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1

Bosca, Paolo <1996&gt. "Linguaggi e spazi utopici." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/20752.

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Abstract:
Il presente lavoro intende analizzare gli usi linguistici, storici e culturali del termine "utopia" partendo dal superamento della distinzione tra significato letterale e metaforico, attraverso la ricostruzione dei passaggi della sua semantica storica. Nella ricostruzione storico-filosofica del concetto questa analisi si confronta con diverse discipline per chiarire alcuni significati rilevanti degli spazi dell'utopia, mostrando le variazioni genealogiche e storico-sociali del termine. Al centro di questo lavoro v'è l'opera di Thomas More, in un confronto fra filosofia, architettura e antropologia che vuole ricostruire il legame fra la tradizione utopica e i concetti di spazio e luogo (tòpos). Alcuni esempi tratti dall'arte contemporanea (Vitone, Matta-Clark, Debord), dall'architettura (New Babylon, Superstudio, Friedman), dall'ecologia (Clément, Georgieff) mostrano come il termine "utopia" possa costituire uno strumento concettuale per un'analisi dell'idea di rinnovamento attraverso i linguaggi artistici e simbolici.
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Sozzi, Paola <1987&gt. "Per una teoria dell'enunciazione nella semiotica dello spazio. Teorie e analisi a confronto." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amsdottorato.unibo.it/8189/1/tesiSOZZI.pdf.

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Abstract:
La tesi vuole testare l’applicabilità di uno degli strumenti teorici della disciplina semiotica, il concetto di enunciazione, ai testi e ai linguaggi spaziali. Per definire un generale concetto di enunciazione applicabile poi a diverse semiotiche oggetto, e quindi anche agli spazi, si considerano diverse teorie dell’enunciazione (Benveniste, Greimas, Eco, Véron, Fontanille e Paolucci). Le questioni in esse ricorrenti permettono di disegnare una griglia teorica del concetto, piuttosto astratta. Successivamente, tramite una rassegna di quei testi che hanno già tentato una sistematizzazione del concetto di enunciazione nella semiotica degli spazi (Greimas, Marrone, Hammad, Pezzini, Zunzunegui, Violi, in particolare), si individuano tre macro-aree in cui suddividere le questioni relative ai sistemi spaziali: le specifiche caratteristiche dell’enunciato spaziale (capitolo 4), la relazione tra enunciazione e prassi enunciativa, riconfigurata in un equilibrio tra enunciazione ed enciclopedia con particolare attenzione alla dimensione “sociale” dei testi spaziali (capitolo 5), la definizione delle figure di soggettività che entrano in relazione con essi (capitolo 6). A tale apparato teorico si affianca, oltre ai casi presenti nella letteratura, l’analisi di tre luoghi: i supermercati IKEA; un museo organizzato in un ex-centro clandestino di detenzione argentino, che permette di riflettere sulla dimensione “indicale” della spazialità (a partire dal concetti di indice in Peirce); l’Ecomuseo della Grande Guerra in Veneto, che si inscrive nella riflessione dedicata alla relazione del singolo enunciato spaziale con la dimensione enciclopedica che lo ingloba, con le pratiche e i meccanismi sociali sui quali interviene. Il lavoro qui proposto permette di concludere che esiste un modo di parlare di enunciazione nei testi spaziali e che anzi essa permette di rendere conto di una serie di dinamiche peculiari dei sistemi significanti spaziali: il fenomeno della traccia, l’apertura a nuove risemantizzazioni, il loro necessario collegamento alle dinamiche socio-culturali da cui emergono.
The thesis aims at testing the benefit of the application of a semiotic theoretical tool, the concept of enunciation, to the analysis of places and spatial languages. The consideration of different theoretical approaches on enunciation (Benveniste, Greimas, Eco, Véron, Fontanille e Paolucci) will allow to draw a general definition, that does not depend on certain characteristics of specific form of texts. Enunciation is usually used to address semiotic objects from three point of view: their inner structures and in particular their ability to create a contact or a distance between the sender and the receiver of a message; their ability to use and, in the same time, modify systems of rules, norms and grammars; the roles of the subjects of the communication in the definition of a text. It then proceed to consider places from each of these points of view. Analyzing a memory museum built in a ex Clandestine and Torture Center in Argentina, the work will try to understand why our memory discourses often use some sort of spatial traces to built a stronger effect of reality about the past they are linked to. Considering a spread eco-museum that unites all the different memory places related to First World War in Veneto region, the deep intertwined bond between a singular place and all the encyclopaedic dimensions of the culture it is linked to will be underlined. Finally, using all the previous examples and drawing some considerations on IKEA stores, it will be possible to understand how spaces define the subjects of the enunciation on a narrative, textual and social level. The thesis will then prove the usefulness of the concept of enunciation in the analysis of places, stating that it we can only understand these previous dimensions if we relate them to the concept of enunciation
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3

Rosenthal, Manetti Vittoria <1995&gt. "Narrazioni e mondo tra filosofia e letteratura." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/20772.

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Abstract:
Il rapporto che intercorre tra narrazione e mondo può essere espresso sotto il segno della rappresentazione o dell'invenzione letteraria; la prospettiva di questo lavoro è interessata alla seconda e si propone di indagare un apparente dualismo tra le due alternative attraverso l’analisi dello spazio della differenza che la narrazione istituisce rispetto alla realtà presente o passata. I concetti principali di questa interazione sono differenza, somiglianza e ripetizione. Il testo letterario istituisce una differenza nel mondo rimanendo all'interno di esso: questa differenza si realizza nello "spazio letterario" in cui si sviluppano linguisticamente possibili alternative al reale. L'analisi del modo in cui la letteratura genera questa possibilità si concentra sulle variazioni possibili dei modi di presentare l'esperienza attraverso il tempo della narrazione. Questo tema è ricostruito nelle interpretazioni di Derrida, Merleau-Ponty, Barthes, Blanchot, Foucault e in tre casi di studio esemplari, attraverso tre opere narrative: “Finzioni” di Borges, “Malina” di Bachmann e “Frammenti di un discorso amoroso” di Barthes.
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4

Salerno, Daniele <1980&gt. "In nome della comunità. Analisi dei testi della sicurezza e del terrorismo." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2073/1/Salerno_Daniele_tesi.pdf.

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Abstract:
The focus of this dissertation is the relationship between the necessity for protection and the construction of cultural identities. In particular, by cultural identities I mean the representation and construction of communities: national communities, religious communities or local communities. By protection I mean the need for individuals and groups to be reassured about dangers and risks. From an anthropological point of view, the relationship between the need for protection and the formation and construction of collective identities is driven by the defensive function of culture. This was recognized explicitly by Claude Lévi-Strauss and Jurij Lotman. To explore the “protective hypothesis,” it was especially useful to compare the immunitarian paradigm, proposed by Roberto Esposito, with a semiotic approach to the problem. According to Esposito, immunity traces borders, dividing Community from what should be kept outside: the enemies, dangers and chaos, and, in general, whatever is perceived to be a threat to collective and individual life. I recognized two dimensions in the concept of immunity. The first is the logic dimension: every element of a system makes sense because of the network of differential relations in which it is inscribed; the second dimension is the social praxis of division and definition of who. We are (or what is inside the border), and who They are (or what is, and must be kept, outside the border). I tested my hypothesis by analyzing two subject areas in particular: first, the security practices in London after 9/11 and 7/7; and, second, the Spiritual Guide of 9/11 suicide bombers. In both cases, one observes the construction of two entities: We and They. The difference between the two cases is their “model of the world”: in the London case, one finds the political paradigms of security as Sovereignty, Governamentality and Biopolitics. In the Spiritual Guide, one observes a religious model of the Community of God confronting the Community of Evil. From a semiotic point view, the problem is the origin of respective values, the origin of respective moral universes, and the construction of authority. In both cases, I found that emotional dynamics are crucial in the process of forming collective identities and in the process of motivating the involved subjects: specifically, the role of fear and terror is the primary factor, and represents the principal focus of my research.
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Salerno, Daniele <1980&gt. "In nome della comunità. Analisi dei testi della sicurezza e del terrorismo." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2073/.

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Abstract:
The focus of this dissertation is the relationship between the necessity for protection and the construction of cultural identities. In particular, by cultural identities I mean the representation and construction of communities: national communities, religious communities or local communities. By protection I mean the need for individuals and groups to be reassured about dangers and risks. From an anthropological point of view, the relationship between the need for protection and the formation and construction of collective identities is driven by the defensive function of culture. This was recognized explicitly by Claude Lévi-Strauss and Jurij Lotman. To explore the “protective hypothesis,” it was especially useful to compare the immunitarian paradigm, proposed by Roberto Esposito, with a semiotic approach to the problem. According to Esposito, immunity traces borders, dividing Community from what should be kept outside: the enemies, dangers and chaos, and, in general, whatever is perceived to be a threat to collective and individual life. I recognized two dimensions in the concept of immunity. The first is the logic dimension: every element of a system makes sense because of the network of differential relations in which it is inscribed; the second dimension is the social praxis of division and definition of who. We are (or what is inside the border), and who They are (or what is, and must be kept, outside the border). I tested my hypothesis by analyzing two subject areas in particular: first, the security practices in London after 9/11 and 7/7; and, second, the Spiritual Guide of 9/11 suicide bombers. In both cases, one observes the construction of two entities: We and They. The difference between the two cases is their “model of the world”: in the London case, one finds the political paradigms of security as Sovereignty, Governamentality and Biopolitics. In the Spiritual Guide, one observes a religious model of the Community of God confronting the Community of Evil. From a semiotic point view, the problem is the origin of respective values, the origin of respective moral universes, and the construction of authority. In both cases, I found that emotional dynamics are crucial in the process of forming collective identities and in the process of motivating the involved subjects: specifically, the role of fear and terror is the primary factor, and represents the principal focus of my research.
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Zanella, Michele <1964&gt. "Il dibattito sul libero arbitrio nell'ambito della filosofia analitica contemporanea." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/6540.

