Academic literature on the topic 'Risonanza magnetica cardiaca'

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Journal articles on the topic "Risonanza magnetica cardiaca"

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Pancaldo, Diego, Gisella Amoroso, Enrico Armando, Antonia Bassignana, Umberto Barbero, Alberto Battisti, Giuliana Bricco, et al. "Caso di miocardite acuta successiva a vaccinazione COVID 19." CARDIOLOGIA AMBULATORIALE 30, no. 4 (March 22, 2022): 264–67. http://dx.doi.org/10.17473/1971-6818-2021-4-8.

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Abstract:
La miocardite dopo vaccinazione con vaccino a mRNA per COVID 19 è un’evenienza rara ma documentata. La risonanza magnetica cardiaca è la metodica di riferimento per la diagnosi. L’evoluzione sostanzialmente benigna della miocardite permette di confermare che il rapporto fra il beneficio della vaccinazione ed il rischio di insorgenza di patologia infiammatoria miocardica ad essa connesso sia nettamente a favore del primo.
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Di Lullo, Luca, Fulvio Floccari, Rodolfo Rivera, Antonio De Pascalis, Vincenzo Barbera, Moreno Malaguti, and Alberto Santoboni. "L'ipertrofia ventricolare sinistra nei pazienti affetti da malattia renale cronica." Giornale di Clinica Nefrologica e Dialisi 26, no. 3 (October 9, 2014): 281–89. http://dx.doi.org/10.33393/gcnd.2014.921.

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Abstract:
La patologia cardiovascolare rappresenta la principale causa di mortalità e morbidità nei pazienti affetti da malattia renale cronica (CKD) e malattia renale cronica terminale (ESRD). La patogenesi della malattia cardiovascolare in corso di nefropatia è multifattoriale e coinvolge fattori di rischio tradizionali e fattori di rischio collegati alla malattia renale. Come ormai universalmente accettato, l'interessamento cardiaco in corso di malattia renale cronica rientra nella cosiddetta Sindrome cardio-renale di tipo 4, la cosiddetta cardiopatia uremica caratterizzata, in primo luogo, dalla presenza di ipertrofia ventricolare sinistra, disfunzione sistodiastolica del ventricolo sinistro e, negli stadi terminali, scompenso cardiaco congestizio e cardiomiopatia dilatativa. La diagnosi di ipertrofia ventricolare sinistra (IVS) è affidata da un lato alle tecniche ecocardiografiche 2D e 3D e, dall'altra, a tecniche di imaging più sofisticate, come la risonanza magnetica cardiaca (CMRI). Scopo della review è quello di effettuare un excursus riguardante l'epidemiologia, la fisiopatologia e la diagnosi dell'ipertrofia ventricolare sinistra nei pazienti affetti da malattia renale cronica. (Cardionephrology)
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Erbetta, A., R. R. Claney, and R. A. Zimmerman. "Lesioni cerebrali in neonati affetti da cardiopatia congenita, sottoposti ad arresto cardiocircolatorio e ipotermia durante il trattamento chirurgico." Rivista di Neuroradiologia 10, no. 2_suppl (October 1997): 67. http://dx.doi.org/10.1177/19714009970100s225.

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Abstract:
L'introduzione delle tecniche di by-pass cardio-polmonare e dell'arresto cardiocircolatorio, combinato con ipotermia, ha ridotto significativamente la mortalità e la morbidità dei neonati affetti da cardiopatia congenita chirurgicamente trattati. Tuttavia danni neurologici possono manifestarsi in circa il 45% dei pazienti. Molti fattori, legati al tipo di cardiopatia congenita e derivanti dal trattamento chirurgico, come ipossia, ischemia, acidosi, ipotensione e coagulopatie, possono produrre un danno cerebrale sia diffuso sia localizzato. Lo scopo di questa presentazione è quello di valutare gli aspetti neuroradiologici di neonati con ipoplasia cardiaca sinistra o con cardiopatia congenita diversa, sottoposti ad intervento chirurgico, tenendo conto della durata dell'arresto cardiaco. Materiali e metodi. 120 neonati (41 affetti da ipoplasia cardiaca sinistra e 79 affetti da altra cardiopatia congenita), di età non superiore a 44 settimane di gestazione, sono stati sottoposti ad esame di Risonanza Magnetica dell'encefalo dopo intervento chirurgico al Children's Hospital di Philadelphia. Risultati. Leucomalacia periventricolare (LPV) era presente in entrambi i gruppi. Alterazione di segnale nei gangli della base erano visibili sono nel gruppo con ipoplasia cardiaca sinistra. In tale gruppo vi erano inoltre 5 casi d'ischemia corticale focale, un caso con poroencefalia e 2 casi d'infarto emorragico. Nell'altro gruppo i danni ischemici e emorragici sono stati di minore entità e si sono verificati solo in 5 pazienti. Conclusione. LPV è stato il reperto più frequente in entrambe i gruppi, mentre i danni cerebrali focali si sono verificati più frequentemente nel gruppo con ipoplasia del cuore sinistro.
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Cocchia, Rosangela, Antonello D’Andrea, Roberto Padalino, Marianna Fontana, Giuseppe Limongelli, Pietro Muto, Raffaele Calabrò, Maria G. Russo, Giuseppe Pacileo, and James C. Moon. "La risonanza magnetica cardiovascolare nella valutazione dello scompenso cardiaco: dalla morfologia alla caratterizzazione tissutale." Journal of Cardiovascular Echography 22, no. 2 (June 2012): 60–73. http://dx.doi.org/10.1016/j.jcecho.2012.03.002.

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5

Abate, Cecilia, Nicola Sforza, Cesare Amico, Annalisa Simeone, and Giuseppe Guglielmi. "Ruolo della risonanza magnetica cardiaca nella caratterizzazione e pianificazione chirurgica in un caso di mixoma cardiaco destro." Journal of Radiological Review 5, no. 4 (September 2018). http://dx.doi.org/10.23736/s2283-8376.18.00082-7.

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Abate, Cecilia, Nicola Sforza, Cesare Amico, Annalisa Simeone, and Giuseppe Guglielmi. "Ruolo della risonanza magnetica cardiaca in pazienti con sindrome coronarica acuta e stenosi non critica alla coronarografia." Journal of Radiological Review 5, no. 4 (September 2018). http://dx.doi.org/10.23736/s2283-8376.18.00083-9.

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7

Cannata, Francesco, Mauro Chiarito, Jorge Sanz-Sanchez, Davide Cao, Matteo Sturla, Damiano Regazzoli, Bernhard Reimers, Gianluigi Condorelli, Giuseppe Ferrante, and Giulio Stefanini. "456 Monotherapy with a P2Y12 inhibitor or aspirin for patients with established atherosclerosis: an updated meta-analysis." European Heart Journal Supplements 23, Supplement_G (December 1, 2021). http://dx.doi.org/10.1093/eurheartj/suab129.

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Abstract:
Abstract Un uomo di 39 anni giungeva in Pronto Soccorso per dolore toracico oppressivo. In anamnesi riferiva pregressa tubercolosi, familiarità per cardiopatia ischemica, pregresso tabagismo ed iperomocisteinemia. Decorso clinico acuto I parametri vitali erano nella norma; all’ECG presentava sopraslivellamento del tratto ST nelle derivazioni laterali e sottoslivellamento nelle inferiori. Veniva posta diagnosi di STEMI laterale ed eseguita coronarografia d’urgenza risultata negativa. L’ecocardiogramma evidenziava lieve dilatazione del ventricolo destro (Vdx) con funzione conservata ed ipocinesia sottotricuspidalica. Agli esami ematochimici gli indici di flogosi risultavano lievemente aumentati; il picco di Troponina I è risultato 177600 ng/L. Veniva sottoposto a risonanza magnetica cardiaca (RMC) che concludeva per cardiomiopatia infiammatoria in fase acuta con riscontro di funzione sistolica del ventricolo sinistro (Vsn) ai limiti inferiori con focale ipocinesia della parete laterale media, funzione destra lievemente ridotta con ipocinesia in sede sottotricuspidalica e bulging sisto-diastolici in corrispondenza del tratto di efflusso e dell’angolo costofrenico del Vdx, oedema e late gadolinium enhancement (LGE) a distribuzione subepicardica (pattern non-ischemico) del Vsn coinvolgente anche il Vdx. Si concludeva per miocardite acuta. Indagando più a fondo si scopriva che: una zia paterna era morta improvvisamente a 50 anni; per cardiopalmo il paziente si era sottoposto ad ECG Holter delle 24 h con riscontro di frequenti BEV tipo BBdx/asse superiore. Veniva eseguita la biopsia endomiocardica: dei cinque frammenti prelevati due erano suggestivi di miocardite, tre mostravano fibroadiposi sostitutiva. Si concludeva per miocardite attiva negativa per virus cardiotropi. Dato il riscontro bioptico ed il coinvolgimento biventricolare veniva sospettata una hot-phase di cardiomiopatia aritmogena. Follow-up Dopo 6 mesi all’ECG erano presenti bassi voltaggi nelle derivazioni periferiche ed onde T piatte in sede infero-laterale (Figure 1A). Alla successiva RMC persistevano le alterazioni di funzione e cinetica biventricolare, erano presenti sfumati spot di oedema, segni di infiltrazione adiposa della parete laterale media del Vsn e della parete libera del Vdx; inoltre venivano descritti estesi segni di LGE a distribuzione subepicardica circonferenziale del Vsn con coinvolgimento esteso del Vdx (Figure 2B). L’analisi genetica ha individuato la presenza di una variante nucleotidica rara c.c. 1652-1G>T nell’introne 11 del Gene DSC2 (desmocollina). Veniva posta diagnosi di Cardiomiopatia Aritmogena Biventricolare secondo i Criteri di Padova. Discussione La Cardiomiopatia Aritmogena è una malattia ereditaria del miocardio che raramente può manifestarsi con episodi simil-miocardite (hot-phase). In questi casi una corretta anamnesi personale e familiare, la caratterizzazione tissutale e la genetica rappresentano mezzi fondamentali per un corretto inquadramento diagnostico.
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Alberto, Martini, Morelli Giovanni, Nappa Elena, and Notorio Maurizio. "Come eseguire lo studio cardiaco T2 star pesata di risonanza magnetica per gli accumuli di ferro nella talassemia." Journal of Advanced Health Care, February 10, 2020, 36–39. http://dx.doi.org/10.36017/jahc2002-001.

