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Dissertations / Theses on the topic 'LETTERATURA LATINA MEDIEVALE E UMANISTICA'

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1

Villacara, Giulia <1994&gt. "I carmina latina di Giovanni Pico della Mirandola: traduzione, analisi e commento della produzione latina in versi." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/18706.

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Abstract:
I carmina latina di Giovanni Pico della Mirandola: una produzione, ricca di rimandi classici e intrisa di un'esperienza biografica importante, ma purtroppo giunta a noi in modo lacunoso. L'obiettivo della ricerca è quello di costruire un corpus dei componimenti latini attribuibili all'autore, facendo riferimento alle principali edizioni moderne che ne hanno curato l'analisi in precedenza. L'elaborato prende avvio da un excursus biografico di Pico e, esponendo le tematiche e le caratteristiche principali della sua produzione letteraria, si prefigge l'obiettivo di tracciare un quadro il più completo possibile della produzione latina in versi. Si fornirà pertanto una traduzione e un'analisi accurata, cogliendo i più rilevanti aspetti culturali, letterari e biografici.
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2

Pichenstein, Serena. "Le vitae medievali di Romedio." Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2013. https://hdl.handle.net/11572/367876.

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Abstract:
Romedio e il dibattito storiografico: Il presente lavoro nasce dal desiderio di affrontare la questione romediana in un’ottica nuova, che unisca l’approfondimento della tradizione ad uno studio dei racconti agiografici di Romedio secondo un approccio culturale più vasto. Nello specifico, in una prima parte ci si propone di inquadrare la questione romediana attraverso il dibattito storiografico che nelle diverse epoche ha permesso di delineare come estremamente problematico e assolutamente non univoco il profilo dell’eremita anaune, a rischio di ideologizzazioni e strumentalizzazioni politiche della sua figura. Le agiografie medievali di Romedio: Lo sviluppo della tesi parte dall’analisi della tradizione medievale delle leggende romediane. Dopo aver presentato ciascuna Vita, sia dal punto di vista dei manoscritti che delle edizioni a stampa, si riconosce quale obiettivo principale l’opportunità di approfondire lo studio dell’ultima agiografia dell’eremita anaune, denominata in questa sede come versione K, in virtù della scoperta che la leggenda romediana riportata dal manoscritto sangiorgiano della biblioteca di Karlsruhe (K = Karlsruhe, Badische Landesbibliothek, St. Georgen 14, ff. 1r -10r) ci consegna la più recente e la più interessante agiografia, frutto della contaminazione di due versioni precedenti, corrispondenti alle Vitae BHL 7144 e 7145. L’edizione della vita K: L’allestimento dell’edizione della vita K verte attorno a due questioni fondamentali: si unisce infatti la problematica di un’agiografia attestata da un codex unicus allo studio del codice illustrato. Dopo aver riconosciuto la stretta corrispondenza che l’agiografia K intesse con le 10 illustrazioni che la accompagnano, si individua un rapporto biunivoco tra il testo e le immagini, tale però da superare, nelle suggestioni visuali introdotte, il contenuto veicolato dal solo testo scritto. Le icone biografiche: Per questa ragione si è scelto di connettere lo studio storico –letterario delle leggende romediane al contributo di ulteriori discipline quali la paleografia, ma soprattutto agli studi iconografici e storico –artistici. Si è rilevato molto proficuo il confronto con la tradizione iconica di matrice orientale. Nello specifico si è proposta una connessione tra le illustrazioni del codice K e le tradizionali celebrazioni in occasioni delle feste dei santi: si è potuto stabilire un netto parallelismo tra l’esposizione delle icone biografiche dei santi durante la pubblica lettura delle loro agiografie, affinché il fedele, immerso nella contemplazione del ritratto venerabile, potesse trovare conferma e motivo di riflessione nella corrispondenza dei fatti narrati dall’agiografia con gli episodi più significativi rappresentati iconograficamente. Considerato quindi l’allestimento codicologico della Vita di Romedio riportata dal manoscritto di Karlsruhe, pare di assistere alla proposta, all’interno di un manoscritto illustrato, dell’usanza delle icone biografiche. Suggestioni fantastiche e meravigliose: Terminato lo studio di K è parso opportuno un ulteriore raffronto con l’intera tradizione medievale delle leggende agiografiche romediane, dal quale è emerso come le suggestioni fantastiche e meravigliose appaiano come elemento prioritario. Le 5 agiografie propongono un ritratto di Romedio tracciato sulla base di nuclei narrativi comuni: il rapporto con Vigilio, il nascere della vocazione, la santità della vita eremitica, l’eccezionalità della sua esistenza. Pur nella specificità di ciascuna Vita, le 5 leggende romediane trovano così nell’elemento narrativo l’elemento unificante. Il gusto del narrare si riconosce infatti nella costante e crescente proposta di suggestioni fantastiche e meravigliose. Le peculiarità individuate all’interno della versione K apparivano infatti in nuce già nella versione più antica della Vita di Romedio, contenuta nel Liber epilogorum in gesta sanctorum di Bartolomeo da Trento, dove l’autore trecentesco dichiarava esplicitamente come l’intento di delectatio accompagnasse il proposito dell’edificatio fidelium. Partendo così dall’identificazione, secondo la classificazione di Le Goff, di scenari fantastici e corrispondenti al sentire medievale, le suggestioni meravigliose all’interno delle agiografie romediane individuano un motivo estremamente interessante e produttivo.
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3

Salis, Sabrina <1974&gt. "Manoscritti medievali in lingua latina della Biblioteca del Museo Correr di Venezia." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2008. http://hdl.handle.net/10579/804.

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4

Saiani, Gaia Sofia. "La «Passio XII fratrum qui e Syria venerunt». Studio, esame della tradizione manoscritta, edizione critica." Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2016. https://hdl.handle.net/11572/368410.

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Abstract:
This paper has sought to establish the critical edition of the so called «Acta XII sociorum» (BHL 1620-1621, 1622b, 1622d e 6955),better known as «Passio XII fratrum qui e Syria venerunt», through the philological, palaeographical, historical and hagiological analysis of the available manuscript tradition. This research was intended, therefore, to retrace and re-discuss all historiographical literature on the subject so far published, with the aim to deliver a brief but detailed status quaestionis. He then proceeded to the collation of the text of all witnesses in the manuscript tradition, to the recensio and to the scrutiny of the variants, and to the identification of errors. This has allowed for the creation of a stemma modicum, thus leading to the identification of two families (? e ?). With special appendix is provided ??the critical edition of the texts corresponding to BHL 1621 and 1622f, hitherto unpublished.
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5

Giacomozzi, Christian. "Otlone di Sant'Emmerano, Vita sancti Nicolai (BHL 6126). Edizione critica, traduzione e commento." Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2018. https://hdl.handle.net/11572/367972.

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Abstract:
Prima edizione critica di una Vita latina di San Nicola di Myra, celebre taumaturgo di origine turca. Si tratta inoltre dell'unica opera inedita del monaco benedettino Otlone di Sant'Emmerano, originario di Ratisbona, vissuto nel secolo XI.
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6

Pichenstein, Serena. "Le vitae medievali di Romedio." Doctoral thesis, University of Trento, 2013. http://eprints-phd.biblio.unitn.it/911/1/LE_VITAE_MEDIEVALI_DI_ROMEDIO_-_Tesi_di_Dottorato_di_Serena_Pichenstein.pdf.

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Abstract:
Romedio e il dibattito storiografico: Il presente lavoro nasce dal desiderio di affrontare la questione romediana in un’ottica nuova, che unisca l’approfondimento della tradizione ad uno studio dei racconti agiografici di Romedio secondo un approccio culturale più vasto. Nello specifico, in una prima parte ci si propone di inquadrare la questione romediana attraverso il dibattito storiografico che nelle diverse epoche ha permesso di delineare come estremamente problematico e assolutamente non univoco il profilo dell’eremita anaune, a rischio di ideologizzazioni e strumentalizzazioni politiche della sua figura. Le agiografie medievali di Romedio: Lo sviluppo della tesi parte dall’analisi della tradizione medievale delle leggende romediane. Dopo aver presentato ciascuna Vita, sia dal punto di vista dei manoscritti che delle edizioni a stampa, si riconosce quale obiettivo principale l’opportunità di approfondire lo studio dell’ultima agiografia dell’eremita anaune, denominata in questa sede come versione K, in virtù della scoperta che la leggenda romediana riportata dal manoscritto sangiorgiano della biblioteca di Karlsruhe (K = Karlsruhe, Badische Landesbibliothek, St. Georgen 14, ff. 1r -10r) ci consegna la più recente e la più interessante agiografia, frutto della contaminazione di due versioni precedenti, corrispondenti alle Vitae BHL 7144 e 7145. L’edizione della vita K: L’allestimento dell’edizione della vita K verte attorno a due questioni fondamentali: si unisce infatti la problematica di un’agiografia attestata da un codex unicus allo studio del codice illustrato. Dopo aver riconosciuto la stretta corrispondenza che l’agiografia K intesse con le 10 illustrazioni che la accompagnano, si individua un rapporto biunivoco tra il testo e le immagini, tale però da superare, nelle suggestioni visuali introdotte, il contenuto veicolato dal solo testo scritto. Le icone biografiche: Per questa ragione si è scelto di connettere lo studio storico –letterario delle leggende romediane al contributo di ulteriori discipline quali la paleografia, ma soprattutto agli studi iconografici e storico –artistici. Si è rilevato molto proficuo il confronto con la tradizione iconica di matrice orientale. Nello specifico si è proposta una connessione tra le illustrazioni del codice K e le tradizionali celebrazioni in occasioni delle feste dei santi: si è potuto stabilire un netto parallelismo tra l’esposizione delle icone biografiche dei santi durante la pubblica lettura delle loro agiografie, affinché il fedele, immerso nella contemplazione del ritratto venerabile, potesse trovare conferma e motivo di riflessione nella corrispondenza dei fatti narrati dall’agiografia con gli episodi più significativi rappresentati iconograficamente. Considerato quindi l’allestimento codicologico della Vita di Romedio riportata dal manoscritto di Karlsruhe, pare di assistere alla proposta, all’interno di un manoscritto illustrato, dell’usanza delle icone biografiche. Suggestioni fantastiche e meravigliose: Terminato lo studio di K è parso opportuno un ulteriore raffronto con l’intera tradizione medievale delle leggende agiografiche romediane, dal quale è emerso come le suggestioni fantastiche e meravigliose appaiano come elemento prioritario. Le 5 agiografie propongono un ritratto di Romedio tracciato sulla base di nuclei narrativi comuni: il rapporto con Vigilio, il nascere della vocazione, la santità della vita eremitica, l’eccezionalità della sua esistenza. Pur nella specificità di ciascuna Vita, le 5 leggende romediane trovano così nell’elemento narrativo l’elemento unificante. Il gusto del narrare si riconosce infatti nella costante e crescente proposta di suggestioni fantastiche e meravigliose. Le peculiarità individuate all’interno della versione K apparivano infatti in nuce già nella versione più antica della Vita di Romedio, contenuta nel Liber epilogorum in gesta sanctorum di Bartolomeo da Trento, dove l’autore trecentesco dichiarava esplicitamente come l’intento di delectatio accompagnasse il proposito dell’edificatio fidelium. Partendo così dall’identificazione, secondo la classificazione di Le Goff, di scenari fantastici e corrispondenti al sentire medievale, le suggestioni meravigliose all’interno delle agiografie romediane individuano un motivo estremamente interessante e produttivo.
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CREA, SARA. "Il Chronicon di Francesco Pipino: edizione critica dei libri XXII-XXXI." Doctoral thesis, Università degli studi della Basilicata, 2019. http://hdl.handle.net/11563/141252.