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Abstract:
L’obiettivo della ricerca è di mettere in luce lo statuto ontologico e i presupposti metafisici delle diverse posizioni che si fronteggiano nel dibattito contemporaneo sul libero arbitrio nell'ambito della filosofia analitica, anche in relazione ai recenti contributi delle neuroscienze sull'argomento, per capire quanto possa essere fondato l’attacco che esse portano al nostro senso di agency, ossia all’esperienza che noi facciamo della libertà, nel senso del potere di libera scelta tra corsi alternativi di azione, esperienza che è certamente fondamentale nella costruzione dell’identità personale e morale di ognuno di noi.
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7

Baldan, Marta <1987&gt. "Le trame del possibile. il linguaggio delle possibilità tra filosofia e scienza." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/5225.

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Abstract:
Il presente lavoro è uno studio su Wittgenstein, con riferimento all’ultima fase della sua filosofia, in relazione al tema della possibilità nell’analisi linguistica. Il tema è approfondito nel confronto con le scienze fisico-matematiche, in modo particolare ricostruendo alcuni aspetti della svolta epistemologica della meccanica quantistica. Il problema del dogmatismo, e di una terapia filosofica che assuma una prospettiva antidogmatica, costituisce lo sfondo e l’interesse di questa ricerca.
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8

Dal, Cin Paolo <1989&gt. "Prendersi seriamente meno sul serio. Saggio sulla filosofia di Richard Rorty." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/5009.

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Abstract:
Il saggio si propone di offrire una panoramica sul pensiero di Richard Rorty, prendendo in esame alcune fra le principali opere scritte dal filosofo statunitense nel corso della sua carriera. Particolare attenzione è stata riservata alla critica rortiana alla tradizione filosofica platonico-kantiana, al distacco dell'autore dall'ambiente della filosofia analitica, al suo crescente interesse per tematiche etico-politiche e, infine, alla sua interpretazione di alcuni fra i filosofi europei contemporanei, specificatamente Nietzsche, Heidegger e Derrida. Il lavoro, più in genereale, vuole infatti concentrarsi sul lavoro compiuto da Rorty intorno ad una tematica come il significato e il ruolo da attribuire alla filosofia in un contesto il quale può essere definito come post-moderno, cioè quello di una cultura propria di una società occidentale alla fine del XX secolo, tentanto di trarre, da tali riflessioni, degli spunti per una riflessione intorno all'attività filosofica agli inizi del XXI secolo.
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9

Rossato, Milena <1965&gt. "Il linguaggio umano come relazione. Il divenire del linguaggio nella comunicazione interpersonale." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2017. http://hdl.handle.net/10579/10373.

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Abstract:
Il lavoro di tesi intende indagare un complesso fenomeno dell’esperienza umana straordinariamente avvincente e impegnativo come il linguaggio. Si articola in due parti: la prima dedicata alla ricerca teorica, la seconda, più contenuta, alla descrizione di un’esperienza. Il linguaggio viene presentato in tutte le sue sfaccettature: da una visione più propriamente linguistica alle implicazioni pragmatiche del parlare. L’analisi parte dal linguaggio come comunicazione. Esamina la questione del segno e del linguaggio umano nelle sue diverse connotazioni, dagli studi della linguistica sino allo sviluppo delle riflessioni psicolinguistiche. Cerca inoltre di comprendere cosa significhi comunicare. Prosegue con lo studio del linguaggio come parola e analizza la struttura di un processo comunicativo. Considera i diversi segni della comunicazione verbale e non verbale e il principio della creatività. A conclusione della parte teorica si approfondisce la relazionalità della comunicazione e del linguaggio. Si mette in rilievo come nel parlare le persone confermino o mettano in discussione la loro relazione sociale. La comunicazione nasce e si costruisce nella trama delle relazioni in un duplice senso: le relazioni sono generate e a loro volta generano comunicazione. Tra linguaggio, comunicazione e relazione vi è una sistemica interdipendenza: ciascuno di essi implica e conduce agli altri. Viene infine analizzato perché lo studio del linguaggio non possa limitarsi alla parola, ma richieda una visione più ampia, nella quale si assuma la dimensione comunicativa come luogo costitutivo tanto dell’identità personale, quanto del sistema delle relazioni.
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Ceppa, Viviana <1981&gt. "Il bisogno di dire: la questione dell'indicibile nella filosofia di Adorno e Wittgenstein." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2010. http://hdl.handle.net/10579/943.

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Bit, Davide <1991&gt. "Le teorie dell'empatia." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/13487.

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Gaiatto, Chiara <1982&gt. "IL LINGUAGGIO IN MANZONI E ROSMINI." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/1780.

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Viel, Gloria <1988&gt. "Mito e linguaggio. Viaggio nella cultura." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4943.

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Abstract:
L'eroe in noi. Si pensa infine che dei ed eroi, ieri come oggi, siano modelli in cui identificarsi: gli dei come incarnazioni di valori o abilità, gli eroi proiezioni delle (contraddittorie) aspirazioni umane a questi. Ecco perché il mito antico narra di Atena e Achille, quello contemporaneo di Comunismo e Steve Jobs. Certo l'Olimpo di oggi è molto più eterogeneo di quello di allora: soldi, successo, perfezione estetica, e potere personale vengono rappresentati da stelle e stelline della musica, del cinema, della televisione, dello sport e della politica; in effetti dopo la morte di Dio e degli altri Immortali5 anche i criteri di selezione si sono fatti più elastici. Chi rifiuta il paragone tra l'eroe antico e il super-eroe moderno argomenta le sue ragioni spiegando che uno è un quasi-immortale e l'altro no, che uno appartiene ad una dimensione sovrumana, dunque divina o semi divina, l'altro al massimo ad una dimensione extra-umana frutto di un “incidente”, come è capitato a Spiderman e Hulk, o di una interazione con altri mondi, parlando di Thor e Superman, o del raggiungimento di una tale sofisticazione tecnologica (resa possibile da enormi ricchezze) da trasformare l'uomo in “automa sentimentale”, nel caso di Batman e IronMan. In sostanza accusa i moderni super-eroi di non inserirsi in un orizzonte cosmogonico che dia ragione delle origini dell'universo attraverso un linguaggio poetico- mitologico. Egli vivrebbe in universo già compiuto, che non può essere modificato. Non solo: l'età mitica, l'età dell'oro, si colloca in un tempo inaccessibile ai mortali se non attraverso il racconto epico. L'identità e la cultura di un popolo sono de-storicizzati, posti in un luogo inaccessibile alla cultura umana ma allo stesso tempo oggetto razionante imprescindibile, ente pensabile del mondo e dell'universo. Un passato a-storico, addirittura a- temporale che però funge da garante del senso della storia e del tempo in cui ogni nostra azione si compie e produce significati. Il moderno super-eroe, al contrario, si trova qui e ora. È un uomo d'oggi. Di più: ognuno di noi potrebbe esserlo.
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Chiarion, Stefano <1990&gt. "La Metafora tra linguaggio e scienza." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/14327.

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Abstract:
La tesi si propone di analizzare il ruolo della metafora e dell'analogia nell'ambito scientifico. Si vedrà, anche grazie grazie al pensiero di importanti studiosi quali Max Black, Mary Hesse, Richard Boyd e Donald Schon, come metafore e analogie svolgano un ruolo di rilevo all'interno delle teorie scientifiche e come possano essere in grado di incrementare la conoscenza ed essere teoreticamente predittive.
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Murgiano, Margherita <1987&gt. "Un linguaggio in azione. Una riflessione semiotica sull'iconicità nelle lingue dei segni." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amsdottorato.unibo.it/8153/1/murgiano_margherita_tesi.pdf.