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Abstract:
The aim of the study is to show how to execute a cardiac T2* MRI assessment correctly in patients who suffer from iron overload in vital organs, particularly in the heart. The main cause of iron overload is Thalassemia, the disease which is widely spread in the Southern and Middle part of Italy, as well as the Mediterranean coast. Researchers have demonstrated that patients who suffer from thalassemia might have an excessive and toxic iron overload which could lead to heart failure and death. Thanks to the T2*single breath-hold multi-echoes sequence, using a dedicated software, the patients’ myocardial iron deposition can be classified into three groups: T2* MRI < 10 ms ( high risk group) T2* MRI =10-20 ms ( medium-risk group) T2* MRI > 20 ms (low-risk group) This measure called “saturation time”(expressed in 1/1000 sec.), also allows physicians to customize medical treatment for every patient, same as a good tailor does to make a new dress fits well on every single client. However, to obtain precise and reliable results, radiographers first and radiologists afterwards, must respect every single technical parameter in MR techniques
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Dissertations / Theses on the topic "Risonanza magnetica cardiaca"

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Linsalata, Mariateresa. "Il ruolo della risonanza magnetica nello studio delle miocarditi." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amslaurea.unibo.it/7971/.

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Abstract:
La Risonanza Magnetica (RM) è una tecnica affidabile, avanzata e molto diffusa per lo studio di tutti gli organi del corpo umano. Essa ha reso possibile la valutazione completa del cuore dando la possibilità di studiare in modo estremamente preciso la morfologia, la funzione e la fisiopatologia del cuore portando ad una diagnosi completa e sensibile a molte patologie cardiache. Una di queste, che oggigiorno necessita di una combinazione diagnostica che solo la risonanza magnetica può dare, è la miocardite.
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Cocco, Luca. "Analisi di nuovi indici di dissincronia da mappe cardiache 3D: un approccio innovativo imaging-based al problema clinico." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2019.

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Abstract:
A seguito di diverse malattie, il cuore può perdere gran parte della sua efficacia manifestando, a causa di fibrillazione atriale e/o insufficienza cardiaca, una contrazione scoordinata detta dissincronia. I pazienti con fibrillazione atriale possono essere sottoposti ad ablazione transcatetere mentre quelli con insufficienza cardiaca, qualora soddisfino dei requisiti, possono essere idonei alla terapia di resincronizzazione cardiaca (CRT) mediante pacemaker o defibrillatore. Tuttavia, circa il 30-50% dei pazienti non risponde correttamente alla terapia. Uno degli aspetti più critici è la posizione dell'elettrodo del ventricolo sinistro. Ad oggi, si sono cercati, senza successo, indici di deformazione o di ritardo temporale derivati da dati di ecocardiografia o risonanza magnetica con l'obiettivo di migliorare la riuscita della terapia. In questo lavoro di tesi si è implementato un workflow per stimare, partendo da dati di risonanza magnetica preimpianto, un nuovo indice di spostamento che possa descrivere la dissincronia cardiaca. L'indice è stato calcolato in soggetti sani, in soggetti con contrattilità regionale compromessa, in pazienti con scompenso cardiaco e in pazienti con fibrillazione atriale. I risultati sono promettenti e sembrano confermare l'utilizzo di questa nuova metodologia nell'ambito della valutazione della dissincronia cardiaca, in particolare per valutare la presenza di tessuto fibroso, per predire la risposta alla CRT in uno scenario preimpianto e infine per valutare il miglior punto d'impianto dell'elettrodo del ventricolo sinistro di un dispositivo per CRT.
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Perazzolo, Marra M. "CARDIAC MAGNETIC RESONANCE IMAGING IN DILATED AND ARRHYTHMOGENIC CARDIOMYOPATHIES: AN INSIGHT INTO CLINICAL AND PATHOLOGICAL SIGNIFICANCE OF LATE GADOLINIUM ENHANCEMENT." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2011. http://hdl.handle.net/11577/3425338.