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Abstract:
La tesi di dottorato, condotta sotto la supervisione del prof. Fulvio Delle Donne, è stata dedicata alla preparazione dell’edizione critica dei libri XXII-XXXI del Chronicon di Francesco Pipino. Pipino, frate domenicano bolognese vissuto tra la seconda metà del XIII e la prima del XIV secolo, è autore di un interessante e assai ponderoso Chronicon, una cronaca universale in lingua latina, composta da XXXI libri, ciascuno dedicato al periodo di regno di un imperatore, eccetto il XXV, dedicato alla storia delle crociate: il racconto abbraccia un arco di tempo che va dal 754 fino al 1317, ma con aggiunte di notizie che arrivano fino al 1322. La cronaca è tradita dal solo manoscritto ɑ.X. 1.5 conservato presso la Biblioteca Estense di Modena, di grande formato, che consta di ff. 187. L’unica edizione è quella a cura di Ludovico Antonio Muratori nei Rerum Italicarum Scriptores, ma è molto parziale, altera profondamente il testo e non fornisce alcuna indicazione sulle fonti usate. I libri XXII-XXXI ricoprono un periodo di tempo molto lungo, da Federico I al pontificato di Clemente V, e per la costruzione di questo racconto storico Pipino utilizza molteplici e variegate fonti: cronache universali, cittadine, biografie, agiografie. La vastità e varietà degli argomenti trattati, per molti dei quali sono riuscita a rintracciare fonti precise, ha reso lo studio critico del Chronicon e delle sue fonti particolarmente proficuo. Esso, attraverso l’individuazione delle strategie di costruzione e di rielaborazione della “memoria storica”, ha permesso di conoscere e comprendere non soltanto le modalità di trasmissione delle informazioni storiografiche, ma anche di ricomporre la “biblioteca” che aveva a disposizione il suo autore, figura esemplare di cronista medievale che raccoglie e manipola con riconoscibile competenza fonti di varia natura.
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LIBONATI, MARIAROSA. "Alle origini della storiografia umanistica aragonese. Edizione critica e studio dei "Gesta Alfonsi regis" di Tommaso Chaula." Doctoral thesis, Università degli studi della Basilicata, 2020. http://hdl.handle.net/11563/140704.

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Abstract:
Il lavoro di tesi consiste nell’edizione critica dei Gesta Alfonsi regis dell’umanista siciliano Tommaso Chaula, corredati da uno studio introduttivo, dalla traduzione in italiano e da note di commento. Il testo latino dell’opera, di tipo storiografico, è noto attraverso la trascrizione diplomatica (di assai problematica intelligibilità) dello storico siciliano Raffaele Starrabba, pubblicata a Palermo nel 1904: il manoscritto, infatti, il Membr. 60 dell’Archivio di Stato di Napoli, è andato distrutto nel 1943. La trascrizione di Starrabba tuttavia non offre alcun supporto utile alla comprensione e alla fruizione del testo: non compie alcun intervento correttivo, preserva intatta la disorganica prassi ortografica del ms. (anche mantenendo le parole unite o divise in maniera scorretta), lascia tutti gli errori, dei quali si limita, raramente, a indicare in nota possibili ipotesi interpretative. Pertanto, partendo da questa fedele trascrizione diplomatica, che è stata trattata come fosse una sorta di riproduzione fotografica del manoscritto, è stata realizzata l’edizione critica dell’opera storiografica con l’intento di restituire il testo a più piena intelligibilità. L’edizione è stata realizzata anche collazionando le varianti trasmesse dal ms. AM833 (ff. 184r al 195r) conservato nel fondo principale della Kongelige Bibliothek di Copenaghen. Questo codice, composito e vergato da varie mani riconducibili alla seconda metà del XVI secolo, tuttavia, offre solo un compendio molto parziale dell’opera. L’edizione critica è introdotta da uno studio diviso in 4 capitoli: I. Storia e storiografia: l’Italia tra i secoli XIV e XV; II. Biografia dell’autore; III. I cinque libri delle gesta compiute da Alfonso d’Aragona: analisi e contenuto; IV. Lettura e interpretazione dell’opera storiografica. Dunque, il profilo dell’umanista siciliano è stato inserito nell’ampio scenario storico del primo Umanesimo e all’interno di quel dibattito culturale teso a definire il metodo di scrivere la storia; le scarse informazioni biografiche fin’ora note sono state integrate con l’individuazione di nuovi documenti, rinvenuti nel corso di un periodo di studio e ricerca trascorso presso l’Archivio della Corona d’Aragona, a Barcellona. L’esame della produzione letteraria precedente ai Gesta Alfonsi regis è stato necessario per far emergere la formazione e la personalità dell’autore. Dopo aver esposto il contenuto dei cinque libri e quindi le vicende politiche del regno di Napoli e le imprese di Alfonso il Magnanimo compiute tra il 1420-1424, è stata analizzata la struttura compositiva dell’opera attraverso l’analisi delle fonti. L’esame dettagliato della struttura e dei caratteri dell’opera ha permesso, infine, di inserirla nel dibattito storiografico umanistico della metà del XV sec., in quanto, oltre ad essere la prima opera d’ambito italiano dedicata ad Alfonso d’Aragona, nella narrazione storica evidenzia proprio quel nuovo metodo umanistico di scrivere la storia che si sviluppò presso la corte aragonese di Napoli. Attraverso l’edizione critica, è possibile, dunque, rivalutare l’importanza di un’opera storiografica che si rivela assai rilevante. In largo anticipo rispetto a quelle più note e studiate di Bartolomeo Facio, di Antonio Panormita o di Lorenzo Valla, essa testimonia, infatti, l’interesse per la scrittura della storia: un genere innovativo dalle forti connotazioni sia “propagandistiche” che etiche. Presentando taluni caratteri propri dello speculum principis, allo stesso tempo costituiva anche lo strumento privilegiato per l’elaborazione delle complesse strategie di legittimazione di un sovrano, che, come Alfonso il Magnanimo, alla sua corte fece germinare una peculiare forma di Umanesimo “monarchico”, che importanti esiti e ricadute ebbe nell’Europa dei decenni successivi.
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Macchiarelli, Agnese <1989&gt. "La 'Theosophia' attribuibile a Iacopo Passavanti: edizione e studio della cosiddetta 'redazione latina' dello 'Specchio della vera penitenzia'." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/19525.

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Abstract:
Con il presente lavoro si propone la prima edizione critica di un testo adespoto e poco conosciuto: la "Theosophia". Trasmessa da un solo manoscritto quattrocentesco (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, San Marco 459) l’opera è anche nota come ‘redazione latina’ dello "Specchio della vera penitenzia" di fr. Iacopo Passavanti dell’Ordine dei Predicatori (Firenze, 1302 ca.-1357). Al fine di far luce sul rapporto che intercorre fra i due trattati, e valutare l’ipotesi corrente che Passavanti sia l’autore di entrambi gli scritti, si analizzano anche i luoghi paralleli, le fonti sottese e il contesto religioso, culturale e sociale in cui ebbero origine.
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Benedetti, Matteo <1980&gt. "Raffaele Regio: commento alle metamorfosi di Ovidio: In Ovidii metamorphosin enarrationes (libri I-IV)." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2009. http://hdl.handle.net/10579/446.

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Mollica, Bonivento Armando <1988&gt. "Le forme di dizione nella tradizione mediolatina: la trasmissione della teoria classica." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3114.

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Pellegatta, Pietro <1984&gt. "Edizione critica del commento 'Testatur Servius' alle 'Bucoliche' di Virgilio attribuito a Ilario d'Orléans." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4622.

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Abstract:
Per la mia tesi di dottorato ho lavorato all’edizione critica di un commento medievale alle Bucoliche di Virgilio. Durante la rinascita culturale del secolo XII, i principali commenti tardoantichi ai classici vengono sostituiti. Per quanto riguarda Virgilio il commento più diffuso fino ad allora era quello di Servio; a partire dal XII sec. le copie di questo testo subiscono un drastico calo. Ad esso subentra un nuovo commento che eredita tutto il materiale serviano, lo rielabora e lo amplia, nella nuova forma della glossa continua. Allo stesso autore sono riconducibili glosse a tutta l’opera di Virgilio e alla 'Tebaide' di Stazio. Questi testi, tramandati sia insieme che singolarmente da una cospicua tradizione, sono stati attribuiti a Ilario d’Orleans. Ilario si forma insieme a Pietro Abelardo, alla scuola cattedrale di Laon, fondata da Anselmo intorno al 1089, ed esercita come magister ad Angres e Orleans. Una generazione dopo, Arnolfo d’Orleans riconosce in lui il fondatore dello studio dei classici a Orleans. Nel 1123 si trasferisce a Parigi, dove muore poco dopo il 1145. Alcuni studi degli ultimi decenni hanno messo in discussione il rapporto tra classicità e medioevo così come è stato pensato finora. Ripensare i rapporti dei medievali con i classici, significa anche ripensare il passaggio dal Medioevo all’Umanesimo.
For my Doctoral thesis I have worked on the critical edition of a medieval commentary of the Virgil’s Bucolics. During the 12th century cultural renaissance, the main Late Antiquity’s commentaries on the classics were replaced. As for Virgil, the best known commentary was Servius’s one; from the 12th century the number of copies transmitting this text was drastically reduced. A new commentary, that re-elaborates and adds new information and observations to Servius’s material, took its place, using the new form of the continuous glosa. Glosae to Virgil can be ascribed to the same author, as well as to Statius’s Thebaid. These texts, transmitted both together and individually by a conspicuous tradition, have been attributed to Hilary of Orleans. Hilary received his cultural education alongside Peter Abelard at the cathedral school of Laon founded by Anselm around 1089. Then he began his career as magister teaching in Angers and Orleans. A generation later, Arnulf of Orleans recognized in him the founder of the study of the classics in Orleans. In 1123 he moved to Paris and there he died shortly after 1145. In the last decades, some studies have questioned the relationship between Classical and Middle Ages, as we know it. To rethink the Medievals’ relationship with the classics means to rethink the passage from Middle Ages to Humanism.
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Acciarino, Damiano <1986&gt. "AT.A.R. - Atlante dell'Antiquaria Rinascimentale : compilato attraverso gli epistolari eruditi : itinerari di cultura nell'Europa del Cinquecento." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/5645.

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Abstract:
Database consultabile che raccoglie tutti i dati "antiquari" riscontrati negli epistolari eruditi del XVI secolo. Saggi derivanti dai dati raccolti, di ambito filologico, numismatico, epigrafico, cronologico, storiografico.
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Saltetto, Elisa <1984&gt. "Problemi aristotelici nei secondi 'Miscellanea' di Angelo Poliziano: "universale" ed "entimema"." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/5673.

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Abstract:
La tesi prende in esame due capitoli dei II 'Miscellanea' di Angelo Poliziano dedicati a problemi di filosofia aristotelica: il cap. 53 (Universale) e il cap. 55 (Enthymema). Partendo dall'analisi filologica e linguistica del testo polizianeo la tesi si propone di mettere in evidenza l'importanza del contributo dell'Umanista su queste complesse tematiche. Dalle conclusioni cui giunge nel corso dei due capitoli emerge, infatti, che l'Ambrogini precorse di secoli l'esegesi più moderna del testo aristotelico, cui egli sa restituire il suo valore originario.
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Bolognari, Marcello <1992&gt. "Per l'edizione critica di un testo francescano spirituale della fine del XIII secolo: lo Stimulus amoris di Giacomo da Milano." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/13911.

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Abstract:
La tesi si propone l’obbiettivo di studiare l’opera nota con il titolo di Stimulus amoris ed il suo autore, Giacomo da Milano. Come si avrà modo di approfondire, le questioni irrisolte sono molteplici e riguardano la datazione, la reale estensione dell’opera e l’attribuzione. Il lavoro sarà articolato in quattro capitoli più un’appendice finale. Il primo capitolo cercherà di apportare qualche elemento di novità alla ricostruzione della nebulosa biografia di Giacomo. Il capitolo successivo riguarderà invece l’opera nel suo complesso; in esso, infatti, si cercherà di avanzare e dimostrare l’ipotesi secondo la quale, anche il ms. principale usato per l’edizione moderna dello Stimulus (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Plut.19 dex.10), nasconda in verità un’opera più estesa. Un paragrafo, invece, sarà dedicato al tentativo di ricostruire l’ordine originale dei capitoli. Verrano poi analizzate le diverse versioni latine nelle partizioni, presumibilmente da rivedere, individuate dalla critica nel corso del ‘900. Si cercherà perciò di riaprire il dibattito su quale possa essere la stesura originale dell’opera. Il terzo capitolo invece sarà occupato da un'edizione dei tre capitoli principali traditi nel Plut.19 dex.10 e non presenti nell'edizione Quaracchi. L’ultima parte della tesi riguarderà i volgarizzamenti italiani ad oggi noti. L’appendice conclusiva, infine, aggiornerà il catalogo riguardante i codici dello Stimulus amoris elaborato da Eisermann.
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Rezaee, Aliasghar <1984&gt. "Antichi specchi per i principi fra oriente e occidente: il Siyasat Name di Nezam al Molk e il De Regimine Principum di Egidio Romano." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/14600.

