Dissertations / Theses on the topic 'Phylogenesis'
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Marchiselli, Simone. "Molecular phylogenesis of Mediterranean Octocorals." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2013. http://amslaurea.unibo.it/4905/.
Full textHawarden-Lord, Andrew Sinclair. "Organisational phylogenesis : developing and evaluating a memetic methodology." Thesis, Sheffield Hallam University, 2004. http://shura.shu.ac.uk/19772/.
Full textSattin, Giovanna. "CARBONIC ANHYDRASE AND GLUTATHIONE PEROXIDASE. MOLECULAR PHYLOGENESIS AND PHYSIOLOGICAL IMPORTANCE FOR ENVIRONMENTAL STRESS RESISTANCE." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2010. http://hdl.handle.net/11577/3422379.
Full textI pesci vivono negli habitat più diversi: acque dolci (fino a 0,01 ppt), salate (fino a 100 ppt), stagnanti; in zone al di sopra dei 5.200 metri (Kottelat and Chu 1988) o nelle profondità abissali di 7000 metri (Nelson 1994). Alcuni vivono in zone soggette a forti maree e tollerano brevi escursioni sulla terraferma (Sayer 2005), altri resistono a temperature di circa 44°C (es. Tilapia in Africa) o di circa -2°C (es. Trematomus nelle acque antartiche) (Nelson 1994). Per vivere e riprodursi in ambienti tanto diversi hanno sviluppato una serie di adattamenti fisiologici, morfologici e comportamentali. Il mio progetto di dottorato si è concentrato su due linee di ricerca: la filogenesi molecolare di due enzimi, la Carbonico anidrasi (CA, EC 4.2.1.1) e la Glutatione perossidasi (GPX, EC 1.11.1.9 e 1.11.1.12) di specie antartiche e intertidali; il coinvolgimento della CA nell’adattamento a condizioni di ipersalinità in una specie di teleosteo della zona intertidale. I pesci antartici vivono in acque molto fredde, vicine al punto di congelamento (-1,8 °C), e con una concentrazione salina molto bassa (34,8 ppt) (Nelson 1994). Questi parametri si collocano all’estremo inferiore della scala di temperature e salinità delle acque dove vivono pesci di mare aperto la temperatura nelle acque temperate è di circa 20°C e la salinità è intorno a 40 ppt (Nelson 1994)- ma sono molto stabili anche nel periodo annuale. La zona di mare dove vivono questi organismi rappresenta una sorta di microambiente con minime variazioni (Eastman 2005). Una conseguenza diretta dei bassi valori di temperatura e salinità è una concentrazione di ossigeno molto più elevata nel caso delle acque antartiche rispetto a quelle temperate (valori nelle acque antartiche i valori vanno da un minimo di 159 a un massimo di 413 μmol/Kg (Meiner et al. 2009) mentre nelle acque temperate il minimo registrato e <20 μmol/Kg (Fuenzalida et al. 2009)). La zona di acqua costiera dove vivono questi organismi, è circondata dalla corrente circumpolare antartica, formatasi circa 22-25 milioni di anni fa in seguito a una serie di movimenti tettonici e oceanografici, che crea una naturale barriera attraverso la quale i pesci non possono passare.(Eastman 2005) Si è formato cosi un unico sito dove si sono create delle nuove nicchie ecologiche occupate da gruppi di pesci (i Nototenoidei) che si sono sviluppati in situ.(Anderson 1999) I pesci studiati sono Trematomus bernacchii, T. eulepidotus, T. lepidorinus e Cygnodraco mawsoni, appartenenti alla famiglia dei notetioneidei, la fauna maggiormente rappresentata in termini di diversità, abbondanza e biomassa nell’Oceano Antartico (Eastman 1993). I membri di questa famiglia sono caratterizzati da diversi adattamenti fisiologici (ad es. le proteine antigelo) (Chen et al., 1997; Cheng C-HC, 2002)) e da un alto grado di diversità morfologica (Eastman 2000; Kock 1992) che li rendono adatti a sopravvivere in queste acque. I Nototenioidei sono endemici in Antartide ed è stato ipotizzato che rappresentino una radiazione adattativa avvenuta nell’Oceano Antartico (Briggs 1974; Briggs 1996) Esistono 8 famiglie di Nototenioidei per un totale di 44 generi e 129 specie. Di queste, 101 sono prettamente antartiche e solo 28 sono non antartiche (Bargelloni et al., 2000; Stankovic et al., 2002; Near et al., 2004). La zona di mangrovia è situata tra mare e terra nella zona intertidale. La collocazione geografica di questo biotopo implica elevate temperature e di conseguenza la concentrazione di ossigeno disciolto e la salinità fluttuano ampiamente durante il corso della giornata per effetto combinato delle maree e della evaporazione dell’acqua (Blaber 1997; Lowe-McConell 1987; Morton 1989). Elevata salinità, elevate temperature e l’istaurarsi di condizioni di anaerobiosi nell’acqua sono le caratteristiche peculiari di questa zona (Kathiresan 2001). La maggior parte di pesci intertidali di questi areali, mostrano diversi adattamenti di tipo fisiologico, morfologico e comportamentale (Bridges 1993; Gibson 1996; Lewis 1970). I mudskippers sono un gruppo di teleostei (Perciformes, Gobiidae, Oxudercinae) che vive tra le mangrovie; sono eurialini e adattati a cambiamenti estremi di salinità (Chew and Ip 1990), esposizione all’aria (Kok et al. 1998) ipossia (Chew SF 1990), e ad alte concentrazioni di ammonio (Ip et al. 2004). I mudskippers appartengono al gruppo monofiletico dei gobioidei (Thacker 2009; Winterbottom 1993) che ha subito una radiazione nel passaggio all’habitat marino. L’Opsanus beta (Gulf toadfish) è un teleosteo marino distribuito lungo le coste tra il Golfo del Messico e il Sud America. Vive in acque stagnanti dove vi è un continuo mescolamento di acqua salata e acqua dolce. La continua evaporazione crea un ambiente con salinità fluttuante (Lirman and Cropper 2003); ad esempio le medie di salinità calcolate nella zona di Florida Bay vanno da un minimo di 24.2 ppt in novembre a un massimo di 41.8 ppt in luglio (Kelble et al. 2007). Il toadfish tollera salinità che vanno da 5 a 60 ppt in condizioni di laboratorio (McDonald and Grosell 2006). All’aumentare della salinità si osserva un aumento della richiesta di assorbimento di sale dall’intestino; questo ha un significativo impatto sul bilancio acido-base dovuto al cambiamento nell’escrezione di CO2 nell’intestino (Genz et al. 2008). La Glutatione Perossidasi La Glutatione perossidasi GPX) è una famiglia di isozimi che catalizzano la riduzione degli idroperrosidi organici ad acqua, o alla corrispondente sostanza alcolica, usando il glutatione ridotto (GSH) come donatore di elettroni. Di questo enzima, che può essere seleno-dipendente o indipendente, ne sono state caratterizzate 4 diverse isoforme: GPX1 localizzata in fegato, polmoni e reni, GPX2 gastrointestinale, GPX3 trovata in reni, polmoni, epididimo, vasi deferenti, placenta, vescicole seminali,cuore e muscolo e GPX4 (fosfolipidica) distribuita largamente nei tessuti (Hochachka and Lutz, 2001; Margis et al., 2008). L’importanza della GPX è di preservare le cellule dai possibili danni dovuti alla produzione di H2O2 prodotto nei mitocondri come conseguenza della fosforilazione ossidativa. In diversi siti lungo la catena respiratoria mitocondriale, l’ossigeno subisce una riduzione parziale, generando l’anione superossido che è il primo di una serie di radicali (O2-), il radicale idrossilico (OH∙), l’ossigeno singoletto (1O2) e il perossido di idrogeno (H2O2)) (Miller 1993b). I radicali prodotti (ROS, reactive oxigen species) interagendo con diversi target intracellulari (lipidi, proteine e acidi nucleici) attivano meccanismi di morte cellulare e inducono varie disfunzioni cellulari ritenute responsabili di molteplici patologie. In condizioni di ipossia o iperossia la produzione di ROS è maggiore (Fink and Scandalios 2002). La Carbonico Anidrasi La carbonico anidrasi riveste un ruolo fondamentale nella reazione reversibile di idratazione, deidratazione della CO2 con produzione di H+ e HCO3– (CO2+H2O→H++HCO3-). La funzione principale della CA è la regolazione acido-base e l’osmoregolazione a livello intestinale e branchiale (Geers and Gros, 2000; Esbaugh and Tufts, 2006). La CA dei pesci studiati, probabilmente, ha sviluppato un particolare adattamento, legato all’osmoregolazione, dovuto agli ambienti ipo (oceano Antartico) e ipersalino (zona intertidale) in cui vivono. Nei mammiferi si conoscono 16 differenti isozimi che differiscono per proprietà cinetiche, distribuzione tissutale e localizzazione subcellulare. Le diverse isoforme della famiglia delle α-CA sono la I, II, III, V, VII and XIII citoplasmatiche, la IV, IX, XII,XIV, XV legate in membrana (Esbaugh and Tufts 2006). La CAII sembra essere in uno stato ancestrale nei pesci, mostrando alta attività, fino ai teleostei dove apparentemente si è duplicata in due diverse isoforme, la CAb (eritrocitaria) e la CAc (citoplasmatica) (Esbaugh et al., 2004; Esbaugh et al., 2005). Il lavoro svolto durante il mio dottorato può essere suddiviso in tre parti principali: 1. Il clonaggio e il sequenziamento di GPX di pesci antartici per individuare mutazioni aminoacidiche nella sequenza della proteina caratteristiche di queste specie e fare una ricostruzione filogenetica dell’enzima. Anche in questo caso si è partiti con un’estrazione di RNA da branchie. La ricostruzione filogenetica ci ha permesso di indagare la storia evolutiva di tali proteine confrontandole con sequenze di GPX di altri teleostei e di altri vertebrati e prendendo in considerazione la storia evolutiva degli organismi. I pesci sono stati campionati durante la XIV (1998-1999), la XVII (2001-2002) e la XXI (2005-2006) campagna italiana in Antartide. 2. Il clonaggio e il sequenziamento di CA di pesci antartici e di zone intertidali (mangrovieti e acque ipersaline). Questo è stato ottenuto partendo dall’estrazione di RNA da tessuto branchiale o intestinale di tali pesci. Ottenute le sequenze delle CA, queste sono state utilizzate per un’analisi filogenetica. Le sequenze sono state confrontate tra loro e con le sequenze di CA disponibili in rete per evidenziare la presenza di zone conservate o meno ed è stata fatta una ricostruzione tridimensionale per vedere e confrontare la distribuzione di potenziale elettrico delle stesse. La ricostruzione filogenetica è servita per delineare un’ipotetica evoluzione di tali enzimi in confronto con gli enzimi di altri teleostei e di altri vertebrati tenendo conto della storia evolutiva di tali organismi. (I pesci sono stati campionati durante la XIV (1998-1999), la XVII (2001-2002)e la XXI (2005-2006) campagna italiana in Antartide.) 3. Il clonaggio e il sequenziamento della CA del Gulf Toadfish (Opsanus beta), un teleosteo che vive in zona intertidale con tendenza all’ipersalinità. Una volta ottenuta la sequenza (partendo anche in questo caso da estrazione di RNA da tessuti) è stata fatta una ricostruzione filogenetica e delle analisi di attività ed espressione dell’enzima. I tessuti analizzati sono intestino (anteriore, medio e posteriore), retto e branchie. L’analisi è stata fatta su campioni controllo (stabulati alla stessa salinità dell’acqua in cui vivono (40ppt) e su pesci stabulati in condizioni d’ipersalinità (60ppt) per 6-12-24-48-96 ore (per quanto riguarda le misure di espressione nei vari segmenti di intestino e retto) o due settimane (per quanto riguarda misure di espressione e attività su branchie e di attività sui segmenti di intestino e retto). Questo studio è stato svolto per indagare il coinvolgimento della CA a livello intestinale e branchiale nell’osmoregolazione di pesci d’acqua salata se sottoposti a un ambiente ipersalino. Per questa parte del lavoro mi sono recata da aprile a ottobre 2009 presso il laboratorio del professor Martin Grosell (RSMAS, University of Miami, Florida, USA). Risultati e Discussione Glutatione Perossidasi La sequenza della GPX1 selenio-dipendente è stata ottenuta per i pesci antartici Trematomus bernacchii (946 bp), T. lepidorhinus (946 bp), T. eulepidotus (945 bp) e Cygnodraco mawsoni (950 bp). Tutte le sequenze sono caratterizzate da un open reading frame (ORF) di 191 amminoacidi. In posizione nucleotidica 174-176 è presente la tripletta TGA che codifica per la selenocisteina, un amminoacido facente parte della triade catalitica. La proteina sequenziata corrisponde all’isoforma 1 (citoplasmatica) perché dalla ricostruzione filogenetica ottenuta con il metodo del NJ le sequenze si pongono tutte in un cluster vicino all’isoforma 1 e separato dal gruppo dalle GPX2. Si può ipotizzare un’origine monofiletica all’interno dei teleostei antartici, che sono un clade completamente separato. Questo enzima sembra essersi evoluto nei pesci antartici indipendentemente dalle altre specie di teleostei. La ricostruzione filogenetica ottenuta conferma le odierne analisi filogenetiche sull’evoluzione delle GPX (Margis et al., 2008; Toppo et al., 2008). Le varie isoforme risultano separate da valori di bootstrap che si approssimano al 100%, dimostrando che le isoforme 1, 2 e 3 sono più vicine filogeneticamente fra loro, mentre le isoforme 7 e 8 sono più affini alla GPX4. Il cluster dei teleostei antartici risulta indipendente e ben separato dagli altri con valori di bootstrap del 100%, avvalorando l’idea di un’origine monofiletica della proteina in questo gruppo. All’interno del ramo dei teleostei antartici, le distanze evolutive appaiono molto brevi, indicando che la diversificazione della GPX nelle diverse specie è avvenuta in tempi piuttosto recenti. In questo gruppo le relazioni evolutive non sono completamente risolte, nonostante alcuni nodi siano sostenuti da alti valori di bootstrap. La GPX di C. mawsoni risulta essere il sister group delle GPX delle specie appartenenti al genere Trematomus. Analisi filogenetiche basate sullo studio delle subunità 16S e 12S dell’rRNA mitocondriale, indicano Cygnodraco mawsoni come sister group della famiglia dei Nototheniidae, alla quale appartiene anche il genere Trematomus (Bargelloni et al. 2000), confermando la ricostruzione filogenetica. Il lavoro di (Epp et al. 1983) ha determinato per la prima volta la struttura cristallografica della GPX1 bovina e ha evidenziato la triade catalitica rappresentata da selenocisteina (40), glutammina (75) e triptofano (153). E’ stato proposto che nel sito attivo la glutammina e il triptofano siano legati mediante ponti idrogeno alla selenocisteina e che attivino l’elemento redox (il selenolo) proprio grazie a questo legame che dovrebbe facilitare l’attacco nucleofilico dell’idroperossido. Questi aminoacidi sono, infatti, altamente conservati anche nei teleostei. I residui coinvolti nella formazione dei foglietti β e delle α-eliche rimangono, tranne alcune eccezioni, invariati. La regione che sembra avere un ruolo fondamentale nella capacità di dimerizzazione della proteina è rappresentata dai