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Dissertations / Theses on the topic 'Storia delle grammatiche italiane'

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Marra, Emiliano. "Storia e contro-storia.Ucronie italiane: un panorama critico." Doctoral thesis, Università degli studi di Trieste, 2015. http://hdl.handle.net/10077/11001.

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Abstract:
2013/2014<br>Lo scopo della ricerca è tracciare un panorama approfondito delle narrazioni ucroniche pure prodotte in ambito italiano. Si intende per ucronia pura un testo letterario – lungo o breve – incentrato su un’ipotesi retrospettiva che proponga uno svolgimento alternativo a un fatto storico consolidato: l’aggettivo pura vuole specificare le narrazione di storia alternativa la cui divergenza non sia dovuta a dispositivi finzionali altri, quali il viaggio nel tempo e gli universi paralleli. Di conseguenza, l’elaborato si focalizzerà solo sui testi allostorici ambientati in un universo ucronico indipendente e autosufficiente: tenendo ben presente questo limite, saranno delineati alcuni confronti sia con i testi ucronici “spuri”, sia con la produzione storiografica controfattuale. Se lo stato degli studi sull’ucronia è piuttosto frammentario ed è stato affrontato dal dibattito accademico solo negli ultimi trent’anni1, questo atteggiamento narrativo è invece piuttosto antico e ha subito diverse trasformazioni nel corso della sua storia: la speculazione controfattuale, infatti, dopo essere nata agli albori della storiografia, all’interno delle opere di Erodoto e Livio, è restata una possibilità assolutamente minoritaria all’interno della letteratura occidentale, se non altro fino allo sviluppo delle narrazioni utopiche in epoca moderna. Dopo una fase che è stata definita da molti come “protoucronica” e che ha attraversato tutto il XIX secolo, con la nascita della moderna fantascienza l’ucronia ne diventa un sottogenere, perlomeno fino alla fine della Guerra Fredda, dopo cui ha guadagnato nuovamente una certa autonomia. La prima parte della ricerca è focalizzata nell’indagine delle opere protoucroniche prodotte in ambito italiano e chiude con l’analisi del primo romanzo propriamente ucronico scritto in lingua italiana, ossia Benito I imperatore di Marco Ramperti. Partendo dai testi critici degli anni Ottanta2, ho inizialmente analizzato nel suo contesto la prima ipotesi controfattuale esplicita della storia, ovvero quella inserita da Lorenzo Pignotti nella sua Storia della Toscana sino al principato. Mi sono poi concentrato su un gruppo di opere a cavallo fra XIX e XX secolo le cui caratteristiche potevano risultare di un certo interesse nel tentativo di tracciare alcuni precursori della narrativa fantastorica italiana e il rapporto che spesso intrattiene con un immaginario reazionario. Inoltre, ho inserito un paragrafo che esamina la ricezione dell’opera di Renouvier in Italia e la squalifica di Croce nei confronti delle ipotesi controfattuali nella storiografia: il punto di contatto è il filosofo di Adriano Tilgher, allievo di Croce che aderirà al fascismo e con cui polemizzerà proprio sull’antistoricismo di Renouvier. Tilgher, infatti, sarà il primo autore italiano a utilizzare esplicitamente il calco ucronia, traslato dal francese uchronie, e l’interesse di Evola nei confronti della sua filosofia rappresenterà un importante punto di contatto fra il problema delle ipotesi controfattuali nella storiografia e nella narrativa e l’interesse proficuo fra la destra italiana radicale e spiritualista e l’ucronia Questa sezione dell’elaborato termina perciò con l’analisi del primo romanzo ucronico italiano, ovvero Benito I Imperatore di Marco Ramperti, la cui stesura e pubblicazione si colloca all’interno del contesto storico del primo attivismo neofascista italiano e dello scontro fra i vertici del MSI e i giovani reduci di Salò vicini al Ragguppamento Giovanili (con i quali si schiera Ramperti, nonostante la differenza di età). L’edizione del romanzo sarà infatti di poco precedente al processo contro i FAR (e Julius Evola) che determinerà un’importante battuta di arresto in questo primo movimentismo neofascista. Nella seconda parte dell’elaborato si propone l’esame del periodo che va dalla pubblicazione di Benito I all’edizione dell’antologia di racconti ucronici Fantafascismo! curata da Gianfranco de Turris. La prima sezione analizza tre singolari romanzi ucronici totalmente slegati sia dagli ambiti della destra radicale che da quelli della nicchia fantascientifica, ma anche dotati di una notevole indipendenza dai modelli stranieri. Si tratta di Asse pigliatutto di Lucio Ceva, Aprire il fuoco di Luciano Bianciardi e la principale opera ucronica italiana, ovvero Contro-passato prossimo di Guido Morselli. Dopo un paragrafo introduttivo in cui si illustrano i motivi per cui si potrebbero indicarli come testi canonici di una linea indipendente e prettamente italiana di narrativa ucronica, la trattazione prosegue con l’analisi di Aprire il fuoco, romanzo che non presenta le caratteristiche dell’ucronia pura, ma che risulta una tappa fondamentale nella cronologia della fantastoria italiana, soprattutto per la sua grande originalità. Successivamente, si cerca di mettere in comparazione Contro-passato prossimo con l’ucronia più rappresentativa in ambito anglosassone, ovvero The Man in the High Castle di Phili K. Dick, in modo da far emergere, attraverso il raffronto fra queste due opere esemplari, alcune caratteristiche comuni alle ucronie mature. La seconda sezione di questa parte, invece, ricostruisce sinteticamente la storia del dibattito su fantascienza e fascismo all’interno delle riveste di settore italiane e il ruolo di questa querelle nella compilazione dell’antologia di racconti ucronici ad ambientazione fascista, uscita con la curatela di Gianfranco de Turris per i tipi di Settimo Sigillo nel 1999. In questa raccolta, infatti si trova il racconto da cui scaturirà la saga ucronica italiana di maggior successo, ovvero quella di Occidente di Mario Farneti, la cui pubblicazione fomenterà nuovamente la polemica sulla letteratura fantastica neofascista, anche grazie a un articolo di Valerio Evangelisti su Monde Diplomatique. Dopo l’analisi della saga di Occidente, la seconda parte chiude con una rassegna delle altre pubblicazioni ucroniche italiane degli anni Novanta. La terza parte esamina la situazione della narrativa ucronica italiana negli anni Duemila e offre una breve rassegna delle tendenze attuali. In essa sono affrontate le varie forme di ucronia fantafascista slegate dall’ambiente della destra radicale (o in aperta polemica con esso), come i due romanzi di Giampietro Stocco ambientati in un’Italia in cui il regime è sopravvissuto fino agli anni Sessanta e l’Epopea fantastorica italiana di Enrico Brizzi, ovvero la saga che rappresenta forse l’esito più interessante, da un punto di vista letterario, della narrativa ucronica italiana dopo Contro-passato prossimo. Nella saga allostorica di Brizzi, infatti, il fascismo vittorioso viene rappresentato non tanto nella sua brutalità – come nei romanzi di Stocco – quanto in relazione con i suoi aspetti grotteschi. Inoltre, per certi versi, il primo romanzo del ciclo, L’inattesa piega degli eventi, oltre a rappresentare un raro caso di narrativa sportiva italiana, cerca di innestarsi nell’esile tracciato delle opere storiche e letterarie italiane che cercano di rileggere in un’ottica post-coloniale il passato imperialista del nostro paese. Oltre a questi due cicli, sono analizzate le altre antologie ucroniche curate da de Turris e da altri e pubblicate sulla scia del successo di Occidente. La conclusione di questa parte e dell’intera ricerca si concentra sugli ultimi anni, segnati dall’esaurimento del filone fantafascista (allineato o meno agli ambienti della destra sociale) e dalla comparsa dei primi esempi di steampunk italiano, una sorta di sottogenere fantastorico del fantasy, privo delle ambizioni della letteratura ucronica, di cui sembra semmai una versione depotenziata. In chiusura della ricerca è stata inserita un’appendice in cui sono schematizzate tutte le narrazioni ucroniche pure considerate, con i loro punti di divergenza e alcune proposte personali di catalogazione tassonomica dei testi.<br>XXVII Ciclo<br>1981
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Carniato, Martina <1987&gt. "La storia della Ragioneria italiana: le diverse Scuole italiane." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/2976.