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Abstract:
La presente tesi si propone di analizzare e di mettere a confronto due specchi per i principi che ebbero nei loro contesti geografico culturali una straordinaria fortuna e un impatto culturale importante. I testi sono il Siyar al-Moluk di Nezam al Molk, composto nel 1090 e il De Regimine Principum di Egidio Romano composto intorno al 1280. Il confronto avverrà sulla struttura del testo e sui concetti fondamentali relativi alle fonti del potere, all'organizzazione dello stato, alla gestione dei conflitti e ad altri ambiti di interesse che emergeranno nel corso del lavoro.
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Zennaro, Chiara <1995&gt. "Il commento alla Brevis introductio ad dictamen di Giovanni di Bonandrea del ms. Perugia, Biblioteca Augusta, lat. B 56. Edizione critica." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15477.

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Vescovo, Michele <1995&gt. ""La Gemma purpurea di Guido Faba: edizione critica e commento"." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/15480.

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Abstract:
La tesi consiste nell’edizione critica della “Gemma purpurea”, composta dal dictator bolognese Guido Faba (1190-1250 ca.). Il trattato, trasmesso da sedici manoscritti, è in lingua latina, ma contiene quindici formule epistolari in volgare bolognese. Le edizioni finora curate sono parziali e vertono quasi solo sulle formule volgari. L’opera, infatti, è stata oggetto soprattutto dell’interesse degli italianisti, in quanto rappresenta il primo esempio di prosa letteraria in volgare italiano, nonché la prima attestazione del volgare nell’ars dictaminis. Dopo un’introduzione di carattere generale sul dictamen nel XIII secolo e su vita e opere del Faba, ho descritto e recensito i codici che trasmettono la “Gemma” e ho svolto l’edizione critica del testo. Infine ho commentato il testo sul piano del contenuto.
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Saiani, Gaia Sofia. "La «Passio XII fratrum qui e Syria venerunt». Studio, esame della tradizione manoscritta, edizione critica." Doctoral thesis, University of Trento, 2016. http://eprints-phd.biblio.unitn.it/1787/1/Saiani_Acta_XII_Sociorum_DEPOSITO.pdf.

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Abstract:
This paper has sought to establish the critical edition of the so called «Acta XII sociorum» (BHL 1620-1621, 1622b, 1622d e 6955),better known as «Passio XII fratrum qui e Syria venerunt», through the philological, palaeographical, historical and hagiological analysis of the available manuscript tradition. This research was intended, therefore, to retrace and re-discuss all historiographical literature on the subject so far published, with the aim to deliver a brief but detailed status quaestionis. He then proceeded to the collation of the text of all witnesses in the manuscript tradition, to the recensio and to the scrutiny of the variants, and to the identification of errors. This has allowed for the creation of a stemma modicum, thus leading to the identification of two families (α e β). With special appendix is provided ​​the critical edition of the texts corresponding to BHL 1621 and 1622f, hitherto unpublished.
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Giacomozzi, Christian. "Otlone di Sant'Emmerano, Vita sancti Nicolai (BHL 6126). Edizione critica, traduzione e commento." Doctoral thesis, University of Trento, 2018. http://eprints-phd.biblio.unitn.it/3443/1/Christian_Giacomozzi_-_Otlone_di_Sant'Emmerano%2C_Vita_sancti_Nicolai_(BHL_6126)._Edizione_critica%2C_traduzione_e_commento.pdf.

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Abstract:
Prima edizione critica di una Vita latina di San Nicola di Myra, celebre taumaturgo di origine turca. Si tratta inoltre dell'unica opera inedita del monaco benedettino Otlone di Sant'Emmerano, originario di Ratisbona, vissuto nel secolo XI.
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LO, CONTE Francesco. "Georgii Vallae placentini in Iuvenalis Satyras Commentarii." Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2013. http://hdl.handle.net/10446/28631.

Full text
Abstract:
The present thesis intends to be the first critical edition of the commentary on the Satires of Juvenal published by Giorgio Valla (1447-1500) in Venice in 1486. The significance of this commentary that holds many meaningful traces of the corpus of scholia vetustiora on Juvenal under the name of an otherwise unknown Probus, has been recognized by scholars in the last century. The thesis is divided in four sections: introduction, note on text, commentary with apparatus, indexes. The introduction exposes an outline on the juvenalian studies and lectures in the second half of XVth century undertaken by scholars such as Angelo Sabino, Domizio Calderini and Giorgio Merula, focusing on the more significant contributions of the Giorgio Valla's commentary in the textual criticism and exegesis of the Satires. The introduction also includes a brief summing-up of the classical sources, latin and greek, openly mentioned or word-for-word quoted in the commentary. The note on text deals with the editing standards used in this thesis and also contains some marks on the relationship between the lemmas of the commentary and the text of Juvenal whose margins were filled by the commentary, according to an usual typographic dress for scholastic texts, attempting to define which kinds of handwritten sources of the Satires Valla was able to handle with. The third section is the outright commentary (extended on more than 300 pages in modern format) with a textual apparatus arranged in footnotes that also includes some references to classical sources used but not outspoken by the humanist. The thesis is concluded by three different kinds of indexes (index of classical sources, index of variants, index of names) thought as an useful help for scholars who in future will need to consult this commentary.
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Macchiarelli, Agnese. "La "Theosophia" attribuibile a Iacopo Passavanti: edizione e studio della cosiddetta 'redazione latina’ dello "Specchio della vera penitenzia", tesi di dottorato (XXXIII ciclo), tutor prof. Antonio Montefusco, Università Ca' Foscari Venezia, a.a. 2020/2021." Doctoral thesis, -, 2021. http://hdl.handle.net/10278/3742166.

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Abstract:
Con il presente lavoro si propone la prima edizione critica di un testo adespoto e poco conosciuto: la Theosophia. Trasmessa da un solo manoscritto quattrocentesco (Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, San Marco 459) l’opera è anche nota come ‘redazione latina’ dello Specchio della vera penitenzia di fr. Iacopo Passavanti dell’Ordine dei Predicatori (Firenze, 1302 ca.-1357). Al fine di far luce sul rapporto che intercorre fra i due trattati, e valutare l’ipotesi corrente che Passavanti sia l’autore di entrambi gli scritti, si analizzano anche i luoghi paralleli, le fonti sottese e il contesto religioso, culturale e sociale in cui ebbero origine.
With this work we propose the first critical edition of an anonymous and not well known text: the Theosophia. Transmitted by a single fifteenth-century manuscript (Florence, Biblioteca Medicea Laurenziana, San Marco 459), the work is also known as the ‘Latin redaction’ of the Specchio della vera penitenzia by Br. Iacopo Passavanti of the Order of Preachers (Florence, 1302 c.-1357). In order to shed light on the relationship between the two treaties, and to evaluate the current hypothesis that Passavanti is the author of both writings, the parallel textual passages, the common sources and the religious, cultural and social context in which they originated are also analyzed.
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BRESCIA, ANGELA. "I Chronica Roberti Biscardi et fratrum ac Rogerii comitis Mileti o Historia Sicula del cosiddetto Anonimo Vaticano: introduzione, edizione critica e traduzione italiana." Doctoral thesis, Università degli studi della Basilicata, 2021. http://hdl.handle.net/11563/149924.

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Abstract:
L’obiettivo preliminare della tesi è stato, oltre all’edizione critica e alla traduzione, la contestualizzazione dell’Historia Sicula nel panorama cronachistico dei secoli XI-XII, rapportandola alle cronache che da sempre hanno rivestito un ruolo principale nella storiografia di ambito normanno. Proprio a questo proposito, dopo una breve sintesi delle già menzionate cronache principali , si è ritenuto opportuno offrire un confronto serrato tra gli episodi narrati in tutte le cronache, così da evidenziare i tratti distintivi di ognuna di esse, ma soprattutto farne risaltare i parallelismi. Terminato il raffronto tra le cronache, è stata analizzata in maniera più specifica la figura del cosiddetto Anonimo Vaticano, così da poter presentare in maniera metodologicamente più fondata, su basi filologiche adeguate, alcune ipotesi relative alle circostanze in cui la cronaca fu scritta. Nella Nota al testo, che precede l’edizione critica, è contenuta una dettagliata descrizione dei sei manoscritti noti e delle relazioni che intercorrono tra essi. Al termine, con lo stemma codicum si rappresenta graficamente il lavoro di recensio effettuato al fine di stabilire il testo. Infine, si è ritenuto utile far emergere con evidenza le differenze tra la cronaca dell’Anonimo e quella di Malaterra da sempre considerate molto vicine.
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MARCELLINO, GIUSEPPE. "Flavio Biondo, De verbis Romanae locutionis. Introduzione, edizione critica, traduzione e commento." Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2014. http://hdl.handle.net/11384/113458.

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Modonutti, Rino. "Il De gestis Italicorum post Henricum septimum Cesarem di Albertino Mussato. Edizione critica e traduzione dei libri I-IV." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3423618.

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Abstract:
The thesis consists in the critical edition of the first four books of De gestis Italicorum post Henricum septimum Cesarem by Albertino Mussato (1261-1329). The critical text is enriched by several notes concerning Mussato’s language and style as well as the period of Italian history, 1313-1314, which is the matter of the four books. The thesis also offers a translation of the De gestis from Latin into Italian. The philological introduction describes the relations between the manuscripts and provides the first accurate description of codex Vat. lat. 4962, the only one which hands down all the De gestis. The general introduction analyses Mussato’s historical project and its connections with Trecento culture and with the Latin historiography of ancient Rome.
La tesi presenta l’edizione critica dei primi quattro libri del De gestis Italicorum post Henricum septimum Cesarem di Albertino Mussato (1261-1329). Il testo critico è accompagnato da un apparato di note di carattere linguistico, stilistico, letterario e storico-istituzionale, nonché da una traduzione italiana. La nota al testo ricostruisce i rapporti tra i testimoni dell’opera e offre, tra le altre cose, una prima accurata descrizione del cod. Vat. lat. 4962, unico manoscritto a tramandare tutto il De gestis Italicorum. L’introduzione cerca di definire le coordinate del progetto storiografico mussatiano, cogliendone i rapporti con la cultura del primo Trecento ed evidenziandone i legami con la tradizione storiografica latina antica.
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RISO, DEBORA. "L’Epistolario di Pier della Vigna in 5 libri. Edizione critica della più antica raccolta sistematica." Doctoral thesis, Università degli studi della Basilicata, 2022. http://hdl.handle.net/11563/155705.

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Abstract:
La tesi propone l’edizione critica del cosiddetto Epistolario di Pier della Vigna nella forma sistematica più antica in 5 libri. Nell’introduzione sono stati riportati elementi utili per la definizione del profilo biografico di Pier della Vigna e, dopo aver recensito i testimoni, vengono esposti e motivati i criteri editoriali sui quali si è fondato il lavoro ecdotico. In particolare lo studio della tradizione testuale ha permesso di definire con certezza posizione di snodo iniziale del manoscritto di Toledo, Biblioteca Capitular, 45.9 (siglato T). L’eccezionale importanza del ms. T è stata confermata dal confronto con alcuni testimoni appartenenti alla tradizione stravagante dell’epistolario particolarmente autorevoli come Paris, Bibliothèque nationale de France, Lat. 8567, nonché dalla circostanza che in più punti questo codice sana lacune presenti nella restante tradizione manoscritta. Inoltre l’analisi testuale ha permesso di superare schemi consolidati di suddivisione in gruppi e di postulare l’esistenza di un archetipo in movimento chiamato α, che si contrappone a uno β, da cui deriva la raccolta più diffusa in sei libri. Il testo critico delle 134 lettere della più antica forma sistematica dell’epistolario è preceduto da un breve regesto, l’indicazione della carta su cui il testo è trascritto nei codici collazionati, la pagina dell’edizione a stampa che riporta il testo dell’epistola corrispondente e il numero di riferimento ai Regesta Imperii. A piede del testo sono state collocate due fasce di apparato: una di tipo filologico, l’altra riservata all’individuazione dei fontes e dei loci paralleli, con trascrizione dei relativi passi. Nelle note sono stati forniti i dati necessari all’identificazione dei personaggi citati; sono stati segnalati fenomeni retorici o letterari ritenuti degni di attenzione e sono stati motivati alcuni interventi emendatori di passi particolarmente problematici.
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COMPARIN, Andrea. "La riforma scolastica carolina e l'insegnamento del latino." Doctoral thesis, Università degli Studi di Verona, 2010. http://hdl.handle.net/11562/343473.

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Abstract:
La tesi offre nella prima parte un inquadramento generale della scuola in età carolina (legislazione scolastica, organizzazione, impianto disciplinare), nella seconda parte una mappatura dei centri scolastici, nella terza ed ultima un'analisi dettagliata delle opere grammaticali in uso durante l'impero di Carlo Magno.
The doctoral thesis esposes a description of the school in the age of Charle Magne: the legislation, the organization, the liberal arts, a map of the scholastic centres and a analysis of the grammatical works used.
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LIBONI, Gionata. "SOZZINO BENZI, DE SOMNIO. TESTO CRITICO, TRADUZIONE E NOTE." Doctoral thesis, Università degli studi di Ferrara, 2009. http://hdl.handle.net/11392/2389206.