residui 89-95, che mancano nella GPX4, che per questo motivo presenta una struttura monomerica (Scheerer et al. 2007). Questi residui sono conservati anche nei teleostei, anche se con alcune eccezioni. La Val90 è stata sostituita nei soli teleostei antartici, da un altro amminoacido alifatico, la leucina. Mentre negli anfibi e nei mammiferi in posizione 94 è presente una glicina, nei teleostei troviamo quattro amminoacidi diversi, tutti residui polari: nei teleostei antartici troviamo una lisina (carica positiva), in H. molitrix un aspartato (carica negativa), in D. rerio un glutammato (carica negativa) e negli altri teleostei una asparagina (senza carica). Possiamo ipotizzare che tali cambiamenti aminoacidici abbiano un effetto sulla velocità e sull’efficienza della reazione catalizzata dalla GPX. Carbonico anidrasi La carbonico anidrasi di tre specie antartiche e di due specie di zona intertidale è stata sequenziata completamente (Trematomus bernacchii (1062 bp), T. lepidorinhus (1656 bp), T. eulepidotus (1563 bp) per le specie antartiche e Periophtalmus sobrinus (1217 bp) e Opsanus beta (1827 bp) per le specie intertidali). Una quarta sequenza, mancante di una parte in 3’, è stata ottenuta per Cygnodraco mawsoni (713 bp), (specie Antartica) tutte con un ORF di 260 aminoacidi (GenBank accession number: GQ443602 (T. bernacchii); GQ443601 (T. lepidorinhus); GQ443600 (T. eulepidotus); GQ443603 (Periophtalmus sobrinus). Queste sequenze saranno disponibili a partire da settembre 2010 mentre per Opsanus beta (GQ443599) la sequenza è già disponibile in rete) Le sequenze mostrano un’identità piuttosto alta con le sequenze di CAII disponibili in database (dall’80% al 72%). Per questo e perché nell’albero ottenuto con il Neighbor Joining (NJ) raggruppano nel cluster delle CAII, possiamo ritenere che si tratti dell’isoforma II. Nell’albero ottenuto sono ben visibili le separazioni tra il gruppo delle CA di membrana e quelle citoplasmatiche. Tra quest’ultime vi è un’altra separazione, tra le CAII citoplasmatiche (CAIIc) e le CAII citoplasmatiche eritrocitarie (CAIIb). Possiamo ipotizzare che la CA di Opsanus beta sia l’isoforma CAIIc, ovvero che si tratti dell’isoforma citoplasmatica e non di quella eritrocitaria (CAIIb), perché nella ricostruzione filogenetica è raggruppata insieme alla CAc di trota. La CA del mudskipper, invece, raggruppa con le isoforme CAb di trota, carpa e zebrafish. Un’altra divisione ben delineata e mostrata anche nell’albero ottenuto da Esbaugh et al., 2006, è quella esistente tra mammiferi e non mammiferi. Le CA di pesci antartici raggruppano insieme in un cluster separato dagli altri e ben supportato da alti valori di bootstrap, sottolineandone la stretta relazione filogenetica. Anche l’icefish (Chionodraco hamatus) raggruppa in questo cluster. Gli aminoacidi che compongo la triade catalitica (His 94, 96, 119) e quelli che mantengono la struttura funzionale della proteina (Thr 199 e Glu 106) sono conservati, mentre possiamo notare dei cambiamenti a livello aminoacidico propri delle sequenze di carbonico anidrasi dei pesci Antartici. In posizione 10-11 si trovano una Ala e una Asn conservate solo nelle sequenze di CA di pesci antartici, come in posizione 157 dove vi è una Ser e in posizione 190-191 con una Gly e una Cys. Carbonico anidrasi in Opsanus beta La carbonico anidrasi sequenziata (GenBank accession number GQ443599) è di 1827 paia di basi con un ORF di 260 aminoacidi. La sequenza mostra un’identità del 78% con Oncorhynchus mykiss e Pseudopleuronectes americanus, del 77-76% con le altre sequenze di CA di teleostei, e del 63-59% con anfibi e mammiferi. Le analisi filogenetiche effettuate con il metodo del NJ raggruppano la CA con le isoforme citoplasmatiche degli altri teleostei e la separano dalle isoforme di membrana (CA IV, IX, XII, XIV, XV) e dalle sequenze di mammiferi e di altri tetrapodi, in accordo con quanto riportato da altri studi. La CAII può essere suddivisa in due isoforme, la CAIIc (citoplasmatica) e la CAIIb (citoplasmatica eritrocitaria). La ricostruzione filogenetica ottenuta suggerisce che l’isoforma sequenziata sia di tipo CAIIc poiché raggruppa con le CAIIc di altri pesci. Su branchie, intestino (anteriore, medio e posteriore) e retto sono state condotte misure di espressione dell’mRNA tramite qPCR. Intestino e retto mostrano simile espressione in pesci acclimatati all’acqua salata mentre le branchie mostrano un’espressione più elevata. Nei pesci sottoposti a ipersalinità (60 ppt), si osservano alti livelli di espressione rispetto al controllo (40 ppt) nell’intestino medio e posteriore e nel retto. In particolare l’intestino medio risponde per ultimo all’ipersalinità, dopo 96 ore di esposizione, mentre il retto mostra una maggiore attività già dopo 12 ore di esposizione mantenendosi stabile per tutto il tempo. L’intestino posteriore mostra un rapido incremento di espressione dopo 6 ore di esposizione con un decremento dopo 12 e 24 ore seguito da un altro incremento dopo 96 ore. Per quanto riguarda le branchie, è stato possibile fare misure di espressione su branchie perfuse solo dopo due settimane di stabulazione all’ipersalinità. I dati ottenuti non mostrano un incremento nell’espressione in pesci a 40 ppt o a 60 ppt. L’attività, misurata su tessuti di pesci controllo (40 ppt) e su tessuti di pesci esposti per due settimane a 60 ppt mostra un significativo incremento nella frazione citosolica nei tessuti dopo l’esposizione. L’attività totale, confrontata con la citosolica, mostra un minor incremento. Diversi studi mostrano che la CA è coinvolta nell’osmoregolazione in teleostei marini. Usando inibitori (Grosell and Genz 2006), è stato dimostrato che la CA ha un ruolo chiave per la secrezione intestinale di HCO3- in teleostei marini. In questo studio è stato dimostrato il coinvolgimento di questo enzima in tessuti intestinali e branchie in risposta all’ipersalinità. Il confronto tra l’espressione e l’attività registrata rivela una diversa risposta. L’espressione di mRNA incrementa nell’intestino posteriore e nel retto con effetto non evidente a livello branchiale, intestino anteriore e medio. Invece, l’attività dell’enzima aumenta visibilmente in tutti i tessuti. Le nostre osservazioni rivelano, quindi, una maggiore espressione nei tessuti distali dell’intestino. Invece, la parte anteriore dell’intestino che sotto normali condizioni di salinità è responsabile della maggior parte dell’escrezione di HCO3- non mostra un visibile cambiamento di espressione nei tessuti di pesci acclimatati a ipersalinità. Questo è in contrasto con quanto trovato nella trota (Grosell et al. 2007), dove l’attività era maggiore nella regione anteriore dell’intestino piuttosto che nella posteriore. Nelle branchie, l’attività della CA è confrontabile con quella registrata nelle diverse regioni dell’intestino. Le nostre osservazioni possono suggerire un coinvolgimento della CA branchiale nell’osmoregolazione ad ambienti ipersalini. L’incremento della capacità della CA branchiale di idratare la CO2 in pesci sottoposti a ambienti ipersalini, può aumentare la disponibilità di HCO3- e protoni e quindi conferire una maggiore abilità di trattenere HCO3- trasportata attraverso la membrana basolaterale e/o la secrezione di protoni attraverso la membrana apicale.
