importante all’interno dei processi rigenerativi delle comunità e possono essere considerate il “motore” per lo sviluppo dei legami sociali. In particolare, le donne di diversa nazionalità, all’interno dei quartieri multietnici, possono agire da “ponte” capaci di mediare tra la cultura del paese d’origine e quella del paese ospitante, capaci di unire mondi culturali e sociali diversi, rappresentando quindi una possibile e preziosa via per promuovere l’integrazione sociale. La ricerca si basa sul case study di un progetto di Community Work chiamato “il mondo in un quartiere”, nato nel 2012 all’interno del contesto multiculturale del Comune di Pioltello. Sono state realizzate 43 interviste a persone in vario modo coinvolte nel progetto. Attraverso le interviste, analizzate su tre livelli di lettura, sono stati messi in luce i nodi tematici rilevanti, la percezione delle persone sul progetto e l’efficacia della metodologia di Social Work. Infine, i dati emersi dalle interviste sono stati commentati e connessi con i temi emersi dalla letteratura internazionale evidenziandone gli aspetti di conformità, di diversità, gli aspetti non osservati e quelli innovativi introdotti dall’esperienza sul campo.
The research aims to prove the thesis according to which women play a foremost role in the regenerative processes, as well as they can be considered as the “driving force” in the development of social connections. In particular, women of different nationalities, within the multiethnic neighborhoods, they can act as a "bridge" able not only to mediate between the culture of the native country and that of the host country, but also to connect different cultural and social worlds, representing in this way a potential and worthy way to promote social integration.The research is based on the case study of a Community Work project called "the world in a neighborhood" arised in 2012 within the multicultural context of the City of Pioltello. 43 interviews were conducted to people differently involved in the project. The interviews were analyzed on three different levels of reading; first finding the focal themes, following people’s perception of the project and finally the effectiveness of the Social Work methodology. To sum up the data collected from the interviews were analyzed and connected with the themes resulted from the international literature, highlighting the aspects of: compliance, diversity together with the not faced aspects and the innovative ones introduced by a first and experience.
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ROVATI, ALESSANDRO. "Liberalismo, Neutralità dello Stato e la Politica della Chiesa. Filosofia Morale e Teologia Politica nel lavoro di Stanley Hauerwas." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2015. http://hdl.handle.net/10280/6156.

Full text
Abstract:
Questa tesi si occupa di analizzare il lavoro di Stanley Hauerwas, uno studioso di grande fama nel mondo accademico americano i cui testi sono molto letti in tutto il mondo. Tramite la lettura critica dell’intero corpus degli scritti di Hauerwas la tesi intende riflettere sul rapporto problematico tra Cristianesimo e liberalismo. A questo scopo, la tesi si concentra inizialmente sui presupposti filosofici che sono alla base delle argomentazioni di Hauerwas. In secondo luogo, riflette sulle idee ed istituzioni tipiche del liberalismo e sul loro rapporto con il Cristianesimo. Infine, descrive la proposta etica di Hauerwas e il modo con cui questa determina il tipo di politica che la chiesa e i cristiani dovrebbero avere. Seguendo l’ampiezza del lavoro di Hauerwas, la tesi si interessa di un gran numero di filosofi, teorici della politica e teologi, spaziando dagli scritti di Aristotele e Tommaso d’Aquino, alla filosofia del linguaggio di McCabe, Murdoch, e Wittgenstein, dalle riflessioni etiche di Kovesi, Anscombe, e MacIntyre, alle teorie politiche di Rawls, Stout e Coles. Grazie alla sottolineatura del ruolo delle virtù e della formazione morale, insieme all’enfasi posta sull’importanza che la tradizione della chiesa, le sue pratiche e il suo linguaggio hanno nel dare forma all’immaginazione e alle vite dei cristiani, Hauerwas descrive in maniera costruttiva e feconda una proposta politica genuinamente cristiana e ci aiuta a navigare le complessità del mondo contemporaneo.
The dissertation provides an in-depth analysis of the scholarship of Stanley Hauerwas, a very prominent figure in the American academy whose body of work is widely read in many countries. By providing a close reading of Hauerwas’ entire corpus, the dissertation aims at discussing the contested relationship between Christianity and liberalism. It does so first, by focusing on the philosophical presuppositions that shape Hauerwas’ overall argument. Second, it reflects on the main liberal commitments and institutions and their relationship with Christianity. Third, it describes Hauerwas’ ethical proposal and its bearings on the political commitments that the church and Christians ought to have. Following the breadth of Hauerwas’ work, the dissertation deals with a great number of philosophers, political theorists, and theologians, spanning from the writings of Aristotle and Aquinas, to the philosophy of language of McCabe, Murdoch, and Wittgenstein, to the ethical reflections of Kovesi, Anscombe and MacIntyre, and to the political theory of Rawls, Stout, and Coles. Through his stress on the role of virtues and moral formation, and by emphasizing the importance that the church’s tradition, language, and practices have in shaping the imagination and lives of Christians, Hauerwas gives a constructive and fruitful description of what a genuine Christian politics looks like and helps us navigate the complex world of today.
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ROVATI, ALESSANDRO. "Liberalismo, Neutralità dello Stato e la Politica della Chiesa. Filosofia Morale e Teologia Politica nel lavoro di Stanley Hauerwas." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2015. http://hdl.handle.net/10280/6156.

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Abstract:
Questa tesi si occupa di analizzare il lavoro di Stanley Hauerwas, uno studioso di grande fama nel mondo accademico americano i cui testi sono molto letti in tutto il mondo. Tramite la lettura critica dell’intero corpus degli scritti di Hauerwas la tesi intende riflettere sul rapporto problematico tra Cristianesimo e liberalismo. A questo scopo, la tesi si concentra inizialmente sui presupposti filosofici che sono alla base delle argomentazioni di Hauerwas. In secondo luogo, riflette sulle idee ed istituzioni tipiche del liberalismo e sul loro rapporto con il Cristianesimo. Infine, descrive la proposta etica di Hauerwas e il modo con cui questa determina il tipo di politica che la chiesa e i cristiani dovrebbero avere. Seguendo l’ampiezza del lavoro di Hauerwas, la tesi si interessa di un gran numero di filosofi, teorici della politica e teologi, spaziando dagli scritti di Aristotele e Tommaso d’Aquino, alla filosofia del linguaggio di McCabe, Murdoch, e Wittgenstein, dalle riflessioni etiche di Kovesi, Anscombe, e MacIntyre, alle teorie politiche di Rawls, Stout e Coles. Grazie alla sottolineatura del ruolo delle virtù e della formazione morale, insieme all’enfasi posta sull’importanza che la tradizione della chiesa, le sue pratiche e il suo linguaggio hanno nel dare forma all’immaginazione e alle vite dei cristiani, Hauerwas descrive in maniera costruttiva e feconda una proposta politica genuinamente cristiana e ci aiuta a navigare le complessità del mondo contemporaneo.