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Abstract:
The manuscript Classe II 102 kept in the Ariostea Library of Ferrara represents the only known witness of the De somnio, an unpublished work written in 1546 by the physician Sozzino Benzi from Ferrara. Using the formal model of Dante’s Commedia, the physician tells about a dream in which he sets out with his genius a research journey of happiness through all the degrees of universe, in a speculative ascent animated by love that rises from the contemplation of beauty. Going through the world, the physician observes the images and myths in which had set the great tradition of Ficino’s philosophy of love, and thanks to the incessant mediation of his genius he is constantly urged to understand the symbolical meaning of that language. Pushed by the unceasing wish of new beauty, but unable to go beyond of her physical dimension, the physician reaches the limits of universe without finding any satisfaction, and he understands only thanks to the divine help that the only way to reach happiness is the abandon to the grace. Telling a history of a conversion from the research of a corporeal beauty to the research of true beauty, which is God, Benzi’s work becomes thus a radical criticism of the surrounding cultural reality. Although it is unknown, the De somnio represents a precious witness of the philosophical culture in Ferrara at the middle of XVIth century, and proves the capacity of some characteristic themes of philosophy of love of answering the worries of a period of great political, cultural and religious changes.
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Core, Luca. "La Rota Veneris di Boncompagno da Signa. Edizione critica." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3424707.

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Abstract:
Rota Veneris by Boncompagno from Signa. Critical edition. The thesis presents a critical edition of Rota Veneris, written by the grammar and rhetoric scholar Boncompagno from Signa (1175 approximately-1240). The philological chapter deals with the description of the manuscript tradition, the relations among witnesses, the peculiar characteristics of single copyists, as well as including some observations on the text circulation and on its adaptations on the basis of the different scholarships, contexts and particular customers. The introduction has a historical-documentary character and is divided into two chapters. In the first one we suggested the hypothesis of a possible back-dating of the work to the first years of the ars dictandi scholar’s didactic activity. In the second chapter we analyze the structure and features of Rota Veneris and deal with some issues that previous criticism analyzed only marginally
La Rota Veneris di Boncompagno da Signa. Edizione critica La tesi presenta l'edizione critica della Rota Veneris del maestro di grammatica e retorica Boncompagno da Signa (1175 circa-1240). Un capitolo di carattere filologico affronta la descrizione della tradizione manoscritta, i rapporti tra i testimoni, le caratteristiche peculiari dei singoli copisti, nonché alcune osservazioni sulla circolazione del testo e sul suo adattamento in base ad esigenze di scuole, ambienti o committenti particolari. La parte introduttiva, a carattere storico-documentario, è suddivisa in due capitoli. Nel primo viene ipotizzata una retrodatazione dell'opera ai primi anni dell'attività didattica del maestro di ars dictandi. Nel secondo capitolo in cui vengono prese in esame la struttura e le caratteristiche della Rota Veneris, si affrontano alcuni temi di cui la critica si è occupata marginalmente
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Sanson, Manuela. "Il corpo nell'opera di Francesco d'Assisi e di Iacopone da Todi." Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2011. https://hdl.handle.net/11572/368289.

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Abstract:
La visione di un universo permeato dalla gloria di Dio che Francesco d’Assisi sviluppa nel Cantico di frate sole e nelle sue opere latine, e che risulta anche dalle testimonianze dei primi biografi, è stata interpretata da vari studiosi (Duby, Manselli, Pasero) come un implicito rovesciamento della concezione catara secondo cui il mondo non è stato creato dal Dio celeste, ma da un demiurgo malvagio. A prima vista, la concezione del corpo e della creazione materiale che emerge dall’opera poetica del francescano Iacopone da Todi si trova agli antipodi di quella del santo. Giovanni Pozzi ha osservato come nelle Laude sia assente “qualsiasi valutazione del creato come entità recante l’impronta divina†; ma, lungi dal comportare un dualismo ontologico di tipo “gnostico†, come quello dei catari, questo atteggiamento va ricollegato secondo lo studioso svizzero alla tradizione dell’ascetismo cristiano, e in particolare al linguaggio del “disprezzo†del corpo e del mondo che verso la fine del secolo XIII aveva trovato una delle sue espressioni più violente ed efficaci nel De contemptu mundi di Lotario di Segni, il futuro papa Innocenzo III. Queste lucide considerazioni non mancano tuttavia di porre una serie di problemi storici ed ermeneutici che appaiono decisivi per una corretta comprensione delle opere letterarie dei due primi grandi scrittori religiosi della nostra letteratura: qual è il rapporto fra la concezione francescana del corpo (e più in generale del mondo materiale) e la riflessione cristiana dei secoli precedenti su questi temi? In particolare, come si può situarla rispetto ai grandi filoni teologici del XII e del XIII secolo: mistica cisterciense e vittorina, pensiero ascetico, eresia catara? E quali sono i rapporti fra la concezione di Francesco e quella che si delinea con straordinario vigore lirico nelle Laude di Iacopone? Quali sono i modelli del poeta di Todi? Fra i due grandi scrittori mistici e ascetici del Duecento italiano vi è realmente, a proposito della visione del corpo e della corporeità, radicale opposizione? Oppure possono essere individuati anche punti di contatto, elementi di continuità o di mediazione? E come si spiegano degli atteggiamenti così diversi nel fondatore e in uno dei primi grandi seguaci del movimento francescano? A questi, ed ad altri più puntuali interrogativi si è cercato di rispondere nel presente lavoro. Per giungere a risposte motivate e convincenti, si è ritenuto necessario partire da un approfondito esame delle concezioni del corpo e della materia nella tradizione del pensiero cristiano fino al Duecento. In particolare, sono apparse di fondamentale importanza le correnti teologiche del secolo precedente, il XII, correnti il cui influsso nella concezione del mondo di Francesco e di Iacopone appare determinante. Nella prima parte della tesi, abbiamo così dedicato un capitolo alla tematica del contemptus mundi quale è sviluppata nel grande trattato di Lotario di Segni. In un secondo capitolo è studiata la complessa – e talvolta almeno apparentemente contraddittoria – concezione del corpo e delle realtà materiali nelle due maggiori correnti della teologia mistica nel XII secolo, quella cisterciense e quella vittorina, alle quali si rifarà direttamente anche il francescano Bonaventura da Bagnoregio. Inoltre, si è ritenuto necessario studiare in maniera approfondita le dottrine eterodosse dei catari, che ebbero certamente un grande peso – come si è accennato – nella riflessione cristiana di questo periodo sul corpo e sulla materia. A partire da queste premesse dottrinali – che sono state spesso trascurate o sottovalutate dai filologi, ma alle quali la critica più recente incomincia a dedicare la dovuta attenzione – nella seconda parte della tesi abbiamo sottoposto a una accurata analisi la concezione e la rappresentazione del corpo, e della “corporeità†in generale, nelle opere italiane e latine di Francesco d’Assisi e di Iacopone da Todi. Ne sono derivate conclusioni molto più articolate e sfumate di quanto possa far pensare una lettura superficiale dei loro testi: gli stretti rapporti che si possono osservare in entrambi gli autori con la precedente tradizione ascetica e mistica valgono a mettere in luce tutta una serie di rapporti profondi fra di loro, specialmente intorno al nodo cruciale del corpo di Cristo. E questo vale, a nostro parere, a far risaltare ancor meglio gli aspetti originali dei testi maggiori di Francesco e di Iacopone, a farci gustare appieno la loro “poesia del corpo†.
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AMENDOLA, CRISTIANO. "Le "artes dictandi" di Bartolomeo Miniatore da Ferrara e l’Umanesimo volgare. Con l’edizione del "Formulario di esordi ed epistole per Giacomo Bolognini"." Doctoral thesis, Università degli studi della Basilicata, 2022. http://hdl.handle.net/11563/157806.

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COLANGELO, MARIA LUISA. "Per una pedagogia umanistica e civile. Edizione digitale delle Orazioni inaugurali di Giambattista Vico." Doctoral thesis, Università degli studi della Basilicata, 2022. http://hdl.handle.net/11563/153725.

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Abstract:
Per una pedagogia umanistica e civile. Edizione digitale delle Orazioni inaugurali di Giambattista Vico presenta il lavoro svolto per la ricerca “Per una filosofia dell’educazione integrale. Indicizzazione, digitalizzazione e ontologizzazione delle Orazioni inaugurali di Giambattista Vico”, svolto nell’ambito del Dottorato di Ricerca in Storia, Culture e Saperi dell’Europa mediterranea dall’Antichità all’Età contemporanea dell’Università degli Studi della Basilicata, e rappresenta l’attuarsi del progetto scientifico “Digital Philology: digitalizzazione, gestione ontologica, indicizzazione ed edizione di testi e collezioni”, la cui borsa è stata cofinanziata con risorse del PON Programma Operativo Nazionale Ricerca e Innovazione 2014-2020, Fondo Sociale Europeo, Azione I.1 “Dottorati innovativi con caratterizzazione industriale” 2018. L’elaborato presenta l’edizione critica digitale delle Orazioni inaugurali (lette nell’edizione critica di Gian Galeazzo Visconti, Edizioni di Storia e Letteratura 2013), supportata dall’approfondimento filosofico della pedagogia vichiana. Per una buona codifica XML e una visualizzazione ottimale in EVT dei discorsi inaugurali, infatti, è stato fondamentale contestualizzare il pensiero di Giambattista Vico all’aspetto pedagogico. Il lavoro evidenzia quanto l’attenzione all’educazione sia stata una costante fondamentale sia per lo sviluppo del Vico persona che per gli esiti di una riflessione filosofica sempre attenta alla centralità dell’uomo. La riflessione intorno alla pedagogia umanistica e civile proposta nel lavoro riassume, se anche in maniera introduttiva, l’intero pensiero vichiano. Il progetto pedagogico-politico, definito in questo lavoro come umanistico e civile, fa emergere l’interesse primario di Vico: restituire equità all’humanitas. Un fine che, oltre ad appagare il desiderio tanto forte quanto inesauribile di conoscenza, articola una proposta educativa capace di accompagnare l’uomo nel passaggio dalla barbarie all’incivilimento, a divenire un cittadino a servizio della comunità. Per essere tale, ogni uomo è chiamato ad affinare capacità e conoscenze che gli consentano di “fare bene” per la comunità civile. Così la pedagogia umanistica e civile vichiana assume connotazioni specifiche che aprono ad interpretazioni etiche, estetiche, pratiche e politiche. Se anche con accenni solo introduttivi, questo lavoro cerca di tessere le trame pedagogiche di un pensiero interpretato da sempre secondo altre chiavi. La pedagogia è qui intesa come il filo rosso che unisce gli esiti di un pensiero noto più per gli aspetti giuridici, storicistici e gnoseologici che per il suo fondamentale intento: educare la civitas. Il lavoro, dunque, si compone di quattro capitoli e un’appendice, pensati come tappe di un percorso che si conclude idealmente con la presentazione dell’edizione digitale delle Orazioni inaugurali, consultabile nella versione integrale sul sito della BUP – Basilicata University Press per la collana Digital Humanities . Il primo capitolo introduce il tema pedagogico attraverso un parallelo con la vita di Vico. Indagando intorno ai momenti centrali della vita personale e professionale, fa emerge l’esemplarità di un uomo dedito sin dalla giovinezza allo studio, alla ricerca e all’approfondimento. Un’attenzione costante per l’educazione e la formazione evidente sia durante gli studi personali che nel periodo a Vatolla e, ancor di più, nell’esercizio della professione di docente presso la regia Università di Napoli. La cattedra di retorica offre al filosofo il particolare privilegio di osservare e ascoltare i bisogni della sua società attraverso il dialogo costante con i suoi giovani studenti. Fa dell’educazione il primo e fondamentale momento del “farsi” dell’umanità, considerandola uno strumento utile all’uomo per il suo progressivo incivilimento. Il secondo capitolo continua l’introduzione alla tematica educativa associando gli esiti pedagogici alle preminenti questioni del pensiero vichiano. Infatti, Vico è il pensatore che più ha saputo praticare l’Umanesimo ̶ il lavoro lo presenta come “l’ultimo degli umanisti” ̶ e, nel dialogo con il passato, ha posto l’uomo come fondamento della pedagogia. Questa parte dell’elaborato si sviluppa intorno alle definizioni di pedagogia umanistica e civile, morale, pratica ed estetica evidenziando il rapporto intrinseco con la retorica. Il terzo capitolo propone una lettura “filosofica” delle Orazioni inaugurali, utile a cogliere i fini che la pedagogia vichiana si impegna a perseguire. Traccia le linee di un percorso di crescita personale in grado di accompagnare il giovane studente dalla conoscenza di se stesso all’esercizio delle virtù dell’animo e della mente per il bene di tutti. Seguendo il De nostris temporis studiorum rationem, indica nel metodo umanistico, in contrapposizione a quello razionalistico di Cartesio, la direttrice che, rafforzando una nuova pedagogia e un nuovo ordinamento di studi, assume le “forme” della mens heroica artefice di un riscatto morale talmente importante da concedere il privilegio di aspirare al sublime e quindi a Dio. Il quarto capitolo, conclusa l’introduttiva contestualizzazione filosofica, illustra il lavoro di digitalizzazione condotto, fulcro dell’attività di ricerca dottorale. Nel descrivere i passaggi utili a realizzare l’edizione delle Orazioni inaugurali, individua tre momenti fondamentali: la codifica TEI-XML del testo, la visualizzazione in EVT delle Orazioni e la proposta progettuale della BiDiVi, Biblioteca Digitale Vichiana, in cui catalogare gli scritti, gli studi e le attività di approfondimento che il “mondo vichiano” propone nel mondo. L’appendice, posta a chiusura del lavoro, riporta le Orazioni inaugurali codificate in XML e rappresenta il lavoro “nascosto” che, supportando la realizzazione dell’edizione digitale, stabilisce un interessante dialogo tra il presente, rappresentato dalla realizzazione dell’edizione, il passato, testimoniato con la consultazione del manoscritto autentico, e il futuro, con la cura per la tutela e la conservazione digitale dell’opera vichiana. Il lavoro di tesi presentato vuol far emergere la bellezza del lavoro di ricerca condotto in questi anni che intreccia la preziosità del manoscritto originario di Vico, l’innovazione del digitale e l’approfondimento di un aspetto del pensiero vichiano ancora poco attenzionato ma altrettanto ricco di suggestioni per la pedagogia e l’educazione del nostro tempo.
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Sanson, Manuela. "Il corpo nell'opera di Francesco d'Assisi e di Iacopone da Todi." Doctoral thesis, University of Trento, 2011. http://eprints-phd.biblio.unitn.it/496/1/TESI_FINALE_Sanson.pdf.

