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Journal articles on the topic 'Storia dell’educazione'

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Todaro, Letterio. "La cultura dell’educazione e le sue trasformazioni nel passaggio critico degli anni Sessanta /Settanta: conversazioni con Carmen Betti." Espacio, Tiempo y Educación 5, no. 1 (January 1, 2018): 281. http://dx.doi.org/10.14516/ete.198.

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Abstract:
Carmen Betti è tra le figure di riferimento della ricerca italiana in area storico-educativa. Per diversi anni ha insegnato presso l’Università di Firenze, rappresentando con i suoi lavori e con i suoi studi, una voce autorevole e notevolmente qualificata nel panorama italiano della disciplina. L’incisività dei suoi lavori ha contribuito a rafforzare il riconoscimento di una tradizione che porta a individuare nella sede fiorentina una «scuola» di alto profilo dell’accademia italiana nell’ambito degli studi di storia dell’educazione. La sua ricerca ha evidenziato un costante impegno a segnalare lungo i sentieri della storia dell’educazione un cantiere aperto per la costruzione di valori civili, indicando quali criteri «orientatori» dell’impegno intellettuale che caratterizza il lavoro dello storico dell’educazione la tensione a legare la lettura storica dei processi formativi con i motivi della conquista collettiva di spazi di libertà, di democrazia, di emancipazione. Recentemente ha ricoperto la funzione di Segretaria del Centro Italiano per la Ricerca Storico Educativa, segnando con il suo impegno l’attivazione di importanti strumenti di raccordo a servizio della comunità scientifica italiana degli storici dell’educazione e offendo un contributo qualificante per spingere in avanti le piste della ricerca sul terreno della storia dell’educazione.Per dare avvio alla conversazione mi sembra perciò utile chiedere all’interlocutrice una breve presentazione del proprio percorso professionale e un aiuto nel ricordare, attraverso anche spunti di memoria personale, i punti salienti che hanno segnato l’evoluzione del suo profilo di studiosa.
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Bonelli, Caterina. "La scuola “resistente”: pratiche autobiografiche per la valorizzazione delle storie di scuola." Revista Brasileira de Pesquisa (Auto)biográfica 6, no. 19 (December 24, 2021): 992–98. http://dx.doi.org/10.31892/rbpab2525-426x.2021.v6.n19.p992-998.

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Abstract:
Le testimonianze scritte dalle maestre ci permettono di entrare “in punta di piedi” nelle pagine della storia, delle loro storie per meglio conoscere e comprendere una professione ancora nell’ombra. Le storie di vita delle e degli insegnanti sono dei veri e propri “giacimenti di storie” e l’obiettivo del contributo è di far emergere e valorizzare tali narrazioni. Attraverso le testimonianze autobiografiche dei professionisti dell’educazione e, al contempo degli studenti, emergono storie inconsuete, di “resistenza”, preziose microstorie che raccontano un tempo, un gruppo sociale, l’intera comunità. Il contributo si avvale di esperienze autobiografiche a scuola in collaborazione con la Libera Università dell’Autobiografia di Anghiari - LUA.
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Wnęk, Jan. "Il pensiero pedagogico italiano nei manuali polacchi di storia dell’educazione." Person and the Challenges. The Journal of Theology, Education, Canon Law and Social Studies Inspired by Pope John Paul II 8, no. 1 (June 15, 2018): 59. http://dx.doi.org/10.15633/pch.2425.

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Ostenc, Michel. "Roberto Sani, Storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche nell’Italia moderna." Archives de sciences sociales des religions, no. 172 (October 1, 2015): 365. http://dx.doi.org/10.4000/assr.27455.

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5

Bertolini, Piro. "Lo stato delle scienze dell’educazione in Italia." Swiss Journal of Educational Research 22, no. 1 (January 1, 2000): 93–110. http://dx.doi.org/10.24452/sjer.22.1.5083.

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Abstract:
Nell’articolo si affronta dapprima la questione della definizione delle scienze dell’educazione che in Italia si presenta con due accezioni: come indicativa delle varie scienze umane (psicologia, sociologia, psicoanalisi, ecc.) nel momento in cui si occupano esplicitamente del fenomeno educativo la prima e indicativa delle diverse specificazioni della pedagogia generale (storia della pedagogia; didattica; pedagogia speciale; pedagogia sperimentale; pedagogia degli adulti; ecc.) la seconda. Su questa base si discute l’evoluzione delle scienze dell’educazione a partire dalla seconda guerra mondiale, ponendo l’accento sui fattori che ne hanno condizionato le due anime: da un lato le esigenze di carattere sociale con riferimento a problematiche extra-scolastiche, dall’altro lato il diffondersi di un reale interesse per la formazione professionale degli insegnanti. Di particolare interesse è l’evoluzione della didattica che è alla ricerca di una autonomia delle varie specificazioni attraverso la costituzione di un proprio statuto epistemologico e di metodologie di ricerca proprie. Infine, per quanto riguarda le istituzioni e gli strumenti di appoggio alle scienze dell’educazione o pedagogiche, l’articolo tocca il ruolo delle riviste specializzate e di alcune Associazioni che riuniscono i rappresentanti delle varie discipline pedagogiche e ad alcuni centri di ricerca pubblici o privati.
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Colin, Mariella. "BANDINI (Gianfranco), BIANCHINI (Paolo), Fare storia in rete. Fonti e modelli di scrittura digitale per la storia dell’educazione, la storia moderna e la storia contemporanea." Histoire de l'éducation, no. 118 (April 1, 2008): 162–63. http://dx.doi.org/10.4000/histoire-education.511.