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Abstract:
Con il presente lavoro di ricerca si intende analizzare l’evoluzione della Ragioneria in Italia. L’analisi sarà impostata a livello geografico, verranno analizzate le diverse Scuole Italiane, studiate attraverso i contributi dei più importanti Maestri italiani di Ragioneria. Si analizzeranno i concetti cardine della materia in esame allo scopo di individuare le innovazioni attribuibili a ciascuna Scuola di Ragioneria.
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Vianello, Valentina <1990&gt. "Storia dell'evoluzione dei fabbricati viaggiatori delle stazioni ferroviarie italiane." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/16248.

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Abstract:
Si analizza l’evoluzione dei fabbricati viaggiatori delle stazioni italiane a partire dalla nascita della prima ferrovia italiana. Nel primo capitolo si analizza la costruzione di questa nuova tipologia architettonica, ovvero la scelta del tipo edilizio da utilizzare e l’organizzazione dei locali. Si affronta anche il rapporto tra città e stazione, e la sua localizzazione nel contesto urbano. Nel secondo capitolo si parla della differenza tra stazioni preunitarie e postunitarie: con l’aumentare dell’utenza ferroviaria si studiano modi per affrontare le nuove richieste, serve riorganizzare gli spazi e offrire nuovi servizi. Le stazioni iniziano ad interagire con la città, per questo è necessario sistemare il comparto urbano della stazione. Nel terzo capitolo si studiano i fabbricati viaggiatori della prima metà del Novecento: il viaggio in treno diventa la quotidianità e servono maggiori servizi e comfort. Le stazioni diventano dei poli attrattivi, utilizzati anche da chi non viaggia. Durante il regime fascista, le stazioni acquistano una nuova immagine, semplice e funzionale, filtro tra percorsi urbani e ferroviari, quasi una grande strada coperta. Nel quarto capitolo si analizzano i cambiamenti dalla fine del Novecento ad oggi. Le stazioni si trasformano in mall, dei microcosmi all’interno della città. Chi viaggia può usufruire di una serie di intrattenimenti, ma anche il cittadino viene attirato da questo nuovo polo attrattivo.
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Tessitore, Alessia <1987&gt. "La Memoria della Shoah: studio sulle testimonianze italiane." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2012. http://hdl.handle.net/10579/1644.

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Raimondi, Ilaria <1995&gt. "Il ruolo dell'ICE nell'internazionalizzazione delle imprese italiane: il settore agroalimentare." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/16958.

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Abstract:
Questa tesi illustrerà l’apertura al commercio estero delle imprese italiane a partire dal secondo dopoguerra fino ai giorni nostri. Si focalizzerà sulla globalizzazione economica e sul processo di internazionalizzazione delle imprese, ma in particolare approfondirà la storia, il ruolo e il sostegno all’internazionalizzazione delle imprese svolto dall’ICE, (Istituto nazionale per il commercio estero oggi denominato come Agenzia per la promozione all’estero e l’internazionalizzazione delle imprese italiane) soprattutto per quanto riguarda il settore agroalimentare. All’indomani del secondo conflitto mondiale, l’economia dei paesi europei si trovava in una situazione di difficoltà finanziaria ed era perciò necessario ristabilire un nuovo ordine economico internazionale. In questo periodo di riapertura al commercio internazionale per l’Italia, si consolidò l’attività dell’ICE, che fin da subito iniziò ad occuparsi di promuovere le esportazioni e sostenere l’Italia ad eventi e fiere internazionali, presentando i prodotti italiani agli acquirenti stranieri e analizzando le caratteristiche proprie dei mercati dei paesi con cui l’Italia esportava. Commerciare con l’estero diventa fondamentale per la sopravvivenza delle imprese e pertanto, risulta essere molto importante condurre un processo di internazionalizzazione guidato, coerente e preciso nell’analizzare tutti i possibili rischi legati all’apertura al mercato estero avendo così la possibilità di elaborare delle strategie.
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Testa, Camilla <1993&gt. "Percorso storico della didattica artistica: esperienze didattiche italiane a confronto." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/14876.

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Abstract:
Il primo capitolo affronta il tema dell'educazione nel corso della storia secondo il punto di vista di diversi studiosi. il secondo capitolo si concentra su alcune esperienze didattiche italiane, mentre nel terzo capitolo esporrò la mia personale esperienza nei lavoratori didattici a ca'rte lab di Ca' Foscari.
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7

Faccin, Cristina <1994&gt. "Made with Italy in Russia, nuove opportunità per le imprese italiane." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/14944.

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Abstract:
In considerazione dell'importanza assunta dal tema delle catene globali del valore nell'economia attuale, attraverso il mio elaborato finale mi propongo di analizzare il marcato russo per fornire alle imprese italiane uno strumento utile che possa aiutarle a considerare le opportunità produttive offerte da tale paese. Il primo capitolo si concentra sul macro tema dell'internazionalizzazione; il secondo capitolo analizza nello specifico le condizioni macroeconomiche della Federazione russa, le peculiarità e l'accessibilità del mercato russo; infine nel terzo capito mi propongo di analizzare il settore agroalimentare e lattiero-caseario, per presentare sia le opportunità offerte in questo ambito dalla nuova politica di diversificazione economica attuata dal governo russo, sia i limiti dell'economia russa che potrebbero influenzare negativamente le scelte di mercato.
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Consolo, Salvatore. "Lo specchio infedele : teoria e storia di adattamenti cinematografici da opere letterarie italiane." Thesis, University of Birmingham, 2005. http://ethos.bl.uk/OrderDetails.do?uin=uk.bl.ethos.435399.

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9

MIGLIUCCI, DEBORA. "LE FAMIGLIE ITALIANE E LA COSTITUZIONE REPUBBLICANA. STORIA CONTROVERSA DI UNA ¿SOCIETÀ NATURALE¿." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano, 2014. http://hdl.handle.net/2434/230553.

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Abstract:
The research focuses on the evolution of the family in constitutional law. The basic thesis of this research is based on the belief that the legal debate about equality between men and women, and the most recent one, on same-sex unions has several connection points, often referred in the text, and adherence to a single paradigm that can be defined as "masculine" and "heterosexual". The methodology used in this research thesis intends to take up the challenge of interdisciplinarity predominant feature of Gender Studies.
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Pausillo, Giorgia <1991&gt. "Un nuovo catalogo dei manoscritti alchemici greci delle biblioteche italiane." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2022. http://amsdottorato.unibo.it/10285/1/Pausillo_Giorgia_tesi.pdf.

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Abstract:
Il presente lavoro di ricerca propone una revisione del corpus greco dei manoscritti alchemici conservati presso le biblioteche italiane attraverso la realizzazione di un nuovo catalogo, aggiornato ed elaborato secondo le recenti norme di catalogazione. Tale progetto risponde alla necessità di un completo riesame dell’attuale catalogo dei codici alchemici italiani curato da Carlo Oreste Zuretti e pubblicato a Bruxelles nel 1927 (Catalogue des manuscrits alchimiques grecs, II). L’inadeguatezza e insufficienza di tale sussidio emerge soprattutto nella descrizione dei singoli esemplari, specie per quanto riguarda gli aspetti codicologici e paleografici. Il nuovo accurato studio che ha coinvolto ciascun manoscritto mira alla realizzazione di un esaustivo strumento di lavoro in grado di coniugare gli aspetti materiali, scrittori, testuali e storico-culturali degli esemplari esaminati. Le nuove acquisizioni emerse dallo studio dei codici consentono di delineare meglio la storia della circolazione dei testi alchemici greci e dei loro lettori.<br>This work proposes a revision of the Greek corpus of alchemical manuscripts preserved in Italian libraries through the creation of a new and updated catalogue, compiled according to recent cataloging standards. This project responds to the need for a complete revision of the current catalogue of Italian alchemical manuscripts edited by Carlo Oreste Zuretti and published in Brussels in 1927 (Catalogue des manuscrits alchimiques grecs, II). The insufficiency of that work emerges in the description of individual items, especially with regard to codicological and paleographic aspects. The new careful study involving each manuscript aims at the realization of a comprehensive working tool capable of combining the material, scriptural, textual and historical-cultural aspects of each codex.
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Odorico, Silvia <1982&gt. "Stile sul palcoscenico: percorso iconografico delle grandi attrici italiane della seconda metà dell'Ottocento." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2013. http://hdl.handle.net/10579/3147.

