Academic literature on the topic 'Rivoluzioni'

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Journal articles on the topic "Rivoluzioni"

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di Cortona, Pietro Grilli. "RIVOLUZIONI E BUROCRAZIE. QUATTRO CASI A CONFRONTO." Italian Political Science Review/Rivista Italiana di Scienza Politica 19, no. 1 (April 1989): 23–62. http://dx.doi.org/10.1017/s0048840200017482.

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Abstract:
IntroduzioneUno degli argomenti critici più noti nei confronti delle rivoluzioni è che queste conducono ad un maggior dominio burocratico, reso inevitabile da una nuova centralizzazione del sistema e dall'estensione del controllo statale sull'economia. La tesi della degenerazione burocratica delle rivoluzioni, come formazione di nuove stasi e inflessibilità strutturali capaci di frenarne la spinta propulsiva originaria, è dominante, per esempio, anche nella polemica condotta da molti critici marxisti del sistema sovietico che, da Trockij in poi, sottolineano come questo abbia «tradito» gli ideali della rivoluzione bolscevica.
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Di Bartolomeo, Daniele. "Democrazia senza rivoluzione: il caso del Mediterraneo nell'età delle rivoluzioni." SOCIETÀ E STORIA, no. 175 (April 2022): 128–32. http://dx.doi.org/10.3280/ss2022-175006.

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Brunelli, Michele. "Iran. Il paese delle rivoluzioni." STORIA URBANA, no. 167 (May 2021): 5–12. http://dx.doi.org/10.3280/su2020-167001.

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Albergoni, Gianluca, and Gian Luca Fruci. "Rivoluzioni del 1848 a Venezia." SOCIETÀ E STORIA, no. 174 (January 2022): 747. http://dx.doi.org/10.3280/ss2021-174004.

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Abstract:
La discussione, promossa dalla Rivista, si compone di tre letture parallele, ciascuna autonoma rispetto alle altre, su un volume di grande rilevanza storiografica qual è quello di Piero Brunello. Il contributo di Maurizio Bertolotti mette in evidenza il carattere «problematico e aperto di una narrazione» che pone in maniera originale alcuni aspetti della storia del Quarantotto veneziano, dal ruolo delle classi popolari (con la posta in gioco della memoria) all'ambiguità della parola "repubblica" e del sentimento nazionale (tra identità veneziana e identità italiana). Giovanni Levi sottolinea il tentativo di Brunello di indagare storicamente come delle persone individualmente «coinvolte in avvenimenti collettivi» abbiano agito in un contesto come quello rivoluzionario, valutando il farsi della rivoluzione ma anche il dopo, tenendo conto della profondità e della complessità del fatto storico. Gian Luca Fruci si sofferma sulla mirabile composizione polifonica della sceneggiatura di Colpi di scena, una «ricostruzione multifocale» che si avvale di un abbondante insieme di fonti iconografiche, ma anche sonore e materiali, sapientemente analizzato dall'autore e capace di far emergere aspetti inediti di una rivoluzione declinata al plurale.
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Molino Castillo, Fernando. "Ediciones y traducciones de "Le rivoluzioni" de Esteban de Arteaga." Philologia Hispalensis 1, no. 12 (1998): 221–36. http://dx.doi.org/10.12795/ph.1998.v12.i01.14.

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Sofia, Francesca. "Le età delle rivoluzioni nell'Europa del sud." SOCIETÀ E STORIA, no. 175 (April 2022): 133–38. http://dx.doi.org/10.3280/ss2022-175007.

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Abstract:
A partire dal volume Re-imagining democracy in the Mediterranean 1780-1860 - che ha la pretesa di liberare quest'area geopolitica dallo stigma della subalternità - il saggio intende dimostrare la piena partecipazione dell'Europa mediterranea ai dibattiti pubblici coevi e la sua partecipazione originale al sorgere della democrazia.
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Haac, Oscar A. "Cicli e rivoluzioni da Vico a Rousseau." New Vico Studies 10 (1992): 92–93. http://dx.doi.org/10.5840/newvico19921016.

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Scotti Douglas, Vittorio. "Napoli e Torino, due rivoluzioni sull’esempio di Cadice." Pasado y Memoria. Revista de Historia Contemporánea, no. 22 (January 28, 2021): 53. http://dx.doi.org/10.14198/pasado2021.22.02.

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Abstract:
Dopo una breve introduzione sui secolari rapporti tra Spagna e Italia, il saggio presenta un esame sommario della Costituzione di Cadice e si sofferma poi sulla situazione italiana agli inizi della Restaurazione, analizzando in dettaglio e in profondità il caso del Regno delle Due Sicilie e del Regno di Sardegna dal punto di vista politico e sociale, spiegando come la Costituzione di Cadice fosse divenuta la parola d’ordine del movimento patriottico italiano. Il testo continua indicando come l’insurrezione costituzionale spagnola del 1820 abbia costituito il detonatore della rivoluzione di Napoli dello stesso anno, e mette in luce le reazioni della società napoletana al nuovo regime politico, soffermandosi sul dibattito culturale e politico che si svolse sulla stampa. Si passa poi alla rivoluzione piemontese, mettendo nuovamente in risalto come l’insieme dei patrioti decidesse di adottare la Costituzione di Cadice dopo molte accese discussioni, e come infine la rivoluzione fallisse da un lato per la condotta pusillanime del Principe Reggente Carlo Alberto, dall’altro per la sostanziale apatia e indifferenza delle classi popolari, che non scorgevano alcun possibile vantaggio materiale immediato in un nuovo sistema politico. Infine l’Autore, che vuole qui sottolineare l’impiego di una bibliografia basata essenzialmente su fonti contemporanee e di testimoni oculari, conclude l’opera tracciando un parallelo tra patrioti spagnoli e italiani, uniti nel comune destino della lotta per la libertà e l’indipendenza.
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Albergoni, Gianluca. "Il Mediterraneo e la democrazia nell'età delle rivoluzioni." SOCIETÀ E STORIA, no. 175 (April 2022): 126–27. http://dx.doi.org/10.3280/ss2022-175005.

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Ferlaino, Fiorenzo. "Le rivoluzioni territoriali. Cinquant'anni di analisi dell'Ires-Piemonte." ARCHIVIO DI STUDI URBANI E REGIONALI, no. 95 (February 2010): 133–52. http://dx.doi.org/10.3280/asur2009-095008.

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Dissertations / Theses on the topic "Rivoluzioni"

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Lasciarrea, Luca. "La quarta rivoluzione industriale." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018.