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Petruzzi, Carmen. "Paradossi educativi nel Novecento. Lavoro e memoria di Giuseppe Prezzolini (1882-1982) tra Stati Uniti, Italia e Svizzera." Historia y Memoria de la Educación, no. 17 (December 18, 2022): 293–318. http://dx.doi.org/10.5944/hme.17.2023.34622.

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Abstract:
Il saggio analizza gli articoli di Giuseppe Prezzolini pubblicati in Paradossi educativi 1914-1964 (Armando 1964) relativi alle riforme scolastiche italiane, ai modelli educativi e ai programmi scolastici. Nonostante la sua lunga assenza dall’Italia, il giornalista Giuseppe Prezzolini continuò a seguire da lontano i cambiamenti della scuola italiana e arricchì il dibattito contemporaneo con le sue argute osservazioni oltreoceano. Inoltre, attraverso la sua opera, è possibile gettare un nuovo sguardo su alcuni aspetti della storia dell’educazione e della scuola in Italia durante un periodo di cambiamento e, al di là dell’Atlantico, sulla trasformazione della mentalità delle famiglie italoamericane. Nell’anno del quarantesimo anniversario dalla sua morte si ricorda attraverso la sua parola, una figura notevole che visse, scrisse e commentò i grandi eventi del Novecento.
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Knežić, Boško. "PROPOSTA PER UNA RILETTURA DELLA NOVELLA TOMMASEANA DUE BACI PRIJEDLOG ZA JEDNO NOVO ČITANJE NOVELE DUE BACI NIKOLE TOMMASEA." Folia linguistica et litteraria XI, no. 30 (2020): 67–78. http://dx.doi.org/10.31902/fll.30.2020.4.

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Abstract:
La novella tommaseana della quale propongo una rilettura è già stata oggetto di alcuni studi di taglio filologico e femminista volti a dimostrare la posizione del Tommaseo nei confronti della donna, dell’educazione femminile, o più in generale della questione femminile. Tali studi erano incentrati soprattutto sul concetto tommaseano dell’educazione, nonché sulla capacità di introspezione psicologica del Dalmata. L’ottica che invece vorrei proporre si prefigge tutt’altro scopo, ossia di offrire una rilettura in chiave autobiografica con l’obiettivo, attraverso un’analisi profonda del testo volta ad evidenziare i tratti biografici dell’autore, di azzardare una conclusione relativa all’ambientazione della storia, nonché di esaminare il nesso tra l’autore ed i suoi protagonisti che, a mio avviso, oltre a riflettere lo stato d’animo del giovane Tommaseo, sono ispirati a persone reali che egli incontra in occasione del suo breve soggiorno a Sebenico nel 1831. La novella che uscì per la prima volta quello stesso anno vide ben altre cinque edizioni, tutte con correzioni formali e giunte dell’autore che, tra l’altro, miravano a sgombrare il campo da dubbi e insinuazioni che il protagonista fosse egli stesso e che la sorella di cui si trattava fosse la sua (cfr. Danelon 12). D’altro canto, sempre tenendo conto dell’abitudine tommaseana di nascondersi dietro i suoi protagonisti, non è da escludere che la sorella, essendo la voce narrante, sia quell’alter ego che gli permetta di rilevare i suoi più intimi segreti senza compromettere l’immagine che si sarebbe creata intorno alla sua figura.
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Laspalas, Javier. "Sani, R. (2015). Storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche nell’Italia moderna. Milan: Franco Angeli, 357 pp." Estudios sobre Educación 29 (November 24, 2015): 252. http://dx.doi.org/10.15581/004.29.3466.

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Chartier, Anne-Marie. "Annali di storia dell’educazione e delle istituzioni scholastiche, 13, I Quadernie di scuola tra Otto e Novecento." Histoire de l'éducation, no. 118 (April 1, 2008): 143–46. http://dx.doi.org/10.4000/histoire-education.523.