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Abstract:
Il presente lavoro cerca di restituire una visione delle lingue dei Segni, in particolare dell’iconicità che caratterizza questi linguaggi, mediante un approccio semiotico e insieme filosofico che si distacca dall’impostazione che la tradizione linguistica ha costruito su di essi. Attraverso l’atteggiamento assunto si intende anzitutto analizzare le peculiarità di questi sistemi senza ricondurle forzatamente a un modello verbale costituito sulle lingue parlate. Partendo da analisi sviluppate da autori come Tommaso Russo e Frederik Stjernfelt, le caratteristiche espressive di queste lingue verranno descritte facendo leva sul carattere operazionale della nozione di icona proposta da Peirce, presentando in questo modo l’iconicità che le contraddistingue come uno strumento linguistico funzionale e perfettamente integrato con la loro arbitrarietà. Sulla base di queste premesse, il lavoro intende collocare più correttamente queste lingue all’interno del dibattito, oggigiorno al centro delle Humanities, sul rapporto stesso tra linguaggio, pensiero ed esperienza. Rispetto a esso, ci si posizionerà cercando di abbandonare antichi dualismi e visioni riduzionistiche, descrivendo tale rapporto nei termini di una relazione dinamica e circolare tra i meccanismi di significazione e l’essere-in-situazione da cui essi emergono. Per queste ragioni, la tesi approfondisce più specificatamente le proprietà di quella che la recente letteratura ha definito come action-based iconicity. Tramite essa il segnante articola una raffigurazione della realtà esplicitando le azioni che compie su di essa, rimettendo per così dire in atto, sul piano della rappresentazione linguistica, gli abiti di azione che lo relazionano a un oggetto. Una fondamentale nozione, questa, appartenente alla semiotica e al pragmatismo di Peirce, che come si sosterrà offrono un utile frame teorico in grado non solo di descrivere le caratteristiche di questo fenomeno, ma di rendere conto della corrente necessità degli studi di riconfigurare il ruolo dell'azione, dei suoi prodotti e del contesto in cui essa si realizza.
Focusing on sign languages iconicity, the thesis proposes a semiotic and philosophical view able to detach itself from the approach these systems by the linguistic tradition. First of all, through this theoretical viewpoint the work wants to describe the structures of these languages without forcing them into a model of verbal language directly derived from the spoken ones. Starting from the reflections of authors such as Tommaso Russo and Frederik Stjernfelt, sign languages iconicity is analysed stressing the operational definition of icon which was in fact proposed by C. S. Peirce. According to this standpoint, this feature appears to be a linguistic and creative tool of languages, perfectly integrated with their arbitrariness. On the basis of these premises, the dissertation aims to propose a more general collocation of sign languages inside the debate nowadays interested in understanding the relationship between language, cognition and experience. Regarding this discussion, the argumentation tries to abandon ancient dualisms as well as reductionist visions, describing a dynamic and circular connection between our processes of signification and the experience of being-in-the-world from which they emerge. More specifically, the work focuses on the so-called action-based iconicity of sign languages, a term recently utilised in order to describe the modalities by which their users re-enact, in their representations, the practices related to the items they are talking about. As it will be proposed, with this strategy signers represent reality through the habits with which they interact with it: a fundamental notion that belongs to Peircean Pragmatism, a philosophical framework useful not only to describe this linguistic phenomenon, but to offer a theoretical background for the current needs to reconfigure the role of action, its products and its context of realization.
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Balestrieri, Francesca <1989&gt. "Regole e linguaggio: Wittgenstein, Kripke, e McDowell." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17584.

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Abstract:
L'obiettivo di questa tesi è quello di tracciare un percorso critico tra le ramificazioni filosofiche del problema del seguire una regola, individuando aspetti ed esiti concernenti il problema del linguaggio e, in particolare, la possibilità di un linguaggio privato. Affronteremo la questione entro la cornice delle analisi filosofiche di tre autori: Wittgenstein, Kripke e McDowell. Prenderemo come punto di partenza le considerazioni su regole e significato nelle «Ricerche filosofiche» di Wittgenstein, soffermandoci sul blocco tematico del cosiddetto "argomento del linguaggio privato". Ci concentreremo poi sulla lettura originale presentata da Kripke in «Wittgenstein, su regole e linguaggio privato»; in particolare vedremo come, per Kripke, l'impossibilità di un linguaggio privato sia un effetto collaterale del tentativo comunitarista di Wittgenstein di salvare il linguaggio dal cosiddetto "paradosso scettico". Infine, articoleremo e discuteremo la posizione di McDowell in «Wittgenstein on following a rule» - fortemente critica rispetto ad alcuni aspetti dell'impostazione e dell'interpretazione kripkeana - che declina la relazione tra regole, linguaggio e comunità sul modello di una sorta di "platonismo naturalizzato".
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Scattolon, Elia <1999&gt. "Forme di vaghezza nel linguaggio della sessualità." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/20004.

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Abstract:
La tesi esplora il fenomeno dell’indeterminatezza linguistica nel campo semantico della sessualità. Per parlare di questo argomento, si ricorre spesso, e talvolta sistematicamente, a dispositivi linguistici quali ambiguità, genericità, diversioni, metafore, elisioni e reticenze. Si cercherà di dimostrare che questo fenomeno non è limitato solo all’uso di certe espressioni: c’è un’indeterminatezza del linguaggio della sessualità che è radicata nella sua semantica, che è ineliminabile anche dopo aver fissato il contesto, i riferimenti, le intenzioni. Vengono presentati degli esempi dal linguaggio ordinario, da quello poetico e letterario e da quello scientifico. Si procede in seguito ad analizzare il fenomeno alla luce delle teorie di Grice e di Austin, e a ipotizzarne delle cause biologiche, culturali, sociali. Infine, vengono presentati alcuni esempi reali di sfruttamento di questo fenomeno.
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Favaretti, Camposampiero Matteo <1974&gt. "Cognitio symbolica: Christian Wolff e la riflessione moderna su pensiero e linguaggio." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2007. http://hdl.handle.net/10579/243.

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Zacchini, Simone <1988&gt. "IL GIOCO RIMESSO IN GIOCO. LINGUAGGIO, AZIONE E PRATICHE ARTISTICHE IN WITTGENSTEIN." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/5098.

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Abstract:
Studio storico di carattere analitico e comparativo sul rapporto fra pratiche artistiche, architettura e critica del linguaggio in Ludwig Wittgenstein, con particolare attenzione agli aspetti filosofici della teoria di Guy Ernest Debord e dell'Internazionale Situazionista, a cui è dedicata una ricostruzione critica e dettagliata, in relazione a una lettura non conservatrice degli aspetti politici dell’analisi del linguaggio in Wittgenstein. Freud e Marx sono due dei riferimenti centrali per istituire i termini di un confronto fra ambiti di riflessione diversi ma comunicanti. Attraverso l'analisi di una lettura “politica” delle Ricerche filosofiche questo lavoro offre possibili letture e confronti “wittgesteiniani” di alcune pratiche artistico-politiche contemporanee esaminate nei loro aspetti linguistici ed estetici.
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Minocchio, Fabio <1976&gt. "Bertrand Russell: teorie della denotazione e forma logica. Dall'ontologia alla semantica?" Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1947/1/Fabio_Minocchio_B.Russell_TeorieDellaDenotazioneEformaLogica_Dall%27ontologiaAllaSemantica.pdf.

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Minocchio, Fabio <1976&gt. "Bertrand Russell: teorie della denotazione e forma logica. Dall'ontologia alla semantica?" Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1947/.

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Gigante, Marco <1983&gt. "In principio era l'azione : forme di vita e linguaggio nell'opera di Ludwig Wittgenstein." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/13443.

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Abstract:
Il lavoro si propone di fornire un’analisi del concetto di «forme di vita» (Lebensformen) nella filosofia di Ludwig Wittgenstein e di mettere in rilievo i suoi aspetti sociali e naturali. Nella prima parte viene ricostruito il dibattito tra gli interpreti empirici e gli interpreti trascendentali ed esposto quindi il più ampio problema della caratterizzazione naturalistica e/o culturale delle forme di vita. Nella seconda, invece, l’indagine segue una duplice direzione mirando, da un lato, alla chiarificazione del termine nelle ricorrenze testuali in cui esso è citato in rapporto con il linguaggio e il problema della sua fondazione; dall’altro, all’illustrazione del ruolo che alcuni concetti semanticamente limitrofi, quali l’«animalità», l’«immagine del mondo» e la «rappresentazione perspicua» svolgono nell’evidenziare i caratteri di precarietà e trasformabilità delle prassi che su di esso si sostengono. La terza parte, infine, prende in considerazione il problema wittgensteiniano delle regole e delle sue applicazioni. Limitatamente ai rapporti di quest’ultime con le forme di vita, l’attenzione viene posta sui momenti «istituzionalmente naturali» dell’accordo (e del disaccordo) intersoggettivo all’origine della riformulazione dei rapporti tra l’individuo e la propria comunità di appartenenza. Lo scopo è quello di mostrare che alla base di una forma di vita non giace solo la convergenza conformista delle condotte, ma anche la possibilità di istituire dei momenti di crisi e di rottura.
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Garbujo, Gloria <1986&gt. "La formazione del teatroterapeuta." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3175.

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Panosetti, Daniela <1977&gt. "Il testo anamorfico: strutture topologiche ambigue e prensione estetica nel discorso letterario." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/220/1/Tesi_Panosetti.pdf.

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Panosetti, Daniela <1977&gt. "Il testo anamorfico: strutture topologiche ambigue e prensione estetica nel discorso letterario." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/220/.