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Abstract:
Quando si parla di rivoluzione industriale si intende un momento preciso che rappresenta l’avvio e segna il punto di non ritorno: è il momento in cui il cambiamento, che fino ad allora si è mantenuto sottotraccia, diventa improvvisamente evidente e si pone come fenomeno inarrestabile, destinato a cambiare per sempre il quadro di riferimento per tutti, non solo specialisti ed addetti ai lavori. L’obbiettivo di questo elaborato è inquadrare sotto termini economici e sociali l’impatto che la rivoluzione dei giorni nostri sta producendo, cercando di analizzare le possibili conseguenze sull’occupazione dovute dalla continua introduzione di nuove tecnologie. A tal proposito viene concesso largo spazio alle tecnologie abilitanti, ovvero le nuove tecnologie che sono e saranno il perno di questa svolta epocale. Passando dai veicoli autonomi alla stampa 3D, dai Big Data al Fog Computing, dalla biologia di sintesi allo studio sui genomi, le tecnologie vengono suddivise in tre macro sfere: fisica, digitale e biologica. Punto di incontro delle tecnologie abilitanti è sicuramente il dato, che è passato dall’ essere una semplice informazione nata e morta ad uno dei principali asset per le aziende moderne. Il dato è caratterizzato da valore d’uso, come la forza lavoro e si trasforma in valore di scambio all’interno di contesti di produzione in grado di utilizzare la tecnologia algoritmica appropriata. Tale processo, però, è lontano dall’essere preciso ed omogeneo. Partendo da queste considerazioni, all’interno di questo elaborato si è provato a formulare una teoria sul valore di scambio prodotto dal dato. In conclusione si sono analizzati gli aspetti etici e la nascita delle continue problematiche relative alla privacy in relazione alla grande mole di dati che ogni giorno produciamo.
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Panigucci, Nicola. "Industria 4.0: analisi di una rivoluzione." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2017. http://amslaurea.unibo.it/13062/.

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Abstract:
La suddetta tesi affronta il tema dell'industria 4.0 e si presenta suddivisa in quattro capitoli ben distinti tra loro. Nel primo capitolo viene descritta, a partire da brevi riferimenti alle rivoluzioni industriali passate, l'industria 4.0 spiegando cosa è realmente e quali sono state le tecnologie che ne hanno permesso l'avvio. Successivamente vengono elencati gli effetti positivi, ovvero le novità e le migliorie che verranno introdotte nei diversi settori (con particolare attenzione al settore produttivo), e gli effetti negativi quali : perdita dei posti di lavoro, privacy e security. Viene poi effettuata un'analisi che pone in evidenzia gli investimenti fatti dai diversi paesi nell'ambito dell'industria 4.0. Il secondo capitolo riprende e affronta, più dettagliatamente e singolarmente, le tecnologie abilitanti che hanno determinato l'avvio della rivoluzione. In particolare vengono analizzate : Advanced Human Machine Interface, Additive Manufacturing, Cyber Physical System, Internet of Things, Cloud, Big Data, Machine Learning, Wearable, Robotica, Realtà aumentata e Realtà virtuale. Nel terzo capitolo vengono elencati i settori applicativi in cui gli effetti della rivoluzione si sono già visti, o in ogni caso, saranno più evidenti. L'ultimo capitolo è caratterizzato dall'analisi dettagliata delle principali figure professionali che andranno a colmare, anche se parzialmente, le perdite dei posti di lavoro causate dalla rivoluzione. Un'aspetto importante è quello che riguarda la formazione. In codesto capitolo, infatti, viene anche scritto cosa ci si aspetta, per esempio, da un business analyst piuttosto che da un regulatory affairs, e le conoscenze che deve avere. Nella parte conclusiva viene descritto il ruolo dell'etica in una realtà prettamente digitale portando inoltre alla luce interessanti interrogativi, quali : Come si assicura un’auto senza pilota?
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Conte, Francesco. "Bitcoin e la rivoluzione della blockchain." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018.

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Abstract:
L’oggetto di questa tesi riguarda Bitcoin, come protocollo e come ecosistema, e in particolare uno degli elementi di assoluta innovazione portato da esso, la tecnologia blockchain, la cui scoperta ha avuto l’effetto di una vera rivoluzione per quanto riguarda il decentramento, portando a una svolta nello sviluppo di criptovalute e nella determinazione del successo di Bitcoin. Si è indagato il tema nella consapevolezza che, lungi dall’essere compiuto, si tratta di un fenomeno tuttora in movimento, che può senz’altro essere considerata la seconda innovazione significativa legata ad Internet, dopo il World Wide Web, e che mostra già la sua capacità di espandersi in campi di applicazione inattesi, come la società e le istituzioni globali. In particolare, ci si è soffermati sui molteplici aspetti che caratterizzano Bitcoin e la blockchain, innanzitutto da un punto di vista tecnico, ma anche gettando uno sguardo più ampio sullo spettro di trasformazioni che hanno determinato. Nel primo capitolo sono state analizzate le caratteristiche fondamentali di Bitcoin e le primitive crittografiche su cui si basa. Uno degli elementi su cui ci si è concentrati è il decentramento, un aspetto cruciale del sistema che viene ottenuto attraverso una combinazione di tecniche e metodi, che abbiamo illustrato in dettaglio. È stato gettato uno sguardo sulle possibilità di tale decentramento e più in generale sul meccanismo di funzionamento di Bitcoin e sul perché può considerarsi un sistema sicuro nel secondo capitolo, dove l’analisi ha approfondito gli aspetti più tecnici relativi al protocollo Bitcoin e al funzionamento della blockchain, analizzando in particolare il funzionamento del protocollo del consenso distribuito, le diverse modalità e i diversi aspetti del mining. Nell’ultimo capitolo, invece, sono stati descritti i limiti e le possibilità del sistema Bitcoin, le criticità e i punti di forza, nonché le nuove sfide che esso pone anche in ambito di regolamentazione e contratti.
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Battistini, Matteo <1979&gt. "Thomas Paine nella trasmissione atlantica della rivoluzione." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2008. http://amsdottorato.unibo.it/819/.

