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Academic literature on the topic 'Rigetto trapianto'
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Journal articles on the topic "Rigetto trapianto"
Frascà, Giovanni M., Emilio Balestra, Domenica Taruscia, Valentina Nastasi, Giovanni Gaffi, and Mariastefania Pugliese. "Aferesi nel rigetto acuto del rene trapiantato." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, no. 4_suppl (July 23, 2013): S68—S70. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1096.
Full textTsalouchos, Aris, and Maurizio Salvadori. "Rigetto anticorpo-mediato nel trapianto di rene: fisiopatologia, clinica e terapia." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 32, no. 1 (October 9, 2020): 131–34. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2020.2182.
Full textLombardi, Duccio. "Decellularizzazione d'organo: matrici fisiologiche per la generazione di organi in vitro." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, no. 3 (August 26, 2013): 244–47. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1046.
Full textTsalouchos, Aris, and Maurizio Salvadori. "Diagnosi e trattamento del rigetto acuto cellulo-mediato nel trapianto di rene." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 32, no. 1 (February 27, 2020): 22–25. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2020.1099.
Full textBandini, S., M. Gallo, L. Caroti, N. Paudice, and L. Moscarelli. "Iperparatiroidismo ipercalcemico post-trapianto renale: un problema per il nefrologo." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 23, no. 4 (January 24, 2018): 1–6. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2011.1490.
Full textRagozzino, Gabriele, and Adele Fabrizi. "Il trapianto di pene: una nuova sfida per la medicina e la sessuologia." RIVISTA DI SESSUOLOGIA CLINICA, no. 2 (November 2021): 87–99. http://dx.doi.org/10.3280/rsc2021-002005.
Full textDissertations / Theses on the topic "Rigetto trapianto"
Mariotti, J. "MODULAZIONE DEL SIGNALING DI STAT PER PREVENIRE IL RIGETTO DEL TRAPIANTO DI MIDOLLO OSSEO ALLOGENICO." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2013. http://hdl.handle.net/2434/217168.
Full textScalzotto, Elisa. "ASSOCIAZIONE TRA POLIMORFISMI GENETICI E RIGETTO ACUTO NEL PAZIENTE TRAPIANTATO DI RENE." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2016. http://hdl.handle.net/11577/3422395.
Full textIl trapianto di rene rappresenta il trattamento di elezione per i pazienti affetti da insufficienza renale terminale ESRD, GFR < 15 ml/min/1,73 m2). In un certo numero di casi il decorso può essere complicato da processi patologici che possono comportare la compromissione fino alla perdita del rene. Una delle complicanze post-trapianto è rappresentata dal rigetto, l’espressione clinica e/o istologica di un insufficiente controllo della risposta immune. Il rigetto acuto “classico” è di tipo interstiziale cellulo-mediato, ma può riconoscere anche una componente umorale. Per prevenire e trattare il rigetto è sempre necessario ricorrere alla terapia immunosoppressiva, riducendo al minimo la tossicità del farmaco e il rischio di sviluppare infezioni e neoplasie. Negli ultimi anni si è delineato sempre di più il concetto di “variabilità inter-individuale” nella risposta ai farmaci, dipendente da numerosi geni. Evidenze scientifiche riportano che alcuni polimorfismi a singolo nucleotide (SNP) localizzati in geni coinvolti nella risposta immunitaria e nella farmacocinetica/farmacodinamica dei farmaci immunosoppressivi sono associati con il rigetto da allotrapianto nei pazienti trapiantati di rene. Sulla base della variabilità inter-individuale alla risposta a farmaci, sono stati scelti 5 geni: 2 noti per essere target della risposta immunitaria, IL-10 e TNF-α, e 3 geni target della terapia immunosoppressiva, ABCB1/MDR1, UGT1A9 e IMPDH2. Lo scopo di questo progetto è stato quello di determinare le possibili associazioni genetiche tra le 19 varianti polimorfiche (SNP) individuate nei geni e l’evento di rigetto acuto nei pazienti trapiantati renali. Il protocollo di studio si è articolato in 5 fasi: arruolamento dei gruppi di studio (CASI: pazienti trapiantati con evento di rigetto acuto, CONTROLLO I: pazienti trapiantati senza alcun evento di rigetto acuto, CONTROLLO II: soggetti sani donatori di sangue), racconta dei campioni di sangue, analisi molecolare degli SNPs di interesse e analisi statistica. Sono stati arruolati 220 individui: 41 casi con età mediana di 50 anni (IQR: 42-62 anni); 109 pazienti trapiantati (gruppo Controllo I) con età mediana di 55 anni (IQR: 48-62 anni) e 70 soggetti sani (gruppo Controllo II) con età mediana di 49 anni (IQR: 41-54 anni). Confrontando le variabili sesso ed età al prelievo abbiamo trovato una differenza statisticamente significativa nei tre gruppi (p=0,0028 e p=0,0123, rispettivamente). Le frequenze alleliche osservate sono distribuite in modo omogeneo all’interno dei gruppi studiati e sovrapponibili a quelle riportate per la popolazione europea e mondiale (Ensembl), indicando che la popolazione di controlli sani è rappresentativa. Per tutti gli SNPs appartenenti al gene IMPDH2, ad eccezione dell’rs11706052, vi è la presenza di un locus monoallelico. Questo è confermato dai dati aggiornati recentemente e presenti nel database mondiale (Ensembl) e da alcuni studi suggerendo la presenza di artefatti dovuti al sequenziamento effettuato con metodi meno sofisticati. Tutti i polimorfismi