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Abstract:
Background: Cardiomyopathies are an important and heterogeneous group of diseases of the heart muscle in which tissue characterization has been extensively studied only ex-vivo so far. Cardiac magnetic resonance (CMR) can provide in vivo the detection of post-contrast deposition (so called Late Gadolinium Enhancement, LGE). The role of LGE in the differential diagnosis of cardiac diseases has advanced through the years, in particular thanks to its capability to differentiate post-ischemic scar (with subendocardial or transmural coronary artery-related deposition) versus non-ischemic scar of different aetiologies. Among cardiomyopathies, the prognostic significance of LGE pattern is not well established, with the exception of hypertrophic cardiomyopathy. Detection in vivo of LGE in different cardiomyopathies has been used as a surrogate of fibrosis, even if the real basis of contrast deposition is not well understood. To this regard, dilated cardiomyopathy (DCM) is characterized by diffuse interstitial fibrosis with or without replacement-type fibrosis, which are associated with worse prognosis. Another myocardial disease in which CMR offers the capability of a non-invasive tissue characterization is Arrhythmogenic Right Ventricular Cardiomyopathy (ARVC), an inherited heart muscle disease with progressive loss of myocardium and replacement by fibrofatty tissue. The extensively application of CMR to these cardiomyopathies and its comparison with traditional invasive and non-invasive techniques for diagnostic and prognostic purposes has been limited so far. Aim: in order to assess the clinical significance of LGE in DCM and ARVC, the following lines were pursued: 1) in patients with DCM the diagnostic and the prognostic value of LGE, in particular evaluating the possible different significance of various LGE patterns, total amount of LGE against survival, heart failure and ventricular arrhythmias; 2) in patients with ARVC the comparison between CMR findings and: 1a) traditional electrocardiographic features; 1b) scar detction by endocardial voltage mapping (EVM), and 1c) the prognostic significance of LGE; 3) the significance of CMR tissue abnormalities by comparing LGE and specimen heart and/or endomyocardial biopsy (EMB) findings in DCM and ARVC. Material and Methods: Between January 2007 and December 2010 we prospectively evaluated two different groups of patients referred to our Tertiary Referral Centre for a complete invasive and non-invasive evaluation for unexplained left ventricle (LV) dilatation (DCM Group, A) and for suspected ARVC (ARVC Group, B). DCM Group (A): we prospectively evaluated 210 patients referred for unexplained LV dilatation with subacute-chronic onset (≥ 1 month), with or without previous history of heart failure, who underwent during the same hospitalization to a complete screening including CMR with LGE, angiography and EMB. ARVC group (B): we prospectively evaluated 52 patients who were referred to our Tertiary Centre for susptected ARVC and in which the diagnosis was reached according to 1994 Task Force Criteria and 2010 Modified Criteria. Data on clinical history, ECG, ECG Holter monitoring, echocardiography, CMR and EMB in selected cases were collected. In a subgroup of patients an electrophysiological study with EVM was performed. For each subject enrolled, a clinical, ECG and echocardiographic follow-up was obtained. Results: Group A. On the basis of coronary angiography, patients were divided into two groups: ischemic (99 patients) and DCM (111 patients). Ischemic group patients were then excluded from the analysis. Compared to angiography, CMR showed an excellent accuracy (96.5%) for the identification of non-ischemic versus ischemic aetiology for LV dilatation. In the DCM group (111 patients) LGE was present (with a non-ischemic pattern) in 67 cases (60.4%) and absent in 44 (39.6%); no differences between RV and LV volumes and ejection fraction (EF) were found between the two groups. Out of 67 patients with positive LGE, a “gray” pattern was present in 12 patients (17.9%), a midwall/subepicardial stria in 49 (73.1%), a septal junction pattern (anterior and/or posterior) either isolated in 4 (5.9%) or associated with other patterns in 25 patients (37.3%) and finally a spotty (“patchy”) pattern in 2 (2.9%). Among patients with positive LGE, the extent of LGE was 6.3%+/-8.8% of LV mass. Fifty-eight patients underwent to EMB: 33/58 patients (56.9%) showed replacement-type fibrosis, of this subgroup 23 patients (69.7%) showed LGE on CMR. Out of 13/58 patients (22%) without replacement-type fibrosis on EMB, LGE was present in 9/13 (69.2%) patients: in this subgroup the most frequent LGE pattern was midwall/subepicardial stria (n=8/9; 89%) and one patient (11%) showed a “patchy” LGE pattern . Compared to EMB, CMR showed a low accuracy for fibrosis detection. The range of follow-up in LGE group was 8 years-1 month. Kaplan-Meier curves for composite end-point and ventricular arrhythmias showed a significant differences between patients with and without LGE on CMR (Wilcoxon-Breslow: p< 0.05). The amount of LGE%, by univariate analysis, was strongly associated with ventricular arrhythmias (HR 1.05, 95% CI 1.02 to 1.08; p<0.0001). This association was unchanged in multivariate analysis adjusted for a EF<30% (model 5): HR 1.067, 95% CI 1.034 to 1.1; p<0.0001.With an associated HR of 2.5, the presence of LGE was among the strongest multivariate predictors for the combined end point, surpassed only by age < 49 years. ROC curve analysis revealed a LGE percentage of 3.5 as optimal discriminator for the occurrence of ventricular arrhythmic events with an associated HR of 4.11 (95% CI 1.3 to 12.7; p<0.001). Group B: On the basis of clinical and CMR evaluation, 24 patients (46%) were defined as “classic ARVC phenotype”; 14 (27%) as “left dominant phenotype”, and finally 14 (27%) as “biventricular ARVC phenotype”. Comparison between ECG and CMR showed that ECG indexes of LV dilatation are ST-segment elevation and T-wave inversion beyond V3 (p<0.05); among tissue characterization parameters, only LV LGE has an identifiable ECG abnormality, i.e. ST segment elevation (p<0.05). On EVM, endocardial voltages of RV was abnormal in 21/23 (91%) patients, with a total of 45 electroanatomic scars (EAS). RV LGE was found in 9/23 (39%) patients, with a total of 23 RV LGE scars: there was a mismatch in 24 RV scars, with 22 EAS not confirmed by LGE. In 9/12 (75%) patients with abnormal RV EVM/normal RV LGE, ≥1 LGE were identified in the LV. The patients of ARVC group enrolled for the follow-up were 52 (34 males; mean age 33+/-15 years). The mean LV ejection fraction was 57+/-8%; the mean fractional area change of RV was 39+/-10%. The mean follow-up was 25.6 months (range 38+/-4 months). Considering only the major events (aborted sudden death/ ventricular fibrillation; sudden death; non sudden death/heart transplantation) these occurred in 12 (7 in the LGE group, 5 in the non-LGE group).Kaplan-Meier curves did not show difference between LGE presence/absence for all events and major events. Kaplan-Meier curves did not show difference between three phenotypes detected by CMR both for all events and major events. Conclusions: CMR can provide a wide range of information in DCM and ARVC, beyond traditional imaging modalities. In the setting of DCM, CMR shows high accuracy in the detection of non-ischemic aetiology compared with angiography. LGE identifies the patients with increased risk of ventricular arrhythmic events. Compared to EMB, CMR with LGE imaging shows low accuracy for fibrosis detection, probably due to resolution power of CMR. However, an integrated approach with CMR and EMB may be useful in cases with negative EMB/positive LGE to identify epicardial lesion, which are not caught by EMB due to its endocardial approach. In the setting of ARVC, CMR confirms its superiority in assessing the full spectrum of morpho-functional and tissue abnormalities of a disease that should be as a biventricular cardiomyopathy. The ECG indexes able to identify LV dilatation are ST-segment elevation and T-wave inversion beyond V3; as far as tissue characterization parameters are concerned, LV LGE was associated to ST segment elevation. The correlation between EVM and CMR confirms that EVM allows an accurate identification of RV EAS in patients with ARVC and supports its clinical use for substrate-based mapping and catheter ablation of RV tachycardias as well as for imaging-guided EMB. Currently available LGE CMR appears to visualize unsatisfactorily RV scars and this limits its usefulness in ARVC diagnosis and guiding interventional RV procedures. However, the high prevalence of LV involvement in ARVC patients is in keeping with the current perspective of biventricular disease and points out the diagnostic relevance of LV scar detection by LGE CMR.
Introduzione: Le cardiomiopatie rappresentano un gruppo eterogeneo di malattie del muscolo cardiaco la cui caratterizzazione tissutale finora è stata eseguita prevalentemente mediante analisi ex vivo. La risonanza magnetica cardiaca (RMC), grazie all’utilizzo di apposite sequenze e all’impiego di un mezzo di contrasto (gadolinio, visibile come Late Gadolinium Enhancement, LGE), rende possibile una caratterizzazione tissutale in vivo. L’analisi della sede ed estensione dell’LGE permette di differenziare la cicatrice miocardica post-infartuale (LGE sub endocardico o trans murale) rispetto ad altre cicatrici di tipo non ischemico. Nelle diverse cardiomiopatie, il significato prognostico dei depositi di LGE non è del tutto chiarito, se non in parte per la cardiomiopatia ipertrofica. In generale la presenza di LGE nel contesto di una cardiomiopatia viene identificato con la presenza di fibrosi miocardica, nonostante il meccanismo di deposito del gadolinio non sia uguale nelle diverse eziologie di cardiomiopatie, non necessariamente associate a fibrosi miocardica. Nell’ambito delle cardiomiopatie, la cardiomiopatia dilatativa (non dovuta ad una eziologia ischemica) (CMD) si caratterizza da un punto di vista istologico per la presenza di fibrosi interstiziale, con o senza fibrosi sostitutiva, entrambe associate ad una prognosi infausta. Una diversa patologia miocardica in cui la RMC offre una eccezionale capacità di caratterizzazione tissutale è la Cardiomiopatia Aritmogena del Ventricolo Destro (CAVD), una miocardiopatia dovuta ad una progressiva atrofia miocardica con successiva sostituzione fibroadiposa. Benché la RMC stia consolidando il suo ruolo nella pratica clinica, non è stata ancora eseguita una applicazione estensiva della RMC in queste due differenti cardiomiopatie a scopo diagnostico e prognostico, ed ancor più manca una analisi sistematica delle correlazioni tra i diversi quadri radiologici ed i tradizionali parametri invasivi e non-invasivi di queste cardiomiopatie. Scopo dello Studio: al fine di valutare il significato clinico e prognostico dell’LGE nelle CMD e nella CAVD sono state perseguite le seguenti linee di ricerca: 1) nei pazienti affetti da CMD il significato prognostico dell’LGE nelle DCM, con particolare riferimento ad un end-point di eventi combinati ed all’outcome aritmico; 2) nei pazienti affetti da CAVD il confronto tra i diversi aspetti alla RMC ed 1a) i quadri elettrocardiografici; 1b) il confronto con dati ottenuti dal mappaggio endocavitario del ventricolo destro (“Endocardial Voltage Mapping”, EVM); 1c) il significato prognostico dell’LGE; 3) il significato della alterazioni di caratterizzazione tissutale alla RMC confrontati con i dati istologici dei pazienti con biopsia endomiocardica (BEM) o che sono andati incontro a decesso/trapianto cardiaco nei due gruppi. Materiali e Metodi: tra il Gennaio 2007 e il Dicembre 2010 sono stati arruolati prospetticamente i pazienti riferiti presso il nostro Centro per una valutazione invasiva per il riscontro di una dilatazione del ventricolo sinistro (Gruppo CMD, A) o per sospetta CAVD (Gruppo CAVD, B). Gruppo CMD (A): sono stati valutati 210 riferiti per riscontro di dilatazione ventricolare con esordio subacuto-cronico (≥ 1 mese), con o senza pregressa storia di scompenso cardiaco, che durante la stessa ospedalizzazione sono stati sottoposti a coronarografia, RMC con contrasto e BEM. Gruppo CAVD (B): 52 soggetti riferiti presso il nostro Centro per sospetta CAVD e la cui diagnosi è stata raggiunta in accordo con i correnti criteri clinico-strumentali recentemente modificati. Durante la stessa ospedalizzazione sono stati sottoposti RMC con contrasto e studio elettrofisiologico con EVM e BEM in casi selezionati. Ogni paziente appartenente ad entrambi i gruppi è stato sottoposto ad un follow-up clinico-strumentale. Resultati: Gruppo A. Sulla base dei risultati della coronarografia i pazienti sono stati suddivisi in due gruppi in base alla presenza o meno di coronaropatia: in 99 è stato definita una eziologia ischemica alla base della disfunzione ventricolare, 111 non mostravano alcuna coronaropatia (gruppo CMD). Il gruppo dei soggetti ischemici è stato escluso dalla successive analisi. Rispetto all’angiografia coronarica, la RMC ha dimostrato un’ottima accuratezza diagnostica (96.5%) nell’escludere una eziologia ischemica. Nel gruppo A la presenza di un LGE di tipo non-ischemico è stata riscontrata in 67 casi (60.4%) mentre era assente in 44 (39.6%). Nessuna differenza nei volumi ventricolari e funzione sistolica è stata riscontrata nei due sottogruppi. Nei 67 pazienti con LGE era presente un pattern di tipo “gray” in 12, tipo stria “midural”/epicardica in 49 (73.1%), alla giunzione settale tra ventricolo destro e sinistro isolatamente in 4 (5.9%), associato ad altri pattern in 25 (37.3%), ed infine tipo “patchy” in 2 casi (2.9%). Nei pazienti con LGE, l’estensione media era pari al 6.3%+/-8.8% della massa del ventricolo sinistro. In 58 casi è stata eseguita la BEM: 33/58 pazienti (56.9%) mostravano aspetti di fibrosi sostitutiva; di questi, 23/33 (69.7%) mostravano anche LGE alla RMC. In 13/58 casi (22%) si riscontrava una BEM negativa: in questo sottogruppo di soggetti era presente un LGE in 9/13 (69.2%): nella maggioranza dei casi (8/9 pari all’89%) l’LGE era tipo stria “midmural”/epicardica, in uno solo (11%) tipo “patchy”. Nel gruppo A il range del follow-up è 8 anni-1 mese. Le curve di sopravvivenza Kaplan-Meier per eventi combinati ed aritmie ventricolari maggiori hanno mostrato una differenza significativa tra i due gruppi di pazienti con una prognosi peggiore nel gruppo con LGE (Wilcoxon-Breslow: p< 0.05). La quantità totale di LGE si è dimostrata associata alle aritmie ventricolari (HR 1.05, 95% CI 1.02-1.08; p<0.0001); tale correlazione rimaneva anche all’analisi multivariata aggiustata per una frazione d’eiezione inferiore al 30% (HR 1.067, 95% CI 1.034-1.1; p<0.0001).I pazienti con LGE mostravano un rischio di 2.5 per la comparsa di aritmie ventricolari e mediante l’analisi della curva ROC la percentuale di LGE pari a 3.5% è risultato il miglior valore predittivo di eventi aritmici (HR 4.11 (95% CI 1.3-12.7; p<0.001). Gruppo B. Sulla base dei risultati della RMC, 24 soggetti (46%) sono stati definiti affetti da un forma “classica”, 14 (27%) “dominante sinistra”, e 14 (27%) “biventricolare”. Analizzando la correlazione tra ECG e RMC, gli unici predittori della dilatazione del ventricolo sinistro sono risultati la presenza di un sopraslivellamento del tratto ST e le T invertite oltre V3 (p<0.05); nelle sequenze per la caratterizzazione tissutale la presenza di LGE a carico del ventricolo sinistro era associata ad un sopraslivellamento del tratto ST. Dall’analisi di confronto tra mappaggio endocavitario (EVM) e LGE è emerso che in 21/23 (91%) si dimostrava la presenza di un voltaggio ridotto, per un totale di 45 cicatrici elettroanatomiche. La presenza di LGE a carico del ventricolo destro si è riscontrata in 9/23 (39%) casi, per un totale di 23 cicatrici alla RMC: in 24 casi vi è stato un mismatch tra le due metodiche nel riconoscere le cicatrici di sostituzione fibro-adiposa. In 9/12 (75%) dei soggetti con EVM patologico/RMC normale, sono state riscontrate aree di LGE in almeno una regione del ventricolo sinistro. Il follow-up medio dei pazienti con CAVD arruolati nel follow-up (52; 34 maschi; età media 33+/-15 anni) è stato di 25.6 mesi (38+/-4 mesi). Considerando come eventi maggiori la morte cardiaca (abortita o meno), la fibrillazione/tachicardia ventricolare, morte/trapianto cardiaco gli eventi combinati sono stati 12 (7 nel gruppo con LGE e 5 in quelli senza LGE). Non si è dimostrata alcuna differenza in termini di tempo libero da eventi nei tre gruppi. Conclusioni: La RMC nell’ambito dello studio della CMD e della CAVD offre delle capacità diagnostiche al di là delle tradizionali metodiche di imaging. Nella CMD presenta un’ottima accuratezza diagnostica, rispetto alla ventricolo-coronarografia, nell’escludere una eziologia ischemica alla base della dilatazione e disfunzione ventricolare. La presenza di LGE nella DCM è in grado inoltre di individuare i paziente a maggior rischio aritmico. Tuttavia se confrontata con la BEM, l’accuratezza diagnostica della RMC rimane bassa, probabilmente a causa del suo potere di risoluzione spaziale che limita il riconoscimento di piccole aree di fibrosi miocardica. D’altra parte, la RMC è in grado di vedere lesioni epicardiche che non sono raggiunte dalla BEM supportando così l’importanza di una valutazione combinata delle due metodiche nelle CMD. Nei soggetti con CAVD, la RMC si conferma tecnica di imaging capace di esplorare l’intero spettro di alterazioni morfo-funzionali e tissutali della CAVD, che spesso è una malattia bi ventricolare e non può essere esclusiva del ventricolo destro. Il confronto tra ECG e RMC indica la presenza di un sopraslivellamento del tratto ST e l’inversione delle onde T come predittori della dilatazione del ventricolo sinistro; la presenza di LGE a carico del ventricolo sinistro è associato ad un sopraslivellamento del tratto ST. Analizzando i dati relativi al mappaggio elettronatomico, emerge come quest’ultimo riconosca più cicatrici di quanto non riesca a fare la RMC, probabilmente per la difficoltà di riconoscere un LGE a carico della parete assai assottigliata del ventricolo destro. Tuttavia la capacità della RMC di riconoscere le lesioni anche a carico del ventricolo sinistro, laddove il mappaggio elettroanatomico non viene applicato, suggerisce un sinergismo diagnostico tra le due metodiche. Probabilmente il breve tempo di follow-up nel quale si è indagato il significato prognostico dell’LGE a carico del ventricolo sinistro ha reso non significativa la differenza in termini di tempo libero da eventi nei tre gruppi. Studi futuri su casistiche più numerose, tipizzate dal punto di vista genetico e con RMC seriate, delucideranno meglio il significato prognostico di un coinvolgimento precoce del ventricolo sinistro.
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Cacciavillani, Luisa. "Magnetic resonance imaging of acute myocardial infarction: an insight into pathophysiology." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2008. http://hdl.handle.net/11577/3421767.