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Bochatey, Alberto. "Il personalismo nell’area culturale dell’America Latina." Medicina e Morale 53, no. 2 (April 30, 2004): 335–52. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2004.648.

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Abstract:
L’Autore, nel suo articolo, compie un’indagine di ampio respiro sullo sviluppo della bioetica nell’area culturale dell’America Latina. Fortemente influenzata da quanto accade negli USA, la storia della bioetica in queste zone è stata legata allo sviluppo del principialismo di T.L. Beauchamp e J.F. Childress, applicato ad una serie di campi specifici quali l’assistenza e la cura del malato, la procreazione e l’aborto, la morte encefalica (principalmente in vista del trapianto di organi), l’etica della ricerca, l’ecologia. La Bioetica personalista ontologicamente fondata è ritenuta essere un campo assai propizio per proporre ed orientare verso la persona e la sua realtà trascendente e sociale, verso il bene comune e lo sviluppo nel campo medico. L’America Latina è il continente della speranza e anche la Bioetica latinoamericana può esserlo (specialmente attraverso la personalizzazione del “bios” e la rivendicazione della dimensione comunitaria e sociale dell’“ethos”). In tal senso la Bioetica personalista può contribuire alla costruzione d’un “ponte verso il futuro” e all’integrazione e alla cooperazione latinoamericana. L’articolo concentra la sua attenzione, in particolare, su tre temi particolarmente significativi: la scienza e la tecnologia, l’identità cristiana e il ruolo dell’educazione, i comitati etici ospedalieri. Per questi ed altri campi, il riferimento al personalismo è una vera sfida che comporta una risposta, un impegno ed azioni concrete.
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Mancini, Elena. "I malati invisibili della povertà: troppi alberi per accorgersi della foresta? Le politiche sanitarie internazionali per il contrasto delle malattie neglette e della povertà (Neglected Tropical Diseases)*." Medicina e Morale 71, no. 1 (April 14, 2022): 39–54. http://dx.doi.org/10.4081/mem.2022.1198.

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Abstract:
Le malattie, soprattutto se infettive, hanno da sempre accompagnato la storia dell’umanità, modificando profondamente gli assetti economici e condizionando le strutture sociali e l’evoluzione culturale di intere popolazioni. Tutto questo è ancora vero per un miliardo e mezzo di persone colpite da malattie che l’occidente ha oramai dimenticato e che sono endemiche nelle aree tropicali del pianeta (Neglected Tropical Diseases – NTDs). Enormemente favorite dalla povertà, esse sono a loro volta una delle principali cause di povertà e uno dei più insidiosi ostacoli allo sviluppo di estese aree geografiche dell’Asia, dell’Africa e dell’America Latina. Occorre combattere la povertà per ridurre le malattie, ma occorre anche eliminare le malattie per sollevare dalla povertà e favorire lo sviluppo. Contrastare le NTDs significa tuttavia affrontare contesti caratterizzati oltre che dalla povertà, da equilibri sociali precari, da drammatiche condizioni igienico-sanitarie, dall’assenza o inadeguatezza delle infrastrutture e dei sistemi sanitari, da varie forme di discriminazione ed esclusione sociale dei malati: fattori questi che ostacolano qualsiasi azione a partire dalla stessa raccolta e verifica dei dati epidemiologici. Sono qui esaminate alcune strategie di intervento ispirate all’approccio community-driven, diretto al coinvolgimento delle comunità locali nell’integrazione e gestione delle misure di contrasto. È analizzato inoltre il ruolo degli operatori sanitari informali (Community Health Workers) nella diffusione di comportamenti, informazioni e strumenti di profilassi e nella valorizzazione di pratiche locali marginali che tuttavia si siano dimostrate efficaci nel contrasto o prevenzione di una o più NTDs (devianza positiva). Una riflessione conclusiva è dedicata alla formazione dei CHWs ai fini dell’educazione sanitaria di comunità. * Questa pubblicazione si inserisce nell’ambito delle attività del progetto “Centro per la ricerca sulle malattie rare neglette e della povertà”, finanziato dal Consorzio CNCCS.
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Pastore, Alessandro. "Formare alle professioni. Figure della sanità. A cura di Monica Ferrari e Paolo Mazzarello. Milano, Franco Angeli, 2010. 256 p. (Storia dell’educazione). € 28. ISBN 978-88-568-2592-3." Gesnerus 69, no. 1 (November 11, 2012): 179–81. http://dx.doi.org/10.1163/22977953-06901012.

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Godoy Dotta, Alexandre. "La politica pubblica per la valutazione di qualità come il modo della valutazione dell'educazione come un bene pubblico." Revista Eurolatinoamericana de Derecho Administrativo 4, no. 2 (December 29, 2017): 43–57. http://dx.doi.org/10.14409/rr.v4i2.7117.