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Abstract:
La visione di un universo permeato dalla gloria di Dio che Francesco d’Assisi sviluppa nel Cantico di frate sole e nelle sue opere latine, e che risulta anche dalle testimonianze dei primi biografi, è stata interpretata da vari studiosi (Duby, Manselli, Pasero) come un implicito rovesciamento della concezione catara secondo cui il mondo non è stato creato dal Dio celeste, ma da un demiurgo malvagio. A prima vista, la concezione del corpo e della creazione materiale che emerge dall’opera poetica del francescano Iacopone da Todi si trova agli antipodi di quella del santo. Giovanni Pozzi ha osservato come nelle Laude sia assente “qualsiasi valutazione del creato come entità recante l’impronta divina”; ma, lungi dal comportare un dualismo ontologico di tipo “gnostico”, come quello dei catari, questo atteggiamento va ricollegato secondo lo studioso svizzero alla tradizione dell’ascetismo cristiano, e in particolare al linguaggio del “disprezzo” del corpo e del mondo che verso la fine del secolo XIII aveva trovato una delle sue espressioni più violente ed efficaci nel De contemptu mundi di Lotario di Segni, il futuro papa Innocenzo III. Queste lucide considerazioni non mancano tuttavia di porre una serie di problemi storici ed ermeneutici che appaiono decisivi per una corretta comprensione delle opere letterarie dei due primi grandi scrittori religiosi della nostra letteratura: qual è il rapporto fra la concezione francescana del corpo (e più in generale del mondo materiale) e la riflessione cristiana dei secoli precedenti su questi temi? In particolare, come si può situarla rispetto ai grandi filoni teologici del XII e del XIII secolo: mistica cisterciense e vittorina, pensiero ascetico, eresia catara? E quali sono i rapporti fra la concezione di Francesco e quella che si delinea con straordinario vigore lirico nelle Laude di Iacopone? Quali sono i modelli del poeta di Todi? Fra i due grandi scrittori mistici e ascetici del Duecento italiano vi è realmente, a proposito della visione del corpo e della corporeità, radicale opposizione? Oppure possono essere individuati anche punti di contatto, elementi di continuità o di mediazione? E come si spiegano degli atteggiamenti così diversi nel fondatore e in uno dei primi grandi seguaci del movimento francescano? A questi, ed ad altri più puntuali interrogativi si è cercato di rispondere nel presente lavoro. Per giungere a risposte motivate e convincenti, si è ritenuto necessario partire da un approfondito esame delle concezioni del corpo e della materia nella tradizione del pensiero cristiano fino al Duecento. In particolare, sono apparse di fondamentale importanza le correnti teologiche del secolo precedente, il XII, correnti il cui influsso nella concezione del mondo di Francesco e di Iacopone appare determinante. Nella prima parte della tesi, abbiamo così dedicato un capitolo alla tematica del contemptus mundi quale è sviluppata nel grande trattato di Lotario di Segni. In un secondo capitolo è studiata la complessa – e talvolta almeno apparentemente contraddittoria – concezione del corpo e delle realtà materiali nelle due maggiori correnti della teologia mistica nel XII secolo, quella cisterciense e quella vittorina, alle quali si rifarà direttamente anche il francescano Bonaventura da Bagnoregio. Inoltre, si è ritenuto necessario studiare in maniera approfondita le dottrine eterodosse dei catari, che ebbero certamente un grande peso – come si è accennato – nella riflessione cristiana di questo periodo sul corpo e sulla materia. A partire da queste premesse dottrinali – che sono state spesso trascurate o sottovalutate dai filologi, ma alle quali la critica più recente incomincia a dedicare la dovuta attenzione – nella seconda parte della tesi abbiamo sottoposto a una accurata analisi la concezione e la rappresentazione del corpo, e della “corporeità” in generale, nelle opere italiane e latine di Francesco d’Assisi e di Iacopone da Todi. Ne sono derivate conclusioni molto più articolate e sfumate di quanto possa far pensare una lettura superficiale dei loro testi: gli stretti rapporti che si possono osservare in entrambi gli autori con la precedente tradizione ascetica e mistica valgono a mettere in luce tutta una serie di rapporti profondi fra di loro, specialmente intorno al nodo cruciale del corpo di Cristo. E questo vale, a nostro parere, a far risaltare ancor meglio gli aspetti originali dei testi maggiori di Francesco e di Iacopone, a farci gustare appieno la loro “poesia del corpo”.
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Piro, Valentina. "Le favole di Oddone di Cheriton. Edizione critica e studio introduttivo. Die Fabeln des Odo von Cherington. Kritische Ausgabe und einleintende Studie." Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2022. http://hdl.handle.net/11572/337803.

Full text
Abstract:
The so-called “Fabulae” written by Odo of Cheriton (1180/90-1246/47) owe their traditional title to Hervieux’s edition published in 1896, still used as a reference. This work aims at providing the reader with a new edition based on an accurate philological inquiry into the text and its manuscripts. If the literary features of Odo’s fables have, indeed, been studied, especially in regard to their innovative elements, such as their christianized morals and the relationship of the tales to preaching, the collection has not been studied from a philological point of view. Before this research there was no clarity in regard to the total number of tales, which varied in previous editions between 60 and 117, nor to the determination and inner divisions of the corpus; moreover, all previous editions are based on only one manuscript or little more. As a matter of fact, Hervieux basically published a codex optimus that he only occasionally emended – but did not declare where he operated basing the correction on other manuscripts and where he did so ope ingenii – which is Cambridge, Corpus Christi College, 441; other editions are the ones done by Voigt (1878), Oesterley (1868 and 1871) and Perry (1952). Voigt is the only one to study the relationship between codices, although only between a small portion of them (11); Oesterley uses only one manuscript in both his editions (although the two are different between one another) and Perry only publishes a selection of the tales present in Hervieux, adding an apparatus which informs the reader on variantes available in the already existing studies, but not conducting a new research himself. Other issues of Odo’s status queastionis are the absence of a comprehensive study of his works, all unpublished apart from 65 of his “Sermones dominicales” (Paris, 1520) and the tales themselves, the lack of a census and, concerning the fables, of a systematic analysis of the whole collection. This situation prevents from making extensive comparisons and evaluations of the author’s usus scribendi, which is why the first purpose of this dissertation was a general introduction that could account for the main literary features shared by the whole collection. Starting from a short contextualization of Odo’s biography and his other works, we looked into the prologue of the tales, that heavily references the Sacred Scriptures and relies on the allegorical method proper to exegesis, which is strongly stressed, even more so than the usage of Aesopical tales in the collection, although as important. Secondly, the title itself has been questioned: even if the collection is usually called “Fabulae”, the manuscripts never offer this lectio, which is instead Hervieux’s arbitrary choice. In the prologue, Odo talks of his work not as fabulae, but instead as a tractatus parabolicus: if one is to give the collection a proper title, then, the latter one must be used, although there is no evidence of a specific rubric redacted by Odo to be used as a title. One of the new discoveries made in this research is then the refusal of the title currently used and the clarification of another ambiguity derived by Hervieux’s edition. As a matter of fact, the French scholar not only arbitrary called the tales “Fabulae”, but also decide to publish some excerpta from Odo’s sermons under the title “Parabulae”. He did so by isolating these extracts from ms. Paris, Bibliothèque nationale de France, lat. 16506, thus creating a significant confusion in subsequent research trying to address the two texts: even nowadays it is quite hard to understand if a catalog is, for example, talking about the tale collection or the sermons. During this research, it was discovered that some extracts on fables topics from the sermons actually circulated throughout the Middle Ages, as nine manuscripts who hold them included them into bigger exempla collections; nonetheless, these exceerpta never constituted an independent work, and the only tale collection produced by Odo is the one that should more properly be called tractatus parabolicus. Moreover, the introduction includes a short analysis of the main literary features of the text, with a particular attention given to the mixing up of the fable and exemplum genres in Odo’s work, as he used for every one of his stories the allegorical method proper to biblical exegesis. The aim of such an introduction is to be a first step into a deeper and more complex analysis of Odo’s works as a whole, an accomplishment that, however, will inevitably need wider studies dedicated also to the other books he wrote in order to be completed. In regard to the tale collection, particularly developed is its social and religious critique, which Odo wanted to express in his allegory-rich and heavily christianized morals. This critique is addressed especially against ecclesiastical hierarchies – not the Church itself, but its people – but not only those; it is against all who abuse their subjects when in a position to exercise power over others. Odo thus condemns not only bishops, ministers and prelates who only worry about earthly matters and fall short of their responsibilities, indulging in vices instead, but also rich masters and rulers who vex their subjects. However, Odo’s attack does not spare the humbles too, who are criticized when they try to improve their social standing and thus forget their place, or who are more generally guilty, as anyone, of the seven deadly sins, of lack in faith or of conducting themselves not virtuously enough. It can be easily noticed, then, that Odo had a strong drive towards contributing to reforming his contemporary society, whose morals felt in need of a deep renovation. Lastly, the introduction addresses shortly the success of Odo’s collection, which was translated into vernacular three times (into Gaelic, Chwedlau Odo, into Old-French, Les Parables Maystre Oe de Cyrintime, into old Spanish, Libro de los gatos); apart from these works, it must also be mentioned that Odo probably influenced Nicole Bozon, John of Sheppey and maybe, Clemente Sánchez, Stephan of Bourbon and the Speculum laicorum as well. After the analysis of the main literary features of the collection, the research proceeded with the production of a new, updated census of the manuscripts transmitting the Tractatus parabolicus. Seventy-one codices have been found, in comparison to Hervieux’s twenty-five and to other ten that had already been identified by previous bibliography (see Dicke-Grubmüller 1987 and Welter 1927). Thanks to this recensio we were also able to investigate the definition itself of Odo’s corpus, a topic made quite complex by the constitutive mobility of the fable genre in the Middle Ages. As a matter of fact, it is quite common for the author and text identity to be easily and almost immediately lost in this genre, also due to the easy addition or elimination of some of the apologues due to different motivations, that vary also from manuscript to manuscript. Since tales were often included into bigger collections that took on from various sources, it is extremely difficult to determine the original corpus. Moreover, in Odo’s case the matter is even more complicated due to a sometimes ambiguous internal division of tales, once again partially depending on Hervieux’s choices, partially on the tradition itself. As a matter of fact, Hervieux chose to number the tales not progressively, but by sometimes adding letters onto numbers, especially when he thought that two consequent tales revolved around the same topic. One then finds, for example, tales 56, 56a, 56b, 56c, which Hervieux separated in his edition but which should instead considered as only one fable; conversely, tales 1, 1a, 1b, 1c, 1d e 1e are on one hand independent ones (1, 1a, 1c, 1e), on the other the result of corruptions of the tradition (1b, 1d). At the same time, manuscripts sometimes don’t distinguish clearly between Odo’s tales, fusing some together or dividing others in peculiar ways, so a degree of uncertainty is to be found not only in the history of studies, but also in the tradition itself. Another accomplishment of this dissertation is thus precisely giving a new, clearer definition of the corpus, not only in regard to its internal divisions, based upon the manuscript tradition, but also to their number and the identification of spurious fables, such as 76, 1b and 1d. Starting from the new recensio, the dissertation then proceed onto the philological and textual analysis of the collection, with the hope of tracing a stemma codicum. We thus selected thirty-six manuscripts according to their antiquity, place of origin (with a predilection for England) and portion of the text transmitted, into which some loci critici that cover around one-third of the work were identified. Unfortunately, though, manuscripts present a lot of different variantes, but not of stemmatical importance: they are often lectiones adiaphorae and/or small differences in the order of words, alteration of conjunctions, verbal tenses and so on. It was then not possible to trace a proper stemma, but we still tried to account for the different features of the tradition. Five different orders in the transmission of the collection were found, which seem to present themselves also when studying the text of the loci critici. Apart from one (δ, linked to order D and to one manuscript of the order A), it is improper to talk about families, but it is only possible to group the non fragmentary codices – we intend with the expression “fragmentary codices” all those manuscripts that only transmit a maximum of ten tales, generally dispersed within the codex itself, which usually collects materials from different sources – based upon quite uniform geographical areas. That is to say that there seem to be a link between almost all German manuscripts and one Italian one (Wo, order B), between the bohemian and eastern-European codices (order C), between some English manuscripts and two French ones (order E), whereas the majority of the English codices (plus two German, one Austrian, one bohemian and two French) share order A. The five orders that can be identified in most of the tradition seem to have also a textual foundation, although only δ features proper errors. Once the philological inquiry, conducted on a wide portion of the textual witnesses, was completed, the impossibility of a stemma made necessary to conduct the edition based on different criteria. We have thus relied first of all on the most ancient manuscripts, dating back to the 13th century; in order to balance the fact that all of them, apart from C1, do not transmit tales 61-75, we have chosen to add to this number two German codices (B5 Ba), considering that the German group is the only one to hold this portion of the text as well, and another English manuscript, Du, in order to better represent the tradition. The critical edition thus follows a conservative approach, that mostly relies to C1, quite close to the author, but corrects its mistakes by integrating its testimony first of all with B2 C2 L4 O2 V, the most ancient manuscripts, and then B5 Ba Du, as already stated. For the portion of the text collated for the loci all the thirty-six manuscripts used in the collection itself were also included. The critical apparatus thus concerns nine codices for the whole text, thirty-six for the loci. Lastly, the edition also provides the first Italian translation of Odo’s fables and a small paragraph that, tale by tale, reminds the reader of the witnesses of the text and of other retellings available in a selection of other medieval Latin fabulists, apart from references to the principal repertoires of the genre. To sum up, this dissertation had as its purpose not only trying to account for the main literary features of the Odo’s fables collection, even if, of course, in a limited way, but also studying this work from a philological and textual point of view. We thus tried to offer a wide as possible exam of the tradition, although very complex, proposing then a new critical edition of the text that tries to overcome Hervieux’s, so as to give the reader the tools needed to approach a text as solid ad possible. We wish that, in the future, similar endeavors will be conducted for all of Odo’s works.
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Tome', Paola <1964&gt. "L' "Orthographia" di Giovanni Tortelli : studio dell'opera e delle fonti." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/1220.