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Abstract:
.Recently cardiac magnetic resonance (CMR) has been proposed as a comprehensive tool for AMI evaluation, since it provides data about regional myocardial wall motion, viability, perfusion and direct visualization of myocardial necrosis. In this respect, the aims of this study performed in AMI patients treated with primary angioplasty (PCI), were: 1.to clarify the impact of reperfusion time on pregression of myocardial damage; 2.to assess the predictive value of CMR features on ventricular post-AMI remodelling; 3.to investigate, with contrast-CMR, the pathological basis of the persistence of ST-segment elevation after AMI; 4.to evaluate the effects of current therapy on CMR detection of necrosis and microvascular injury; 5.to evaluate the correlation between angiographic indexes of myocardial perfusion after primary PCI, and anatomical features on CMR and in particular the correlation between the staining phenomenon and the presence of severe microvascular damage (SMD); 6.to investigate the possibility to detect intramyocardial hemorrhage after AMI by T2-weighted image on CMR, to establish its contribution to the delayed hypoenhanced core, traditionally referred only to microvascular obstruction. We also aimed to correlate radiolagical findings of myocardial hemorrhage with hystological features ex vivo in two died patients. In AMI patients with impaired coronary perfusion undergoing PCI, the risk of transmural necrosis (TN) and SMD seems to increase with the duration of the ischemic time. Also, the amount of TN results as a major determinant of LV remodeling and function, with significant additional predictive value to infarct size and SMD. The evaluation of effects of current therapy with Abciximab demonstrated that SMD seems related to TN without any influence of antiplatelet therapy. In addition, presence of SMD seems the most powerful determinant of persistent ST-segment elevation on ECG. In our experience the angiographic assessment of lack of myocardial perfusion correlates with microvascular damage and extent of infarct
I pazienti inclusi nello studio dal dicembre 2005 all’ottobre 2008 sono stati 300. Per ogni paziente sono stati raccolti i dati di MRI insieme a dati clinici, ecocardiografici, elettrocardiografici ed agiografici. 1.Il primo studio, condotto su una serie di pazienti selezionati in base ad un flusso TIMI preprocedurale inferiore a 3, ha dimostrato che la durata dell’ischemia miocardica rappresenta il maggior determinante della transmuralità di necrosi e della presenza di danno microvascolare. In particolare nei 64 pazienti analizzati, con un tempo medio di ischemia di 190±110 min; l’analisi multivariata ha confermato che il ritardo nel trattamento riperfusivo era correlato sia con la transmuralità di necrosi (odds ratio per 30 min, 1.37, p = 0.032), sia con la presenza di severo danno microvascolare (odds ratio per 30 min, 1.21; p = 0.021), entrambi valutati mediate MRI. 2.Nei primi 76 pazienti è stata inoltre valutata l’influenza della transmuralità di necrosi, dell’infarct size e della presenza di zone di ostruzione microvascolare sul rimodellamento ventricolare: analizzando tutti questi parametri è emerso in questa prima serie di pazienti che la transmuralità di necrosi è il maggior determinante del remodeling; l’infarct size e l’ostruzione microvascolare alla MRI presentavano un valore predittivo aggiunto rispetto alla transmuralità stessa. In questa esperienza preliminare i volumi ventricolari sono stati valutati mediante follow-up ecocardiografico con una media di 6±1 mesi dall’evento acuto. In particolare all’analisi univariata la necrosi transmurale, la severa ostruzione microvascolare, l’infarct size ed I livelli di troponina I (valori di picco) risultavano direttamente correlati con il rimodellamento ventricolare ed inversamente associati alla frazione d’eiezione al follow-up (p <0.001). All’analisi mutlivariata, solo la necrosi transmurale ed i livelli di troponina I emergevano come predittori indipendenti di rimodellamento ventricolare. Inoltre la necrosi transmurale si dimostrava un più potente predittore di rimodellamento, sia in termini di volumi ventricolari (R2 = 0.19), sia di funzione sistolica (R2 = 0.16). 3.Raccogliendo i dati clinici dei pazienti anche durante il follow-up è stato possibile anche raccogliere i dati inerenti gli eventi maggiori, in particolare il decesso per cause cardiache: due dei soggetti seguiti nel follow-up sono stati oggetto di una analisi comparativa delle immagini alla MRI nel post-AMI con i reperti autoptici ed istologici, nonché con i dati derivati dalle MRI eseguite ex-vivo in questi stessi pazienti. Dall’analisi delle immagini T1 e T2 pesate è emerso che le aree ipointense identificate come core ipointenso nell’ambito dell’area di necrosi ed attribuite fino ad allora solo a fenomeni di no-reflow intravascolare, in realtà corrispondevano a zone di vera emorragia intramiocardica. In particolare le aree a basso segnale osservate nelle sequenze T2 ex-vivo, correlavano fortemente con l’emorragia quantificata all’istologia (R = 0.93, p = 0.0007). 4.Un analisi successiva si è proposta di valutare il peso delle nuove terapie antiaggreganti sulla genesi di tale fenomeno. I nostri dati indicano come la presenza di aree ipointense dopo gadolinio siano più legate alla presenza di necrosi transmurale piuttosto che all’impiego di farmaci antiaggreganti per via infusiva come l’Abciximab. In particolare suddividendo i pazienti in due gruppi in base all’impiego di Abciximab, i pazienti in cui tale strategia terapeutica è stata messa in atto presentavano una transmuralità di necrosi pari a 3.03±2.8 segmenti rispetto ai 3.09±2.9 (p=0,9) del gruppo controllo; analogamente la presenza di severa ostruzione microvascolare non si associava ad una terapia specifica impiegata (1.05±1.5 versus 1.06±1.8 segmenti). All’analisi multivariata la severa ostruzione microvascolare risultava correlata esclusivamente con la transmuralità di necrosi (O.R. 1.5; p<0,001) e l’età (O.R. 1.1; p=0.02), ma non alla somministrazione di Abciximab. 5.Un successivo sviluppo è stato quindi quello di valutare in vivo l’incidenza, a partire dalle osservazioni desunte dai due casi autoptici, dell’infarto emorragico definito come stria mesoventricolare ipointensa in T2 ed in T1 (all’interno dell’hyperenhancement tardivo della cicatrice post-infartuale): nella nostra casisistica, analizzando solo i casi di AMI transmurale, è emerso che circa il 37% degli IMA presentava fenomeni di emorragia intramiocardica. 6.Infine abbiamo confrontato, indipendentemente dall’estensione della necrosi, i tradizionali parametri angiografici di mancata perfusione miocardica dopo PTCA ( flusso TIMI e Mycardial Blush Grade MBG) con la presenza alla MRI di aree di no- reflow (identificate come aree di hypoenhancment tardivo). E’ emersa una significativa correlazione (p< 0.001) tra scarsa o assente riperfusione all’angiografia e presenza alla MRI di zone di ostruzione del microcircolo. Inoltre all’interno dei pazienti con MBG. pari a 0 è stato possibile identificare i casi con staining angiografico, indicativo di “spandimento” di mezzo di contrasto nel muscolo cardiaco: tale reperto risultava strettamente associato, anche da un punto di vista topografico, con la presenza di hypoenhancement tardivo, e quindi con segni MRI di emorragia intramiocardica. Conclusioni Il nostro lavoro ha permesso di identificare mediante uno studio prospettico, consecutivo, tutti i dati inerenti la caratterizzazione tissutale mediante MRI del miocardio dopo AMI. Successivi studi di follow-up già in corso in una casistica così numerosa forniranno il reale significato prognostico di queste osservazioni.
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Marino, Marco. "Studio e sviluppo di tecniche automatiche per la valutazione di massa e volumi del ventricolo sinistro in risonanza magnetica cardiaca." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2014. http://amslaurea.unibo.it/7005/.