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Pedrazzi, Michele <1978&gt. "La pratica dell'improvvisatore: sapere a disposizione e disposizione del sapere." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/221/1/Tesi_Pedrazzi.pdf.

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Pedrazzi, Michele <1978&gt. "La pratica dell'improvvisatore: sapere a disposizione e disposizione del sapere." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/221/.

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Tramontana, Andrea <1978&gt. "Il patrimonio dell'Umanità dell'Unesco: un'analisi di semiotica della cultura." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/222/1/Tesi_Tramontana.pdf.

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Tramontana, Andrea <1978&gt. "Il patrimonio dell'Umanità dell'Unesco: un'analisi di semiotica della cultura." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/222/.

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De, Bernardis Mattia <1977&gt. "La questione percettiva in semiotica. Linee fondamentali e sviluppi della ricerca." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/1091/1/Tesi_De_Bernardis_Mattia.pdf.

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Abstract:
This dissertation deals with the problems and the opportunities of a semiotic approach to perception. Is perception, seen as the ability to detect and articulate an coherent picture of the surrounding environment, describable in semiotic terms? Is it possibile, for a discipline wary of any attempt to reduce semiotic meaning to a psychological and naturalized issue, to come to terms with the cognitive, automatic and genetically hard-wired specifics of our perceptive systems? In order to deal with perceptive signs, is it necessary to modify basic assumptions in semiotics, or can we simply extend the range of our conceptual instruments and definitions? And what if perception is a wholly different semiotic machinery, to be considered as sui generis, but nonetheless interesting for a general theory of semiotics? By exposing the major ideas put forward by the main thinkers in the semiotic field, Mattia de Bernardis gives a comprehensive picture of the theoretical situation, adding to the classical dichotomy between structuralist and interpretative semiotics another distinction, that between homogeneist and etherogeneist theories of perception. Homogeneist semioticians see perception as one of many semiotic means of sign production, totally similar to the other ones, while heterogeneist semioticians consider perceptive meaning as essentially different from normal semiotic meaning, so much so that it requires new methods and ideas to be analyzed. The main example of etherogeneist approach to perception in semiotic literature, Umberto Eco’s “primary semiosis” is then presented, critically examined and eventually rejected and the homogeneist stance is affirmed as the most promising path towards a semiotic theory of perception.
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De, Bernardis Mattia <1977&gt. "La questione percettiva in semiotica. Linee fondamentali e sviluppi della ricerca." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/1091/.

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Abstract:
This dissertation deals with the problems and the opportunities of a semiotic approach to perception. Is perception, seen as the ability to detect and articulate an coherent picture of the surrounding environment, describable in semiotic terms? Is it possibile, for a discipline wary of any attempt to reduce semiotic meaning to a psychological and naturalized issue, to come to terms with the cognitive, automatic and genetically hard-wired specifics of our perceptive systems? In order to deal with perceptive signs, is it necessary to modify basic assumptions in semiotics, or can we simply extend the range of our conceptual instruments and definitions? And what if perception is a wholly different semiotic machinery, to be considered as sui generis, but nonetheless interesting for a general theory of semiotics? By exposing the major ideas put forward by the main thinkers in the semiotic field, Mattia de Bernardis gives a comprehensive picture of the theoretical situation, adding to the classical dichotomy between structuralist and interpretative semiotics another distinction, that between homogeneist and etherogeneist theories of perception. Homogeneist semioticians see perception as one of many semiotic means of sign production, totally similar to the other ones, while heterogeneist semioticians consider perceptive meaning as essentially different from normal semiotic meaning, so much so that it requires new methods and ideas to be analyzed. The main example of etherogeneist approach to perception in semiotic literature, Umberto Eco’s “primary semiosis” is then presented, critically examined and eventually rejected and the homogeneist stance is affirmed as the most promising path towards a semiotic theory of perception.
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Contreras, Lorenzini Maria José <1977&gt. "Il corpo in scena: indagine sullo statuto semiotico del corpo nella prassi performativa." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/1092/1/Tesi_Contreras_Lorenzini_Maria_Jose.pdf.

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Contreras, Lorenzini Maria José <1977&gt. "Il corpo in scena: indagine sullo statuto semiotico del corpo nella prassi performativa." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/1092/.

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Bigi, Nicola <1976&gt. "Semiotica e organizzazione. Un approccio narrativo allo studio dell'identità organizzativa." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1603/1/bigi_nicola.pdf.

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Bigi, Nicola <1976&gt. "Semiotica e organizzazione. Un approccio narrativo allo studio dell'identità organizzativa." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/1603/.

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Odoardi, Paolo <1980&gt. "Testo e memoria tra semiotica e scienze cognitive: una situazione sperimentale intorno al ricordo di un film." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2074/1/Odoardi_Paolo_Tesi.pdf.

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Abstract:
The research project presented in this dissertation is about text and memory. The title of the work is "Text and memory between Semiotics and Cognitive Science: an experimental setting about remembering a movie". The object of the research is the relationship between texts or "textuality" - using a more general semiotic term - and memory. The goal is to analyze the link between those semiotic artifacts that a culture defines as autonomous meaningful objects - namely texts - and the cognitive performance of memory that allows to remember them. An active dialogue between Semiotics and Cognitive Science is the theoretical paradigm in which this research is set, the major intend is to establish a productive alignment between the "theory of text" developed in Semiotics and the "theory of memory" outlined in Cognitive Science. In particular the research is an attempt to study how human subjects remember and/or misremember a film, as a specific case study; in semiotics, films are “cinematographic texts”. The research is based on the production of a corpus of data gained through the qualitative method of interviewing. After an initial screening of a fulllength feature film each participant of the experiment has been interviewed twice, according to a pre-established set of questions. The first interview immediately after the screening: the subsequent, follow-up interview three months from screening. The purpose of this design is to elicit two types of recall from the participants. In order to conduce a comparative inquiry, three films have been used in the experimental setting. Each film has been watched by thirteen subjects, that have been interviewed twice. The corpus of data is then made by seventy-eight interviews. The present dissertation displays the results of the investigation of these interviews. It is divided into six main parts. Chapter one presents a theoretical framework about the two main issues: memory and text. The issue of the memory is introduced through many recherches drown up in the field of Cognitive Science and Neuroscience. It is developed, at the same time, a possible relationship with a semiotic approach. The theoretical debate about textuality, characterizing the field of Semiotics, is examined in the same chapter. Chapter two deals with methodology, showing the process of definition of the whole method used for production of the corpus of data. The interview is explored in detail: how it is born, what are the expected results, what are the main underlying hypothesis. In Chapter three the investigation of the answers given by the spectators starts. It is examined the phenomenon of the outstanding details of the process of remembering, trying to define them in a semiotic way. Moreover there is an investigation of the most remembered scenes in the movie. Chapter four considers how the spectators deal with the whole narrative. At the same time it is examined what they think about the global meaning of the film. Chapter five is about affects. It tries to define the role of emotions in the process of comprehension and remembering. Chapter six presents a study of how the spectators account for a single scene of the movie. The complete work offers a broad perspective about the semiotic issue of textuality, using both a semiotic competence and a cognitive one. At the same time it presents a new outlook on the issue of memory, opening several direction of research.
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Odoardi, Paolo <1980&gt. "Testo e memoria tra semiotica e scienze cognitive: una situazione sperimentale intorno al ricordo di un film." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2074/.

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Abstract:
The research project presented in this dissertation is about text and memory. The title of the work is "Text and memory between Semiotics and Cognitive Science: an experimental setting about remembering a movie". The object of the research is the relationship between texts or "textuality" - using a more general semiotic term - and memory. The goal is to analyze the link between those semiotic artifacts that a culture defines as autonomous meaningful objects - namely texts - and the cognitive performance of memory that allows to remember them. An active dialogue between Semiotics and Cognitive Science is the theoretical paradigm in which this research is set, the major intend is to establish a productive alignment between the "theory of text" developed in Semiotics and the "theory of memory" outlined in Cognitive Science. In particular the research is an attempt to study how human subjects remember and/or misremember a film, as a specific case study; in semiotics, films are “cinematographic texts”. The research is based on the production of a corpus of data gained through the qualitative method of interviewing. After an initial screening of a fulllength feature film each participant of the experiment has been interviewed twice, according to a pre-established set of questions. The first interview immediately after the screening: the subsequent, follow-up interview three months from screening. The purpose of this design is to elicit two types of recall from the participants. In order to conduce a comparative inquiry, three films have been used in the experimental setting. Each film has been watched by thirteen subjects, that have been interviewed twice. The corpus of data is then made by seventy-eight interviews. The present dissertation displays the results of the investigation of these interviews. It is divided into six main parts. Chapter one presents a theoretical framework about the two main issues: memory and text. The issue of the memory is introduced through many recherches drown up in the field of Cognitive Science and Neuroscience. It is developed, at the same time, a possible relationship with a semiotic approach. The theoretical debate about textuality, characterizing the field of Semiotics, is examined in the same chapter. Chapter two deals with methodology, showing the process of definition of the whole method used for production of the corpus of data. The interview is explored in detail: how it is born, what are the expected results, what are the main underlying hypothesis. In Chapter three the investigation of the answers given by the spectators starts. It is examined the phenomenon of the outstanding details of the process of remembering, trying to define them in a semiotic way. Moreover there is an investigation of the most remembered scenes in the movie. Chapter four considers how the spectators deal with the whole narrative. At the same time it is examined what they think about the global meaning of the film. Chapter five is about affects. It tries to define the role of emotions in the process of comprehension and remembering. Chapter six presents a study of how the spectators account for a single scene of the movie. The complete work offers a broad perspective about the semiotic issue of textuality, using both a semiotic competence and a cognitive one. At the same time it presents a new outlook on the issue of memory, opening several direction of research.
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Meneghelli, Agata <1977&gt. "Per un approccio semiotico ai videogiochi tra memoria culturale e memoria corporea." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2075/1/Meneghelli_Agata_tesi.pdf.

