Dissertations / Theses on the topic 'Museo di anatomia patologica'
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Zanatta, Alberto. "Dal Gabinetto Patologico ad un Museo-Laboratorio di Anatomia Patologica." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3426450.
Full textQuesto lavoro vuole richiamare il lungo percorso compiuto dalle collezioni di anatomia patologica a partire dalla seconda metà del Settecento fino agli inizi del Novecento e ai giorni nostri. Padova è stata da sempre centro mondiale della medicina. Di pari passo col prestigio della “Scuola Medica” si è vista accrescere negli anni la necessità di poter conservare i preparati anatomici. Già “Sua Maestà Anatomica” Giovanni Battista Morgagni (1682-1771) aveva fatto progettare proprio un museo anatomico al Palazzo del Bo, di fianco al teatro anatomico di Girolamo Fabrici D’Acquapendente, ma tale opera non fu mai portata a termine. Il dopo Morgagni vede illustri medici come Caldani (1725-1813), Comparetti (1745-1801) e Fanzago (1764-1836), però solo con quest’ultimo si hanno le prime notizie riguardanti un gabinetto patologico (1810), anche se del tutto rudimentale. Bisogna aspettare però l’arrivo di Lodovico Brunetti (1813-1899) per avere un vero e proprio Museo anatomo-patologico (1870). Egli fu il primo cattedratico di anatomia patologica a Padova, nonché il primo direttore del medesimo Istituto. Durante la sua direzione ci furono i più significativi cambiamenti: le scuole anatomiche “in forza della mia perseverante fermezza vennero trasportate dall’ospitale in San Mattia”, il teatro anatomico divenne, sempre più, il momento essenziale della ricerca anatomo-patologica, il Museo concepito come strumento formativo e divulgativo. Altra grande novità introdotta dal Brunetti fu la realizzazione di moltissimi preparati con una sua personalissima metodica: la tannizzazione. Questa straordinaria tecnica è un processo di conservazione dei tessuti animali che prevedeva l’utilizzo, passando attraverso i vasi sanguigni, di acqua per dissanguare il preparato, etere solforico per digrassarlo, acido tannico per tannizzarlo ed infine aria compressa per essiccare il tutto. La tannizzazione non ebbe più un seguito, rimanendo purtroppo inutilizzata, nonostante i premi ricevuti in tutta Europa dal Brunetti, che si lamentava: “nessuno di voi mi segue coll’opera. L’insegnamento del Morgagni, del Rokitansky, del Virchow si è trasformato in quello del Koch e le indagini si aggirano, pressoché esclusivamente, intorno agli invisibili”. La storia del museo di anatomia patologica si colloca al fianco di quella dell’Istituto di Anatomia Patologica dell’Università di Padova ed in specifico con quella dei Direttori. Partendo appunto dal Brunetti, per continuare con Augusto Bonome, Giovanni Cagnetto, fino ad arrivare al prof. Gaetano Thiene, sono stati evidenziati i loro lavori e gli interventi fatti per lo sviluppo del Museo; luogo sempre più moderno dove vengono garantite la raccolta e la salvaguardia di materiale anatomo-patologico, ma in particolare rappresenta un archivio biologico in cui attingere per lo studio e la ricerca scientifica. Per permettere e sviluppare ciò, è opportuno pensare ad un museo “diffuso” nel territorio.
Danzì, Paolo. "Mining dei Workflow di un Laboratorio di Anatomia Patologica." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amslaurea.unibo.it/2924/.
Full textSista, Maria Teresa <1979>. "Studio di marcatori biologici prognostici nel linfoma di Hodgkin." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2950/1/Sista_MariaTeresa_Studio_di_marcatori_biologici_prognostici_nel_linfoma_di_Hodgkin.pdf.
Full textSista, Maria Teresa <1979>. "Studio di marcatori biologici prognostici nel linfoma di Hodgkin." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2010. http://amsdottorato.unibo.it/2950/.
Full textMarucci, Gianluca <1973>. "Studio di marcatori immunoistochimici, analisi FISH e ruolo dei microRNA nelle neoplasie gliali di basso e di alto grado." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3288/1/Marucci_Gianluca_tesi.pdf.
Full textMarucci, Gianluca <1973>. "Studio di marcatori immunoistochimici, analisi FISH e ruolo dei microRNA nelle neoplasie gliali di basso e di alto grado." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3288/.
Full textMAFFEIS, VALERIA. "VALUTAZIONE DI HER2 NEL CARCINOMA SIEROSO ENDOMETRIALE." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2022. http://hdl.handle.net/11577/3459384.
Full textBACKGROUND: Uterine serous carcinoma (USC) is an aggressive tumor, responsible for approximately half of endometrial carcinoma-related mortality. A subset of USC shows HER2 overexpression due to ERBB2 amplification, and a recent phase 2 trial demonstrated that these patients benefit from treatment with trastuzumab. Therefore, accurate assessment of HER2 status is critical to properly select patients for targeted therapy. However, previous work has shown a significant intratumoral heterogeneity of ERBB2 amplification in USC and Next Generation Sequencing (NGS) is (and will be) increasingly used in the identification of targetable or clinically relevant (such as POLE point mutations) molecular alterations in endometrial carcinoma. AIMS: To investigate the potential clinical impact of HER2 heterogeneity by examining HER2 status in paired endometrial biopsies, hysterectomy specimens, and metastatic lesions from patients with USC. To investigate the ability of a targeted NGS panel to detect ERBB2 amplification. MATERIALS AND METHODS: Cases of USC were retrospectively identified, for which FFPE tumoral tissue was available (biopsy, hysterectomy, and/or metastasis specimen from the same patient). HER2 expression was assessed by immunohistochemistry (IHC) on all samples and scored using the updated 2018 ASCO/CAP guidelines for testing in breast cancer as negative (0, 1+), equivocal (2+), or positive (3+). All cases which were scored as 2+, those with a discordant status (negative versus positive) between paired samples, and some more were tested by fluorescence in situ hybridization (FISH) for ERBB2 amplification status. A group of cases was also tested by NGS, comparing ERBB2 amplification as measured by NGS, IHC, and ISH. RESULTS: 70 patients resulted eligible for the heterogeneity-part of the project: 45 biopsies, 68 hysterectomies, and 71 metastases (multiple metastatic lesions from the same patient were available in 24 of 42 cases). Using combined IHC/FISH, HER2 positive status was observed in 9 of 68 primary USC (13%). By IHC, paired biopsy and hysterectomy were discordant in 1/43 (2%). Hysterectomy or biopsy and metastasis pairs showed discordance in 8/42 (19%) cases, while multiple metastatic lesions from a same patient in 3/24 (7%). Heterogeneity in HER2 amplification (as defined by Buza) within a single stained slide was present in 4/45 biopsies (9%), 21/68 hysterectomies (31%) and 2/71 metastasis (3%). 93 patients resulted eligible for the second part of the project (NGS). Using combined IHC/FISH, ERBB2 amplification was observed in 8 of 93 cases (9%). NGS identified the same 8 cases with copy number ≥6; all 85 others had copy number <6. CONCLUSIONS: Despite significant HER2 overexpression heterogeneity in over 30% of slides from hysterectomy specimens, there was excellent overall agreement (98%) in HER2 scores between paired biopsy and hysterectomy specimens. However, HER2 overexpression was discordant in 19% of hysterectomy-metastases pairs, suggesting that testing should be performed on a site of metastatic disease prior to the initiation of targeted therapy. In our series, NGS had 100% concordance with combined IHC/FISH in identifying ERBB2 amplification. NGS is highly accurate in detecting ERBB2 amplification in USC and provides an alternative to measurement by IHC and FISH.
Zampiero, A. "ESPRESSIONE DI SEL1L NEL CARCINOMA MAMMARIO - CORRELAZIONI CLINICO PATOLOGICHE." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2010. http://hdl.handle.net/2434/150207.
Full textBaldissera, Antonella <1963>. "Focalità e clonalità nei carcinomi in situ ed invasivo mammari, studio genetico e nuove tecniche di radioterapia." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2143/1/tesi_dottorato_antonella_baldissera.pdf.
Full textBaldissera, Antonella <1963>. "Focalità e clonalità nei carcinomi in situ ed invasivo mammari, studio genetico e nuove tecniche di radioterapia." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2143/.
Full textSabato, Simona. "Analisi immunoistochimica dei fattori predittivi di risposta alla terapia neoadiuvante nel carcinoma del retto." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2009. http://hdl.handle.net/11566/242410.
Full textMOSCONI, MANUELA. "ISTOMORFOLOGIA DELLA PATOLOGIA ABORTIVA E RICERCA DI SPECIFICHE CORRELAZIONI CON ANOMALIE CROMOSOMICHE INDIVIDUATE MEDIANTE FISH." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2022. http://hdl.handle.net/11567/1080236.
Full textBackground and Objectives Spontaneous abortion, defined as loss of a pregnancy without outside intervention before 20 weeks gestation, has an incidence estimated between 28% and 33% of clinically recognized pregnancies. Many risk factors have been documented and approximately the 50% of spontaneous abortion is due to chromosomal anomalies, in particular numerical alterations, known as “aneuploidies”. The aim of this study was to assess the presence of numerical chromosomal abnormalities in formalin-fixed paraffin embedded (FFPE) abortive material by fluorescent in situ hybridization (FISH) and establish a possible correlation with spontaneous abortion events. Furthermore, another goal was to ascertain a correlation of chromosomal aneuploidies with histomorphology in order to identify those morphological features possibly predicting chromosomal abnormalities. Materials and Methods A retrospective observational study was performed on 471 samples collected from women who experienced a first trimester spontaneous abortion referring to the period between January 2017 and April 2021, at the Pathology Laboratory of Giannina Gaslini Institute. The mean age of patients was 36 years. Abortive specimens were routinely processed for histopathological diagnosis by hematoxylin/eosin staining and by a panel of immunohistochemistry markers: smooth muscle actin, CD31, CD45, CD146, ck 18, Ki67, p63, p57 and plap. Then, FISH analysis was performed thanks to a set of probes identifying both sex and autosomal chromosomes (9, 13, 15, 16, 18, 21 and 22) mainly involved in pathology of abortion. Results Histopathological examination of abortive material confirmed the spontaneous abortion diagnosis for all the 471 samples. In 194/471 (41.2%), we observed morphological alterations suggestive of chromosomal anomalies, including irregular chorionic villi branching, throphoblastic invagination and inclusion, stroma with edema and reduced vascularisation. For 260/471 (55.2%) abortive specimens, the cause of miscarriage was attributable to other factors, for example co-occurring pathological maternal conditions. For the remaining 17 abortive specimens the histomorphology could not explain the cause of abortion. FISH analysis was successfully performed on 363/471 (77.1%) samples and a total of 166 chromosomal aneuploidies were identified. Different chromosome alterations were found in 108/166 (65.1%) spontaneous abortion specimens and most of them were trisomy (mainly involving chromosome 16) and monosomy. Two cases showed a double trisomy. Poliploidy was observed in 58/166 (34.9%) samples. Comparison between histomorphology and FISH was possible in 358 samples: no histomorphology/FISH anomalies were found in 117 cases; on the contrary, for 85 samples was possible to appreciate both structural alterations of the villi and the presence of chromosomal abnormalities. Correlation between histomorphology of abortive material and analysis by FISH was statistically significant (p<0,05). However, we observed 156 discrepant samples: morphological alterations of chorionic villi were not confirmed by FISH in 80 cases, while a chromosomal aneuploidy was observed in 76 structurally normal samples. Conclusion In this study, histomorphology of abortive material in FFPE and FISH for detection of specific chromosomal aneuploidies, represented useful tools to establish the possible causes of miscarriage. The analysis of discordant cases further revealed that the combined use of both approaches was able to better clarify the mechanisms of abortion. Since few data are already existing in literature, the overall results provide a contribute to improve the knowledge about abortion diagnosis, really supportive to clinicians and patients management.