CARRIERI, ANNA PAOLA. "Sampling Ancestral Recombination Graphs and Reconstruction of Phylogenetic Trees for Explaining Evolution." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2016. http://hdl.handle.net/10281/102072.
Full textKershaw, Gregory Stephen. "Artefacts of Human Phylogenesis: A Psychoanalytic-Anthropological Exploration of Early Infant Crying and Infant-Directed-Speech." Thesis, University of Sydney, 2020. https://hdl.handle.net/2123/23270.
Full textMaiorino, Fernando Corleto. "Avaliação comparada qualitativa da participação do óxido nítrico no processo inflamatório crônico granulomatoso induzido pela inoculação de BCG." Universidade de São Paulo, 2004. http://www.teses.usp.br/teses/disponiveis/10/10133/tde-15062005-111340/.
Full textNitric oxide (NO) is a gaseous free radical that takes part in a series of biological physiological processes. It is produced by enzymes called nitric oxide synthetases (NOS). Several studies have demonstrated its role in chronic inflammatory response, in which inflammatory cells, mainly macrophages, are stimulated to synthesize NOS, being called then inducible nitric oxide synthetases (iNOS). Nitric oxide is then produced and acts in the modulation of the process. In order to corroborate its phylogenetic role in granulomatous response, the inoculation of onco-BCG experimental model was used in the muscle of Nile tilapias (Oreochromys niloticus) and bullfrog tadpoles (Rana catesbeiana), in the plantar region of red eared sliders (Trachemys scripta elegans) and in the plantar pad of hamsters (Mesocricetus auratus). Fragments of the lesions were collected at 14, 28 and 42 days after inoculation, fixed in Carnoy for four hours, and then transferred to alcohol 70o GL. After that, histopathological slides were prepared following routine methods, and stained by hematoxylin-eosin. Immunohistochemical tests were performed in order to assess the production of nitric oxide indirectly by means of marking iNOS with biotinylated human anti-iNOS antibodies produced by rabbits. It was observed in all animals that the development of granulomas showed greater tendency of organization at 42 days; cell characteristics were similar, with some specific variations. Immunohistochemical marking was observed in macrophages present in lesions produced by BCG inoculation in all experimental groups, except in tadpoles at 14 days, which showed irrelevant marking. Results enabled the conclusion that nitric oxide takes part in granulomatous inflammatory response. Besides, the use of immunohistochemistry showed to be an efficient method for evidencing the production of nitric oxide in phylogenetic studies. Future research studies should qualify and quantify chemical mediators involved in the regulation nitric oxide role in order to better understand its physiopathology in the modulation of inflammatory granuloma.
Comandatore, F. "EVOLUTION OF WOLBACHIA SYMBIOSIS IN ARTHOPODS AND NEMATODES: INSIGTHS FROM PHYLOGENETICS AND COMPARATIVE GENOMICS." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2015. http://hdl.handle.net/2434/274889.
Full textJirásková, Kristýna. "Metody rekonstrukce fylogenetických superstromů." Master's thesis, Vysoké učení technické v Brně. Fakulta elektrotechniky a komunikačních technologií, 2012. http://www.nusl.cz/ntk/nusl-219518.
Full textKosíř, Kamil. "Metody rekonstrukce fylogenetických superstromů." Master's thesis, Vysoké učení technické v Brně. Fakulta elektrotechniky a komunikačních technologií, 2014. http://www.nusl.cz/ntk/nusl-220860.
Full textFaller, Beáta. "Combinatorial and probabilistic methods in biodiversity theory." Thesis, University of Canterbury. Mathematics and Statistics, 2010. http://hdl.handle.net/10092/3985.
Full textRobalo, Joana Isabel. "Filogenia, filogeografia e comportamento dos pequenos ciprinídeos do género Chomdrostoma Agassiz, 1832 (Cyprinidade, Actinopterygii)." Doctoral thesis, Universidade do Porto, 2007. http://hdl.handle.net/10400.12/1665.
Full textOs peixes anteriormente incluídos no género Chondrostoma (Cyprinidae: Leuciscinae) distribuem-se pelo Sul e Centro da Europa, desde o Oceano Atlântico até ao Mar Cáspio e desde o Mediterrâneo até ao Báltico. Estes peixes encontram-se ainda presentes na Ásia Menor, Cáucaso e Mesopotâmia. O número de espécies incluídas neste grupo tem variado de acordo com os autores, devido ao uso de diferentes critérios de diagnose (i.e. morfológicos e osteológicos ou moleculares). Os estudos anteriores sobre a filogenia molecular deste grupo tinham originado politomias não resolvidas, embora alguns ciados monofíléticos e estatisticamente robustos tenham sido identificados: toxostoma, lemmingii, polylepis, arcasii, nasus, soetta e genei. A presente tese propôs-se atingir um conjunto de objectivos numa multiplicidade de escalas. Numa escala macroevolutiva, propõs-se resolver com mais taxa e fragmentos de um número maior de genes a filogenia dos peixes tradicionalmente incluídos no género Chondrostoma. Ao mesmo tempo, procurou-se contribuir para a compreensão da diversificação deste grupo na Península Ibérica. Entre os principais resultados destacam-se os seguintes. Elaborou-se uma filogenia estatisticamente robusta dos peixes que constituíam o género Chondrostoma, que mostrou que as politomias anteriormente obtidas resultavam de amostragem insuficiente quanto ao número de taxa e/ou quantidade de fragmentos de ADN. O mapeamento dos caracteres morfológicos na filogenia obtida mostrou que caracteres anteriormente considerados como diagnósticos do género eram homoplásicos, pelo que se impôs uma revisão do género Chondrostoma. Desta revisão resultou a restrição do género Chondrostoma às espécies do grupo nasus e a criação dos novos géneros: Pseudochondrostoma, Parachondrostoma, Ibero chondrostoma, Áchondrostoma e Protochondrostoma (que correspondem respectivamente às linhagens polylepis, toxostoma, lemmingii, arcasii e genei). Os eventos ciado genéticos que deram origem à formação destas linhagens parecem ter tido lugar há cerca de 11 milhões de anos, excluindo portanto a hipótese da difusão e VII Resumo diversificação do grupo ter ocorrido durante a fase oligohalina do Mediterrâneo (Lago Maré) no fim do Messiniano. Fica assim excluída a aplicação para estes peixes do modelo de dispersão proposto por Bianco. Três dos seis géneros definidos neste trabalho são endémicos da Península Ibérica e um quarto género tem a maioria das espécies na península com uma pequena extensão em França. Estes dados e as cronologias estimadas para a diversificação dentro destes géneros sugerem que grande parte da radiação do grupo se deu na Península Ibérica muito antes do final do Miocénico parecendo, no que se refere a este grupo, que os contactos entre a península e o resto da Europa em períodos mais recentes foram muito reduzidos, limitando-se a trocas entre o nordeste de Espanha e a França. Na península os géneros Achondrostoma, Iberochondrostoma e Parachondrostoma têm distribuições disjuntas, mas adjacentes, que sugerem que processos de vicariância podem ter tido um papel fundamental na sua diferenciação. Pseudochondrostoma apresenta grande número de semelhanças (e.g. boca ínfera e dotada de estojo córneo, tamanho comparativamente grande, migrações pré-reprodutoras) com os géneros Parachondrostoma e Chondrostoma. Discute-se a possibilidade destas semelhanças resultarem de convergência ou de episódios de hibridação antigos. A análise fiíogenética do género Achondrostoma permitiu mostrar que este género inclui duas linhagens separadas já desde o Miocénico. A. arcasii revelou-se polifilético incluindo peixes das duas linhagens acima referidas, sendo urgente uma revisão da sua taxonomia. Esta informação fiíogenética combinada com dados morfológicos permitiu identificar uma nova espécie no sudoeste da área de distribuição do género Achondrostoma, endémica do distrito de Lisboa e considerada Criticamente Em Perigo {Achondrostoma occidentale). Por o nome se encontrar indisponível foi necessário renomear Achondrostoma macrolepidotum, para A. oligolepis. A análise da filogeografia profunda do género Iberochondrostoma levou à proposta de um modelo de especiação em que uma grande espécie central, Iberochondrostoma lemmingii, originou na sua periferia e em diferentes períodos geológicos, diversas espécies de distribuição mais restrita. Este modelo de especiação do tipo peripátrico, suportado por dados de ADN nuclear e mitocondrial, parece consistente com a história geológica da Península Ibérica no Terciário. Procedeu-se à análise filogeográfica das populações de uma das espécies deste género, /. lusitanicum, tendo-se identificado ESUs distintas que impõem a descrição, o mais breve VIII possível, de uma nova espécie