risultano in equilibrio di Hardy-Weinberg ad eccezione dello SNP rs1045642 appartenente al gene ABCB1/MDR1. È stata effettuata l’analisi per-allele, per-genotype e linear trend per tutti i polimorfismi nei tre gruppi studiati: confrontato il gruppo di tutti i pazienti trapiantati (Casi + Controllo I) con gli individui sani è emerso che i pazienti con il genotipo G/G relativo allo SNP rs1800872 del gene IL10 potrebbero, con maggiore probabilità, andare incontro a malattia renale cronica (CKD). I pazienti che presentano l’allele C nello SNP rs1045642 e l’allele A nello SNP rs2032582, entrambi appartenenti al gene ABCB1/MDR1, hanno una maggiore suscettibilità a sviluppare eventi avversi in seguito al trapianto. Dal momento che questo gene codifica per una pompa di efflusso transmembrana, in grado di estromettere numerosi composti xenobiotici, compresi i farmaci immunosoppressivi, è facile pensare che le varianti polimorfiche possano modificare l’efficacia della pompa alterando dunque il successo della terapia farmacologica. Di conseguenza, lo screening di questi SNPs prima del trapianto potrebbe aiutare il clinico a sviluppare una terapia immunosoppressiva personalizzata. Solo l’aumento della numerosità campionaria, così da raggiungere il numero di individui previsto dal sample size test (69 per gruppo), permetterà di verificare questi risultati e avvalorare questa ipotesi.
Carraro, Andrea. "Individuazione di un potenziale profilo di miRNA, predittivi di rigetto subclinico in pazienti pediatrici trapiantati di rene." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3425767.
Full textIl trapianto di rene rappresenta il trattamento ottimale per la cura dell’insufficienza renale terminale. La sopravvivenza dell’organo trapiantato nei pazienti pediatrici mostra un tasso percentuale a 5 anni del 83% nel caso di donatore vivente, e del 70%, nel caso di donatore cadavere. La causa principale di disfunzione del graft con conseguente perdita è il rigetto renale. Sebbene la terapia immunosoppressiva abbia ridotto l’insorgenza di rigetto, la durata dell’organo trapiantato può ancora essere migliorata, considerando le aspettative di vita di un bambino. Attualmente la procedura standard usata per la diagnosi dello stato di salute del rene trapiantato è l’ago-biopsia renale, anche se rimane comunque una pratica invasiva per il paziente con possibile insorgenza, seppure in rari casi, di complicanze come infezioni o sanguinamento. Inoltre, la biopsia renale risulta utile nel monitoraggio del trapianto, ma non riesce a evitare l’insorgenza di danno istologico. L’interesse verso nuovi possibili biomarcatori utili nella prevenzione del rigetto renale e tutt’ora rilevante. Tra i possibili candidati troviamo i microRNA (miRNA), corte sequenze di RNA non codificante lunghe 21 – 23 nt, coinvolti nella regolazione di diverse vie di segnalazione post-trascrizionali. I miRNA sono coinvolti in diversi processi come la sopravvivenza cellulare, lo sviluppo, la differenziazione, la proliferazione, e la modulazione della risposta immunitaria. A livello renale, sembrano avere un coinvolgimento nella regolazione dello sviluppo, in diversi processi fisiologici e patologici. Diversi studi hanno dimostrato come l’espressione dei miRNA possa variare nei fluidi biologici e in campioni tissutali di adulti trapiantati di rene. Per questo motivo, i miRNA sono attualmente studiati come possibili marker diagnostici/prognostici e potenziali targets terapeutici nel trapianto di rene. Un'altra interessante risorsa di biomarker di rigetto renale, sembrano essere le vescicole extracellulari (EVs). Le EVs sono nanoparticelle sferiche costituite da strato fosfolipidico e rilasciate da tutte le tipologie cellulari. Queste particelle possono agire sulle cellule bersaglio in diversi modi, inclusa la stimolazione cellulare, il trasferimento di proteine, lipidi e materiale genetico, come RNA messaggero (mRNA) e miRNA, interagendo anche a lunga distanza. Basandoci su questi dati si è deciso di effettuare uno studio retrospettivo dei miRNA espressi in campioni bioptici e vescicolari sierici di pazienti pediatrici trapiantati. In particolare, è stato selezionato un gruppo di 20 pazienti, 10 con diagnosi istologica normale e 10 con diagnosi di rigetto renale subclinico, ad 1 anno dal trapianto. La frazione di miRNA ottenuta aveva un range di concentrazione di 0,7 – 7 ng/µl nei campioni di tessuto renale e di 0,06 – 0,52 ng/µl nei campioni vescicolari. I miRNA estratti sono stati sequenziati con tecnologia NGS. I risultati dell’analisi statistica post sequenziamento hanno evidenziato 5 miRNA (miR-142-3p, miR-142-5p, miR-101-3p, miR-106b-3p and miR-185-5p) significativamente sovraespressi nei campioni tissutali di pazienti SCR (p-value <0,05), mentre lo stesso trend non è osservabile nelle EVs sieriche. Anche se i campioni vescicolari non hanno sottolineato differenze d’espressione dei miRNA statisticamente significative, nel pool identificato tramite sequenziamento sono stati rilevati 4 dei 5 miRNA sovraespressi nei tessuti dei CONT (miR-142-3p, miR-142-5p, miR-101-3p and miR-185-5p). Sarebbe interessante proseguire la ricerca verificando gli stessi miRNA anche in campioni di EVs urinarie di pazienti pediatrici trapiantati di rene. Infine, questo studio può contribuire ad ottenere un test di laboratorio pratico e utile nella predizione d’insorgenza di rigetto renale in pazienti pediatrici e migliorare la terapia personalizzata.