Gissi, Davide Bartolomeo <1981>. "Profili di espressione genetica ed epigenetica ad impatto prognostico e predittivo nel carcinoma squamoso e nelle lesioni potenzialmente maligne del cavo orale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/6874/1/Gissi_Davide_Bartolomeo_Tesi.pdf.
Full textOral Squamous Cell Carcinoma (OSCC) is often preceded by Potentially Malignant Lesions, Leukoplakia and Lichen Planus (LP), but still today is usually diagnosed in advanced stage. Additionally patients treated for OSCC have a good chance to develop a second primary OSCC. The purpose of the research was: 1) to assess, by bisulfite Next Generation Sequencing, the methylation status of a list of candidate genes obtained from oral brushing specimens to early detect OSCC using non-invasive procedures. 2) to yield more insights into the relationship between p16INK4A over-expression and the presence of HPV-DNA in 35 LP samples. 3) to identify the clinicopathologic parameters significantly related to a second loco-regional event in a population of 180 patients treated for primary OSCC 4) to evaluate the relationship between primary OSCC and lymph node metastasis in 8 patients using two different 2 clonality tests: mt-DNA D-loop and TP53 sequence analysis. The results showed that: 1) ZAP70 and GP1BB showed an aberrant methylation status respectively in 100% and 90,9% of OSCC and High Risk lesions, while resulted unmethylated in normal healthy donors. DNA methylation analysis of GP1BB and ZAP70 seems to be a promising non invasive tool to early detect OSCC from oral brushing specimens. 2) p16INK4A over-expression was found in 26/35 LP samples, whereas HPV was found in 4/35 lesions: 3 low-risk HPV and 1 high-risk HPV. P16INK4A overexpression is not correlated with HPV in patients with LP. 3) Perineural invasion was significantly related to lymph-node metastasis (18% vs 8%) and Local Recurrence (15% vs 5%), while the status of the surgical margin resulted an independent factor influencing Second Primary Tumor. 4) The results from mtDNA analysis showed a good agreement with results of p53 mutation analysis and revealed the presence of 4/11 neck nodal metastases not phylogenetically related respect to primary tumor.
Gissi, Davide Bartolomeo <1981>. "Profili di espressione genetica ed epigenetica ad impatto prognostico e predittivo nel carcinoma squamoso e nelle lesioni potenzialmente maligne del cavo orale." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2015. http://amsdottorato.unibo.it/6874/.
Full textOral Squamous Cell Carcinoma (OSCC) is often preceded by Potentially Malignant Lesions, Leukoplakia and Lichen Planus (LP), but still today is usually diagnosed in advanced stage. Additionally patients treated for OSCC have a good chance to develop a second primary OSCC. The purpose of the research was: 1) to assess, by bisulfite Next Generation Sequencing, the methylation status of a list of candidate genes obtained from oral brushing specimens to early detect OSCC using non-invasive procedures. 2) to yield more insights into the relationship between p16INK4A over-expression and the presence of HPV-DNA in 35 LP samples. 3) to identify the clinicopathologic parameters significantly related to a second loco-regional event in a population of 180 patients treated for primary OSCC 4) to evaluate the relationship between primary OSCC and lymph node metastasis in 8 patients using two different 2 clonality tests: mt-DNA D-loop and TP53 sequence analysis. The results showed that: 1) ZAP70 and GP1BB showed an aberrant methylation status respectively in 100% and 90,9% of OSCC and High Risk lesions, while resulted unmethylated in normal healthy donors. DNA methylation analysis of GP1BB and ZAP70 seems to be a promising non invasive tool to early detect OSCC from oral brushing specimens. 2) p16INK4A over-expression was found in 26/35 LP samples, whereas HPV was found in 4/35 lesions: 3 low-risk HPV and 1 high-risk HPV. P16INK4A overexpression is not correlated with HPV in patients with LP. 3) Perineural invasion was significantly related to lymph-node metastasis (18% vs 8%) and Local Recurrence (15% vs 5%), while the status of the surgical margin resulted an independent factor influencing Second Primary Tumor. 4) The results from mtDNA analysis showed a good agreement with results of p53 mutation analysis and revealed the presence of 4/11 neck nodal metastases not phylogenetically related respect to primary tumor.
Bassi, Patrizia <1984>. "Rilievi anatomo-patologici e batteriologici condotti sull’apparato gastroenterico di una metapopolazione di cinghiali (Sus scrofa)." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5518/1/Bassi_Patrizia_tesi.pdf.
Full textIn the field of swine pathology many studies are available about some gastrointestinal bacteria like Lawsonia intracellularis, Helicobacter spp. and Campylobacter spp.. Less studies have been performed for the same bacteria on wild boar, which is strongly phylogenetically related with domestic swine but lives in a different ecological habitat. The aim of this study is to define if, and how, these bacteria can be related with pathological findings on gastrointestinal tracts in wild boar, and to compare these findings with those reported for domestic swine. The wild boar samples have been collected during a culling project in the Regional Park of Gessi Bolognesi e Calanchi dell’Abbadessa (BO) in Italy during the year 2011. Infection with Lawsonia intracellularis has been investigated with immunohistochemistry, while the research of Helicobacter spp. and Campylobacter spp. has been performed with culturing. The identification of isolates has been performed with PCR, multiplex-PCR or RFLP-PCR (Restriction Fragment Length Polymorphism-PCR) and the phenotypic characters has been investigated for isolates of Helicobacter genus. Slides of gastric and intestinal tracts have been evaluated with different scoring methods taken from literature or built considering cellular inflammatory types and localization. Bacteriological and pathological findings have been correlated with statistical analysis. Finally, in order to compare data with a previous study on antimicrobial resistance performed in the same area in 2002-2004 (Rossi et al. 2007), antimicrobial disk diffusion assays, performed following international standardized methods, have been realized on fecal indicators (Escherichia coli and Enetrococcus faecium) isolated from the culled wild boars. The MIC (Minimal Inhibitory Concentration) of some isolates of Campylobacter lanienae has been evaluated too. Obtained results can implement the knowledge about the gastrointestinal flora of wild boars and can put question on public safety in wild mammals.
Bassi, Patrizia <1984>. "Rilievi anatomo-patologici e batteriologici condotti sull’apparato gastroenterico di una metapopolazione di cinghiali (Sus scrofa)." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amsdottorato.unibo.it/5518/.
Full textIn the field of swine pathology many studies are available about some gastrointestinal bacteria like Lawsonia intracellularis, Helicobacter spp. and Campylobacter spp.. Less studies have been performed for the same bacteria on wild boar, which is strongly phylogenetically related with domestic swine but lives in a different ecological habitat. The aim of this study is to define if, and how, these bacteria can be related with pathological findings on gastrointestinal tracts in wild boar, and to compare these findings with those reported for domestic swine. The wild boar samples have been collected during a culling project in the Regional Park of Gessi Bolognesi e Calanchi dell’Abbadessa (BO) in Italy during the year 2011. Infection with Lawsonia intracellularis has been investigated with immunohistochemistry, while the research of Helicobacter spp. and Campylobacter spp. has been performed with culturing. The identification of isolates has been performed with PCR, multiplex-PCR or RFLP-PCR (Restriction Fragment Length Polymorphism-PCR) and the phenotypic characters has been investigated for isolates of Helicobacter genus. Slides of gastric and intestinal tracts have been evaluated with different scoring methods taken from literature or built considering cellular inflammatory types and localization. Bacteriological and pathological findings have been correlated with statistical analysis. Finally, in order to compare data with a previous study on antimicrobial resistance performed in the same area in 2002-2004 (Rossi et al. 2007), antimicrobial disk diffusion assays, performed following international standardized methods, have been realized on fecal indicators (Escherichia coli and Enetrococcus faecium) isolated from the culled wild boars. The MIC (Minimal Inhibitory Concentration) of some isolates of Campylobacter lanienae has been evaluated too. Obtained results can implement the knowledge about the gastrointestinal flora of wild boars and can put question on public safety in wild mammals.
RENSI, NICOLÒ. "VALUTAZIONE DELL’ESPRESSIONE DEL TFR-1 NEL TUMORE MAMMARIO DI GATTO E CANE E DELLA POSSIBILE EFFICACIA TERAPEUTICA DI UNA NANOCAGE IN COLTURE CELLULARI DI TUMORE MAMMARIO DI CANE E GATTO." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2021. http://hdl.handle.net/11577/3420288.
Full textThe transferrin receptor (TFR-1) has been found to be overexpressed in several solid tumors in humans and, in clinical oncology, has therefore been exploited in a selective anticancer therapy using nanotechnology. The ferritin (HFn), a molecule able to recognize TFR-1, was used to create a nanocage loaded with doxorubicin HFn(DOX). In veterinary medicine there are few studies that evaluate the expression of TFR-1 in tumors especially in mammary cancer and, even fewer are the studies that use it for therapy. The goal of this study is therefore the evaluation of TFR-1 expression in malignant mammary tumors of cats and dogs, either in tumor tissues and in cancer cell lines, and additionally to demonstrate the efficacy of HFn(DOX) in feline and canine mammary tumor cell lines. Interestingly, on tumor sections of different degrees of malignancy, we observed that in cats, the level of TFR-1 protein expression increases with the progression of malignancy, while in the dog a greater expression of the receptor has been identified on tumor sections compared to healthy mammary gland. As regards to the efficacy of the use of HFn(DOX), in feline metastatic mammary cancer cells line, a lower cell proliferation has been observed compared to the administration of the drug alone, at specific concentrations and time points (specifically 0.01 µM after 72 hours from treatment and 0.1 µM after 48 and 72 hours). In dogs, on the other hand, HFn(DOX) was effective only in tumor cells derived from a primary cancer at higher concentrations (5 µM and 12.08 µM after 72 hours) than those used in the cats. Apparently then, canine mammary cancer cells resulted more resistant to doxorubicin than the counterpart in cats, as in the dog it was necessary to use higher concentrations of drug either linked to the nanocage and free. The results of this preliminary study confirmed the presence of the TFR-1 in the mammary tumor of cats and dogs, highlighting a correlation of its expression with the degree of tumor malignancy in particular in the cat, suggesting that the use of engineered nanomolecules could be an effective therapeutic option for mammary cancer in this animal species. For the dog, further studies are mandatory, including more cell lines, or using the nanocage loaded with other drugs. In conclusion, the study demonstrated that the use of engineered molecules that selectively bind to specific receptors over-expressed on neoplastic cells is a promising field of study for new therapeutic horizons also in veterinary medicine.
Scarpa, Filippo <1979>. "Metodiche istologiche di utilità prognostica in oncologia veterinaria." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3793/1/Scarpa_Filippo_tesi.pdf.
Full textScarpa, Filippo <1979>. "Metodiche istologiche di utilità prognostica in oncologia veterinaria." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amsdottorato.unibo.it/3793/.
Full textsoldera, carmen. "Pazienti affetti da dolore toracico che accedono ad un dipartimento di emergenza: l'esperienza dell'Ospedale dell'Angelo di Mestre." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3424537.
