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Dissertations / Theses on the topic 'Letteratura italiana antica'

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Corrent, Vinicio. "La riscoperta della poesia antica italiana nei compositori del primo Novecento in Italia : dalla generazione dell’Ottanta a Luigi Dallapiccola." Thesis, Toulouse 2, 2017. http://www.theses.fr/2017TOU20091.

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Abstract:
L’objectif principal de cette recherche était d’étudier les motivations et les besoins qui ont conduit un groupe de compositeurs italiens, nés autour de 1880, et par cette coïncidence chronologique définis par Massimo Mila comme les compositeurs de « la génération des années quatre-vingt », à utiliser pour leurs œuvres chantées des textes de la poésie italienne du Moyen Age et de la Renaissance. Il s’est agi d’une enquête qui a dû tenir compte de nombreux facteurs, surtout étant donné l’imbrication des intérêts artistiques et littéraires et de la complexité historico-culturelle du contexte de la fin du XIXe et début du XXe siècle.En première instance, il a été fondamental de fixer les termes chronologiques d’un changement, voire d’une véritable rupture déterminée au niveau européen par la crise générale du positivisme exprimée de différentes manières en Italie, sous la forme d’une forte réaction au Vérisme dans le domaine littéraire et au mélodrame dans celui plus spécifiquement musical.Une première donnée importante sur laquelle nous nous sommes concentrés a été celle qui traitait globalement des compositeurs qui créaient non seulement des œuvres chantées pour le théâtre, mais également instrumentales de chambre et symphoniques. En conclusion, on observe qu’il est impossible de reconduire l’explication de la revalorisation des textes de la poésie ancienne italienne chez les compositeurs du début du XXe siècle à un seul élément: il faut donc plutôt rechercher une pluralité d’aspects très souvent dépendants d’exigences socio-économiques, culturelles et historiques bien précises. L’intérêt général pour cette période de la littérature fut élaboré de façon totalement personnelle par chaque compositeur et dans cette recherche, nous pensons avoir donné une contribution significative à l’étude de cet aspect de la musique du XXe siècle
The main purpose of this research was to study the motivations and requirements of a group of Italian composers, born around the years 1880's; for this chronological coincidence defined by Massimo Mila as the composers of the generation of the eighties recognizing the texts of ancient Italian poetry for some of their operas' lyrics. It was a path of investigation taking into account many factors, in particular the interweaving of artistic and literary interests and the cultural historical complexity of the context of the late nineteenth and the early twentieth centuries. Fundamental in the first place was the need to set up chronological indicative terms of the change, in fact, of the real breakthrough determined at European level by the general crisis of positivism reflected in various ways in Italy in the form of a strong reaction to Verismo in literature and to Melodramma specifically within the music. One of the first important aspect that we focused on in the present work was the fact that the composers we took into consideration were creating not only pieces made for the theatre, but also symphonic and instrumental compositions.In conclusion, it was found that the desire of the composers of the beginning of the 20th century to approach to the texts of ancient Italian poetry has been conditioned by many factors, affected by the social, economic, cultural and historical aspects.If there was a merely general interest in that period as far as the literature is concerned, then the same rough times were perceived by each composer in a very unique, personal way and in this research we believe that the significant contribution to the study of this aspect of the 20th century music has been given to a certain extent
Lo scopo principale della presente ricerca è stato quello di studiare le motivazioni e le esigenze che hanno portato un gruppo di compositori italiani, nati intorno al 1880, e per questa coincidenza cronologica definiti da Massimo Mila, come i compositori de « la generazione dell’Ottanta » a utilizzare per le loro opere cantate testi della poesia antica italiana. Si è trattato di un percorso di indagine che ha dovuto tenere conto di numerosi fattori dato soprattutto l’intreccio di interessi artistici e letterari e la complessità storico culturale del contesto di fine Ottocento e inizio Novecento. Fondamentale in prima istanza è stata l’esigenza di fissare dei termini cronologici indicativi di un cambiamento, anzi di una vera e propria rottura determinata a livello europeo dalla generale crisi del positivismo riflessasi in vario modo in Italia nelle forme di una forte reazione al verismo in ambito letterario e al melodramma in quello più specificamente musicale. Un primo dato importante su cui ci si è concentrati nel nostro lavoro è stato quello che si trattava di compositori a tutto tondo, che creavano non solo opere cantate per il teatro, ma anche strumentali da camera e sinfoniche. In conclusione si è riscontrato che il desiderio dei compositori del primo Novecento di rifarsi e riprendere i testi dell’antica poesia italiana per le loro opere, non va attribuito a un solo elemento, ma deve essere riferito a una pluralità di aspetti molto spesso dipendenti da esigenze socio economico culturali e storiche. Se vi fu un generale interesse per quel periodo della letteratura lo stesso fu poi elaborato in modo del tutto personale da ogni compositore e in questa ricerca crediamo di aver dato per quello che abbiamo considerato un significativo contributo allo studio di questo aspetto della musica del Novecento
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GHIONE, MARCO. "Natura di Anima e Numero nella letteratura aritmologica italiana del secondo Rinascimento (1500-1630)." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2021. http://hdl.handle.net/11567/1046269.

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Abstract:
The dissertation aims to survey the ontological and cognitive relationships between soul and number in the framework of late Renaissance thought, during XVI and XVII Centuries, the crucial age of development and progressive affirmation of modern science. Mainly receiving the doctrines of Neoplatonic philosophers, especially Porphyry, Iamblichus and Proclus, during the Renaissance emerges a current of thought that combines metaphysical investigation on the soul and theories about numerical, geometrical and harmonic proportions. After a general introduction and a presentation of the status quaestionis, the study explores the main works dealing with the theme, from Cristoforo Marcello’s De anima traditionis Opus (1508) to the De Harmonia mundi of Francesco Zorzi (1525) and the Hebdomades of Fabio Paolini (1589), focusing particularly on numerical symbolism. Finally, the last chapter examines the faculties of the soul in treatises and collections concerning mathematical correspondences and analogies.
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3

Calderoni, Elisabetta <1985&gt. "Raccontare gli Antichi: le "Imagini" di Vincenzo Cartari." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/6782/1/calderoni_elisabetta_tesi.pdf.

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Abstract:
Con le "Imagini degli dei degli antichi", pubblicate a Venezia nel 1556 e poi in più edizioni arricchite e illustrate, l’impegnato gentiluomo estense Vincenzo Cartari realizza il primo, fortunatissimo manuale mitografico italiano in lingua volgare, diffuso e tradotto in tutta l’Europa moderna. Cartari rimodula, secondo accenti divulgativi ma fedeli, fonti latine tradizionali: come le ricche "Genealogie deorum gentilium" di Giovanni Boccaccio, l’appena precedente "De deis gentium varia et multiplex historia" di Lilio Gregorio Giraldi, i curiosi "Fasti" ovidiani, da lui stesso commentati e tradotti. Soprattutto, però, introduce il patrimonio millenario di favole ed esegesi classiche, di aperture egiziane, mediorientali, sassoni, a una chiave di lettura inedita, agile e vitalissima: l’ecfrasi. Le divinità e i loro cortei di creature minori, aneddoti leggendari e attributi identificativi si susseguono secondo un taglio iconico e selettivo. Sfilano, in trionfi intrisi di raffinato petrarchismo neoplatonico e di emblematica picta poesis rinascimentale, soltanto gli aspetti figurabili e distintivi dei personaggi mitici: perché siano «raccontate interamente» tutte le cose attinenti alle figure antiche, «con le imagini quasi di tutti i dei, e le ragioni perché fossero così dipinti». Così, le "Imagini" incontrano il favore di lettori colti e cortigiani eleganti, di pittori e ceramisti, di poeti e artigiani. Allestiscono una sorta di «manuale d’uso» pronto all’inchiostro del poeta o al pennello dell’artista, una suggestiva raccolta di «libretti figurativi» ripresi tanto dalla maniera di Paolo Veronese o di Giorgio Vasari, quanto dal classicismo dei Carracci e di Nicolas Poussin. Si rivelano, infine, summa erudita capace di attirare appunti e revisioni: l’antiquario padovano Lorenzo Pignoria, nel 1615 e di nuovo nel 1626, vi aggiunge appendici archeologiche e comparatistiche, interessate al remoto regno dei faraoni quanto agli esotici idoli orientali e dei Nuovi Mondi.
With his work "Imagini degli dei degli antichi" published in Venice in 1556 and, later, in multiple extended and illustrated editions, the committed Vincenzo Cartari, protégé of the Este dukes, created the first Italian mythographic volume in vulgar language, circulated and translated in all modern Europe. Cartari revised the traditional Latin sources with educational intents and accuracy towards the sources: like the detailed "Genealogie deorum gentilium" by Giovanni Boccaccio, the previous "De deis gentium varia et multiplex historia" by Lilio Gregorio Giraldi, the remarkable "Fasti" by Ovid, which he also commented and translated. Above all, he introduced the fantastic heritage of fables and commentaries of the Classics, with Egyptian, Middle-Eastern, Saxon influences to a bright and lively original interpretation: the Ekphrasis. The Gods and the procession of inferior creatures, the legendary tales and their attributes follow one another with an iconic and selective approach. In a triumph of refined Neoplatonic Petrarchism and classic Renaissance picta poesis, he represented only the conceivable and distinctive attributes of these mythical figures: so that all matters relevant to the ancient figures are «thoroughly explained», «with images of almost all the gods and the reasons they were thus depicted». Hence, "Imagini" was favoured by elegant educated courtiers as well as artists and writers, ceramists and artisans. It staged a sort of «user manual» ready for the ink of the poet or the brush of the painter, an evocative collection of «figurative booklets» evoked by Paolo Veronese and Giorgio Vasari, the Carracci and Nicolas Poussin. Finally, it proved to be an erudite summa that attracts criticism and revisions: the antiquarian Lorenzo Pignoria from Padua, in 1615 and again in 1626, added archeological and comparative appendices with regard to the Ancient Reign of the Pharaohs and the exotic idols of the Orient and the New World.
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Calderoni, Elisabetta <1985&gt. "Raccontare gli Antichi: le "Imagini" di Vincenzo Cartari." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/6782/.