The dissertation provides an in-depth analysis of the scholarship of Stanley Hauerwas, a very prominent figure in the American academy whose body of work is widely read in many countries. By providing a close reading of Hauerwas’ entire corpus, the dissertation aims at discussing the contested relationship between Christianity and liberalism. It does so first, by focusing on the philosophical presuppositions that shape Hauerwas’ overall argument. Second, it reflects on the main liberal commitments and institutions and their relationship with Christianity. Third, it describes Hauerwas’ ethical proposal and its bearings on the political commitments that the church and Christians ought to have. Following the breadth of Hauerwas’ work, the dissertation deals with a great number of philosophers, political theorists, and theologians, spanning from the writings of Aristotle and Aquinas, to the philosophy of language of McCabe, Murdoch, and Wittgenstein, to the ethical reflections of Kovesi, Anscombe and MacIntyre, and to the political theory of Rawls, Stout, and Coles. Through his stress on the role of virtues and moral formation, and by emphasizing the importance that the church’s tradition, language, and practices have in shaping the imagination and lives of Christians, Hauerwas gives a constructive and fruitful description of what a genuine Christian politics looks like and helps us navigate the complex world of today.
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Srbinoski, Miso. "Impatto economico e gestionale della crisi del Covid-19 sulle PMI della Comunitá Valenciana e della Spagna. Analisi dati della FAEDPYME." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021.

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Abstract:
Attraverso questo Elaborato verranno analizzati i dati ottenuti da un sondaggio rivolto ad un campione di aziende della Comunità Valenciana e di altre province spagnole per capire come queste sono state colpite dalla crisi economica causata dal COVID-19. Questi dati sono stati ottenuti attraverso un accordo tra l’Universitá Politecnica di Valencia e la FAEDPYME (Fondazione per l’Analisi Strategica e di Sviluppo delle Piccole e Medie Imprese). Verranno evidenzaiti in maniera approfondita i cambi organizzativi, di processo ed economici avvenuti a causa della pandemia. L’obiettivo é quello di analizzare dal punto di vista economico e gestionale quali azioni sono state messe in atto dalle aziende per superare i problemi scaturiti e proporre anche nuove strategie per la ripresa economica. Il lavoro é stato svolto attraverso un’analisi quantitativa e qualitativa dei sondaggi, l’uso di strumenti statistici, lo studio dei processi di miglioramento e facendo riferimento a fonti bibliografiche e bibliometriche
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LIBERATI, ELISA GIULIA. "Riorganizzare l’ospedale secondo un modello per Intensità delle Cure: Uno studio dell’organizzazione sociale del lavoro ospedaliero." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2016. http://hdl.handle.net/10280/10811.

Full text
Abstract:
Innovare verso un modello per Intensità delle Cure (IdC) offre agli ospedali importanti potenzialità di miglioramento, tanto a livello di qualità delle cure quanto sul piano organizzativo e gestionale. L’introduzione del modello IdC può tuttavia implicare sostanziali modifiche nell’organizzazione sociale del lavoro clinico, modificando relazioni, confini e identità professionali. La tesi esamina i reciproci effetti tra il modello IdC e l’organizzazione sociale del lavoro ospedaliero. Il disegno di ricerca è organizzato in tre fasi: una estensiva analisi documentale, uno studio esplorativo basato su interviste qualitative semi-strutturate, uno caso di studio etnografico in profondità condotto in un ospedale recentemente organizzato secondo il modello IdC. I risultati sono organizzati in tre studi. Il primo mostra come il cambiamento IdC sia stato diversamente interpretato dai manager ospedalieri e dai clinici in prima linea con i pazienti, costituendo così due discordanti ‘narrative di cambiamento’. Il secondo studio si focalizza sugli ostacoli alla creazione di team multidisciplinari negli ospedali IdC. Il terzo studio esamina l’impatto del modello IdC su relazioni e confini professionali tra medici e infermieri. Oltre a contribuire alle teorie socio-psicologiche riguardo a confini e identità professionali, la tesi propone riflessioni concrete su come colmare il divario tra programmi innovativi formali e pratiche di cura quotidiane.
The Patient-Centred Model (PCM) is described as an attempt to redesign the hospitals around the needs of the patients, thus contributing to costs reduction, increased efficiency, and improved care. However, the introduction of the PCM may have a profound impact on the social organisation of work, changing lines of demarcation, challenging well established inter-/intra-professional relationships, and prompting the development of new roles and modes of working. This thesis explores the mutual effects between the new organisational model and the pre-existent social organisation of hospital work. The research design is organised in three phases: an extensive document analysis; an interview study; an in-depth ethnographic case study conducted for over one year in a PCM hospital. The findings are organised in three studies. The first shows that the PCM was interpreted differently by hospital managers and by frontline clinicians, thus giving rise to two divergent narratives of change. The second study focuses on the boundaries to collaboration and care integration in newly created hospital teams within PCM hospitals. The third study looks at the impact of the PCM on the medical-nursing boundary. The thesis contributes to management learning and practice by providing recommendations on how to accompany complex innovations, comprising of both their expected and unexpected consequences. It also enriches academic debates on professional boundaries, relations, and identities in healthcare.
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LIBERATI, ELISA GIULIA. "Riorganizzare l’ospedale secondo un modello per Intensità delle Cure: Uno studio dell’organizzazione sociale del lavoro ospedaliero." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2016. http://hdl.handle.net/10280/10811.

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Abstract:
Innovare verso un modello per Intensità delle Cure (IdC) offre agli ospedali importanti potenzialità di miglioramento, tanto a livello di qualità delle cure quanto sul piano organizzativo e gestionale. L’introduzione del modello IdC può tuttavia implicare sostanziali modifiche nell’organizzazione sociale del lavoro clinico, modificando relazioni, confini e identità professionali. La tesi esamina i reciproci effetti tra il modello IdC e l’organizzazione sociale del lavoro ospedaliero. Il disegno di ricerca è organizzato in tre fasi: una estensiva analisi documentale, uno studio esplorativo basato su interviste qualitative semi-strutturate, uno caso di studio etnografico in profondità condotto in un ospedale recentemente organizzato secondo il modello IdC. I risultati sono organizzati in tre studi. Il primo mostra come il cambiamento IdC sia stato diversamente interpretato dai manager ospedalieri e dai clinici in prima linea con i pazienti, costituendo così due discordanti ‘narrative di cambiamento’. Il secondo studio si focalizza sugli ostacoli alla creazione di team multidisciplinari negli ospedali IdC. Il terzo studio esamina l’impatto del modello IdC su relazioni e confini professionali tra medici e infermieri. Oltre a contribuire alle teorie socio-psicologiche riguardo a confini e identità professionali, la tesi propone riflessioni concrete su come colmare il divario tra programmi innovativi formali e pratiche di cura quotidiane.