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Di, Ciommo Laurora Costanza <1984&gt. "L'asilo politico nelle relazioni franco-italiane : i signori nessuno e l'impossibile status dell'opposizione italiana all'estero (1920-1986)." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4671.

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Abstract:
La tesi analizza il modo in cui gli Stati italiano e francese si sono rapportati alla gestione e al controllo dell'opposizione italiana in Francia. L'arco cronologico prescelto va dal 1920 al 1986. In questi anni due ondate migratorie di matrice politica furono oggetto dell'attenzione degli Stati: l'emigrazione antifascista e quella di diversi ex-militanti della sinistra rivoluzionaria degli anni Settanta. La tesi analizza secondo una prospettiva di lungo periodo il modo in cui gli apparati istituzionali francesi e italiani si rapportarono al fenomeno, portando particolare attenzione alla questione dello status giuridico che venne attribuito agli oppositori all'estero. Nel periodo esaminato la Francia e l’Italia si trovarono ad agire in un particolare contesto diplomatico, contrassegnato dal moltiplicarsi dei legami di tipo non solo bilaterale, ma anche multilaterale: questi legami furono progressivamente sempre più determinanti nell'influire sul rapporto fra gli Stati e il fenomeno migratorio di matrice politica. L'analisi effettuata è funzionale a mettere in rilievo continuità e fratture di questo rapporto.
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Napoli, Mariastefania Rita. "Momenti di grammaticografia siciliana ottocentesca: Le Prenozioni di Grammatica Generale applicata alla lingua Italiana di V. Tedeschi Paternò Castello." Doctoral thesis, Università di Catania, 2013. http://hdl.handle.net/10761/1420.

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Abstract:
La prima parte della tesi è volta a offrire una panoramica della storia della linguistica del 600 700 che fornisce un quadro sulle riflessioni linguistiche che precedono la pubblicazione nel 1846 delle Prenozioni di Grammatica Generale applicata alla Lingua Italiana, di Vincenzo Tedeschi Paternò-Castello [1786-1858]. La seconda parte della tesi si propone di analizzare invece le Prenozioni di Grammatica Generale dell'autore. Si tratta di una grammatica generale cioè universalista, che prende le distanze da ogni ipotesi di creazione divina del linguaggio umano. Essa presenta le tradizionali finalità normative delle grammatiche. Il linguaggio-oggetto d'analisi è infatti costituito prevalentemente dalla lingua italiana degli autori classici: Dante, Petrarca, Boccaccio. Di impostazione filosofica la grammatica presenta un apparato terminologico distante dall'attuale metalinguaggio grammaticale. Nella identificazione delle categorie morfologiche e sintattiche rilevante è il ricorso a criteri prevalentemente di ordine logico-semantico o anche di semplice enumerazione, rispetto a quelli formali e distribuzionali. La tesi pone, altresì, le Prenozioni di Grammatica del Tedeschi a confronto con altre grammatiche filosofiche coeve o non all'Autore, evidenziandone punti di contatto e differenze.
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Siracusa, Giulia <1996&gt. "Performance e identità queer. Tre artist* italiane a confronto: Silvia Calderoni, Giorgia Ohanesian Nardin e Silvia Gribaudi." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/21762.

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Abstract:
Silvia Calderoni, Giorgia Ohanesian Nardin e Silvia Gribaudi sono tre artist* e performer italian* note a livello internazionale e attiv* che, con le loro performance, affrontano questioni identitarie e in particolare di genere. Quest* artist* portano in scena le loro soggettività intrecciando autobiografia e rappresentazione a partire dalle riflessioni messe in campo dalle teorie di genere e dagli studi femministi. I loro lavori trattano questioni cruciali per le società contemporanee e che sono divenuti centrali anche nel dibattito politico italiano. La tesi presenta e contestualizza le loro poetiche e analizza alcuni dei lavori che hanno presentato in festival e teatri per illuminare come la performance contribuisca a porre domande e a proporre visioni da dibattere ben oltre la sua esistenza sulla scena.
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Fu, Yaliang <1994&gt. "L’analisi delle relazioni sino-italiane dalla prospettiva degli scambi culturali: una storia di mercanti, missionari religiosi e letterati." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2018. http://hdl.handle.net/10579/13972.

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Abstract:
La storia della Cina è in genere interpretata come un rapporto dialettico con le popolazioni straniere . La presente tesi cercherà di analizzare le relazioni sino-italiane basandoci su tale interpretazione; Al di là dei mercanti, i missionari italiani svolsero un ruolo fondamentale di mediazione culturale nei rapporti sino-italiani prima del XX secolo. Alla luce dell’analisi dell’ultimo capitolo, l'autore cercherà ad analizzare la stretta relazione triangolare mutua-promozionale sino-italiana in ambito di scambio culturale, didattica della lingua italiana in Cina, e traduzione di opere italiane e scritti missionari in cinese e in latino
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Piperno, Chiara <1995&gt. "Il ruolo delle Camere di commercio italiane nell’Internazionalizzazione 4.0: Il caso della Camera di commercio italiana a Sydney." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/18263.

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Abstract:
The object of this thesis is to demonstrate how the Italians Chambers of commerce, industry, crafts, and agriculture have an impact on the internationalization process. The focus will be based on my experience as an internee at the Italian Chamber of Commerce and Industry in Australia Inc. (ICCI), established in Sydney in 1922. The Australian continent is one of the most sought-after destinations for Italian migrants, and therefore it made me realize how important the role of ICCI is in helping both Italian and Australian entrepreneurs in building enduring business relationships and establishing trade agreements within “the land Down Under”. The advantage of the ICCI is that they work simultaneously on the market and for the market. They are composed organically of Italian entrepreneurs rooted in the social and cultural fabric abroad and provide support services and entrenchment of Italian business presence abroad. The principle of bilaterality is the cornerstone of each chamber activity; the commercial missions of about 70,000 companies are managed by the ICCI network, the Italian small and medium-sized enterprises are the main subjects to which the Chamber support activities are addressed. The ICCI establish through a business matching path durable and stable commercial or production agreements between Italian companies and third countries; their knowledge of the regulations governing trade and production in third countries (customs barriers, health-related technical regulations); and finally the local language of business combined with the multicultural context in which a company decides to invest, represent the strengths of the Chamber services. In the current global economic context, the osmotic link between the local market and the global market is of vital importance; ICC are identified as effective tools to support internationalized companies, as facilitators of trade relations, highly specialized "glocalmente" (globally and locally) in economic, cultural and regulatory matters. Despite the pandemic emergency, from 79 ICCI in 56 Countries, two new entities have entered the Assocamerestero network. Italian Chambers of Commerce abroad as private associations are simultaneously and intrinsically linked both to the "Country System" Italy and to the local context in which they physically reside; this dual contextualization combined with the wide range of services of chambers with bi-address national/bilateral. The promotional initiatives of the Made in Italy of the ICCI are directed towards promoting awareness, trust, and interaction throughout activities within multicultural social realities and an increased virtual interconnection. The current international epidemic emergency forced ICCI to adapt and modify its working approach to support local businesses in defeating COVID-19 with resilient and innovative initiatives. In Australia, COVID-19 has had a devastating impact on the small company especially those in the hospitality and retail sectors. Public authorities took decisive action to respond to the emerging health threat, leading the business community to reconsider the adequacy of their preparedness measures. The purpose of this thesis is to explain the evolution of the role of the Italian Chambers of Commerce abroad within the internationalization 4.0 and those that may be possible scenarios of an imminent "hyper virtual" future within an economic context in crisis. With the help of reports and surveys conducted by Doxa in collaboration with Assocamerestero 2016-2017, the Italy Report 2019-2020 published by Eurispes, the questionnaire carried out by ICCI in Sydney focusing on the effects of COVID-19 on Italian companies in Australia; together with what has been my personal and working experience at the Italian Chamber of Commerce and Industry in Sydney, the research work carried out aims to depict and analyze the development and mechanism of operation of what represents 1/3 of the Italian GDP: export.
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Piccolo, Sofia <1995&gt. "Il digitale nelle biblioteche pubbliche italiane per coinvolgere e valorizzare. Mirano: un forziere di storia da scoprire." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/18833.