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Abstract:
Con le "Imagini degli dei degli antichi", pubblicate a Venezia nel 1556 e poi in più edizioni arricchite e illustrate, l’impegnato gentiluomo estense Vincenzo Cartari realizza il primo, fortunatissimo manuale mitografico italiano in lingua volgare, diffuso e tradotto in tutta l’Europa moderna. Cartari rimodula, secondo accenti divulgativi ma fedeli, fonti latine tradizionali: come le ricche "Genealogie deorum gentilium" di Giovanni Boccaccio, l’appena precedente "De deis gentium varia et multiplex historia" di Lilio Gregorio Giraldi, i curiosi "Fasti" ovidiani, da lui stesso commentati e tradotti. Soprattutto, però, introduce il patrimonio millenario di favole ed esegesi classiche, di aperture egiziane, mediorientali, sassoni, a una chiave di lettura inedita, agile e vitalissima: l’ecfrasi. Le divinità e i loro cortei di creature minori, aneddoti leggendari e attributi identificativi si susseguono secondo un taglio iconico e selettivo. Sfilano, in trionfi intrisi di raffinato petrarchismo neoplatonico e di emblematica picta poesis rinascimentale, soltanto gli aspetti figurabili e distintivi dei personaggi mitici: perché siano «raccontate interamente» tutte le cose attinenti alle figure antiche, «con le imagini quasi di tutti i dei, e le ragioni perché fossero così dipinti». Così, le "Imagini" incontrano il favore di lettori colti e cortigiani eleganti, di pittori e ceramisti, di poeti e artigiani. Allestiscono una sorta di «manuale d’uso» pronto all’inchiostro del poeta o al pennello dell’artista, una suggestiva raccolta di «libretti figurativi» ripresi tanto dalla maniera di Paolo Veronese o di Giorgio Vasari, quanto dal classicismo dei Carracci e di Nicolas Poussin. Si rivelano, infine, summa erudita capace di attirare appunti e revisioni: l’antiquario padovano Lorenzo Pignoria, nel 1615 e di nuovo nel 1626, vi aggiunge appendici archeologiche e comparatistiche, interessate al remoto regno dei faraoni quanto agli esotici idoli orientali e dei Nuovi Mondi.
With his work "Imagini degli dei degli antichi" published in Venice in 1556 and, later, in multiple extended and illustrated editions, the committed Vincenzo Cartari, protégé of the Este dukes, created the first Italian mythographic volume in vulgar language, circulated and translated in all modern Europe. Cartari revised the traditional Latin sources with educational intents and accuracy towards the sources: like the detailed "Genealogie deorum gentilium" by Giovanni Boccaccio, the previous "De deis gentium varia et multiplex historia" by Lilio Gregorio Giraldi, the remarkable "Fasti" by Ovid, which he also commented and translated. Above all, he introduced the fantastic heritage of fables and commentaries of the Classics, with Egyptian, Middle-Eastern, Saxon influences to a bright and lively original interpretation: the Ekphrasis. The Gods and the procession of inferior creatures, the legendary tales and their attributes follow one another with an iconic and selective approach. In a triumph of refined Neoplatonic Petrarchism and classic Renaissance picta poesis, he represented only the conceivable and distinctive attributes of these mythical figures: so that all matters relevant to the ancient figures are «thoroughly explained», «with images of almost all the gods and the reasons they were thus depicted». Hence, "Imagini" was favoured by elegant educated courtiers as well as artists and writers, ceramists and artisans. It staged a sort of «user manual» ready for the ink of the poet or the brush of the painter, an evocative collection of «figurative booklets» evoked by Paolo Veronese and Giorgio Vasari, the Carracci and Nicolas Poussin. Finally, it proved to be an erudite summa that attracts criticism and revisions: the antiquarian Lorenzo Pignoria from Padua, in 1615 and again in 1626, added archeological and comparative appendices with regard to the Ancient Reign of the Pharaohs and the exotic idols of the Orient and the New World.
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Favaretto, Matteo <1978&gt. "I più antichi volgarizzamenti in versi di Terenzio." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2007. http://hdl.handle.net/10579/518.

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6

Borsa, P. "La nobiltà di Guinizzelli : dalla polemica antiguittoniana al "cor gentil"." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2004. http://hdl.handle.net/2434/23674.

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Abstract:
The first part of this work focuses on the relations between Guido Guinizzelli and Guittone d'Arezzo, Italian poets lived in the XIII century. The aim is to display that Guittone's sonnet 'S'eo tale fosse' is a clear criticism of Guinizzelli, guilty of comparing his lady to natural forms instead of declaring her superior to them, as the lyrical tradition had estabilished, and that Guido's sonnet 'Omo ch'è saggio' contains a polemical allusion to the 'frati gaudenti', the religious order - composed exclusively by noblemen - which Guittone had entered as a married friar. Moving from this consideration, the second part of the work shows that the topic of nobility, discussed by Guinizzelli in his canzone 'Al cor gentil', can not be considered as a mere commonplace, but must be related to a political and social debate that was fervent at those times (especially in the city of Bologna, where the 'gaudenti' had born) and involved the 'gaudenti' too. The analysis of this theme in connection with the two poets is preceded by a close examination and a deep study on the concept of nobility - from the classics to the troubadours, from the court of Frederic II to the medieval law tradition - and concluded by a chapter focused on the development of the debate in Bologna (civic and guild statutes, a new study on birth, ideology, growth and on the function of the order of 'frati gaudenti'). An appendix is dedicated to Guinizzelli's sonnet 'Chi vedesse a Lucia un var capuzzo', which portrays the poet dreaming about a rape (but suddenly repenting); a comparison with a sentence written by Guido just on a case of rape (as it is known, Guinizzelli was a judge) allows to infer an influence of law language and mentality on the sonnet's style.
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Tagliapietra, Ester <1987&gt. "la redazione inedita di Piccolo Mondo Antico di Antonio Fogazzaro: studio ed edizione della parte prima." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3504.

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8

Frau, Alessandro <1985&gt. "Cavalli e cavalieri: storia di un legame indivisibile Letture comparate dai classici antichi ai romanzi picareschi." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/1802.

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Abstract:
La seguente tesi vuole indagare sul rapporto indissolubile tra cavallo e cavaliere nella storia della Letteratura. I testi soggetti a comparazione sono stati selezionati perché esemplificazioni ideali per dimostrare l'indivisibilità di tale legame. Si è scelto inoltre un periodo di tempo ben preciso che parte dal classicismo per arrivare ai romanzi picareschi
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9

Barucci, G. "«Ad imitazione degli antichi poeti greci e latini». Il libro Hinni et ode di Bernardo Tasso." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2003. http://hdl.handle.net/2434/23670.