The Patient-Centred Model (PCM) is described as an attempt to redesign the hospitals around the needs of the patients, thus contributing to costs reduction, increased efficiency, and improved care. However, the introduction of the PCM may have a profound impact on the social organisation of work, changing lines of demarcation, challenging well established inter-/intra-professional relationships, and prompting the development of new roles and modes of working. This thesis explores the mutual effects between the new organisational model and the pre-existent social organisation of hospital work. The research design is organised in three phases: an extensive document analysis; an interview study; an in-depth ethnographic case study conducted for over one year in a PCM hospital. The findings are organised in three studies. The first shows that the PCM was interpreted differently by hospital managers and by frontline clinicians, thus giving rise to two divergent narratives of change. The second study focuses on the boundaries to collaboration and care integration in newly created hospital teams within PCM hospitals. The third study looks at the impact of the PCM on the medical-nursing boundary. The thesis contributes to management learning and practice by providing recommendations on how to accompany complex innovations, comprising of both their expected and unexpected consequences. It also enriches academic debates on professional boundaries, relations, and identities in healthcare.
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GABRI, SARA. "KNOWLEDGE MANAGEMENT, FORMAZIONE E TECNOLOGIE 2.0: VERSO LA SOCIAL COLLABORATION IN CONTESTI PROFESSIONALI." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2014. http://hdl.handle.net/10280/2611.

Full text
Abstract:
La ricerca è stata condotta in una realtà organizzativa multinazionale, con lo scopo di comprendere quale sia il ruolo giocato dalle Nuove Tecnologie (NT) nel processo di integrazione tra Knowledge Management (KM) e Formazione. Queste due aree, infatti, potrebbero reciprocamente supportarsi nella capitalizzazione della conoscenza prodotta in azienda. Il primo studio ha esplorato la cultura organizzativa attraverso l’analisi delle comunicazioni sull’intranet. Con il secondo studio sono stati approfonditi vissuti e rappresentazioni dei membri dell’organizzazione; sono state condotte interviste etno-narrative ai responsabili dell’area Formazione, del KM ed ai Facilitatori delle Comunità di Pratica (CoP) per far emerge le pratiche d’uso delle NT. Nel terzo studio è stato indagato il costrutto della partecipazione alle CoP Virtuali, strumento indispensabile per rendere capillari le attività del KM. Il questionario compilato dai membri di alcune delle CoP aziendali ha mostrato come l’influenza di un fattore soggettivo e di uno sociale favoriscano la partecipazione alle attività. Dagli studi è emerso che la creazione di spazi prossimali di apprendimento riconosciuti e di un ambiente per la social collaboration consentirebbero il passaggio ad un sistema integrato ed un cambiamento nella cultura d’uso. Risulta fondamentale anche l’apporto di alcune figure chiave interne all’azienda, unito ad interventi di educazione all’uso.
Aim of the research, conducted in a multinational organization, is understanding the role played by New Technologies (NT) in the process of integration of Knowledge Management (KM) and Learning. These two areas, in fact, could support reciprocally in the capitalization of the knowledge produced in the company. The first study explores the organizational culture through the analysis of communication on the intranet. The second study looks at organization’s members experiences and representations. Ethno-narrative interviews were conducted to the training and KM areas managers, and to Communities of Practice’s (CoPs) Facilitators, to understand the NT’s practices of use. The third study investigates the construct of participation in Virtual CoPs, an essential tool to make widespread KM activities. The questionnaire completed by members of some Company’s CoPs showed how one subjective and one social factors encourage participation in activities. These studies show that the creation of spaces of recognized proximal learning and a social collaboration environment can enable the transition to an integrated system, and a change in the culture of usage. It is also essential the contribution of some key figures within the Company, combined with education to usage.
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GABRI, SARA. "KNOWLEDGE MANAGEMENT, FORMAZIONE E TECNOLOGIE 2.0: VERSO LA SOCIAL COLLABORATION IN CONTESTI PROFESSIONALI." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2014. http://hdl.handle.net/10280/2611.

Full text
Abstract:
La ricerca è stata condotta in una realtà organizzativa multinazionale, con lo scopo di comprendere quale sia il ruolo giocato dalle Nuove Tecnologie (NT) nel processo di integrazione tra Knowledge Management (KM) e Formazione. Queste due aree, infatti, potrebbero reciprocamente supportarsi nella capitalizzazione della conoscenza prodotta in azienda. Il primo studio ha esplorato la cultura organizzativa attraverso l’analisi delle comunicazioni sull’intranet. Con il secondo studio sono stati approfonditi vissuti e rappresentazioni dei membri dell’organizzazione; sono state condotte interviste etno-narrative ai responsabili dell’area Formazione, del KM ed ai Facilitatori delle Comunità di Pratica (CoP) per far emerge le pratiche d’uso delle NT. Nel terzo studio è stato indagato il costrutto della partecipazione alle CoP Virtuali, strumento indispensabile per rendere capillari le attività del KM. Il questionario compilato dai membri di alcune delle CoP aziendali ha mostrato come l’influenza di un fattore soggettivo e di uno sociale favoriscano la partecipazione alle attività. Dagli studi è emerso che la creazione di spazi prossimali di apprendimento riconosciuti e di un ambiente per la social collaboration consentirebbero il passaggio ad un sistema integrato ed un cambiamento nella cultura d’uso. Risulta fondamentale anche l’apporto di alcune figure chiave interne all’azienda, unito ad interventi di educazione all’uso.
Aim of the research, conducted in a multinational organization, is understanding the role played by New Technologies (NT) in the process of integration of Knowledge Management (KM) and Learning. These two areas, in fact, could support reciprocally in the capitalization of the knowledge produced in the company. The first study explores the organizational culture through the analysis of communication on the intranet. The second study looks at organization’s members experiences and representations. Ethno-narrative interviews were conducted to the training and KM areas managers, and to Communities of Practice’s (CoPs) Facilitators, to understand the NT’s practices of use. The third study investigates the construct of participation in Virtual CoPs, an essential tool to make widespread KM activities. The questionnaire completed by members of some Company’s CoPs showed how one subjective and one social factors encourage participation in activities. These studies show that the creation of spaces of recognized proximal learning and a social collaboration environment can enable the transition to an integrated system, and a change in the culture of usage. It is also essential the contribution of some key figures within the Company, combined with education to usage.
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Zorzal, Linda <1992&gt. "Il rapporto tra il professionista che lavora nel sociale e le Comunità di Pratiche: modelli operativi di confronto tra professionisti." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/11567.

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Abstract:
Il professionista nel sociale è parte di una pluralità di Comunità di pratiche, concetto elaborato da Leave e Wenger. L'appartenere a un insieme formale/informale deve essere accompagnato dalla capacità di relazionarsi. Il raccontarsi, anche in caso di gravi errori, ha funzione catartica e riflessiva. Il tutto viene collegato all'"Educazione tra pari", metodologia applicata con lo scopo di portare a termine progetti in gruppo e sviluppare competenze in vari campi. Breve accenno alla metodologia dell'Altervisione.