Nannini, Nazarena. "Chronic lung allograft dysfunction: clinical and experimental study." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3424150.
Full textINTRODUZIONE Il trapianto di polmone è l’unica opzione terapeutica per alcune patologie polmonari terminali. Notevoli progressi sono stati fatti in questo ambito, tuttavia la sopravvivenza dell’organo dopo 5 anni è inferiore al 50%, principalmente a causa dello sviluppo del rigetto cronico. Il rigetto cronico si presenta in modo eterogeneo, in quanto può essere caratterizzato da una forma ostruttiva (sindrome della bronchiolite obliterante, BOS) o da una restrittiva (RAS). La BOS e il suo corrispondente aspetto istopatologico, la bronchiolite obliterante (BO), rappresentano la principale forma di rigetto cronico (~75%). L’eziologia e l’esatta patogenesi della BOS/BO non sono ancora state completamente chiarite in quanto diversi meccanismi immunitari sembrano essere coinvolti nel suo sviluppo e sembra essere la conseguenza di un processo indotto da meccanismi dipendenti/indipendenti dagli alloantigeni. Infatti, il ruolo dell’alloimmunità nello sviluppo della BOS/BO è stato dimostrato da tempo, mentre quello dell’autoimmunità è emerso solo recentemente. Pochi lavori sperimentali e clinici hanno dimostrato che il collagene V e la tubulina K-α1, modificati nel danno da ischemia e riperfusione, possono indurre la risposta autoimmune, sia umorale che cellulo-mediata. L’interleuchina17 (IL17), una citochina proinfiammatoria coinvolta in patologie autoimmuni ed infettive, è stata proposta recentemente come fattore cruciale nello sviluppo del rigetto cronico. Lo sviluppo di modelli animali, che subiscono una procedura trapiantologica analoga all’umana, risulta di grande importanza al fine di chiarire i meccanismi patogenetici legati allo sviluppo della BOS/BO, di identificare biomarcatori precoci e di provare l’efficacia di nuove terapie. Attualmente, due importanti aspetti vengono largamente discussi nei modelli di trapianto ortotopico nei roditori: 1) la riproducibilità della procedura chirurgica e 2) l’identificazione del migliore genotipo (inbred o outbred) per lo sviluppo di lesioni immunologiche simili a quelle umane. SCOPO DELLA RICERCA I principali obiettivi di questa ricerca sono stati: 1) sviluppo di un modello animale di trapianto ortotopico di polmone riproducibile con lesioni immunologiche simili a quelle umane, in particolare quelle tipiche del rigetto cronico; 2) verificare l’ipotesi che IL17/IL23 giochi un ruolo chiave nello sviluppo del rigetto cronico mediante uno studio scrupoloso nei modelli preclinici e in casi clinici emblematici. MATERIALI E METODI Due modelli animali sono stati utilizzati per eseguire il trapianto ortotopico di polmone (LT): il modello outbred (20 polmoni sinistri CD SPF sono stati trapiantati in VAF) e il modello inbred (32 polmoni sinistri di ratti Lewis sono stati trapiantati in Fisher 344). Esclusivamente i ratti con sopravvivenza a lungo termine (sacrificati 30 e 90 giorni dopo LT) sono stati studiati in modo approfondito dal punto di vista immunologico mediante: a) ricerca di anticorpi anti-donatore (DSA) mediante citometria a flusso sui campioni ematici; b) valutazione morfologica ed immunofenotipica di lesioni immunologiche acute e croniche sviluppatesi nel polmone trapiantato; c) analisi immunoistochimica e molecolare (PCR semiquantitativa) del meccanismo IL17/IL23 nell’organo trapiantato e nel BAL dei modelli animali e nelle biopsie transbronchiali di monitoraggio di due casi clinici emblematici di pazienti che hanno sviluppato la BO. RISULTATI La mortalità perioperatoria e la disfunzione precoce dell’organo trapiantato (entro le 24 ore) erano più elevate nel gruppo di animali outbred rispetto agli inbred (solo 2/20 ratti outbred sono sopravvissuti): uno presentava rigetto cellulare acuto (ACR) con coesistente BO precoce, l’altro un rigetto cronico tardivo. Nei primi 15 giorni dopo LT i topi inbred presentavano raramente lesioni immunologiche (solo 1/11: 9%) e si trattava di ACR lieve (A1B1). In questo periodo i polmoni trapiantati inbred mostravano danno da ischemia/riperfusione o infezioni. In 2/6 (33%) dei polmoni trapiantati inbred è stato riscontrato un importante ACR (≥A2B1) 30 giorni dopo LT. Il sacrificio a 90 giorni è risultato ottimale per lo sviluppo di lesioni immunologiche: ACR (≥A2B1) e BO (lesioni precoci e tardive) sono state riscontrate in 7/15 (46%) e 8/15 (53%) animali rispettivamente, indipendentemente