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Journal articles on the topic 'Rischi cardiovascolari'

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Petricciuolo, Serena, and Paolo Caravelli. "Un caso di cardiomiopatia da stress post-partum indotta da feocromocitoma." Cardiologia Ambulatoriale, no. 2 (September 30, 2020): 133–47. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2020-2-5.

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Abstract:
La cardiomiopatia peripartum e la cardiomiopatia Takotsubo durante il peripartum presentano caratteristiche cliniche simili. Entrambe le patologie si presentano con scompenso cardiaco acuto e disfunzione ventricolare sinistra nel pe-riodo peripartum in donne che non hanno precedenti cardiovascolari. È importante una corretta diagnosi differenziale per migliorarne l’approccio terapeutico e il follow-up. L’imaging cardiovascolare influenza in maniera fondamentale la definizione diagnostica, l’indirizzo terapeutico e il follow-up di tali pazienti. Sono necessari ulteriori studi che de-finiscano meglio l’eziologia e la diagnosi differenziale tra queste due patologie, la cui prognosi è sostanzialmente dif-ferente. In particolare, pazienti che hanno avuto una cardiomiopatia peripartum devono essere messe a conoscenza dei potenziali rischi associati ad una successiva gravidanza. Parole chiave: Cardiomiopatia peripartum; Cardiomiopatia Takotsubo; Imaging cardiaco; Feocromocitoma.
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2

Carcagnì, Addolorata. "Obesità, infiammazione e rischio cardiovascolare: la genesi dell’ateroma." Cardiologia Ambulatoriale 29, no. 1 (May 30, 2021): 30–40. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2021-1-5.

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Abstract:
Le malattie cardiovascolari associate all’aterosclerosi sono la prima causa di mortalità e morbilità. Diversi studi evidenziano che il tessuto adiposo viscerale ha un ruolo importante nello sviluppo di uno stato infiammatorio sistemico che contribuisce al rischio cardiovascolare e allo sviluppo della patologia ischemica. I mediatori circolanti dell’infiammazione partecipano ai meccanismi del danno vascolare. Nei pazienti obesi tali sostanze sono secrete direttamente dagli adipociti e dai macrofagi del tessuto viscerale e dagli epatociti e contribuiscono all’insorgere dell’insulino-resistenza. Questa rassegna mostra come lo stato infiammatorio si associa ad insulino-resistenza e come questo agisca nella formazione della placca ateromasica. Inoltre, descrive come l’insulino-resistenza potenzia altri fattori di rischio cardiovascolare associati all’obesità; e suggerisce importanti raccomandazioni nella pratica clinica per i pazienti cardiovascolari con obesità viscerale
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3

Inno, Alessandro. "Terapia radiante: quando e perché interessa il cardiologo." Cardiologia Ambulatoriale, no. 3 (November 30, 2020): 191–94. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2020-3-9.

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Abstract:
La radioterapia toracica può determinare un ampio spettro di complicanze cardiovascolari a lungo termine (versamento pericardico, pericardite costrittiva con compromissione emodinamica, disfunzione diastolica progressiva, cardiomiopatia restrittiva con scompenso cardiaco, valvulopatie, coronaropatia, ipertensione polmonare, anomalie del sistema di conduzione e disfunzione autonomica). Malattie cardiovascolare pre-esistenti e fattori di rischio cardiovascolari possono aumentare il rischio di cardiotossicità da radioterapia. Il cardiologo dovrebbe svolgere un ruolo cruciale nel follow-up a lungo termine allo scopo di correggere i fattori di rischio cardiovascolari, ottimizzare la terapia cardiologica nei pazienti con cardiopatia nota, eseguire indagini di screening nei pazienti asintomatici, avviare l’appropria
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Messina, A., A. P. Casani, M. Manfrin, and G. Guidetti. "Italian survey on benign paroxysmal positional vertigo." Acta Otorhinolaryngologica Italica 37, no. 4 (August 2017): 328–35. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-1121.

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Abstract:
La vertigine parossistica posizionale benigna (VPPB) è il tipo più comune di vertigine periferica. Frequentemente dopo il primo episodio la VPPB presenta recidive, con un tasso di ricorrenza tra il 15% ed il 50%. Ad oggi non vi è chiarezza sui processi eziopatogenetici che portano al distacco degli otoconi né su quali siano i fattori che rendono la VPPB una patologia recidivante, ma recenti studi epidemiologici hanno evidenziato una possibile associazione con fattori di rischio cardiovascolari. Lo scopo del presente studio (Sesto Senso Survey) è stato quello di valutare nella popolazione italiana, attraverso un’indagine osservazionale, le principali caratteristiche demografiche e cliniche dei pazienti con VPPB (primo episodio o ricorrente), con particolare attenzione ai potenziali fattori di rischio cardiovascolare. L’indagine è stata condotta in 158 centri di Vestibologia in tutta Italia su 2.682 pazienti (età media 59,3 ± 15,0 anni; 39,1 maschi e 60,9% femmine) affetti da VPPB, da gennaio 2013 a dicembre 2014. I risultati hanno mostrato in questi pazienti l’alta prevalenza di fattori di rischio cardiovascolari come ipertensione arteriosa (55,8%), ipercolesterolemia (38,6%) e diabete (17,7%), oltre ad una elevata familiarità per malattie cardiovascolari (49,4%). In un’elevata percentuale di pazienti si è inoltre registrata la presenza di ipoacusia (42,9%), acufeni (41,2%) o entrambi (26,8%). Significativamente correlata agli episodi di recidiva di VPPB è risultata la presenza di ipertensione arteriosa, dislipidemia e comorbidità cardiovascolare accertata (range OR tra 1,84 e 2,31). Rilevanti anche le associazioni con diabete e patologie tiroidee e autoimmuni (range OR tra 1,73 e 1,89). I risultati dell’indagine confermano la significativa associazione tra comorbidità cardiovascolari e VPPB recidivanti e le identificano come importante potenziale fattore di rischio per le recidive di VPPB nella popolazione italiana, aprendo la strada alla valutazione di nuove strategie terapeutiche nel trattamento di questa patologia.
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Lillo, Adele. "Consapevolezza del rischio cardiovascolare nella donna." CARDIOLOGIA AMBULATORIALE 30, no. 1 (May 31, 2022): 39–42. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2022-1-9.