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Abstract:
La risonanza magnetica cardiaca è una tecnica di imaging non invasiva, in quanto non necessita l’uso di radiazioni ionizzanti, caratterizzata da un’elevata risoluzione spaziale e che permette acquisizioni in 4-D senza vincoli di orientazione. Grazie a queste peculiarità, la metodica della risonanza magnetica ha mostrato la sua superiorità nei confronti delle altre tecniche diagnostiche ed è riconosciuta come il gold standard per lo studio della fisiologia e fisiopatologia della pompa cardiaca. Nonostante la potenza di questi vantaggi, esistono ancora varie problematiche che, se superate, potrebbero probabilmente migliorare ulteriormente la qualità delle indagini diagnostiche. I software attualmente utilizzati nella pratica clinica per le misure del volume e della massa ventricolare richiedono un tracciamento manuale dei contorni dell’endocardio e dell’epicardio per ciascuna fetta, per ogni frame temporale del ciclo cardiaco. Analogamente avviene per il tracciamento dei contorni del tessuto non vitale. In questo modo l’analisi è spesso qualitativa. Di fatti, la necessità dell’intervento attivo dell’operatore rende questa procedura soggettiva e dipendente dall’esperienza, provocando un’elevata variabilità e difficile ripetibilità delle misure intra e inter operatore, oltre ad essere estremamente dispendiosa in termini di tempo, a causa dell’elevato numero di immagini da analizzare. La disponibilità di una tecnica affidabile per il tracciamento automatico dei contorni dell’endocardio e dell’epicardio consente di superare queste limitazioni ed aumentare l’accuratezza e la ripetibilità delle misure di interesse clinico, quali dimensione, massa e curve di volume ventricolari. Lo scopo di questa tesi è di sviluppare e validare una tecnica di segmentazione automatica che consenta l’identificazione e la quantificazione di cicatrici nel miocardio, a seguito di infarto cardiaco. Il lavoro è composto da due tappe principali. Inizialmente, è presentato un metodo innovativo che permette, in via totalmente automatica, di tracciare in modo accurato e rapido i contorni dell’endocardio e dell’epicardio nel corso dell’intero ciclo cardiaco. Successivamente, l’informazione sulla morfologia cardiaca ricavata nella prima fase è utilizzata per circoscrivere il miocardio e quantificare la transmuralità dell’infarto presente in pazienti ischemici.
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Spadotto, Veronica. "Accuratezza diagnostica e implicazioni prognostiche della fibrosi ventricolare destra evidenziata tramite risonanza magnetica cardiaca in pazienti adulti con tetralogia di Fallot corretta." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2018. http://hdl.handle.net/11577/3426719.