dal trattamento di immunosoppressione. Gli animali con ACR o BO presentavano livelli di Ig DSA maggiori rispetto a quelli che non presentavano alcun segno di rigetto (rispettivamente 70% e 34% vs 13%). Una forte positività immunoistochimica per IL17 è stata riscontrata nei polmoni trapiantati dei topi inbred che avevano sviluppato ACR e BO. Non erano evidenti differenze significative nell’espressione di IL17 nelle cellule infiammatorie (macrofagi e linfociti) di polmoni inbred con ACR e BO, mentre è risultata maggiore nelle cellule epiteliali ed endoteliali di polmoni inbred con BO rispetto a quelli con ACR. Non è stata riscontrata positività nei polmoni di animali senza alcun segno di rigetto. L’espressione di IL23 era elevata sia in assenza che in presenza di rigetto. L’analisi molecolare dell’espressione di IL17 e IL23 nel BAL ha dimostrato maggiori livelli di mRNA nei polmoni trapiantati con ACR rispetto a quelli con BO. Tutte le biopsie di monitoraggio dei due casi emblematici caratterizzate da ACR e BO hanno mostrato un’elevata espressione di IL17 con lo stesso pattern riscontrato nel modello preclinico. CONCLUSIONI I ratti outbred, che potrebbero essere considerati più simili all’uomo data la loro diversità genetica, non possono essere considerati un modello riproducibile di LT a causa dell’elevata mortalità precoce. E’ stato sviluppato un modello riproducibile di rigetto acuto cellulare e cronico nei ratti inbred (da Lewis a Fisher 344) e il sacrificio 90 giorni dopo il trapianto è risultata la tempistica ottimale. IL17, notevolmente espressa nell’ACR e nella BO, è un mediatore cruciale nelle lesioni immunologiche post-trapianto e potrebbe rappresentare un importante target terapeutico nella trapiantologia clinica.
Germani, Giacomo. "Predicting acute cellular rejection after liver transplantation: form liver function test to immune monitoring." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2013. http://hdl.handle.net/11577/3426180.
Full textLo scopo principale della terapia immunosoppressiva dopo trapianto di fegato è passato dalla prevenzione del rigetto acuto alla preservazione della funzionalità a lungo termine dell’organo trapiantato e alla prevenzione degli effetti collaterali dovuti alla terapia immunosoppressiva. Per perseguire tale scopo è necessaria una gestione ottimale della terapia immunosoppresiva stessa. Tuttavia, la misurazione dei livelli ematici dei farmaci immunosoppressori, generalmente utilizzati come surrogato dei livelli di immunosoppressione, non fornisce informazioni relative alla reale intensità della soppressione del sistema immunitario. Pertanto l’individuazione di marcatori biologici di rigetto acuto e/o di tolleranza risulta fondamentale per poter migliorare la gestione della terapia immunosoppressiva dopo-trapianto di fegato. Gli scopi degli studi riportati in questa tesi sono: 1) determinare l’incidenza e gli eventuali fattori di rischio di rigetto acuto dopo trapianto di fegato, valutare in che l’influenza del rigetto acuto e della sua severità istologica sulla sopravvivenza dell’organo e del paziente dopo trapianto di fegato; 2) valutare il ruolo degli indici di funzionalità epatica e della conta eosinofilica ematica come potenziali marcatori biologici di rigetto acuto dopo trapianto di fegato, in particolare di grado moderato/severo; 3) valutare, prima e dopo trapianto di fegato l’espressione di specifici marcatori immunologici di rigetto acuto. I risultati degli studi condotti hanno evidenziato come pazienti con diagnosi di rigetto acuto alla biopsia di protocollo presentino una sopravvivenza di organo e paziente, a 1, 5 e 10 anni dal trapianto di fegato, del tutto sovrapponibile a quella di pazienti senza evidenza istologica di rigetto acuto alla biopsia di protocollo. L’insorgenza di rigetto acuto di grado moderato/severo non sottoposto a trattamento farmacologico è tuttavia associata ad aumentata incidenza di decesso o perdita dell’organo post-trapianto. Nel valutare potenziali marcatori biologici di rigetto acuto, abbiamo dimostrato che nonostante la conta eosinofilica periferica non sia sufficientemente predittiva per lo sviluppo di rigetto acuto post-trapianto, la differenza nella conta eosinofilica tra la prima e la seconda biopsia epatica può essere considerato un fattore predittivo di miglioramento istologico, indipendentemente dall’utilizzo o meno di terapia con boli steroidei. Non è stata invece evidenziata alcuna associazione tra l’alterazione degli indici di funzionalità epatica e l’insorgenza di rigetto acuto. Infine, è stato dimostrato che l’insorgenza di rigetto acuto risulta associata ad aumentata espressione di CD28 e CD38 sia sui linfociti T CD4+ che CD8+ e ad un aumento dei livelli di IL-17. Tali alterazioni del sistema immunitario potrebbero essere utilizzate nella pratica clinica per valutare lo stato di soppressione del sistema immunitario in pazienti sottoposti a trapianto di fegato con il fine ultimo di una gestione ottimale e personalizzata della terapia immunooppressiva