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Abstract:
L’introduzione del digitale, ha inesorabilmente portato a dei forti cambiamenti all’interno di strutture che nacquero molti secoli fa come luoghi di conservazione e diffusione della cultura. In molti hanno abbracciato con forte entusiasmo l’evoluzione che ha portato con sé e l’hanno colta come un’occasione per aprire a tutti questi scrigni. Un’opportunità per svilupparli, renderli meno inviolabili e diffondere in maniera più agevole e veloce i contenuti custoditi al loro interno, oltre a coinvolgere maggiormente l’utenza e, in generale, alla creazione di nuova cultura. Un esempio concreto del concetto qui espresso è il progetto che si propone di organizzare presso la Biblioteca Comunale di Mirano (Venezia). Esso consiste nell’organizzazione di una mostra virtuale che coinvolga la cittadinanza per la valorizzazione di un gruppo cospicuo di diapositive della prima metà del secolo scorso, che riportano immagini della città e della zona circostante, materiali che solitamente non sono fruibili ai più. Con questa iniziativa si chiede anche di raccogliere ulteriori materiali, conservati dalle famiglie che vengono coinvolte attraverso le scuole, e incrementare il patrimonio culturale non solo della biblioteca, ma della città stessa.
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PALUMBO, ENRICO. "Ebraismo e Stato di Israele nelle riviste cattoliche italiane (1963-1978)." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2010. http://hdl.handle.net/10280/725.

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Abstract:
I percorsi che hanno portato i cattolici a ripensare il proprio rapporto con gli ebrei sono molti e investono aspetti molteplici del problema. A questo tema, approdato infine al Concilio Vaticano II con la dichiarazione Nostra Aetate (1965), si è aggiunta la questione della posizione dei cristiani di fronte alla nascita dello Stato di Israele. Le riviste cattoliche italiane (di cui si sono qui prese in esame quelle d’opinione di diverso orientamento), luogo di discussione e di formazione di un’opinione pubblica consapevole, rispettarono tale pluralismo e, grazie all’impulso conciliare, affrontarono con crescente competenza la questione dei rapporti ebraico-cristiani, diventando fucina di un confronto fecondo con l’ebraismo. La vicenda dello Stato di Israele si è certamente intrecciata con il dialogo ebraico-cristiano, ma la maggior parte delle riviste cattoliche riuscì a non confondere i due piani e a compiere valutazioni distinte. La solida difesa del dialogo ebraico-cristiano si accompagnò nelle riviste della sinistra cattolica, soprattutto dopo il 1967, a una visione sempre più critica del ruolo che Israele stava svolgendo in Medio Oriente e a un avvicinamento alle posizioni palestinesi. Nella destra cattolica, in alcuni casi lontana dallo spirito conciliare sul tema dei rapporti tra le due fedi abramitiche, furono maggiori le voci in favore dello Stato di Israele, il cui ruolo era inserito nel quadro della guerra fredda.<br>Paths bringing Catholics to reconsider their relationship with the Jewish are various and touch manyfold aspects of the issue, which finally was brought up during the Second Vatican Council in the declaration Nostra Aetate (1965). Meanwhile Christians were further confronted by the foundation of Israel. Italian Catholic reviews, in the pluralism of the Council, faced with increased competence the issue of Christian-Jewish relationship and became the place for internal debates, opinion making, but also fruitful confrontation with Hebraism; those holding different views are specifically taken into account in this work. The course of Israel as state is certainly interwoven with the Christian-Jewish dialogue, but most Catholic reviews managed to keep the discussion and their evaluations on two different levels. The support of Christian-Jewish dialogue did not prevent left-wing Catholics from a critical vision of the role played by Israel in the Middle East, particularly in 1967, when positions came close to Palestinians. On the other hand within the Catholic right-wing, sometimes far from the spirit of the Council about the two religions with same roots, voices rose in favour of Israel and its role in the frame of the cold war.
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PALUMBO, ENRICO. "Ebraismo e Stato di Israele nelle riviste cattoliche italiane (1963-1978)." Doctoral thesis, Università Cattolica del Sacro Cuore, 2010. http://hdl.handle.net/10280/725.

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Abstract:
I percorsi che hanno portato i cattolici a ripensare il proprio rapporto con gli ebrei sono molti e investono aspetti molteplici del problema. A questo tema, approdato infine al Concilio Vaticano II con la dichiarazione Nostra Aetate (1965), si è aggiunta la questione della posizione dei cristiani di fronte alla nascita dello Stato di Israele. Le riviste cattoliche italiane (di cui si sono qui prese in esame quelle d’opinione di diverso orientamento), luogo di discussione e di formazione di un’opinione pubblica consapevole, rispettarono tale pluralismo e, grazie all’impulso conciliare, affrontarono con crescente competenza la questione dei rapporti ebraico-cristiani, diventando fucina di un confronto fecondo con l’ebraismo. La vicenda dello Stato di Israele si è certamente intrecciata con il dialogo ebraico-cristiano, ma la maggior parte delle riviste cattoliche riuscì a non confondere i due piani e a compiere valutazioni distinte. La solida difesa del dialogo ebraico-cristiano si accompagnò nelle riviste della sinistra cattolica, soprattutto dopo il 1967, a una visione sempre più critica del ruolo che Israele stava svolgendo in Medio Oriente e a un avvicinamento alle posizioni palestinesi. Nella destra cattolica, in alcuni casi lontana dallo spirito conciliare sul tema dei rapporti tra le due fedi abramitiche, furono maggiori le voci in favore dello Stato di Israele, il cui ruolo era inserito nel quadro della guerra fredda.<br>Paths bringing Catholics to reconsider their relationship with the Jewish are various and touch manyfold aspects of the issue, which finally was brought up during the Second Vatican Council in the declaration Nostra Aetate (1965). Meanwhile Christians were further confronted by the foundation of Israel. Italian Catholic reviews, in the pluralism of the Council, faced with increased competence the issue of Christian-Jewish relationship and became the place for internal debates, opinion making, but also fruitful confrontation with Hebraism; those holding different views are specifically taken into account in this work. The course of Israel as state is certainly interwoven with the Christian-Jewish dialogue, but most Catholic reviews managed to keep the discussion and their evaluations on two different levels. The support of Christian-Jewish dialogue did not prevent left-wing Catholics from a critical vision of the role played by Israel in the Middle East, particularly in 1967, when positions came close to Palestinians. On the other hand within the Catholic right-wing, sometimes far from the spirit of the Council about the two religions with same roots, voices rose in favour of Israel and its role in the frame of the cold war.
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Castagnino, Alessia <1984&gt. "Per uno studio storico sulle traduzioni : le traduzioni italiane dei “classici” dell'Illuminismo scozzese (1765-1838)." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2014. http://hdl.handle.net/10579/4628.

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Abstract:
La ricerca che ho svolto si è focalizzata sul tema della ricezione dell'Illuminismo scozzese in Italia, e in particolare di quella delle histories di William Robertson, indagata attraverso il punto di osservazione delle traduzioni pubblicate nella penisola tra la seconda metà del XVIII secolo e i primi decenni del XIX. L'intenzione è stata quella di affrontare da una prospettiva essenzialmente storiografica uno studio sulle traduzioni, verificando alcune delle proposte interpretative che provengono dalla “cultural history of translation” e coniugando ad esse un esame più direttamente connesso alla storia del libro. Un'analisi di edizioni intese tanto nel contenuto, con tagli, integrazioni, correzioni o manipolazioni, quanto negli elementi paratestuali, con una particolare attenzione per la ricostruzione delle vicende editoriali e per l'approfondimento delle strategie e del ruolo di traduttori ed editori nel suggerire un testo e nel proporlo in una determinata veste al lettore italiano.
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Moro, Michele <1993&gt. "Le emigrazioni italiane e il conseguente dibattito politico e sociale sul colonialismo e sull'emigrazione dall'unificazione del Regno d'Italia agli Anni 20 del Novecento." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2020. http://hdl.handle.net/10579/17148.

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Abstract:
Questa tesi è suddivisa in tre capitoli. Il primo capitolo parte con una spiegazione di quali condizioni aveva la popolazione in Italia, analizzando la storia dell’unificazione, del post-unificazione e tutti i vari progetti politici del governo nel corso degli anni. Dopodiché si inizierà a concentrarsi sugli emigrati e sulle loro condizioni al momento della partenza ossia dal momento in cui decidevano di partire fino al momento dell’imbarco per il Brasile. Inoltre si farà un approfondimento sulle leggiche si sono fatte all'epoca in materia di emigrazione. Il secondo capitolo riguarda il discorso della “colonizzazione”. Parola molto frequente nel periodo che si andrà ad analizzare e che ha un collegamento anche con le emigrazioni. Nel terzo capitolo, ci si sofferma sullo studio di alcune tesi storiche di Ca' Foscari del primo ventennio del novecento confrontando quello che pensavano gli autori con quello che era il periodo storico.
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COMERIO, LUCA ANDREA ALESSANDRO. "Le colonie di vacanza italiane nel periodo 1968-1990: una pedagogia in transizione tra spinte attivistiche ed eredità del passato." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2020. http://hdl.handle.net/10281/262891.