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Abstract:
Introduzione:I pazienti con tetralogia di Fallot corretta (RToF) presentano alterazioni funzionali e strutturali del ventricolo destro (VD) che possono rappresentare un substrato per aritmie ventricolari potenzialmente letali. Il late gadolinium enhancement (LGE) del ventricolo sinistro evidenziato mediante risonanza magnetica cardiaca (CMR) correla con la prognosi aritmica in diverse cardiopatie. Tuttavia, la sensibilità ed il valore prognostico della presenza di LGE nel VD non sono altrettanto definiti, ed in particolare rimane da dimostrarne il ruolo nella stratificazione del rischio aritmico nei pazienti RToF. Scopi dello studio:Gli scopi del presente studio sono: 1) confrontare l'accuratezza della CMR nella identificazione della cicatrice del VD nei pazienti RToF rispetto ai reperti anatomopatologici; 2) validare l'uso della CMR tridimensionale (3D-CMR) per l'identificazione e la quantificazione del LGE del VD nei pazienti con RToF utilizzando come gold standard la mappa elettroanatomica invasiva; 3)valutare se l'estensione e/o la localizzazione del LGE nel VD correlino con l'inducibilità di aritmie ventricolari allo studio elettrofisiologico (SEF) e con l'outcome durante follow-up. Materiali e metodi: 1) Ricercando nel database di CMR dell'Ospedale Universitario di Padova, che raccoglie esami dal 2004 ad oggi, sono stati selezionati tutti i pazienti con RToF maggiorenni all'epoca della CMR; tutte le immagini di LGE del VD sono state analizzate e incrociate con i nominativi del Registro di Cardiopatie Congenite dell'Università di Padova, ed è stata eseguita l'analisi macroscopica e istopatologica per la valutazione della cicatrice del VD nei cuori precedentemente sottoposti a CMR in vivo. 2), 3) Tra i pazienti afferenti al centro terziario per le cardiopatie congenite dell'adulto del Royal Brompton Hospital (London, UK) sono stati arruolati prospetticamente, dal 2009, pazienti consecutivi con RToF, poi sottoposti sia a 3D-CMR con LGE che a studio elettrofisiologico invasivo (SEF) con mappa di voltaggio del VD e stimolazione ventricolare programmata. La presenza ed estensione del LGE del VD sono state valutate con software dedicato e correlate con i risultati del SEF e con l'incidenza di eventi maggiori (morte improvvisa, fibrillazione ventricolare/tachicardia ventricolare sostenuta documentata ed interventi appropriati dell'ICD) durante il follow-up. Risultati: 1) Tra i 16 pazienti emersi dalla ricerca nel database, 15 (11 maschi, 57.5%; età mediana 35.7 anni, 22.7-41.9) avevano delle immagini di 2D LGE del VD valutabili; l'analisi semiquantitativa ha mostrato un LGE mediano di 27.22 (12.2-40.8) g. Di questi un singolo cuore era stato espiantato, e è stata riportata chiara correlazione tra le aree di fibrosi del VD alla CMR e il pezzo anatomico. 2) e 3) Tra i 63 pazienti inizialmente arruolati, 55 hanno eseguito sia un SEF completo sia una 3DLGE CMR con immagini analizzabili (35 maschi, 63.6%; età mediana 38.3 anni, 29.6-50.9), rivelando la presenza di LGE del VD in tutti i pazienti con un estensione mediana di 23.8 (15-32.2) cm3. La concordanza tra la distribuzione regionale del LGE del VD e le aree di basso voltaggio al mappaggio elettroanatomico è risultata elevata (88%, κ= 0.73, p<0.001). L'estensione del LGE del VD correlava con l'inducibilità di aritmie ventricolari (p=0.005). Nel corso di un follow-up medio di 5,8±2,8 anni, 11 su 55 (20%) pazienti hanno avuto un evento maggiore (TV/FV e/o morte per causa cardiaca). 9 degli 11 pazienti con eventi (81-8%) presentavano alla 3D-CMR un'estensione del LGE del VD >30 cm3, contro 11 dei 44 (25%) pazienti senza eventi (p=0.001). Conclusioni: Il LGE del VD valutato con 3D-CMR e istologicamente validato appare uno strumento accurato per l'identificazione delle cicatrici del VD se confrontato con il mappaggio elettroanatomico invasivo. Ulteriori studi prospettici su popolazioni più ampie di pazienti sono necessari per la validazione di tali risultati.
Background: Repaired Tetralogy of Fallot (RToF) patients show structural and functional right ventricular (RV) changes which can act as substrates for malignant ventricular arrhythmias. Left ventricular late gadolinium enhancement (LGE) detected by cardiac magnetic resonance (CMR), has been demonstrated to be a predictor of such arrhythmias in a variety of cardiac diseases. However, the sensitivity and prognostic value of RV-LGE is less well established and its role for risk stratification of RToF patients is still unproven. The aims of our study were: 1) to compare the accuracy of RV scar detection in RToF between CMR and histological findings on whole heart specimens; 2)to validate the use of three-dimensional CMR (3D-CMR) for RV scar detection/quantification in RTOF using invasive electroanatomic mapping as gold standard; 3) to assess whether the extent and/or location of RV LGE significantly correlates with ventricular tachycardia (VT) inducibility during electrophysiological study (EPS) and with outcomes at follow-up. Methods: 1)Searching the CMR database of Padua University Hospital, collecting scans from January 2004 to present, patients with RTOF aged >18 years at the time of scan were selected; all available RV LGE images were then analysed and cross-matched within the Anatomical Collection of Congenital Heart Diseases (CHD) (Cardiovascular Pathology of the University of Padua) in order to perform macroscopical and histopatological analysis on those hearts which underwent CMR in vivo. 2) 3) Among adults with congenital heart disease followed up at Royal Brompton Hospital (London, UK), the study prospectively enrolled, since 2009, consecutive patients with RToF who underwent both 3D-CMR evaluation with LGE and electrophysiological study with RV voltage mapping (CARTO® system) and programmed ventricular stimulation. The presence and amount of RV LGE were assessed with a dedicated software and correlated with the results of the EPS and the occurrence of major events (cardiac death, ventricular fibrillation - VF, sustained ventricular tachycardia - SVT- and appropriated ICD intervention) during follow up. Results: 1) Among the 16 adult patients with rTOF scanned, 15 patients (11 males, 57.5%; median age 35.7 years, 22.7-41.9) with RV LGE suitable for analysis were identified. Semiquantitative 2D LGE analysis showed a median RV LGE of 27.22 (12.2-40.8) g, with a percentage of 22.5 (10.1-29.9) % of the RV myocardium. Cross-matching with the Cardiovascular Pathology Registry lead to the identification of a single patient, and clear correlation was seen of areas of RV fibrosis demonstrated in vivo by CMR and the whole heart. 2) and 3) Among the 63 patients initially enrolled, 55(35 males, 63.6%; median age 38.3 years, 29.6-50.9) both underwent full EPS and had 3D LGE CMR suitable for analysis. 3D CMR imaging revealed the presence of RV LGE in all patients, with a median extent of 23.8 (15-32.2) cm3. Concordance between regional distribution of RV LGE and low-voltage area at endocardial voltage mapping was high (88%, κ= 0.73, p<0.001), and the extent of RV LGE significantly correlated with VF/SVT inducibility (p=0.005). During a mean follow up of 5,8±2,8 years, 11 patients out of 55 (20%) experienced major cardiac events (VT/VF and/or cardiac death). 9 out of 11 patients (81.8%) with events at follow up had a RVLGE ≥30 cm3, compared to 11/44 (25%) without events (p=0.001). There was no association between morfofunctional parameters such as RV volumes and function or RV LGE localization and major events during follow-up. Conclusions: Evaluation of RV-LGE by 3D CMR appears to be an accurate non-invasive technique for assessment of RV scars compared to current invasive gold-standard (electroanatomic voltage mapping) and for non-invasive arrhythmic risk stratification in RToF. Further follow-up studies on larger populations are required to validate the prognostic role of RV-LGE in this setting.
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NUGARA, Cinzia. "Effetti della Terapia con Sacubitril/Valsartan sulla Capacità di Esercizio dei pazienti con Scompenso Cardiaco a Frazione di Eiezione Ridotta (HFrEF) nel Follow-up a Breve, Medio e Lungo Termine e Ruolo della percentuale di Delayed Enhancement (DE) alla Risonanza Magnetica Cardiaca (CMR) sulla risposta alla terapia: uno Studio Multicentrico." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2021. http://hdl.handle.net/10447/477048.