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Abstract:
Call me Ismail. Così inizia notoriamente il celebre romanzo di Herman Melville, Moby Dick. In un altro racconto, ambientato nel 1797, anno del grande ammutinamento della flotta del governo inglese, Melville dedica un breve accenno a Thomas Paine. Il racconto è significativo di quanto – ancora nella seconda metà dell’Ottocento – l’autore di Common Sense e Rights of Man sia sinonimo delle possibilità radicalmente democratiche che l’ultima parte del Settecento aveva offerto. Melville trova in Paine la chiave per dischiudere nel presente una diversa interpretazione della rivoluzione: non come una vicenda terminata e confinata nel passato, ma come una possibilità che persiste nel presente, “una crisi mai superata” che viene raffigurata nel dramma interiore del gabbiere di parrocchetto, Billy Budd. Il giovane marinaio della nave mercantile chiamata Rights of Man mostra un’attitudine docile e disponibile all’obbedienza, che lo rende pronto ad accettare il volere dei superiori. Billy non contesta l’arruolamento forzato nella nave militare. Nonostante il suo carattere affabile, non certo irascibile, l’esperienza in mare sulla Rights of Man rappresenta però un peccato difficile da espiare: il sospetto è più forte della ragionevolezza, specie quando uno spettro di insurrezione continua ad aggirarsi nella flotta di sua maestà. Così, quando, imbarcato in una nave militare della flotta inglese, con un violento pugno Billy uccide l’uomo che lo accusa di tramare un nuovo ammutinamento, il destino inevitabile è quello di un’esemplare condanna a morte. Una condanna che, si potrebbe dire, mostra come lo spettro della rivoluzione continui ad agitare le acque dell’oceano Atlantico. Nella Prefazione Melville fornisce una chiave di lettura per accedere al testo e decifrare il dramma interiore del marinaio: nella degenerazione nel Terrore, la vicenda francese indica una tendenza al tradimento della rivoluzione, che è così destinata a ripetere continuamente se stessa. Se “la rivoluzione si trasformò essa stessa in tirannia”, allora la crisi segna ancora la società atlantica. Non è però alla classica concezione del tempo storico – quella della ciclica degenerazione e rigenerazione del governo – che Melville sembra alludere. Piuttosto, la vicenda rivoluzionaria che ha investito il mondo atlantico ha segnato un radicale punto di cesura con il passato: la questione non è quella della continua replica della storia, ma quella del continuo circolare dello “spirito rivoluzionario”, come dimostra nell’estate del 1797 l’esperienza di migliaia di marinai che tra grida di giubilo issano sugli alberi delle navi i colori britannici da cui cancellano lo stemma reale e la croce, abolendo così d’un solo colpo la bandiera della monarchia e trasformando il mondo in miniatura della flotta di sua maestà “nella rossa meteora di una violenta e sfrenata rivoluzione”. Raccontare la vicenda di Billy riporta alla memoria Paine. L’ammutinamento è solo un frammento di un generale spirito rivoluzionario che “l’orgoglio nazionale e l’opinione politica hanno voluto relegare nello sfondo della storia”. Quando Billy viene arruolato, non può fare a meno di portare con sé l’esperienza della Rights of Man. Su quel mercantile ha imparato a gustare il dolce sapore del commercio insieme all’asprezza della competizione sfrenata per il mercato, ha testato la libertà non senza subire la coercizione di un arruolamento forzato. La vicenda di Billy ricorda allora quella del Paine inglese prima del grande successo di Common Sense, quando muove da un’esperienza di lavoro all’altra in modo irrequieto alla ricerca di felicità – dal mestiere di artigiano all’avventura a bordo di un privateer inglese durante la guerra dei sette anni, dalla professione di esattore fiscale alle dipendenze del governo, fino alla scelta di cercare fortuna in America. Così come Paine rivendica l’originalità del proprio pensiero, il suo essere un autodidatta e le umili origini che gli hanno impedito di frequentare le biblioteche e le accademie inglesi, anche Billy ha “quel tipo e quel grado di intelligenza che si accompagna alla rettitudine non convenzionale di ogni integra creatura umana alla quale non sia ancora stato offerto il dubbio pomo della sapienza”. Così come il pamphlet Rights of man porta alla virtuale condanna a morte di Paine – dalla quale sfugge trovando rifugio a Parigi – allo stesso modo il passato da marinaio sulla Rights of Man porta al processo per direttissima che sentenzia la morte per impiccagione del giovane marinaio. Il dramma interiore di Billy replica dunque l’esito negativo della rivoluzione in Europa: la rivoluzione è in questo senso come un “violento accesso di febbre contagiosa”, destinato a scomparire “in un organismo costituzionalmente sano, che non tarderà a vincerla”. Non viene però meno la speranza: quella della rivoluzione sembra una storia senza fine perché Edward Coke e William Blackstone – i due grandi giuristi del common law inglese che sono oggetto della violenta critica painita contro la costituzione inglese – “non riescono a far luce nei recessi oscuri dell’animo umano”. Rimane dunque uno spiraglio, un angolo nascosto dal quale continua a emergere uno spirito rivoluzionario. Per questo non esistono cure senza effetti collaterali, non esiste ordine senza l’ipoteca del ricorso alla forza contro l’insurrezione: c’è chi come l’ufficiale che condanna Billy diviene baronetto di sua maestà, c’è chi come Billy viene impiccato, c’è chi come Paine viene raffigurato come un alcolizzato e impotente, disonesto e depravato, da relegare sul fondo della storia atlantica. Eppure niente più del materiale denigratorio pubblicato contro Paine ne evidenzia il grande successo. Il problema che viene sollevato dalle calunniose biografie edite tra fine Settecento e inizio Ottocento è esattamente quello del trionfo dell’autore di Common Sense e Rights of Man nell’aver promosso, spiegato e tramandato la rivoluzione come sfida democratica che è ancora possibile vincere in America come in Europa. Sono proprio le voci dei suoi detrattori – americani, inglesi e francesi – a mostrare che la dimensione nella quale è necessario leggere Paine è quella del mondo atlantico. Assumendo una prospettiva atlantica, ovvero ricostruendo la vicenda politica e intellettuale di Paine da una sponda all’altra dell’oceano, è possibile collegare ciò che Paine dice in spazi e tempi diversi in modo da segnalare la presenza costante sulla scena politica di quei soggetti che – come i marinai protagonisti dell’ammutinamento – segnalano il mancato compimento delle speranze aperte dall’esperienza rivoluzionaria. Limitando la ricerca al processo di costruzione della nazione politica, scegliendo di riassumerne il pensiero politico nell’ideologia americana, nella vicenda costituzionale francese o nel contesto politico inglese, le ricerche su Paine non sono riuscite fino in fondo a mostrare la grandezza di un autore che risulta ancora oggi importante: la sua produzione intellettuale è talmente segnata dalle vicende rivoluzionarie che intessono la sua biografia da fornire la possibilità di studiare quel lungo periodo di trasformazione sociale e politica che investe non una singola nazione, ma l’intero mondo atlantico nel corso della rivoluzione. Attraverso Paine è allora possibile