Di, Francesco Andrea. "Identification of molecular biomarkers to discriminate and characterize the different types of rejection in Heart Transplated Patients." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3422684.
Full textContesto: Il trapianto di cuore è l'unico trattamento curativo disponibile per i pazienti con insufficienza cardiaca allo stadio terminale. Durante il primo anno dopo il trapianto più del 25% dei pazienti può subire episodi di rigetto e affrontare il rischio di sviluppare rigetto con conseguente disfunzione dell’ organo trapiantato con un aumento della morbilità e mortalità. Prevenire e trattare il rigetto acuto è l’ obiettivo principale per i medici che lavorano con pazienti trapiantati. Le linee guida ISHLT 2005 e 2013 hanno definito il profilo istopatologico di tre tipi di rigetto: Cellulare (ACR) Humoral (AMR) e Mixed (MIX). Al giorno d'oggi le biopsie endomiocardiche seriali (EMB) a intervalli decrescenti durante il primo anno dopo il trapianto e gli esami di laboratorio, come le misurazioni di anticorpi donatore specifici (DSA), rimangono parametri di riferimento nella diagnosi e nel monitoraggio del rigetto acuto, ma sono soggetti a artefatti dovuti alle metodologie di campionamento, interpretazione e test. Pertanto questa valutazione istopatologica necessita di nuovi biomarcatori integrativi per caratterizzare la stratificazione del rischio nel rigetto da trapianto di cuore. Ad oggi, i meccanismi esatti coinvolti nel rigetto dopo il trapianto non sono completamente compresi, quindi la ricerca sui processi che governano i meccanismi di rigetto e la scoperta di biomarcatori efficaci per diagnosticare, monitorare e prevedere il rigetto sarà di grande valore per lo sviluppo e miglioramento delle terapie contro il rigetto. L'avvento della tecnologia di sequenziamento come Next Generation Sequencing (NGS) sta cambiando la genomica medica accelerando la scoperta di nuovi biomarcatori di malattie. I microRNA (miRNA) sono piccole molecole di RNA non codificanti (19-24 nucleotidi), altamente conservate, che regolano l'espressione dei geni a livello post-trascrizionale. Obiettivo: Lo scopo di questo studio è identificare il profilo di espressione di MicroRNA (miRNA) nel primo anno dopo il trapianto di cuore (HTX) con la tecnologia Next Generation Sequencing (NGS) in biopsie endomiocardiche (EMB) fissate in formalina e incluse in paraffina (FFPE), per caratterizzare i tre diversi tipi di rigetto da trapianto di cuore classificati come Cellulare, Umorale e Misto. Metodi: due gruppi di pazienti (pz.) sono stati inclusi: un gruppo di studio di 19 pz. e un gruppo di validazione di 14. Per ogni paziente abbiamo selezionato la prima biopsia endomiocardica (EMB) fissata in formalina ed inclusa in paraffina (EMB) per ogni tipo di rigetto. Abbiamo escluso i pz. presensibilizzati con precedente impianto del dispositivo di assistenza ventricolare sinistro (LVAD) e con precedenti episodi di infezione. Le biopsie sono state esaminate per la presenza di rigetto secondo i criteri di classificazione internazionali aggiornati (ISHLT 2005 e 2013). Abbiamo quindi individuato quattro gruppi: Acute Cellular Rejection (ACR) con ACR a 12 punti:> = 2R, pAMR: 0, DSA: Neg; Misto con 6 pts ACR:> = 2R, pAMR> 1 (i +), DSA: Pos; Reiezione mediata da anticorpi (AMR) con 5 punti ACR: 0, pAMR> 1 (i +), DSA: Pos; Controllo con 10 punti: ACR: 0, pAMR: 0, DSA: Neg. La piccola frazione di RNA della coorte di studio è stata sequenziata con NGS Ion Proton per definire l'espressione dei miRNA maturi. Abbiamo eseguito un'analisi successiva con edgeR confrontando a coppie i gruppi per identificare i miRNA espressi differenzialmente nei diversi rigetti. Abbiamo selezionato 13 microRNA secondo l'analisi bionformatica come possibili biomarcatori i quali sono stati confermati da qRT-PCR in tutti i pz. Con l'analisi di regressione logistica multivariata abbiamo identificato gruppi