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Abstract:
Le colonie di vacanza hanno origine in Svizzera nella seconda metà dell'Ottocento e rapidamente si diffondono in gran parte dei paesi europei: nate nell’ambito della nuova sensibilità igienica e profilattica, orientate soprattutto alla lotta alla tubercolosi, queste iniziative rimangono caratterizzate fino al secondo dopoguerra da una prevalente impostazione sanitaria. Le colonie sono però anche il prodotto di una riflessione pedagogica che ha ad oggetto la dimensione en plein air e il viaggio come strumento educativo: i momenti all’aria aperta sono infatti sempre presenti nella storia di queste iniziative, non solo nel bagno collettivo in mare o nelle sedute di elioterapia, ma anche nelle passeggiate in una natura vista come mondo da esplorare e fonte di apprendimenti. In Italia le colonie richiamano alla mente soprattutto le esperienze del periodo fascista, contraddistinte da un'impronta militare e omologante, dai riti dell’alzabandiera e dalla ginnastica collettiva in formazioni rigidamente geometriche; si tratta di contesti nei quali l'individualità e l’iniziativa del bambino sono ignorate e annullate in una dimensione anonima. Nel dopoguerra, se la maggior parte delle colonie di vacanza italiane presenta caratteristiche ancora ispirate al modello sanitario, compaiono realizzazioni assai innovative, che si pongono anche come importante luogo di formazione e sperimentazione sul campo per gli insegnanti della scuola, portando in questa istituzione un vento di novità. Questa ricerca è focalizzata sulle esperienze delle colonie di vacanza Fiat e Ceméa nel periodo 1968-1990, anni nei quali si mette in discussione la funzione stessa delle colonie, nel quadro di una riflessione critica sul rapporto tra dimensione scolastica ed extrascolastica. Mentre le colonie Fiat nella seconda metà degli anni Settanta sono ancora rigidamente caratterizzate da un'impronta autoritaria, le colonie gestite dai Ceméa - movimento che arriva dalla Francia nei primi anni Cinquanta e che si ispira alle concezioni e alle pratiche dell’attivismo - sono realtà che si propongono come luoghi di apertura al nuovo, nelle quali gli educatori, liberi dai vincoli dell’istituzione scolastica, provano a seguire direzioni pedagogiche ancora inedite per il panorama italiano. L’obiettivo di questo lavoro è quello di descrivere i due casi specifici, cercando di riflettere sulle pedagogie, sia dichiarate sia implicite, evocate dalle prassi e sulle ragioni della permanenza di pratiche del passato accanto agli elementi cambiamento. Lo studio si richiama alla concezione di storia elaborata dalla scuola delle Annales, che prende in considerazione l’intera gamma delle attività umane e intende la storia come costruzione corale: si tratta di un elemento, quest'ultimo, che caratterizza anche le colonie, le quali, salvo poche eccezioni, non conoscono figure di spicco ma sono il prodotto del lavoro di una moltitudine di educatori, spesso maestri, “prestati” in estate all'attività nei centri di vacanza. Risorsa centrale di questa ricerca, accanto allo studio degli archivi e degli house organ, è l’utilizzo delle interviste come fonti storiche orali, sia per supplire alla relativa scarsità di documenti, sia per costruire una storia a più voci e “dal basso”, attraverso l’ascolto di quanti sono stati ospiti da bambini nelle colonie o vi hanno lavorato nel ruolo di educatori. Per quanto riguarda Fiat, la ricerca ricostruisce anche i tentativi di innovazione, nati all’interno di un’organizzazione in precedenza molto rigida, legata alla storia di un’azienda che in alcune epoche si è quasi sostituita alla funzione assistenziale dello Stato; per quanto invece concerne l’esperienza Cemea, lo studio pone in evidenza un’impostazione più libera, orientata al protagonismo del bambino e oggetto di una continua rielaborazione e riflessione critica da parte del personale coinvolto.<br>Holiday colonies originated in Switzerland in the second half of the nineteenth century and quickly spread to most of the European countries: born in the context of the recent hygienic and prophylactic sensibility, mainly oriented towards the fight against tuberculosis, these initiatives remained characterized until after the Second World War by a prevalent medical approach. The colonies, however, are also the product of a pedagogical reflection on the open-air dimension and on trip as an educational opportunity: outdoor moments are in fact always present in the history of these initiatives, not only in the collective bath in the sea or in the heliotherapy sessions, but also in the hikes in a nature seen as a world to explore and a source of learning. In Italy, the colonies remind us above all of the experiences of the fascist period, marked by a military and homologating imprint, by the rites of the flag raising and collective gymnastics in rigidly geometric formations; these are contexts in which the individuality and the initiative of the child are ignored and annulled in an anonymous dimension. After the Second World War, although most of the Italian colonies still had characteristics inspired by the sanitary model, very innovative projects appeared, which also served as an important place for training and experimentation in the field for school teachers, bringing a wind of innovation to this institution. This research is focused on the experiences of the Fiat and Ceméa holiday camps in the period 1968-1990, years in which the function of the camps is called into question, within the framework of a critical reflection on the relationship between the school and extracurricular dimensions. While the Fiat colonies in the second half of the 1970s were still rigidly characterized by an authoritarian imprint, the colonies run by Ceméa - movement that comes from France in the early 1950s and is inspired by the concepts and practices of Progressive education - are contexts that propose themselves as places of openness to the new, in which educators, free from the constraints of the educational institution, try to follow pedagogical directions that are still unexplored in the Italian panorama. The aim of the work is to describe the two specific experiences, reflecting on the pedagogies, both declared and implicit, evoked by the practices and on the reasons for the permanence of the past legacy alongside the elements of change. The study refers to the conception of history elaborated by the Annales school, which takes into consideration the entire range of human activities and elaborates an idea of history as a choral construction: it is an element, the latter, which also characterizes the colonies, which, with a few exceptions, do not have prominent figures but are the product of the work of a multitude of educators, often teachers, engaged in summer in holiday centers. The central resource of this research, together with the study of archives and house organs, is the use of interviews as oral historical sources, both to compensate for the relative scarcity of documents, and to build a story with several voices "from below", by listening to those who were guests as children in the colonies or have worked there as educators. As far as Fiat is concerned, the research also reconstructs the attempts at innovation, born within a previously very rigid organization, linked to the history of a company that in some periods almost replaced the welfare function of the State; as far as the Cemea experience is concerned, the study highlights a more free approach, oriented towards the child as protagonist of the activities and subject to continuous reworking and critical reflection by the staff involved.
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Di, Gioacchino Massimo. "La “questione religiosa italiana” negli Stati Uniti. Canone religioso e pratiche ecclesiali nelle comunità cattoliche italiane del Nordest (1876-1921)." Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2018. http://hdl.handle.net/11384/86063.

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Endrighetti, Francesca. "Donne che raccontano di sé. La violenza di genere nelle rubriche di posta di alcune riviste italiane (1965-1975)." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2020. http://hdl.handle.net/11577/3426166.