Full textRIASSUNTO Di seguito, si sintetizza lo studio sull’esito dei pazienti che accedono al dipartimento di emergenza per dolore toracico (A) e una breve analisi dei decessi intraospedalieri (B) occorsi nel Pronto Soccorso dell’Ospedale dell’Angelo di Mestre, sito nella provincia veneziana del Veneto. A. OUTCOME DEI PAZIENTI CHE ACCEDONO AL DIPARTIMENTO DI EMERGENZA PER DOLORE TORACICO DELL’OSPEDALE DELL’ANGELO DI MESTRE Introduzione. Il dolore toracico è frequente motivo di accesso ad un dipartimento di emergenza. Rappresenta circa il 5-8% degli ingressi in un Pronto Soccorso (PS). In relazione al metodo di triage, il dolore toracico viene prevalentemente associato al codice cromatico giallo in assenza di alterazioni delle funzioni vitali. Talora, per escludere i casi ad alta probabilità di patologia coronarica acuta tra i pazienti affetto da dolore toracico, si ricorre all’Osservazione Breve Intensiva (OBI) che consiste in un ulteriore monitoraggio clinico strumentale del malato in un’area dedicata del dipartimento di emergenza. Si riporta, di seguito, i risultati di uno studio retrospettivo condotto presso l’Unità Operativa del Pronto Soccorso dell’Ospedale dell’Angelo, situato nella terraferma veneziana della regione Veneto. Il periodo di studio era compreso tra il 24 maggio 2010 e il 23 maggio 2011. Lo scopo dello studio era: -.verificare l’outcome dei pazienti affetti da dolore toracico che accedevano ad un dipartimento di emergenza; - analizzare l’appropriatezza del metodo di triage nell’individuare il dolore toracico a rischio di patologia coronarica acuta; -.valutare l’utilità e l’efficacia dell’”Unità dell’Osservazione Breve” (OBI) nei casi dolore toracico a genesi indefinita, ma a potenziale rischio di patologia coronarica acuta. I risultati sono i seguenti: Sono stati analizzati 3980 casi di dolore toracico, che rappresentavano il 4,71% degli 84.554 accessi totali al dipartimento di emergenza nell’anno considerato. Di questi, 2449 (61,5%) pazienti sono stati inviati a domicilio, 714 (18,0%) sono stati ospedalizzati, 4 sono deceduti (0,1%) e 813 casi (20,4%) trasferiti in OBI per ulteriore monitoraggio clinico, bioumorale ed elettrocardiografico e/o eventuale test ergometrico. Dei 714 pazienti, direttamente ricoverati dal pronto soccorso, la diagnosi conclusiva ha permesso di rilevare, nel 39,9% dei casi (285 pazienti), una patologia cardiaca coronarica acuta. I 4 pazienti deceduti erano evoluti in exitus per complicanze legate alla patologia coronarica acuta. Degli 813 pazienti transitati in OBI, il 73,4% veniva dimesso (597 casi), mentre il 26,6% veniva ricoverato (216 casi). Nel 24,5% dei casi transitati in OBI (199 casi), il 15,1% (30 casi) veniva dimesso per patologia coronarica cronica e stabile mentre l’84,9% (169 casi) veniva ricoverato per sindrome coronarica acuta. In definitiva, venivano ricoverati, dal Pronto Soccorso e dall’OBI, 454 pazienti affetti da patologia coronarica acuta che rappresentavano l’11,4 % dei pazienti che erano giunti al Pronto Soccorso per dolore toracico. Inoltre, tra i pazienti ricoverati vi è una prevalenza dei maschi rispetto alle femmine (maschi 64,4% vs 35,6% femmine). Il metodo di triage si è dimostrato sufficientemente sensibile e specifico nel distinguere i casi di dolore toracico ad alto rischio per patologia coronarica acuta da quelli a basso rischio. Infatti, al triage d’ingresso è stato attribuito il codice rosso o giallo (casi potenzialmente life – threatening) nel 78,8% dei casi di dolore toracico, mentre il codice verde o bianco (casi non ‘life –threatening’) nel rimanente 21,2 % dei pazienti. Per i casi codificati con codice cromatico verde o bianco vi era una prevalenza di invio a domicilio (84,3% vs il 55,4% dei pazienti con codice cromatico rosso o giallo), mentre per quelli codice cromatico rosso o giallo vi era una percentuale relativamente prevalente di pazienti ricoverati (21%) o avviati ad ulteriore monitoraggio in OBI (23,5%). La durata media di permanenza in OBI era di poco superiore alle 23 ore ( 23 ore e 32 minuti). Per i casi di dolore toracico ad alta probabilità per patologia coronarica acuta tra i soggetti con codice cromatico giallo e tra quelli con codice cromatico verde o bianco a rischio intermedio o basso, ‘l’Osservazione Breve Intensiva’ si e’ dimostrata utile nel ridurre i ricoveri ‘inappropriati’ per dolore toracico aspecifico e nel consentire una rapida esclusione della patologia coronarica acuta mediante il ricorso al monitoraggio telemetrico, all’ecocardiografia transtoracica e al test ergometrico nonché alla valutazione specialistica cardiologica. Conclusioni Pur rimanendo frequente motivo di accesso in Pronto Soccorso, il dolore toracico acuto e il rischio ad esso correlato richiedono un rapido inquadramento clinico e talora un approccio diversificato poichè il misconoscimento della patologia ad essa sottesa può produrre effetti fatali sull’outcome dei malati. In tal senso, l’osservazione breve intensiva può ricalcare il modello della Chest Pain Unit presente in altre realtà, ove i pazienti con dolore toracico vengono ulteriormente ‘osservati’ per giungere, in breve tempo, ad una diagnosi definitiva ottimizzando i percorsi terapeutico- diagnostici e le risorse a disposizione. B. ANALISI DEI DECESSI INTRAOSPEDALIERI DI UN DIPARTIMENTO D’EMERGENZA-URGENZA Introduzione. Tra le funzioni principali del dipartimento di emergenza vi è quella di fronteggiare le condizioni sanitarie di criticità e di rischio per la vita. Nella valutazione iniziale del malato critico è necessario attivare, quanto prima, i processi di valutazione e stabilizzazione, seguendo un percorso a gradini (step by step) ove l’ordine è rigidamente preordinato secondo una scala di priorità (A= airway; B= breathing; C= circulation; D= disability).Pur tuttavia, in alcune situazioni ‘life threatening’, l’evoluzione successiva è il decesso. Trattasi di uno studio di tipo retrospettivo condotto presso l’Unità Operativa del Pronto Soccorso dell’Ospedale dell’Angelo sito in Mestre, nel nord est dell’Italia. Scopo dello studio era: - analizzare le cause di decesso di più comune riscontro nei pazienti che afferiscono ad un dipartimento di emergenza; - dei decessi intraospedalieri, valutare il tasso autoptico definito come il rapporto tra il numero di autopsie effettuate sul numero totale dei decessi esaminati; - valutare l’accuratezza della diagnosi clinica formulata in un dipartimento di emergenza al momento del decesso, assumendo come standard di riferimento la diagnosi autoptica. Risultati I decessi intraospedalieri esaminati si riferiscono al periodo compreso tra giugno 2008 e dicembre 201l. Nello stesso periodo, gli accessi totali al Pronto Soccorso di Mestre ammontavano a 284.827 casi. I pazienti deceduti ammontavano a 223 soggetti e rappresentavano lo 0.078% degli accessi totali. Essi erano caratterizzati come segue: 28 casi nel 2008, 14 maschi e 14 femmine; 50 casi nel 2009, 24 maschi e 26 femmine; 83 casi nel 2010, 41 maschi e 41 femmine; 62 casi nel 2011, 27 maschi e 35 femmine. Nel periodo considerato (2008-2011), i pazienti deceduti erano 116 femmine e 107 maschi. L’età media era di 83,42 anni ±16,76 ds (casi di età compresa tra i 33 e i 106 anni) nelle femmine, mentre nei maschi era di 73 anni ± 3,53 ds (casi di età compresa tra i 22 e i 96 anni) e rappresentavano, rispettivamente, il 52,02% e il 47,98% dei decessi intraospedalieri. Tra le cause di decesso, quelle riconducili a patologia cardiaca, polmonare e cardiopolmonare rappresentavano più di 1/3 dei decessi intraospedalieri sia nel gruppo dei maschi che nel gruppo delle femmine. Dei 223 decessi, l’esame autoptico veniva richiesto nel 12,55% dei casi, ossia, in 28 pazienti (13 maschi e 15 femmine; l’età media era, rispettivamente, di 59 e di 70,2 anni). Dei 28 referti autoptici venivano analizzati solo 23 casi, ossia l’82,14% . Nella valutazione della concordanza tra la diagnosi di ‘dimissione’ e quella ‘autoptica’, i 23 casi erano così ripartiti: in 16 casi (69,57%) non vi era concordanza, mentre in 7 casi (30,43%) la concordanza era positiva cioè le due diagnosi erano uniformi e concordanti. Nell’analisi dei decessi intraospedalieri, l’età media dei maschi era significativamente inferiore rispetto alle femmine (59 vs 70,26 anni). Tra le cause di decesso, quelle per patologia cardiaca, polmonare e cardiopolmonare rappresentavano più di 1/3 dei decessi intraospedalieri sia nei maschi che nelle femmine. Le diagnosi ‘aspecifiche’ riconducibili ad arresto cardiocircolatorio e/o cardiorespiratorio e ad altro (exitus e cachessia) rappresentavano il 29,2% dei casi nei maschi e il 37,07% nelle femmine. Inoltre, in queste ultime, erano frequenti le cause riconducibili a sepsi ed a disfunzione multi organo. Le cause di decesso per eventi traumatici, in particolare, i traumatismi della strada erano più frequenti nei maschi rispetto alle femmine (15 vs 3 casi). Nell’analisi delle cause di decesso dei pazienti sottoposti ad autopsia, la totalità dei casi soffrivano di patologie severe, ‘life threatening’, a rapida evoluzione in exitus. Tra queste, erano prevalenti le patologie cardiache e vascolari sia addominali che cerebrali. Conclusioni Pur disponendo di ausili terapeutici e strumentali innovativi, questi non sempre contribuiscono a definire la vera causa di morte dei pazienti. Talora, la diagnosi clinica formulata dai sanitari è approssimativa e non corrispondente all’esame autoptico. L’accertamento anatomo-patologico rimane ancora di grande utilità nella pratica medica per stabilire la causa di morte, ma anche come fonte di conoscenza per migliorare i percorsi terapeutico- diagnostici, l’outcome dei malati nonché la pratica clinica dei sanitari.
BUFFELLI, FRANCESCA. "Vasculogenesi, anomalie di crescita vascolari della placenta e cardiopatie congenite: uno studio sperimentale, multidisciplinare e multicentrico volto ad individuare una correlazione ad oggi non nota." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2020. http://hdl.handle.net/11567/1010298.
Full textIntroduction: Congenital heart diseases (CHD) are the most frequent congenital anomalies at birth, with an incidence of 1 in 100 live births. The placenta is the most complex fetal organ, responsible of fetal development and growth during pregnancy. Although the development of the placenta and heart occurs in parallel, the relationship between these two organs is unknown and only recently elucidated. Methods: We conducted a retrospective observational study, including patients born exclusively at the G. Gaslini hospital, between January 2014 and March 2018 with a prenatal diagnosis of CHD and an anatomopathological analysis of the placenta, for a total of 151 patients. Fetuses with CHD Mayor were divided into 5 categories, based on cardiovascular physiology, as follows: (1) single ventricle with aortic obstruction, (2) single ventricle with pulmonary obstruction, (3) two hemodynamically unstable ventricles, (4) transposition of the great arteries, (5) two hemodynamically stable ventricles. For each patient, the following data were considered: absolute placental weight, macroscopic and vascular alterations of the umbilical cord, maternal body mass index (BMI), gender, fetal and neonatal intrauterine growth restriction (IUGR), extracardiac anomalies, surgical procedure or percutaneous in the neonatal period. For statistical analysis, the Fisher test was used, with which we studied the dependency ratio between a specific variable and the CHD; a p <0.05 was considered significant. Results: Only four variables showed scientific significance: neonatal surgery (p = 0.000008), associated extracardiac anomalies (p = 0.012), umbilical cord edema (p = 0.007) and gender (p = 0.015). Although we had found a high incidence of abnormal insertion of the umbilical cord in the placentas of heart disease infants, the result of Fisher's analysis showed no dependence between the CHD groups and this variable (p = 0.379). Conclusion: From the analysis of our results, we do not believe that the weight of the placenta can predict the diagnosis of CHD, as previously reported in the literature. Based on our experience, we cannot consider abnormal cord insertion as a high risk factor for CHD. Therefore, we do not consider it necessary to expand the ultrasound screening method by analyzing the cord insertion method. Conversely, the presence of edema of the umbilical cord was found to be CHD dependent therefore, it could be considered a risk factor for CHD. Similarly, gender was also dependent on CHD, with a strong association between the male sex and CHD Mayor. For the future, we believe it is necessary to implement the study with the inclusion of a control group and with the inclusion of other clinical and instrumental variables of the fetus and placenta.