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COLLINO, AMBRA. "CHINESE ECONOMIC REFORMS AND SOCIAL CHANGE: EFFECT ON INTERNAL MIGRANTS' WELL-BEING." Doctoral thesis, 2014. http://hdl.handle.net/2158/847697.

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SBRANA, ALESSANDRO. "Faculty Development Centri di Professionalità Accademica (CPA)." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251175.

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Abstract:
mondo universitario ha subito un’ondata di cambiamenti che si possono ricondurre alla ricerca dell’eccellenza, declinata secondo le due dimensioni della valutazione e della rendicontazione. Tre sono quelli più evidenti: il primo, il passaggio da una ricerca curiosity driven a una ricerca funzionale al raggiungimento di risultati valutabili in tempi brevi; dalla ricerca pura a quella applicata, da un approccio problem-making a uno problem-solving, da una conoscenza come processo a una conoscenza come prodotto, da un modello disinteressato a uno utilitaristico (Barnett, 1994); il secondo, riguardante l’offerta formativa: dal momento che si è modificato il modo di concepire l’apprendimento; i curricula tendono a essere definiti in termini di risultati di apprendimento predefiniti (Blackmore, 2016); il terzo, peculiare della struttura amministrativa: dal momento in cui sono divenute essenziali una serie di nuove sovrastrutture (programmazione, valutazione, controlli, comunicazione) rispetto al mandato originario della struttura universitaria si registra un aumento consistente del personale delle strutture amministrative. Questi cambiamenti devono fare i conti con la perdita di prestigio della vita accademica, il cambiamento del ruolo dello studente, che è diventato sempre più importante e l’aumento delle procedure burocratiche che rischiano di ingessare un sistema un tempo caratterizzato da un’elevata autonomia. Per consentire alle strutture universitarie di affrontare le sfide culturali a partire dagli anni Settanta nelle università nord-americane si sono strutturate iniziative finalizzate allo sviluppo e alla promozione di una migliore offerta formativa. Tali iniziative vengono definite con l’espressione Faculty Development (FD), una policy accademica finalizzata a creare le condizioni per un miglioramento delle competenze di tutti coloro che sono coinvolti nelle attività svolte in un ateneo. Nella realtà italiana emerge la mancanza di una vera politica di formazione al teaching per i ricercatori e i docenti universitari, per non parlare dell’esigenza di superare il pregiudizio, di gentiliana memoria, secondo il quale non è necessario apprendere a insegnare, ma sia sufficiente avere successo nella ricerca, cui si aggiunge nell’ultimo decennio una continua e affannata richiesta al personale accademico di azioni organizzative, valutative e documentali, che assorbono tempo e energie senza il supporto di adeguati apparati gestionali e senza predisporre indagini valutative capaci di misurare l’effettivo esito di tutte queste azioni. L’effetto finale è un evidente declino (Capano et al., 2017) dell’istituzione universitaria. Si può ipotizzare che la cultura del organizzazione propria del Faculty Development possa contribuire nel contesto italiano a fornire azioni a supporto del cambiamento: è quanto mai essenziale dotare gli atenei di risorse funzionali a riqualificare la vita accademica, fornendo al personale accademico gli strumenti necessari per performare una buona scholarship, realizzare un’efficace offerta formativa e attuare adeguate forme di terza missione, capaci di incrementare la vita culturale della comunità. Il presente studio si propone come un’analisi sistematica della letteratura sul tema del Faculty Development, che persegue l’obiettivo di sviluppare una disamina estesa dell’oggetto, in modo che l’esplicitazione della datità raccolta fornisca un’analisi del fenomeno che possa essere di supporto a un’avveduta educational policy nel campo della formazione universitaria. Nel contesto italiano ad oggi non esiste una cultura di attenzione ai contesti di apprendimento universitario. L’offerta formativa è concepita come offerta di pacchetti curriculari e la predisposizione delle condizioni di apprendimento per il conseguimento del titolo universitario si risolve nella organizzazione di una serie di lezioni, frontali o laboratoriali, senza che tutto questo sia innervato da una specifica intenzionalità didattica. Questa immagine poco confortante non intende affatto trascurare tutti i casi di buone prassi sviluppati nei vari corsi di studio, ma il buono che emerge è demandato all’impegno del singolo, senza che l’istituzione universitaria si interroghi sul come predisporre le condizioni per il potenziamento della qualità dei processi di apprendimento. A fronte di questa situazione la necessità di migliorare la qualità dell’insegnamento non è mai stata così stringente e sfidante come lo è oggi, in un clima di continuo cambiamento della formazione superiore. Nuove tendenze definiscono la formazione superiore, attraversando confini istituzionali e nazionali. Essi influiscono sul modo in cui un insegnamento efficace viene concettualizzato, condotto e supportato, valutato, valorizzato e riconosciuto. È necessario affrontare temi quali l’inadeguata preparazione per il lavoro accademico nei corsi di studio magistrali, l’incapacità dei docenti a trasferire competenze, la crescente complessità degli ambienti accademici, le attese e le responsabilità istituzionali, la necessità di preparare meglio gli studenti con bisogni diversi, e la necessità di stare al passo con i balzi della conoscenza e i cambiamenti nelle professioni. Migliorare la qualità della didattica è inoltre essenziale perché consente di ridurre il numero degli abbandoni. È venuto il momento di transitare da un’offerta formativa di tipo episodico a una prospettiva di esperienze di apprendimento in continuità nel tempo, per accompagnare la formazione dei docenti in un modo strutturalmente organizzato (Webster-Wright, 2009). Sulla base della rilevazione fenomenica, sono emerse le seguenti domande di ricerca: che cosa è il FD? Cosa consente di fare? Come si mette in pratica? Quali sono le potenzialità? Quali sono i limiti? Il FD ha il compito di incentivare i docenti ad interessarsi ai processi di insegnamento e apprendimento e a procurare un ambiente sicuro e positivo nel quale fare ricerca, sperimentare, valutare e adottare nuovi metodi (Lancaster et al. 2014). È finalizzato a promuovere cambiamento sia a livello individuale sia a livello organizzativo. Occupa un posto centrale il miglioramento delle competenze di teaching (Steinert, 2014). Due importanti obiettivi sono rappresentati dalla promozione delle capacità di leadership e di gestione dei contesti (Steiner et al., 2012). Una volta definite le metodologie del teaching, che possono essere oggetto di apprendimento da parte del personale accademico, è risultato necessario identificare le principali modalità formative che un centro di Faculty Development (FDc) dovrebbe mettere in atto per favorire l’apprendimento delle competenze didattiche. Per comprenderne la funzione reale è stato utile prendere in esame le attività proposte dai più importanti centri del panorama accademico nordamericano, analizzandone la struttura organizzativa, le risorse disponibili ed identificandone le due figure principali: il responsabile dell’organizzazione dei processi formativi e il responsabile della struttura. L’analisi dei casi ha consentito di evidenziare i molteplici servizi che possono essere forniti da un FDc. Questa analisi di realtà è risultata molto utile poiché ha offerto indicazioni pragmatiche ai fini di una politica accademica innovativa anche in ambito italiano. Alla luce degli argomenti sviluppati è stato possibile ipotizzare anche per gli atenei italiani l’istituzione di “Centri per la professionalità accademica”, indicando possibili iniziative da essi realizzabili, che potrebbero trovare spazio nella realtà del nostro paese.