superare quella barriera che ha diviso il dibattito storiografico tra chi ha trovato nella Rivoluzione del 1776 la conferma del carattere eccezionale della nazione americana – fin dalla sua origine rappresentata come esente dalla violenta conflittualità che invece investe il vecchio continente – e chi ha relegato il 1776 a data di secondo piano rispetto al 1789, individuando nell’illuminismo la presunta superiorità culturale europea. Da una sponda all’altra dell’Atlantico, la storiografia ha così implicitamente alzato un confine politico e intellettuale tra Europa e America, un confine che attraverso Paine è possibile valicare mostrandone la debolezza. Parlando di prospettiva atlantica, è però necessario sgombrare il campo da possibili equivoci: attraverso Paine, non intendiamo stabilire l’influenza della Rivoluzione americana su quella francese, né vogliamo mostrare l’influenza del pensiero politico europeo sulla Rivoluzione americana. Non si tratta cioè di stabilire un punto prospettico – americano o europeo – dal quale leggere Paine. L’obiettivo non è quello di sottrarre Paine agli americani per restituirlo agli inglesi che l’hanno tradito, condannandolo virtualmente a morte. Né è quello di confermare l’americanismo come suo unico lascito culturale e politico. Si tratta piuttosto di considerare il mondo atlantico come l’unico scenario nel quale è possibile leggere Paine. Per questo, facendo riferimento al complesso filone storiografico dell’ultimo decennio, sviluppato in modo diverso da Bernard Bailyn a Markus Rediker e Peter Linebaugh, parliamo di rivoluzione atlantica. Certo, Paine vede fallire nell’esperienza del Terrore quella rivoluzione che in America ha trionfato. Ciò non costituisce però un elemento sufficiente per riproporre l’interpretazione arendtiana della rivoluzione che, sulla scorta della storiografia del consenso degli anni cinquanta, ma con motivi di fascino e interesse che non sempre ritroviamo in quella storiografia, ha contribuito ad affermare un ‘eccezionalismo’ americano anche in Europa, rappresentando gli americani alle prese con il problema esclusivamente politico della forma di governo, e i francesi impegnati nel rompicapo della questione sociale della povertà. Rompicapo che non poteva non degenerare nella violenza francese del Terrore, mentre l’America riusciva a istituire pacificamente un nuovo governo rappresentativo facendo leva su una società non conflittuale. Attraverso Paine, è infatti possibile mostrare come – sebbene con intensità e modalità diverse – la rivoluzione incida sul processo di trasformazione commerciale della società che investe l’intero mondo atlantico. Nel suo andirivieni da una sponda all’altra dell’oceano, Paine non ragiona soltanto sulla politica – sulla modalità di organizzare una convivenza democratica attraverso la rappresentanza, convivenza che doveva trovare una propria legittimazione nel primato della costituzione come norma superiore alla legge stabilita dal popolo. Egli riflette anche sulla società commerciale, sui meccanismi che la muovono e le gerarchie che la attraversano, mostrando così precise linee di continuità che tengono insieme le due sponde dell’oceano non solo nella circolazione del linguaggio politico, ma anche nella comune trasformazione sociale che investe i termini del commercio, del possesso della proprietà e del lavoro, dell’arricchimento e dell’impoverimento. Con Paine, America e Europa non possono essere pensate separatamente, né – come invece suggerisce il grande lavoro di Robert Palmer, The Age of Democratic Revolution – possono essere inquadrate dentro un singolo e generale movimento rivoluzionario essenzialmente democratico. Emergono piuttosto tensioni e contraddizioni che investono il mondo atlantico allontanando e avvicinando continuamente le due sponde dell’oceano come due estremità di un elastico. Per questo, parliamo di società atlantica. Quanto detto trova conferma nella difficoltà con la quale la storiografia ricostruisce la figura politica di Paine dentro la vicenda rivoluzionaria americana. John Pocock riconosce la difficoltà di comprendere e spiegare Paine, quando sostiene che Common Sense non evoca coerentemente nessun prestabilito vocabolario atlantico e la figura di Paine non è sistemabile in alcuna categoria di pensiero politico. Partendo dal paradigma classico della virtù, legata antropologicamente al possesso della proprietà terriera, Pocock ricostruisce la permanenza del linguaggio repubblicano nel mondo atlantico senza riuscire a inserire Common Sense e Rights of Man nello svolgimento della rivoluzione. Sebbene non esplicitamente dichiarata, l’incapacità di comprendere il portato innovativo di Common Sense, in quella che è stata definita sintesi repubblicana, è evidente anche nel lavoro di Bernard Bailyn che spiega come l’origine ideologica della rivoluzione, radicata nella paura della cospirazione inglese contro la libertà e nel timore della degenerazione del potere, si traduca ben presto in un sentimento fortemente contrario alla democrazia. Segue questa prospettiva anche Gordon Wood, secondo il quale la chiamata repubblicana per l’indipendenza avanzata da Paine non parla al senso comune americano, critico della concezione radicale del governo rappresentativo come governo della maggioranza, che Paine presenta quando partecipa al dibattito costituzionale della Pennsylvania rivoluzionaria. Paine è quindi considerato soltanto nelle risposte repubblicane dei leader della guerra d’indipendenza che temono una possibile deriva democratica della rivoluzione. Paine viene in questo senso dimenticato. La sua figura è invece centrale della nuova lettura liberale della rivoluzione: Joyce Appleby e Isaac Kramnick contestano alla letteratura repubblicana di non aver compreso che la separazione tra società e governo – la prima intesa come benedizione, il secondo come male necessario – con cui si apre Common Sense rappresenta il tentativo riuscito di cogliere, spiegare e tradurre in linguaggio politico l’affermazione del capitalismo. In particolare, Appleby critica efficacemente il concetto d’ideologia proposto dalla storiografia repubblicana, perché presuppone una visione statica della società. L’affermazione del commercio fornirebbe invece quella possibilità di emancipazione attraverso il lavoro libero, che Paine coglie perfettamente promuovendo una visione della società per la quale il commercio avrebbe permesso di raggiungere la libertà senza il timore della degenerazione della rivoluzione nel disordine. Questa interpretazione di Paine individua in modo efficace un aspetto importante del suo pensiero politico, la sua profonda fiducia nel commercio come strumento di emancipazione e progresso. Tuttavia, non risulta essere fino in fondo coerente e pertinente, se vengono prese in considerazione le diverse agende politiche avanzate in seguito alla pubblicazione di Common Sense e di Rights of Man, né sembra reggere quando prendiamo in mano The Agrarian Justice (1797), il pamphlet nel quale Paine mette in discussione la sua profonda fiducia nel progresso della società commerciale. Diverso è il Paine che emerge dalla storiografia bottom-up, secondo la quale la rivoluzione non può più essere ridotta al momento repubblicano o all’affermazione senza tensione del liberalismo: lo studio della rivoluzione deve essere ampliato fino a comprendere