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Abstract:
Il presente articolo ha come oggetto l’analisi storica e politica relativa alla nascita del concetto d’insegnamento di qualità nell’organizzazione dell’educazione in Brasile. Per raggiungere questo obiettivo, si concentra sullo status di“diritto all’educazione” o “servizio pubblico educazionale” come bene pubblico. Discorre sull’organizzazione del sistema educazionale brasiliano e presenta considerazioni sul problema delle interpretazioni restrittive e formali del sistema educativo, soprattutt o nei termini della proposta neoliberale tipica degli anni novanta. Sviluppa riflessioni sul concetto di qualità e sulla possibilità di metterlo in pratica, attraverso le determinazioni della Costituzione brasiliana, secondo un’interpretazione sostanziale delle politiche pubbliche valutative.
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Giorgis, Paola. "Processi educativi nelle società multiculturali (Educational Processes in Multicultural Societies); Giovani indiani a Cremona (Young Indians in Cremona); Antropologia ed educazione in America Latina (Anthropology and Education in Latin America); Innovazione educativa tra entusiasmo e fatica (Pedagogical Innovation: Enthusiasm and Exertion); Non solo sui libri (Not by books only); Bambini rom Alunni rom. Un’etnografia della scuola (Romani Children, Romani Students. An Ethnography of the School); Amicizie interculturali (Intercultural Friendship); Diversi da sé, simili agli altri. L2, immaginazione e letteratura come pratiche di pedagogia interculturale (Different from Oneself, Similar to Others. L2, Imagination and Literature as Practices of Intercultural Education); Quando la storia degli altri racconta di noi. Pedagogia interculturale e coscienza storica (When the History of Others Tells Our History. Intercultural Education and Historical Awareness); Una questione di prospettive. Etnografia dell’educazione e delle relazioni tra sinti e non sinti (A Matter of Perspectives. Ethnography of Education and of the Relation between Sinti and non-Sinti)." Intercultural Education 25, no. 4 (June 25, 2014): 327–31. http://dx.doi.org/10.1080/14675986.2014.925706.

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Pomante, Luigiaurelio. "Per una storia dell’Università nelle raccolte museali: il Museo per la Storia dell’Università di Pavia e il Museo Europeo degli Studenti di Bologna." Revista Linhas 20, no. 44 (October 11, 2019). http://dx.doi.org/10.5965/1984723820442019096.

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Abstract:
Il presente contributo intende focalizzare la propria attenzione su una specifica tipologia di istituzione Universitaria, e cioè i musei per la storia dell’Università. In Italia, nonostante la tradizione ultrasecolare dell’Università, ne esistono solo due, il Museo per la Storia dell’Università di Pavia e il Museo Europeo degli Studenti di Bologna. Finora poco studiati, sono senza dubbio un esperimento riuscito di musealizzazione del patrimonio librario, fotografico e iconografico che documenta, celebra e valorizza la storia dell'Università.Parole chiave: Storia dell’Università. Storia dell’Educazione. Storiografia. Storia degli studenti. Italia.
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"Meditazione su Vico. Filosofia della storia e dell’educazione (Abstract)." New Vico Studies 3 (1985): 232. http://dx.doi.org/10.5840/newvico1985341.

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Ceccoli, Paolo. "Questioni controverse da discutere in classe. Tecniche didattiche nell’insegnamento della storia e dell’educazione civica." Novecento, no. 17 (2022). http://dx.doi.org/10.52056/9791254691090/11.

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Andrésdóttir, Brynja Cortes. "Stefano Gensini, Breve storia dell’educazione linguistica dall’unitá a oggi (Roma: Le bussole. Carocci editore, 2005)." Nordicum-Mediterraneum 2, no. 1 (March 2007). http://dx.doi.org/10.33112/nm.2.1.5.

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Leles, Robson Felipe dos Santos, Polyanne Junqueira Silva Andresen Strini, Paulinne Junqueira Silva Andresen Strini, Simone Cristina Putrick, Euzebio Oliveira, and Carla Viana Dendasck. "Importanza della conoscenza dell’anatomia umana di educazione fisica." Revista Científica Multidisciplinar Núcleo do Conhecimento, December 12, 2017, 21–40. http://dx.doi.org/10.32749/nucleodoconhecimento.com.br/salute/anatomia-umana.