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Abstract:
Le malattie cardiovascolari (CVD) rappresentano il maggior killer delle donne a livello globale: solo nel 2019, a 275 milioni di donne è stata diagnosticata una patologia cardiovascolare, e di queste 9 milioni sono decedute. La causa di questo è da ricercarsi nel fatto che a tutt’oggi le donne sono sottostudiate, sottoriconosciute, sottodiagnosticate, sottotrattate, sottorappresentate nei trials clinici. Nonostante le evidenze, la consapevolezza del rischio cardiovascolare femminile è bassa non solo tra le donne ma anche nel personale sanitario. Per fare il punto sulla consapevolezza femminile in Italia ed individuare modalità e topics di intervento, l’ARCA (Associazione Regionale Cardiologi Ambulatoriali) ha condotto una survey tra l’inizio del 2020 e novembre 2021, arruolando 5600 donne, intervistate presso ambulatori di cardiologia. Nonostante la conoscenza dei fattori di rischio tradizionali fosse alta, la consapevolezza del rischio di andare incontro ad eventi cardiovascolari è risultata bassa: il 50% delle donne non ha risposto correttamente, e solo il 13% ha ritenuto che il rischio di eventi per una donna fosse più alto rispetto all’ uomo. Anche riguardo lo stile di vita i dati non sono incoraggianti: solo il 7% delle donne ha dichiarato di avere corrette abitudini alimentari, e meno del 20% di svolgere un’attività fisica regolare. Il 91% necessita di ulteriori informazioni riguardo al RCV e oltre il 60% vorrebbe che fosse il medico di famiglia a fornirle. In conclusione, la consapevolezza delle donne sul proprio rischio CV è ancora non ottimale e le intervistate ritengono che debbano essere informate soprattutto dal medico di famiglia.
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6

Carcagnì, Addolorata. "Aspetti metabolici ed aterotrombosi nella donna." CARDIOLOGIA AMBULATORIALE 30, no. 1 (May 31, 2022): 25–30. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2022-1-6.

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Abstract:
Gli eventi cardiovascolari maggiori associati all’aterotrombosi sono la principale causa di morbilità e mortalità nella donna. La comparsa dell’obesità centrale, dovuta alle variazioni ormonali, si associano spesso ad uno stato dismetabolico/ infiammatorio soprattutto dopo la menopausa potenziando l’effetto negativo delle alterazioni ormonali sul sistema cardiovascolare. Questa rassegna evidenzia in che modo le alterazioni metabolico/infiammatorie portano alla comparsa dei principali fattori di rischio cardiovascolari (FRC), ai fenomeni aterotrombotici e agli eventi cardiovascolari maggiori. Pertanto, è importante limitare lo stato dismetabolico/infiammatorio controllando l’insorgenza dell’obesità centrale dopo menopausa. L’aumento della mortalità per eventi vascolari nella donna dipende spesso anche da un ritardo del trattamento, anche per eventi acuti è necessario quindi sensibilizzare con campagne di prevenzione le donne in menopausa a riconoscere i sintomi associati ad eventi cardiovascolari per ricorrere più velocemente al trattamento e migliorare la prognosi.
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Rivera, Rodolfo F., Costanza Casati, Paolo Vercelloni, Antonio De Pascalis, Fulvio Floccari, Alberto Santoboni, and Luca Di Lullo. "Anomalie cardiovascolari in pazienti con malattia renale policistica autosomica dominante." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 26, no. 4 (November 26, 2014): 389–97. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2014.948.

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Abstract:
La malattia autosomica dominante policistica renale (ADPKD) è la malattia genetica più comune in nefrologia. Due geni sono stati implicati nello sviluppo della malattia: PKD1 sul cromosoma 16 (85%) e PKD2 sul cromosoma 4 (15%). La ADPKD è clinicamente caratterizzata da coinvolgimento renale ed extrarenale espresso con la comparsa di manifestazioni cistiche e non cistiche. Dal momento che le complicanze cardiovascolari sono la principale causa di morbilità e mortalità, questa revisione si propone di analizzare il coinvolgimento cardiaco e vascolare in ADPKD. L'ipertensione è uno dei sintomi più frequenti e comune e si verifica in circa il 60% dei pazienti prima della comparsa di disfunzione renale. L'effetto dell'ipertensione sulla progressione verso stadi terminali della malattia renale, rende tale fattore di rischio uno dei più importanti e potenzialmente trattabili in ADPKD. L'ipertrofia ventricolare sinistra, spesso rilevata in questi pazienti, rappresenta un altro importante fattore di rischio indipendente per morbilità e mortalità cardiovascolare nella ADPKD. Altre anomalie come la disfunzione diastolica biventricolare, la disfunzione endoteliale e l'aumento dello spessore intima-media carotideo sono presenti anche in giovani pazienti con ADPKD con normale pressione sanguigna e la funzione renale ben conservata. Gli aneurismi intracranici, quelli extracranici e i difetti valvolari cardiaci sono altre manifestazioni cardiovascolari di comune riscontro nei pazienti con ADPKD. Il trattamento precoce dell'ipertensione mediante l'uso di agenti bloccanti del sistema renina-angiotensina-aldosterone potrebbe svolgere un effetto nefroprotettivo e ridurre l'insorgenza di complicanze cardiovascolari nei pazienti con ADPKD.
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Bosso, Giorgio, Mariarosaria De Luca, and Ugo Oliviero. "SGLT2 inibitori: dalla prevenzione al trattamento dello Scompenso Cardiaco." Cardiologia Ambulatoriale 29, no. 1 (May 30, 2021): 23–29. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2021-1-4.

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Abstract:
Gli inibitori del Costrasportatore Sodio-Glucosio 2 (SGLT2i) o gliflozine rappresentano i farmaci più innovativi nel trattamento del Diabete Mellito di tipo 2. Sono attualmente disponibili quattro molecole: Canagliflozin, Dapagliflozin, Empagliflozin and Ertugliflozin. La loro azione è basata sul blocco del Costrasportatore Sodio-Glucosio 2, che aumenta l’escrezione renale di glucosio, con conseguente natriuresi e diuresi, proporzionali ai livelli di glicemia plasmatica, ma indipendenti dall’azione insulinica. Il principale effetto collaterale è l’aumentata incidenza di infezioni del tratto urogenitale. Le gliflozine hanno mostrato straordinari benefici nei grandi trials di outcome cardiovascolare in pazienti con documentata malattia cardiovascolare o multipli fattori di rischio, con una riduzione significativa delle ospedalizzazioni per scompenso cardiaco. Questo effetto è stato confermato anche in pazienti affetti da scompenso cardiaco, con e senza diabete, collocando gli SGLT2i nell’armamentario terapeutico dei pazienti con insufficienza cardiaca. Diverse teorie sono state proposte per spiegare gli effetti benefici cardiovascolari degli SGLT2i eppure il preciso meccanismo d’azione non è ancora ben definito.
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Chiuini , Emilia. "Cocaina e rischio cardiovascolare." Cardiologia Ambulatoriale, no. 3 (January 21, 2020): 164–72. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2019-3-2.

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Farilla, Cosima, Sante Minerba, Salvatore Scorzafave, Giulia Stola, Vito Guerra, and Gregorio Colacicco. "La resilienza del sistema cardiologico nella pandemia SARS-CoV-2 e le proposte riorganizzative nella ASL Taranto." CARDIOLOGIA AMBULATORIALE 30, no. 4 (March 22, 2022): 10–238. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2021-4-4.