quell’insieme di pratiche e discorsi che mirano all’incisiva trasformazione dell’esistente slegando il diritto di voto dalla qualifica proprietaria, perseguendo lo scopo di frenare l’accumulazione di ricchezza nelle mani di pochi con l’intento di ordinare la società secondo una logica di maggiore uguaglianza. Come dimostrano Eric Foner e Gregory Claeys, attraverso Paine è allora possibile rintracciare, sulla sponda americana come su quella inglese dell’Atlantico, forti pretese democratiche che non sembrano riducibili al linguaggio liberale, né a quello repubblicano. Paine viene così sottratto a rigide categorie storiografiche che per troppo tempo l’hanno consegnato tout court all’elogio del campo liberale o al silenzio di quello repubblicano. Facendo nostra la metodologia di ricerca elaborata dalla storiografia bottom-up per tenere insieme storia sociale e storia intellettuale, possiamo allora leggere Paine non solo per parlare di rivoluzione atlantica, ma anche di società atlantica: società e politica costituiscono un unico orizzonte d’indagine dal quale esce ridimensionata l’interpretazione della rivoluzione come rivoluzione esclusivamente politica, che – sebbene in modo diverso – tanto la storiografia repubblicana quanto quella liberale hanno rafforzato, alimentando indirettamente l’eccezionale successo americano contro la clamorosa disfatta europea. Entrambe le sponde dell’Atlantico mostrano una società in transizione: la costruzione della finanza nazionale con l’istituzione del debito pubblico e la creazione delle banche, la definizione delle forme giuridiche che stabiliscono modalità di possesso e impiego di proprietà e lavoro, costituiscono un complesso strumentario politico necessario allo sviluppo del commercio e al processo di accumulazione di ricchezza. Per questo, la trasformazione commerciale della società è legata a doppio filo con la rivoluzione politica. Ricostruire il modo nel quale Paine descrive e critica la società da una sponda all’altra dell’Atlantico mostra come la separazione della società dal governo non possa essere immediatamente interpretata come essenza del liberalismo economico e politico. La lettura liberale rappresenta senza ombra di dubbio un salto di qualità nell’interpretazione storiografica perché spiega in modo convincente come Paine traduca in discorso politico il passaggio da una società fortemente gerarchica come quella inglese, segnata dalla condizione di povertà e miseria comune alle diverse figure del lavoro, a una realtà sociale come quella americana decisamente più dinamica, dove il commercio e le terre libere a ovest offrono ampie possibilità di emancipazione e arricchimento attraverso il lavoro libero. Tuttavia, leggendo The Case of Officers of Excise (1772) e ricostruendo la sua attività editoriale alla guida del Pennsylvania Magazine (1775) è possibile giungere a una conclusione decisamente più complessa rispetto a quella suggerita dalla storiografia liberale: il commercio non sembra affatto definire una qualità non conflittuale del contesto atlantico. Piuttosto, nonostante l’assenza dell’antico ordine ‘cetuale’ europeo, esso investe la società di una tendenza alla trasformazione, la cui direzione, intensità e velocità dipendono anche dall’esito dello scontro politico in atto dentro la rivoluzione. Spostando l’attenzione su figure sociali che in quella letteratura sono di norma relegate in secondo piano, Paine mira infatti a democratizzare la concezione del commercio indicando nell’indipendenza personale la condizione comune alla quale poveri e lavoratori aspirano: per chi è coinvolto in prima persona nella lotta per l’indipendenza, la visione della società non indica allora un ordine naturale, dato e immutabile, quanto una scommessa sul futuro, un ideale che dovrebbe avviare un cambiamento sociale coerente con le diverse aspettative di emancipazione. Senza riconoscere questa valenza democratica del commercio non è possibile superare il consenso come presupposto incontestabile della Rivoluzione americana, nel quale tanto la storiografia repubblicana quanto quella librale tendono a cadere: non è possibile superare l’immagine statica della società americana, implicitamente descritta dalla prima, né andare oltre la visione di una società dinamica, ma priva di gerarchie e oppressione, come quella delineata dalla seconda. Le entusiastiche risposte e le violente critiche in favore e contro Common Sense, la dura polemica condotta in difesa o contro la costituzione radicale della Pennsylvania, la diatriba politica sul ruolo dei ricchi mercanti mostrano infatti una società in transizione lungo linee che sono contemporaneamente politiche e sociali. Dentro questo contesto conflittuale, repubblicanesimo e liberalismo non sembrano affatto competere l’uno contro l’altro per esercitare un’influenza egemone nella costruzione del governo rappresentativo. Vengono piuttosto mescolati e ridefiniti per rispondere alla pretese democratiche che provengono dalla parte bassa della società. Common Sense propone infatti un piano politico per l’indipendenza del tutto innovativo rispetto al modo nel quale le colonie hanno fino a quel momento condotto la controversia con la madre patria: la chiamata della convenzione rappresentativa di tutti gli individui per scrivere una nuova costituzione assume le sembianze di un vero e proprio potere costituente. Con la mobilitazione di ampie fasce della popolazione per vincere la guerra contro gli inglesi, le élite mercantili e proprietarie perdono il monopolio della parola e il processo decisionale è aperto anche a coloro che non hanno avuto voce nel governo coloniale. La dottrina dell’indipendenza assume così un carattere democratico. Paine non impiega direttamente il termine, tuttavia le risposte che seguono la pubblicazione di Common Sense lanciano esplicitamente la sfida della democrazia. Ciò mostra come la rivoluzione non possa essere letta semplicemente come affermazione ideologica del repubblicanesimo in continuità con la letteratura d’opposizione del Settecento britannico, o in alternativa come transizione non conflittuale al liberalismo economico e politico. Essa risulta piuttosto comprensibile nella tensione tra repubblicanesimo e democrazia: se dentro la rivoluzione (1776-1779) Paine contribuisce a democratizzare la società politica americana, allora – ed è questo un punto importante, non sufficientemente chiarito dalla storiografia – il recupero della letteratura repubblicana assume il carattere liberale di una strategia tesa a frenare le aspettative di chi considera la rivoluzione politica come un mezzo per superare la condizione di povertà e le disuguaglianze che pure segnano la società americana. La dialettica politica tra democrazia e repubblicanesimo consente di porre una questione fondamentale per comprendere la lunga vicenda intellettuale di Paine nella rivoluzione atlantica e anche il rapporto tra trasformazione sociale e rivoluzione politica: è possibile sostenere che in America la congiunzione storica di processo di accumulazione di ricchezza e costruzione del governo rappresentativo pone la società commerciale in transizione lungo linee capitalistiche? Questa non è certo una domanda che Paine pone esplicitamente, né in Paine troviamo una risposta esaustiva. Tuttavia, la sua collaborazione con i ricchi mercanti di Philadelphia suggerisce una valida