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Abstract:
The thesis concerns the book Hinni et ode by Bernardo Tasso (1493-1569) : it consists of 55 compositions plus 3 not included for various reasons in the definitive edition. It was elaborated collecting poems composed along the thirty years of poetic prodictivity of one of the most prolific authors of the Italian Renaissance (1530-1560). As declared by the title, the book gathers poems inspired by classical odes and hymns. The thesis tackles the many aspects of classical imitation present in the poems, compared with the poems by hte same author belonging to the Italian petrarchan tradition. The chapters treat : the remarks by Tasso on the theme included in deidcations and letters ; the metrical option aimed at reproducing the latin verses and strophes, contrasted with his predecessors ; the disposition of the ocmpositions in a structure that could remind the disposition of latin poetry books ; the relation between syntax and metre as well as the use if enjambement in order to free the system to the strophe ; the themes and the similitudes. All this topics show that Bernardo Tasso aimed at creating a kind of poetry which could sound as much as possible.
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10

Martin, Dominique <1990&gt. "Boccaccio, i poeti, le favole antiche e la tradizione cristiana. Lattanzio e Agostino nelle <>." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/5491.

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Conte, Maria <1992&gt. "Il "Libro degli ammaestramenti degli antichi" di Bartolomeo da San Concordio : edizione critica e studio della tradizione." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/17832.

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Abstract:
La ricerca è stata condotta nell’ambito del progetto ERC Biflow (Bilingualism in florentine and tuscan works - g.a. 637533) e propone l’allestimento della prima edizione critica del “Libro degli Ammaestramenti degli antichi”, compendio di filosofia morale redatto nei primi anni del XIV secolo da Bartolomeo da San Concordio, il quale compila anche la versione originale in lingua latina. Oltre a offrire la ricostruzione del testo basata sul testimoniale completo dell’opera (29 manoscritti) si intende condurre una riflessione sulla portata sociale della scelta compiuta dal magister domenicano di predisporre, in forma bilingue, un manuale di orientamento morale che permette la consultazione di oltre 1400 sententiae di opere classiche e religiose circolanti per la maggior parte esclusivamente in latino. L’intenzione di apertura al volgare compiuta a Firenze da parte di un esponente dell’Ordine dei Predicatori è indagata sul piano linguistico, lessicale, sintattico e retorico attraverso lo studio delle scelte traduttive, ma anche mediante l’analisi dell’uso gerarchizzato delle fonti all’interno della struttura ordinata del compendio. D’altra parte la riscostruzione storico-documentaria della biografia del frate e il confronto costante con opere e autori coevi permettono di inserire gli “Ammaestramenti” nel quadro più ampio del fenomeno socio-culturale dei volgarizzamenti nella prima metà del Trecento toscano.
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Scivales, Giulia <1997&gt. "Andrea Calmo, "Supplimento delle piacevoli, ingeniose et argutissime lettere indirizzate a diversi, sotto varî et bellissimi discorsi, nello antico volgare idioma composte et dichiarite con moralissimi vocaboli". Il terzo libro delle "Lettere": per una traduzione ed un commento." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/21712.

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Abstract:
Nonostante l’imprescindibile edizione Rossi del 1888, la bizzarra opera epistolare del tentor veneziano Andrea Calmo patisce ancor oggi gli effetti di una fitta nebbia di mistero. Al suo interno si ritrovano citazioni scritturali storpiate, circumlocuzioni dal significato oscuro, imprecazioni esilaranti e dediche a personaggi all’epoca celebri, ma di cui si è ormai perduta memoria. Il terzo libro delle "Lettere" è quello maggiormente sperimentale: nasceva nel 1552, spinto dal clamoroso successo dei due precedenti, ancora carico di carisma e perfettamente aderente a una realtà veneziana fatta di cose e persone, cui l’autore avrebbe in parte rinunciato con il prosieguo dell’opera. Merita dunque di essere riscoperto: se ne propongono una traduzione e un commento che tentano di far luce sul contenuto spesso metaforico del testo e sulle innumerevoli incognite ancor prive di soluzione – prima fra tutte, quella riguardante l’identità dei destinatari delle missive. L’esito di questo lavoro è suscettibile di modifiche e approfondimenti futuri a livello linguistico, storico e letterario, al fine di ampliare la conoscenza della cultura veneziana dell’epoca e di perfezionare il profilo biografico dell’autore, già messo a punto da recenti studi condotti a partire dalle sue commedie e dalle "Bizzarre, faconde et ingegnose rime pescatorie".
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Calabrese, Fulvio <1967&gt. "Vicende 'antiche' e 'nuove' della Biblioteca Capitolare di Verona: un catalogo analitico dei classici latini (sec. V-XV)." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2007. http://hdl.handle.net/10579/836.

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Pozzobon, Alessandra. "Alessandro Caravia: Verra Antiga e Naspo Bizaro. Edizione critica e commento." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3423291.

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Abstract:
Alessandro Caravia. "Verra Antiga" and "Naspo Bizaro". Critical edition and comment. This PhD thesis offers a modern critical edition of "Verra Antiga" and "Naspo Bizaro", that are two octave poems written by Alessandro Caravia in Venetian dialect, who was a poet and a jeweler who lived in Venice in the sixteenth century (1503-1568). Furthermore in the appendix of the thesis there is the edition of "Stanze alla venitiana d'un bravo", which is essentially a plagiarism of "Naspo Bizaro". These works are analyzed from a literary, philological, linguistic and lexical point of view. Regarding the lexical section, it has been realized a sectorial glossary, that stands out the specificities of Caravia's language (e.g. slang, fish names and sailor's language, military language, fensing's language, toponyms, etc.).
Alessandro Caravia. "Verra Antiga" e "Naspo Bizaro". Edizione critica e commento. Questa tesi di dottorato si configura come l’edizione critica moderna della "Verra Antiga" e il "Naspo Bizaro", i due poemetti in ottava rima in veneziano di Alessandro Caravia, poeta-gioielliere della Venezia cinquecentesca (1503-1568). In appendice alla tesi si ritrova inoltre l'edizione delle "Stanze alla venitiana d'un bravo", che si è rivelato essere sostanzialmente un plagio del "Naspo Bizaro". All’edizione si aggiunge il commento letterario, filologico, linguistico e lessicale delle opere. In particolare, per quanto riguarda la parte lessicale, è stato realizzato un glossario settoriale che mette in luce le specificità della lingua del Caravia (ad es. i gergalismi, gli ittionimi e il lessico marinaresco, il lessico militare, il lessico della scherma, i toponimi, ecc.).
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GIULIANO, LUCIA. "Italien und Deutschland: storia di una rivista della Goethezeit." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2010. http://hdl.handle.net/2108/202619.