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Abstract:
Le malattie cardio-cerebrovascolari, nonostante la diminuzione della mortalità registrata negli ultimi anni, continuano a rappresentare in Italia una delle principali cause di morbosità, invalidità e mortalità. Secondo i dati Istat del 2017, il 10.4% di tutti i decessi è stato attribuito a malattie ischemiche del cuore (11.3% negli uomini e 9.6% nelle donne) e il 9.2% ad eventi cerebrovascolari (7.6% negli uomini e 10.7% nelle donne). Le Malattie Cardiovascolari sono tuttora anche la prima causa di ricovero ospedaliero in Italia (14.5% di tutti i ricoveri, circa 1 milione di ricoveri/anno). L’impatto della pandemia da coronavirus 2 della sindrome respiratoria acuta severa (SARS-CoV-2) in ambito cardiovascolare è stato particolarmente rilevante con un drastico calo di circa il 30-40% dei ricoveri per sindrome coronarica acuta (SCA) e scompenso cardiaco con conseguente grave ritardo nel ricorso alle cure. Si sono più che dimezzate anche le attività ambulatoriali penalizzando i follow-up dei pazienti post-SCA e di quelli con scompenso cardiaco, il monitoraggio dei pazienti con fibrillazione atriale ed in trattamento anticoagulante. L’impatto della Pandemia da SARS-CoV-2 nella ASL di Taranto è stato evidente con una riduzione degli accessi per eventi acuti e ricoveri (– 24%), e calo delle indagini cardiologiche (– 34%). Da un’analisi dei ricoveri in area cardiologica si è evidenziato un incremento degli exitus in età < 60 anni. La valutazione dei fattori di rischio cardiovascolari degli assistiti ha indicato la necessità di un territorio organizzato per la prevenzione di eventi acuti cardiovascolari. Tutto ciò ha reso necessario dei cambiamenti sugli assetti strutturali, organizzativi e tecnologici.
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Muiesan, Maria Lorenza, Anna Paini, Claudia Agabiti Rosei, and Carolina De Ciuceis. "Aspetti del RCV nella donna Aspetti di genere nel trattamento della Ipertensione arteriosa." CARDIOLOGIA AMBULATORIALE 30, no. 1 (May 31, 2022): 43–46. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2022-1-10.

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Abstract:
L’ipertensione arteriosa rappresenta il principale, ma spesso trascurato, fattore di rischio globale per la morbidità e mortalità cardiovascolare nelle donne ed esercita il peso maggiore sul loro stato di salute. Sono state messe in evidenza differenze tra uomini e donne per quanto riguarda la prevalenza, la consapevolezza ed il controllo della ipertensione arteriosa. La prescrizione di alcune classi di farmaci tende ad essere maggiore nelle donne rispetto agli uomini, anche se le motivazioni alla base di tale evidenza non sono completamente chiare. La efficacia della terapia antiipertensiva sulla prevenzione delle malattie cardiovascolari (CV) sembra essere simile negli uomini e nelle donne, sebbene la minore percentuale di donne partecipanti agli studi clinici randomizzati svolti in passato potrebbe aver influenzato i risultati. Sarebbe pertanto utile che la ricerca clinica future potesse esplorare eventuali differenze di sesso nell’ambito della ipertensione arteriosa, delle sue complicanze e dell’effetto del trattamento.
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Carcagnì, Addolorata, and Patrizia Presbitero. "Rischio cardio-metabolico e aterotrombosi nella donna in menopausa." CARDIOLOGIA AMBULATORIALE 30, no. 3 (December 31, 2022): 155–64. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2021-3-2.

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Abstract:
Le alterazioni ormonali e metaboliche della donna in menopausa sono alla base della comparsa dei principali fattori di rischio cardiovascolari (FRC), della formazione delle placche ateromasiche e di un aumento degli eventi cardiovascolari maggiori ad essa associate. L’insulino-resistenza correlata all’obesità centrale potenzia lo stato infiammatorio e di ipercoagulabilità, già presenti per la variazione del quadro ormonale. Il processo aterosclerotico nei vasi compare nella donna soprattutto dopo la menopausa e si associa ad un aumento di eventi ischemici cardiovascolari, anche acuti dovuti ad aterotrombosi. La formazione della placca nella donna, protetta fino ad allora dagli estrogeni, sembra subire una accelerazione in questa fase, eguagliando in pochi anni gli eventi cardiovascolari degli uomini, e diventando la principale causa di mortalità dopo i 75 anni. Questa rassegna mostra in che modo le alterazioni ormonali e l’insulino-resistenza portano all’insorgenza dei maggiori FRC come il diabete, l’ipertensione e la dislipidemia. Inoltre, evidenzia come l’aumento dello stato infiammatorio in menopausa associato ai FRC determina non solo la formazione della placca ateromasica, ma anche i fenomeni aterotrombotici e gli eventi cardiovascolari maggiori. La comparsa della placca ateromasica e la sua destabilizzazione legata allo stato infiammatorio diventano, quindi, la principale causa di morbilità e mortalità nella donna in menopausa. Pertanto, è importante limitare lo stato infiammatorio controllando l’insorgenza dell’obesità centrale e dell’insulino-resistenza principalmente con la dieta e l’esercizio fisico. Inoltre, è necessario istruire le donne in menopausa a riconoscere i sintomi associati ad eventi cardiovascolari. L’aumento della mortalità, soprattutto per cardiopatia ischemica (CPI) nella donna dipende spesso da un ritardo del trattamento anche per eventi acuti; pertanto, è necessario ricorrere più velocemente al trattamento per migliorare la prognosi.
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Rossetti, Maria Rosaria, Giuseppe Dalfino, Deni Aldo Procaccini, and Loreto Gesualdo. "L'alimentazione “mediterranea” nel paziente con rene policistico." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, no. 1 (August 3, 2013): 81–84. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1012.

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Abstract:
Dalla seconda metà del XX secolo sono intervenute modificazioni nelle abitudini alimentari e nello stile di vita, tali da determinare variazioni anche nello stato di salute della popolazione. Numerose evidenze scientifiche indicano la necessità di dover rivedere l'alimentazione, ritornando a preferire i cibi tipici della Dieta Mediterranea, che, unitamente all'attività fisica, all'astensione dal fumo o da altre dipendenze e alla convivialità, possono influire anche sulla progressione delle malattie cronico-degenerative e certamente sulla Qualità della Vita. È noto che la dieta iperproteica a elevato contenuto di sodio, unitamente all'abuso di alcool, costituisce un determinante della progressione della malattia renale. Al contrario, l'adesione alla Dieta Mediterranea, ricca di frutta, verdura, legumi, cereali e olio d'oliva e moderata nel consumo di proteine animali e alcool, gioca un ruolo protettivo della funzione renale. La Dieta Mediterranea si è mostrata in grado di ridurre malattie cardiovascolari e stress ossidativo, pertanto esistono i presupposti per valutare se l'alimentazione di tipo mediterraneo sia in grado di ridurre in maniera significativa l'attivazione dello stress ossidativo anche in pazienti con ADPKD e, quindi, il loro rischio cardiovascolare.
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Mantovani, Alessandro, Riccardo Rigolon, Teresa Turino, Isabella Pichiri, and Giovanni Targher. "NAFLD, diabete tipo 2, rischio cardiovascolare?" L'Endocrinologo 19, no. 5 (October 2018): 255–59. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-018-00478-w.