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Abstract:
Introduzione: La terapia con Sacubitril/Valsartan nei pazienti con scompenso cardiaco a frazione di eiezione ridotta (HFrEF) si è dimostrata superiore alla singola terapia con Enalapril nella riduzione del rischio di morte ed ospedalizzazione per scompenso cardiaco. Obiettivo del presente studio è stato quello di valutare, nei pazienti con HFrEF, gli effetti della terapia con sacubitril/valsartan sulla capacità di esercizio valutata mediante Test Cardiorespiratorio e l’eventuale correlazione con il grado di fibrosi miocardica valutata mediante Risonanza Magnetica Cardiaca (CMR). Metodi: E’ stato condotto uno studio osservazionale, prospettico. 134 pazienti ambulatoriali con HFrEF sono stati sottoposti a Test Cardiorespiratorio seriati dopo inizio della terapia con Sacubitril/Valsartan. Di questi, 54 pazienti sono stati sottoposti a CMR. I rimanenti 80 pazienti non hanno eseguito la CMR poiché erano stati sottoposti ad impianto di ICD prima dell’arruolamento nel suddetto studio. Risultati: Dopo un follow-up medio di 13,3 ± 6,6 mesi è stata osservata una riduzione della pressione arteriosa sistolica (p <0.0001), un miglioramento della FE (p=0.0003), una riduzione del rapporto E/A (p=0,007), delle dimensioni della vena cava inferiore (p= 0,009) e dei livelli di NT-proBNP (p= 0,007). Durante il follow-up si è osservato, altresì, un incremento del VO2 picco del 16 % (Δ = + 5 mL/Kg/min; p<0,0001) e del polso di O2 del 13 % (Δ = +1,7 ml/battito; p 0,0002), nonché un miglioramento della risposta ventilatoria associato ad una riduzione pari al 7% del VE/VCO2 slope (Δ = 2,5; p=0,0009). Il VO2 alla soglia anaerobica (AT-VO2) è passato da 11,5 +2,6 a 12, 5 +3,3 mL/kg/min (p= 0,021); inoltre, si è ottenuto un incremento del 8 % del rapporto Δ VO2/ Δ Work (Δ = +0,8 mL/beat; p 0,0001) e del 18 % della tolleranza all’ esercizio fisico (Δ = +16 Watt; p<0,0001). All’analisi di regressione logistica multivariata i principali predittori di eventi durante il follow-up erano il VE/VCO2 > 34 [OR: 3,98 (IC 95%: 1,59 10,54); p-value=0,0028]; la presenza di oscillazione ventilatoria [OR: 4,65 (IC 95%: 1,55 1 6,13); p value=0,0052] e il valore di emoglobina [OR: 0,35 (IC 95%: 0,21 0,55); p value <0,0001]. Nel sottogruppo di pazienti sottoposti a CMR, in presenza di un Delayed Enhancement (DE) > 4,6% è stata osservata una minore risposta dopo terapia con sacubitril/valsartan in termini di miglioramento del delta del VO2 picco (+2,1 vs. + 4,7), del Polso di O2 (+1,4 vs. +4,2), della FE (+4,1 vs.+10) e dell’ NT-proBNP (760 vs. 810). Non sono state osservate significative differenze in termini di Δ VO2/ ΔWork e di VE/VCO2. Conclusioni: Dai risultati dello studio si evince che la terapia con Sacubitril/valsartan migliora la tolleranza all’esercizio fisico, la frazione di eiezione del ventricolo sinistro, il VO2 picco e alla soglia anaerobica e l’efficienza ventilatoria. La presenza di DE a livello cardiaco condiziona la risposta alla terapia con sacubitril/valsartan. Infatti, in presenza di fibrosi miocardica gli effetti del farmaco sulla capacità funzionale e sui parametri cardiorespiratori, seppur mantenuti, sono ridotti. Tuttavia, sono necessari ulteriori studi al fine di comprendere meglio il meccanismo d’azione del farmaco e gli effetti sul rimodellamento cardiaco.
Introduction: Sacubitril/valsartan in heart failure (HF) with reduced ejection fraction (HFrEF) was shown to be superior to enalapril in reducing the risk of death and hospitalization for HF. The aim of this study was to evaluate cardiopulmonary effects of sacubitril/valsartan in patients with HFrEF and the possible correlation with the degree of myocardial fibrosis assessed with cardiac magnetic resonance (CMR). Methods: An observational, prospective study was conducted. 134 outpatients with HFrEF underwent serial cardiorespiratory tests after initiation of therapy with Sacubitril / Valsartan. Of these, 54 patients underwent CMR. The remaining 80 patients did not perform CMR as they had undergone ICD implantation prior to enrollment in the aforementioned study. Results: After a mean follow-up of 13.3 ± 6.6 months, a reduction in systolic blood pressure (p <0.0001), an improvement in FE (p = 0.0003), a reduction in the E/A ratio (p = 0.007), inferior vena cava size (p = 0.009) and NT-proBNP levels (p = 0.007) was observed. During the follow-up, we observed an increase in peak VO2 of 16% (Δ = + 5 mL / Kg / min; p <0.0001) and in O2 pulse of 13% (Δ = +1, 7 mL / beat; p 0.0002), as well as an improvement in ventilatory response associated with a 7% reduction in the VE/VCO2 slope (Δ = 2.5; p = 0.0009). VO2 at the anaerobic threshold (AT-VO2) went from 11.5 +2.6 to 12.5 +3.3 mL / kg / min (p = 0.021); furthermore, an 8% increase in the Δ VO2 / Δ Work ratio (Δ = +0.8 mL / beat; p 0.0001) and an 18% increase in the tolerance to physical exercise (Δ = +16 Watt; p <0.0001). In multivariate logistic regression analysis, the main predictors of events during follow-up were the VE/VCO2> 34 [OR: 3.98 (95% CI: 1.59 10.54); p-value = 0.0028]; the presence of ventilatory oscillation [OR: 4.65 (95% CI: 1.55 1 6.13); p value = 0.0052] and the hemoglobin value [OR: 0.35 (95% CI: 0.21 0.55); p value <0.0001]. In the subgroup of patients undergoing CMR, a lower response after sacubitril/valsartan therapy was observed in the presence of Delayed Enhancement (DE) > 4.6% in terms of improvement in peak VO2 delta (+2.1 vs. + 4.7), pulse of O2 (+1.4 vs. +4.2), FE (+4.1 vs. + 10) and NT-proBNP (760 vs. 810). No significant differences were observed in terms of ΔVO2/ΔWork and VE / VCO2. Conclusions: The results of the study show that therapy with Sacubitril/valsartan improves exercise tolerance, left ventricular ejection fraction, peak VO2 and anaerobic threshold and ventilatory efficiency. The presence of myocardial fibrosis conditions the response to therapy with sacubitril/valsartan. In fact, in these patients, the effects of the drug on the functional capacity and cardiorespiratory parameters, even if maintained, are reduced. However, further studies are needed in order to better understand the mechanism of action of the drug and the effects on cardiac remodelling.
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Marsili, Davide. "riconoscimento automatico delle superfici ventricolari durante il ciclo cardiaco in base a immagini volumetriche di risonanza magnetica nucleare." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2012. http://amslaurea.unibo.it/4290/.

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Baritussio, Anna. "Non-traumatic out of hospital cardiac arrest: diagnostic and prognostic role of Cardiovascular Magnetic Resonance." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2017. http://hdl.handle.net/11577/3427284.