e fornecem informações importantes para o delineamento de estratégias de conservação desta espécie Criticamente Em Perigo. O estudo do comportamento reprodutor de /. lusitanicum bem como o estudo do comportamento agonístico de Pseudochondrostoma polylepis forneceram elementos etológicos relevantes para a conservação destes ciprinídeos. Do mesmo modo, o estudo da expansão de Alburnus alburnus na Península ibérica, que se tem acelerado de forma muito acentuada nos últimos anos, traz igualmente informações importantes para o delineamento de estratégias de conservação dos ciprinídeos nativos, cujas potenciais interacções ecológicas com esta exótica se encontram totalmente inexploradas. O desenvolvimento deprimers que permitem amplificar eficazmente um fragmento de mais de 900 bases do gene nuclear da beta-actina foi fundamental em quase todos os estudos genéticos referidos acima. Para além de contribuir para os estudos filogenéticos e filo geográficos já referidos, permitiu esclarecer a natureza do ancestral paterno de Squalius albumoides uma espécie hibridogenética que resultou de cruzamentos entre fêmeas de Squalius pyrenaicus e machos filogeneticamente muito próximos, mas distintos, de Anaecypris hispânica. O facto de peixes dos géneros Alburnus e Squalius híbridarem facilmente e a proximidade filogenética entre Alburnus,, Anaecypris e uma das linhagens que integra S. albumoides leva a considerar com grande preocupação a expansão de Alburnus alburnus cujo grande potencial de hibridação com peixes do género Squalius é conhecido e que pode bibridar e descaracterizar várias espécies endémicas da península. Finalmente desenvolveu-se e validou-se um novo método que permite atribuir as diferentes bases presentes nos cromatogramas de ADN diplóide ou polipióide a cada uma das cadeias constitutivas tirando partido de artefactos da sequenciação induzidos na vizinhança de indels em heterozigotia. Este método é útil tanto na análise de múltiplos SNP's no mesmo fragmento, como na identificação das sequências de ADN presentes em híbridos e na distinção de vários típos de políplóides. ------ABSTRACT ------ Fishes formeríy included in the genus Chondrostoma (Cyprínidae: Leuciscinae) are distributed through South and Central Europe, from the Atlantic to the Caspian and from the Mediterranean to the Baltic. They are also found in Ásia Minor, the Caucasus and Mesopotamia. The number of species included in the group has varied according with the authors due to the use of different diagnostic críteria (í.e, morphological and osteological or molecular). Previous molecular phylogenetic studies of this group yielded unresolved polytomies although some monophyletic and statistically well supported clades were identifíed: toxostoma, lemmingii, polylepis, arcasii, nasus, soetta e genei, The present thesis aimed to achieve several objectives at various leveis. At a macroevolutionary scale this study attempted to solve the phyiogeny of the fish traditionally included ín Chondrostoma with a broader sample of taxa and more DNA fragments. At the same time the study aimed to clarify the diversification of this group in the Iberian Península. The main results can be summarized as follows. A statistically robust phyiogeny of the fish formeríy included in the genus Chondrostoma was obtained. The former polytomies were solved which indicates that they were likeiy due to insufficient taxon sampiing or scarcity of molecular data. Mapping of morphological characters on the inferred phyiogeny showed that several traits considered to be diagnostic of the genus were homoplasic. Thus a revison of the genus Chondrostoma was undertaken. This revision restricted the genus Chondrostoma to the nasus lineage and gave rise to the new genera Pseudochondrostoma, Par achondrostoma, Iberochondrostoma, Achondrostoma and Protochondrostoma (corresponding to the lineages polylepis, toxostoma, lemmingii, arcasii and genei, respectivefy). The cladogenetíc events that gave rise to these lineages seem to have occurred 11 million years ago, excluding the hypothesis of diffusion and diversification during the oligohaline Lago Maré phase of the Mediterranean, near the end of the Messinian. Thus the model of dispersai proposed by Bianco does not hold for this group of fish. XI Sitmmary Three of the six genera defmed in this work are endemic of the Iberian Península and another one has the majority of its species in the península, with a little extension to France. These data and the chronology estimated for the diversifícation inside these genera suggest that most of the radiation in this group occurred ín the Iberian Península long before the end of the Miocene. It seems that in this group the contacts between the península and the rest of Europe were, ín recent times, very scarce, and limited to connectíons between northeast Spain and France. In the Iberian Peninsula the genera Achondrostoma, Iberochondrostoma and Parachondrostoma have disjunct but adjacent distribution áreas which suggests that vicariant processes may have played a fundamenta! role in their differentiation. Pseudochondrostoma shows several resemblances with the genera Parachondrostoma and Chondrostoma (e.g. inferior mouth with a horny blade, comparably large size and pre-reproductive migrations) with the genera Parachondrostoma and Chondrostoma. The hypotheses of these resemblances being the result of convergent evolution or ancient hybridization events are discussed. The phylogenetic analysis of the genus Achondrostoma showed that this genus inciudes two lineages separated since the Miocene. A. arcasii is polyphyletic and includes físh from the two lineages referred above, thus a revision of its taxonomy is urgently needed. This phyíogenetic information, combined with morphological data, allowed the identification of a new species in the southwest of the distribution área of the genus Achondrostoma, Achondrostoma occidentale. This new species is endemic of the Lisbon district and it is considered Critically In Danger. As the name macrolepidotum was unavailable it was necessary to rename Achondrostoma macrolepidotum to A. oligolepis. The analysis of the deep phyiogeography of the genus Iberochondrostoma resulted in the proposal of a model of speciation in which a large central species, Iberochondrostoma lemmingii, originated in its períphery and at different geological times, diverse species with small distribution áreas. This peripatric speciation model is supported by mitochondrial and nuclear DNA and it seems consistent with the geological history of the Iberian Peninsula in the Tertiary. The phyíogeographic analysis of the populations of Iberochondrostoma lusitanicum aliowed the identification of distinct ESUs, which in turn impose the description of a new species, as soon as possible, as well as reveaiing importam informatíon to the conservation strategies of this Critically in Danger species. XII Summary The studies on the reproductive behaviour of / lusitanicum, and on the agonistic behaviour of Pseudochondrostoma polylepis revealed some ethologícal patterns relevant to the conservation of the species. It was also the case with the study on the expansíon of Albumus âlburnus in the Iberian Península, a species which has spread very quickly in recent years. The development of primers that allowed the amplifícation of a fragment of more than 900 base pairs of the nuclear beta actin gene was fundamental to almost ali genetic studies referred above. Beside its contribution to these studies, it allowed the recognition of the paternal ancestor of Squalius alburnoides an hybridogenetic species which resuited from crossings between S. pyrenaicus females and males phylogenetically very close to but distinct from Anaecypris hispânica. The fact that species of the genera Albumus and Squalius hybridize easily and the phylogenetic proximity between Alburnus, Anaecypris and one of the lineages that integrates S. alburnoides, brings great concerns about the expansion of Albumus âlburnus. The high potential of hybridization recorded between this last species and fishes of the genus Squalius is well known and may result in the genetic descaracterization of several species endemic to the Iberian Península. Finally, a new method was developed and validated, that allows the attribution of different bases present in the DNA chromatograms of diploid or polyploidy fishes to each one of the constitutive chains, taking advantage of artefacts of the sequencing process induced in the vicinity of heterozygous indels. This method is useful in the analysis of multiple SNP's in the same fragment, in the Identification of DNA sequences present in hybrids and in the distinction of several kinds of polyploids.