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Brigidi , Patrizia. "Il microbioma intestinale: influenze sul rischio cardiovascolare." Cardiologia Ambulatoriale, no. 4 (March 31, 2020): 238–44. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2019-4-2.

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Volpe, Roberto. "Rischio cardiovascolare: diversità tra uomini e donne." WELFARE E ERGONOMIA, no. 1 (May 2019): 135–42. http://dx.doi.org/10.3280/we2018-001009.

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Floccari, Fulvio, Luca Di Lullo, Rodolfo Rivera, Alberto Santoboni, Andrea Stella, and Moreno Malaguti. "Iperuricemia: dall'evoluzione della specie al rischio cardiovascolare." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 28, no. 4 (November 28, 2016): 278–81. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2016.736.

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Lamotte, M. "Fattori di rischio cardiovascolare e attività fisica." EMC - Medicina Riabilitativa 23, no. 2 (June 2016): 1–6. http://dx.doi.org/10.1016/s1283-078x(16)78205-8.

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Collet, T. H., J. Gussekloo, D. C. Bauer, W. P. den Elzen, A. R. Cappola, P. Balmer, G. Iervasi, et al. "Ipertiroidismo subclinico e rischio cardiovascolare e mortalità." L'Endocrinologo 13, no. 3 (June 2012): 146. http://dx.doi.org/10.1007/bf03345974.

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Basile, Carlo, and Carlo Lomonte. "Verità e leggende sulla fistola arterovenosa." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, no. 2 (October 5, 2013): 94–99. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1016.

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Abstract:
Studi di grandi dimensioni dimostrano un rischio di mortalità progressivamente crescente a seconda del tipo di accesso vascolare (VA), con il rischio più alto associato al catetere venoso centrale (CVC), seguito dai rischi associati alla protesi e, quindi, alla fistola arterovenosa (FAV). La presenza di una FAV ha un effetto negativo sulla funzione cardiaca, ma il suo esatto contributo alla morbidità cardiovascolare non è chiaro. È noto da tempo che un VA con un flusso inappropriatamente elevato può essere la causa di uno scompenso cardiaco ad alta gittata. Ancora più paradossalmente, ci possono essere benefici cardio-polmonari derivanti dalla presenza di una FAV. Tuttavia, pur sottolineando i reali benefici della creazione di una FAV, vogliamo anche sottolineare il pericolo legato a flussi elevati. La parola chiave nella scelta di un VA è “eleggibilità”. Un approccio del tipo “al primo posto viene il paziente e non la FAV, ma è meglio evitare un CVC, se possibile” potrebbe essere la scelta migliore.
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Parrini, Iris. "Follow up cardiologico a lungo termine post terapia oncologica potenzialmente cardiotossica." Cardiologia Ambulatoriale, no. 3 (November 30, 2020): 179–82. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2020-3-6.

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Abstract:
I pazienti guariti dal cancro hanno un rischio maggiore di eventi cardiovascolari tardivi dopo un trattamento con chemioterapia e/o radioterapia. L’attuale terapia oncologica comprende molteplici agenti i cui effetti cardiaci avversi possono essere additivi o sinergici. La disfunzione cardiaca può essere irreversibile e derivare da agenti come le an-tracicline, o da agenti che sembrano influenzare transitoriamente la contrattilità ventricolare sinistra come il trastu-zumab. La cardiotossicità da radioterapia può indurre un danno miocardico, malattia coronarica, valvulopatie e coinvolgi-mento del pericardio con una latenza di 10-20 anni. Inoltre, numerosi farmaci come il cisplatino, gli inibitori dell’aromatasi e la terapia anti-androgenetica aumentano i fattori di rischio coronarico incrementando il rischio di infarto miocardico e stroke. Una attenta modifica dello stile di vita, un trattamento aggressivo dei fattori di rischio coronarico e una adeguata modalità di sorveglianza è determinante nel ridurre le complicanze cardiovascolari e la mortalità.
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Bosatra, Sara. "Cardiovascular risk in LGBT+ population." CARDIOLOGIA AMBULATORIALE 30, no. 1 (May 31, 2022): 34–38. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2022-1-8.

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Abstract:
Le ricerche in ambito cardiovascolare evidenziano che la popolazione LGBT+ vive una disparità di salute rispetto alla popolazione coetanea eterosessuale e cisgender. Le minoranze sessuali sono infatti sottoposte a stressors specifici che intervengono a più livelli nella vita della persona e che, in assenza di peculiari fattori protettivi di resilienza, hanno un impatto negativo sulla salute cardiovascolare. Restano inoltre da raccogliere le evidenze degli effetti delle terapie ormonali di affermazione di genere e dei bloccanti ipotalamici sulla salute cardiovascolare, per consentire ai medici e alle persone transgender e gender-diverse di conoscere il rischio a cui si sottopongono e di gestirlo in maniera adeguata. Nonostante le raccomandazioni di più istituti scientifici, attualmente si rileva una condizione di impreparazione e di incertezza del personale sanitario su come approcciare l’utenza LGBT+ dal punto di vista sia clinico sia relazionale. Per ridurre le disparità in ambito di salute cardiovascolare che riguardano gli individui LGBT+, si rivela necessario approfondire le conoscenze sui fattori biologici e psico-sociali che potenziano i fattori di rischio cardiovascolare di questa popolazione, sviluppare linee guida evidence-based per prendersi cura dei bisogni specifici di salute delle minoranze sessuali, e avviare programmi di formazione al personale sanitario volti a ridurre gli atteggiamenti discriminatori e condividere buone pratiche a garanzia di una medicina dell’uguaglianza.
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Corona, Giovanni, Francesco Lotti, Alessandra Sforza, Mario Maggi, and Valerio Chiarini. "Obesità, sindrome metabolica ipogonadismo maschile e rischio cardiovascolare." Italian Journal of Medicine 3, no. 4 (December 2009): 234–38. http://dx.doi.org/10.1016/j.itjm.2009.09.002.

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Bianchi, Alfio Ernesto, Antonio Maggi, Francesca Colombo, and Riccardo Raddino. "La lipoproteina (a): un fattore di rischio cardiovascolare complesso e polimorfo." CARDIOLOGIA AMBULATORIALE 30, no. 4 (March 22, 2022): 202–13. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2021-4-1.

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Abstract:
La Lipoproteina (a) [LP(a)] viene oggi ritenuta un emergente ed importante fattore di rischio cardiovascolare per la sua azione di tipo pro-aterogeno, pro-trombotico e pro-infiammatorio. L’incremento dei livelli plasmatici di LP(a) concorre a determinare un proporzionale incremento del rischio cardiovascolare. L’aumento plasmatico della LP(a) può favorire la comparsa di cardiopatia ischemica, di stenosi aortica e dello stroke. La riduzione dei livelli di LP(a) si può ottenere mediante l’utilizzo dell’anticorpo monoclonale (PCSK9i), dell’oligonucleotide antisense e del tutto recentemente mediante l’inclisiran. Le statine non hanno mostrato alcun effetto riduttivo sulla LP(a), anzi il loro utilizzo sembra possa incrementarne i valori.
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Favilli, Silvia. "Affrontare la gravidanza con una cardiopatia." CARDIOLOGIA AMBULATORIALE 30, no. 1 (May 31, 2022): 47–50. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2022-1-11.