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Abstract:
Il presente studio prende in esame la rivista artistico-letteraria Italien und Deutschland in Rücksicht auf Sitten, Gebräuche, Litteratur und Kunst (Italia e Germania. In considerazione di usi, costumi, letteratura e arte), pubblicata tra il 1789 e il 1793 dalla casa editrice della prestigiosa Accademia delle Arti e delle Scienze di Berlino. Il periodico fu ideato e curato dallo scrittore Karl Philipp Moritz che, durante il suo soggiorno romano (1786-1788), coinciso con quello di Goethe, ebbe la possibilità di collaborare con figure che si rivelarono determinanti per l’esportazione del modello classico in Germania. Tra queste, l’archeologo Aloys Hirt, secondo collaboratore della rivista e vera anima della stessa. Italien und Deutschland funge in primis da osservatorio privilegiato per cogliere i molteplici livelli della circolazione artistica italo-tedesca tra fine Settecento e inizi Ottocento. Il solo titolo si prefigura quale formula volta empaticamente a sintetizzare l’unione di due nature diverse e a evocare la sintesi di principî artistici altrettanto differenti. All’interesse di tipo comparativo si unisce poi quello antropologico che fa del giornale uno strumento utile a tratteggiare la fisionomia dell’Italia della Spätaufklärung, nei modi e nelle forme della socialità. Tuttavia, nonostante le numerose sfaccettature di un’opera dalla vita forse troppo breve perché se ne potesse decretare il successo, Italien und Deutschland è stata ingiustamente e inspiegabilmente dimenticata tanto dalla critica dell’epoca, quanto da quella attuale. Ad oggi non sono stati condotti studi o ricerche scientifiche sulla rivista e la pressoché assente letteratura critica in proposito non aiuta a far luce sui molti punti oscuri che la interessano. L’unica eccezione è offerta dai saggi di due studiosi, Jürgen Zimmer e Claudia Sedlarz, protagonisti, negli ultimi decenni, di un primo significativo passo in direzione della riscoperta del periodico, cui hanno cercato di restituire nuova importanza, sottolineando la grande lacuna che l’indifferenza nei suoi confronti ha finora rappresentato . È inoltre degno di nota il fatto che, soltanto con il progetto avviato nel 1987 dall’Accademia delle Scienze di Göttingen, il nome di Italien und Deutschland figuri in un elenco degli organi di recensione della Germania dell’Illuminismo . Tale indice, monitorato da una banca-dati in continuo aggiornamento, contenente i titoli di 195 riviste in lingua tedesca, è stato in seguito trasformato in materiale liberamente consultabile in rete dall’Università di Bielefeld che, con il programma intitolato Retrospektive Digitalisierung wissenschaftlicher Rezensionsorgane und Literaturzeitschriften des 18. und 19. Jahrhunderts aus dem deutschen Sprachraum, si è proposta di eseguire la digitalizzazione di ciascun periodico individuato da Göttingen. Della seconda fase del progetto (2006-2008) fa parte l’inserimento di Italien und Deutschland, disponibile quindi online dal febbraio 2008 nell’edizione presente presso la Staatsbibliothek di Berlino. Il giornale di Hirt e Moritz ha così dovuto attendere due secoli per vedersi finalmente riconosciuto quel posto ufficiale nel novero degli organi periodici della Spätaufklärung tedesca, che gli era stato negato da tutti i preesistenti elenchi di riviste letterarie del XVIII secolo - si ricordano, tra gli altri, Die Zeitschriften des Deutschen Sprachgebietes von den Anfängen bis 1830 di Joachim Kirchner Hiersemann, il testo di Jürgen Wilke (1978), Literarische Zeitschriften des 18. Jahrhunderts (1688–1789), e infine le Zeitschriften der Berliner Spätaufklärung del 1979, di Paul Hocks e Peter Schmidt . Neppure assegnando al giornale lo status specifico di «rivista artistica» si ha una qualche probabilità di trovarne tracce negli studi dedicati all’argomento, primo fra tutti il testo canonico di Ernst Herbert Lehmann sulla storia della Kunstzeitschrift in Germania . In un’unica occasione le pagine di Italien und Deutschland hanno conosciuto l’onore di essere pubblicamente esposte, per di più in un contesto prestigioso come quello del museo. Nella mostra Auch ich in Arkadien. Kunstreisen nach Italien 1600-1900, allestita presso lo Schiller-Nationalmuseum di Marbach nel 1966, fu presentato un esemplare del frontespizio del primo numero del giornale, nonché una copia dell’incisione in rame raffigurante le sculture di Dannecker e Scheffauer, le due promesse dell’arte tedesca attive a Roma, cui Hirt dedica un articolo della rivista . Si è indotti a credere che la scarsa attenzione di cui Italien und Deutschland fu oggetto sin dall’epoca della sua uscita sia strettamente legata al più generale disinteresse della critica nei confronti della persona e dell’opera dei due autori. […] die Auslese aus dem deutschen 18. Jahrhundert [scheint] im Deutschland des 19. Jahrhunderts […] besonders einseitig betrieben worden zu sein […]. Reduziert wurde […] das Werk der Klassiker […]. Besonders reduziert wurde damit auch das Werk des Berliner Spätaufklärers Karl Philipp Moritz. Auf ein Werk - die Abhandlung »Über die bildende Nachahmung des Schönen« - hatte die Geistgeschichte am Ende des 19. Jahrhunderts die rund fünfzig von Moritz in siebenunddreißig Lebensjahren publizierten Titel reduziert, und [...] wurde auch dies dem Goetheschen Kopfe zugeschlagen . Sebbene a questa affermazione Anneliese Klingenberg faccia seguire la constatazione del grande lavoro di riscoperta ruotato attorno all’opera di Moritz nel secolo scorso, la studiosa non manca di sottolineare come, malgrado ciò, si sia continuato a tralasciare larga parte della sua produzione . In effetti, nonostante il grande interesse odierno per gli scritti di quest’autore, solo durante la seconda metà del Novecento la sua poliedrica e interessante personalità, dopo essere stata a lungo trascurata, è tornata ad attirare l’attenzione della critica. Probabilmente proprio a causa dell’ampio spettro di generi con cui Moritz osò cimentarsi e del carattere frammentario e disomogeneo della sua vasta opera - che la mancanza di un lascito e di manoscritti ha reso spesso difficile da reperire -, solo di recente si è potuta concretizzare la messa a punto di un’edizione critica completa dei suoi scritti . Gran parte della produzione del romanziere, filosofo e saggista tedesco, che pure aveva conosciuto, sul finire del Settecento, una discreta notorietà, grazie al saggio citato dalla Klingenberg e ad altri titoli fortunati , - che gli procurarono l’ammirazione di grandi protagonisti del primo romanticismo, quali Jean Paul, Tieck e Wackenroder -, passò nei decenni a venire quasi del tutto inosservata. Le insinuazioni riguardanti la subalternità e la dipendenza da Goethe - primo assertore della novità dei suoi testi, nonché affezionato amico -, pronte a mettere in discussione l’originalità delle sue teorie estetiche, non giovarono poi alla rivalutazione dello scrittore. Tra le opere presto dimenticate, anche i Viaggi di un tedesco in Italia - a cui è strettamente legato il lavoro alla rivista -, rivalutati solo in epoca attuale, ma nondimeno frutto di un’esperienza di assoluto rilievo per l’evoluzione del pensiero estetico e filosofico di Moritz. Considerato ciò, non stupisce che gli studiosi abbiano sempre dimenticato di far menzione, se non marginalmente ed esclusivamente in rapporto al resoconto del suo soggiorno romano, di Italien und Deutschland. Moritz tuttavia, com’è noto, seppure riabilitato solo recentemente dalla critica, che gli ha altresì conferito la qualifica di «precursore» («precusore di Kant», «precursore dei romantici» ), ha potuto ritagliarsi il suo spazio in quell’olimpo dei classici, che non riuscì a scalare invece Hirt, il quale già in vita perse molta della sua celebrità, per essere poi quasi completamente dimenticato dopo la morte. Eppure le sue ricerche potrebbero definirsi oggi interdisciplinari. Durante il suo lungo soggiorno romano si confrontò, da autodidatta, con l’arte antica e moderna come mai nessuno aveva fatto prima a Berlino: fu studioso dell’antico, teorico e critico d’arte e archeologia, architetto dilettante, direttore teatrale ed esponente di spicco della politica culturale della corte prussiana. In quest’ambito si fece promotore del primo museo pubblico del regno, ottenne l’incarico di consigliere artistico per l’allestimento dei castelli reali, fu nominato membro dell’Accademia delle Scienze, di quella delle Arti e della Bauakademie e in ultimo gli venne assegnata la prima cattedra di archeologia presso l’Università di Berlino che, nel 1810, aveva contribuito a fondare. Nelle opere rimaste, comprendenti monografie e trattati pubblicati in piccole edizioni, insieme a decine di recensioni e saggi usciti nel corso della sua lunga carriera su periodici e giornali, si rintracciano tutte le forme della pubblicistica del XVIII secolo: dal resoconto di viaggio, anche in forma epistolare, allo scritto accademico erudito, fino al racconto aneddotico. Nonostante la ricchezza della sua produzione, l’importanza delle sue teorie e l’impegno profuso negli ambiti più diversi, Hirt dovette condividere con molti suoi contemporanei, altrettanto meritevoli di aver dato impulso alla vita culturale del tempo e di aver fatto conoscere ai connazionali le novità artistiche che fiorivano in Italia, la triste sorte della Vergessenheit. Sebbene la scomparsa dell’autore dal firmamento culturale e artistico della sua epoca non sembra essere in alcun modo giustificabile, si ritiene di poter rintracciare nel cambiamento dei tempi una prima ragione di tanta noncuranza: il classicismo restauratore, di cui Hirt si faceva portavoce, dovette risultare troppo rigido alla generazione dei suoi primi allievi che, proiettati ormai in un’ottica già completamente romantica, non riuscirono a scorgere la grande carica innovativa del suo pensiero. È stato ancora una volta grazie all’opera di Zimmer e della Sedlarz che, solo pochi anni fa, si è cercato di fissare il profilo scientifico di Hirt e di valutare la sua incidenza sulla cultura berlinese . Il presente lavoro prende le mosse proprio dall’invito che i due studiosi hanno rivolto alla ricerca: quello di dedicare a Italien und Deutschland e alla sua storia un’analisi approfondita, in grado di gettare nuova luce su un periodico rimasto troppo a lungo nell’ombra. Una prima linea di indagine sarà quella volta a ricostruire la rete di stimoli, di interessi culturali e di rapporti che si intrecciò tra i protagonisti di questa vicenda: le circostanze insomma che portarono alla nascita del sodalizio tra Moritz e Hirt. Si cercherà in primo luogo di risalire alle origini del progetto, di cui non rimane traccia alcuna se non i pochissimi riferimenti indiretti presenti nella corrispondenza di Goethe. Il carteggio tra i due autori è andato perduto, così come qualsivoglia altra testimonianza in grado di attestare lo scambio di idee intercorso fra loro e di far luce sui motivi che portarono all’improvviso abbandono della collaborazione da parte di Hirt e alla fine stessa del periodico. Si passerà di qui a valutare in che misura, nell’edizione finale del giornale, ci si sia discostati dall’idea contenuta nel programma originario. Tale questione pone, a sua volta, un problema di classificazione relativo al genere testuale della rivista. Nel tentativo di delinearne il profilo, così da attribuirle uno status specifico, si cercherà di evidenziare la novità insita nell’idea di una pubblicazione giornalistica organica volta a privilegiare lo scambio fra i due paesi, che già alcuni contemporanei di Hirt e Moritz avevano invano cercato di mettere in piedi. Capire quanta parte dell’attualità italiana venisse trasmessa, in quegli anni, ai lettori d’oltralpe rappresenterà un punto di riferimento importante per comprendere quale fosse la domanda culturale a cui Italien und Deutschland intendeva rispondere, soprattutto rispetto a una visione della penisola, diffusa nella Germania del tardo XVIII secolo, legata esclusivamente alle idealità classiche. Il riferimento al dato attuale e l’attenzione per tematiche