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Abstract:
Background Cardiovascular Magnetic Resonance (CMR) plays an important role in out of hospital cardiac arrest survivors, not only as a diagnostic tool, but also as a guide to clinical decision-making and to patients’ management: CMR has shown to have a clinical impact in a considerable proportion of patients surviving both tachy-arrhythmic cardiac arrest and pulseless electrical activity. There is also growing evidence of the predictive role of CMR, especially in the setting of ventricular arrhythmias. In patients surviving ventricular fibrillation (VF) cardiac arrest, recurrence of Major Cardiovascular Adverse Events (MACE) is not rare. We sought to identify CMR-derived structural and functional myocardial predictors of MACE recurrence in VF cardiac arrest survivors. Material and Methods We retrospectively analysed our CMR registry to enrol VF cardiac arrest survivors. All patients underwent a 1.5 T CMR, comprehensive of long and short- axis cine and late gadolinium enhancement (LGE) sequences. LGE was quantified with semi-automated software using the full width at half maximum method (cvi42, Circle Cardiovascular Imaging). Tissue tracking analysis software was used to assess myocardial deformation (cvi42, Circle Cardiovascular Imaging). Primary end-points were all-cause mortality and appropriate ICD discharge/anti-tachycardia pacing. Results We enrolled 121 patients [82% male, 62 years (IQR 53-70)]. CMR was performed within 13 days (IQR 6-42) from VF arrest. Left ventricular (LV) systolic function was mildly impaired [LVEF 54 (41-64)%], right ventricular systolic function was preserved [RVEF 60 (53-65)%]. LGE was found in 71% of patients, median mass was 6.2 (0-15)% of the left ventricle. Myocardial deformation was overall impaired [global longitudinal strain, -15.5 (- 18.9- -12.3)%; global radial strain, 34.2 (25.2-45.2)%; global circumferential strain, -15.5 (- 20.3- -11.9)%]. There was a significant correlation between LGE mass and myocardial deformation (p<0.001). On CMR, 75 patients (62%) were diagnosed with ischemic heart disease (IHD) and 20 (17%) with non-ischemic heart disease (NIHD); a structural normal heart was found in 26 (21%). Fifty-two per cent of patients were implanted with an ICD. After a median follow-up of 24 months (IQR 6-41), 22 patients (18%) were lost to follow- up. Primary end-point was met in 24 patients (14 deaths, 10 appropriate ICD discharge). LVEF did not differ between patients with and without end-point (p=0.128), while RVEF was significantly lower in those meeting the end-point (58% vs 61%, p=0.03). LGE prevalence did not differ between patients with and without end-point (p=0.075) but its extent was significantly greater in patients experiencing adverse events (LGE mass 8.6% of LV vs 4.1%, p=0.02). Myocardial deformation did not differ between patients with and without end-point. Patients with LGE mass >4.3% represented a subgroup at a higher risk of adverse events (p=0.0048). Conclusions In a population of VF cardiac arrest survivors, CMR was able to identify a pathological substrate of the cardiac arrest in 79% of cases. While CMR-derived myocardial deformation assessment was not able to differentiate patients experiencing adverse events from those event-free, an LGE mass >4.3% of LV myocardium identified a subgroup of patients at a higher risk of developing adverse events. Further studies, in larger populations, are warranted to expand the findings on the role of CMR as risk stratification tool in this group of patients.
Premesse La risonanza magnetica cardiovascolare (RMC) gioca un ruolo importante nei pazienti sopravvissuti ad arresto cardiaco extra-ospedaliero, non solo come strumento diagnostico, ma anche come guida nelle decisioni cliniche e nel management dei pazienti: la RMC ha infatti dimostrato di avere una implicazione clinica diretta in una proporzione considerevole di pazienti sopravvissuti sia ad arresto cardiaco su base tachi-aritmica sia secondario ad attività elettrica senza polso. C’è crescente evidenza del ruolo predittivo della RMC, in particolare nel contesto delle aritmie ventricolari. Nei pazienti che sopravvivono ad arresto cardiaco da fibrillazione ventricolare (FV), la ricorrenza di eventi avversi cardiovascolari maggiori (MACE) non è rara. Il nostro obiettivo era di identificare predittori miocardici strutturali e funzionali, valutati con RMC, della ricorrenza di MACE in pazienti sopravvissuti ad arresto cardiaco da FV. Materiali e Metodi Abbiamo analizzato retrospettivamente il nostro registro di RMC per arruolate pazienti sopravvissuti ad arresto cardiaco da FV. Tutti i pazienti sono stati sottoposti a RMC a 1.5 T, comprensiva delle sequenze cine in asse lungo e corto e delle sequenze post-contrastografiche dopo somministrazione di gadolinio. L’impregnazione tardiva di gadolinio (LGE) è stata quantificata utilizzando un software semi-automatico, basato sul metodo full width at half maximum (cvi42, Circle Cardiovascular Imaging). La deformazione tissutale è stata analizzata mediante il software di analisi tissue tracking (cvi42, Circle Cardiovascular Imaging). End-point primari erano mortalità da tutte le cause e scarica appropriata del defibrillatore/pacing anti-tachicardico. Risultati Abbiamo arruolato 121 pazienti [82% maschi, 62 anni (IQR 53-70)]. La RMC è stata eseguita entro 13 giorni (IQR 6-42) dall’arresto da FV. La funzione sistolica del ventricolo sinistro era lievemente ridotta [FEVsin 54 (41-64)%], mentre quella del ventricolo destro era preservata [FEVdx 60 (53-65)%]. LGE è stato trovato nel 71% della popolazione, con una massa mediana di 6.2 (0-15)% del ventricolo sinistro. La deformazione miocardica era complessivamente compromessa [strain longitudinale globale, -15.5 (- 18.9- -12.3)%; strain radiale globale, 34.2 (25.2-45.2)%; strain circonferenziale globale, -15.5 (- 20.3- -11.9)%]. C’era una correlazione significativa tra la massa di LGE e la deformazione miocardica (p<0.001). Alla RMC, in 75 pazienti (62%) è stata diagnosticata una cardiopatia ischemica e in 20 (17%) una cardiopatia non ischemica; un cuore strutturalmente normale è stato identificato in 26 (21%). Il 52% dei pazienti è stato sottoposto ad impianto di defibrillatore (ICD). Dopo un follow-up mediano di 24 mesi (IQR 6-41), 22 pazienti (18%) sono stati persi al follow- up. L’end-point primario si è verificato in 24 pazienti (14 morti, 10 scariche appropriate dell’ICD). Non vi erano differenze nelle FEVsin tra i pazienti con e senza end-point (p=0.128), mentre la FEVdx era significativamente più bassa nei pazienti con end-point (58% vs 61%, p=0.03). La prevalenza di LGE non era diversa nei pazienti con e senza end-point (p=0.075) ma la sua estensione era significativamente superiore nei pazienti con eventi avversi (massa di LGE 8.6% del Vsin vs 4.1%, p=0.02). La deformazione miocardica non differiva nei pazienti con e senza end-point. I pazienti con massa di LGE >4.3% rappresentavano un sottogruppo a più elevato rischio di eventi avversi (p=0.0048). Conclusioni In una popolazione di pazienti sopravvissuti ad arresto cardiaco da FV, la RMC è stata in grado di identificare un substrato patologico nel 79% dei casi. Mentre la valutazione della deformazione miocardica non è stata in grado di identificare i pazienti a maggior rischio, la presenza di una massa di LGE >4.3% del ventricolo sinistro identifica un sottogruppo a più elevato rischio di sviluppare eventi avversi. Ulteriori studi, in popolazioni più ampie, sono necessari per espandere i risultati sul ruolo della RMC come stratificatore di rischio in questo gruppo di pazienti.
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SALUSTRI, ELISA. "Valore prognostico della determinazione di biomarcatori ematici in pazienti con scompenso cardiaco a frazione d’eiezione preservata: correlazioni con imaging ecocardiografico e di risonanza magnetica." Doctoral thesis, Università degli Studi dell'Aquila, 2022. https://hdl.handle.net/11697/198072.

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Abstract:
Lo scompenso cardiaco a frazione d’eiezione preservata è responsabile del 50% dei casi di insufficienza cardiaca. Obiettivo di questo studio è stato valutare nei pazienti con quadro di scompenso cardiaco a frazione d’eiezione preservata i seguenti end-point: 1- correlazione esistente tra specifici biomarkers e parametri ecocardiografici e di risonanza magnetica, al fine di individuare la diversa espressione strutturale e funzionale di uno scompenso cardiaco a frazione d’eiezione preservata 2- capacità di specifici fattori clinici, bioumorali e strutturali di predire gli eventi ad un anno, in particolare mortalità per tutte le cause e ri-ospedalizzazione per scompenso, così da identificare precocemente i pazienti a maggior rischio e poter intraprendere tempestivamente una strategia preventiva. La valutazione ecocardiografica della funzione diastolica e il dosaggio di biomarcatori espressione di rimodellamento ventricolare (sT2, GAL-3, GDF-15), turn-over della matrice extracellulare, stato infiammatorio (GDF-15, IL-6) , disbiosi (ossido di trimetilamina, TMAO) appare d’ausilio nella diagnosi e nella definizione della prognosi di pazienti con HFpEF; l’individuazione delle correlazioni esistenti tra tali parametri consentirebbe inoltre un’ulteriore definizione dell’espressione strutturale e clinica di quelli che potrebbero essere definiti differenti “fenotipi” di una condizione eterogenea quale è lo scompenso cardiaco a frazione d’eiezione preservata. Lo studio mediante risonanza magnetica potrebbe fornire importanti informazioni aggiuntive sul rimodellamento ventricolare, in particolare sulla presenza di fibrosi diffusa.
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Books on the topic "Risonanza magnetica cardiaca"

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De Cobelli, Francesco, and Luigi Natale. Risonanza magnetica cardiaca. Milano: Springer Milan, 2010. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-1694-1.

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Cobelli, Francesco. Risonanza magnetica cardiaca. Milano: Springer-Verlag Milan, 2010.

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Cobelli, Francesco De, and Luigi Natale. Risonanza magnetica cardiaca. Springer, 2012.

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Book chapters on the topic "Risonanza magnetica cardiaca"

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Bonomo, Lorenzo, and Alessandro Del Maschio. "Introduzione." In Risonanza magnetica cardiaca, 1. Milano: Springer Milan, 2010. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-1694-1_1.

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Secchi, Francesco, Antonello Giardino, and Francesco Sardanelli. "Coronaro-RM." In Risonanza magnetica cardiaca, 103–19. Milano: Springer Milan, 2010. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-1694-1_10.

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De Cobelli, Francesco, Elena Belloni, Antonio Esposito, and Alessandro Del Maschio. "Cardiomiopatie." In Risonanza magnetica cardiaca, 121–31. Milano: Springer Milan, 2010. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-1694-1_11.

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Fattori, Rossella, Luigi Lovato, Vincenzo Russo, and Katia Buttazzi. "Aritmie ventricolari e displasia aritmogena del ventricolo destro." In Risonanza magnetica cardiaca, 133–40. Milano: Springer Milan, 2010. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-1694-1_12.

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Lovato, Luigi, Vincenzo Russo, Katia Buttazzi, and Rossella Fattori. "I tumori del cuore." In Risonanza magnetica cardiaca, 141–55. Milano: Springer Milan, 2010. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-1694-1_13.

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De Cobelli, Francesco, Antonio Esposito, Renata Mellone, and Alessandro Del Maschio. "Malattie infiammatorie del miocardio." In Risonanza magnetica cardiaca, 157–64. Milano: Springer Milan, 2010. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-1694-1_14.

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Francone, Marco, Francesca Antonella Calabrese, Ilaria Iacucci, and Matteo Mangia. "Malattie del pericardio." In Risonanza magnetica cardiaca, 165–75. Milano: Springer Milan, 2010. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-1694-1_15.

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Ligabue, Guido, and Federica Fiocchi. "Valvulopatie." In Risonanza magnetica cardiaca, 177–87. Milano: Springer Milan, 2010. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-1694-1_16.

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Oddone, Mauro, Daniela Tani, and Francesca Rizzo. "Cardiopatie congenite." In Risonanza magnetica cardiaca, 189–201. Milano: Springer Milan, 2010. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-1694-1_17.

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Perseghin, Gianluca, and Francesco De Cobelli. "Spettroscopia RM." In Risonanza magnetica cardiaca, 203–10. Milano: Springer Milan, 2010. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-1694-1_18.

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