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Abstract:
Entrambe le aree di educazione fisica e di anatomia umana del mondo approccio legate allo studio e al funzionamento del corpo umano, con punti in comune ha dimostrato in tutta la storia dell’umanità. In questo modo, lo scopo di questo studio è di valutare l’importanza della conoscenza dell’anatomia umana per il corso di educazione fisica. Per questo, una recensione descrittiva della letteratura, per mezzo di ricerca su basi di dati elettroniche della biblioteca virtuale della salute (BVS), lillà, Medline, Scielo, Cochrane, Pepsic, Pubmed e Google Scholar. La selezione di articoli scientifici si tenne negli ultimi 10 anni, contemplando la produzione scientifica tra il 2006 e il 2016, utilizzando terminologie registrati in descrittori di Scienze di salute (DECS), la ricerca avanzata e i termini in Portoghese e inglese, come: “Anatomia” o “anatomia umana” e “educazione fisica” e “anatomy” o “human anatomy” e “physical education”. Prima gli studi presentati, può essere osservato l’importanza della conoscenza delle strutture anatomiche del corpo umano per studenti e professionisti dell’educazione fisica. Quindi possiamo concludere che la reale importanza viene sottovalutata, che richiedono ulteriori ricerche in grado di chiarire il ruolo chiave nella formazione intellettuale, tecniche e pratiche di laureati.
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Pironi, Tiziana. "Il contributo di Maria Montessori al rinnovamento della pedagogia dell’infanzia nel primo ventennio del Novecento in Italia." Pedagogía y Saberes, no. 58 (January 1, 2023). http://dx.doi.org/10.17227/pys.num58-17208.

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Abstract:
L’articolo compie un’analisi di tipo storico educativo che si inserisce all’interno del Progetto di ricerca nazionale Maria Montessori dal passato al presente. Accoglienza e implementazione del suo metodo educativo in Italia nel 150° anniversario della sua nascita, finalizzato alla ricostruzione della figura e dell’opera della studiosa italiana, a partire dall’istituzione della prima Casa dei Bambini nel 1907. In particolare, il presente saggio tiene conto di un buon numero di studi che sono apparsi negli ultimi tempi su Maria Montessori, nonché dell’analisi condotta sulle sue opere al fine di compiere una riflessione sulla portata innovativa del suo percorso scientifico. Dagli studi medici all’azione e alla ricerca in campo pedagogico, l’itinerario intrapreso da Maria Montessori, sul finire dell’Ottocento, fino alla morte, avvenuta nel 1952, presenta un preciso filo conduttore: il suo impegno coniuga il principio di emancipazione femminile con quello più ampio di emancipazione umana, ponendo l’infanzia al centro di un progetto per rendere l’umanità migliore. L’articolo prende in considerazione un preciso periodo della storia della scuola e dell’educazione italiana, il periodo della cosiddetta Età giolittiana, per cogliere i rapporti di Maria Montessori con le personalità pedagogiche del suo tempo, mettendo in luce gli ostacoli che ella incontrò nel realizzare una pedagogia che educasse il bambino alla libertà attraverso la libertà. La sperimentazione del suo progetto ebbe infatti una scarsa diffusione in Italia, soprattutto, come emerge dall’articolo, per le difficoltà incontrate nella formazione di un nuovo modello di insegnante.
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Desnica, Dusan. "La Nave della legalità: gli effetti negli istituti scolastici del Centro Italia." Rivista di Studi e Ricerche sulla criminalità organizzata 8, no. 2 (December 29, 2022). http://dx.doi.org/10.54103/cross-19501.

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Abstract:
Il presente articolo ha l’obiettivo di analizzare gli effetti dell’esperienza della “Nave della legalità” sulla mobilitazione scolastica nelle regioni del Centro Italia. In particolare, l’intento è di restituire, in una prima parte, il valore di questa iniziativa attraverso le storie degli insegnanti e degli istituti scolastici più attivi e impegnati sul versante dell’educazione alla legalità; in una seconda parte mettere in luce il lascito che l’esperienza della “Nave della legalità” ha prodotto negli studenti e nelle studentesse che hanno partecipato al viaggio.
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Zuliani, Federico. "En samling politiske håndskrifter fra slutningen af det 16. århundrede : Giacomo Castelvetro og Christian Barnekows bibliotek." Fund og Forskning i Det Kongelige Biblioteks Samlinger 50 (April 29, 2015). http://dx.doi.org/10.7146/fof.v50i0.41248.