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Abstract:
La tesi propone un approccio semiotico ai videogiochi e indaga le relazioni tra videogioco, memoria e senso, a partire dall’analisi di un ampio corpus di videogiochi, trasversale rispetto ai generi. Il lavoro intende mostrare la proficuità di un incontro tra semiotica e videogiochi sotto un duplice punto di vista: da un lato i videogiochi, in quanto oggetti “nuovi”, rappresentano un buon banco di prova per la teoria e la metodologia semiotica; dall’altro lato la semiotica permette di comprendere meglio i videogiochi, ricostruendo i meccanismi semiotici che contribuiscono a generare gli effetti di senso tipici di questa forma testuale (es. immersività, interattività, flusso…). Il lavoro si propone quindi il duplice obiettivo di individuare le peculiarità del videogioco in quanto oggetto di analisi semiotica (cap. 1) e i meccanismi che in diversi generi videoludici portano alla creazione di effetti di senso peculiari e alla costruzione di una nuova memoria (capp. 3, 4, 5). Il primo capitolo è dedicato a una riflessione teorica e metodologica che intende preparare il campo per l’analisi, provando a “testare” modelli, concetti e strumenti più o meno assestati con lo scopo di riconoscere lo statuto semiotico dei videogiochi e di individuare il modo migliore per analizzarli semioticamente. Inoltre nel cap. 1 si affrontano, ancora in un’ottica generale, le dinamiche tra memoria del gioco e memoria del giocatore e l’importanza dei processi di apprendimento per l’interpretazione videoludica. Gli ultimi tre capitoli sono invece dedicati ai risultati delle analisi, condotte su un corpus ampio di videogiochi, affiancato da un corpus “di controllo” costituito da video di partite concrete, immagini user-generated, interfacce fisiche di gioco e “discorsi su” i videogiochi inseriti nel corpus principale. Il terzo capitolo individua i meccanismi semiotici che contribuiscono a costruire, de-costruire e ricostruire l’identità del giocatore nel corso della partita. Il quarto capitolo affronta la relazione tra tempo del gioco e tempo del giocatore, concentrandosi sulle modalità di configurazione del tempo in atto nei diversi generi videoludici. L’ultimo capitolo è dedicato all’approfondimento di un aspetto particolare della testualità videoludica: la capacità dei videogiochi di generare esperienze embodied, cioè esperienze ‘incarnate’ e ‘situate’.
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Meneghelli, Agata <1977&gt. "Per un approccio semiotico ai videogiochi tra memoria culturale e memoria corporea." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2075/.

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Abstract:
La tesi propone un approccio semiotico ai videogiochi e indaga le relazioni tra videogioco, memoria e senso, a partire dall’analisi di un ampio corpus di videogiochi, trasversale rispetto ai generi. Il lavoro intende mostrare la proficuità di un incontro tra semiotica e videogiochi sotto un duplice punto di vista: da un lato i videogiochi, in quanto oggetti “nuovi”, rappresentano un buon banco di prova per la teoria e la metodologia semiotica; dall’altro lato la semiotica permette di comprendere meglio i videogiochi, ricostruendo i meccanismi semiotici che contribuiscono a generare gli effetti di senso tipici di questa forma testuale (es. immersività, interattività, flusso…). Il lavoro si propone quindi il duplice obiettivo di individuare le peculiarità del videogioco in quanto oggetto di analisi semiotica (cap. 1) e i meccanismi che in diversi generi videoludici portano alla creazione di effetti di senso peculiari e alla costruzione di una nuova memoria (capp. 3, 4, 5). Il primo capitolo è dedicato a una riflessione teorica e metodologica che intende preparare il campo per l’analisi, provando a “testare” modelli, concetti e strumenti più o meno assestati con lo scopo di riconoscere lo statuto semiotico dei videogiochi e di individuare il modo migliore per analizzarli semioticamente. Inoltre nel cap. 1 si affrontano, ancora in un’ottica generale, le dinamiche tra memoria del gioco e memoria del giocatore e l’importanza dei processi di apprendimento per l’interpretazione videoludica. Gli ultimi tre capitoli sono invece dedicati ai risultati delle analisi, condotte su un corpus ampio di videogiochi, affiancato da un corpus “di controllo” costituito da video di partite concrete, immagini user-generated, interfacce fisiche di gioco e “discorsi su” i videogiochi inseriti nel corpus principale. Il terzo capitolo individua i meccanismi semiotici che contribuiscono a costruire, de-costruire e ricostruire l’identità del giocatore nel corso della partita. Il quarto capitolo affronta la relazione tra tempo del gioco e tempo del giocatore, concentrandosi sulle modalità di configurazione del tempo in atto nei diversi generi videoludici. L’ultimo capitolo è dedicato all’approfondimento di un aspetto particolare della testualità videoludica: la capacità dei videogiochi di generare esperienze embodied, cioè esperienze ‘incarnate’ e ‘situate’.
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Codeluppi, Elena <1980&gt. "Rito e comunità: Analisi del sacrificio islamico in occasione di Aid al Adha." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2076/1/Tesi_Codeluppi_Elena.pdf.

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Abstract:
La ricerca analizza, con gli strumenti della semiotica della cultura, il rito islamico del sacrificio in occasione di Aid al Adha. Il lavoro dunque esplora un oggetto tradizionalmente più vicino all’interesse etnografico e antropologico. Di tale sapere si rende conto nel Capitolo 1 dedicato interamente a una puntualizzazione dei maggiori studi antropologici elaborati sul sacrificio. Tali riflessioni sono anche l’occasione per problematizzare il dialogo tra semiotica e antropologia, in particolare in riferimento alla costruzione del corpus e alla applicabilità della categoria di “testo” a oggetti e pratiche sociali così complesse. Dopo una descrizione (Capitolo 2) delle caratteristiche del sacrificio islamico, nella seconda parte del lavoro si passa alla vera e propria analisi semiotica del rito in contesto di immigrazione (Capitolo 3), soffermandosi su alcune dimensioni significative per la semiotica: attori (Capitolo 4) e organizzazione spaziale (Capitolo 5).
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Codeluppi, Elena <1980&gt. "Rito e comunità: Analisi del sacrificio islamico in occasione di Aid al Adha." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2076/.

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Abstract:
La ricerca analizza, con gli strumenti della semiotica della cultura, il rito islamico del sacrificio in occasione di Aid al Adha. Il lavoro dunque esplora un oggetto tradizionalmente più vicino all’interesse etnografico e antropologico. Di tale sapere si rende conto nel Capitolo 1 dedicato interamente a una puntualizzazione dei maggiori studi antropologici elaborati sul sacrificio. Tali riflessioni sono anche l’occasione per problematizzare il dialogo tra semiotica e antropologia, in particolare in riferimento alla costruzione del corpus e alla applicabilità della categoria di “testo” a oggetti e pratiche sociali così complesse. Dopo una descrizione (Capitolo 2) delle caratteristiche del sacrificio islamico, nella seconda parte del lavoro si passa alla vera e propria analisi semiotica del rito in contesto di immigrazione (Capitolo 3), soffermandosi su alcune dimensioni significative per la semiotica: attori (Capitolo 4) e organizzazione spaziale (Capitolo 5).
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Mazzucchelli, Francesco <1977&gt. "La memoria della città. Strategie e processi di autorappresentazione nelle trasformazioni urbane postbelliche di alcune città dell'ex Juvoslavia." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2077/1/MAZZUCCHELLI_FRANCESCO_TESI.pdf.

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Mazzucchelli, Francesco <1977&gt. "La memoria della città. Strategie e processi di autorappresentazione nelle trasformazioni urbane postbelliche di alcune città dell'ex Juvoslavia." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2077/.

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Zannin, Andrea <1978&gt. "Analisi, progettazione e valutazione dell'efficacia dello spot pubblicitario. Una semiotica per la ricerca di mercato." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2170/1/andrea_zannin_tesi.pdf.