Powell, Robyn Faye. "Systematics, diversification and ecology of the Conophytum-clade (Ruschieae; Aizoaceae)." University of the Western Cape, 2016. http://hdl.handle.net/11394/5453.
Full textThe Ruschieae is the most diverse and speciose tribe within the large subfamily Ruschioideae (Aizoaceae), with approximately 71 genera and a distribution centred in the arid parts of the Greater Cape Floristic Region (GCFR) of South Africa. Recent phylogenetic analyses provided the first insights into generic relationships within the tribe, with a number of novel generic relationships discovered. The tribal phylogeny recovered 12 large clades, of which the Conophytum-clade was one the most morphologically diverse based on leaf and capsule characters. The Conophytum-clade is an early-diverging lineage of the Ruschieae and includes the following 10 genera: Cheiridopsis N.E.Br., Conophytum N.E.Br., Enarganthe N.E.Br., Ihlenfeldtia H.E.K.Hartmann, Jensenobotrya A.G.J.Herre, Namaquanthus L.Bolus, Octopoma N.E.Br., Odontophorus N.E.Br., Ruschianthus L.Bolus and Schlechteranthus Schwantes. The present study presents an expanded phylogenetic analysis of the Conophytum-clade, with the sampling of the majority of species in the genera and a representative sampling (56% of species) of the speciose genus Conophytum. Phylogenetic data for up to nine plastid gene regions (atpB–rbcL, matK, psbJ–petA, rpl16, rps16, trnD– trnT, trnL–F, trnQᶷᶷᶢ–rps16, trnS–trnG) were produced for each of the sampled species. The produced plastid data was analyses using maximum parsimony, maximum likelihood and Bayesian inference. The combined plastid phylogenetic analyses were used in combination with morphological, anatomical and palynological data to assess generic and subgeneric circumscriptions within the clade. Upon assessment of generic circumscriptions in the Conophytum-clade, the number of recognised genera in the clade decreased from ten to seven. Arenifera A.G.J.Herre, which had not been sampled in any phylogeny of the Ruschieae, and Octopoma were recovered as polyphyletic, with species placed in the Conophytum-clade, while the type species was placed in the xeromorphic clade of the tribal phylogeny. The species of Arenifera and Octopoma placed in the Conophytum-clade were subsequently included in Schlechteranthus upon assessment of generic circumscriptions between the taxa. Two morphological groupings were recognised within Schlechteranthus, one including the species of Schlechteranthus and the other including species previously recognised as Arenifera and Octopoma. These two morphological groupings were treated as subgenera, with the erection of the new subgenus Microphyllus R.F.Powell. A detailed taxonomic revision of subgenus Microphyllus is presented with a key to species, descriptions of the species (including a new species: S. parvus R.F.Powell & Klak), known geographical distributions and illustrations of the species. In addition to the changes mentioned above, the expanded sampling and phylogenetic analyses of the Conophytum-clade recovered Ihlenfeldtia and Odontophorus embedded in Cheiridopsis. The species of Ihlenfeldtia were recovered with species of heiridopsis subgenus Aequifoliae H.E.K.Hartmann, while the species of Odontophorus were recovered as polyphyletic within the Cheiridopsis subgenus Odontophoroides H.E.K.Hartmann clade. Cheiridopsis was subsequently expanded to include the species of Ihlenfeldtia and Odontophorus, with these species accommodated in the subgenera of Cheiridopsis. The phylogenetic placement and relationship of these species was supported by the shared capsule morphology. The expanded sampling of the clade did not resolve the phylogenetic relationship of the monotypic genera Enarganthe, Jensenobotrya, Namaquanthus and Ruschianthus, with these genera unresolved in the Conophytum-clade. These genera however, exhibit a unique combination of morphological characters, such as a glabrous leaf epidermis and variation in pollen exine and colpi structure, in contrast to the other genera of the clade. The assessment of the generic circumscription of these genera, based on the molecular, morphological, anatomical and palynological data suggested that the generic statuses of these monotypic genera should be maintained. The expanded phylogenetic sampling of the morphologically diverse and speciose genus Conophytum recovered the genus as monophyletic. This monophyly was supported by the unique floral type in Conophytum, with the fused petaloid staminodes forming a tube. None of the sectional classifications were recovered as monophyletic but the phylogenetic analyses did recover a few clades which more or less corresponded to the current sectional classification of the genus. A number of clades were also recovered which included species from a range of different sections. Diverse leaf and floral traits were shown to have evolved numerous times across the genus. This was particularly interesting with regards to the selected floral traits, as the phylogeny indicated a number of switches in floral morphologies across the genus. The floral diversity was assessed in complex species communities of Conophytum across the GCFR, where up to 11 species of Conophytum are found occurring sympatrically, and floral traits were shown to be different across the species within the communities. Pollination competition and adaptation were suggested as possible drivers of floral diversity in the genus, with differences in phenology, anthesis and floral morphology within the species complex communities. The unique floral type of Conophytum has enabled the species to develop a diverse range of specialised flowers, with a variety of structures, scents and colours, resulting in the diverse floral morphologies found across the genus. The complex Conophytum species communities included both closely as well as distantly related species, suggesting the soft papery capsules of Conophytum are wind dispersed. This adaptation to long distance seed dispersal resulted in a significantly higher phylogenetic diversity in Conophytum when compared to its sister genus, Cheiridopsis. A population genetics study of Conophytum also suggested that the capsules may be wind dispersed, with an indication of genetic connectivity between the geographically isolated populations of C. marginatum Lavis across the Bushmanland Inselberg Region. Although the capsules are dispersed by wind, the seeds are released from the hygrochastic capsules by runoff during rainfall events. The relationship between seed dispersal and runoff is evident from the genetic structure of populations of C. maughanii N.E.Br. and C. ratum S.A.Hammer that occur on the tops and the surrounding bases of the inselbergs, as the drainage pattern was found to directly influence population structure in these species. In addition, the AFLP analyses provided insight into the conservation of the flagship species C. ratum. The summit populations of this species were shown to sustain the populations at the base of the Gamsberg. This finding is especially important, as the distribution of the species is restricted to the Gamsberg inselberg, where mining has already commenced as of this year.