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Abstract:
Federico Zuliani: Una raccolta di scritture politiche della fine del sedicesimo secolo. Giacomo Castelvetro e la biblioteca di Christian Barnekow. Alla pagina 68 recto del manoscritto Vault Case Ms. 5086, 73/2, Newberry Library, Chicago, ha inizio il “Registro di tutte le scritture politiche del S[igno]r Christiano Bernicò”. Il testo è preceduto da un altro elenco simile, sebbene più breve, che va sotto il titolo di “Memoriale D’alcune scritture politiche, che furon donate alla Reina Maria Stuarda Prigioniera in Inghilterra l’anno di salute m.d.lxxxiii. Dal S[igno]re di Cherelles”. Il manoscritto 5086, 73/2 fa parte di una collezione di dieci volumi (originariamente undici) appartenuti a Giacomo Castelvetro e oggi conservati negli Stati Uniti. I codici, le cui vicende di trasmissione sono, in parte, ancora poco chiare, furono sicuramente compilati da Castelvetro durante il periodo che passò in Danimarca, tra l’estate del 1594 e l’autunno del 1595. Il soggiorno danese di Castelvetro ha ricevuto attenzioni decisamente minori di quelle che invece meriterebbe. Alla permanenza in Danimarca è riconducibile infatti l’opera più ambiziosa dell’intera carriera del letterato italiano: vi vennero assemblati, con l’idea di darli poi alle stampe, proprio i volumi oggi negli Stati Uniti. La provenienza è provata tanto dall’indicazione, nei frontespizi, di Copenaghen come luogo di composizione, quanto dalle annotazioni autografe apportate da Castelvetro, a conclusione dei testi, a ricordare quando e dove fossero stati trascritti; oltre a Copenaghen vi si citano altre due località, Birkholm e Tølløse, entrambe sull’isola danese di Sjællad, ed entrambe amministrate da membri dell’influente famiglia Barnekow. E’ a Giuseppe Migliorato che va il merito di aver identificato per primo in Christian Barnekow il “Christiano Bernicò” della lista oggi alla Newberry Library. Christian Barnekow, nobile danese dalla straordinaria cultura (acquisita in uno studierejse durato ben diciassette anni), a partire dal 1591 fu al servizio personale di Cristiano IV di Danimarca. Barnekow e Castelvetro si dovettero incontrare a Edimburgo, dove il primo era giunto quale ambasciatore del monarca danese e dove il secondo si trovava già dal 1592, come maestro di italiano di Giacomo Stuart e di Anna di Danimarca, sorella di Cristiano IV. Sebbene non si possa escludere un ruolo di Anna nell’introdurli, è più probabile che sia stata la comune amicizia con Johann Jacob Grynaeus a propiziarne la conoscenza. Il dotto svizzero aveva infatti dato ospitalità a Barnekow, quando questi era studente presso l’università di Basilea, ne era divenuto amico e aveva mantenuto i rapporti nel momento in cui il giovane aveva lasciato la città elvetica. Grynaeus era però anche il cognato di Castelvetro il quale aveva sposato Isotta de’ Canonici, vedova di Thomas Liebler, e sorella di Lavinia, moglie di Grynaeus sin dal 1569. Isotta era morta però nel marzo del 1594, in Scozia, ed è facile immaginare come Barnekow abbia desiderato esprimere le proprie condoglianze al marito, cognato di un suo caro amico, e vedovo di una persona che doveva aver conosciuto bene quando aveva alloggiato presso la casa della sorella. Castelvetro, inoltre, potrebbe essere risultato noto a Barnekow anche a causa di due edizioni di opere del primo marito della moglie curate postume dal letterato italiano, tra il 1589 e il 1590. Thomas Liebler, più famoso con il nome latinizzato di Erasto, era stato infatti uno dei più acerrimi oppositori di Pietro Severino, il celebre paracelsiano danese; Giacomo Castelvetro non doveva essere quindi completamente ignoto nei circoli dotti della Danimarca. La vasta cultura di Christian Barnekow ci è nota attraverso l’apprezzamento di diversi suoi contemporanei, quali Grynaeus, Jon Venusinus e, soprattutto, Hans Poulsen Resen, futuro vescovo di Sjælland e amico personale di Barnekow a cui dobbiamo molte delle informazioni in nostro possesso circa la vita del nobile danese, grazie all’orazione funebre che questi tenne nel 1612 e che venne data alle stampe l’anno successivo, a Copenaghen. Qui, ricordandone lo studierejse, il vescovo raccontò come Barnekow fosse ritornato in Danimarca “pieno di conoscenza e di storie” oltre che di “relazioni e discorsi” in diverse lingue. Con questi due termini l’ecclesiastico danese alludeva, con tutta probabilità, a quei documenti diplomatici, relazioni e discorsi di ambasciatori, per l’appunto, che rientravano tra le letture preferite degli studenti universitari padovani. La lista compilata da Castelvetro, dove figurano lettere e istrutioni ma, soprattutto, relationi e discorsi, era un catalogo di quella collezione di manoscritti, portata dall’Italia, a cui fece riferimento l’ecclesiastico danese commemorando Christian Barnekow. Tutti