univoci di miRNA come modelli predittivi specifici per ciascun rigetto. Inoltre, la PCR in situ è stata eseguita sulle stesse EMBs per rilevare l'espressione e la localizzazione dei miRNA nei tipi di cellule all'interno delle EMBs. Risultati: l'identificazione del miglior metodo di estrazione di microRNA da EMBs FFPE è stato il primo risultato che ho raggiunto. Ho testato diversi metodi sia manuali che kit commerciali e ho modificato i protocolli per ottenere una buona qualità e una quantità adeguata di microRNA per l'applicazioni successive. Con NGS abbiamo ottenuto e analizzato oltre 2257 microRNA maturi in tutte le biopsie del gruppo di studio. I tre tipi di gruppi di controllo e di rigetto sono stati confrontati in coppia con l'analisi non supervisionata che mostra per ciascun gruppo un profilo tipico di miRNA differenzialmente espressi; in particolare: Misto vs AMR: solo 2 miRNA sovraespressi nel gruppo Misto suggeriscono una somiglianza tra i due tipi di rigetto. ACR vs AMR: 18 miRNA sovraespressi e 2 miRNA sottoespressi nell'ACR. Mixed vs ACR: 7 miRNAs non sovraespressi e 39 miRNA sovraespressi nel gruppo ACR. L'analisi ha rivelato che ci sono microRNA de-regolati tra i tre tipi di rigetto confermando la nostra ipotesi che i microRNA possano caratterizzare le tre condizioni patologiche. I MiRNA sono stati selezionati per un'ulteriore valutazione e convalida, in base al numero di reads risultanti da NGS, sulla loro FDR significativa (<0,05), fold change, p-value e il loro coinvolgimento in processi rilevanti correlati al rigetto come mostrato dalle analisi bioinformatiche basate su geni target validati e riportati in database pubblici come TarBase (versione 6.0) (111), miRTarBase (112), miRWalk (113), miRecords (114), DIANA-microT-CDS (115), miRmap (116) , miRDB (117), TargetScan (118) e miRanda (119). Alla fine abbiamo selezionato 13 microRNA. Per validare i dati NGS tramite qRT-PCR abbiamo arruolato altri EMBs da 14 pz. selezionati in base ai nostri criteri e abbiamo testato su tutte le 33 EMbs, sia quelle della coorte di studio che quelle della coorte di validazione, i microRNA selezionati. L'analisi di validazione ha mostrato un pattern di espressione simile per tutti i microRNA in particolare: 6 hsa-miRNA: 29c-3p / -29b-3p / 199a-3p / 190a-5p / 27b-3p / 302b-3p possono differenziare tutti i rigetti rispetto a controlli; 3 hsa-miRNA: 31-5p / 144-3p / 218-5p sono peculiari di AMR e MIX rispetto al controllo e ACR 2 hsa-miRNA: 451a / 208a-5p identificano MIX rispetto ai controlli. Usando l'espressione di miRNA e la condizione patologica come variabili dipendenti abbiamo creato modelli di regressione logistica: MIX: (miR-208a, 126-5p, 135a-5p); ACR: (miR-27b-3p, 29b-3p, 199a-3p, 208a, 302b-3p); AMR: (miR-208a, 29b-3p, 135a-5p, 144-3p) che identificano con alta specificità e sensibilità ciascun tipo di rigetto. Infine con PCR in situ abbiamo rilevato alcuni di questi microRNA in diversi tipi di cellule: miR-29b-3p era principalmente espresso nelle cellule muscolari lisce in ACR; miR-144-3p era espresso nei macrofagi e nelle cellule endoteliali; inoltre l'espressione di questo microRNA nei macrofagi era predominante e diffusa nell'ACR rispetto all'AMR. Il miR-126-5p è risultato espresso in campioni ACR e AMR non solo nelle cellule endoteliali ma anche nei cardiomiociti e nelle cellule muscolari lisce. Per il MicroRNA 451a abbiamo trovato una co-localizzazione del segnale nelle cellule endoteliali e nei linfociti. Conclusioni: Questo studio dimostra che i microRNA possono essere ottenuti facilmente dai tessuti fissati in formalina e inclusi in paraffina, i miRNA differenzialmente espressi sono coinvolti in meccanismi patofisiologici del rigetto quali regolazione e proliferazione del ciclo cellulare del sistema immunitario, vie infiammatorie mediate da NFkB e rimodellamento endoteliale. Secondo i nostri risultati, i miRNA sovra o sotto espressi hanno mostrato una modulazione di questi processi in un modo peculiare per ciascun tipo di rigetto. I modelli di regressione logistica identificati potrebbero rappresentare un potente strumento diagnostico e il rilevamento in situ dei miRNA getta nuova luce sui meccanismi patofisiologici del rigetto. Inoltre l'espressione di MiRNA 144-3p, 126-5p, 29b-3p e 451a identificati mediante PCR in situ in cellule endoteliali, cellule muscolari lisce e infiammatorie è diagnostica e costituisce un potenziale bersaglio farmacologico contro il rigetto da trapianto di cuore.