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Abstract:
Le malattie cardiovascolari costituiscono la prima causa indiretta di mortalità materna in gravidanza. Fra le cardiopatie pre-esistenti alla gravidanza, le Cardiopatie Congenite (CC) rappresentano la condizione più frequente nei paesi occidentali, mentre gli esiti della Malattia Reumatica rimangono la prima causa di morte materna nei paesi in via di sviluppo. Anche se molto più rare delle CC, le Cardiomiopatie, soprattutto le forme dilatative, sono la causa più frequente di scompenso cardiaco in gravidanza. La stratificazione del rischio è fondamentale in tutte le donne portatrici di cardiopatia che desiderano una gravidanza; idealmente la valutazione completa delle condizioni cardiovascolari, l’eventuale correzione di fattori di rischio modificabili ed un counselling strutturato dovrebbero precedere la gravidanza. In tutte le cardiopatie moderate o severe, la consulenza pre-concezionale, la gestione della gravidanza e la programmazione del parto dovrebbero essere affidate ad un team multidisciplinare con esperienza nelle gravidanze ad alto rischio.
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Bianchi, Alfio Ernesto, Patrizia Strappazzon, Antonio Maggi, and Riccardo Raddino. "Il tessuto adiposo epicardico e perivascolare. Un fattore di rischio cardiovascolare emergente." Cardiologia Ambulatoriale 30, no. 3 (December 9, 2022): 172–80. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2022-3-5.

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Abstract:
Il tessuto adiposo ectopico e quello perivascolare possono diventare un fattore di rischio cardiovascolare per l’ingresso all’interno del tessuto stesso di molecole infiammatorie Questa trasformazione del tessuto adiposo può favorire la progressione di malattia in organi e vasi e particolari situazioni cliniche come la fibrillazione atriale, lo scompenso, la vasculopatia cerebrale e la malattia coronarica. La radiomica che è una nuova e più avanzata tomografia computerizzata, permette di qualificare e quantificare il tessuto adiposo cosi trasformato. Essa permette inoltre una migliore definizione del rischio cardiovascolare e permette di inquadrare la malattia aterosclerotica già in una fase precoce favorendo, se necessario, un trattamento terapeutico, altrettanto precoce.
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PASSALI, D., G. CORALLO, S. YAREMCHUK, M. LONGINI, F. PROIETTI, G. C. PASSALI, and L. BELLUSSI. "Stress ossidativo nei pazienti con diagnosi di sindrome delle apnee ostruttive notturne." Acta Otorhinolaryngologica Italica 35, no. 6 (December 2015): 420–25. http://dx.doi.org/10.14639/0392-100x-895.

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Abstract:
La Sindrome delle Apnee Ostruttive Notturne (OSAS) è una patologia caratterizzata da alterazioni metaboliche e da un elevato rischio di sviluppo di patologie cardiovascolari. Lo scopo dello studio è stato quello di identificare dei markers precoci predittivi di rischio cardiovascolare con la valutazione dello stress ossidativo misurato attraverso esami di laboratorio in soggetti normali e pazienti con diagnosi di sindrome delle apnee ostruttive notturne. È stato effettuato uno studio prospettico per confrontare i risultati di laboratorio ottenuti dalla valutazione dei biomarkers dello stress ossidativo in 20 pazienti adulti con OSAS e 20 soggetti sani. Le tecniche di analisi utilizzate avevano l’obiettivo di identificare e quantificare i danni dei radicali liberi attraverso la misurazione di anti-ossidanti e pro-ossidanti in modo da valutare l’equilibrio ossidativo presente nei due gruppi di studio. I due gruppi di pazienti sono risultati omogeni per sesso, età ed indice di massa corporea (p < 0,05). Una differenza statisticamente significativa è stata individuata tra i livelli di indice di apnea-ipopnea valutata alla polisonnografia e di isoprostani, produzione di proteine di ossidazione e proteine non legate al ferro nei due gruppi in esame. Nessuna differenza significativa è stata trovata nel livello dei tioli tra i soggetti sani e i pazienti con sindrome delle apnee ostruttive. I tioli, a differenza degli altri markers, sono molecole anti-ossidanti, i restanti sono invece espressione di danno ossidativo. I risultati dello studio indicano che i biomarkers potrebbero essere utilizzati come indici di ostruzione delle vie aeree superiori (VAS) e come marcatori precoci di ipossiemia causando processi flogistici ricorrenti e danno locale da radicali liberi a carico delle VAS.
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Bianchi, Alfio Ernesto, Corrà, Barbara, and Morpurgo, Paola Silvia. "Infiammazione, patologie e rischio cardiovascolare. Evidenze e pratica clinica." Cardiologia Ambulatoriale, no. 4 (February 19, 2019): 271–79. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2018-4-3.

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Mollet, E. "Attività fisica, diabete e altri fattori di rischio cardiovascolare." EMC - Medicina Riabilitativa 14, no. 3 (January 2007): 1–6. http://dx.doi.org/10.1016/s1283-078x(07)70228-6.

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30

Mollet, E. "Attività fisica, diabete ed altri fattori di rischio cardiovascolare." EMC - AKOS - Trattato di Medicina 9, no. 1 (January 2007): 1–6. http://dx.doi.org/10.1016/s1634-7358(07)70400-x.

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31

Russo, Giuseppina T., and Domenico Cucinotta. "Iperomocisteinemia e rischio cardiovascolare nel diabete: fantasia o realtà?" L'Endocrinologo 8, no. 1 (March 2007): 19–29. http://dx.doi.org/10.1007/bf03344557.

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Campanini, Guest Editors: M., R. Nardi, and G. Pinna. "Position paper FADOI sulla prevenzione cardiovascolare nei pazienti complessi a rischio." Italian Journal of Medicine 3, no. 1 (November 30, 2015): 309. http://dx.doi.org/10.4081/itjm.q.2015.4.

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Abstract:
<img src="/public/site/images/pgranata/intro.jpg" alt="" /><br /><p class="titolo"><strong><em>Position paper </em>FADOI (Federazione delle Associazioni dei Dirigenti </strong><strong>Ospedalieri Internisti) sulla prevenzione cardiovascolare </strong><strong>nei pazienti complessi a rischi</strong><strong>o</strong> 309<br /><em>M. Campanini, G. Pinna, R. Nardi</em></p><img src="/public/site/images/pgranata/rass.jpg" alt="" /><br /><p class="titolo"><strong>La patogenesi dell’aterosclerosi</strong> 319<br /><em>C. Nardin, M. Rattazzi, P. Pauletto</em></p><p class="titolo"><strong>La prevenzione secondaria nella cardiopatia ischemic</strong><strong>a</strong> 328<br /><em>D. Panuccio, P. Verdecchia</em></p><p class="titolo"><strong>La prevenzione cardiovascolare nello scompenso cardiaco</strong> 339<br /><em>R. Cavaliere, F. Gallucci, G. Mathieu</em></p><p class="titolo"><strong>Prevenzione secondaria degli eventi cerebrovascolari </strong><strong>aterotrombotici</strong> 356<br /><em>M. Paciaroni, R. Frediani, M. Stornello, G. Agnelli</em></p><p class="titolo"><strong>Prevenzione cardiovascolare secondaria e nefropatia</strong> 364<br /><em>D. Manfellotto, G. Vescovo</em></p><p class="titolo"><strong>Arteriopatia obliterante periferica cronica degli arti inferiori</strong> 371<br /><em>F. Dentali, A. Mazzone</em></p><p class="titolo"><strong>La prevenzione cardiovascolare secondaria nel paziente </strong><strong>con diabete mellito</strong> 379<br /><em>G. Augello, L. Magnani</em></p>
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Lusardi, Paola. "Cardiotossicità da ormonoterapia nel tumore della prostata." Cardiologia Ambulatoriale, no. 3 (November 30, 2020): 195–97. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2020-3-10.