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RECCHI, Simonetta. "THE ROLE OF HUMAN DIGNITY AS A VALUE TO PROMOTE ACTIVE AGEING IN THE ENTERPRISES." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251122.

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Abstract:
Ogni azienda che si riconosca socialmente responsabile deve occuparsi dello sviluppo delle carriere dei propri dipendenti da due punti di vista: quello individuale e personale e quello professionale. La carriera all’interno di un’azienda coinvolge, infatti, la persona in quanto individuo con un proprio carattere e una precisa identità e la persona in quanto lavoratore con un bagaglio specifico di conoscenze e competenze. L’azienda ha, quindi, il compito di promuovere carriere professionalmente stimolanti che si sviluppino in linea con i suoi stessi valori, la sua visione e la sua missione. Nel panorama moderno, aziende che sviluppano la propria idea di business nel rispetto dei lavoratori proponendo loro un percorso di crescita, si mostrano senza dubbio lungimiranti. Un tale approccio, però, non basta a far sì che vengano definite socialmente responsabili. I fattori della Responsabilità Sociale d’Impresa sono infatti numerosi e, ad oggi, uno dei problemi principali da affrontare è quello del progressivo invecchiamento della popolazione. Dal momento che la forza lavoro mondiale sta invecchiando e che si sta rispondendo al problema spostando la linea del pensionamento, tutte le aziende sono obbligate a mantenere le persone il più a lungo possibile attive e motivate a lavoro. L’età è spesso visto come un fattore di diversità e di discriminazione, ma nello sviluppare la mia argomentazione, cercherò di dimostrare che una politica del lavoro che supporti l’idea dell’invecchiamento attivo può trasformare questo fattore da limite in opportunità. Il rispetto degli esseri umani, a prescindere dalle differenze legate all’età, dovrebbe essere uno dei valori fondanti di ogni impresa. Nel primo capitolo della tesi, svilupperò il tema della dignità umana così come è stato concepito a partire dalla filosofia greca fino alla modernità. La dignità intesa come valore ontologico, legato all’essenza dell’uomo, diventerà con Kant il fattore di uguaglianza tra tutti gli esseri viventi, la giustificazione del rispetto reciproco. Il concetto di dignità verrà, poi, definito nel secondo capitolo come il principale valore che deve ispirare l’azione sociale delle imprese, come l’elemento che garantisce il rispetto di ogni dipendente che prima ancora di essere un lavoratore è un essere umano. La dignità è ciò che rende l’essere umano degno di essere considerato un fine in se stesso piuttosto che un mezzo per il raggiungimento di un fine esterno. Nell’era della globalizzazione, dove il denaro è il valore principale, gli esseri umani rischiano di diventare un mezzo al servizio dell’economia. A questo punto, il rispetto della dignità deve divenire il fondamento di un ambiente di lavoro che promuove la crescita e la fioritura dell’essere umano. Nel secondo capitolo cercherò quindi di dimostrare come l’idea di dignità possa promuovere un management “umanistico” centrato sul rispetto dell’essere umano. Un’impresa socialmente responsabile può promuovere il rispetto di ogni lavoratore se fa propri i valori di dignità e uguaglianza. Attraverso la teoria dello Humanistic Management che veicola tali valori, il lavoro diventa un luogo in cui l’uomo può esprimere se stesso, la sua identità, le sue conoscenze e competenze. Inoltre, dal momento che la popolazione sta invecchiando, le aziende devono farsi carico della forza lavoro più anziana, come è emerso sopra. A questo punto, nel terzo capitolo, il concetto della Responsabilità Sociale d’Impresa sarà analizzato nel suo legame con i temi dell’invecchiamento attivo e della diversità sul posto di lavoro. Conosciamo diverse ragioni di differenza a lavoro: genere, cultura, etnia, competenze, ma qui ci concentreremo sul fattore età. È naturale che i lavoratori anziani abbiano un’idea di lavoro diversa da quella dei giovani e che le loro abilità siano differenti. Ma questa diversità non deve essere valutata come migliore o peggiore: essa dipende da fattori che analizzeremo e che l’impresa socialmente responsabile conosce e valorizza per creare un ambiente di lavoro stimolante e collaborativo, eliminando possibili conflitti intergenerazionali. Alcune delle teorie che permettono di raggiungere tali obiettivi sono il Diversity Management e l’Age Management: ogni impresa può promuovere pratiche per valorizzare gli anziani, permettendo loro di rimanere più a lungo attivi e proattivi a lavoro e di condividere le proprie conoscenze e competenze. L’ultimo capitolo della tesi si concentrerà su un caso di azienda italiana che ha sviluppato uno strumento di valorizzazione di collaboratori over 65. Sto parlando della Loccioni, presso cui ho svolto la ricerca applicata e che promuove il progetto Silverzone, un network di persone in pensione che hanno conosciuto l’azienda nel corso della loro carriera e che continuano a collaborare con essa ancora dopo il pensionamento. Per capire l’impatto qualitativo e quantitativo che il progetto ha sull’azienda, ho portato avanti un’analisi qualitativa dei dati ottenuti grazie a due tipi di questionari. Il primo ha visto il coinvolgimento dei 16 managers della Loccioni a cui sono state sottoposte le seguenti domande: 1. Chi sono i silver nella tua area di business? Quali i progetti in cui essi sono coinvolti? 2. Qual è il valore del loro supporto per l’azienda? E, allo stesso tempo, quali sono le difficoltà che possono incontrarsi durante queste collaborazioni? 3. Qual è la frequenza degli incontri con i silver? 4. Perché l’azienda ha bisogno di questo network? Successivamente, ho sottoposto un altro questionario agli 81 silver della rete. Di seguito i dettagli: 1. Qual è il tuo nome? 2. Dove sei nato? 3. Dove vivi? 4. Qual è stato il tuo percorso formativo? 5. Qual è stata la tua carriera professionale? 6. Come e con chi è avvenuto il primo contatto Loccioni? 7. Come sei venuto a conoscenza del progetto Silverzone? 8. Con quali dei collaboratori Loccioni stai lavorando? 9. In quali progetti sei coinvolto? 10. Potresti descrivere il progetto in tre parole? 11. Che significato ha per te fare parte di questa rete? 12. Nella tua opinione, come deve essere il Silver? 13. Che tipo di relazioni hai con i collaboratori Loccioni? 14. Quali dimensioni umane (dono, relazione, comunità, rispetto) e professionali (innovazione, tecnologia, rete) emergono lavorando in questo progetto? Il progetto Silverzone è sicuramente una buona pratica di Age Management per mantenere più a lungo attivi i lavoratori over 65. I progetti in cui i Silver sono coinvolti hanno un importante impatto economico sull’impresa, in termini di investimento ma anche di guadagno. Ad ogni modo, qui la necessità di fare profitto, stando a quanto è emerso dai risultati delle interviste, è subordinata al più alto valore del rispetto dei bisogni umani che diventa garante di un posto di lavoro comfortable, dove si riesce a stringere relazioni piacevoli, collaborative e produttive.