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Abstract:
L'oggetto d'indagine della presente ricerca è il problema della violenza contro le donne come trattato dalla stampa periodica italiana negli anni compresi tra il 1965 e il 1975. Si è scelto di analizzare da un lato, il racconto delle lettrici, ricavato dalla corrispondenza pubblicata nelle varie rubriche, dall'altro le risposte dei curatori delle rubriche. Centinaia di lettere pongono infatti in evidenza il dialogo alternato tra donne-scriventi e curatori di posta, offrendo un punto di vista singolare e significativo degli umori che si agitavano all'interno di una parte della società italiana in quel significativo torno di tempo. Dalla metà degli anni Sessanta iniziano a manifestarsi i primi segnali di una stagione di grandi trasformazioni che investono "il privato" e dunque il modo di fare famiglia, la vita domestica e le relazioni familiari e sembrava questa una cornice importante da indagare in rapporto al tema, ed entro cui collocare l'analisi di una fonte particolare come quella della posta all'interno delle riviste. Nell'esigenza di offrire un quadro sfaccettato di queste circostanze, si sono scelte quattro riviste settimanali diverse tra loro, al fine di segnalare come i discorsi sulla violenza contro le donne siano diversificati (anche all'interno di una stessa pubblicazione) e quanta attenzione le singole pubblicazioni riservassero al tema. Le riviste in oggetto sono Famiglia Cristiana, settimanale cattolico, Noi donne, pubblicazione dell'UDI, Unione Donne Italiane, associazione legata al Partito Comunista, Amica e Annabella, periodici femminili del gruppo Rizzoli. L'analisi delle lettere mette in luce i temi, legati alla violenza contro le donne, di cui maggiormente le lettrici-scriventi dibattono e il modo di raccontare il problema che le affligge. Il lavoro di ricerca sul racconto della violenza nelle quattro riviste è preceduto da due capitoli introduttivi volti a delineare il campo di indagine sul piano delle categorie e delle metodologie utilizzate. Un primo capitolo analizza il fenomeno della violenza partendo dagli sviluppi contemporanei e delinea a ritroso il modo in cui la percezione sociale, il lavoro giuridico e quello politico si sono modificati. Nel secondo capitolo sarà invece analizzata la fonte di questa ricerca, ovvero le lettere all'interno delle rubriche dei differenti periodici, con un focus sui protagonisti principali di questo scambio. Saranno messe in luce le criticità che comporta questo tipo di fonte e il metodo che si è utilizzato per analizzarla. La trattazione del periodo 1965-1975 sarà quindi divisa in due tempi nei due capitoli successivi (Primo tempo 1965-1970 e Secondo tempo 1971-1975). Si è ritenuto infatti importante segnalare come l'approvazione della legge sul divorzio sia un episodio che ha delle ricadute importanti sull'atteggiamento nei confronti del matrimonio di molte delle donne che scrivono.
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Alai, Beatrice. "Le miniature italiane ritagliate del Kupferstichkabinett di Berlino. Per la genesi della collezione ed un catalogo della raccolta." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2017. http://hdl.handle.net/11577/3422414.

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Abstract:
The dissertation deals with the collection of Italian illuminated cuttings preserved at the Kupferstichkabinett in Berlin. The chapters 1-7 shed light on the genesis of the collection, starting from the foundation of the museum in 1831 until the publication of the catalogue by Paul Wescher in 1931. The most relevant acquisitions and the role of some curators and collectors are analised in relationship with the phenomenon of miniatures collecting in Europe between XVIII and XX centuries. The second part is a catalogue of the Italian cuttings preserved at the Cabinet: each of the 94 entry offers some considerations about the liturgy and the style of the work of art.<br>Abstract La tesi ha per oggetto le miniature italiane ritagliate del Kupferstichkabinett di Berlino. Di tale collezione è stata indagata la genesi ed è stato redatto un catalogo analitico delle opere. La prima parte del lavoro prende in considerazione la storia del Gabinetto delle stampe e dei disegni berlinese, individuando gli ingressi di cuttings dalla fondazione (1831) alla pubblicazione del catalogo delle miniature (1931) da parte del direttore Paul Wescher; la seconda parte è costituita dalla schedatura dei frammenti. Il primo capitolo verte sulla nascita del museo a partire dall’apertura al pubblico della Königliche Bibliothek fino all’inaugurazione del Kupferstichkabinett nel 1831; il secondo capitolo offre una panoramica degli ingressi delle miniature (sia cuttings che manoscritti), non solo italiani ma anche francesi, tedeschi, fiamminghi e inglesi, dal XVII secolo al XXI. Il terzo capitolo ha come oggetto i ritagli provenienti dalla collezione del prussiano Ferdinand Friedrich von Nagler, acquistati dal museo nel 1835, mentre il quarto capitolo è dedicato alle miniature che originariamente appartenevano al collezionista Bernhard Hausmann (1875). Il quinto capitolo analizza la biografia e l’operato del direttore Friedrich Lippmann, il suo progetto di aprire un museo di Arti Grafiche e i frammenti miniati da lui acquisiti tra il 1876 e il 1903. Il sesto capitolo presenta le opere che giunsero nel museo tra il 1904 e il 1930, mentre il settimo capitolo riguarda Paul Wescher ed il suo catalogo delle miniature. Infine, l’ottavo capitolo è composto da 94 schede, una per ciascuna opera o per ciascun gruppo di opere riconducibili allo stesso manoscritto. È presente un’appendice circa gli scambi epistolari tra Wilhelm von Bode, Friedrich Lippmann e Stefano Bardini, che segnala alcuni documenti del Zentral Archiv di Berlino e dell’Archivio Stefano Bardini di Firenze. I primi sette capitoli aiutano perciò a meglio comprendere il gusto sotteso alle acquisizioni dei cuttings a Berlino nel corso del tempo, in rapporto al mercato della miniatura in Europa e alla nascita dei musei di arti applicate; inoltre, i medaglioni sui collezionisti e sui direttori legati al Kupferstichkabinett gettano luce sul complesso panorama del collezionismo e della museologia in Germania tra XVIII e XX secolo. Le schede del catalogo, che presentano numerosi pezzi inediti emersi dai depositi, si soffermano in primo luogo sull’analisi della liturgia e dei testi, analizzando successivamente lo stile delle opere e indicando ove possibile i frammenti “gemelli” in altre collezioni o le serie liturgiche e i testi da cui i cuttings furono asportati.
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Cosmai, Franca. "L'Unione Donne Italiane e il Centro Italiano Femminile dalla Resistenza agli anni Sessanta, tra centro e periferia (1942-1964)." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2017. http://hdl.handle.net/11577/3426661.

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Abstract:
The study investigates the origin and evolution of female political associationism in Veneto from the historical period known as “Resistenza” to the Sixties, focusing in particular to the history of the two major organizations: The UDI, Unione Donne Italiane, and Centro Italiano Femminile. The two main goals/purposes of this study are: the definition of a profile of female associationism, to identify similarities and differences with a larger national context and at the same time to analyze the effort done in the sector of protection for women’s maternity, childhood and work. These topics have the purpose to explore and contextualize the redefinition of the female political citizenship developing in these years. In particular the analysis underlines how, even if the two associations are moved by different premises and goals, there are attemps of union between the women of UDI and the catholic movement since the Forties and important cross-cultural relationships between the two groups since the late Fifties. The study also underlines the importance of the birth and estabishment of a public female role and its contribution to the modernization of the Country and to the anticipation and elaboration of reforms in the Public Rights and Social Politics fields.<br>La ricerca ricostruisce la nascita e l’evoluzione dell’associazionismo politico femminile nel Veneto dalla Resistenza agli anni Sessanta, con particolare riferimento alla storia delle due maggiori organizzazioni, l'Unione Donne Italiane e il Centro Italiano Femminile. Due sono gli obiettivi di questo studio: delineare un profilo dell’associazionismo femminile, per cogliere continuità e rotture con il più ampio contesto nazionale e, al contempo, analizzare l’impegno nel settore della tutela della maternità e dell’infanzia e del lavoro delle donne. Questi temi hanno lo scopo di analizzare e inquadrare la ridefinizione della cittadinanza politica femminile che prende avvio in questi anni. In particolare, l’analisi evidenzia come, malgrado le due associazioni siano mosse da presupposti e obiettivi differenti, vi siano invece tentativi di avvicinamento delle donne dell’Udi al movimento cattolico fin dagli anni Quaranta, e negli ultimi anni Cinquanta si giunga alla convergenza, o comunque alla costruzione di relazioni trasversali tra le due associazioni. La ricerca, inoltre, evidenzia l’importanza dell’affermarsi di un protagonismo femminile pubblico, e il suo peso nella modernizzazione del Paese e nell’anticipazione e nell’elaborazione di riforme complessive nel settore dei diritti civili e delle politiche sociali.
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Scuderi, Maria Chiara <1990&gt. "Il Catalogo degli oggetti di sommo pregio per la storia e per l'arte appartenenti a privati. Un'indagine sulle collezioni italiane tra il 1891 e il 1903." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2016. http://hdl.handle.net/10579/8962.