Full text
Abstract:
La presente dissertazione dottorale verte sullo studio delle fonti dell’Orthographia di Giovanni Tortelli (1400 c.ca – 1466). Studioso di greco a Costantinopoli agli inizi del XV sec., Tortelli fu dedicatario delle Elegantiae di Lorenzo Valla e collaboratore di Niccolò V nel fondare la Biblioteca Apostolica Vaticana. Il corposo trattato da lui composto è suddiviso in due parti: la prima è un compendio teorico di regole fonetico-ortografiche cui attenersi nella trasposizione dei grecismi in lingua latina, mentre la seconda è un vero e proprio dizionario enciclopedico dedicato alle parole di origine greca. Nel mio lavoro ho in primo luogo proposto lo studio della tradizione a stampa dell’opera in Veneto, a partire dall’edizione veneziana del 1471, ancora del tutto sconosciuta, per proseguire poi con l’analisi delle fonti epigrafiche e quindi di quelle grammaticali, con speciale attenzione per quelle comprese nella sezione teorica, finora mai studiata a fondo. In essa sono stati rinvenuti dei frammenti grammaticali ascrivibili al Dubius sermo di Plinio il Vecchio e a Papiriano, entrambi fonti di Prisciano nel De litteris; altri, attribuiti da Tortelli a un grammatico di nome Partenio, sono stati indagati allo scopo di ricostruirne contenuti, fonti, e ambito d’interesse. Si è quindi messo a fuoco il metodo di lavoro dell’umanista, l’organizzazione e la ricomposizione dei materiali, e soprattutto quali siano i mediatori diretti e indiretti di singole citazioni, esplicite e implicite. Infine, si è vagliata la reale incidenza di fonti greche all’interno dell’opera, sia quelle citate in lingua originale, sia quelle riportate in traduzione latina. Ciò ha messo in luce l’importante opera di mediazione culturale svolta dal Tortelli nel suo trattato, in cui, quando ancora la cultura greca era appannaggio di pochi, era possibile trovarne già sintetizzata in lingua latina una porzione di per sé non trascurabile.
The present doctoral dissertation focuses on the study of the sources of De Orthographia by Giovanni Tortelli (1400 approx. - 1466). Tortelli was a scholar of ancient Greek in Constantinople at the beginning of the XVth century, and co-founder of the Vatican Apostolic Library with Pope Nicholas V: to Tortelli Lorenzo Valla dedicated his work Elegantiae. The vast treatise Tortelli composed is divided into two main parts: the first one is a theoretical compendium of phonetical-orthographical rules to follow when translating from ancient Greek into Latin; the second part is a proper ancient Greek encyclopedic dictionary. In my dissertation, I first dealt with the study of the De Orthographia’s print tradition in the Veneto region. I started with the Venetian edition of 1471, which is still almost unknown. I then proceeded with the analysis of the epigraphical and grammatical sources of De Orthographia, with special attention to the ones located in the theoretical section at the beginning of the treatise, which has not been researched in great depth. On the latter I studied some grammatical fragments ended down by Tortelli in his work: they are ascribable to Pliny the Elder’s Dubius sermo and to Papiriano, both of which are sources in Prisciano’s De litteris. Tortelli attributed the existence of other fragments to a Greek grammar called Partenio, which I also investigated to reconstruct their contents, sources and field of interest. Secondly I studied how Tortelli organized and re-composed the materials he had and, most of all, what direct and indirect mediators were connected to each single quotation, explicit and implicit. Finally, I evaluated the real incidence of the Greek sources throughout the piece of work, both the ones quoted in the original language, and the ones reported in Latin. The findings of my dissertation highlight the important role of Tortelli’s treatise as a cultural mediator: at a time when Greek culture was still the domain of a minority, Tortelli’s De Orthographia facilitated the dissemination of a considerable portion of Greek texts, summarized in Latin by Tortelli or by other humanists.
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CACCIA, Eleonora. "Il "De origine Orobiorum sive Cenomanorum" di Giangrisostomo Zanchi. Passati immaginari e interessi epigrafici nella Bergamo del primo Cinquecento." Doctoral thesis, Università degli studi di Bergamo, 2017. http://hdl.handle.net/10446/77105.

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Abstract:
This work offers the critical edition of the latin text De origine Orobiorum sive Cenomanorum by Giangrisostomo Zanchi form Bergamo based on the collation of the two witnesses that convey it: the edition published in Venice in 1531 and the handwritten version, not autograph and shorter than the printed copy, conserved in Bergamo’s Civic Library “Angelo Mai”. The edition is preceded by four main sections: the first one is a prosopography of Zanchi’s branch Giangrisostomo belonged to, investigated also in some manuscripts still unpublished; the second includes the analysis of De origine Orobiorum form and content, strictly tied to the Antiquities written by the forger Annius of Viterbo in the end of 15th century; the third involves the inquiry of epigraphical interests arisen in Renaissance Bergamo because Zanchi’s book ends with a collection of tituli from the city centre and the territory; finally, the last part describes the two witnesses of De origine Orobiorum, showing similarities and differences in order to suppose the epoch of the editing.
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PAVONI, MARTINA. "L’Adhortatio, la Protestatio Conradini e gli altri dictamina attribuiti a Pietro da Prezza." Doctoral thesis, Università degli studi della Basilicata, 2022. http://hdl.handle.net/11563/155706.

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Abstract:
Il presente lavoro consiste nell’edizione critica di tutti i dictamina attribuiti a Pietro da Prezza, retore e dictator attivo presso le cancellerie degli ultimi discendenti della dinastia sveva. Un nuovo censimento dei codici ha consentito di individuare un cospicuo numero di testimoni, che sono stati analizzati tutti autopticamente o su riproduzioni digitali; della fase di recensio, piuttosto articolata per via della “attività” di tale tradizione manoscritta, è stato dato conto nella lunga nota al testo. L'edizione critica di ciascuna epistola è corredata da tre fasce di apparato: critico; dei fontes; dei rimandi intratestuali. Dei due testi più importanti di Pietro, per la loro coesione ideologica e – soprattutto – letteraria, è stata fornita anche una traduzione italiana.
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Nardello, Chiara. "Il commento di Francesco da Buti all'Ars poetica di Orazio." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425078.

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Abstract:
The thesis prepared introduces the edition and analysis of the unpublished comment of Francesco da Buti on Horace's Ars poetica. The comment written at the end of XIV century and probably meant for scholarly aims, is to be considered a small, but precious example of the success of the Classics in medieval times and,in particular, of the great esteem granted to Horace's Ars poetica, which was used both by men of letters and by teachers at school education., owing to its contents of regulations. The thesis first focuses on the figure of Francesco da Buti, an experienced grammarian, a good connoisseur of the Classics (Horace, Persio, Terenzio) and of medieval texts (the Commedia and the Dottrinale). Francesco da Buti's exegetical work can be inserted in the context of the medieval interpretation of the Classics and, in particular, of Horace's work. This frame of reference is further analysed through a proper confrontation of a number of comments on Ars poetica written before (and limited to those published for practical reasons). Accordingly, particular attention has been given to the first work (Porfirione's and pseudo-Acrone's), to the comment handed down by codes Par.Lat. 7971,7972,7974, probably written in the late Carolingian Age, to Scholia, handed down by Par.Lat. 17897 dating back to the XI century as well as to other following expositions. The Scholia are the first, known example of the renewed interest in Horace's poetry following the rules of the Auctores, that is, the Scholia Vindobonensia (IX century), the Anonymus Turicensis (XII century) and the Materia (XII, area id Chartres). The main part of the thesis work is devoted to the edition and analysis of the Butian comment. The text is written on the basis of Ambr. E 3 Sup. manuscript, as the other evidence, ms 30 of the Biblioteca Comunale of San Gimignano, is here described. The ample number of notes included, apart from quoting the sources accurately and examining the grammar observations in the comment exhaustively , also appears to clarify the letter of the text, not always clear, and to suggest a possible interpretation of ambiguous settings. In addition, the thesis work carried out an accurate and meaningful comparison with previous comments and as far as possible, with the other exegetical works of Francesco da Buti, so that as to characterize the comment with rapport to the different kinds of medieval comments and to propose its proven position being used in traditional writing genres, mainly those connected with the university milieu and thus aimed at teaching.
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TEALDI, ELENA. "Il Vade mecum in tribulatione di Giovanni di Rupescissa. Edizione critica." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2012. http://hdl.handle.net/10280/1398.