MAZZAGLIA, DONATELLA. "Aortopatia nella sindrome di Marfan." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2014. http://hdl.handle.net/2108/203086.
Full textFilosa, Alessandra. "Ruolo della metilazione e della acetilazione del DNA nel carcinoma renale a cellule chiare: analisi di 50 pazienti sottoposti a chirurgia radicale con lungo follow-up." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2011. http://hdl.handle.net/11566/242156.
Full textDeregulation of gene expression is a hallmark of cancer. Although genetic lesions have been the focus of cancer research for many years, it has become increasingly recognized that aberrant epigenetic modifications also play major roles in the tumorigenic process. These modifications are imposed on chromatin, do not change the nucleotide sequence of DNA, and are manifested by specific patterns of gene expression that are heritable through many cell divisions, The best-known epigenetic marker is DNA methylation. The initial finding of global hypomethylation of DNA in human tumors was soon followed by the identification of hypermethylated tumor-suppressor genes. Moreover, we now know that DNA methylation occurs in a complex chromatin network and is influenced by the modifications in histone structure that are commonly disrupted in cancer cells. Early detection and risk assessment remain high priorities in oncology. Detection of hypermethylated DNA is considered a promising diagnostic tool in cancer because aberrant methylation events are abundant in tumors, occur early in the tumorigenic process, and different cancers exhibit specific hypermethylation patterns DNA methylation markers can also be used for disease classification, and to predict prognosis and response to therapy. Because of their dynamic nature and potential reversibility, epigenetic modifications are appealing therapeutic targets in cancer. We investigated global methylation and histone acetylation in 50 conventional clear cell renal carcinomas, treated with radical nephrectomy, to assess their possible role as diagnostic biomarkers. The features considered in this study were patient age, tumor size and grade, percentage of 5-methylcytosine and Acetyl-Histone (Lys 9) expression in tumor tissue. All considered parameters were correlated with patient specific survival. The mean percentage of global cellular methylation in tumoral tissue was significantly higher compared to normal peritumoral tissue, while the intensity of cellular methylation was significantly higher in normal tissues than in tumoral tissue. The mean percentage of histone cellular acetylation in tumoral tissue was significantly lower compared to normal peritumoral tissue, while the intensity of mean acetylation in neoplastic tissue was similar to the normal tissue. Fuhrman grade resulted to be statistically significant for prognosis. Global DNA methylation and histone acetylation in tumoral tissue did not correlate with survival. The percentage of global DNA methylation was significantly higher in grades 3 and 4 tumors. Fuhrman grade is still considered the most important factor for patient survival; the percentage of global methylation increases with increasing Fuhrman grade; global hypermethylation and histone hypoacetylation can have a role as markers of aggressiveness.
Muscatello, Luisa Vera <1985>. "Fattori di crescita e recettori tirosin chinasici nelle neoplasie e displasie degli animali domestici." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amsdottorato.unibo.it/7575/1/Tesi_dottorato_Luisa_Vera_Muscatello.pdf.
Full textThe loss of cells communication can lead to a deregulated growth and therefore to the neoplastic transformation. The aims of the phD study were to identify the relationship of growth factors (GF) and their tyrosine Kinase receptors (TKR) in types of neoplasia and dysplasia of domestic animals, as: 1. Amplification of the ERBB2 proto-oncogene and over-expression of the TKR erbB2 in feline mammary carcinoma. 2. Expression of erbB2, hormonal receptors, luminal, basal and myoepithelial markers in canine mammary clear cell carcinoma. 3. Microvascular proliferation and expression of angiogenic growth factors and their TKR (PDGF, VEGF, PDGFR-alpha and PDGFR-beta) in the canine choroid plexus tumors. 4. Role of Fibroblast Growth Factor-2 in relation to the structural and cell cycle proteins and the differentiation of the growth plate in calves with chondrodysplasia of Ellis van Creveld. In feline mammary carcinoma the HER2 gene was amplified and erbB2 protein was overexpressed in a subset of tumors. Fluorescence In situ hybridization is the method to identify the gene amplification and to detect false negatives and false positives obtained with immunohistochemistry. The glycogen-rich carcinoma can be considered a new histological subtype of canine mammary tumor, PAS positive, dPAS labile, expressing a triple-negative phenotype, therefore resulting erbB2 negative. Choroid plexus carcinomas significantly correlates with the Ki67 proliferation index and with the glomeruloid microvascular proliferation. Glomeruloid bodies may be used as a marker of malignancy in the canine choroid plexus tumors and PDGFR-beta is involved in their formation. The premature degradation of collagen II, a loss of the collagen X, together with a loss of FGF2, suggest that the bovine EvC syndrome is a disorder of chondrocyte differentiation, characterized by an accelerated and premature differentiation. Identification of the GF and TKR changes may direct targeted therapeutic choices in dysplasia and neoplasia of domestic animals.
Muscatello, Luisa Vera <1985>. "Fattori di crescita e recettori tirosin chinasici nelle neoplasie e displasie degli animali domestici." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2016. http://amsdottorato.unibo.it/7575/.
Full textThe loss of cells communication can lead to a deregulated growth and therefore to the neoplastic transformation. The aims of the phD study were to identify the relationship of growth factors (GF) and their tyrosine Kinase receptors (TKR) in types of neoplasia and dysplasia of domestic animals, as: 1. Amplification of the ERBB2 proto-oncogene and over-expression of the TKR erbB2 in feline mammary carcinoma. 2. Expression of erbB2, hormonal receptors, luminal, basal and myoepithelial markers in canine mammary clear cell carcinoma. 3. Microvascular proliferation and expression of angiogenic growth factors and their TKR (PDGF, VEGF, PDGFR-alpha and PDGFR-beta) in the canine choroid plexus tumors. 4. Role of Fibroblast Growth Factor-2 in relation to the structural and cell cycle proteins and the differentiation of the growth plate in calves with chondrodysplasia of Ellis van Creveld. In feline mammary carcinoma the HER2 gene was amplified and erbB2 protein was overexpressed in a subset of tumors. Fluorescence In situ hybridization is the method to identify the gene amplification and to detect false negatives and false positives obtained with immunohistochemistry. The glycogen-rich carcinoma can be considered a new histological subtype of canine mammary tumor, PAS positive, dPAS labile, expressing a triple-negative phenotype, therefore resulting erbB2 negative. Choroid plexus carcinomas significantly correlates with the Ki67 proliferation index and with the glomeruloid microvascular proliferation. Glomeruloid bodies may be used as a marker of malignancy in the canine choroid plexus tumors and PDGFR-beta is involved in their formation. The premature degradation of collagen II, a loss of the collagen X, together with a loss of FGF2, suggest that the bovine EvC syndrome is a disorder of chondrocyte differentiation, characterized by an accelerated and premature differentiation. Identification of the GF and TKR changes may direct targeted therapeutic choices in dysplasia and neoplasia of domestic animals.
Taurone, Samanta. "Profilo Immunoistochimico di Citochine Infiammatorie e Fattori di Crescita nell'Occhio Umano." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2016. http://hdl.handle.net/11577/3424330.
Full textQuesto lavoro di tesi sperimentale è rivolto allo studio di alcune patologie oculari e al coinvolgimento di alcuni fattori di crescita e citochine infiammatorie in alcune condizioni cronico-infiammatorie e nel rimodellamento tissutale, con particolare interesse per la fisiopatologia della superficie oculare e al legame complesso tra cellule e mediatori nella risposta immune innata ed acquisita. Nello svolgimento dell’attività di ricerca particolare interesse è stato rivolto agli eventi molecolari deputati al controllo e allo spegnimento di queste risposte biologiche. La mancata regolazione dei processi infiammatori corrisponde infatti alla perdita del controllo della produzione/azione delle citochine e determina come conseguenza l’insorgere di patologie infiammatorie croniche o autoimmuni. In questo lavoro di tesi è stato valutato, mediante l'utilizzo della tecnica immunoistochimica, il ruolo fisiopatologico di alcune citochine infiammatorie e di alcuni fattori di crescita (TGF-b1, IL-1b, IL-6, TNF-a e VEGF) in tessuti oculari umani ottenuti da pazienti affetti da glaucoma, retinopatia diabetica ed degenerazione maculare in confronto ad analoghi tessuti umani normali. Pertanto il nostro principale scopo è stato quello di valutare i livelli di espressione e la localizzazione delle citochine pro-infiammatorie mediante tecnica immunoistochimica in modo da poter identificare il loro coinvolgimento nella patologia ipotizzando per esse un ruolo nella modulazione di tali fattori come potenziale bersaglio terapeutico. Come dimostrato nel nostro studio uno sbilanciamento tra citochine pro- e anti-infiammatorie giuoca un ruolo fondamentale nella patogenesi delle patologie retiniche. Tale sbilanciamento nell’ambito di un complesso network regolatorio è correlato ad alcuni processi immunologici che favoriscono autoimmunità, infiammazione cronica e/o distruzione tissutale. Nello svolgimento del lavoro di tesi è stato ulteriormente confermato come il processo infiammatorio comporti una complessa cascata di segnali biologici molecolari e cellulari, che alterano le risposte fisiologiche del tessuto oculare interessato. L'analisi in microscopia elettronica (TEM) ha evidenziato come presso il sito della lesione le cellule rilascino verosimilmente segnali molecolari che causano una serie di modificazioni nella zona interessata: dilatazione dei vasi sanguigni, con conseguente aumento del flusso sanguigno e della permeabilità vascolare, essudazione di liquidi contenenti proteine come le immunoglobuline ed invasione da parte dei leucociti. Risulta ampiamente noto come l’infiammazione cronica e prolungata sia una caratteristica determinante per malattie come aterosclerosi, obesità, diabete, artrite reumatoide, asma e diversi tipi di tumore. Molte di queste malattie si caratterizzano per una ormai consolidata manifestazione oculare: retinopatia diabetica, sclerite, uveite, sindrome dell’occhio secco e neoplasie oculari. Questo ci porta ad osservare attentamente anche i progressi farmacologici e clinici che si registrano in aree apparentemente distanti dall’applicazione in campo oftalmologico, ma che potenzialmente, per traslazione, potrebbero essere utilizzabili in prospettiva anche in campo oculare. Infatti, nonostante molti tessuti oculari abbiano un sistema immuno-privilegiato o altamente evoluto per proteggere il delicato apparato visivo, l’indispensabile controllo dell’infiammazione acuta è regolato dalle stesse vie generali e da mediatori e cellule effettrici che gestiscono le risposte infiammatorie in altri organi. Queste informazioni scientifiche non soltanto conferiscono ulteriore supporto al fatto che l’infiammazione cronica svolga un ruolo significativo nella patogenesi della retinopatia, ma suggeriscono, inoltre, che il processo infiammatorio si attivi prima ancora che la retinopatia (diabetica e/o proliferativa) sia clinicamente diagnosticata. L’alterazione nel profilo di alcune citochine potrebbe, quindi, diventare sia un marker predittivo, che un importante target per lo sviluppo di future opzioni terapeutiche. Un percorso radicalmente diverso dall’approccio farmacologico nella cura delle patologie infiammatorie oculari potrebbe in futuro essere rappresentato dai progressi dalla terapia cellulare. Negli ultimi anni si è evidenziato un crescente interesse per la possibile applicazione della terapia cellulare ad alcune patologie oculari che incidono maggiormente sul rischio di disabilità visiva. La terapia cellulare si può dividere in due ampie classi: una, attraverso l’impiego di cellule staminali, finalizzata al rimodellamento della struttura e della relativa funzionalità di specifici tessuti e cellule; l’altra, che utilizza cellule immunitarie nel ruolo di potenziali immunomodulatori dell’infiammazione, diretta al ripristino dell’omeostasi immunologica attraverso il controllo degli effetti nocivi provocati dalle patologie infiammatorie.