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Abstract:
Il lavoro di ricerca tenta di inquadrare sotto nuove prospettive una problematica ormai classica all’interno della semiotica della pubblicità: l’analisi dello spot. I punti chiave del lavoro – e la pretesa di una certa differenza rispetto a lavori con oggetti affini – consistono sostanzialmente in tre aspetti. Innanzitutto, vi è un ritorno alle origini flochiane nella misura in cui non solo il contesto complessivo e le finalità che la ricerca si propone sono fortemente ancorati all’interno di obiettivi di marketing, ma tutto lo studio nella sua interezza nasce dal dialogo concreto tra metodologia di analisi semiotica e prassi concreta all’interno degli istituti di ricerca di mercato. La tesi non presenta quindi una collezione di analisi di testi pubblicitari condotte in modo autoriferito, quanto piuttosto di “messe alla prova” della metodologia, funzionali alla definizione di disegni di ricerca per la marketing research. Questo comporta un dialogo piuttosto stretto con metodologie affini (sociologia qualitativa e quantitativa, psicologia motivazionale, ecc.) nella convinzione che la priorità accordata all’oggetto di analisi sia sovraordinata rispetto all’ortodossia degli strumenti metodologici. In definitiva, lo spot è sempre e comunque analizzato all’interno di una prospettiva brand-centrica che ha ben in mente la semiotica della situazione di consumo rispetto alla quale lo spot agisce da leva di valorizzazione per l’acquisto. In secondo luogo, gli oggetti analizzati sono piuttosto vari e differenziati: non solo lo spot nella sua versione audiovisiva definitiva (il “girato”), ma anche storyboard, animatic, concept (di prodotto e di comunicazione). La prospettiva generativa greimasiana va a innestarsi su problematiche legate (anche) alla genesi dello spot, alla sua progettazione e riprogettazione/ottimizzazione. La tesi mostra quindi come una semiotica per le consulenze di marketing si diriga sul proprio oggetto ponendogli domande ben circoscritte e finalizzate a un obiettivo specifico, sostanzialmente derivato dal brief contenente le intenzioni comunicazionali del cliente-azienda. Infine, pur rimanendo all’interno di una teoria semiotica generativa (sostanzialmente greimasiana e post greimasiana), la ricerca adotta una prospettiva intrinsecamente multidisciplinare che se da un lato guarda a problematiche legate al marketing, al branding e alla comunicazione pubblicitaria e d’impresa tout court, dall’altro ritorna alle teorie dell’audiovisivo, mostrando affinità e differenze rispetto a forme audiovisive standard (il “film”) e a mutuazioni da nuove estetiche (la neotelevisione, il videoclip, ecc). La tesi si mostra solidamente convinta del fatto che per parlare di efficacia discorsiva sia imprescindibile approfondire le tematiche riguardanti il sincretismo espressivo e le specifiche modalità di manifestazione stilistica. In questo contesto, il lavoro si compone di quattro grandi aree tematiche. Dopo una breve introduzione sull’attualità del tema “spot” e sulla prospettiva analiticometodologica adottata (§ 1.), nel secondo capitolo si assume teoreticamente che i contenuti dello spot derivino da una specifica (e di volta in volta diversa) creolizzazione tra domini tematici derivanti dalla marca, dal prodotto (inteso tanto come concept di prodotto, quanto come prodotto già “vestito” di una confezione) e dalle tendenze socioculturali. Le tre dimensioni vengono valutate in relazione all’opposizione tra heritage, cioè continuità rispetto al passato e ai concorrenti e vision, cioè discontinuità rispetto alla propria storia comunicazionale e a quella dei concorrenti. Si esplorano inoltre altri fattori come il testimonial-endorser che, in quanto elemento già intrinsecamente foriero di elementi di valorizzazione, va a influire in modo rilevante sul complesso tematico e assiologico della pubblicità. Essendo la sezione della tesi che prende in considerazione il piano specificatamente contenutistico dello spot, questa parte diventa quindi anche l’occasione per ritornare sul modello delle assiologie del consumo di Jean-Marie Floch, approntando alcune critiche e difendendo invece un modello che – secondo la prospettiva qui esposta – contiene punti di attualità ineludibili rispetto a schematizzazioni che gli sono successive e in qualche modo debitrici. Segue una sezione (§ 3.) specificatamente dedicata allo svolgimento e dis-implicazione del sincretismo audiovisivo e quindi – specularmente alla precedente, dedicata alle forme e sostanze del contenuto – si concentra sulle dinamiche espressive. Lo spot viene quindi analizzato in quanto “forma testuale” dotata di alcune specificità, tra cui in primis la brevità. Inoltre vengono approfondite le problematiche legate all’apporto di ciascuna specifica sostanza: il rapporto tra visivo e sonoro, lo schermo e la sua multiprospetticità sempre più evidente, il “lavoro” di punteggiatura della musica, ecc. E su tutto il concetto dominante di montaggio, intrinsecamente unito a quello di ritmo. Il quarto capitolo ritorna in modo approfondito sul rapporto tra semiotica e ricerca di mercato, analizzando sia i rapporti di reciproca conoscenza (o non conoscenza), sia i nuovi spazi di intervento dell’analisi semiotica. Dopo aver argomentato contro un certo scetticismo circa l’utilità pragmatica dell’analisi semiotica, lo studio prende in esame i tradizionali modelli di valutazione e misurazione dell’efficacia pubblicitaria (pre- e post- test) cercando di semiotizzarne il portato. Ne consegue la proposta di disegni di ricerca semiotici modulari: integrabili tra loro e configurabili all’interno di progetti semio-quali-quantitativi. Dopo aver ridefinito le possibilità di un’indagine semiotica sui parametri di efficacia discorsiva, si procede con l’analisi di un caso concreto (§ 5.): dato uno spot che si è dimostrato efficace agli occhi dell’azienda committente, quali possono essere i modi per replicarne i fattori di successo? E come spiegare invece quelli di insuccesso delle campagne successive che – almeno teoricamente – erano pensate per capitalizzare l’efficacia della prima? Non si tratta quindi di una semiotica ingenuamente chiamata a “misurare” l’efficacia pubblicitaria, che evidentemente la marketing research analizza con strumenti quantitativi assodati e fondati su paradigmi di registrazione di determinati parametri sul consumatore (ricordo spontaneo e sollecitato, immagine di marca risultante nella mente di user e prospect consumer, intenzione d’acquisto stimolata). Piuttosto l’intervento qui esposto si preoccupa più funzionalmente a spiegare quali elementi espressivi, discorsivi, narrativi, siano stati responsabili (e quindi prospetticamente potranno condizionare in positivo o in negativo in futuro) la ricezione dello spot. L’analisi evidenzia come elementi apparentemente minimali, ancorati a differenti livelli di pertinenza siano in grado di determinare una notevole diversità negli effetti di senso. Si tratta quindi di un problema di mancata coerenza tra intenzioni comunicative e testo pubblicitario effettivamente realizzato. La risoluzione di tali questioni pragmatiche conduce ad approfondimenti teoricometodologici su alcuni versanti particolarmente interessanti. In primo luogo, ci si interroga sull’apporto della dimensione passionale nella costruzione dell’efficacia e nel coinvolgimento dello spettatore/consumatore. Inoltre – e qui risiede uno dei punti di maggior sintesi del lavoro di tesi – si intraprende una proficua discussione dei modelli di tipizzazione dei generi pubblicitari, intesi come forme discorsive. Si fanno quindi dialogare modelli diversi ma in qualche misura coestensivi e sovrapponibili come quelli di Jean Marie Floch, Guido Ferraro, Cosetta Saba e Chiara Giaccardi. Si perviene così alla costruzione di un nuovo modello sintetico, idealmente onnipervasivo e trasversale alle prospettive analizzate.
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Zannin, Andrea <1978&gt. "Analisi, progettazione e valutazione dell'efficacia dello spot pubblicitario. Una semiotica per la ricerca di mercato." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2170/.