Pacenti, Monia. "Studio dei correlati virologici, patologici e clinici in pazienti pediatrici trapiantati di rene: applicazione di nuove indagini molecolari." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3425935.
Full textIl ruolo dell’infezione virale nell’insorgenza di lesioni nel rene trapiantato non è stato ancora del tutto precisato sebbene alcuni virus come HCMV, EBV, VZV, HHV6, HHV8, in una fase più precoce, e il poliomavirus BK (BKV) e JC (JCV) e al parvovirus B19, dopo più tempo dal trapianto, sembrano avere una precisa funzione nel determinare danni a carico del rene trapiantato. Infatti, tutti questi virus sono stati già descritti come importanti patogeni con tropismo renale. Nel presente studio sono state investigate le infezioni virali, intrarenali e sistemiche, in una casistica di bambini e giovani adulti che sono stati sottoposti a trapianto di rene dal 2000 al 2006. Più esattamente sono stati analizzati i dati della prevalenza delle sequenze genomiche virali intrarenali e delle infezioni sistemiche (DNAemia) in associazione con il rischio di insorgenza di rigetto acuto e/o di lesioni croniche del rene trapiantato. La presenza delle sequenze genomiche virali dei virus erpetici umani, dei poliomavirus e del parvovirus B19 è stata analizzata a livello della biopsie di rene eseguite al momento del trapianto, biopsie baseline, in presenza di disfunzioni renali acute e durante i primi due anni dal trapianto seguendo i tempi del protocollo di follow-up cioè a 6, 12 e 24 mesi post trapianto. Sono stati studiati 69 riceventi pediatrici, bambini e giovani adulti, con un’età media pari a 13 anni che avevano ricevuto il rene da donatore deceduto in 65 casi e in 4 casi da famigliare vivente: l’età dei donatori era inferiore a 6 anni in 15 casi. I risultati di questa prima parte dello studio, relativi alla prevalenza del DNA virale intrarenale sono stati correlati con i dati clinici, i dati di viremia (DNAemia), di funzionalità del rene trapiantato e con le valutazioni istologiche dello stesso momento del follow-up. Globalmente, il DNA virale è stato ritrovato nel 46% delle biopsie baseline e nel 70% delle biopsie di follow-up, dove generalmente persiste nelle biopsie successive. I virus più frequentemente identificati sono il parvovirus B19 e l’herpesvirus HHV6, già presenti a livello delle biopsie di rene del donatore. Mentre la presenza delle sequenze genomiche dei virus EBV e BKV è stata associata alla comparsa di lesioni acute nel rene trapiantato. Tra tutti i virus studiati e ritrovati a livello del rene del ricevente, soltanto il DNA del parvovirus B19 e le relativa DNAemia sono state associate con lo sviluppo di lesioni croniche del rene trapiantato: tale dato non era mai stato dimostrato in precedenti studi della letteratura. Per quanto riguarda il HCMV, la relativa DNAemia è stata considerata un fattore di rischio per la comparsa di episodi di rigetto acuto: dato, questo, già dimostrato e confermato con il nostro studio. Quindi è possibile concludere che il parvovirus B19 sembra preferire, in modo particolare, il rene come possibile bersaglio da infettare e la sua persistenza intrarenale è associata con la comparsa di lesioni croniche del rene trapiantato. Nella seconda parte del presente studio, con l’intento di identificare nuovi marcatori del rischio di infezione del ricevente trapiantato di rene, è stata valutata la presenza delle sequenze genomiche virali di EBV, HCMV, BKV, e del parvovirus B19 nel rene del donatore prima dell’impianto; più precisamente sono state analizzate le biopsie, le soluzioni di conservazione e di lavaggio dell’organo prima che questo venga trapiantato. È stato osservato poi se la presenza del DNA virale nell’unità rene (ovvero l’insieme dei diversi campioni derivati dal donatore: biopsia, soluzione di conservazione e di lavaggio) correlava con la comparsa dell’infezione virale nel ricevente. L’ indagine condotta a livello dei diversi campioni dell’unità rene del donatore, consente di aumentare la sensibilità del test molecolare, ma anche da maggiori indicazioni relative al meccanismo di trasmissione dell’infezione virale mediante il rene trapiantato dal momento che i diversi campioni dell’unità rene sono arricchiti di più frazioni cellulari del donatore: sono presenti sia le cellule residenti del rene a livello della biopsia, ma anche le cellule del sangue circolante soprattutto nel liquido di lavaggio. Le sequenze genomiche virali sono frequentemente identificate nell’unità rene del donatore, soprattutto nelle soluzioni di conservazione e di lavaggio. Globalmente, il DNA virale è stato identificato, in almeno un tipo di campione dell’unità rene, in 51 su 75 reni donati (68%) e il virus più ritrovato è il B19 (47%). In accordo con la loro capacità