nuove come quelle riguardanti la contemporanea produzione artistica europea rappresenteranno il primo indicatore di una problematizzazione del richiamo unilaterale al classico, che sul finire del secolo le spoliazioni napoleoniche contribuiranno a mettere ulteriormente in crisi. In effetti, le confische francesi provarono duramente l’identità culturale italiana, che si vide così depredata del suo ruolo di centro propulsore dell’arte. Ad essere messo in discussione fu il primato stesso dell’antico, cui si iniziò a preferire il fermento di Londra e Parigi, sempre più avvertite come vera alternativa alla «decadente» Roma. Si ribalta così un concetto che fino ad allora era stato predominante: quello per cui la magnificenza della «Roma antica» era tale da annullare il volto degradato della «Roma moderna», alla quale in primo luogo il sistema politico ed ecclesiastico, avvertito come corrotto dalla maggior parte dei viaggiatori stranieri, aveva impedito di rinnovarsi . Nella rivista risulta evidente proprio come, accanto all’immagine dell’Italia quale terra in cui fare l’esperienza massima dell’antico, stesse iniziando a prendere forma in questo periodo l’idea di un paese dove potersi finalmente confrontare anche con i vari aspetti della modernità. Si vedrà come anche lo stesso Moritz cominci a proiettarsi verso una tale ottica. La sua visione dell’Italia non ruotava, come per Goethe, in maniera totalizzante attorno alla rievocazione di un mondo classico, che pure rimane un punto fermo nella costituzione della propria coscienza artistica, ma poneva al centro dell’indagine l’elemento vitale della contemporaneità. Uno degli intenti che questo studio vuole perseguire è allora quello di dimostrare come la vera novità del periodico risieda nel grande interesse rivolto dai suoi autori al linguaggio artistico della «Roma moderna», fino ad allora influenzato, come detto, dal forte pregiudizio sulla decadenza italiana che aveva spinto molti tedeschi a misconoscerne il valore . Si vorrà inoltre provare che l’inizio di un ripensamento del richiamo unilaterale al classico in Italien und Deutschland risulta altresì testimoniato dall’apertura a tematiche che, quand’anche non di argomento contemporaneo, restavano comunque estranee al canone del tempo. Ciò troverà esemplificazione, tra gli altri, nel saggio sull’architettura delle basiliche paleocristiane e nello scritto che sancirà la riscoperta di un artista del primo rinascimento quale Giovanni da Fiesole, rimasto, al pari di molti suoi contemporanei, all’ombra di quei maestri come Michelangelo, Tiziano e Raffaello che, soprattutto in virtù delle teorie di Raphael Mengs, avevano oscurato il resto del panorama quattrocentesco. Dopo aver inserito il lavoro al progetto dei due autori nell’ambito dei loro rispettivi percorsi di vita, da cui non si può prescindere, soprattutto tenuto conto di quanto in essi si rifletta l’epoca di transizione cui Hirt e Moritz appartengono, si procederà alla presentazione dell’opera. Dapprima verrà dato conto dell’organizzazione generale della rivista, mentre nella seconda parte del lavoro si cercherà, in maniera più dettagliata, di restituire alla specificità dei singoli interventi la loro funzione centrale e comunicativa, disegnando, attraverso alcuni di quelli più significativi, la mappa dei motivi e dei temi offerta dal giornale ai suoi lettori. Prima ancora però l’indagine sarà indirizzata alla ricostruzione della fortuna di Italien und Deutschland, cercando di valutare quanto e quale interesse una rivista del genere abbia potuto suscitare nel pubblico dell’epoca, e che tipo di risultati concreti poté sortire l’opera sul mercato letterario. Un’ultima linea di ricerca sarà, infine, quella dedicata al confronto tra i contributi pubblicati da Moritz nel periodico e la loro riproposizione all’interno del suo diario di viaggio. In questa sede, dopo una breve ricostruzione della genesi delle Reisen, si procederà all’analisi delle varianti contenutistiche delle due stesure, cui seguirà l’esame delle modifiche sintattiche, stilistiche e ortografiche, apportate di volta in volta in entrambe le versioni dei testi moritziani. Fine ultimo della ricerca è dunque quello di salvare dall’oblio Italien und Deutschland, mostrando, attraverso la grande varietà dei riferimenti che è possibile rintracciare a partire dalle sue pagine, come questa sconosciuta rivista della Goethezeit rappresenti un mondo tutto da scoprire
Gegenstand meiner Dissertation ist die von Karl Philipp Moritz und Aloys Hirt herausgegebene Kunst- und Literaturzeitschrift Italien und Deutschland in Rücksicht auf Sitten, Gebräuche, Litteratur und Kunst, die in den Jahren 1789-1792 im Verlag der akademischen Buchhandlung in Berlin erschien. Es handelt sich dabei um ein zweibändiges Werk, das insgesamt aus sechs Heften besteht: vier im ersten und zwei im zweiten Band. Die sechste und letzte Nummer wurde 1793 posthum von unbekannten Gelehrten ediert. Das Forschungsinteresse dieses Periodikums der Goethezeit liegt u.a. in der Konstruktion und Verbreitung eines spezifischen Italienbilds im Deutschland des späten 18. Jahrhunderts. Der Titel beschwört emphatisch sowohl die Synthese zweier unterschiedlicher Kunstgrundsätze als auch die Vielfalt der Themen, die den kulturellen Austausch kennzeichnen. Italien und Deutschland fungiert also als Beobachtungsstelle für die verschiedenen Motive des deutsch-italienischen Kulturaustauschs im 18. Jahrhundert und spiegelt die Auseinandersetzung mit vielen sozialen und anthropologischen Aspekten Italiens wider. Die Forschung hat sich bisher nicht näher mit dieser Zeitschrift beschäftigt, obwohl sie aus dem in Rom um Goethe entstandenen Freundeskreis hervorgegangen ist. Italien und Deutschland erscheint aber auch nicht in den verschiedenen Listen der deutschen Zeitschriften des 18. Jahrhunderts . Erst mit dem Projekt der Akademie der Wissenschaften zu Göttingen, 1987 entstanden, taucht das Periodikum offiziell in einem Index zu deutschsprachigen Rezensionsorganen des 18. Jahrhunderts auf. Die Universität Bielefeld hat dann alle Periodika dieses Registers im Rahmen der Retrospektiven Digitalisierung wissenschaftlicher Rezensionsorgane und Literaturzeitschriften des 18. und 19. Jahrhunderts aus dem dt. Sprachraum online gestellt. Seit Februar 2008 - der zweiten Phase dieses Projekts - ist Italien und Deutschland somit in digitaler Form verfügbar. Der Grund dafür, dass sie bislang nicht Gegenstand der Forschung geworden ist, liegt zunächst bestimmt in der besonderen Forschungs- und Editionssituation der Schriften der beiden Herausgeber und Hauptautoren. Tatsächlich ist die Wiederentdeckung von Moritz’ Schöpfungen relativ neu, obwohl seine Schriften eine differenziertere Neueinschätzung von Aufklärungstendenzen möglich machen. Sein Werk liegt erst seit 1997 in einer vollständigen kritischen Werkausgabe vor. Besonders begrenzt scheint das Interesse der Wissenschaftler für seine Redaktionsarbeit zu sein: Das Journal Italien und Deutschland wird in der Tat von der Forschung nur im Zusammenhang mit seinen Reisen eines Deutschen in Italien erwähnt. Und doch war es neben dem Reifewerk eine weitere Folge seines Italienaufenthalts. Noch unglücklicher war das Schicksal Aloys Hirts, dessen Name lediglich mit der Vorgeschichte der Berliner Museen verbunden ist. Seine Figur ist bald ins Abseits geraten, und daher gibt es nur verstreute und unvollkommene Informationen und Meinungen über ihn bzw. über seine Schriften. Eine umfassende Forschung über sein literarisches Schaffen fehlt noch, obwohl er für einen vielseitigen Gelehrten gehalten werden kann: Er war Archäologe, »Altertumsforscher, Lehrer, dilettierender Architekt, Kunstschriftsteller, Bildungspolitiker, Schauspielintendant, Kunst- und Architekturtheoretiker, Kunstkritiker und Repräsentant der Preußischen Hofkultur« . Umfangreich war auch seine schriftstellerische Produktion, obwohl viele Exemplare seiner Werke dezimiert wurden oder nur schwer zugänglich sind. Erst in den letzten Jahren wurden zwei Aufsätze über Italien und Deutschland veröffentlicht: Die Abhandlungen der Kunsthistorikerin Claudia Sedlarz, die die Arbeitsstelle Berliner Klassik der Akademie der Wissenschaften zu Berlin leitet, und die des Archäologen Jürgen Zimmer . Beide halten die Gleichgültigkeit gegenüber dem Periodikum für ein großes Versäumnis der Kunstgeschichte. Deswegen hoffen sie auf eine gründliche Untersuchung der Zeitschrift, die sich aber aus verschiedenen Gründen nicht so einfach durchführen lässt. Zunächst bleiben bei der Rekonstruktion ihrer Geschichte bedeutende Fragen noch offen: Unter welchen Umständen und auf welchen Grundlagen entstand die Zusammenarbeit von Moritz und Hirt sowie das Projekt des Journals? Welches war das ursprüngliche Programm? Aus welchem Grund unterbrach Hirt seine Mitarbeit abrupt? Wie kann das plötzliche Ende der Zeitschrift erklärt werden? Auf all diese Forschungsprobleme gehe ich in dieser Arbeit an, obwohl sie sich in manchen Fällen leider nur schwer und partiell lösen lassen, weil dafür wesentliche Elemente noch fehlen. Dazu zählen eine editorische Einleitung und Absichtserklärung, ein Register und, noch wichtiger, ein Briefwechsel zwischen den beiden Herausgebern. Da man über keine Quellen aus erster Hand verfügt, kann man sich nur auf Erwähnungen und Andeutungen stützen, die in der Korrespondenz von Zeitgenossen der beiden Autoren enthalten sind, obwohl auch hier die Informationen gering bleiben. Im Vordergrund steht natürlich Goethe und sein Briefwechsel mit Freunden und Kunstgenossen in Italien. Nur dank dieser Grundlage konnte man in der Forschung auf die Ursprünge des Projekts und der Zusammenarbeit seiner Autoren schließen. Im ersten Teil meiner Arbeit versuche ich die Entstehungsgeschichte von Italien und Deutschland zu rekonstruieren und darüber hinaus auch die verschiedenen, oben genannten, dunklen Seiten ihrer Entwicklung, wie z. B. die Gründe für den Originalitätsmangel im zweiten Teil des Organs, für das Ende der Mitarbeit Hirts, für den Abbruch der Zeitschrift und die Veröffentlichung der letzten Nummer von »einigen« anonymen Gelehrten, aufzuklären. Über den ursprünglichen Plan des Journals kann man wohl vermuten, dass es das Ergebnis einer gleichen, jeweils unabhängig voneinander entstandenen Idee beider Autoren war, die wahrscheinlich zuerst von Goethe zusammengebracht worden waren. Was Moritz betrifft, stand er vor dem Problem, seinen Romaufenthalt selber finanzieren zu müssen. Das Geld, das er von dem Braunschweiger Verleger Joachim Heinrich Campe für die Fassung einer italienischen Reisebeschreibung bekommen hatte, reichte nicht aus und so versuchte Moritz sich weitere Finanzierungen zu beschaffen. Zu diesem Zweck unterbreitete er dem Verleger Göschen ein Zeitschriftprojekt . An dieser Stelle muss aber gesagt werden, dass der Schriftsteller bei fast allen Berliner Verlegern als »säumiger, unzuverlässiger und stets honorarbedürftiger Autor« bekannt war. Also setzte er seine Hoffnungen auf zwei Männer, zu denen er persönliche Beziehungen hatte: eben auf Campe und Göschen. Da aber Göschen verreist war und auf seinen Brief nicht geantwortet hatte, musste Moritz sein Projekt sehr wahrscheinlich zurückstellen. Erst in der letzten Phase seines Romaufenthalts wurde der Plan Moritz’ von Goethe selbst unterstützt. Der ‚Vater’ des Werthers hatte inzwischen bereits kurz nach seiner Ankunft in Rom die Dienste Hirts in Anspruch genommen und ihn in einem Brief an Wieland als »ein trockner, treuer fleißige Deutscher, der schon recht schöne historische Kenntniße von Rom und von der Kunst hat[e]« bezeichnet. Seine Absicht war, den jungen Fremdenführer als festen Mitarbeiter des Deutschen Merkurs zu etablieren. Aus Angst, das Profil seiner Zeitschrift zu ändern, lehnte Wieland dies allerdings ab und machte Goethe den Vorschlag, dass Hirt »seinen Plan in einem eigenen KunstJournal ausführen soll[te]« , wozu er ihm einen guten Verleger zu verschaffen hoffte . Wie man den Worten Wielands entnehmen kann, hatte Hirt - wie Moritz - vor, eine Kunstzeitschrift zu gründen, die »eine dauernde Verbindung zwischen