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Abstract:
Nel sesso maschile il tumore della prostata è il più rappresentato, ma la sopravvivenza a 10 anni dalla diagnosi è estremamente elevata (fino al 90%), sia per la diagnosi molto precoce attuata con le politiche di screening, sia per le elevate percentuali di malattia a rischio basso ed intermedio. La prognosi favorevole del tumore prostatico fa sì che il numero di comorbilità, quali dislipidemia, ipertensione, obesità, insufficienza renale cronica, cardiopatia ischemica e diabete, sia determinante sull’iter dei lungo sopravviventi. La terapia di deprivazione androgenica (ADT), che viene utilizzata nel setting terapeutico e palliativo, può essere considerata un fattore di rischio cardiovascolare aggiuntivo, in grado di accelerare i processi aterosclerotici sistemici e predisporre alla malattia coronarica e cerebrovascolare. Tutti i pazienti candidati o in trattamento con ADT devono pertanto essere valutati dal punto di vista cardiovascolare e metabolico e quindi stratificati per i fattori di rischio CV, ai fini di programmare la sorveglianza cardiologica e ridurre i danni potenziali dell’ADT.
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Pradelli, Lorenzo, and Mario Eandi. "Il ruolo terapeutico delle statine nella riduzione del rischio cardiovascolare." Farmeconomia. Health economics and therapeutic pathways 8, no. 2S (October 15, 2007): 8–12. http://dx.doi.org/10.7175/fe.v8i2s.1022.

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Giannini, Danilo. "Il ruolo dell’ultrasonografia vascolare nella valutazione del rischio aterosclerotico cardiovascolare." Cardiologia Ambulatoriale, no. 1 (March 30, 2019): 33–45. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2019-1-3.

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Sciomer, Susanna, and Federica Moscucci. "Menopausa e rischio cardiovascolare: come educare le donne alla prevenzione." CARDIOLOGIA AMBULATORIALE 30, no. 1 (May 31, 2022): 31–33. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2022-1-7.

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Abstract:
La menopausa costituisce un momento cruciale della vita della donna non solo dal punto di vista riproduttivo ma anche dal punto di vista fisiopatologico. Il calo della produzione ovarica di estrogeni determina una ridotta stimolazione di beta recettori endoteliali e miocardici che sono alla base di processi patologici quali le alterazioni del microcircolo coronarico o lo scompenso cardiaco a frazione d’eiezione preservata. Tali alterazioni si associano a quelle indotte da altri fattori di rischio cardiovascolare. È fondamentale in tale contesto prendere coscienza e trattare i fattori di rischio classici e quelli genere-specifici per non favorire l’insorgenza di patologie che incidono sugli eventi, sulla qualità della vita e sui costi sanitari.
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Viazzi, Francesca, Giovanna Leoncini, and Roberto Pontremoli. "Acido urico, spettatore o artefice dell'aumentato rischio cardiovascolare e renale?" Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, no. 1 (March 19, 2013): 20–25. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.997.

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Abstract:
Numerosi studi epidemiologici sottolineano una relazione tra livelli di acido urico e condizioni cliniche quali ipertensione, insulinoresistenza e malattia renale e cardiovascolare. Infatti, con la rapida diffusione di tali condizioni, si è assistito al progressivo aumento dei valori medi di acido urico nella popolazione generale (da 3.5 mg/dL negli anni ‘20 a 6.5 mg/dL negli anni ‘70). In questa revisione cercheremo di approfondire se l'acido urico possa essere considerato un promotore attivo del danno aterosclerotico o solo un marcatore indipendente di un aumentato rischio di malattia. Nonostante non vi sia ancora un'indicazione basata sulle evidenze al trattamento farmacologico dell'iperuricemia asintomatica, recenti studi suggeriscono una relazione diretta tra le variazioni di AU indotte dalla terapia e l'incidenza di eventi cardio-renali.
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Galli, Federica, Elena Maria Vegni, and Stefano Carugo. "Eventi traumatici precoci e rischio cardiovascolare: una revisione della letteratura." MALTRATTAMENTO E ABUSO ALL'INFANZIA, no. 3 (November 2018): 31–46. http://dx.doi.org/10.3280/mal2018-003003.

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Della Corte, Giuseppina, Lidia Patti, and Angela Albarosa Rivellese. "Iperlipemia postprandiale: fattore di rischio cardiovascolare e potenziale target terapeutico." L'Endocrinologo 14, no. 1 (February 2013): 7–12. http://dx.doi.org/10.1007/bf03346030.

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Bellasi, Antonio. "Il bilancio del fosforo e il danno d'organo." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 25, no. 3 (November 9, 2013): 208–12. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2013.1038.

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Abstract:
Numerose evidenze cliniche e di laboratorio suggeriscono una relazione stretta tra le alterazioni del metabolismo minerale (oggi chiamate Chronic Kidney Disease Mineral Bone Disorders, CKD-MBD) e i marker di danno cardiovascolare e di malattia ossea nell'insufficienza renale cronica. Anche se i meccanismi non sono stati ancora completamente chiariti, si ritiene che l'associazione con la malattia cardiovascolare, in particolare con le calcificazioni vascolari, rappresenti una valida spiegazione dell'incremento del rischio di morte o di progressione verso l'insufficienza renale cronica terminale associata alle alterazioni del metabolismo minerale. In questo articolo si vogliono riassumere le evidenze scientifiche che suggeriscono il legame tra metabolismo del fosforo, danno d'organo e sopravvivenza nell'insufficienza renale cronica.
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Di Lullo, Luca, Fulvio Floccari, Rodolfo Rivera, Antonio De Pascalis, Vincenzo Barbera, Moreno Malaguti, and Alberto Santoboni. "L'ipertrofia ventricolare sinistra nei pazienti affetti da malattia renale cronica." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 26, no. 3 (October 9, 2014): 281–89. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2014.921.