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Abstract:
Il Vade mecum in tribulatione, scritto nel 1356 dal frate minore Giovanni di Rupescissa, è un breve testo di carattere profetico-apocalittico, scritto con l'intento di guidare i Cristiani attraverso un'imminente tribolazione, attesa entro il 1370. La tradizione manoscritta latina comprende quaranta codici, divisi in tre gruppi: la versione integrale del Vade mecum; una versione epitomata; altri casi di riassunti del testo. La ratio editionis mostra le caratteristiche di ciascuna di queste famiglie e la struttura complessiva dello stemma codicum ipotizzato. La versione integrale e l'epitome sono edite criticamente, mentre gli altri casi di riassunti sono trascritti parzialmente o integralmente, secondo la loro originalità rispetto alla forma integrale. Lo studio introduttivo, che precede l'edizione, affronta i seguenti argomenti: l'uso delle fonti profetiche e il confronto con la tradizione francescano-spirituale e con le “profezie papali” medievali; la teorizzazione e la struttura dell'ermeneutica storica di Rupescissa; l'evoluzione del genere della “profezia politica”.
The Vade mecum in tribulatione, written in 1356 by the minor friar John of Rupescissa, is a short text, oriented in a prophetical-apocalyptical direction with the aim to lead the Christians across an imminent persecution, expected before the year 1370. The Latin tradition comprehends forty manuscripts, divided in three groups: the integral version of the Vade mecum; the epitome version; other kinds of summary and abstract of the text. The ratio editionis explains the characteristics of each family and the structure of the stemma codicum. The integral version and the epitome are separately edited, while the other summaries are partially or integrally transcribed, according to their originality. The introductory study, that precedes the edition, faces these arguments: the use of the prophetic sources and the comparison with the spiritual Franciscan tradition and the “papal prophecies”; the structure and the finalization of an historical hermeneutic; the evolution of the genre of “political prophecy”.
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TEALDI, ELENA. "Il Vade mecum in tribulatione di Giovanni di Rupescissa. Edizione critica." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2012. http://hdl.handle.net/10280/1398.

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Abstract:
Il Vade mecum in tribulatione, scritto nel 1356 dal frate minore Giovanni di Rupescissa, è un breve testo di carattere profetico-apocalittico, scritto con l'intento di guidare i Cristiani attraverso un'imminente tribolazione, attesa entro il 1370. La tradizione manoscritta latina comprende quaranta codici, divisi in tre gruppi: la versione integrale del Vade mecum; una versione epitomata; altri casi di riassunti del testo. La ratio editionis mostra le caratteristiche di ciascuna di queste famiglie e la struttura complessiva dello stemma codicum ipotizzato. La versione integrale e l'epitome sono edite criticamente, mentre gli altri casi di riassunti sono trascritti parzialmente o integralmente, secondo la loro originalità rispetto alla forma integrale. Lo studio introduttivo, che precede l'edizione, affronta i seguenti argomenti: l'uso delle fonti profetiche e il confronto con la tradizione francescano-spirituale e con le “profezie papali” medievali; la teorizzazione e la struttura dell'ermeneutica storica di Rupescissa; l'evoluzione del genere della “profezia politica”.
The Vade mecum in tribulatione, written in 1356 by the minor friar John of Rupescissa, is a short text, oriented in a prophetical-apocalyptical direction with the aim to lead the Christians across an imminent persecution, expected before the year 1370. The Latin tradition comprehends forty manuscripts, divided in three groups: the integral version of the Vade mecum; the epitome version; other kinds of summary and abstract of the text. The ratio editionis explains the characteristics of each family and the structure of the stemma codicum. The integral version and the epitome are separately edited, while the other summaries are partially or integrally transcribed, according to their originality. The introductory study, that precedes the edition, faces these arguments: the use of the prophetic sources and the comparison with the spiritual Franciscan tradition and the “papal prophecies”; the structure and the finalization of an historical hermeneutic; the evolution of the genre of “political prophecy”.
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Giardini, M. "'EGO, PRESBITER IOHANNES, DOMINUS SUM DOMINANTIUM': LA TEOLOGIA POLITICA DELLA 'LETTERA DEL PRETE GIANNI' (XII SECOLO)." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2011. http://hdl.handle.net/2434/159638.

Full text
Abstract:
The thesis deals with the origins of the legend of Prester John, in the 12th century, attempting to to shed a light upon the political implications of its marvellouos contents. After a survey of the different interpretations expressed by scholars in the 19th and 20th century, the thesis analyzes the main aspects of the legend at the very beginning of its development, in the frame of the cultural, theological and political principles and assumptions of the traditions that originated it.
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Collura, Alessio. "«Sens e Razos d'una Escriptura»: edizione e studio della traduzione Occitana dell'Evangelium Nicodemi = «Sens e Razos d'una Escriptura»: édition et étude de la traduction Occitane de l'Evangelium Nicodemi." Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2014. https://hdl.handle.net/11572/368548.

Full text
Abstract:
La tesi fornisce la prima edizione critica commentata del poema occitano 'Sens e razos d'una escriptura', il cosiddetto Vangelo occitano di Nicodemo. Si tratta di un testo in couplets d'octosyllabes, di origine linguadociana orientale e attribuibile, verosimilmente, agli anni '80/'90 del XIII secolo. Un'ampia introduzione di carattere storico-letterario, filologico e codicologico anticipa l'edizione stessa (corredata da traduzione in italiano) e fornisce un primo tentativo di contestualizzazione del testo.
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Gamba, Eleonora. "Pietro da Montagnana: la vita, gli studi, la biblioteca di un homo trilinguis." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2016. http://hdl.handle.net/11577/3424433.

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Abstract:
Pietro Floriani da Montagnana (ca. 1395/97-1478), a Paduan humanist known for his trilingual book collection, studied Latin, Greek, and Hebrew. He became priest in 1420-1422, and rector of the parishes of St. Luke (1431) and St. Firmus (1433), obtaining other benefits sine cura such as the chantry of St. Mary Magdalene and Catherine in Paduan cathedral (1426) and the canonry of St. ‘Maria di Boccon’ (1432). He was also inscribed in the brotherhood of the Holy Spirit in Sassia in Rome (1457). After a first licentia testandi (1459), he obtained a second one (1465) in which his books were explicitly mentioned. On the 13th of March 1477 he made a will in favor of the regular canons of the Lateran of S. Giovanni di Verdara, and arranged with a donatio inter vivos that his books would join the library of the monastery, but retained his usufruct on them. Once he moved into the monastery, he officially gave up the parish of St. Firmus in November 1478 and died less than a month later. He also worked as a lifelong grammar teacher, first reporting directly to the cathedral chapter and later, after the school reform promoted by Pope Eugenius IV, as a salaried teacher by Volpe legacy (1442-1469). Besides teaching to the poor boys of the cathedral’s school, he also taught to a boy called Bernardino, dedicatee of one of Pietro’s grammatical works, and to Benedetto Mariani, an influent member of the Servite Order. He also studied with, and taught to, the Byzantine humanist John Argyropoulos, who lived in Padua from 1441 to 1444 and who wrote or added his own notes to 13 Greek and Latin manuscripts belonging to the library of Pietro da Montagnana. Pietro knew at least another Greek scribe, the Cretan Immanuel Rusotas, who got into debt with him in 1465. He was involved in a legal dispute with the canon Giovanni Barbo (1470) about a manuscript of Livy: Pietro had deposited it in a Jewish pawnshop, but Giovanni Barbo asserted that it had been stolen from him years before. In 1472 Pietro had a contention with another Paduan canon, Geremia Badoer, who was the new holder of the St. Mary Magdalen chantry and didn’t want to recognize Pietro certain retirement benefits. There are two iconographic evidences of Pietro da Montagnana: a fresco in the library of San Giovanni di Verdara and a miniature on one of Pietro’s grammatical works. On the other hand, the famous picture of Pietro da Montagnana in the Fasciculus medicinae does not show the humanist, but a doctor having the same name. Pietro’s manuscripts bear witness of his Latin, Greek and Hebrew handwriting: the Latin one has a diachronic variation, the Greek one, inspired by Manuel Chryoloras, is uniform. Some notes, both Latin and Greek, betray phenomena of imitation, some others are flickering and are ascribable to the last years of his life. The texts in his library were carefully corrected, collated, and annotated. To do so, he used particular reference signs and attention marks. In several manuscripts of Latin authors, such as Aulus Gellius, Lactantius, and Cicero, he restored the graeca, and he did the same in the Servian Vocabularium written by Guarino. He usually restored materially the codices which were in poor conditions. Among the translations usually ascribed to him on a paleographical basis, only those of Herodotus, Georgios Scholarius, Arisophanes, Theocritus, Agapetus and the epistolographs were written by him. He also translated into vernacular some parts of the Hebrew Bible. The translations of Philostratus, Sophocles, and Euripides, on the other hand, are by John Argyropoulos, while the Latin version of the Greek grammar in ms. Marc. lat. XIII, 15 is still unidentified. He composed three grammatical works, which circulated only in manuscript form: the Reportationes relativorum (in two versions), a remake of Orthographia by Gasparino Barzizza and an edition of Donatus’ Ars minor. His choice to give his whole book collection to the monastery of St. Giovanni di Verdara was common to many other Paduan savants of the XVth and XVIth centuries (G. Marcanova, B. Dal Legname, G. Calfurnio, etc.). Nevertheless, the library of St. Giovanni di Verdara went partially lost during the next centuries and just half of the book heritage remained in 1783, when the monastery was closed and the manuscripts were raked by the S. Marco library in Venice. Some books are known to have ended in the hands of H. Scrimgeur, G.V. Pinelli, M. Gude, Th. Coke, J. Gibson. The library belongings can be verified (in part) through four indexes pertaining the years 1599, 1600, 1639, and 1760. Pietro da Montagnana’s book collection has been pieced together. His Greek manuscripts were 27, and came from different times and places of origin. Among them, there are two groups. The first one consists of five manuscripts written by an anonymous scribe who worked in Veneto in 1460s and 70s, the second one of manuscripts copied by John Argyropoulos. The Latin library has 84 items, mostly made of parchment and beautifully illuminated. The majority of these manuscripts comes from Veneto and consists of grammatical texts. The Hebrew library counts 11 manuscripts, and among them are the Bible, grammars and vocabularies. The incunabula are 8, but for two of them the present location is unknown. Pietro da Montagnana owned about twenty more texts, which have been impossible to trace. All the Greek and Latin manuscripts have been examined, and their description can be found in chapter 4. Appendix A contains the archival documents used for the reconstruction of Pietro’s biography. Appendix B has two lists: the first one of manuscripts for the first time ascribed to his library, the second one of manuscripts which have been considered, but cannot be included.
Pietro Floriani da Montagnana (ca. 1395/97-1478), umanista padovano noto per aver raccolto una vasta biblioteca trilingue, fu studioso di latino, greco ed ebraico. Ordinato sacerdote nel 1420-1422, divenne parroco prima di S. Luca (1431) e poi di S. Fermo (1433), accumulando altri benefici sine cura quali la cappellania di SS. Maria Maddalena e Caterina in cattedrale (1426) e il canonicato di S. Maria di Boccon (1432). Aderì anche alla confraternita dell’Ospedale dello Spirito Santo in Sassia di Roma (1457). Dopo una prima licentia testandi (1459), ne ottenne una seconda (1465) nella quale venivano esplicitamente menzionati i suoi libri. Il 13 marzo 1477 dettò testamento, dichiarando erede universale dei suoi beni il monastero dei canonici regolari lateranensi di S. Giovanni di Verdara, e dispose con una donatio inter vivos che vi fosse trasferita la sua collezione libraria, di cui si riservò l’usufrutto. Accolto nel monastero, rinunciò formalmente alla parrocchia di S. Fermo nel novembre 1478 e al più tardi entro il mese successivo morì. Durante tutta la vita affiancò all’attività di curato quella di maestro di grammatica, prima alle dirette dipendenze del capitolo cattedrale (1423-1433), poi, dopo la riforma eugeniana, come stipendiato dalla commissaria Volpe (1442-1469). Oltre ai ragazzi poco abbienti che frequentavano la scuola della cattedrale, Pietro insegnò anche a un non identificato Bernardino, dedicatario di una sua opera grammaticale, e a Benedetto Mariani, che fece carriera nell’Ordine dei Servi. Ebbe anche un rapporto di reciproco discepolato con il bizantino Giovanni Argiropulo, che fu a Padova dal 1441 al 1444 e scrisse o annotò ben tredici codici manoscritti greci e latini presenti nella biblioteca di Pietro da Montagnana. Pietro ebbe anche contatti, di natura imprecisata, con il cretese Manuele Rusota, che aveva contratto con lui un debito piuttosto consistente (1465). Fu coinvolto in una disputa giudiziaria con il canonico Giovanni Barbo (1470), in merito alla proprietà di un codice di Livio che Pietro aveva depositato presso un banco dei pegni ebraico, ma che Giovanni Barbo sosteneva essergli stato rubato qualche anno prima. Inoltre, nel 1472 ebbe luogo una controversia con un altro canonico padovano, Geremia Badoer, che era diventato titolare della cappella di S. Maria Maddalena e che non voleva riconoscere a Pietro una pensione che questi aveva mantenuto. Di Pietro sopravvivono anche due testimonianze iconografiche: un affresco a S. Giovanni di Verdara e una miniatura in un esemplare di una sua opera grammaticale. Non raffigura invece l’umanista Pietro da Montagnana, ma un medico omonimo la celebre illustrazione presente nel Fasciculus medicinae. Esaminando i manoscritti presenti nella biblioteca di Pietro, è stato possibile studiare dal punto di vista paleografico le attestazioni della sua grafia latina, greca ed ebraica. Mentre in quella latina è riconoscibile una variazione diacronica, quella greca, di tipo crisolorino, si presenta tendenzialmente uniforme. Nell’una e nell’altra si individuano anche fenomeni di imitazione ed esitazioni nel ductus riconducibili agli ultimi anni della sua vita. La sua attività erudita si manifesta nel lavoro sui testi, che vengono emendati per collazione, integrati, corretti e annotati. A questo scopo egli utilizza un numero assai elevato di segni di rinvio e di attenzione. Frequente è il risarcimento dei graeca in codici latini (Gellio, Lattanzio, Cicerone, ma anche il Vocabularium serviano di Guarino). Quando necessario, i codici vengono restaurati materialmente. Delle traduzioni di norma attribuite alla sua mano, gli possono essere assegnate solo quelle da Erodoto, Giorgio Scolario, Aristofane, Teocrito, Agapeto e dagli epistolografi. Suo è anche un saggio di volgarizzamento dalla Bibbia ebraica. Sono invece state scritte da Giovanni Argiropulo le traduzioni da Filostrato, Sofocle, Euripide, mentre è spuria la versione della grammatica di Guarino contenuta nel Marc. lat. XIII, 15. Le opere originali scritte da Pietro da Montagnana, che ebbero esclusivamente una circolazione manoscritta, sono tre: le Reportationes relativorum (in due redazioni), un rifacimento dell’Orthographia di Gasparino Barzizza e un’edizione dell’Ars minor di Donato. Le scelta di Pietro di lasciare la propria biblioteca al monastero di S. Giovanni di Verdara fu comune anche a molti altri illustri padovani dei secoli XV-XVI (G. Marcanova, B. Dal Legname, G. Calfurnio, etc.). Tuttavia, la raccolta viridariana è andata dispersa nel corso dei secoli e meno della metà del patrimonio vi si trova nel 1783, quando il senato veneto chiuse le sedi dei canonici lateranensi e i manoscritti di Verdara furono incamerati dalla biblioteca Marciana. Alcune linee di dispersione sono ben riconoscibili: H. Scrimgeur, G.V. Pinelli, M. Gude, Th. Coke, J. Gibson. La consistenza della biblioteca può essere (in parte) verificata ricorrendo a quattro indici, relativi agli anni 1599, 1600, 1639, 1760. La biblioteca greca consta di 27 esemplari, di epoche e provenienze diverse. È possibile isolare due gruppi, uno di cinque manoscritti vergati da un anonimo scriba cretese in Veneto negli anni Sessanta-Settanta del Quattrocento, un altro di manoscritti copiati da Giovanni Argiropulo. La biblioteca latina consta di 84 esemplari, molti dei quali sono membranacei e finemente miniati. La maggior parte è di origine veneta. Prevalgono i testi grammaticali. La raccolta ebraica è formata da 11 esemplari, che contengono la Bibbia, grammatiche e lessici. Gli incunaboli ascrivibili alla sua biblioteca sono 8, ma di due non si conosce il luogo di conservazione. Completa la ricostruzione una ventina di testi che risultano essere appartenuti a Pietro da Montagnana, ma che non è stato possibile individuare materialmente. I manoscritti greci e latini sono puntualmente descritti nel cap. 4. In appendice si pubblicano i documenti grazie ai quali è stato possibile ricostruire le vicende biografiche di Pietro e si forniscono gli elenchi degli esemplari ascritti per la prima volta alla sua biblioteca e di quelli che sono stati presi in considerazione, ma devono essere esclusi.
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Collura, Alessio. "«Sens e Razos d'una Escriptura»: edizione e studio della traduzione Occitana dell'Evangelium Nicodemi = «Sens e Razos d'una Escriptura»: édition et étude de la traduction Occitane de l'Evangelium Nicodemi." Doctoral thesis, University of Trento, 2014. http://eprints-phd.biblio.unitn.it/1329/1/Alessio_Collura_-_TESI.pdf.