Malatesta, Daniela <1978>. "Sistema nervoso enterico e scrapie sperimentale in ovini di razza sarda con diversa suscettibilità genetica nei confronti della malattia." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/129/1/Tesi_di_Dottorato_di_Malatesta_Daniela.pdf.
Full textThe enteric nervous system (ENS) is believed to play a key role in the pathogenesis of sheep Scrapie infection, although no information exists on the ENS cytotypes which are progressively involved, nor on the morpho-functional damage of such cells in the time course of infection. We investigated the ileal myenteric (MPs) and submucosal plexuses (SMPs) of 46 Sarda breed sheep carrying different PrP genotypes (ARQ/ARQ, ARQ/AHQ, ARQ/ARR, ARR/ARR), which had been orally dosed with Scrapie at 8 months of age and euthanized at definite time intervals post-infection (p.i.). PrPSc immunoreactivity (IR), along with pan-neuronal marker Hu C/D, nitric oxide synthase (nNOS), calbindin (CALB) and glial fibrillary acidic protein (GFAP)-IR, were evaluated by means of immunohistochemistry (IHC) and indirect immunofluorescence (IF) on paraffin-embedded sections and wholemount preparations. Eight clinically-healthy ARQ/ARQ sheep euthanized at 12-24 months p.i., along with 2 ARQ/ARQ (euthanized at 24 months p.i.) and 3 ARQ/AHQ (euthanized at 36 and 40 months p.i., respectively) clinicallyaffected sheep, showed IHC evidence of PrPSc in both their brain (obex) and ENS, especially in MPs. PrPSc deposition was fully compatible with an involvement of enteroglial cells (EGCs) and, occasionally, also with an involvement of neurons residing within ileal ENS plexuses. In conclusion, EGCs and neurons residing within ileal ENS plexuses may be likely involved in the pathogenesis of oral experimental Scrapie infection in Sarda breed sheep.
Malatesta, Daniela <1978>. "Sistema nervoso enterico e scrapie sperimentale in ovini di razza sarda con diversa suscettibilità genetica nei confronti della malattia." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2007. http://amsdottorato.unibo.it/129/.
Full textThe enteric nervous system (ENS) is believed to play a key role in the pathogenesis of sheep Scrapie infection, although no information exists on the ENS cytotypes which are progressively involved, nor on the morpho-functional damage of such cells in the time course of infection. We investigated the ileal myenteric (MPs) and submucosal plexuses (SMPs) of 46 Sarda breed sheep carrying different PrP genotypes (ARQ/ARQ, ARQ/AHQ, ARQ/ARR, ARR/ARR), which had been orally dosed with Scrapie at 8 months of age and euthanized at definite time intervals post-infection (p.i.). PrPSc immunoreactivity (IR), along with pan-neuronal marker Hu C/D, nitric oxide synthase (nNOS), calbindin (CALB) and glial fibrillary acidic protein (GFAP)-IR, were evaluated by means of immunohistochemistry (IHC) and indirect immunofluorescence (IF) on paraffin-embedded sections and wholemount preparations. Eight clinically-healthy ARQ/ARQ sheep euthanized at 12-24 months p.i., along with 2 ARQ/ARQ (euthanized at 24 months p.i.) and 3 ARQ/AHQ (euthanized at 36 and 40 months p.i., respectively) clinicallyaffected sheep, showed IHC evidence of PrPSc in both their brain (obex) and ENS, especially in MPs. PrPSc deposition was fully compatible with an involvement of enteroglial cells (EGCs) and, occasionally, also with an involvement of neurons residing within ileal ENS plexuses. In conclusion, EGCs and neurons residing within ileal ENS plexuses may be likely involved in the pathogenesis of oral experimental Scrapie infection in Sarda breed sheep.
Caliari, Diego. "Valutazione dell'espressione di immunomarcatori nel tumore mammario felino." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3427107.
Full textPisa, Eleonora. "Studio immunoistochimico e molecolare di parametri biologici correlati con la resistenza al trastuzumab nei pazienti affetti da carcinoma mammario metastatico HER-2/neu positivo." Doctoral thesis, Università Politecnica delle Marche, 2012. http://hdl.handle.net/11566/242058.
Full textAim: According to the literature, the patients with HER-2/neu positive metastatic breast cancer (MBC) who respond to treatment based on trastuzumab plus chemotherapy are less than 40%. The aim of this study was to identify features that help us to better predict the response to trastuzumabcontaining regimen in this group of patients. Materials and Methods: The immunohistochemical expression of EGFR, PTEN, pAkt, HER-3, c- Met and IGF1R and the EGFR gene status were evaluated in 101 cases of HER-2/neu+ MBC. All the patients had been treated with trastuzumab-based regimens and had a well-known follow-up until September 2009. According to the “type of response to treatment”, the patients were subdivided in three groups: resistant, refractory or respondent. The patients without progression in the first 13.0 months of trastuzumab-containing therapy were considered as responders, the other ones as non-responders. Results: The percentage of responders was 40.2%. A statistically significant direct relation was seen between PTEN expression and ER and PR expression (P=0.021 and P=0.005, respectively), whereas a negative one was present between ER and EGFR (P=0.006) and between PR and p-Akt expressions (P=0.031). A statistically significant low, inverse relation was seen between PTEN and pAkt (P<0.001). A statistically significant direct relation was seen between the “type of response to treatment” and pAkt and EGFR. A discriminant analysis was performed by using EGFR and pAkt. The sensibility was 57.6%, the specificity was 73.8%, the accuracy was 64.4%; positive predictive value was 75.5% and negative predictive value was 55.4%. Conclusions: We demonstrated that a mathematical model based on the immunohistochemical expression of EGFR and pAkt can increase the level of response prediction in patients with HER- 2/neu+ MBC treated with trastuzumab-containing regimen: 75.5% of patients mathematically assigned to “responders group” has a time to progression longer than 13 months.
Ferraresso, Serena. "Applicazione della genomica funzionale allo studio di specie di interesse in acquacoltura." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2010. http://hdl.handle.net/11577/3426957.
Full textNegli ultimi 10-15 anni, la produzione di specie marine in acquacoltura è cresciuta molto rapidamente; diverse limitazioni, tuttavia, non sono ancora state superate (per es. elevata mortalità larvale, suscettibilità a stress e patologie, sviluppo di malformazioni scheletriche). La genomica funzionale può fornire gli strumenti per una migliore conoscenza dei meccanismi molecolari responsabili di tratti produttivi di forte interesse economico nelle specie allevate. Nel presente studio, numerosi sforzi sono stati investiti allo scopo di sviluppare e sfruttare strumenti di genomica funzionale per lo studio di due specie di primaria importanza per l’acquacoltura europea, l'orata (Sparus aurata) e il branzino (Dicentrarchus labrax¬); di seguito viene riportato lo sviluppo di due piattaforme microarray a oligonucleotidi per entrambe le specie. Tutti i trascritti disponibili di orata sono stati utilizzati per la sintesi di due sonde a oligonucleotidi (60meri) per ciascun trascritto utilizzando la tecnologia Agilent SurePrint™. La riproducibilità e l’accuratezza della piattaforma microarray sono state quindi testate in due stadi precoci di sviluppo di orata: due e quattro giorni dalla schiusa. La correlazione tra le repliche tecniche si è sempre rivelata elevata (r >0,99) e forte correlazione è stata osservata anche tra le coppie di sonde per ciascun trascritto. La Real-time RT-PCR è stata quindi utilizzata per cross-validare i dati di espressione del microarray; anche in questo caso è stata ottenuta una correlazione statisticamente significativa per ciascun gene target in tutte le repliche biologiche. Per il branzino, il disegno delle sonde è stato effettuato per 19.035 trascritti target; l’elevata affidabilità e riproducibilità della piattaforma è stata confermata tramite Real-time RT-PCR e analisi delle repliche biologiche. Il microarray è stato quindi impiegato per analizzare i profili di espressione genica in mandibole e teste di esemplari di branzino affetti da prognatismo, una malformazione scheletrica che ne compromette pesantemente la produzione e la commerciabilità. Analisi statistiche hanno permesso di identificare 242 trascritti sottoespressi negli esemplari prognati rispetto ai controlli; una annotazione funzionale di questi fornisce nuove informazioni sui potenziali meccanismi coinvolti nello sviluppo di questa malformazione. Nel presente studio viene anche descritta l’identificazione e la caratterizzazione, in branzino, dei recettori Novel Immune-type Receptor (NITR). In totale sono stati identificati 27 geni e 3 pseudogeni, organizzati in cluster in una regione genomica di circa 270 kb. I membri di questo cluster sono caratterizzati da una elevata variabilità; i NITR, infatti, mantengono tre organizzazioni genomiche principali, che appaiono conservate in diverse specie di teleostei, oltre a forme nuove che coinvolgono processi di perdita di introni, delezioni di esoni o loro nuova acquisizione. Analisi comparative tra tutti i geni NITR finora noti sembrano suggerire che questi seguano il modello evolutivo noto col nome di “birth-and-death”, nel quale eventi di duplicazione, assieme alle perdite/acquisizioni di singoli membri, contribuiscono alla rapida evoluzione di diverse famiglie geniche.
Silvestre, Cristina. "Meccanismi di immunosorveglianza nella carcinogensei dei reni affetti da end-stage renal disease." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2016. http://hdl.handle.net/11577/3424488.