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Abstract:
La patologia cardiovascolare rappresenta la principale causa di mortalità e morbidità nei pazienti affetti da malattia renale cronica (CKD) e malattia renale cronica terminale (ESRD). La patogenesi della malattia cardiovascolare in corso di nefropatia è multifattoriale e coinvolge fattori di rischio tradizionali e fattori di rischio collegati alla malattia renale. Come ormai universalmente accettato, l'interessamento cardiaco in corso di malattia renale cronica rientra nella cosiddetta Sindrome cardio-renale di tipo 4, la cosiddetta cardiopatia uremica caratterizzata, in primo luogo, dalla presenza di ipertrofia ventricolare sinistra, disfunzione sistodiastolica del ventricolo sinistro e, negli stadi terminali, scompenso cardiaco congestizio e cardiomiopatia dilatativa. La diagnosi di ipertrofia ventricolare sinistra (IVS) è affidata da un lato alle tecniche ecocardiografiche 2D e 3D e, dall'altra, a tecniche di imaging più sofisticate, come la risonanza magnetica cardiaca (CMRI). Scopo della review è quello di effettuare un excursus riguardante l'epidemiologia, la fisiopatologia e la diagnosi dell'ipertrofia ventricolare sinistra nei pazienti affetti da malattia renale cronica. (Cardionephrology)
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Torre, Francesco, Aldo E. Calogero, Rosita A. Condorelli, Rossella Cannarella, Antonio Aversa, and Sandro La Vignera. "Contraccezione ormonale e funzione tiroidea." L'Endocrinologo 21, no. 6 (November 17, 2020): 470–74. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-020-00797-x.

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Abstract:
SommarioLe disfunzioni della ghiandola tiroidea rappresentano un gruppo di patologie rilevanti sotto il profilo epidemiologico, specie nel sesso femminile. La terapia ormonale contraccettiva è capace di influenzare la funzione tiroidea modulando i livelli di TBG e SHBG e, sebbene frequentemente prescritta, esistono poche evidenze riassuntive circa i limiti prescrittivi nelle donne con disfunzione tiroidea. Lo scopo di questo articolo è quello di rivedere gli effetti del trattamento con levo-tiroxina (LT4) nelle donne in terapia ormonale contraccettiva e come quest’ultima influenzi la funzione tiroidea. La componente estrogenica è responsabile dell’aumento di TBG, SHBG e dei fattori di coagulazione. Per contro, la componente progestinica, attraverso l’azione anti-androgenica, è utile per mantenere basso il rischio tromboembolico e cardiovascolare. Ciò assume particolare rilevanza nelle donne affette da ipotiroidismo subclinico e in quelle trattate con LT4. Infatti, l’ipotiroidismo subclinico è associato a un aumentato volume piastrinico medio, il quale aumenta, a sua volta, il rischio cardiovascolare a causa dell’iperattività piastrinica dovuta alla incompleta maturazione megacariocitica.
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Rondoni, Francesco. "È in atto una rivoluzione copernicana sui fattori di rischio cardiovascolare?" Cardiologia Ambulatoriale, no. 3 (September 1, 2018): 161–66. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2018-3-1.

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Lillo, Adele, and Giovanni Battista Zito. "Conoscenza e consapevolezza del rischio cardiovascolare nella donna: a che punto siamo?" CARDIOLOGIA AMBULATORIALE 29, no. 1 (May 30, 2021): 14–15. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2021-1-2.

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Abstract:
Over the past two decades, several studies have examined gender differences in the clinical manifes-tations and prognosis of cardiovascular disease. The results of these studies have shown some important gender-related differences. While the effects that gender, age and cultural behavior have on the health of men and women have been extensively studied, knowledge and awareness of the impact that gender differences have on the pathophysiolo-gy and treatment of diseases in general and cardio-vascular diseases in particular are still low. Heart disease is the leading cause of death and a major contributor to disability among women world-wide. Although often considered an advanced-aging disease, more than 15,000 deaths each year among women aged ≤ 55 years in the United States can be at-tributed to heart disease. The prevalence of cardiovas-cular disease (CVD) in postmenopausal women is the same as in men, however, in all age groups, women with CVD have relatively worse outcomes than men. Therefore, young women would be less likely to be affected by CVD, but, if affected, are exposed to a death rate and higher complications than men.
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Ghiadoni, Lorenzo, Agostino Virdis, Francesco Stea, Rosa M. Bruno, and Stefano Taddei. "La disfunzione endoteliale nell’ipertensione arteriosa: meccanismo fisiopatologico o marcatore di rischio cardiovascolare?" Italian Journal of Medicine 6, no. 2 (June 2012): 82–86. http://dx.doi.org/10.1016/j.itjm.2011.09.004.

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Olivieri, Chiara, Davide Pisati, Francesca Sironi, Tecla Roversi, and Paolo Magni. "Ipertrigliceridemia: fisiopatologia e significato clinico." L'Endocrinologo 23, no. 2 (March 9, 2022): 182–88. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-022-01059-8.

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Abstract:
SommarioL’ipertrigliceridemia è una condizione patologica identificata da una concentrazione plasmatica di trigliceridi superiore a 150 mg/dL. Le ipertrigliceridemie primarie hanno alla base mutazioni genetiche, mentre le forme secondarie hanno un’origine multifattoriale, spesso in un contesto poligenico predisponente. L’ipertrigliceridemia è un fattore di rischio per patologie cardiovascolari aterotrombotiche e pancreatite acuta. Le terapie volte a migliorare questa condizione comprendono sia l’adozione di un corretto stile di vita, sia trattamenti farmacologici per ridurre i livelli circolanti di trigliceridi.
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Cosmi, Franco. "Te linee guida: la difficile applicazione tra clinica, scienza, giurisprudenza, sostenibilità economica ed organizzativa." CARDIOLOGIA AMBULATORIALE 30, no. 2 (October 14, 2021): 131–41. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2021-2-6.