direzione di indagine dalla quale emerge che il processo di costruzione del governo federale è connesso alla definizione di una cornice giuridica entro la quale possa essere realizzata l’accumulazione del capitale disperso nelle periferie dell’America indipendente. Paine viene così coinvolto in un frammentato e dilatato scontro politico dove – nonostante la conclusione della guerra contro gli inglesi nel 1783 – la rivoluzione non sembra affatto conclusa perché continua a muovere passioni che ostacolano la costruzione dell’ordine: leggere Paine fuori dalla rivoluzione (1780-1786) consente paradossalmente di descrivere la lunga durata della rivoluzione e di considerare la questione della transizione dalla forma confederale a quella federale dell’unione come un problema di limiti della democrazia. Ricostruire la vicenda politica e intellettuale di Paine in America permette infine di evidenziare un ambiguità costitutiva della società commerciale dentro la quale il progetto politico dei ricchi mercanti entra in tensione con un’attitudine popolare critica del primo processo di accumulazione che rappresenta un presupposto indispensabile all’affermazione del capitalismo. La rivoluzione politica apre in questo senso la società commerciale a una lunga e conflittuale transizione verso il capitalismo Ciò risulta ancora più evidente leggendo Paine in Europa (1791-1797). Da una sponda all’altra dell’Atlantico, con Rights of Man egli esplicita ciò che in America ha preferito mantenere implicito, pur raccogliendo la sfida democratica lanciata dai friend of Common Sense: il salto in avanti che la rivoluzione atlantica deve determinare nel progresso dell’umanità è quello di realizzare la repubblica come vera e propria democrazia rappresentativa. Tuttavia, il fallimento del progetto politico di convocare una convenzione nazionale in Inghilterra e la degenerazione dell’esperienza repubblicana francese nel Terrore costringono Paine a mettere in discussione quella fiducia nel commercio che la storiografia liberale ha con grande profitto mostrato: il mancato compimento della rivoluzione in Europa trova infatti spiegazione nella temporanea impossibilità di tenere insieme democrazia rappresentativa e società commerciale. Nel contesto europeo, fortemente disgregato e segnato da durature gerarchie e forti disuguaglianze, con The Agrarian Justice, Paine individua nel lavoro salariato la causa del contraddittorio andamento – di arricchimento e impoverimento – dello sviluppo economico della società commerciale. La tendenza all’accumulazione non è quindi l’unica qualità della società commerciale in transizione. Attraverso Paine, possiamo individuare un altro carattere decisivo per comprendere la trasformazione sociale, quello dell’affermazione del lavoro salariato. Non solo in Europa. Al ritorno in America, Paine non porta con sé la critica della società commerciale. Ciò non trova spiegazione esclusivamente nel minor grado di disuguaglianza della società americana. Leggendo Paine in assenza di Paine (1787-1802) – ovvero ricostruendo il modo nel quale dall’Europa egli discute, critica e influenza la politica americana – mostreremo come la costituzione federale acquisisca gradualmente la supremazia sulla conflittualità sociale. Ciò non significa che l’America indipendente sia caratterizzata da un unanime consenso costituzionale. Piuttosto, è segnata da un lungo e tortuoso processo di stabilizzazione che esclude la democrazia dall’immediato orizzonte della repubblica americana. Senza successo, Paine torna infatti a promuovere una nuova sfida democratica come nella Pennsylvania rivoluzionaria degli anni settanta. E’ allora possibile vedere come la rivoluzione atlantica venga stroncata su entrambe le sponde dell’oceano: i grandi protagonisti della politica atlantica che prendono direttamente parola contro l’agenda democratica painita – Edmund Burke, Boissy d’Anglas e John Quincy Adams – spostano l’attenzione dal governo alla società per rafforzare le gerarchie determinate dal possesso di proprietà e dall’affermazione del lavoro salariato. Dentro la rivoluzione atlantica, viene così svolto un preciso compito politico, quello di contribuire alla formazione di un ambiente sociale e culturale favorevole all’affermazione del capitalismo – dalla trasformazione commerciale della società alla futura innovazione industriale. Ciò emerge in tutta evidenza quando sulla superficie increspata dell’oceano Atlantico compare nuovamente Paine: a Londra come a New York. Abbandonando quella positiva visione del commercio come vettore di emancipazione personale e collettiva, nel primo trentennio del diciannovesimo secolo, i lavoratori delle prime manifatture compongono l’agenda radicale che Paine lascia in eredità in un linguaggio democratico che assume così la valenza di linguaggio di classe. La diversa prospettiva politica sulla società elaborata da Paine in Europa torna allora d’attualità, anche in America. Ciò consente in conclusione di discutere quella storiografia secondo la quale nella repubblica dal 1787 al 1830 il trionfo della democrazia ha luogo – senza tensione e conflittualità – insieme con la lineare e incontestata affermazione del capitalismo: leggere Paine nella rivoluzione atlantica consente di superare quell’approccio storiografico che tende a ricostruire la circolazione di un unico paradigma linguistico o di un’ideologia dominante, finendo per chiudere la grande esperienza rivoluzionaria atlantica in un tempo limitato – quello del 1776 o in alternativa del 1789 – e in uno spazio chiuso delimitato dai confini delle singole nazioni. Quello che emerge attraverso Paine è invece una società atlantica in transizione lungo linee politiche e sociali che tracciano una direzione di marcia verso il capitalismo, una direzione affatto esente dal conflitto. Neanche sulla sponda americana dell’oceano, dove attraverso Paine è possibile sottolineare una precisa congiunzione storica tra rivoluzione politica, costruzione del governo federale e transizione al capitalismo. Una congiunzione per la quale la sfida democratica non risulta affatto sconfitta: sebbene venga allontanata dall’orizzonte immediato della rivoluzione, nell’arco di neanche un ventennio dalla morte di Paine nel 1809, essa torna a muovere le acque dell’oceano – con le parole di Melville – come un violento accesso di febbre contagiosa destinato a turbare l’organismo costituzionalmente sano del mondo atlantico. Per questo, come scrive John Adams nel 1805 quella che il 1776 apre potrebbe essere chiamata “the Age of Folly, Vice, Frenzy, Brutality, Daemons, Buonaparte -…- or the Age of the burning Brand from the Bottomless Pit”. Non può però essere chiamata “the Age of Reason”, perché è l’epoca di Paine: “whether any man in the world has had more influence on its inhabitants or affairs for the last thirty years than Tom Paine” -…- there can be no severer satyr on the age. For such a mongrel between pig and puppy, begotten by a wild boar on a bitch wolf, never before in any age of the world was suffered by the poltroonery of mankind, to run through such a career of mischief. Call it then the Age of Paine”.
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Rocchetti, Francesco. "La rivoluzione digitale: motore e freno dell'industria discografica." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amslaurea.unibo.it/1945/.