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Abstract:
E' una ricerca sulla difficoltà di tutela incontrata dal Ministero della Pubblica Istruzione e dagli Ispettori Regionali nei confronti delle opere dei collezionisti privati italiani, nel momento in cui mancava ancora una legge organica di tutela. Si indaga l'azione di tutela compiuta con un catalogo restrittivo e le opposizioni ricevute dai collezionisti privati, timorosi di veder limitati i propri diritti di proprietà.
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FURFARO, FEDERICA. "Recezione e traduzione della pandettistica in Italia tra otto e novecento. Le note italiane al Lehrbuch des Pandektenrechts di B. Windscheid e il contributo di P.E. Bensa." Doctoral thesis, Università degli Studi di Milano-Bicocca, 2014. http://hdl.handle.net/10281/49810.

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Abstract:
La tesi di dottorato analizza la recezione del modello pandettistico tedesco da parte della cultura giuridica italiana a cavallo tra Otto e Novecento. Particolare attenzione è riservata alle traduzioni italiane delle opere pandettistiche, sviluppatesi soprattutto grazie alla strategia “attualizzante” applicata da Filippo Serafini agli studi romanistici. La tesi include pertanto un repertorio dettagliato delle traduzioni e della manualistica italiana di diritto romano, che si svilupparono come filoni paralleli. Pure le traduzioni acquisirono progressivamente il valore di opere originali, soprattutto grazie all’inserimento di contributi personali dei traduttori italiani in forma di note, come si può notare in particolare nella versione italiana del Lehrbuch des Pandektenrechts di Bernhard Windscheid, realizzata da Paolo Emilio Bensa e Carlo Fadda. L’esame delle loro note in tema di interpretazione del diritto italiano, diritti della personalità e condizione giuridica della donna dimostra l’importanza della comparazione giuridica per lo sviluppo della scienza giuridica italiana.<br>This doctoral thesis analyses the influence of German Pandectist model on Italian legal culture between the 19th and 20th centuries. Particular attention is paid to Italian translations of Pandectist literature, whose development was especially due to the “revitalizing” strategy applied to Romanistic studies by Filippo Serafini. Therefore, the thesis includes also a detailed catalogue of Italian translations and original handbooks of Roman law, which developed as parallel literatures. The translations were turned into original works too, thanks to the personal contributions introduced by Italian translators through their notes. This can be seen especially in the Italian version of the Lehrbuch des Pandektenrechts by Bernhard Windscheid, written by Paolo Emilio Bensa and Carlo Fadda. The analysis of their notes on the matters of interpretation of Italian law, individual rights and juridical condition and rights of women shows the importance of legal comparison to the development of Italian legal studies.
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Cannelloni, Federico. "Credito e pegno, famiglie e nazioni: i Lombardi tra Piemonte e Paesi Bassi (ca. 1384 -€“ 1500)." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2015. http://hdl.handle.net/11577/3424710.

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Abstract:
Before the creation of the Monti di Pietà at the end of the Middle Ages, consumer credit on pawn was customarily supplied by private bankers. Although most of them were Jewish, in some European areas also Christian people were fulfilling this role. In territories as Savoy, the Rhine Valley and the Low Countries, they were usually known as Lombards. The Lombards active in the Low Countries between ca. 1280 and 1618 came principally from the cities of Asti and Chieri. However a very studied topic, there still was the need to reach a better understanding about the manners they used for integrating in a foreign society; moreover, their relationships with other foreign communities also still deserved a more thorough study. Hence, the aim of this work was to show the impact of the Lombards (especially those from Chieri active in the Low Countries in the second half of the XV century), and of their activities, on the socio-economic context of the hosting societies. Therefore, the dissertation has been divided into three major sections each touching some general research fields (institutional, social, economic and financial). The first chapter revolves around the institutional aspects of the Lombards' presence in the Late-Medieval Low Countries: the focus has then been put on the development of a Nazione. It was possible to show the peculiarities of this institution when compared with those of other similar, but more powerful, organizations established in order to defend the rights of some other Italian merchants communities active in the same area. The core of the second chapter was the analysis of the “networks” created by the Lombards at home and abroad. Regarding the first point, it emerges that the family still had a pivotal role in the running of the banchi abroad. Moreover, it was also possible to mark clear differences between the matrimonial strategies of the Lombards from Asti and those from Chieri. Abroad the Lombards had connections with people from Antwerp as well as with some other Italian merchants bankers (the Borromei family and some Genoeses). The third and fourth chapter deal with the financial activities of the Lombards. First of all, it has been noticed that the assets' management of a Lombard was organized following a rational accounting system. Moreover, the analysis of some shareholder's agreement has shown that the structure of the companies which managed the banchi resembled more those of the Tuscan enterprises rather than the very informal construction of the Genoese commenda. The daily routine of a casana has been considered as well: in this sight it was possible to compare pawnbroking with other credit forms also supplied by the Lombards. Some characteristics of the Lombards pawnbroking has been thoroughly scrutinized: as a consequence, it was possible to broaden the analysis noticing that, in its fundamentals, pawnbroking remains unvaried up till today. Finally, the scrutiny of more than thousand loans on personal security (not on pawns) granted by the Lombards in Kortrijk enables to consider them as a support for the local wool industry The last chapter has proposed a new interpretation regarding the already noticed decrease in the number of the banchi ran by Lombards in the Low Countries at the end of the XV century. While the traditional historiography considered as crucial some financial and economic changes occurred in the Low Countries, in this dissertation the focus has been put rather on the transformations occurred in the same period in Chieri and in subalpine area: development of a local textile industry, the ending of a long urbanization process of the families more active abroad and the progressive bureaucratization of the Savoy's state.<br>Prima della creazione del Monti di Pietà alla fine dell'epoca medievale, il credito su pegno era generalmente un settore monopolizzato da banchieri privati: la maggior parte di essi erano ebrei. Tuttavia, in alcune aree dell'Europa occidentale (come la Savoia, la valle del Reno e i Paesi Bassi), tale ruolo veniva ricoperto anche da dei cristiani, generalmente conosciuti con il nome di Lombardi. Pur essendo un argomento molto studiato, i Lombardi, soprattuto quelli provenienti da Chieri attivi per tutto il corso del Quattrocento nei Paesi Bassi, dovevano ancora essere portati in rapporto non solo con la società che li circondava ma anche con gli altri mercanti stranieri attivi nella stessa zona (soprattutto toscani e genovesi). Per farlo, e per dimostrare inoltre che le attività dei Lombardi interessavano diversi aspetti della vita economica e sociale delle società che li ospitavano, la tesi è stata divisa in tre grandi parti che sono andate a toccare alcuni campi d'indagine generali: il quadro istituzionale, quello sociale e quello economico-finanziario. Nel primo capitolo della tesi si è messo in evidenza come i Lombardi potessero anch'essi dare vita ad una istituzione (una nazione) che ne difendesse i diritti e gli spazi conquistati. Si sono così mostrate le peculiarità della nazione piemontese rispetto a quelle, ben più potenti, formate da toscani, genovesi e veneziani: nessun riconoscimento da parte dello stato d'origine, carattere effimero, attribuzioni ridotte e scarsa capacità di controllo dell'accesso alle attività finanziarie o di regolazione della vita spirituale dei suoi membri. Nel secondo capitolo si sono analizzati più da vicino i legami sociali che in patria legavano i Lombardi astigiani e chieresi. Inoltre si è approfondita la tematica dei rapporti intrattenuti dai Lombardi con la popolazione di Anversa, con alcuni banchieri toscano-milanesi (i Borromei) ed infine con i genovesi. In tal modo è stato possibile superare definitivamente l'idea de rooveriana di netta divisione tra grandi mercanti e Lombardi. Il terzo e quarto capitolo sono stati dedicati all'analisi delle attività finanziarie dei Lombardi. Si è così messo in evidenza che la gestione del patrimonio privato di un Lombardo poteva essere delegata ad un sistema contabile razionale. Inoltre l'analisi approfondita di alcuni patti sociali ha permesso di avvicinare le società dei piemontesi più alle forme aziendali dei toscani che a quelle più informali della commenda genovese. Si sono poi ricostruiti nel dettaglio i modi di gestione quotidiani di una casana. Si è passati così ad analizzare più da vicino il credito concesso dai Lombardi mettendo a confronto il pegno con altre forme di credito elargite sempre dai piemontesi. Riguardo il primo aspetto si sono messi in evidenza alcune caratteristiche del credito elargito su pegno dai Lombardi presenti a Nivelles ed Anversa. L'analisi si è poi allargata arrivando a mostrare come le caratteristiche principali del pegno siano arrivate, praticamente immutate, fino ad oggi. Infine, l'analisi di più di mille prestiti non su pegno elargiti dai piemontesi nella città fiamminga di Kotrijk, ha permesso di notare come il credito Lombardo potesse servire anche da sostegno all'industria laniera. Infine, si è provato a dare un'interpretazione diversa rispetto a quella della storiografia tradizionale circa la riduzione nel numero delle casane gestite dai piemontesi nei Paesi Bassi alla fine del Quattrocento. Pur non negando che alcuni cambiamenti finanziari ed economici possano aver avuto il loro peso nella diminuzione del numero delle casane (iperinflazione, riduzione generalizzata del costo del denaro), l'accento è stato posto soprattutto sui mutamenti (sviluppo dell'industria tessile locale, definito inurbamento delle famiglie più attive all'estero e crescente burocratizzazione dello stato Sabaudo) che avevano interessato Chieri nello stesso periodo.
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Duval, Sylvie. "L’Observance au féminin : Les moniales dominicaines entre réforme religieuse et transformations sociales, 1385-1461." Thesis, Lyon 2, 2012. http://www.theses.fr/2012LYO20095/document.