Deutschland und Italien« schaffen könnte. Wahrscheinlich wollten sie also ursprünglich in ihrem Organ zwei Dinge zusammenführen: die Berichterstattung über zeitgenössische Kunst und die Unterrichtung in Kunstgeschichte, ohne die ein Studium der Kunst nicht vollständig sein konnte . Obwohl Moritz 1789 von der Akademie der Künste in Berlin gerade aus dem Grunde angestellt worden war, künstlerische Kenntnisse zu verbreiten, beschäftigt sich nur Hirt in der Zeitschrift mit Kunstthemen . Moritz dagegen konnte seine eigenen Ausführungen über römische Kunstwerke für andere Publikationen aufheben. Er veröffentlichte seine Abhandlungen über Kunst vor allem in der Monatsschrift der Akademie der Künste und mechanischen Wissenschaften zu Berlin, mit der unser Journal zusammen gesehen werden muss. Da ihm also für seine eigene Zeitschrift nicht mehr viel Zeit blieb, kam er auf die Idee, Berichte über das Land, in dem er die Kunst vorfand, zu liefern. Die von Claudia Sedlarz aufgestellte These einer Planänderung kann nur durch den Wechsel des Titels des Periodikums bestätigt werden . In den zwei Briefen, die der Kupferstecher Johann Heinrich Lips - der schweizerische Künstler, der vier der wunderbaren Illustrationen der Zeitschrift schuf - an Goethe schrieb, wird der ursprüngliche Name des Werkes bekannt gegeben: »Die Platten zu den Ephemeriden der Kunst für Moritz und Hirt sind jez fertig« . Der Übergang zu dem nicht speziellen Italien und Deutschland in Rücksicht auf Sitten, Gebräuche, Litteratur und Kunst lässt auch an einen Wechsel des Inhalts denken. An dieser Stelle kann man nur vermuten, dass Hirt von der Entscheidung seines Kollegen sehr enttäuscht war und dass auch er wegen dieser zunehmenden Interesselosigkeit Moritz’ für das Projekt den Plan fallen ließ. Seine anfängliche Begeisterung und seine folgende Enttäuschung kommen sehr deutlich in dem einzig erhaltenen Brief an Goethe, in denen Hirt über die Zeitschrift schreibt, vor: Ich habe bereits alle Artikel für das erste Heft der periodischen Schrift fertig, die Herr Professor Moritz und ich zusammen herausgeben wollen. Lips hat auch schon eine Platte hiezu gestochen, nemlich die Predigt aus der Kapelle des Fra Giovanni Angelico von Fiesole, wovon ich die Beschreibung machte. Er wird nun an den Marius von Drouais gehen, mit deßen Lebensbeschreibung ich nun beschäftiget bin. Mein Artikel hiezu von der Architektur sind historisch-architektonische Beobachtungen über die christlichen Kirchen, die wie ich glaube mir nicht übel gelungen. Der chevalier d’Agincourt war sehr mit meinem Plan zufrieden, und auf sein Verlangen übertrage ich nun den ganzen Aufsaz ins französische. Ich habe die Briefform zum Vortrag gewählt, und wünschte sehr, Ihren Namen voranzusezen, aber ohne Ihre Erlaubniß, oder die Erlaubniß des Herrn Herders in Ihrem Namen werde ich mir so viele Freyheit nicht nehmen . Die ursprüngliche geplante Kunstzeitschrift verwandelte sich also in ein Journal, das nicht nur aus kunstgeschichtlicher, sondern auch aus literaturwissenschaftlicher, anthropologischer und philologischer Sicht analysiert werden kann. In diesem Sinn ist der neue Titel und besonders der Untertitel des Periodikums zu verstehen. Die Formel »Sitten und Gebräuche, Litteratur und Kunst« könnte man heute mit dem Begriff „Kultur“ ausdrücken . In dieser Hinsicht kann Italien und Deutschland als die erste deutsch-italienische kulturvermittelnde Zeitschrift betrachtet werden. Nach Michele Cometas Meinung liefert sie eine vollkommen anthropologische Darstellung der italienischen Phänomene der Kultur, denn sie konzentriert sich nicht nur auf die Kunst, sondern auch auf die Sitten des Volkes . Was aber noch bedeutender zu sein scheint, ist sicherlich die Aufmerksamkeit beider Autoren auf die aktuelle Wirklichkeit Italiens, die durch eine ansehnliche deutsche Delegation bestimmt war. Das verbreitete Bild Italiens als Wiege der Antike macht einer fortschrittlicheren Anschauung der Dinge Platz, wo unsere Halbinsel zu einem Land der Modernität wird. Hier fand die größte künstlerische Erneuerung statt, die auch durch die Vermittlung der deutschen aus Italien berichtenden Periodika für die preußischen kulturellen Reformen der Zeit von großer Bedeutung werden sollte. Auch wenn der anfänglichen Idee des Journals nicht mehr entsprochen werden konnte, stellt Italien und Deutschland einen in die Tat umgesetzten Gedankens dar, dessen Verwirklichung in der Spätaufklärung schon oft angestrebt war . Auf solche geplante und nicht ausgeführte Zeitschriften werde ich auch in meiner Analyse eingehen. Es geht um die gescheiterten Pläne von Wilhelm Heinse, Friedrich Müller und den Brüdern Genelli, die mit der Herausgabe eines solchen Magazins nicht nur den kulturellen Austausch zwischen den zwei Ländern pflegen wollten, sondern dadurch auch ihre schlechte finanzielle Lage aufzubessern hofften. Was die Struktur des Periodikums betrifft, das also die Beiträge zweier Autoren versammelt, sind die ersten drei Hefte nahezu ausschließlich von Hirt und Moritz selber geschrieben worden. Außer ihnen hat für den ersten Band nur der Maler Johann Gottlieb Puhlmann einen kleinen Aufsatz geliefert. Die Artikel sind aber stilistisch und inhaltlich sehr unterschiedlich und dadurch wird auch die Erwartung eines folgerichtigen Inhalts enttäuscht. Auch die Abfolge der einzelnen Beiträge ist durch kein festes Kompositionsprinzip geregelt. Der Verzicht auf ein systematisches bzw. methodisches Vorgehen und der Wechsel von erzählerischen zu brieflichen oder anekdotischen Formen kommen aber dem stilistischen und thematischen Eklektizismus, wie ihn Hirt und Moritz betrieben, entgegen. Die Erlaubnis dazu ist auch von der Literaturform „Zeitschrift“ selbst auf gewisse Weise gegeben. Trotzdem zeugt dieser erste Teil des Journals von beträchtlichem Elan. Die folgenden Nummern bieten dagegen keine Originalbeiträge und keine Berichte aus dem aktuellen Kunstleben in Rom mehr, sondern nur Reisebeschreibungen aus anderen Gegenden sowie Übersetzungen und Nachdrucke. Außerdem endet, wie gesagt, Hirts Mitarbeit 1790, obwohl er vorher die treibende Kraft von Italien und Deutschland gewesen zu sein scheint. Die unterschiedlichen Inhalte und Vorgehensweisen der Autoren kommen in der Dissertation ebenfalls zur Sprache. Im Allgemeinen liefert Moritz in der Zeitschrift kuriose und unterhaltsame Artikel, in denen er sich u. a. als „Menschenbeobachter“ erweist. Im Gegensatz dazu schreibt Hirt, wie es seinem Interesse entsprach, intellektuelle Abhandlungen, die das Ziel haben, objektive Berichte darzustellen. Ich werde dabei auf die methodologischen Unterschiede der beiden Autoren bei der Behandlung ähnlicher Themen eingehen und insbesondere einige Themenschwerpunkte der Zeitschrift herausarbeiten. Innerhalb des Journals stellt z.B. Moritz dem Artikel Hirts über den tragischen frühen Tod des französischen Malers Drouais den Beitrag über den früh gestorbenen deutschen Künstler August Kirsch gegenüber. Es gibt aber auch enge Parallelen zwischen einigen Abhandlungen Hirts und Passagen der Reisebeschreibung Moritz’, die ähnliche Themen behandeln, wie z.B. der Bericht über die Trockenlegung der Pomtinischen Sümpfe. Besonders wertvoll ist die Untersuchung der Beiträge Hirts, die in vielen Fällen innovativ und sich daher für die Entwicklung der Kunstgeschichte und der Architekturtheorie als sehr bedeutend erweisen. Unter seinen Texten finden sich Themen, die keineswegs zum klassizistischen Kanon gehörten. Die ausführliche Beschreibung der in Vergessenheit geratenen „Cappella Niccolina“ im Vatikan, die mit den Fresken von Fra Giovanni da Fiesole ausgemalt worden war, ist z. B. als nicht dem Klassizismus zuzuordnen. Ebenso neu ist das Thema des Goethe gewidmeten Artikels über den frühchristlichen Kirchenbau, der als Zeichen wachsender Aufmerksamkeit für Modernität zu verstehen ist. Die große Auswahl der in diesem Blatt behandelten Gegenstände bietet überdies genug Material, um die unterschiedlichen Positionen zweier Herausgeber hinsichtlich ihrer jeweiligen ästhetischen Konzeption eingehend zu behandeln. Auch der Aspekt der Rezeption muss einen der wesentlichsten Punkte der Forschung darstellen. Vermutlich ist das Periodikum lange Zeit kaum von der Wissenschaft rezipiert worden, weil zunächst einmal seine Verbreitung eher gering und kaum bewiesen war. Otto Harnack, der die Zeitschrift bestimmt gut gekannt hat , bemerkt: »[W]enigstens hatten weder die später von Hirt und Moritz gemeinsam herausgegebene Zeitschrift, noch sogar Goethe’s Propyläen sich der Gunst des Publikums zu rühmen« . Von drei Rezensionsorganen der Zeit wurden die Artikel der ersten Hefte kurz rezensiert . Darüber hinaus wurde der Quellenwert der Zeitschrift erst in jüngerer Zeit von einigen Architekturtheoretikern wahrgenommen . In der Arbeit stelle ich auch die wichtigen Informationen vor, die ich aus den verschiedenen Bibliotheken des deutschen Sprachraums, welche Exemplare von Italien und Deutschland besitzen, gesammelt habe. Meistens war es nicht möglich, Auskünfte über die Erwerbung der Hefte zu bekommen, da darüber keine Aufzeichnungen vorhanden sind. In manchem Fall lässt es sich aber durch den Besitzstempel auf dem Titelblatt oder durch einige handschriftliche Vermerke ungefähr rekonstruieren, wann und auf welchem Wege die Bände in den Besitz der jeweiligen Bibliotheken gelangten. Darüber hinaus ist ein Teil der Arbeit dem Vergleich zwischen Moritz’ Journalistenbeiträgen - den Vorabdrucken in Italien und Deutschland - und den entsprechenden Aufsätzen in seinem italienischen Tagebuch gewidmet. Etliche Artikel, die Moritz in der Zeitschrift publizierte, wurden ab 1792 zusätzlich in seinen Reisen eines Deutschen in Italien gedruckt. Sie enthalten Reiseeindrücke, Auseinandersetzungen mit dem Fremden und zentrale Fragen ästhetisch-erkenntnistheoretischer Natur. Nachdem ich mich zuerst kurz mit den Hintergründen zur Entstehung der Tagebuchfassung beschäftigt habe, werde ich auf Varianten hinsichtlich des Inhalts eingehen. Anschließend werden weitere Änderungen im Bezug auf syntaktische, stilistische und orthographische Merkmale aufgezeigt. Dabei kann man nicht davon ausgehen, dass die Reisen-Ausgabe mit der Zeitschrift-Fassung vollkommen identisch ist. Die beiden Versionen von Moritz’ Schriften weisen erhebliche Unterschiede auf, die auf verschiedene Gründe zurückzuführen sind. Im Hinblick auf stilistische und wörtliche Veränderungen dienen die Abweichungen grundsätzlich dazu, Unstimmigkeiten vielerlei Art auszubessern. Daraus lässt sich folgern, dass die Artikel aus Italien und Deutschland wohl als Vorabdrucke der Reisen eines Deutschen in Italien betrachtet werden können. Das findet seine Bestätigung auch in der Modernisierung der Reisen-Texte, die nicht einheitlich durchgeführt wurde (stellenweise ist die originale Schreibung, höchstwahrscheinlich aus Versehen, gehalten). Daraus kann man schließen, dass die Zeitschriftartikel den Tagebuchbriefen vorausgehen. In inhaltlicher Hinsicht spielt das Medium eine entscheidende Rolle. Außer der notwendigen Anpassung der Texte an die jeweilige literarische Form, unterscheidet sich die Buch- von der Zeitschrift-Fassung durch die Einschränkung der Reflexionen über die Wahrnehmung Italiens. Obwohl das Journal für sein fragmentarisches Wesen nur einige Skizzen Italiens liefern kann, ist hier das Bild des gelobten Landes viel realistischer. Durch seine Kritik, die auf viele Aspekte der italienischen Kultur gerichtet ist, relativiert Moritz das Traumbild von Italien als Paradies, das in der größeren Reisebeschreibung einen ungebrochen positiven Charakter bekommt . Der Endzweck der vorliegenden Studie besteht darin, die Zeitschrift Italien und Deutschland der Vergessenheit zu entreißen und die Vielfalt ihrer Bezüge herauszuarbeiten. Kurz gesagt möchte ich zeigen, dass dieses unbekannte Organ der Spätaufklärung eine noch zu entdeckende Welt darstellt
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Pellegrini, Matteo. "Sul Pascoli "greco". I "Poemi Conviviali" fra storia della critica ed esegesi del testo." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3421657.