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VALENTE, LAURA. "GREGORIO NAZIANZENO Eij" ejpiskovpou" [carm. II,1,13. II,1,10] Introduzione, testo critico, commento e appendici." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11393/251619.

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Abstract:
Invitato a Costantinopoli da una delegazione nicena, che ne chiedeva l’intervento a sostegno della comunità ortodossa locale, Gregorio di Nazianzo accantonò il desiderio di dedicarsi alla vita contemplativa e si recò nella Neja ÔRwvmh: non poteva certo immaginare che negli anni trascorsi nella capitale (dagli inizi del 379 al luglio del 381) avrebbe conosciuto, a distanza di breve tempo, l’apice e il fallimento della sua attività politico-ecclestiastica. Alla guida di un piccolo gruppo di fedeli, radunati in una sala udienze privata ribattezzata Anastasia, Gregorio esercitò con impegno i suoi doveri pastorali, spendendosi soprattutto nella lotta dottrinale contro l’eresia ariana. L’elezione come vescovo della città, avvenuta per volere dell’imperatore Teodosio, rappresentò il riconoscimento dei meriti del Cappadoce nella restaurazione e nel consolidamento dell’ortodossia nicena, ma, allo stesso tempo, aprì la strada a una stagione tutt’altro che scevra di asprezze, destinata a lasciare amari ricordi nel cuore dell’autore. Chiamato a presiedere il concilio episcopale del 381, indetto con l’obiettivo di risolvere lo scisma antiocheno e condannare le eresie del tempo, il Nazianzeno sperimentò sulla propria i conflitti interni ed i giochi di potere cui si era ridotto l’episcopato. Alla malattia, che debilitò il fisico dell’autore e ne ostacolò la partecipazione a svariate attività pubbliche, si aggiunse l’ostilità dei colleghi, in particolare di alcuni vescovi egiziani, che contestarono la legittimità della sua elezione sul seggio di Costantinopoli, in quanto già vescovo nella sede di Sasima. Stanco e malato, amareggiato dai continui scontri e dall’ennesimo attacco subito dagli avversari, Gregorio decise di farsi da parte e, rassegnate le dimissioni dalla cattedra episcopale, lasciò Costantinopoli, senza neppure aspettare la conclusione del sinodo. Nella natia Cappadocia, lontano fisicamente dal clima tumultuoso e dai dispiaceri della capitale, ma turbato dalle calunnie e dalle ingiustizie subite da coloro che riteneva amici, il Nazianzeno sfogò le proprie delusioni nella scrittura poetica. All’esperienza costantinopolitana e in particolare al contesto delle dimissioni dalla cattedra vescovile fanno riferimento i carmi oggetto di questa tesi di dottorato: II,1,10 (Ai sacerdoti di Costantinopoli e alla città stessa) e II,1,13 (Ai vescovi), rispettivamente di 18 distici elegiaci e 217 esametri. In essi si intrecciano più suggestioni: la meditazione e il riecheggiamento interiore degli eventi che hanno coinvolto l’autore, la difesa del suo operato, ma soprattutto la violenta invettiva contro i vescovi, scaturita non solo dal risentimento per le vicende personali, ma dallo sdegno dell’autore per la corruzione morale e l’impreparazione della gerarchia ecclesiastica. La tesi di dottorato si apre con una bibliografia ricca e aggiornata degli studi concernenti il Cappadoce; in essa sono indicati i diversi contributi, cui si fa riferimento nel mio lavoro. Segue un’ampia introduzione che presenta i carmi sotto molteplici aspetti. Dal momento che l’invettiva contro i vescovi costituisce l’argomento principale di entrambi i componimenti, ho approfondito innanzitutto questo aspetto, ripercorrendone le testimonianze nell’esperienza biografica e nell’opera letteraria dell’autore: da quanto emerso, la polemica contro la gerarchia ecclesiastica raggiunge certamente il suo apice negli eventi costantinopolitani, ma non va ad essi circoscritta, dal momento che se ne ha traccia anche negli scritti gregoriani riconducibili ai primi anni del sacerdozio e al periodo successivo al ritorno a Nazianzo. Si è cercato poi di stabilire la data di composizione dei carmi in analisi, che, dati i contenuti, furono sicuramente scritti dall’autore nel periodo di ritorno in patria, fase in cui gli studiosi collocano buona parte della produzione poetica del Cappadoce. Più precisamente ho individuato il terminus post quem nel luglio del 381, mese in cui la cattedra costantinopolitana lasciata vacante dal Nazianzeno fu affidata a Nettario: in entrambi i testi, infatti, si fa riferimento a questo personaggio, sebbene non sia menzionato esplicitamente. Segue un’analisi dettagliata della struttura compositiva e delle tematiche dei carmi, nella quale si mostra come, pur nella loro diversità, le due poesie presentino moltissime consonanze e parallelismi a livello strutturale, in particolare nella parte incipitaria, in cui si registra la condivisione dello stesso verso iniziale, e nella sezione conclusiva. Sempre nell’introduzione è affrontato lo studio della tradizione manoscritta e dei rapporti tra i codici: i carmi in oggetto risultano attestati in 34 manoscritti (di cui 17 fondamentali per la costituzione del testo) databili dall’XI al XVI secolo e riconducibili alle raccolte antiche Σ e Δ, nei quali sono traditi sempre uno di seguito all’altro: nello specifico II,1,13 precede immediatamente II,1,10. La parte centrale della tesi è costituita dal testo critico di ciascun carme, seguito da traduzione e commento. La tesi costituisce il primo lavoro di questo tipo per il carme II,1,13; II,1,10 è stato invece oggetto di studio di due recenti edizioni: quella dei primi undici poemata de seipso del Nazianzeno curata da Tuilier - Bady - Bernardi per LesBL ed edita nel 2004 e un’edizione commentata di Simelidis, pubblicata nel 2009. Suddetti lavori non hanno rappresentato un ostacolo al progetto. Nessuno di essi infatti ha previsto lo studio simultaneo dei due testi poetici, che, a mio giudizio, non possono essere compresi a fondo se svincolati l’uno dall’altro; non sono risultati immuni da pecche sotto il profilo della critica testuale; il commento è assente nell’edizione francese, scarno e non sempre condivisibile in quella del Simelidis. La tesi è infine corredata da tre appendici che permettono di seguire la fortuna dei componimenti poetici. La prima di esse è dedicata al Commentario di Cosma di Gerusalemme ai Carmi del Nazianzeno, collocato tra la fine del VII e inizio l’VIII secolo. Il commentario, tradito da un unico manoscritto, il Vaticanus graecus 1260 del XII secolo, ha visto la sua editio princeps nel 1839 a cura del cardinale Angelo Mai nel secondo volume del suo Spicilegium Romanum, ristampata con lievi modifiche nel volume 38 della Patrologia Graeca. Una più recente edizione è stata curata da Lozza nel 2000. Nell’opera di Cosma vengono analizzati trentaquattro versi di carme II,1,13 e due di carme II,1,10; l’ampiezza delle citazioni va da un minimo di un verso a un massimo di 5. Segue un’appendice dedicata alle parafrasi bizantine, che in alcuni manoscritti contenenti i carmi, accompagnano il testo poetico. Tali spiegazioni in prosa, composte in un momento non precisabile della trasmissione dell’opera gregoriana, sono anonime, di diverso livello letterario e da intendere come un testo in continua evoluzione, oggetto di modifiche da parte di ciascun copista. Nel caso dei testi in oggetto le parafrasi trasmesse sono tre, chiamate, sulla scia di studi precedenti, Paraphr. 1, Paraphr. 2, Paraphr. 3 e delle quali la tesi fornisce l’editio princeps. L’ultima appendice è costituita dalla traduzione latina dei carmi di Giacomo Oliva da Cremona, redatta nella seconda metà del XVI secolo per incarico del Cardinal Guglielmo Sirleto e testimonianza del grande interesse per il Cappadoce in questo periodo storico. Il lavoro dell’Oliva, rimasta inedito per la morte del committente e probabilmente anche per il suo scarso valore letterario, è trasmesso da due manoscritti autografi, il Vaticanus Barberinianus lat. 636 (B) e il Vaticanus lat. 6170 (V) e trova nella tesi la sua editio princeps.