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Abstract:
Introduzione. Le linee guida sono delle raccomandazioni con diversi livelli di evidenza scientifica messe a punto dagli esperti individuati dalle Autorità Regolatorie e dalle Società Professionali per consentire i migliori standard di intervento diagnostico e terapeutico al momento disponibili. Con la Legge 24/2017 in Italia sono diventate di osservanza giurisprudenziale, anche se a tutt’oggi mancano ancora le raccomandazioni ministeriali previste. Scopo. L’obiettivo dello studio è la valutazione nella pratica ambulatoriale cardiologica corrente dell’adesione alle linee guida della Società Europea di Cardiologia (ESC) riguardo i 3 principali fattori di rischio cardiovascolare: quelle sull’ipertensione del 2018, sulle dislipidemie e diabete mellito del 2019. Sono state valutate le criticità cliniche, amministrative ed organizzative che rendono difficoltosa la loro applicazione. Metodi e risultati. I target di valori pressori raccomandati dalle linee guida europee nei pazienti con sindrome coronarica cronica ipertesi comportano difficoltà decisionali soprattutto riguardanti la persistenza di valori di pressione sistolica elevata ≥ 140 mmHg con diastolica < 70 mmHg, ritenuti pericolosi dalle linee guida, valori di sistolica < 130 mmHg nelle persone di età ≥ 65 anni e in quelle con valori < 120 mmHg di età inferiore. Sempre in questi pazienti, con dislipidemia, la normativa vigente non prevede la rimborsabilità dei farmaci inibitori PCSK9 nei pazienti con livelli di LDL superiori all’obiettivo indicato di 55 mg/dl ma inferiore a 100 mg/dl. Nei pazienti diabetici a rischio molto elevato non è prevista la possibilità prescrittiva del cardiologo e dei medici di medicina generale degli ipoglicemizzanti appartenenti alle categorie degli SGLT2-i e GLP1-ar nonostante questi farmaci siano raccomandati in classe I A. Per le difficoltà organizzative riscontrate la prescrizione è limitata al 15-20% dei pazienti a rischio cardiovascolare molto elevato. Conclusioni. Le linee guida rappresentano le raccomandazioni per la migliore terapia a disposizione da parte della medicina ufficiale. Esse aiutano il medico a prendere la decisione terapeutica più congrua allo stato dell’arte. Problematiche di ordine clinico, amministrativo ed organizzativo rendono difficili gli adeguati percorsi diagnosticoterapeutici ed assistenziali necessari per la loro applicazione nella pratica clinica rendendo non ottimale il trattamento dei tre principali fattori di rischio cardiovascolare. L’inerzia terapeutica conseguente alla fatica burocratica potrebbe esporre il medico a problematiche medico-legali imputabili più a meccanismi di sistema che alla sua competenza professionale.
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Cosmi, Franco. "Te linee guida: la difficile applicazione tra clinica, scienza, giurisprudenza, sostenibilità economica ed organizzativa." CARDIOLOGIA AMBULATORIALE 30, no. 2 (October 14, 2021): 131–41. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2021-2-6.

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Abstract:
Introduzione. Le linee guida sono delle raccomandazioni con diversi livelli di evidenza scientifica messe a punto dagli esperti individuati dalle Autorità Regolatorie e dalle Società Professionali per consentire i migliori standard di intervento diagnostico e terapeutico al momento disponibili. Con la Legge 24/2017 in Italia sono diventate di osservanza giurisprudenziale, anche se a tutt’oggi mancano ancora le raccomandazioni ministeriali previste. Scopo. L’obiettivo dello studio è la valutazione nella pratica ambulatoriale cardiologica corrente dell’adesione alle linee guida della Società Europea di Cardiologia (ESC) riguardo i 3 principali fattori di rischio cardiovascolare: quelle sull’ipertensione del 2018, sulle dislipidemie e diabete mellito del 2019. Sono state valutate le criticità cliniche, amministrative ed organizzative che rendono difficoltosa la loro applicazione. Metodi e risultati. I target di valori pressori raccomandati dalle linee guida europee nei pazienti con sindrome coronarica cronica ipertesi comportano difficoltà decisionali soprattutto riguardanti la persistenza di valori di pressione sistolica elevata ≥ 140 mmHg con diastolica < 70 mmHg, ritenuti pericolosi dalle linee guida, valori di sistolica < 130 mmHg nelle persone di età ≥ 65 anni e in quelle con valori < 120 mmHg di età inferiore. Sempre in questi pazienti, con dislipidemia, la normativa vigente non prevede la rimborsabilità dei farmaci inibitori PCSK9 nei pazienti con livelli di LDL superiori all’obiettivo indicato di 55 mg/dl ma inferiore a 100 mg/dl. Nei pazienti diabetici a rischio molto elevato non è prevista la possibilità prescrittiva del cardiologo e dei medici di medicina generale degli ipoglicemizzanti appartenenti alle categorie degli SGLT2-i e GLP1-ar nonostante questi farmaci siano raccomandati in classe I A. Per le difficoltà organizzative riscontrate la prescrizione è limitata al 15-20% dei pazienti a rischio cardiovascolare molto elevato. Conclusioni. Le linee guida rappresentano le raccomandazioni per la migliore terapia a disposizione da parte della medicina ufficiale. Esse aiutano il medico a prendere la decisione terapeutica più congrua allo stato dell’arte. Problematiche di ordine clinico, amministrativo ed organizzativo rendono difficili gli adeguati percorsi diagnosticoterapeutici ed assistenziali necessari per la loro applicazione nella pratica clinica rendendo non ottimale il trattamento dei tre principali fattori di rischio cardiovascolare. L’inerzia terapeutica conseguente alla fatica burocratica potrebbe esporre il medico a problematiche medico-legali imputabili più a meccanismi di sistema che alla sua competenza professionale.
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Carfora, Vincenzo, and Agostino Lopizzo. "Dissezione coronarica spontanea, quanto conta la familiarità?" Cardiologia Ambulatoriale 30, no. 3 (December 9, 2022): 184–89. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2022-3-7.

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Abstract:
La dissezione coronarica spontanea (SCAD) rappresenta una causa importante di sindrome coronarica acuta (SCA) nelle giovani donne senza classici fattori di rischio cardiovascolare. La coronarografia non sempre riesce a riconoscere le diverse tipologie di dissezioni coronariche spontanee dovendo pertanto ricorrere all’imaging intracoronarico per poterla diagnosticare. Il trattamento prevede l’approccio non invasivo con terapia farmacologica ricorrendo all’angioplastica coronarica solo nelle forme instabili. Viene descritto il caso di una donna di 55 anni, ipertesa in buon controllo farmacologico e senza altri fattori di rischio cardiovascolare che durante angioplastica coronarica su arteria interventricolare anteriore va incontro a dissezione retrograda dell’arteria interventricolare anteriore prossimale e del tronco comune trattata con approccio multistent. La modalità con cui si è verificata la dissezione retrograda, il sesso, l’età della paziente, la rivalutazione dell’angioplastica primaria praticata due mesi prima sull’asse arteria circonflessa-ramo marginale ottuso e l’anamnesi familiare hanno indotto a prendere in considerazione la SCAD come diagnosi più probabile ed il fenomeno dello “squeezing” come causa della dissezione retrograda a seguito della pre-dilatazionedella lesione coronarica. L’imaging intracoronarico sarebbe stata l’unica metodica in grado di diagnosticare la SCAD consentendo quindi di ricorrere all’approccio farmacologico piuttosto che l’angioplastica coronarica.
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Bollati, Martina, Fabio Bioletto, Chiara Lopez, Mirko Parasiliti-Caprino, Ezio Ghigo, and Mauro Maccario. "Il prelievo selettivo dalle vene surrenaliche nella diagnosi di sottotipo dell’iperaldosteronismo primario." L'Endocrinologo 22, no. 1 (January 19, 2021): 14–21. http://dx.doi.org/10.1007/s40619-021-00815-6.

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Abstract:
SommarioL’iperaldosteronismo primario è la causa più frequente di ipertensione arteriosa secondaria e si associa ad aumentato rischio cardiovascolare. Il prelievo venoso selettivo surrenalico costituisce il gold standard nella diagnosi di sottotipo tra forme bilaterali e unilaterali, consentendo un adeguato approccio terapeutico. La sua diffusione è limitata in quanto si tratta di un esame di notevole difficoltà tecnica. Pertanto, risulta necessario eseguire tale procedura in centri di riferimento.
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