coloro i quali si sono occupati dei volumi oggi negli Stati Uniti si sono trovati concordi nel ritenerli pronti per la pubblicazione: oltre alle abbondanti correzioni (tra cui numerose alle spaziature e ai rientri) i volumi presentano infatti frontespizi provvisori, ma completi (con data di stampa, luogo, impaginazione dei titoli – a loro volta occasionalmente corretti – motto etc.), indici del contenuto e titolature laterali per agevolare lettura e consultazione. Anche Jakob Ulfeldt, amico e compagno di viaggi e di studi di Barnekow, riportò a casa una collezione di documenti (GKS 500–505 fol.) per molti aspetti analoga a quella di Barnekow e che si dimostra di grande importanza per comprendere peculiarità e specificità di quella di quest’ultimo. I testi di Ulfeldt risultano assemblati senza alcuna coerenza, si rivelano ricchi di errori di trascrizione e di grammatica, e non offrono alcuna divisione interna, rendendone l’impiego particolarmente arduo. Le annotazioni di un copista italiano suggeriscono inoltre come, già a Padova, potesse essere stato difficoltoso sapere con certezza quali documenti fossero effettivamente presenti nella collezione e quali si fossero smarriti (prestati, perduti, pagati ma mai ricevuti…). La raccolta di Barnekow, che aveva le stesse fonti semi-clandestine di quella dell’amico, doveva trovarsi in condizioni per molti versi simili e solo la mano di un esperto avrebbe potuto portarvi ordine. Giacomo Castelvetro – nipote di Ludovico Castelvetro, uno dei filologi più celebri della propria generazione, e un filologo egli stesso, fluente in italiano, latino e francese, oltre che collaboratore di lunga data di John Wolfe, editore londinese specializzato nella pubblicazione di opere italiane – possedeva esattamente quelle competenze di cui Barnekow aveva bisogno e ben si intuisce come mai quest’ultimo lo convinse a seguirlo in Danimarca. I compiti di Castelvetro presso Barnekow furono quelli di passarne in rassegna la collezione, accertarsi dell’effettivo contenuto, leggerne i testi, raggrupparli per tematica e area geografica, sceglierne i più significativi, emendarli, e prepararne quindi un’edizione. Sapendo che Castelvetro poté occuparsi della prima parte del compito nei, frenetici, mesi danesi, diviene pure comprensibile come mai egli portò con sé i volumi oggi negli Stati Uniti quando si diresse in Svezia: mancava ancora la parte forse più delicata del lavoro, un’ultima revisione dei testi prima che questi fossero passati a un tipografo perché li desse alle stampe. La ragione principale che sottostò all’idea di pubblicare un’edizione di “scritture politiche” italiane in Danimarca fu la presenza, in tutta l’Europa centro settentrionale del tempo, di una vera e propria moda italiana che i contatti tra corti, oltre che i viaggi d’istruzione della nobiltà, dovettero diffondere anche in Danimarca. Nel tardo Cinquecento gli autori italiani cominciarono ad essere sempre più abituali nelle biblioteche private danesi e la conoscenza dell’italiano, sebbene non completamente assente anche in altri settori della popolazione, divenne una parte fondamentale dell’educazione della futura classe dirigente del paese nordico, come prova l’istituzione di una cattedra di italiano presso l’appena fondata Accademia di Sorø, nel 1623. Anche in Danimarca, inoltre, si tentò di attrarre esperti e artisti italiani; tra questi, l’architetto Domenico Badiaz, Giovannimaria Borcht, che fu segretario personale di Frederik Leye, borgomastro di Helsingør, il maestro di scherma Salvator Fabris, l’organista Vincenzo Bertolusi, il violinista Giovanni Giacomo Merlis o, ancora, lo scultore Pietro Crevelli. A differenza dell’Inghilterra non si ebbero in Danimarca edizioni critiche di testi italiani; videro però la luce alcune traduzioni, anche se spesso dal tedesco, di autori italiani, quali Boccaccio e Petrarca, e, soprattutto, si arrivò a pubblicare anche in italiano, come dimostrano i due volumi di madrigali del Giardino Novo e il trattato De lo schermo overo scienza d’arme di Salvator Fabris, usciti tutti a Copenaghen tra il 1605 e il 1606. Un’ulteriore ragione che motivò la scelta di stampare una raccolta come quella curata da Castelvetro è da ricercarsi poi nello straordinario successo che la letteratura di “maneggio di stato” (relazioni diplomatiche, compendi di storia, analisi dell’erario) godette all’epoca, anche, se non specialmente, presso i giovani aristocratici centro e nord europei che studiavano in Italia. Non a caso, presso Det Kongelige Bibliotek, si trovano diverse collezioni di questo genere di testi (GKS 511–512 fol.; GKS 525 fol.; GKS 500–505 fol.; GKS 2164–2167 4º; GKS 523 fol.; GKS 598 fol.; GKS 507–510 fol.; Thott 576 fol.; Kall 333 4º e NKS 244 fol.). Tali scritti, considerati come particolarmente adatti per la formazione di coloro che si fossero voluti