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BACCIOTTINI, FRANCESCO. "Le elezioni amministrative del 1914 e del 1920 a Firenze." Doctoral thesis, 2015. http://hdl.handle.net/2158/1001496.

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Abstract:
Questa tesi di dottorato analizza la vita politica a Firenze nella convulsa fase storica vissuta dal Paese a cavallo della prima guerra mondiale. Culla della destra nazionalista e allo stesso tempo laboratorio dell'intransigenza rivoluzionaria socialista, Firenze fu amministrata fino al termine della prima guerra mondiale dalle forze liberali sebbene sempre più incalzata dai socialisti e dalle altre componenti popolari. I cardini della ricerca sono le elezioni amministrative del 1914 e del 1920 in una città caratterizzata dal vivace scontro politico e incline ad abbracciare soluzioni estremiste. Il lavoro mira a colmare le parziali lacune esistenti nella letteratura storica di riferimento utilizzando la stampa dell'epoca, nonché documenti ufficiali e fondi d'archivio. Lo scopo di questo elaborato, in sintesi, è quello di fornire un quadro quanto più articolato possibile della vicenda politica della città nel periodo considerato. Allo stato attuale, infatti, la pur cospicua letteratura storica disponibile ha privilegiato i principali soggetti politici attivi a Firenze ma ha trascurato le forze politiche minori e il loro ruolo talora decisivo nella partecipazione o meno ad alleanze elettorali. L'angolatura elettorale amministrativa costituisce il parametro su cui si misurano tappe politiche essenziali della vicenda nazionale come l'eclissi del giolittismo e fratture come la crisi del dopoguerra con i laceranti effetti del diciannovismo, la radicalizzazione dello scontro politico e le avvisaglie del ruolo di difensore dei valori nazionali conferito al nascente fascismo. Il tutto in parallelo alla dilatazione del corpo elettorale e al compimento, nel 1919, del processo di nazionalizzazione della politica. Durante l'arco di tempo considerato Firenze si trasformò in un laboratorio sperimentale di ogni forma di estremismo politico. Non a caso la città venne messa a ferro e fuoco nel giugno del 1914 durante lo sciopero generale indetto dalla Camera del Lavoro e assistette sgomenta all'esplosione di una vera e propria guerriglia urbana nel 1920, quando dovette intervenire l'esercito per ripristinare l'ordine minacciato dai proiettili e dalle bombe degli squadristi. Le elezioni amministrative del 1914 e del 1920 si collocano in questo contesto particolarissimo i cui estremi cronologici sono la settimana rossa e il biennio rosso, manifestazioni, l'una e l'altra, di rilevanti tensioni sociali sia per la natura 'ribellista' di certi segmenti del proletariato, sia per la struttura economica della città. Caratterizzata da un tessuto sociale incentrato nell'artigianato, Firenze subì pesantemente gli effetti della crisi economica sia del periodo successivo alla guerra di Libia, sia e sopratutto nel primo dopoguerra. Il tradizionale corso politico liberale non riusciva più a dare risposte adeguate ad un popolo molto impegnato politicamente: nascevano nuovi interessi di classe e nuovi modi di interpretare la res publica. Alla continua radicalizzazione in senso rivoluzionario del PSI corrispose la nascita di organismi antibolscevichi che, grazie alle connivenze della forza pubblica, della classe dirigente, del ceto medio e al disinteresse del potere centrale, finanziarono e permisero la diffusione dello squadrismo. La tesi, articolata in cinque capitoli, è divisa in due parti dedicate alle due tornate amministrative. Ognuna di esse è introdotta dalla descrizione del contesto normativo elettorale di riferimento, cui seguono un'analisi del corpo elettorale, le rivendicazioni delle diverse categorie sociali e la descrizione della campagna politica per le elezioni nazionali che precedettero quelle amministrative (1909-1913-1919). Lo scopo è quello di rilevare l'efficacia, la penetrazione e la continuità delle politiche attivate dai partiti locali. In quest'ottica la struttura della tesi permette di studiare l'azione dei partiti attraverso l'indagine dei meccanismi di formazione della rappresentanza in relazione al contesto normativo. Inoltre, analizzando il corpo elettorale e le relative rivendicazioni, si rende possibile anche lo studio delle pratiche identitarie, delle forme di mobilitazione e di contrapposizione ed infine la capacità di permeabilità dei partiti nella comunità locale. Per comprendere quali e quanti fossero gli elettori e le relative scelte in sede elettorale, la tesi fotografa il tessuto sociale-lavorativo della città attraverso un'analisi demoscopica elaborata sulla base dei dati del Censimento della popolazione e del Censimento degli opifici al 1911 del Ministero di Agricoltura Industria e Commercio (MAIC). Il primo dei due assi portanti della tesi è costituito dalle elezioni amministrative del 1914. Al fine di presentare una ricostruzione puntuale della vicenda, alla pubblicistica di spessore più rilevante, concentrata su liberali socialisti e cattolici, si è affiancata la ricognizione attenta della stampa coeva. Sono stati consultati i quotidiani principali della città di differente orientamento politico: “La Nazione”, quotidiano dei conservatori nazionali, vicino al clerico-moderatismo; “Il Nuovo Giornale”, liberale-progressista; “La Difesa”, quotidiano socialista a carattere locale e “L'Unità, problemi di vita italiana”, anch'esso socialista ma più attivo su questioni d'interesse nazionale; “L'Unità Cattolica”, quotidiano dei cattolici intransigenti. Attraverso la stampa è stato possibile ricostruire lo scacchiere partitico della città, le strategie politiche portate avanti dai singoli partiti, i relativi statuti, i diversi programmi e i processi di formazione degli schieramenti e di selezione dei candidati. Per l'analisi dei risultati elettorali del 1914 un contributo significativo è offerto dallo studio statistico di Ugo Giusti dedicato all'elezione del consiglio comunale nel capoluogo toscano, studio in