di definire uno stato di latenza dei linfociti B e nei monociti, il DNA dei virus EBV, nel primo caso, e HCMV nel secondo, sono stati identificati principalmente nelle soluzioni di lavaggio e di conservazione, poiché tali virus sono probabilmente veicolati dalle cellule del sangue periferico. Mentre, nel caso del parvovirus B19, il DNA virale è stato trovato spesso nelle biopsie del rene del donatore: questo suggerisce che il virus probabilmente infetta le cellule residenti del rene, le quali potrebbero essere un importante sorgente di trasmissione dell’infezione al ricevente. Il poliomavirus BK si pensa abbia un particolare tropismo per il rene e che vada in latenza nelle cellule epiteliali tubulari del rene: ciononostante nel presente studio il DNA di BKV è stato identificato solo in una biopsia di rene del donatore mentre è stato più volte ritrovato, anche in maniera persistente, nelle biopsie di follow-up. In generale, è stato possibile constatare che la presenza del DNA virale nel rene del ricevente è un importante fattore di rischio di infezione sistemica per il ricevente sieronegativo nel primo periodo successivo al trapianto. In particolare, la presenza del DNA di EBV nell’ unità rene donata comporta un più elevato rischio di infezione da EBV nel ricevente sieronegativo, mentre la persistenza di B19 nel rene del ricevente è un fattore di rischio di infezione e/o di DNAemia da B19 per il ricevente sia sieropositivo che sieronegativo. Al contrario questo tipo di indagine molecolare dell’unità rene del donatore, condotta per il HCMV e per BKV non mostra una valida utilità diagnostica. Concludendo, con questo studio è stato possibile dimostrare che l’identificazione di acidi nucleici virali a livello delle soluzioni di lavaggio e di conservazione del rene da trapiantare potrebbe essere un test molecolare particolarmente utile per riconoscere i riceventi con un maggior rischio di infezione, soprattutto sistemica. La sensibilità e la specificità di tale test molecolare dipende però dal tropismo del virus per le cellule o per il tessuto dell’organo da trapiantare.
CIGNI, CLARA. "Role of NFATc activation in innate immune cells in acute transplant rejection." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2015. http://hdl.handle.net/10281/83844.
Full textBusutti, Marco <1987>. "Efficacia del Tocilizumab nel trattamaneto del rigetto umorale cronico attivo nel paziente trapiantato di rene." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2022. http://amsdottorato.unibo.it/10216/1/Tesi%20Dottorato%20Busutti%20AMS.pdf.
Full textIn the last decades significant improvements has been reached in short term graft survival, conversely long-term graft survival in still an open challenge for the scientific community. One of the major causes of long term graft loss is represented by chronic- active antibody mediated rejection (cAMR), a recently identified entity whose diagnosis is based on laboratoristic and histologic elements: the presence of DSA associated to specific morphological lesions as inflammation and microvascular damage associated or not to C4d deposition. Treatment of cAMR is an open field of debate. Tocilizumab, an anti-IL6 monoclonal antibody has been recently proposed as a first line treatment for cAMR, showing encouranging results. We describe our monocentric experience using Tocilizumab as first-line therapy for cAMR. Graft function (eGFR), proteinuria and DSA have been evaluated every 6 month for 24 months; histology have been performed after 12 months of treatment. No adverse events have been observed during study period. 12 patients completed the study with a follow-up of 24 months. Kidney function showed a worsening during follow-up that reaches statistical significance at 12 and 24 months (eGFR from 32.2±13.9 ml/min to 26.9±13 ml/min), but far less than expected for these kind of patients. 4 patients (30%) reached ESRD during follow-up, 3 requiring renal replacement therapy. We did not observed any statically significant variation in proteinuria and in DSA MFI levels. From a histological point of view, we observed a significant improvement in active cAMR lesions (C4d deposition and Acute tissue injury (MTA, g>0/ptc>0, v>0) and no progression among chronic lesions (Transplant glomerulopathy, PTC multilayering and aterial intimal fibrosis) Tocilizumab shown good results, with a stabilization of graft function, a reduction in kidney inflammation and active lesions in kidney biopsy and not allowing progression of chronic lesions.
SOTTILI, MARIANGELA. "CXCL10 e rigetto del trapianto: studio degli analoghi della vitamina Dcome potenziali nuovi farmaci immunomodulatori." Doctoral thesis, 2010. http://hdl.handle.net/2158/599069.
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