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Abstract:
Il lavoro di ricerca tenta di inquadrare sotto nuove prospettive una problematica ormai classica all’interno della semiotica della pubblicità: l’analisi dello spot. I punti chiave del lavoro – e la pretesa di una certa differenza rispetto a lavori con oggetti affini – consistono sostanzialmente in tre aspetti. Innanzitutto, vi è un ritorno alle origini flochiane nella misura in cui non solo il contesto complessivo e le finalità che la ricerca si propone sono fortemente ancorati all’interno di obiettivi di marketing, ma tutto lo studio nella sua interezza nasce dal dialogo concreto tra metodologia di analisi semiotica e prassi concreta all’interno degli istituti di ricerca di mercato. La tesi non presenta quindi una collezione di analisi di testi pubblicitari condotte in modo autoriferito, quanto piuttosto di “messe alla prova” della metodologia, funzionali alla definizione di disegni di ricerca per la marketing research. Questo comporta un dialogo piuttosto stretto con metodologie affini (sociologia qualitativa e quantitativa, psicologia motivazionale, ecc.) nella convinzione che la priorità accordata all’oggetto di analisi sia sovraordinata rispetto all’ortodossia degli strumenti metodologici. In definitiva, lo spot è sempre e comunque analizzato all’interno di una prospettiva brand-centrica che ha ben in mente la semiotica della situazione di consumo rispetto alla quale lo spot agisce da leva di valorizzazione per l’acquisto. In secondo luogo, gli oggetti analizzati sono piuttosto vari e differenziati: non solo lo spot nella sua versione audiovisiva definitiva (il “girato”), ma anche storyboard, animatic, concept (di prodotto e di comunicazione). La prospettiva generativa greimasiana va a innestarsi su problematiche legate (anche) alla genesi dello spot, alla sua progettazione e riprogettazione/ottimizzazione. La tesi mostra quindi come una semiotica per le consulenze di marketing si diriga sul proprio oggetto ponendogli domande ben circoscritte e finalizzate a un obiettivo specifico, sostanzialmente derivato dal brief contenente le intenzioni comunicazionali del cliente-azienda. Infine, pur rimanendo all’interno di una teoria semiotica generativa (sostanzialmente greimasiana e post greimasiana), la ricerca adotta una prospettiva intrinsecamente multidisciplinare che se da un lato guarda a problematiche legate al marketing, al branding e alla comunicazione pubblicitaria e d’impresa tout court, dall’altro ritorna alle teorie dell’audiovisivo, mostrando affinità e differenze rispetto a forme audiovisive standard (il “film”) e a mutuazioni da nuove estetiche (la neotelevisione, il videoclip, ecc). La tesi si mostra solidamente convinta del fatto che per parlare di efficacia discorsiva sia imprescindibile approfondire le tematiche riguardanti il sincretismo espressivo e le specifiche modalità di manifestazione stilistica. In questo contesto, il lavoro si compone di quattro grandi aree tematiche. Dopo una breve introduzione sull’attualità del tema “spot” e sulla prospettiva analiticometodologica adottata (§ 1.), nel secondo capitolo si assume teoreticamente che i contenuti dello spot derivino da una specifica (e di volta in volta diversa) creolizzazione tra domini tematici derivanti dalla marca, dal prodotto (inteso tanto come concept di prodotto, quanto come prodotto già “vestito” di una confezione) e dalle tendenze socioculturali. Le tre dimensioni vengono valutate in relazione all’opposizione tra heritage, cioè continuità rispetto al passato e ai concorrenti e vision, cioè discontinuità rispetto alla propria storia comunicazionale e a quella dei concorrenti. Si esplorano inoltre altri fattori come il testimonial-endorser che, in quanto elemento già intrinsecamente foriero di elementi di valorizzazione, va a influire in modo rilevante sul complesso tematico e assiologico della pubblicità. Essendo la sezione della tesi che prende in considerazione il piano specificatamente contenutistico dello spot, questa parte diventa quindi anche l’occasione per ritornare sul modello delle assiologie del consumo di Jean-Marie Floch, approntando alcune critiche e difendendo invece un modello che – secondo la prospettiva qui esposta – contiene punti di attualità ineludibili rispetto a schematizzazioni che gli sono successive e in qualche modo debitrici. Segue una sezione (§ 3.) specificatamente dedicata allo svolgimento e dis-implicazione del sincretismo audiovisivo e quindi – specularmente alla precedente, dedicata alle forme e sostanze del contenuto – si concentra sulle dinamiche espressive. Lo spot viene quindi analizzato in quanto “forma testuale” dotata di alcune specificità, tra cui in primis la brevità. Inoltre vengono approfondite le problematiche legate all’apporto di ciascuna specifica sostanza: il rapporto tra visivo e sonoro, lo schermo e la sua multiprospetticità sempre più evidente, il “lavoro” di punteggiatura della musica, ecc. E su tutto il concetto dominante di montaggio, intrinsecamente unito a quello di ritmo. Il quarto capitolo ritorna in modo approfondito sul rapporto tra semiotica e ricerca di mercato, analizzando sia i rapporti di reciproca conoscenza (o non conoscenza), sia i nuovi spazi di intervento dell’analisi semiotica. Dopo aver argomentato contro un certo scetticismo circa l’utilità pragmatica dell’analisi semiotica, lo studio prende in esame i tradizionali modelli di valutazione e misurazione dell’efficacia pubblicitaria (pre- e post- test) cercando di semiotizzarne il portato. Ne consegue la proposta di disegni di ricerca semiotici modulari: integrabili tra loro e configurabili all’interno di progetti semio-quali-quantitativi. Dopo aver ridefinito le possibilità di un’indagine semiotica sui parametri di efficacia discorsiva, si procede con l’analisi di un caso concreto (§ 5.): dato uno spot che si è dimostrato efficace agli occhi dell’azienda committente, quali possono essere i modi per replicarne i fattori di successo? E come spiegare invece quelli di insuccesso delle campagne successive che – almeno teoricamente – erano pensate per capitalizzare l’efficacia della prima? Non si tratta quindi di una semiotica ingenuamente chiamata a “misurare” l’efficacia pubblicitaria, che evidentemente la marketing research analizza con strumenti quantitativi assodati e fondati su paradigmi di registrazione di determinati parametri sul consumatore (ricordo spontaneo e sollecitato, immagine di marca risultante nella mente di user e prospect consumer, intenzione d’acquisto stimolata). Piuttosto l’intervento qui esposto si preoccupa più funzionalmente a spiegare quali elementi espressivi, discorsivi, narrativi, siano stati responsabili (e quindi prospetticamente potranno condizionare in positivo o in negativo in futuro) la ricezione dello spot. L’analisi evidenzia come elementi apparentemente minimali, ancorati a differenti livelli di pertinenza siano in grado di determinare una notevole diversità negli effetti di senso. Si tratta quindi di un problema di mancata coerenza tra intenzioni comunicative e testo pubblicitario effettivamente realizzato. La risoluzione di tali questioni pragmatiche conduce ad approfondimenti teoricometodologici su alcuni versanti particolarmente interessanti. In primo luogo, ci si interroga sull’apporto della dimensione passionale nella costruzione dell’efficacia e nel coinvolgimento dello spettatore/consumatore. Inoltre – e qui risiede uno dei punti di maggior sintesi del lavoro di tesi – si intraprende una proficua discussione dei modelli di tipizzazione dei generi pubblicitari, intesi come forme discorsive. Si fanno quindi dialogare modelli diversi ma in qualche misura coestensivi e sovrapponibili come quelli di Jean Marie Floch, Guido Ferraro, Cosetta Saba e Chiara Giaccardi. Si perviene così alla costruzione di un nuovo modello sintetico, idealmente onnipervasivo e trasversale alle prospettive analizzate.
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Monti, Gabriele <1978&gt. "Le mostre di moda contemporanee come dispositivo testuale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2171/1/monti_gabriele_tesi.pdf.

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Abstract:
La tesi si pone come obiettivo quello di indagare le mostre di moda contemporanee come macchine testuali. Se consideriamo l’attuale panorama del fashion design come caratterizzato da una complessità costitutiva e da rapidi mutamenti che lo attraversano, e se partiamo dal presupposto che lo spettro di significati che uno stile di abbigliamento e i singoli capi possono assumere è estremamente sfuggente, probabilmente risulta più produttivo interrogarsi su come funziona la moda, su quali sono i suoi meccanismi di produzione di significato. L’analisi delle fashion exhibition si rivela quindi un modo utile per affrontare la questione, dato che gli allestimenti discorsivizzano questi meccanismi e rappresentano delle riflessioni tridimensionali attorno a temi specifici. La mostra di moda mette in scena delle eccezionalità che magnificano aspetti tipici del funzionamento del fashion system, sia se ci rivolgiamo alla moda dal punto di vista della produzione, sia se la consideriamo dal punto di vista della fruizione. L’indagine ha rintracciato nelle mostre curate da Diana Vreeland al Costume Institute del Metropolitan Museum di New York il modello di riferimento per le mostre di moda contemporanee. Vreeland, che dal 1936 al 1971 è stata prima fashion editor e poi editor-in-chief rispettivamente di “Harper’s Bazaar” e di “Vogue USA”, ha segnato un passaggio fondamentale quando nel 1972 ha deciso di accettare il ruolo di Special Consultant al Costume Institute. È ormai opinione diffusa fra critici e studiosi di moda che le mostre da lei organizzate nel corso di più di un decennio abbiano cambiato il modo di mettere in scena i vestiti nei musei. Al lavoro di Vreeland abbiamo poi accostato una recente mostra di moda che ha fatto molto parlare di sé: Spectres. When Fashion Turns Back, a cura di Judith Clark (2004). Nell’indagare i rapporti fra il fashion design contemporaneo e la storia della moda questa mostra ha utilizzato macchine allestitive abitate dai vestiti, per “costruire idee spaziali” e mettere in scena delle connessioni non immediate fra passato e presente. Questa mostra ci è sembrata centrale per evidenziare lo sguardo semiotico del curatore nel suo interrogarsi sul progetto complessivo dell’exhibition design e non semplicemente sullo studio degli abiti in mostra. In questo modo abbiamo delineato due posizioni: una rappresentata da un approccio object-based all’analisi del vestito, che si lega direttamente alla tradizione dei conservatori museali; l’altra rappresentata da quella che ormai si può considerare una disciplina, il fashion curation, che attribuisce molta importanza a tutti gli aspetti che concorrono a formare il progetto allestitivo di una mostra. Un lavoro comparativo fra alcune delle più importanti mostre di moda recentemente organizzate ci ha permesso di individuare elementi ricorrenti e specificità di questi dispositivi testuali. Utilizzando il contributo di Manar Hammad (2006) abbiamo preso in considerazione i diversi livelli di una mostra di moda: gli abiti e il loro rapporto con i manichini; l’exhibition design e lo spazio della mostra; il percorso e la sequenza, sia dal punto di vista della strategia di costruzione e dispiegamento testuale, sia dal punto di vista del fruitore modello. Abbiamo così individuato quattro gruppi di mostre di moda: mostre museali-archivistiche; retrospettive monografiche; mostre legate alla figura di un curatore; forme miste che si posizionano trasversalmente rispetto a questi primi tre modelli. Questa sistematizzazione ha evidenziato che una delle dimensione centrali per le mostre di moda contemporanee è proprio la questione della curatorship, che possiamo leggere in termini di autorialità ed enunciazione. Si sono ulteriormente chiariti anche gli orizzonti valoriali di riferimento: alla dimensione dell’accuratezza storica è associata una mostra che predilige il livello degli oggetti (gli abiti) e un coinvolgimento del visitatore puramente visivo; alla dimensione del piacere visivo possiamo invece associare un modello di mostra che assegna all’exhibition design un ruolo centrale e “chiede” al visitatore di giocare un ruolo pienamente interattivo. L’approccio curatoriale più compiuto ci sembra essere quello che cerca di conciliare queste due dimensioni.
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Monti, Gabriele <1978&gt. "Le mostre di moda contemporanee come dispositivo testuale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2171/.