cui l'autore rilevò la difficoltà nel reperire dati ufficiali riguardo all'esito della consultazione. Giusti si occupò, tuttavia, solo dell'esito elettorale per il consiglio comunale e riportò il numero di voti riscossi complessivamente da ogni lista, cosa che non permette di comprendere fino in fondo il grado di appetibilità dei singoli candidati presentati dai vari schieramenti. Riguardo alla partecipazione elettorale, inoltre, lo statistico si concentrò solo su quella complessiva del comune, senza analizzare il differente tasso di partecipazione/astensionismo nelle varie aree della città. Per comprendere a pieno la capacità di attrazione esercitata dai diversi soggetti politici, nonché il grado di fedeltà dell'elettorato verso il proprio partito di riferimento, si è ritenuto utile verificare la percentuale di partecipazione nei quattro mandamenti urbani, unità territoriali per l'elezione dei consiglieri provinciali. Questi, infatti, erano abitati da cittadini di estrazione sociale diversificata e costituivano, pertanto, spazi socio-politici che raccoglievano interessi e aspettative differenti. In quest'ottica, l'analisi della partecipazione in un mandamento, in cui possono essere identificati interessi di classe prevalenti, può rivelarsi un indicatore attendibile per verificare il livello di gradimento di un determinato partito in relazione ad un preciso contesto economico-sociale. Per la partecipazione nei quattro mandamenti, oltre allo studio di Giusti, è stato consultato “Il Nuovo Giornale”, unica fonte che fornisce i dati necessari e l' Annuario statistico del comune di Firenze (1914). Per quanto riguarda l'elezione dei consiglieri comunali, sia nel 1914 che nel 1915 quando si tennero di nuovo le elezioni per il consiglio comunale, Maccabruni offre un quadro esaustivo su eletti, non eletti e numero di voti conseguiti. Per l'elezione dei consiglieri provinciali, invece, è stata consultata la stampa coeva. Sebbene la prima guerra mondiale non sia oggetto di questa tesi, si è ritenuto opportuno considerare le ripercussioni economico-sociali che il conflitto recò alla vita della città per comprendere le scelte fatte dal corpo elettorale in occasione delle elezioni politiche del 1919 e di quelle amministrative del 1920. Aprono pertanto la seconda parte della tesi le problematiche della riconversione industriale, del numero degli operai occupati nei relativi stabilimenti, delle condizioni lavorative e dell'incombente crisi economica. Sul clima politico fiorentino alla fine del conflitto e per descrivere lo scenario partitico nel 1919, la letteratura storica è stata affiancata da un'analisi comparata della stampa dell'epoca. Oltre ai quotidiani già citati sono stati consultati “La Libertà”, quotidiano del PPI; “L'Assalto”, inizialmente quotidiano dei futuristi, ben presto organo di stampa dei primi squadristi; “Il Giornale d'Italia”, liberale conservatore. Per introdurre la campagna delle consultazioni amministrative del 1920 si è proceduto col descrivere la stratificazione sociale degli elettori e le rivendicazioni portate avanti nel territorio fiorentino nel periodo precedente le elezioni. Per le occupazioni delle fabbriche, dei campi e sulla reazione del padronato si è fatto riferimento alla pubblicistica più significativa. Di scarso aiuto è invece risultata la consultazione della corrispondenza del cardinal Mistrangelo, reperita presso l'Archivio Diocesano di Firenze. Sia per la cronaca dei tragici accadimenti fiorentini che nell'agosto del 1920 accesero un clima elettorale già teso, cioè l'esplosione della polveriera di San Gervasio e la manifestazione socialista in cui la polizia uccise tre operai, sia sulla formazione degli schieramenti per le elezioni amministrative del 1920 che sulla guerriglia urbana successiva alla consultazione, la pubblicistica disponibile in materia è stata arricchita dalla consultazione della stampa dell'epoca e da fondi archivistici. Per l'Unione Politica Nazionale (UPN), oltre alla letteratura di riferimento e ai quotidiani precedentemente citati, sono stati consultati autori fascisti quali Banchelli, Frullini, Piazzesi e i periodici “L'Arolotto”, settimanale de “La Pagina Fiorentina”; “La Pagina Fiorentina”, quotidiano vicino all'UPN; “La Voce”, rivista di cultura e politica. La consultazione del fondo Orvieto, conservato presso l'archivio contemporaneo “Alessandro Bonsanti”, Gabinetto G. P. Vieusseux, ha permesso di integrare le conoscenze già acquisite sul ruolo ricoperto dall'UPN nella campagna elettorale. I documenti là esaminati hanno reso possibile ricostruire la fitta rete di finanziamenti erogati dall'Unione Politica Nazionale ai partiti aderenti. Per il partito popolare la pubblicistica di riferimento è stata affiancata dalla consultazione di periodici già citati e da “L'idea Popolare”, giornale locale del PPI fiorentino pubblicato a ridosso delle elezioni e “L'Ora Nostra”, quotidiano cattolico. Si sono rivelati utili alla comprensione del clima elettorale e delle convulse giornate che seguirono alla consultazione del 1920 i periodici precedentemente citati e il quotidiano fascista “La Sassaiola”. Come per le elezioni del 1914, Giusti offre un contributo significativo per la ricostruzione dell'esito elettorale del 1920. Tuttavia, anche in questo caso lo statistico fiorentino si occupò della sola elezione per il consiglio comunale riportando i voti riscossi complessivamente da ogni lista ma non dai singoli candidati. Riguardo alla partecipazione elettorale lo studio fa riferimento nuovamente a quella complessiva nel comune di Firenze senza considerare i singoli mandamenti. Come per la tornata elettorale amministrativa precedente, quindi, si è proceduto alla consultazione della stampa coeva per ricostruire l'affluenza nei diversi mandamenti, riportare i voti riscossi dagli eletti in consiglio comunale e in quello provinciale. Per l'elezione del sindaco sono stati consultati gli Atti del consiglio comunale (1920), reperiti presso l'archivio storico del comune di Firenze.
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