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Abstract:
Poetry collection Poemi conviviali represents a very significant moment in Pascoli’s poetic production. On one hand it is clearly evident its close proximity to the vast field of Pascoli’s academic writings and essays, on the other hand, looking at his different collections of poetry, it will stand out the middle position taken by Conviviali within the two areas of Italian and Latin poetry. The particular relation with past is the main characteristic of those poems and it primarily lies in the gap between the “tale” handed down from ancient times and the “tale” told by Pascoli. The innovation and specificity of this poetry is based on retracing the Greek antiquity and its founding myths, leading to a substantial redefinition of them, which ultimately sanctions the fundamental non-recovery of past and the impossibility of revivifying its myths. This approach is quite different from those of two contemporary authors such as Carducci and D’Annunzio, whereas it can be found very much consonant with Leopardi’s poetical and philosophical goals. The first part of this paper is aimed to study and outline the developments and the acquisitions of critical analyses of this poetry collection, in order to highlight and establish the most valuable interpretation keys for the exegesis of the book. In the second part our approach will attempt to discuss and explain the most relevant characteristics of Conviviali, together with the complex dynamics underlying the composition of texts, on the basis of those tools developed in the first chapter, but also making use of the rich critical bibliography now available, as well as of the investigations into the Pascoli’s manuscripts and first writings.
I Poemi conviviali rappresentano un momento estremamente significativo della produzione poetica del Pascoli: da un lato, infatti, risulta evidente la loro vicinanza al vasto settore della produzione accademica e saggistica dell’autore, dall’altro lato, quando si guardi alle differenti raccolte poetiche pascoliane, parrà di rilievo la posizione mediana assunta dai Conviviali entro i due ambiti della lirica italiana e latina. La specificità del rapporto che i Poemi intrattengono con l’“antico” è l’aspetto che da subito e senza quasi soluzione di continuità risultò centrale nella ricezione del libro: nello scarto tra il “racconto” tramandato dai tempi più remoti e il “racconto” che ci propone il Pascoli sta l’innovazione e la conquista di questa poesia che ripercorre la classicità e i suoi miti fondativi portando a una sostanziale ridefinizione di essi e sancendo, in ultima analisi, una sostanziale irrecuperabilità del mito, con un approccio che presenta tratti affatto differenti da quelli di due autori coevi quali il Carducci e D’Annunzio, rivelando piuttosto consonanze significative con i traguardi poetico-filosofici del Leopardi. A dispetto della centralità di cui sopra, i Conviviali non ebbero una fortuna né immediata né assoluta: nella prima parte del presente lavoro si delineeranno gli sviluppi e le vicende della critica pascoliana pertinente, evidenziando le analisi più interessanti e le chiavi interpretative più valide ai fini dell’esegesi del testo. Quindi, nella seconda parte, l’approccio al volume dei Conviviali intende illustrare taluni almeno dei connotati peculiari della raccolta, sulla scorta degli strumenti messi a punto nella prima parte ed arricchiti dalla ricca bibliografia critica oramai disponibile, oltre che valendosi di cursori, ma significativi, attraversamenti delle carte autografe in ordine alla messa in evidenza delle complesse dinamiche compositive soggiacenti ai testi.
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Presti, Salvatore. "Il salto di Leucade. Aspetti e forme del pensiero antico in Giacomo Leopardi." Doctoral thesis, 2012. http://hdl.handle.net/10447/94729.