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Abstract:
La tesi fornisce la prima edizione critica commentata del poema occitano 'Sens e razos d'una escriptura', il cosiddetto Vangelo occitano di Nicodemo. Si tratta di un testo in couplets d'octosyllabes, di origine linguadociana orientale e attribuibile, verosimilmente, agli anni '80/'90 del XIII secolo. Un'ampia introduzione di carattere storico-letterario, filologico e codicologico anticipa l'edizione stessa (corredata da traduzione in italiano) e fornisce un primo tentativo di contestualizzazione del testo.
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BOLPAGNI, GAIA. "GIOVANNI MATTIA TIBERINO E LA PASSIO BEATI SIMONIS PUERI TRIDENTINI : EDIZIONE E COMMENTO." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2012. http://hdl.handle.net/10280/1395.

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Abstract:
A fronte dell’ampia e varia tipologia di studi dedicati all’episodio del “beato” Simone da Trento (1475), emergeva la mancanza di informazioni riguardanti uno dei maggiori protagonisti della vicenda: il bresciano Giovanni Mattia Tiberino, autore della Passio beati Simonis tridentini, ovvero il testo che determinò la fortuna letteraria degli avvenimenti trentini. A lungo limitato al ruolo che svolse nella difesa della causa di Simonino, l’interesse nei confronti di questo personaggio non ha mai varcato il confine dell’erudizione locale, impedendo una ricostruzione esauriente della sua figura di uomo e d’intellettuale: questa tesi desidera definire meglio i lineamenti biografici e culturali del Tiberino, per mostrare le varie sfaccettature di questo complesso profilo di letterato e umanista, pur riconoscendo l’importanza che ebbe l’esperienza trentina per la sua formazione e affermazione come intellettuale. La tesi presenta tre capitoli: il primo si concentra sulla vita e le opere del Tiberino, delineando una biografia completa e documentata; il secondo comprende il censimento e la catalogazione di tutti i testimoni, manoscritti ed edizioni a stampa, delle opere dedicate a Simone da Trento, mostrando l’entità della loro diffusione e le modalità di circolazione; il terzo è dedicato all’edizione della Passio, corredato di un apparato delle fonti ed un commento.
Considering the wide and various kinds of studies dedicated to the case of the “blessed” Simone from Trento (1475), it stood out the lack of information about one of the most important actors of this story: Giovanni Mattia Tiberino from Brescia, author of the “Passio beati Simonis tridentini”, that is the text which established the literary success of these events. For a long time the only interest for this character was related to his role in defence of Simonino’s case, and this interest never crossed the borders of local erudition; in this way it was not possible to have a full image of his figure as a man and as a scholar. This thesis aims to define better his biographical and cultural outlines, in order to show all the different faces of his complex profile as a man of letters and scholar. This thesis is composed by three chapters: the first one is about Tiberino’s life and works, and it outlines a complete and documented biography. The second one comprehends census and cataloguing of all attestations, manuscripts and printed editions of works related to Simone from Trento; it also shows the extent of their spreading and the manners of their circulation. The third is dedicate to the Passio’s edition, with enclosed an critical apparatus and a commentary.
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BOLPAGNI, GAIA. "GIOVANNI MATTIA TIBERINO E LA PASSIO BEATI SIMONIS PUERI TRIDENTINI : EDIZIONE E COMMENTO." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2012. http://hdl.handle.net/10280/1395.

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Abstract:
A fronte dell’ampia e varia tipologia di studi dedicati all’episodio del “beato” Simone da Trento (1475), emergeva la mancanza di informazioni riguardanti uno dei maggiori protagonisti della vicenda: il bresciano Giovanni Mattia Tiberino, autore della Passio beati Simonis tridentini, ovvero il testo che determinò la fortuna letteraria degli avvenimenti trentini. A lungo limitato al ruolo che svolse nella difesa della causa di Simonino, l’interesse nei confronti di questo personaggio non ha mai varcato il confine dell’erudizione locale, impedendo una ricostruzione esauriente della sua figura di uomo e d’intellettuale: questa tesi desidera definire meglio i lineamenti biografici e culturali del Tiberino, per mostrare le varie sfaccettature di questo complesso profilo di letterato e umanista, pur riconoscendo l’importanza che ebbe l’esperienza trentina per la sua formazione e affermazione come intellettuale. La tesi presenta tre capitoli: il primo si concentra sulla vita e le opere del Tiberino, delineando una biografia completa e documentata; il secondo comprende il censimento e la catalogazione di tutti i testimoni, manoscritti ed edizioni a stampa, delle opere dedicate a Simone da Trento, mostrando l’entità della loro diffusione e le modalità di circolazione; il terzo è dedicato all’edizione della Passio, corredato di un apparato delle fonti ed un commento.
Considering the wide and various kinds of studies dedicated to the case of the “blessed” Simone from Trento (1475), it stood out the lack of information about one of the most important actors of this story: Giovanni Mattia Tiberino from Brescia, author of the “Passio beati Simonis tridentini”, that is the text which established the literary success of these events. For a long time the only interest for this character was related to his role in defence of Simonino’s case, and this interest never crossed the borders of local erudition; in this way it was not possible to have a full image of his figure as a man and as a scholar. This thesis aims to define better his biographical and cultural outlines, in order to show all the different faces of his complex profile as a man of letters and scholar. This thesis is composed by three chapters: the first one is about Tiberino’s life and works, and it outlines a complete and documented biography. The second one comprehends census and cataloguing of all attestations, manuscripts and printed editions of works related to Simone from Trento; it also shows the extent of their spreading and the manners of their circulation. The third is dedicate to the Passio’s edition, with enclosed an critical apparatus and a commentary.
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Saraceni, Martina. "Il De iocis et seriis di Francesco Filelfo: libri I-IV." Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2019. http://hdl.handle.net/11384/86232.

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OTTRIA, Ilaria. "Marsia e Glauco. Storia, esegesi e riscritture di due miti ovidiani dall’Antichità classica al XIV secolo." Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2020. http://hdl.handle.net/11384/95126.

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Invernizzi, S. "LE GLOSSE ALLA 'TEBAIDE' ATTRIBUIBILI A ILARIO D'ORLÉANS (LIBRI VII-XII)." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2011. http://hdl.handle.net/2434/158083.

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Abstract:
Commentary and critical edition of a twelfth century collection of glosses to Statius’s Thebais (books VII-XII), ascribable to Hilarius of Olréans, Abelard’s friend, author of a Virgil commentar and initiator of the classical reading’s glorious tradition (lecturae ad auctores) in the Loire’s valley. The Thebais’s glosses ascribable to Hilarius of Orléans had a wide and sound fortune until the late Renaissance. Giovanni Boccaccio owned a copy of this commentary and used it to write his Teseida; Francesco Petrarca copied information taken from these glosses in the margins of his copy of Vergil (Vergilius Ambrosianus).
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Mariani, Daniela. "La Vie des Pères. Genèse et diffusion d'un recueil de contes exemplaires du XIIIe siècle." Doctoral thesis, University of Trento, 2019. http://eprints-phd.biblio.unitn.it/3493/1/Mariani_Vie_des_Peres_2019.pdf.

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Abstract:
La Vie des Pères, raccolta di racconti esemplari dell’inizio del XIII secolo, aspira alla formazione religiosa cristiana proponendo nella narrazione e nei para-sermoni dell’autore (i prologhi e gli epiloghi ai racconti) un insegnamento teologico. In una prospettiva critica letteraria e storica, questa ricerca analizza la genesi e la ricezione del testo. Le intenzioni poetiche dell’autore determinano l’aggiornamento di una materia narrativa preesistente ai temi spirituali dominanti intorno al 1215 (la confessione, l’eucarestia, il celibato dei chierici). Il pubblico medievale (XIII-XV secolo) ha interpretato il testo a partire dai supporti fisici che lo hanno trasmesso. La tradizione manoscritta è così studiata come un insieme di testimoni di presentazione del testo, più o meno modificato e adattato a diversi contesti (altre opere religiose, testi profani, testi non narrativi) e per diverse comunità interpretative: i possessori dei manoscritti, i lettori che hanno annotato i margini, i copisti che hanno strutturato l’opera con le rubriche. Ne emerge una sostanziale coerenza dell’opera tra la funzione esemplare e l’utilizzo effettivo.
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