National Research Foundation (NRF)
COSTELLI, CRISTINA. "Genetic and phylogenetic characterization of microalgae strains in view of their exploitation for CO2 capture and biofuel production." Doctoral thesis, Università degli Studi di Cagliari, 2015. http://hdl.handle.net/11584/266805.
Full textHernandez, Rosales Maribel. "The Orthology Road." Doctoral thesis, Universitätsbibliothek Leipzig, 2013. http://nbn-resolving.de/urn:nbn:de:bsz:15-qucosa-127823.
Full textFranzo, Giovanni. "Further insight into the molecular epidemiology and evolutionary dynamics of rapidly evolving RNA and ssDNA viruses." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3424633.
Full textI virus a RNA e a ssDNA rappresentano un affascinante campo di ricerca caratterizzato da una stretta interconnessione fra lo studio di aspetti più “speculativi”, inerenti all’evoluzione virale, e le implicazioni che questi comportano nella pratica veterinaria. La presente tesi è stata concepita come una raccolta di articoli che hanno esplorato diversi aspetti e livelli dell’evoluzione virale senza per questo trascurarne le ripercussioni pratiche. Diverse malattie infettive ed agenti eziologici sono stati selezionati onde investigare i diversi aspetti e implicazioni della rapida evoluzione di questi virus. In considerazione della natura eterogena dei manoscritti prodotti, questi sono stati organizzati secondo una “scala crescente”, dal livello più basso dell’evoluzione virale, procedendo verso scale via via maggiori. L’elaborato “Viral subpopulations in aMPV vaccines are unlikely to be responsible for reversion to virulence” affronta un analisi ad alta risoluzione della presenza di sottopopolazioni virali nei vaccini vivi attenuati basati sul sottotipo B del metapneumovirus aviare e del loro potenziale ruolo nel determinare fenomeni di reversione a virulenza. La somministrazione su vasta scala di vaccini vivi attenuati, nonostante gli ovvi vantaggi in termini di riduzione della prevalenza virale, dei segni clinici e delle perdite economiche, è associata a costi che non sono limitati a quelli di tipo meramente pecuniario. Sulla base di un ampia raccolta di campioni italiani, l’articolo “Continued use of IBV 793B vaccine needs reassessment after its withdrawal led to the genotype’s disappearance” descrive l’impatto di questi vaccini, in assenza di marker vaccinali noti, nel complicare il processo diagnostico e, conseguentemente, l’interpretazione dello scenario epidemiologico. Ovviamente, una conoscenza aggiornata degli stipiti virali circolanti in una particolare area è di fondamentale importanza per l’implementazione di adeguate misure di controllo. Con quest’obiettivo in mente, uno studio di campo , pubblicato in “Diffusione dell’infezione da metapneumovirus aviare in allevamenti di tacchini e broiler nel Nord Italia”, è stato condotto su centinaia di allevamenti al fine di stimare e caratterizzare i ceppi di AMPV circolanti nel nostro territorio. In aggiunta, al fine di favorire studi sempre più frequenti e estesi, è stato sviluppato un test diagnostico in grado di rilevare, quantificare e tipizzare i sottotipi di AMPV attualmente circolanti in Italia. In considerazione del fatto che le spese relative a questi test rappresentano spesso uno dei maggiori limiti all’attività diagnostica e di ricerca, si è cercato di ridurre i costi rispetto ad altre metodiche comunemente utilizzate, garantendo nel contempo le medesime o migliori performance diagnostiche(“A Sensitive, Reproducible, and Economic Real-Time Reverse Transcription PCR Detecting Avian Metapneumovirus Subtypes A and B”). Sfortunatamente la diagnosi dei virus a RNA, essendo caratterizzati da una rapida evoluzione, rappresenta di per se stessa un ardua sfida e richiede una continua dedizione alla rivalutazione e aggiornamento delle metodiche diagnostiche esistenti. Gli articoli Observation of high recombination occurrence of Porcine reproductive and respiratory syndrome virus in field condition” e “Phylodynamic analysis of Porcine reproductive and respiratory syndrome virus (PRRSV) in Italy: action of selective pressures and interactions between different clades.” sono incentrati sullo studio dell’epidemiologia molecolare del Porcine reproductive and respiratory syndrome virus (PRRSV) in Italia. In particolare sono state studiate le forze evolutive che ne modellano e condizionano l’evoluzione (i.e., alto tasso di sostituzione nucleotidica, interazione fra differenti clade e azione di diverse pressioni selettive). L’elevata eterogeneità genetica di PRRSV nel nostro territorio è stata poi analizzata alla luce delle sue ripercussioni nello sviluppo e validazione di metodiche diagnostiche basate sull’uso della RT-PCR e qRT-PCR (“Validation and comparison of different end point and real time RT-PCR assays for detection and genotyping of porcine reproductive and respiratory syndrome virus”) e ne è stato valutato l’impatto sull’accuratezza diagnostica (“The impact of porcine reproductive and respiratory syndrome virus genetic heterogeneity on molecular assay performances”). Similmente, “International trades, local spread and viral evolution: the case of Porcine circovirus type 2 (PCV2) strains heterogeneity in Italy”, indaga la variabilità genetica di PCV2 all’interno dei confine nazionali comparandola altresì con le informazioni di epidemiologia molecolare disponibili per altri Stati. Il presente studio ha permesso di fornire significative evidenze sul ruolo sia dei commerci internazionali che dell’evoluzione “in loco” nel determinare l’eterogeneità di PCV2 riscontrata in Italia. Il progressivo aumento delle sequenza di PCV2 depositate in database pubblici ne ha dimostrato la grande variabilità su scala mondiale e ha evidenziato i limiti dei criteri di classificazione attualmente in uso. Tuttavia, una conoscenza quantomeno superficiale dell’epidemiologia molecolare di PCV2 è di basilare importanza per la pianificazione e la valutazione delle strategie di controllo. “Revisiting the Taxonomical classification of PCV2: still a real challenge” propone dei nuovi criteri per la classificazione di questo virus in diversi genotipi. Il nostro intento è stato quello di fornire uno schema che, pur tenendo conto dei limiti imposti dalle caratteristiche biologiche del virus, permettesse una rapida, pratica e facile genotipizzazione dei ceppi di PCV2 e che potesse quindi rispondere alle esigenze imposte dalla routinaria l’attività diagnostica. Infine, “Genetic characterisation of porcine circovirus type 2 (PCV2) strains from feral pigs in the Brazilian Pantanal: an opportunity to reconstruct the history of PCV2 evolution”, si confronta con il campo, più specualtivo, dell’origine di PCV2. La scoperta di un ceppo appartenente al genotipo PCV2c, sino ad oggi ritenuto estinto, in una popolazione di suini selvatici caratterizzata da una peculiare storia e da complesse, a ancora solo parzialmente conosciute, relazioni con altre specie suscettibili a questo patogeno, apre nuovi ed eccitanti scenari concernenti la storia e l’origine di PCV2
Wanke, Stefan, Mendoza Carolina Granados, Julia Naumann, Marie-Stéphanie Samain, Paul Goetghebeur, and Smet Yannick De. "A genome-scale mining strategy for recovering novel rapidly-evolving nuclear single-copy genes for addressing shallow-scale phylogenetics in Hydrangea." Saechsische Landesbibliothek- Staats- und Universitaetsbibliothek Dresden, 2016. http://nbn-resolving.de/urn:nbn:de:bsz:14-qucosa-192196.