Full textIntroduzione- L’insufficienza renale cronica (IRC) e specialmente la terapia sostitutiva (dialisi e trapianto), aumentano il rischio di riscontrare tumori dei reni nativi. I fattori che possono essere implicati sono la malattia renale multicistica acquisita nei dializzati e la terapia immunosoppressiva nei pazienti trapiantati. Nelle linee guida internazionali mancano tuttavia delle chiare indicazioni sulla tipologia di screening a cui sottoporre questi pazienti , benché in caso di diagnosi precoce la prognosi di queste neoplasie possa risultare ottima. Scopo dello studio- nella fase retrospettiva dello studio è stata analizzata la casistica di neoplasie renali dei reni nativi in pazienti affetti da insufficienza renale cronica e in pazienti trapiantati di rene e sottoposti a nefrectomia presso l’U.O.C. Trapianti di Rene e Pancreas dell’Azienda Ospedale-Università di Padova. L’istotipo del tumore, il grading, lo stadio alla diagnosi e la prognosi di questa tipologia di pazienti sono stati valutati e confrontati con i dati riportati in letteratura relativi a pazienti uremici e nella popolazione generale. Nella fase prospettica: l'analisi istopatologica e citofluorimetrica dei reni sono state indirizzate allo studio dell'espressione delle molecole di costimolazione a livello delle cellule epiteliali renali, per determinare la loro funzione di antigen presenting cell non professionali. Sono state inoltre analizzate le sottopopolazioni linfocitarie T residenti ed il loro stato di attivazione. Materiali e metodi: Da Aprile 2007 a Giugno 2013, 18 pazienti affetti da IRC e/o trapiantati di rene sono stati sottoposti a nefrectomia per riscontro di neoplasia renale presso la U.O.C. Trapianti Rene e Pancreas dell’Azienda Ospedale- Università di Padova. Sono stati analizzati: la causa dell’IRC, il tipo di terapia sostitutiva, il timing del trapianto di rene, la terapia immunosoppressiva, l’istotipo della neoplasia, il grado Fuhrman, e l’outcome dei pazienti. Successivamente tra dicembre 2014 e dicembre 2015, sono stati arruolati nello studio 16 pazienti (5F/11M). Le indicazioni all’intervento di nefrectomia sono state malattia policistica dell’adulto (APKD) 13 pazienti, sospetta neoplasia del rene nativo 3 pazienti, 1 paziente è stata sottoposta ed espianto di autotrapianto di rene, effettuato per il riscontro di un’aneurisma dell’arteria renale primitiva. Sono state riscontrate le seguenti neoplasie renali 2 carcinomi a cellule chiare (Furhman 4 e Furhman 2 rispettivamente), 1 carcinoma papillare. Risultati- L’età media dei pazienti al momento della nefrectomia era 53.4±11.2 anni. Sei pazienti erano in trattamento dialitico (2 in emodialisi e 4 in dialisi peritoneale), mentre 11 pazienti erano trapiantati di rene e 1 era trapiantato di pancreas e rene. Un paziente ha presentato due neoplasie maligne bilaterali metacrone ed un tumore benigno. L’esame istologico ha evidenziato 17 casi di neoplasia maligna (9 carcinomi a cellule chiare e 8 carcinomi papillari) e 3 di tumore benigno (due adenomi papillari e un oncocitoma renale). Lo stadio alla diagnosi era: in 16 casi T1 ed in un caso T2. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a nefrectomia: 12 per via laparoscopica, 5 per via laparotomica e 2 per via lombotomica. Tutti i pazienti erano asintomatici alla diagnosi, che è avvenuta in corso di ecografia eseguita per altre ragioni e successivamente confermata all’esame TAC con mezzo di contrasto e/o RM. Dopo un follow-up medio di 22±20 mesi, due pazienti sono deceduti per cause non collegate alla neoplasia renale e non si sono verificate recidive locali o a distanza della neoplasia, in assenza di trattamento adiuvante. L’analisi puramente descrittiva della citofluorimetria sembra evidenziare una maggiore espressione di CD80, HLAABCm, HLAABCr; HLADRm e HLADRr; dove HLAABCm e HLADRm rappresentano l'intensità media della fluorescenza per cellula, mentre HLAABCr e HLADRr rappresentano la percentuale di cellule che superano il gate e sono quindi catalogate come positive. L’espressione di MCHC aumenta nei pazienti trapiantati rispetto ai non trapiantati in quanto il rene trapiantato sta esprimendo antigeni in modo non tollerigeno in quanto organo non self, la terapia immunosoppressiva determina un’inibizione del linfociti T a valle del CD80, impedendo il rigetto. Conclusioni- La diagnosi delle neoplasie renali che viene effettuata nell’ambito di programma di follow-up nel paziente trapiantato di rene e di screening nel paziente uremico consente di individuare neoplasie in stadio precoce, migliorandone l’outcome e riducendo la necessità di terapie adiuvanti. Sembra esserci un’attivazione nel processo di immunosorveglianza suggerito dall’ elevata espressione della molecola di costimolazione CD80 nei pazienti affetti da neoplasie renali. Rimane da chiarire il ruolo della terapia immunosoppressiva nell’immunosorveglianza.
Pintore, Laura. "Valutazione clinico-patologica di primati sottoposti a xenotrapianto renale: determinazione quali-quantitativa della proteinuria." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3423227.
Full textIl modello sperimentale di xenotrapianto renale suino-primate non umano, è stato ampiamente studiato dal punto di vista immunologico ed istopatologico. In letteratura sono presenti solo pochi lavori che hanno come principale obbiettivo, la valutazione clinico-patologica dei soggetti riceventi. Il nostro lavoro è volto a fornire una valutazione clinico-patologica dei soggetti donatori e dei soggetti riceventi mediante monitoraggio dei parametri ematologici e biochimici, le cui variazioni, in queste specie animali ed in queste condizioni sperimentali, non sono mai state oggetto di studio. Inoltre, il monitoraggio della proteinuria e la sua valutazione quali-quantitativa assumono particolare importanza in questi pazienti nei quali, a causa della nefrectomia bilaterale a cui vengono sottoposti, la funzionalità renale è unicamente sostenuta dall’organo trapiantato. Materiali e metodi Nel presente lavoro sono stati valutati otto primati bilateralmente nefrectomizzati (Macaca fascicularis) riceventi un rene di suino donatore α1,3-galactosyltransferase gene-knockout (GTKO) e transgenico per le seguenti proteine: CD39, CD55, CD59 e fucosiltranferasi. I primati sono stati divisi in due gruppi sperimentali a seconda del protocollo immunosoppressivo utilizzato. I parametri ematologici e biochimici, primariamente coinvolti nella funzione renale, sono stati monitorati quotidianamente a partire dal giorno 11 antecedente al trapianto sino alla fine della vita sperimentale dei primati. Lo studio qualitativo e quantitativo delle proteine urinarie, è stato effettuato mediante il rapporto proteine-creatinina urinaria (UPC ratio) ed elettroforesi in sodium dodecyl sulphate-agarose gel electrophoresis (SDS-age). Risultati Le principali alterazioni ematologiche e biochimiche osservate nei primati nel periodo post-trapianto sono state un’anemia progressiva ed un marcato e progressivo decremento delle proteine sieriche. Nei campioni d’urina, la valutazione del rapporto UPC, basso nelle valutazioni pre-trapianto, si presentava aumentato nel periodo post-trapianto. Allo stesso modo lo studio elettroforetico in SDS-age dei campioni di urina del periodo post trapianto ha permesso di identificare bande riferibili a proteinuria mista (tubulare e glomerulare), assenti invece nella fase pre-trapianto. Conclusioni La valutazione clinico-patologica completa dei primati sottoposti a xenotrapianto renale comprendente monitoraggio di parametri ematologici ed urinari è di importante ausilio diagnostico nella valutazione quotidiana di questi pazienti e si ritiene possa essere d’aiuto per impostare eventuali terapie di supporto ed accrescere il profilo di benessere negli animali. La valutazione del rapporto UPC e l’uso della metodica di elettroforesi in SDS-age per l’analisi dei campioni urinari provenienti da primati sottoposti a xenotrapianto renale, rappresentano dei mezzi diagnostici poco costosi, validi e sensibili per il monitoraggio della proteinuria post–trapianto. Tuttavia, nel nostro gruppo sperimentale, la proteinuria e la presenza di proteine LMW è stata riscontrata nei campioni dell’immediato post-trapianto, indipendentemente dalle fluttuazioni della creatinina e/o dalla condizione della funzionalità renale.
Pellizzari, Caterina. "Identificazione di marcatori molecolari per la resistenza alla fotobatteriosi nell'orata di allevamento (Sparus aurata)." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3425321.
Full textLa fotobatteriosiosi ittica, causata dal batterio Gram negativo Photobacterium damselae subsp. piscicida (Phdp), è una patologia infettiva che colpisce diverse specie di pesci che vivono in acque marine temperate. La fotobatteriosi rappresenta un reale problema sanitario per gran parte degli allevamenti intesivi di orata (Sparus aurata), con tassi di mortalità che possono raggiungere il 90-100%; gli stadi larvali e giovanili sono i più suscettibili all’infezione. Una possibile strategia per prevenire la patologia prevede la selezione di animali geneticamente resistenti a essa. La resistenza alla fotobatteriosi presenta un’ereditabilità medio bassa (0.12-0.45) e la sua stima risulta dispendiosa, di conseguenza, la strategia migliore per l’attuazione di programmi di miglioramento genetico per questo tratto è la selezione assistita da marcatori. Scopo di questo progetto è l’identificazione di loci genetici coinvolti nella determinazione della resistenza all’infezione in orata, mediante un approccio genomico integrato. Un’analisi di QTL per la resistenza alla fotobatteriosi è stata effettuata considerando una popolazione di 500 individui, generati da 8 maschi e 5 femmine, infettati sperimentalmente con Phdp e genotipizzati utilizzando 151 loci microsatelliti. I dati ottenuti sono stati elaborati attraverso un’analisi di regressione half-sib per due caratteri con distribuzione continua, la lunghezza al momento del decesso e la saprovvivenza, e per due caratteri binari, la sopravvivenza al giorno 7 e al giorno 15, associati ai maggiori picchi di mortalità. Per la resistenza alla fotobatteriosi sono stati identificati due QTL significativi. Il primo, coinvolto nella sopravvivenza al giorno 15, è stato associato al LG3. Il secondo, per la sopravvivenza al termine del challenge, è stato collocato nel LG21, per cui è stato possibile anche identificare un potenziale marcatore (Id13) associato alla resistenza alla patologia. Per la lunghezza al momento del decesso è stato individuato un QTL significativo nel LG6, in grado di spiegare il 5-8% della varianza fenotipica. La tecnologia microarray è stata impiegata per analizzare i cambiamenti a livello trascrizionale nel rene cefalico di orate sottoposte a un’infezione sperimentale con Phdp. La piattaforma microarray a oligonucleotidi, sviluppata da Ferraresso e colleghi (2008), è stata aggiornata aggiungendo 6412 nuovi trascritti unici. Le analisi statistiche dei dati di espressione hanno identificato 293 trascritti significativamente sovraespressi e 123 trascritti significativamente sottoespressi, associati a una risposta all’infezione che coinvolge principalmente i più immediati meccanismi del sistema immunitario innato. È stata rilevata, inoltre, una significativa predominanza di molecole antinfiammatorie che aiutano a controllare gli eccessivi danni collaterali ai tessuti dovuti alla risposta dell’ospite, ma così facendo, porterebbero anche a una riduzione dell’efficacia dei meccanismi immunitari responsabili dell’eliminazione del patogeno. I saggi di espressione in Real time RT-PCR hanno confermato i risultati di microarray. I geni differenzialmente espressi sono stati localizzati nel genoma di Gasterosteus aculeatus, per trovare una possibile co-localizzazione dei loci che contribuiscono alla resistenza all’infezione o alla suscettibilità. Questi geni, che apparentemente si collocano nelle stesse regioni dei QTL significativi, rappresentano un punto di partenza per raffinare la localizzazione dei QTL qui identificati e potrebbero raprresentare dei potenziali marcatori per la selezione di linee di animali maggiormente resistenti alla fotobatteriosi
Corna, M. F. "IL NUCLEO RETROTRAPEZOIDE UMANO: ALTERAZIONI CONGENITE IN CASI DI MORTE INASPETTATA PERINATALE E DEL LATTANTE." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2012. http://hdl.handle.net/2434/168715.
Full textPadoan, Elisa. "Analisi dell'immuno-trascrittoma di cavallo nelle patologie IAD e RAO." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2012. http://hdl.handle.net/11577/3425261.