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PIRAINO, Floriana. "Prassi e teoria nel Leopardi traduttore di poeti antichi." Doctoral thesis, 2011. http://hdl.handle.net/10447/105199.

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Reynolds, Kevin Baker. "Influssi della lingua e della letteratura francesi medievali nell’Italia settentrionale e il Fondo Francese Antico della Biblioteca Nazionale Marciana di Venezia." Thesis, 2010. http://hdl.handle.net/1807/32947.

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Abstract:
This dissertation regards the medieval French literary tradition’s presence in Northern Italy in the late Middle Ages. This phenomenon produced a corpus of texts copied or composed by Northern Italian scribes and authors in the French language. The Italian authors’ command of French verse was, in some cases, imperfect; in others, they consciously manipulated the French language for creative purposes. Whatever the case, what resulted was a body of work ostensibly written in French but with a distinctly Northern Italian flavour. Every work within this corpus presents unique linguistic features and a distinct blend of French and Northern Italian vernaculars. This cultural phenomenon, which is commonly referred to as “Franco-Italian,” was no doubt born from the linguistic proximity of the Northern Italian vernaculars to the languages of France in the late Middle Ages: absent an autochthonous Italian literary tradition, Northern Italian literati adapted the languages of France, which had already developed vernacular literary traditions, as a means for their own literary expression. Northern Italy constituted, in this sense, a peripheral region of a medieval “Francophonie.” This dissertation first surveys the nature and function of the Franco-Italian “language” and then presents a critical historiography of the scholarship surrounding the most important manuscript collection of French and Franco-Italian works in Italy, that of the Biblioteca Marciana in Venice. This includes a discussion of all known catalogues and inventories of the corpus dating back to 1407 and an analysis of two others, until now largely unstudied, that shed new light on the history of the collection. What follows is an investigation into one little-known manuscript in the collection, Codex XIV, which recounts the adventures of Beuve de Hanstone. Codex XIV is unique in the collection insofar as it was not written in the hybrid Franco-Italian idiom, rather a pure Old French; consequently, it has received little attention from scholars. This dissertation revisits the text and its importance in the study of the influence of French literature in medieval Italy. The dissertation concludes with a series of appendices that display and compare unpublished inventories of the collection that support the arguments advanced herein.
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BUSSOTTI, ALVIERA. "Forme della virtù nel primo Settecento. Dalle "antiche favole" alla "pubblica felicità"." Doctoral thesis, 2015. http://hdl.handle.net/11573/1022488.

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Abstract:
La tesi indaga la fondamentale funzione della virtù nella letteratura del primo Settecento secondo la stretta contiguità della morale e della politica che contrassegna la poesia settecentesca. Il lavoro, che affronta il periodo che va dal 1690 al 1749, si sofferma sulla stretta dipendenza tra l’ingresso dirompente della virtù quale funzione letteraria settecentesca e la rigenerazione, anche in chiave ‘nazionale’, della poesia a partire dalle riflessioni di Gianvincenzo Gravina e Ludovico Antonio Muratori. Partendo da un’analisi di carattere semantico, la tesi si focalizza sulla preminenza della virtù e dei suoi corollari all’interno del panorama letterario italiano, per individuare alcune specificità settecentesche attraverso l'analisi di generi e forme diverse (dalla poesia alla tragedia alla commedia).
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