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6

Giannone, Fabrizio <1971&gt. "Ricostruzione virtuale della Mostra della Rivoluzione Fascista (Roma, 1932)." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2009. http://amsdottorato.unibo.it/2002/.

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7

Espinoza, Torrez Eliana Maria. "La Rivoluzione in Nicaragua: il ruolo delle donne Sandiniste." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2021.

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Abstract:
The Nicaraguan Revolution was a decades-long process meant to liberate the small Central American country from both U.S. imperialism and the repressive Somoza dictatorship. The massive participation of women in the this revolution was unprecedented in the history of the Western hemisphere, but the official history of the country has little focused on experiences and contribute of these women, that fought and collaborated in the revolution. The aim of this dissertation is to analyse women’s actively participation in the guerrilla’s movement and during the revolution. Based on the film-documentary “Las Sandinistas” a qualitative research was conducted, in order to describe the most relevant social-political events presented in the film and how women’s participation in the revolution led them to overcoming barriers as to lead combat and social reforms.
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Della, Greca Marco. "La rivoluzione dell'impossibile : politica e letteratura nel Blanchot non conformiste." Paris 7, 2011. http://www.theses.fr/2011PA070043.

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Abstract:
Objet du travail est l'analyse de l'expérience politico-littéraire de Maurice Blanchot dans les années 1930 avec une attention particulière portée aux lieux et aux modalités concrètes dans lesquelles elle s'est réalisée Dans la première partie on s'est occupé d'une reconstruction de l'histoire du débat autour de l'objet de l'étude. En ce sens, on a thématisé les réactions et les positions qui ont caractérisé la culture française et internationale, à partir des années quarante jusqu'aux jours plus récents. La deuxième partie est l'analyse du contexte générationnelle « non-conformiste », à travers une analyse des thèmes typiques de l'époque et des milieux intellectuels dans lesquels le jeune Blanchot forme sa première expérience d'écriture. On a proposé donc une reconstruction génétique des conceptions, des sensibilités, des inquiétudes des groupes d'intellectuels dont Blanchot est très proche. La troisième partie est un examen plus spécifique des contenus idéologiques de l'écriture du jeune Blanchot et de son activité politique, comme il l'exerce dans la communauté des revues et des mouvements politiques et littéraires non-conformistes. On s'est concentré d'une façon particulière sur la tentative théorique et pratique d'élaborer une nouvelle conception de révolution et sur le thème de Pinséparabilité de politique et littérature à l'intérieur de ce projet révolutionnaire. La dernière partie s'occupe spécifiquement des caractères formels et des thèmes présents dans les textes du jeune Blanchot, en juxtaposant une analyse rhétorique et psycho-sociolinguistique avec une perspective plus proprement historiée-philosophique
Aim of this work is to analyse the political and literary experience of Maurice Blanchot in the 1930; particularly focusing on the different forms of his writings and on the contexts in which those took place. In the first part, I propose an overview on the critical debate about the intellectual engagement of young Blanchot: on this purpose, I investigate the various reactions and opinions expressed by French and international scholars, since 1940s until recent times. In the second part, then, I focuses on the generations context - known as "non-conformism" -, in which young Blanchot's experience develops, and I present the highly topical issues discussed in those years. Later on, I propose a genetic reconstruction of the views, the sensibilities and the concerns of those groups, which Blanchot was affiliated to. The third part deeply investigates the ideology of the writings and the political activity of young Blanchot, which were strictly related to the project of such political and literary movements. I concentrate on the theoretical and practical attempt to create a new idea of revolution, highlighting the concept that politics and literature were thought an inseparable for the realization of such project. The last part more specifically focuses on the texts of young Blanchot, by juxtaposing two different kinds of analysis: a rhetoric and psycho-sociolinguistic one and a historic-philosophical one
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9

Wojtowicz, Patryk. "La rivoluzione dei Chatbot: sviluppo di un sistema conversazionale in azienda." Master's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amslaurea.unibo.it/15600/.

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Abstract:
L'evoluzione dei sistemi conversazionali ha permesso lo sviluppo di tecnologie in grado di rivoluzionare i processi aziendali. La tesi si propone come obiettivo quello di analizzare lo stato dell'arte e sviluppare un prototipo di chatbot che risponda ad un esigenza reale di un'azienda.
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10

Naso, Salvatore. "La rivoluzione del marketing televisivo tra internet, applicazioni e web broadcasting." Bachelor's thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2011. http://amslaurea.unibo.it/1896/.

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Abstract:
In questa tesi ci focalizzeremo sul connubio TV ed internet che rivoluzionerà l’erogazione dei servizi verso i telespettatori e di conseguenza il marketing pubblicitario in questo contesto. Partiremo dalla storia della televisione in Italia e dei dispositivi TV per poi analizzare i primi fenomeni di utilizzo televisivo del canale web e la conseguente nascita dei primi social media e servizi di video on demand. La seconda parte di questa tesi farà una larga panoramica sul marketing televisivo ed il web marketing, fino ad arrivare al punto di massima prossimità tra i due canali, ovvero l’advertising correlato ai contenuti video presenti sul web. Nella terza ed ultima parte analizzeremo le prime piattaforme di WebTV e servizi di internet television, per poi focalizzarci sui probabili risvolti e prospettive future sia a livello di fruizione dei contenuti che pubblicitario. Questo fenomeno avrà una netta influenza nel Marketing considerando che dal 1984 la TV è il mezzo che raccoglie la maggior parte degli investimenti pubblicitari ed il web è il media in maggiore ascesa a livello di penetrazione e popolarità negli ultimi anni.
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Books on the topic "Rivoluzioni"

1

Rivoluzioni e rivoluzionari del '900. Milano: Portoria, 1995.

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2

Rivoluzioni s.p.a. [Lecco, Italy]: Alpine studio, 2012.

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3

Agnoli, Francesco Mario. L' epoca delle Rivoluzioni: Dalla Rivoluzione americana all'Unità d'Italia. Rimini: Il Cerchio, 1999.

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4

Matteotti, Matteo. Le rivoluzioni promesse. Napoli: Loffredo, 2000.

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5

Cortona, Pietro Grilli Di. Rivoluzioni e burocrazie. Milano, Italy: F. Angeli, 1991.

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6

Battilossi, Stefano. Le rivoluzioni industriali. Roma: Carocci, 2002.

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7

Le rivoluzioni europee: 1492-1992. Roma: Laterza, 1999.

