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Academic literature on the topic 'Ragionevole durata processo'
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Journal articles on the topic "Ragionevole durata processo"
Bianchi Riva, Raffaella, and Chiara Spaccapelo. "Eccessiva durata del processo e responsabilità disciplinare dei magistrati: il ritardo nel deposito dei provvedimenti fra storia e attualità." Italian Review of Legal History, no. 7 (December 22, 2021): 485–546. http://dx.doi.org/10.54103/2464-8914/16896.
Full textGambino, Silvio. "Giurisdizione e ‘Giustizia' fra Trattato di Lisbona, CEDU e ordinamenti nazionali." CITTADINANZA EUROPEA (LA), no. 1 (December 2010): 85–113. http://dx.doi.org/10.3280/ceu2010-001005.
Full textDissertations / Theses on the topic "Ragionevole durata processo"
Iermano, Anna. "La ragionevole durata del processo nell'ordinamento europeo e italiano." Doctoral thesis, Universita degli studi di Salerno, 2012. http://hdl.handle.net/10556/308.
Full textIl principio di ragionevole durata del processo costituisce “imperativo per tutti i procedimenti”, teso ad assicurare “una giustizia non amministrata con ritardi tali da comprometterne l’efficienza e la credibilità”. Gode di una tutela multilivellare, in Convenzioni internazionali o regionali, oltre che nelle fonti ordinamentali interne, integrandosi e completandosi a vicenda, al di là delle coincidenze definitorie. In particolare, esso costituisce un’estrinsecazione del giusto processo, esemplarmente sintetizzato nell’art. 6 CEDU, ai sensi del quale ogni persona ha diritto a che la sua causa sia esaminata equamente, pubblicamente ed entro un termine ragionevole. Si tratta di un diritto soggettivo, assoluto ed incomprimibile, direttamente azionabile dal singolo dinanzi all’autorità giurisdizionale. Nell’ordinamento dell’Unione europea rinviene il suo referente normativo nell’art. 47 della Carta dei diritti fondamentali dell’UE, proclamata a Nizza il 7 dicembre 2000, riproclamata a Strasburgo il 12 dicembre 2007 e, oggi, giuridicamente vincolante a seguito dell’entrata in vigore del Trattato di Lisbona (1° dicembre 2009), ex art. 6 TUE, che opera un rinvio recettizio e materiale alla Carta, attribuendo ad essa il medesimo valore giuridico dei Trattati. L’ordinamento dell’Unione europea, pur nella sua autonomia funzionale ed organica, si pone in continua relazione con la CEDU, specie sotto il profilo dell’elaborazione di un proprio catalogo di diritti fondamentali. Al riguardo, la definizione della garanzia di un processo in tempi ragionevoli offre un interessante spaccato di tale interazione, tesa fra l’utilizzo delle norme e della giurisprudenza convenzionale come fonte diretta da un lato, e il tentativo di affermare una autonoma garanzia del diritto dell’Unione europea dall’altro. Le modalità redazionali con le quali il diritto in esame viene codificato nell’ordinamento UE riassumono l’evoluzione giurisprudenziale con la quale tale garanzia si è dispiegata nel tempo. Nella CEDU, invece, tale garanzia, viene prima positivizzata, e poi progressivamente definita dagli organi di Strasburgo quanto a contenuto e a parametri applicativi. Nell’ordinamento italiano tale principio trova fondamento nell’art. 111, secondo comma della Costituzione, a seguito della legge costituzionale 23 novembre 1999, n. 2. e, altresì, nella legge 24 marzo 2001, n. 89, nota come “legge Pinto”, varata al fine di deflazionare il contenzioso dinanzi alla Corte di Strasburgo originato dalla lentezza dei processi italiani e deputata, in quanto tale, a finalità esclusivamente riparatorie. Il principio di sussidiarietà che lega la tutela nazionale ai rimedi previsti dalla Convenzione impone una dinamica collaborazione-interferenza tra i due livelli di giurisdizione, in un rapporto di continua, reciproca interazione. Il rinvio espresso della legge Pinto (art. 2) all’art. 6 CEDU indurrebbe a trasferire sul piano interno la definizione del bene tutelato e le condizioni per l’applicazione della norma così come interpretate dalla Corte EDU; invece, le Corti di merito e di legittimità sin dalle prime applicazioni assumono, sotto taluni