Full textIl lavoro di ricerca svolto nell’arco dei tre anni di dottorato, è stato articolato in due progetti sviluppati nell’ambito delle malattie respiratorie su base infiammatoria che colpiscono gli equini. Tali patologie possono essere distinte in due grandi gruppi: Recurrent Airway Obstruction (RAO) ed Inflammatory Airway Disease (IAD). Lo scopo dei progetti di ricerca si è basato sull’indagine dei profili di espressione di geni immuno-correlati nell’albero respiratorio di cavalli affetti da IAD e RAO, in relazione ad un gruppo di controllo. Su tutti i soggetti, sono stati eseguiti gli esami clinici mirati alla valutazione dell’apparato respiratorio, l’esame endoscopico e l’esame citologico e microbiologico da Broncho-Alveolar Lavage (BAL), per valutare le potenziali correlazioni esistenti tra i profili di espressione genica ed i parametri clinici. Il primo progetto è stato sviluppato comparando cavalli sani con soggetti affetti da RAO, su cui i campionamenti sono stati ripetuti due volte nell’arco di 15 giorni, al fine valutare una potenziale evoluzione temporale dell’espressione genica e degli altri parametri considerati nella ricerca. Inoltre, sono state eseguite biopsie del tessuto bronchiale, sottoposto sia a valutazione istologica che ad analisi di espressione genica. Mediante real time RT-PCR, sono stati indagati i profili di espressione di 10 geni target immuno-correlati (IL-1ß, IL-6, IL-8, IL-13, IL-17, TNFa, INF?, TGF-ß1, NF?-ß e TRL 4), sei dei quali hanno dimostrato una aumento statisticamente significativo dei livelli di espressione nel gruppo RAO rispetto al gruppo di controllo. Le analisi statistiche condotte, hanno riscontrato una correlazione positiva tra la quantità di muco nelle vie aeree e l’ espressione di alcuni dei geni indagati. Non sono state evidenziate differenze di espressione, dei geni inclusi nello studio, tra i tessuti bioptici prelevati dai soggetti affetti da RAO e quelli ottenuti dal gruppo di controllo. Il secondo progetto di ricerca, è stato sviluppato ampliando la casistica dei cavalli affetti da RAO ed introducendo lo studio della IAD. Su tutti i soggetti, le indagini cliniche e le valutazioni dei profili di espressione genica sono state condotte sia al momento della diagnosi che al termine del trattamento farmacologico della durata di 15 giorni. Valutati i risultati del primo lavoro, non sono state eseguite biopsie del tessuto respiratorio. Lo sviluppo di una piattaforma microarray specifica per i geni immuno-correlati di cavallo ha permesso di ottenere una visione globale dei pathway coinvolti nella risposta infiammatoria delle due patologie. Le analisi statistiche effettuate hanno evidenziato una differenza di espressione significativa per 379 trascritti (di cui 55 sovra-espressi e 324 sotto-espressi) tra il gruppo IAD ed il gruppo di controllo e per 1763 geni (di cui 903 sovra-espressi e 860 sotto-espressi) tra i pazienti affetti da RAO ed i soggetti sani. Da un punto di vista clinico, sono state riscontrate differenze statisticamente significative sia della frequenza respiratoria a riposo che della quantità di muco presente nelle vie aeree dei cavalli affetti da IAD rispetto ai soggetti RAO. Tra i geni sotto-espressi nei due gruppi di cavalli affetti da malattia respiratoria, hanno acquistato importanza alcuni trascritti coinvolti nella genesi, lunghezza e motilità dell’apparato ciliare dell’epitelio respiratorio. Nella popolazione IAD, è stata dimostrata la sovra-espressione di geni codificanti per mediatori coinvolti nella risposta infiammatoria. I geni sovra-espressi nel gruppo RAO, caratterizzati da maggior rilievo, sono coinvolti nella risposta infiammatoria, nella broncocostrizione, nella via apoptotica e nel pathway dell’ipossia. Nella medesima patologia, si sono mostrati sotto-espressi anche alcuni geni coinvolti nella genesi del film muco-proteico di protezione dell’epitelio respiratorio. Lo studio condotto mediante Gene Set Enrichment Analysis (GSEA), ha evidenziato che il pathway attivato in corso di asma umano, viene arricchito anche nella patologia RAO equina, sebbene la significatività statistica sia marginale (False Discovery Rate < 25%, p value 0,08). Non è stato possibile valutare l’effetto della terapia farmacologica sui profili di espressione genica, poiché la bassa qualità dell’RNA estratto dal BAL di alcuni campioni non ha permesso di raggiungere un numero significativo di soggetti valutati prima e dopo il trattamento terapeutico. Gli studi effettuati hanno quindi permesso di far luce su alcuni dei meccanismi immunologici che stanno alla base delle patologie respiratorie equine di maggiore importanza veterinaria ed economica. In futuro, le informazioni ottenute, potrebbero condurre allo sviluppo di nuovi mezzi terapeutici per l’inibizione delle molecole coinvolte nello sviluppo di IAD e RAO, come già avviene in medicina umana. Infine, il coinvolgimento di un medesimo pathway nell’asma umano e nella RAO equina, potrebbe condurre all’utilizzo di tale specie come modello animale per lo studio delle patologie respiratorie croniche umane.
Antonello, Jenny. "Sviluppo di strumenti genomici applicati alla selezione di linee resistenti alla pasteurellosi nell'orata comune (Sparus aurata, L)." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3425980.
Full textBanco, B. "ESPRESSIONE DI MARKERS IMMUNOISTOCHIMICI IN GONADI NORMALI E PATOLOGICHE DI CANE." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2012. http://hdl.handle.net/2434/168075.
Full textRasotto, Roberta. "Aspetti classificativi, epidemiologici, prognostici e profili di espressione proteica del tumore mammario del cane." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3422030.
Full textIl tumore mammario è la neoplasia più frequente nei cani femmina. I dati relativi all’eziopatogenesi, all’epidemiologia e al comportamento biologico di questa forma tumorale sono ancora in parte incompleti e controversi. È risaputo inoltre che tale forma tumorale è caratterizzata da un’elevata eterogeneità morfologica e la mancanza di precisi e definiti criteri diagnostici istopatologici rende spesso difficile un’adeguata standardizzazione nella formulazione della diagnosi. Da queste considerazioni è nata l’esigenza di approfondire alcuni aspetti classificativi nell’ambito di una collaborazione internazionale che ha portato alla definizione di criteri precisi per la distinzione tra forme neoplastiche benigne e maligne e alla stesura di una nuova classificazione per le lesioni iperplastiche/neoplastiche della mammella del cane. Tale classificazione si ispira al precedente sistema classificativo internazionale (WHO), ma risulta rielaborata e integrata con alcune nuove entità morfologiche. Applicando questi criteri e la nuova classificazione su 2143 campioni di tessuto mammario canino e mettendo i risultati ottenuti in relazione ad altre specifiche valutazioni morfologiche e a dati segnaletici e di follow-up è stato possibile mettere in risalto alcuni aspetti, in parte noti e in parte nuovi, relativi all’epidemiologia e al comportamento biologico di questa forma tumorale. Si sono ad esempio messi in evidenza la presenza di razze meno rappresentate tra i soggetti portatori di tumori mammari maligni, un aumento di incidenza delle forme maligne al crescere dell’età e una certa tendenza degli animali sterilizzati, rispetto agli interi, a presentare forme tumorali leggermente diverse, apparentemente più aggressive. Per molte delle tipologie tumorali descritte è stato riconosciuto un comportamento biologico specifico. È stato particolarmente interessante a fini classificativi e prognostici approfondire lo studio, con ausilio immunoistochimico, di una nuova tipologia tumorale (carcinoma e mioepitelioma maligno) caratterizzata dalla presenza di cellule mioepiteliali maligne. È stata inoltre dimostrata o in altri casi confermata e dettagliata, la valenza prognostica di alcuni parametri quali il diametro tumorale, l’invasione del sistema linfatico, il grado istologico di malignità, l’infiltrazione periferica e la presenza di pattern micropapillare.
Rossi, G. "IDENTIFICAZIONE DI NUOVI BIOMARKER E METODI ANALITICI INNOVATIVI IN PATOLOGIA CLINICA VETERINARIA." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2010. http://hdl.handle.net/2434/150186.
Full textFornai, L. "Molecular Imaging of the heart by mass spectrometry." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3421675.
Full textIntroduzione Le malattie cardiovascolari rappresentano nel mondo la prima causa di morte, contando 17.1 milioni di morti ogni anno. Attualmente i meccanismi fisiopatologici alla base delle patologie sono in larga parte ancora sconosciuti. Capire la natura dei complessi processi biologici in atto sia nel miocardio cardiaco sano che malato richiede l’identificazione e la localizzazione degli stessi elementi molecolari coinvolti. METODO Utilizzando tecniche complementari di spettrometria di massa d’immagine (SMI) quali la spettrometria di massa a ioni secondari (Secondary Ion Mass Spectrometry, SIMS) e la spettrometria di massa a desorbimento /ionizzazione laser assistita da matrice (Matrix-assisted laser desorption/ionization, MALDI) abbiamo analizzato le principali componenti del cuore del ratto: il pericardio, il miocardio, l’endocardio, le valvole e i grandi vasi al fine di studiare ed identificare l’originale distribuzione di atomi, lipidi, peptici e proteine nel tessuto cardiaco normale. Quaranta sezioni di tessuto cardiaco sono state acquisite e ricostruite ottenendo un database tridimensionale. RISULTATI L’analisi della superficie delle sezione di tessuto cardiaco ha generato molteplici ioni secondari con un intervallo di massa che raggiunge i 1500 m/z. Utilizzando la modalita’ negativa abbiamo identificato il colesterolo e gli ioni relativi ad esso che mostrato un alta intensita’ in entrambi gli atri, l’aorta, l’arteria polmonare e pericardio. La colina corrispondente a 105 m/z di massa molecolare risulta essere localizzata in entrambi gli atri, aorta, arteria polmonare, valvole atrioventricolari e valvole semilunari ma non risulta essere presente sulla superficie ventricolare. Sono state identificate molecole appartenenti al diacilglicerolo come acido Oleico, Linoleico [OL]+ corrispondenti alla massa molecolare di 602 m/z e [OO]+ (Oleico,Oleico) con massa molecolare di 604 m/z. Le immagini ottenute dalla ricostruzione tridimensionale mostrano una specifica localizzazione complementare tra il sodio, il potassio e gli ioni con massa molecolare di 145 m/z e 667 m/z. Il sodio e’maggiormente localizzato nelle regioni cardiache corrispondenti agli atri, mentre il potassio e’ maggiormente localizzato nelle regioni corrispondenti alla superficie ventricolari. Lo ione con massa molecolare di 667 m/z e’ localizzato con molta precisione all’interno della parete dell’aorta e lo ione con massa molecolare di 145 m/z e’ localizzato a livello delle regioni atriali. CONCLUSIONI Al fine di promuovere un’ulteriore ricerca in patologia cardiovascolare, riportiamo l’identificazione delle caratteristiche molecole che mappano l’organizzazione spaziale delle strutture cardiache del cuore del ratto. Una serie di immagini ottenute da sezioni successive del cuore potrebbero inizialmente essere utilizzate come un atlante molecolare e similmente, ad un atlante basato sulle immagini ottiche, essere ampiamente utilizzato come referente sia dal punto di vista fisiologico che anatomico. L’aiuto apportato da questo progetto e’ l’ottimizzazione dei dati ottenuti dall’analisi SIMS e lo sviluppo della tecnica per la ricostruzione tridimensionale al fine di investigare e visualizzare le differenti molecole localizzate nelle strutture del cuore di ratto. I risultati qui riportati rappresentano la prima ricostruzione tridimensionale ottenuta con immagini SIMS, del cuore di ratto.
Fassan, Matteo. "Non-coding RNA dysregulation in Barrett's carcinogenesis." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2014. http://hdl.handle.net/11577/3423476.