Full textWanke, Stefan, Mendoza Carolina Granados, Julia Naumann, Marie-Stéphanie Samain, Paul Goetghebeur, and Smet Yannick De. "A genome-scale mining strategy for recovering novel rapidly-evolving nuclear single-copy genes for addressing shallow-scale phylogenetics in Hydrangea." BMC Evolutionary Biology, 2001. https://tud.qucosa.de/id/qucosa%3A29147.
Full textBauer, Jennifer E. "A Phylogenetic and Paleobiogeographic Analysis of the Ordovician Brachiopod Eochonetes." Ohio University / OhioLINK, 2014. http://rave.ohiolink.edu/etdc/view?acc_num=ohiou1397486053.
Full textMecham, Jesse L. "Jumpstarting phylogenetic searches /." Diss., CLICK HERE for online access, 2006. http://contentdm.lib.byu.edu/ETD/image/etd1403.pdf.
Full textMcHugh, Sean W. "Phylogenetic Niche Modeling." Thesis, Virginia Tech, 2021. http://hdl.handle.net/10919/104893.
Full textMaster of Science
As many species face increasing pressure in a changing climate, it is crucial to understand the set of environmental conditions that shape species' ranges--known as the environmental niche--to guide conservation and land management practices. Species distribution models (SDMs) are common tools that are used to model species' environmental niche. These models treat a species' probability of occurrence as a function of environmental conditions. SDM niche estimates can predict a species' range given climate data, paleoclimate, or projections of future climate change to estimate species range shifts from the past to the future. However, SDM estimates are often biased by non-environmental factors shaping a species' range including competitive divergence or dispersal barriers. Biased SDM estimates can result in range predictions that get worse as we extrapolate beyond the observed climatic conditions. One way to overcome these biases is by leveraging the shared evolutionary history amongst related species to "fill in the gaps". Species that are more closely phylogenetically related often have more similar or "conserved" environmental niches. By estimating environmental niche over all species in a clade jointly, we can leverage niche conservatism to produce more biologically realistic estimates of niche. However, currently a methodological gap exists between SDMs estimates and macroevolutionary models, prohibiting them from being estimated jointly. We propose a novel model of evolutionary niche called PhyNE (Phylogenetic Niche Evolution), where biologically realistic environmental niches are fit across a set of species with occurrence data, while simultaneously fitting and leveraging a model of evolution across a portion of the tree of life. We evaluated model accuracy, bias, and precision through simulation analyses. Accuracy and precision increased with larger phylogeny size and effectively estimated model parameters. We then applied PhyNE to Plethodontid salamanders from Eastern North America. This ecologically-important and diverse group of lungless salamanders require cold and wet conditions and have distributions that are strongly affected by climatic conditions. Species within the family vary greatly in distribution, with some species being wide ranging generalists, while others are hyper-endemics that inhabit specific mountains in the Southern Appalachians with restricted thermal and hydric conditions. We fit PhyNE to occurrence data for these species and their associated average annual precipitation and temperature data. We identified no correlations between species environmental preference and specialization. Pattern of preference and specialization varied among Plethodontid species groups, with more aquatic species possessing a broader environmental niche, likely due to the aquatic microclimate facilitating occurrence in a wider range of conditions. We demonstrated the effectiveness of PhyNE's evolutionarily-informed estimates of environmental niche, even when species' occurrence data is limited or even absent. PhyNE establishes a proof-of-concept framework for a new class of approaches for studying niche evolution, including improved methods for estimating niche for data-deficient species, historical reconstructions, future predictions under climate change, and evaluation of niche evolutionary processes across the tree of life. Our approach establishes a framework for leveraging the rapidly growing availability of biodiversity data and molecular phylogenies to make robust eco-evolutionary predictions and assessments of species' niche and distributions in a rapidly changing world.
Mecham, Jesse Lewis. "Jumpstarting Phylogenetic Searches." BYU ScholarsArchive, 2006. https://scholarsarchive.byu.edu/etd/483.
Full textBroe, Michael Brian. "Phylogenetics of the Monotropoideae (Ericaceae) with Special Focus on the Genus Hypopitys Hill, together with a Novel Approach to Phylogenetic Inference Using Lattice Theory." The Ohio State University, 2014. http://rave.ohiolink.edu/etdc/view?acc_num=osu1417442819.
Full textKrig, Kåre. "Methods for phylogenetic analysis." Thesis, Linköping University, Department of Mathematics, 2010. http://urn.kb.se/resolve?urn=urn:nbn:se:liu:diva-56814.
Full textIn phylogenetic analysis one study the relationship between different species. By comparing DNA from two different species it is possible to get a numerical value representing the difference between the species. For a set of species, all pair-wise comparisons result in a dissimilarity matrix d.
In this thesis I present a few methods for constructing a phylogenetic tree from d. The common denominator for these methods is that they do not generate a tree, but instead give a connected graph. The resulting graph will be a tree, in areas where the data perfectly matches a tree. When d does not perfectly match a tree, the resulting graph will instead show the different possible topologies, and how strong support they have from the data.
Finally I have tested the methods both on real measured data and constructed test cases.
Pardi, Fabio. "Algorithms on phylogenetic trees." Thesis, University of Cambridge, 2009. http://ethos.bl.uk/OrderDetails.do?uin=uk.bl.ethos.611685.
Full textWang, Min-Hui. "Classification using phylogenetic trees /." The Ohio State University, 1999. http://rave.ohiolink.edu/etdc/view?acc_num=osu1488190595939375.
Full textSundberg, Kenneth A. "Partition Based Phylogenetic Search." BYU ScholarsArchive, 2010. https://scholarsarchive.byu.edu/etd/2583.
Full textHansen, Michael. "Algebra and Phylogenetic Trees." Scholarship @ Claremont, 2007. https://scholarship.claremont.edu/hmc_theses/194.
Full textKist, Nicolaas Christiaan. "Bayesian phylogenetic approaches to retroviral evolution : recombination, cross-species transmission, and immune escape." Thesis, University of Oxford, 2017. http://ora.ox.ac.uk/objects/uuid:997289db-0a6e-4cd4-b465-9fc962ce40b8.
Full textArvestad, Isaac, and Henrik Lagebrand. "Implementing Bayesian phylogenetic tree inference with Sequential Monte Carlo and the Phylogenetic Likelihood Library." Thesis, KTH, Skolan för elektroteknik och datavetenskap (EECS), 2018. http://urn.kb.se/resolve?urn=urn:nbn:se:kth:diva-229429.
Full textVi undersöker om programspråksbiblioteket Phylogenetic Likelihood Library (PLL) kan användas för bayesiansk inferens av phylogenetiska träd med en sekventiell Monte Carlo-metod (SMC). Genom att implementera algoritmen med två olika delar av PLL:s programmeringsgränssnitt visar vi att det går att använda PLL för att implementera SMC-algoritmen men att det är oklart om det huvudsakliga programmeringsgränssnittet är lämpligt.
Wallberg, Andreas. "The Dawn of a New Age : Interrelationships of Acoela and Nemertodermatida and the Early Evolution of Bilateria." Doctoral thesis, Uppsala : Acta Universitatis Upsaliensis, 2009. http://urn.kb.se/resolve?urn=urn:nbn:se:uu:diva-107550.
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