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Abstract:
La tesi si pone come obiettivo quello di indagare le mostre di moda contemporanee come macchine testuali. Se consideriamo l’attuale panorama del fashion design come caratterizzato da una complessità costitutiva e da rapidi mutamenti che lo attraversano, e se partiamo dal presupposto che lo spettro di significati che uno stile di abbigliamento e i singoli capi possono assumere è estremamente sfuggente, probabilmente risulta più produttivo interrogarsi su come funziona la moda, su quali sono i suoi meccanismi di produzione di significato. L’analisi delle fashion exhibition si rivela quindi un modo utile per affrontare la questione, dato che gli allestimenti discorsivizzano questi meccanismi e rappresentano delle riflessioni tridimensionali attorno a temi specifici. La mostra di moda mette in scena delle eccezionalità che magnificano aspetti tipici del funzionamento del fashion system, sia se ci rivolgiamo alla moda dal punto di vista della produzione, sia se la consideriamo dal punto di vista della fruizione. L’indagine ha rintracciato nelle mostre curate da Diana Vreeland al Costume Institute del Metropolitan Museum di New York il modello di riferimento per le mostre di moda contemporanee. Vreeland, che dal 1936 al 1971 è stata prima fashion editor e poi editor-in-chief rispettivamente di “Harper’s Bazaar” e di “Vogue USA”, ha segnato un passaggio fondamentale quando nel 1972 ha deciso di accettare il ruolo di Special Consultant al Costume Institute. È ormai opinione diffusa fra critici e studiosi di moda che le mostre da lei organizzate nel corso di più di un decennio abbiano cambiato il modo di mettere in scena i vestiti nei musei. Al lavoro di Vreeland abbiamo poi accostato una recente mostra di moda che ha fatto molto parlare di sé: Spectres. When Fashion Turns Back, a cura di Judith Clark (2004). Nell’indagare i rapporti fra il fashion design contemporaneo e la storia della moda questa mostra ha utilizzato macchine allestitive abitate dai vestiti, per “costruire idee spaziali” e mettere in scena delle connessioni non immediate fra passato e presente. Questa mostra ci è sembrata centrale per evidenziare lo sguardo semiotico del curatore nel suo interrogarsi sul progetto complessivo dell’exhibition design e non semplicemente sullo studio degli abiti in mostra. In questo modo abbiamo delineato due posizioni: una rappresentata da un approccio object-based all’analisi del vestito, che si lega direttamente alla tradizione dei conservatori museali; l’altra rappresentata da quella che ormai si può considerare una disciplina, il fashion curation, che attribuisce molta importanza a tutti gli aspetti che concorrono a formare il progetto allestitivo di una mostra. Un lavoro comparativo fra alcune delle più importanti mostre di moda recentemente organizzate ci ha permesso di individuare elementi ricorrenti e specificità di questi dispositivi testuali. Utilizzando il contributo di Manar Hammad (2006) abbiamo preso in considerazione i diversi livelli di una mostra di moda: gli abiti e il loro rapporto con i manichini; l’exhibition design e lo spazio della mostra; il percorso e la sequenza, sia dal punto di vista della strategia di costruzione e dispiegamento testuale, sia dal punto di vista del fruitore modello. Abbiamo così individuato quattro gruppi di mostre di moda: mostre museali-archivistiche; retrospettive monografiche; mostre legate alla figura di un curatore; forme miste che si posizionano trasversalmente rispetto a questi primi tre modelli. Questa sistematizzazione ha evidenziato che una delle dimensione centrali per le mostre di moda contemporanee è proprio la questione della curatorship, che possiamo leggere in termini di autorialità ed enunciazione. Si sono ulteriormente chiariti anche gli orizzonti valoriali di riferimento: alla dimensione dell’accuratezza storica è associata una mostra che predilige il livello degli oggetti (gli abiti) e un coinvolgimento del visitatore puramente visivo; alla dimensione del piacere visivo possiamo invece associare un modello di mostra che assegna all’exhibition design un ruolo centrale e “chiede” al visitatore di giocare un ruolo pienamente interattivo. L’approccio curatoriale più compiuto ci sembra essere quello che cerca di conciliare queste due dimensioni.
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Granelli, Tommaso <1971&gt. "Negoziare confini: dagli stati di cose ai transiti." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2246/1/Granelli_Tommaso_tesi.pdf.

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Abstract:
Negotiating boundaries: from state of affairs to matter of transit. The research deals with the everyday management of spatial uncertainty, starting with the wider historical question of terrains vagues (a French term for wastelands, dismantled areas and peripheral city voids, or interstitial spaces) and focusing later on a particular case study. The choice intended to privilege a small place (a mouth of a lagoon which crosses a beach), with ordinary features, instead of the esthetical “vague terrains”, often witnessed through artistic media or architectural reflections. This place offered the chance to explore a particular dimension of indeterminacy, mostly related with a certain kind of phenomenal instability of its limits, the hybrid character of its cultural status (neither natural, nor artificial) and its crossover position as a transitional space, between different tendencies and activities. The first theoretical part of the research develops a semiotic of vagueness, by taking under exam the structuralist idea of relation, in order to approach an interpretive notion of continuity and indeterminacy. This exploration highlights the key feature of actantial network distribution, which provides a bridge with the second methodological parts, dedicated to a “tuning” of the tools for the analysis. This section establishes a dialogue with current social sciences (like Actor-Network Theory, Situated action and Distributed Cognition), in order to define some observational methods for the documentation of social practices, which could be comprised in a semiotic ethnography framework. The last part, finally, focuses on the mediation and negotiation by which human actors are interacting with the varying conditions of the chosen environment, looking at people’s movements through space, their embodied dealings with the boundaries and the use of spatial artefacts as framing infrastructure of the site.
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Granelli, Tommaso <1971&gt. "Negoziare confini: dagli stati di cose ai transiti." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2246/.

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Abstract:
Negotiating boundaries: from state of affairs to matter of transit. The research deals with the everyday management of spatial uncertainty, starting with the wider historical question of terrains vagues (a French term for wastelands, dismantled areas and peripheral city voids, or interstitial spaces) and focusing later on a particular case study. The choice intended to privilege a small place (a mouth of a lagoon which crosses a beach), with ordinary features, instead of the esthetical “vague terrains”, often witnessed through artistic media or architectural reflections. This place offered the chance to explore a particular dimension of indeterminacy, mostly related with a certain kind of phenomenal instability of its limits, the hybrid character of its cultural status (neither natural, nor artificial) and its crossover position as a transitional space, between different tendencies and activities. The first theoretical part of the research develops a semiotic of vagueness, by taking under exam the structuralist idea of relation, in order to approach an interpretive notion of continuity and indeterminacy. This exploration highlights the key feature of actantial network distribution, which provides a bridge with the second methodological parts, dedicated to a “tuning” of the tools for the analysis. This section establishes a dialogue with current social sciences (like Actor-Network Theory, Situated action and Distributed Cognition), in order to define some observational methods for the documentation of social practices, which could be comprised in a semiotic ethnography framework. The last part, finally, focuses on the mediation and negotiation by which human actors are interacting with the varying conditions of the chosen environment, looking at people’s movements through space, their embodied dealings with the boundaries and the use of spatial artefacts as framing infrastructure of the site.
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Kignel, Rubens <1950&gt. "Sense development through non verbal signs: early infancy and clinical psychoterapy." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2393/1/Rubens_Kignel_-_tesi_-Sense_development_through_non_verbal_signs.pdf.

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Abstract:
This thesis will describe the development of a relationship which is not necessarily verbal, but which generates communication, creates sense and meaning between human beings and produces “becomings” in the body that feels, perceives and physically transforms itself. This leads to a biosemiotic understanding of both the seen and unseen figure.
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