Full textL’esofago di Barrett è il più importante fattore di rischio per lo sviluppo dell’adenocarcinoma esofageo. La diagnosi di mucosa di Barrett (MB) è definita dalla sostituzione della mucosa esofagea nativa con mucosa ghiandolare intestinalizzata (i.e. metaplasia intestinale [MI]). Recentemente, anche metaplasie di tipo non intestinale (i.e. metaplasia gastrica [MG]) sono state associate ad un aumentato rischio di evoluzione neoplastica. Profili molecolari di espressione possono indagare il significato biologico e preneoplastico delle differenti lesioni metaplasiche esofagee. I microRNA (miRNA) sono una classe di piccole molecole di acido ribonucleico non codificante che regolano l’espressione di circa un terzo dei geni umani mediante meccanismi trascrizionali e traslazionali. L’alterata espressione dei miRNA è di fondamentale importanza in patologia umana ed è stata descritta nella cancerogenesi di Barrett. La famiglia delle Ultra Conserved Regions (UCRs) è una classe di 481 sequenze non codificanti conservate tra uomo, ratto e topo. La maggior parte (93%) è trascritta (definite come T-UCRs) nei tessuti normali e la loro espressione è alterata nei tumori. Non sono mai state studiate nella carcinogenesi di Barrett. Gli obiettivi di questo dottorato di ricerca sono stati: i) esplorare il ruolo della deregolazione dei miRNA nella genesi delle lesioni metaplasiche esofagee; ii) definire biologicamente la sequenza delle lesioni metaplasiche che insorgono nella carcinogenesi di Barrett; iii) individuare nuovi marcatori molecolari da introdurre nella diagnostica delle lesioni associate all'esofago di Barrett; iv) identificare miRNA o T-UCR deregolati nel processo di carcinogenesi di Barrett. Principali risultati: i) lo studio del profilo di miRNA deregolati nella carcinogenesi di Barrett; ii) definizione dei profili di espressione dei miRNA legati alle lesioni metaplasiche esofagee; iii) il ruolo della deregolazione di miR-125a-5p/miR-125b e della loro regolazione dell'espressione di HER2 nelle neoplasie gastroesofagee; iv) il ruolo del miR-145 nella acquiszione del fenotipo intestinale e del suo targeting di GATA6; v) lo studio del profilo delle T-UCR deregolate nella carcinogenesi di Barrett. I presenti studi contribuiscono a chiarire le basi molecolari delle alterazioni metaplasiche e displasiche incluse nella oncogenesi di Barrett. In futuro i miRNA potranno essere introdotti nella pratica clinica come biomarcatori diagnostici e prognostici. I risultati ottenuti dovranno essere validati su grandi casistiche multicentriche con follow-up clinico-endoscopico.
CANDIA, D. DI. "RILIEVO DI FATTORI XENOBIOTICI, CON PARTICOLARE RIFERIMENTO A NICOTINA E COTININA, IN CAMPIONI ISTOLOGICI APPARTENENTI A FETI E NEONATI DECEDUTI PER CAUSE NATURALI." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2011. http://hdl.handle.net/2434/150183.
Full textDE, ANGELIS LAURA COSTANZA. "Valutazione dei fattori di rischio precoci di patologia cerebrale nel neonato prematuro: fattori perinatali e nuovi biomarkers su liquido amniotico e amnion." Doctoral thesis, Università degli studi di Genova, 2021. http://hdl.handle.net/11567/1046993.
Full textBackground. Preterm birth is associated with an increased risk of brain injuries, which may present with a broad spectrum of clinical features, depending on the severity and the gestational age. The early identification of risk factors for neurological damage in the preterm population is important to improve the perinatal care and to guide the subsequent follow-up. While several studies have highlighted a significant role of early postnatal factors on the development of these lesions, the possible role of the intrauterine environment and the placental pathology has not yet been fully clarified. Placental histological analysis can provide valuable information on the etiopathogenesis of neonatal brain lesions and, in its fetal component, it represents an valuable tissue for the identification of new biomarkers. Methods. The study, which involved 289 preterm infants <32 gestational weeks admitted at birth at our Neonatal Intensive Care Unit between January 2012 and October 2017, evaluated the role of numerous perinatal risk factors on the development of brain lesions of prematurity (intraventricular haemorrhage, cerebellar haemorrhage, white matter lesions), diagnosed by MRI at corrected age. A research project was also carried out to find an association between these lesions and placental histopathological characteristics, re-evaluated according to the recent Amsterdam classification. Furthermore, proteomic analysis with mass spectrometry of the amniotic fluid and amnion was performed on a subgroup of these subjects, analyzed by Weight Gene Co-expression Network Analysis (WGCNA). For the statistical analysis of risk factors, a descriptive analysis of the data was carried out using the Student's t test for continuous variables and the χ2 test or Fisher's exact test for categorical variables. A univariate analysis of the factors considered and subsequently multivariate was also carried out considering only the statistically significant or borderline variables in the univariate analysis. Results. The study highlighted a significant correlation between brain lesions and some perinatal characteristics, confirming the observations of previous studies (presence of cerebellar hemorrhage [OR: 8.14], mechanical ventilation in the first 72 hours [OR: 2.67] and patency of the Botallo duct treated pharmacologically [OR: 2.6]. After correction for gestational age, one of the most important independent risk factors in determining the neurological risk, and specifically, of intraventricular hemorrhage, was stage 1 chorioamnionitis involving the maternal side [OR : 2.92] and stage 3 [OR: 4], while no correlation emerged between placental findings and other brain lesions. The proteomics study revealed a pattern of protein co-expression characteristic in case of chorioamnionitis involving the fetal side of the placenta [ ME brown: Pearson index 0.9; p <0.05] The identification of the protein components present in this pool could b lead to the identification of one or more new markers of chorioamnionitis which, when measured in neonatal blood, or possibly, in maternal blood, could be used to guide an early assessment of the risk of brain injury in the preterm infant. Conclusions. The hystopatogenesis of the inflammation of the mother / fetus dyad consisting of histological chorioamnionitis (only recently defined) and the less objectified, often only suspected, clinical chorioamnionitis (maternal fever) is complex. The most important factor to understand the involvement of the future newborn, of his being more or less "pre-conditioned" by the maternal state, more or less prone to developing neonatal brain complications, is the presence of FIRS (Fetal Inflammatory Response Syndrome) which shows significantly altered proteomic values on the fetal side. The multifactoriality of brain lesions and the preponderant role of gestational age in their onset remains indisputable. These observations, together with the necessary continuous search for plausible biomarkers as our study tried to demonstrate, underline the importance of optimizing the timing of premature birth, in which the balance between the risks of a preterm birth and the benefits of excluding the fetus / newborn from a hostile environment, such as that of pregnancy in the course of inflammation, must be weighed with extreme caution.
SESTI, FABIOLA. "Meccanismi di escaping apoptotico nella progressione tumorale: Clasterina come nuovo marker prognostico del carcinoma del colon." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2008. http://hdl.handle.net/2108/701.
Full textColon cancer is the third most common malignancy in the Western countries for incidence and mortality and it is one of the best characterized molecular models of cancer progression. Recently, the role of tumour microenvironment soluble mediators has emerged as an important factor in modulating the action of proteins involved in cell survival and cell death, promoting cancer progression. In this study, we have analysed the expression of proteins involved in DNA damage repair, in cell survival and in cell death in the adenoma-carcinoma sequence of colon cancer. Moreover, we have evaluated the role of the pro-inflammatory cytokine IL-6 (present in the bowel chronic and acute inflammatory state) on the modulation of the expression of Bax, Ku70, Ku86 and Clusterin and on their interactions. We have demonstrated that the action of IL-6 microenvironment factor occurs through altered expression or localization modifying the function of proteins involved in DNA damage repair and cell survival. Hence, the action of these factors is flexible and adaptable to the diverse stages of tumour evolution. Finally, we have assessed the possible correlation between the over-expression of the secreted form of Clusterin (sCLU) observed in the most aggressive tumours and its release in circulation. The presence of sCLU has been evaluated in the blood and stool of colon cancer patients and in individuals without bowel neoplasia. We conclude that the level of secreted Clusterin has a prognostic value for colon cancer.
RUSSO, C. LO. "ANALISI COMPARATIVA DI METODICHE MOLECOLARI PER LA DETERMINAZIONE DELLO STATO MUTAZIONALE DI EGFR IN PAZIENTI CON CARCINOMA DEL POLMONE NON A PICCOLE CELLULE." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2014. http://hdl.handle.net/2434/231152.
Full textMininni, Alba Nicoletta. "Risposta allo stress da freddo nei pesci: analisi del trascrittoma di Sparus Aurata (L.) esposta alle basse temperature." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3421681.
Full textDalla seconda metà del secolo scorso ad oggi l‟acquacoltura continua ad essere il settore delle produzioni animali in più rapida crescita, con il 46% di pesce fornito sul totale consumato nel 2010. Rimangono, tuttavia, problematiche strettamente legate ad aspetti ancora sconosciuti nell‟ambito della biologia di alcune specie d‟interesse come l‟orata comune (Sparus aurata). La genomica funzionale può fornire validi strumenti per ottenere informazioni sui meccanismi molecolari coinvolti nei processi fisiologici importanti anche da un punto di vista economico. Come le popolazioni e le specie marine reagiscono ai cambiamenti climatici è una questione di importanza centrale ancora non del tutto risolta. L‟orata comune risente fortemente del freddo, non sopravvivendo a temperature inferiori ai 5°C e spesso, durante l‟inverno, gli allevamenti subiscono ingenti danni economici per l‟elevata mortalità data dalla sindrome metabolica winter disease. In questo studio sono stati valutati i profili di espressione genica di individui di S. aurata esposti alle basse temperature, in condizioni sperimentali che fossero il più realistiche possibile con la stagione invernale. Il profilo di espressione genica può servire come strumento per legare il genotipo alla fisiologia e al fenotipo. Sono state, inoltre, esaminate popolazioni provenienti da regioni con condizioni climatiche diverse, Veneto e Sicilia, ipotizzando una differente tolleranza al freddo. Quattro gruppi di orate (120±16 g), provenienti a coppie dalle due regioni, sono state esposte per 21 giorni a due trattamenti di temperatura: 16 ± 0,3 °C (gruppi di controllo) e 6,8 ± 0,3 °C (gruppi dei trattati). Campioni di fegato e branchia sono stati raccolti durante esposizione acuta (0, 6 e 24 ore) e cronica (21 giorni). I profili di espressione sono stati analizzati usando un microarray a oligo-nucleotidi con circa 19.715 geni. I risultati hanno rivelato una risposta trascrizionale complessa per la risposta al freddo, con numerosi pathway coinvolti: metabolismo di lipidi e carboidrati, heat shock protein (HSP) e chaperoni, degradazione proteica, apoptosi, metabolismo di RNA e DNA, risposta immunitaria. La prima risposta è legata allo stress ossidativo, suggerendo un disturbo immediato del bilancio dell‟ossigeno a livello sistemico, mentre le più grandi differenze trascrizionali tra trattati e controlli si rilevano durante l‟esposizione a lungo termine, e coinvolgono principalmente geni del metabolismo lipidico per la ridistribuzione delle riserve energetiche e geni dell‟immunità per l‟importante effetto immuno-soppressivo del freddo. I dati del trascrittoma di branchia e fegato di orate esposte alle basse temperature forniscono un punto di partenza per indagare i meccanismi fisiologici sottostanti l‟adattamento al freddo a lungo termine nei pesci e per indirizzare ricerche future volte all‟identificazione di ceppi di S. aurata resistenti al freddo in acquacoltura.
Persico, P. "PATOLOGIE INFIAMMATORIE CRONICHE CUTANEE E MUCOSALI NELLA SPECIE FELINA (PATOGENESI E RUOLO DI ANTIGENI EZIOLOGICI VIRALI)." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2012. http://hdl.handle.net/2434/168076.
Full textLucchini, V. "IL DIFETTO OSSIDATIVO E LE ALTERAZIONI DEL DNA MITOCONDRIALE IN TOPI TRANSGENICI MODELLO ANIMALE DELLA ATASSIA SPINOCEREBELLARE DI TIPO 1." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2012. http://hdl.handle.net/2434/169922.
Full textStefanello, D. "APPROCCIO INTERDISCIPLINARE CLINICO, RADIOLOGICO ED ISTOPATOLOGICO AL SARCOMA INDOTTO DA INIEZIONE FELINO: SPUNTI DI RIFLESSIONE SULLE POSSIBILI CORRELAZIONI PROGNOSTICHE." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2004. http://hdl.handle.net/2434/182078.
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