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8

Le rivoluzioni in architettura. Firenze: A. Pontecorboli, 2006.

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9

Romeo, Elsa. Interviste sulle rivoluzioni moderne. Lungro di Cosenza, Italy: Marco, 1990.

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10

Scamuzzi, Sergio. L' analisi sociologica delle rivoluzioni. Torino: Loescher editore, 1985.

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Book chapters on the topic "Rivoluzioni"

1

Schiffer, Davide. "Le rivoluzioni." In Attraverso il microscopio, 177–80. Milano: Springer Milan, 2011. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-1893-8_25.

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2

Alliney, Guido. "Rivoluzioni scientifiche nella filosofia della natura medievale?" In Textes et Etudes du Moyen Âge, 1–18. Turnhout: Brepols Publishers, 2008. http://dx.doi.org/10.1484/m.tema-eb.4.00713.

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3

Lucchi, Nicola. "La rivoluzione digitale." In I contenuti digitali, 11–69. Milano: Springer Milan, 2010. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-1399-5_2.

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4

Castellani, Leonardo, and Giulia Alice Fornaro. "Calcolatori quantistici: la rivoluzione è alle porte." In I blu, 143–80. Milano: Springer Milan, 2011. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-1614-9_7.

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5

Brioschi, Frieda. "Wikipedia: una rivoluzione silenziosa che sta cambiando la realtà." In Il senso ritrovato, 141–53. Milano: Springer Milan, 2013. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-2832-6_9.

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6

Davoli, di Ivan. "La rivoluzione scientifca della seconda metà del XX secolo." In Oltre i materiali. La scienza tra le nostre dita, 19–30. Milano: Springer Milan, 2011. http://dx.doi.org/10.1007/978-88-470-1762-7_3.

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7

"Rivoluzioni silenziose." In Muoversi in uno spazio stretto, 21–30. Quodlibet, 2022. http://dx.doi.org/10.2307/j.ctv360nqk0.5.

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8

"2. 1919-1928: tempo di rivoluzioni." In Cercatori di felicità, 53–109. Accademia University Press, 2018. http://dx.doi.org/10.4000/books.aaccademia.6271.

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9

Orsini, Alessandro. "The War against the Far-Left Extremists." In Sacrifice, translated by Sarah Jane Nodes. Cornell University Press, 2017. http://dx.doi.org/10.7591/cornell/9781501709838.003.0004.

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Abstract:
This chapter studies the role of the young anti-Fascists in the construction of the parallel world. The young anarchists and the young W La Rivoluzione members play different roles. The W La Rivoluzione militants avoid any type of behavior that could create problems with the police. They want everyone to see that they oppose Sacrifice in the hope of attracting political support. In addition, the young people of W La Rivoluzione have a strong sense of hierarchies within the party. Everything they do has to be approved first by the older people who are their leaders. The young anarchists are in a different position. They do not belong to any organization and have to finance themselves, but they reject any type of hierarchy and do whatever they want. Moreover, the communist anarchists have a political culture based on common ownership, free trade, and propaganda that requires them to be willing to speak to others.
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10

"Prima della Rivoluzione." In Crisi come arte di governo, 51–62. Quodlibet, 2022. http://dx.doi.org/10.2307/j.ctv2gvdn1n.7.

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Conference papers on the topic "Rivoluzioni"

1

Rossebastiano, Alda. "Nomi individuali profani, cognomi devoti e dotti nell’onomastica dei venturini tra Rivoluzione e Restaurazione." In The Fourth International Conference on Onomastics „Name and Naming”, Sacred and Profane in Onomastics. Editura Mega, Editura Argonaut, 2017. http://dx.doi.org/10.30816/iconn4/2017/25.

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2

Basso, Marzia. "Paesaggi in movimento." In International Conference Virtual City and Territory. Roma: Centre de Política de Sòl i Valoracions, 2014. http://dx.doi.org/10.5821/ctv.8037.

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Abstract:
Negli ultimi decenni del secolo scorso si è diffusa nel mondo occidentale una nuova coscienza ambientale ed ecologica che, assieme alla rivoluzione tecnologica ed informatica, ha orientato anche la progettazione architettonica ed urbanistica verso una integrazione/ibridazione di elementi naturali, artificiali e tecnologici, con particolare attenzione per gli aspetti della sostenibilità ambientale e del risparmio energetico, alle varie scale di intervento, dagli edifici “intelligenti” alla rete delle smart cities. Ogni giorno assistiamo alla creazione di ambienti sempre più interconnessi, interattivi e interagenti con gli utenti, flessibili e capaci di scambiare informazioni con il mondo esterno. Siamo ormai in grado di monitorare i nostri contesti di vita come mai fino ad ora era stato possibile, raccogliendo e mettendo a sistema una mole di informazioni senza precedenti. Inoltre le nuove tecnologie in molti casi vengono utilizzate per semplificare e facilitare la comunicazione bidirezionale e in tempo reale fra utenti e gestori dei servizi, tra cittadini ed amministrazioni e, più in generale, fra i vari attori del paesaggio, all’interno di una rete di interconnessioni fisiche ed immateriali sempre più fitta e diversificata. Il progetto ecosostenibile di paesaggio richiede, pertanto, un approccio sistemico e uno sguardo ampio che riesca a far incontrare la tutela e la conservazione con la trasformazione e la rigenerazione, inevitabile quanto vitale per i nostri contesti di vita, passando anche attraverso l’uso di strumenti non convenzionali, impiegati diffusamente sia per uno studio del territorio più rispondente alla complessità delle dinamiche reali, sia per la costruzione di un progetto comune di paesaggio. During the last decades of the 20th century a new environmental and ecological awareness has spread in the western world. Together with the technological and digital revolution, it has also directed the architectural and urban design towards an integration/crossbreeding of natural, artificial and technological elements, giving special attention to the aspects of environmental sustainability and of energy saving at the different levels of intervention, from the “intelligent” buildings to the network of the smart cities. Every day we witness to the creation of spaces that are more and more interconnected, user interactive and interagent, flexible and able to exchange information with the outside world. We are now able to supervise our life contexts as never before by collecting and organizing a huge amount of information without precedent. Furthermore, new technologies are used in many cases to simplify and facilitate bidirectional and real-time communication between users and providers, citizens and administrative offices and, in wider terms, among the various actors of the landscape inside a more and more close and diversified network of physical and immaterial interconnections. The eco-sustainable landscape design requires therefore a systemic approach and an overlook in order to permit the match between safeguard and preservation on one hand and transformation and regeneration on the other. This is as inevitable as it is essential for our life contexts, as well as the use of unconventional tools diffusely employed whether for a territorial study in accordance with the complexity of the actual dynamics or for the construction of a collective project of landscape.
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