profili, una posizione di contrasto con la giurisprudenza di Strasburgo. Casi concreti, pragmatici scandiscono la portata di tale dialogo, facendo emergere appieno i punti di contatto e quelli di “attrito”, nonché il grado di integrazione realizzatosi negli anni, tra autorità giurisdizionali italiane e giudice europeo. La crisi di complessiva efficienza in ambito non solo nazionale induce a predisporre una serie di rimedi che mirano a deflazionare il contenzioso e ad aumentare la capacità di risposta degli uffici giudiziari. La stessa Corte di Strasburgo “vittima del suo successo”, si espone al rischio di una violazione della ragionevole durata a dir poco “paradossale”, sol che si pensi alla sua costante attenzione ai tempi processuali dei singoli Stati membri. Al riguardo, il Protocollo XIV introduce un corpus di emendamenti finalizzati a rafforzare le funzionalità della Corte e a gestire con celerità le questioni palesemente infondate. Anche il sistema giurisdizionale dell’Unione europea al pari di quello CEDU si confronta negli anni con il progressivo aumento del numero dei ricorsi e con la necessità di contenere i tempi processuali. Da qui l’introduzione di una serie di correttivi e riforme per rendere più efficiente la giustizia, incidendo, in primis, sull’assetto istituzionale dell’ordinamento UE. In Italia, la precedenza va data alla giustizia civile, la cui situazione, in termine di durata dei giudizi, è ben più grave di quella penale e amministrativa. [a cura dell'autore]
X n.s.
La, Spina Livio. "La (ir)ragionevole durata delle indagini preliminari." Doctoral thesis, Università di Catania, 2014. http://hdl.handle.net/10761/1619.
Full textPOTENZANO, Rosalba. "La ragionevole durata del processo tra aspirazione alla celerità ed esigenza di ponderazione. Un confronto tra le esperienze europee di Civil Law e Common Law." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2021. http://hdl.handle.net/10447/514965.
Full textRUBERA, MATTEO TULLIO MARIA. "Profili costituzionali del giudizio direttissimo." Doctoral thesis, Università degli Studi di Roma "Tor Vergata", 2009. http://hdl.handle.net/2108/202021.
Full textThe aim of the present study is to analyze the “giudizio direttissimo” – one of the different forms that criminal trials can take in Italy – from the perspective of the Italian Constitution. In this particular kind of trial, the accused is immediately brought before the Court to be publicly judged, without any kind of preliminary hearing to assess whether the charge is well-founded or not. On one hand, the “giudizio direttissimo” seems to be consistent with the principle – laid down in the Italian Constitution – that a trial must be held within a reasonable time of time. Indeed, the omission of the “preliminaries” – that characterize the “ordinary proceeding” – allows a saving of one year and a half, when compared to the average length of the latter. On the other hand, the course of this kind of trial, in some cases, doesn’t seem to give the accused enough time to prepare an adequate defence. Moreover, its discipline seems to be lacking in some of the most important constitutional rights. A constitutionally consistent interpretation of the “giudizio direttissimo” might help to solve the aforementioned issues, by limiting its application only to the easiest cases. In addition, some case-law which is too rigorous for the defendant should be overridden.
Books on the topic "Ragionevole durata processo"
Aimonetto, Maria Gabriella. La "durata ragionevole" del processo penale. Torino: G. Giappichelli, 1997.
Find full textFrancesco De Santis Di Nicola. Ragionevole durata del processo e rimedio effettivo. Napoli, Italia: Jovene editore, 2013.
Find full textDidone, Antonio. Equa riparazione e ragionevole durata del giusto processo. Milano: Giuffrè, 2002.
Find full textGiunta, Fausto. Tempori cedere: Prescrizione del reato e funzioni della pena nello scenario della ragionevole durata del processo. Torino: G. Giappichelli, 2003.
Find full textPacilli, Matteo. L’abuso dell’appello. Bononia University Press, 2021. http://dx.doi.org/10.30682/sg277.
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