dedicare all’attività politica in senso lato, supplivano a una mancanza propria dei curricula universitari dell’epoca: quella della totale assenza di qualsivoglia materia che si occupasse di “attualità”. Le relazioni diplomatiche risultavano infatti utilissime agli studenti, futuri servitori dello Stato, per aggiornarsi circa i più recenti avvenimenti politici e religiosi europei oltre che per ottenere informazioni attorno a paesi lontani o da poco scoperti. Sebbene sia impossibile stabilire con assoluta certezza quali e quante delle collezioni di documenti oggi conservate presso Det Kongelige Bibliotek siano state riportate in Danimarca da studenti danesi, pare legittimo immaginare che almeno una buona parte di esse lo sia stata. L’interesse doveva essere alto e un’edizione avrebbe avuto mercato, con tutta probabilità, anche fuori dalla Danimarca: una pubblicazione curata filologicamente avrebbe offerto infatti testi di gran lunga superiori a quelli normalmente acquistati da giovani dalle possibilità economiche limitate e spesso sprovvisti di una padronanza adeguata delle lingue romanze. Non a caso, nei medesimi anni, si ebbero edizioni per molti versi equivalenti a quella pensata da Barnekow e da Castelvetro. Nel 1589, a Colonia, venne pubblicato il Tesoro politico, una scelta di materiale diplomatico italiano (ristampato anche nel 1592 e nel 1598), mentre tra il 1610 e il 1612, un altro testo di questo genere, la Praxis prudentiae politicae, vide la luce a Francoforte. La raccolta manoscritta di Barnekow ebbe però anche caratteristiche a sé stanti rispetto a quelle degli altri giovani danesi a lui contemporanei. Barnekow, anzitutto, continuò ad arricchire la propria collezione anche dopo il rientro in patria come dimostra, per esempio, una relazione d’area fiamminga datata 1594. La biblioteca manoscritta di Barnekow si distingue inoltre per l’ampiezza. Se conosciamo per Ulfeldt trentadue testi che questi portò con sé dall’Italia (uno dei suoi volumi è comunque andato perduto) la lista di “scritture politiche” di Barnekow ne conta ben duecentoottantaquattro. Un’altra peculiarità è quella di essere composta inoltre di testi sciolti, cioè a dirsi non ancora copiati o rilegati in volume. Presso Det Kongelige Bibliotek è possibile ritrovare infatti diversi degli scritti registrati nella lista stilata da Castelvetro: dodici riconducibili con sicurezza e sette per cui la provenienza parrebbe per lo meno probabile. A lungo il problema di chi sia stato Michele – una persona vicina a Barnekow a cui Castelvetro afferma di aver pagato parte degli originali dei manoscritti oggi in America – è parso, di fatto, irrisolvibile. Come ipotesi di lavoro, e basandosi sulle annotazioni apposte ai colophon, si è proposto che Michele potesse essere il proprietario di quei, pochi, testi che compaiono nei volumi oggi a Chicago e New York ma che non possono essere ricondotti all’elenco redatto da Castelvetro. Michele sarebbe stato quindi un privato, legato a Barnekow e a lui prossimo, da lui magari addirittura protetto, ma del quale non era al servizio, e che doveva avere presso di sé una biblioteca di cui Castelvetro provò ad avere visione al fine di integrare le scritture del nobile danese in vista della sua progettata edizione. Il fatto che nel 1596 Michele fosse in Italia spiegherebbe poi come potesse avere accesso a questo genere di opere. Che le possedesse per proprio diletto oppure che, magari, le commerciasse addirittura, non è invece dato dire. L’analisi del materiale oggi negli Stati Uniti si rivela ricca di spunti. Per quanto riguarda Castelvetro pare delinearsi, sempre di più, un ruolo di primo piano nella diffusione della cultura italiana nell’Europa del secondo Cinquecento, mentre Barnekow emerge come una figura veramente centrale nella vita intellettuale della Danimarca a cavallo tra Cinque e Seicento. Sempre Barnekow si dimostra poi di grandissima utilità per iniziare a studiare un tema che sino ad oggi ha ricevuto, probabilmente, troppa poca attenzione: quello dell’importazione in Danimarca di modelli culturali italiani grazie all’azione di quei giovani aristocratici che si erano formati presso le università della penisola. A tale proposito l’influenza esercitata dalla letteratura italiana di “maneggio di stato” sul pensiero politico danese tra sedicesimo e diciassettesimo secolo è tra gli aspetti che meriterebbero studi più approfonditi. Tra i risultati meno esaurienti si collocano invece quelli legati all’indagine e alla ricostruzione della biblioteca di Barnekow e, in particolare, di quanto ne sia sopravvissuto. Solo un esame sistematico, non solo dei fondi manoscritti di Det Kongelige Bibliotek, ma, più in generale, di tutte le altre biblioteche e collezioni scandinave, potrebbe dare in futuro esiti soddisfacenti.
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