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Abstract:
Les sociétés européennes du XVe siècle sont marquées par de profondes transformations sociales, culturelles, mais aussi religieuses : une grande vague de réforme traverse alors tous les ordres réguliers. Les tenants de ce que l’on va bientôt appeler « l’Observance » prônent un respect plus rigoureux de la règle tout en s’engageant dans la pastorale des laïcs, à une époque où les crises se succèdent au sein de l’Eglise séculière. Les religieuses prennent une part active à ce mouvement. Les moniales dominicaines, inspirées notamment par l’enseignement de Catherine de Sienne, commencent leur réforme dès 1385. Celle-ci se traduit par une réaffirmation de leur rôle contemplatif au sein de l’Ordre des Prêcheurs et par l’élaboration de normes très sévères concernant la clôture, perçue comme la manifestation visible de leur consécration totale à Dieu. La diffusion des monastères de stricte clôture, à une époque où les béguines et les pénitentes sont encore nombreuses au sein des villes, marque les esprits. L’Observance ne peut, d’ailleurs, être comprise en-dehors du contexte social dans laquelle elle s’insère, c’est pourquoi nous nous sommes intéressés à la composition sociale de deux communautés observantes de Dominicaines italiennes. Les religieuses prises en compte dans notre étude (de 1385 à 1461) sont, en grande majorité, issues de familles de la bourgeoisie urbaine (banquiers, membres des professions savantes ou riches artisans) ; elles sont aussi, le plus souvent, veuves. Peu à peu cependant, les premières moniales sont remplacées par d’autres membres de leur famille, en particulier des jeunes filles non destinées au mariage, que leurs parents établissent ainsi honorablement. La réforme observante doit donc son succès non seulement à son message prônant le renouveau de l’Eglise et de la société chrétienne, mais aussi au fait qu’elle a répondu aux nouvelles exigences d’une classe dirigeante élargie et urbanisée : les murs de la clôture protègent l’honneur de femmes célibataires de plus en plus nombreuses, tout en rendant visible leur consécration au sein d’une société où chacun se doit de remplir les devoirs correspondant à son état<br>During the XVth century, European societies got transformed by deep social, cultural but also religious evolutions. A great reform movement spread through all the regular religious orders. The supporters of this movement, quickly called the “Observance” , were asking for a more rigorous respect of the Rule; they were also involved in the secular Church, trying to make up for the several crisis it was undergoing at the moment. Religious women took an active part in this movement. Dominican nuns, inspired by Catherine of Siena’s teaching, began to reform their monasteries in 1385: they reaffirmed their contemplative role within the Order of Preachers and elaborated some very strict new norms of enclosure, considered as a the visible sign of their total consecration to God. The diffusion of these new monasteries strictly enclosed, while beguines and penitent women were still numerous in the cities, was an outstanding fact for contemporary people. The Observance indeed has to be considered and studied within its social context. That is why we paid attention to the social composition of two italian observant communities of Dominican nuns (until 1461). The religious women taken into account in our study were mainly coming from non-noble but rich families (bankers, members of intellectual professions, rich artisans). Most of them were widow women. Thus, little by little, the first reformers nuns were replaced by other members of their families, mostly young brides that would not have been married, and whose parents considered observant monasteries as an honourable refuges. The Observant reform’s success is not only due to its message on the Church and Christian Society revival, but also to the answer it gave to the new requests of an enlarged and urbanized ruling class. The walls of the enclosed convents were indeed supposed to preserve the honour of a growing number of non-married women, making visible to external people their consecrated life in a society in which everybody was supposed to do the duty corresponding to its own status<br>Le società europee del Quattrocento sono segnate da profonde mutazioni sociali, culturali, e anche religiose. Un movimento di riforma, che presto verrà chiamato “osservanza”, appare in quasi tutti gli ordini religiosi. Gli Osservanti promuovono il rispetto stretto della Regola, senza staccarsi però dal mondo dei laici nel quale si impegnano, cercando di rimediare alle difficoltà della Chiesa secolare, allora in crisi. Le religiose partecipano attivamento al movimento. Le monache domenicane, fedeli all’insegnamento di Caterina da Siena, cominciano a riformare le loro comunità a partire del 1385. La loro riforma consiste nella reaffermazione del loro ruolo contemplativo all’interno dell’Ordine dei Predicatori e nell’elaborazione di nuove e severissime norme di clausura, considerata come la manifestazione visibile della loro consacrazione totale a Dio. La diffusione dei monasteri di stretta clausura nelle città quattrocentesche in cui beghine e penitenti sono ancora numerose colpisce molto i contemporanei. L’Osservanza infatti non puo essere capita senza prendere in considerazione il contesto sociale in cui si è sviluppata; abbiamo dunque studiato con particolare interesse la composizione sociale di due comunità osservanti di Domenicane italiane. Le religiose censite nel nostro studio (dal 1385 al 1461) provengono, per la maggior parte, da ricche famiglie borghesi (banchieri, membri delle professioni intellettuali, ricchi artigiani); sono anche molto spesso vedove. Tuttavia, a poco a poco, vengono sostituite da altre donne provenienti dalle stesse famiglie, soprattutto giovani ragazze non destinate al matrimonio i cui genitori considerano il monastero osservante come un luogo sicuro e prestigioso. Il successo della riforma osservante, quindi, non è dovuto solo alle predicazioni dei suoi sostenitori sulla rinascità della Chiesa e della società cristiana, ma anche al fatto che la riforma sia andata incontro alle nuove esigenze di una classe dirigente più larga e più urbanizzata: i muri della clausura proteggono infatti l’onore delle sempre più numerose donne celibi, e rendono visibile la loro consecrazione in una società in cui tutti devono adempiere i doveri del proprio stato
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Scarfone, Marianna. "La psichiatria coloniale italiana : teorie, pratiche, protagonisti, istituzioni 1906-1952." Thesis, Lyon 2, 2014. http://www.theses.fr/2014LYO20035.

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Abstract:
Ce travail aborde les développements de la psychiatrie dans les colonies italiennes de la Corne de l’Afrique et de la Libye. La psychiatrie coloniale – que l’on appelle aussi ‘ethnographique’, ‘comparée’, ‘raciale’ – se nourrit de théories anthropologiques consolidées, de mensurations anthropométriques, d’observations cliniques ; c’est dans ce cadre complexe qu’elle émerge comme discipline autonome, en partie au moins, par rapport à la psychiatrie de le mère-patrie et qu’elle contribue au bon fonctionnement du régime colonial. Les protagonistes sont en premier lieu les médecins et les patients ; à l’arrière plan on trouve aussi les administrateurs et les hommes politiques, ou encore les familles et les communautés d’origine des patients. À travers des documents précieux comme les dossiers médicaux, il est possible de reconstituer les parcours des patients, de raconter des histoires de vie et d’identifier des éléments récurrents dans les différentes expériences. De plus, grâce à la documentation privée de certains médecins coloniaux, il est possible de saisir les motivations qui poussaient certains spécialistes à venir exercer dans les colonies. L’étude de la littérature psychiatrique de l’époque, associée à l’analyse des parcours des médecins, fait apparaître les échanges et les influences qui marquaient l’activité des psychiatres coloniaux. En ce sens il m’a semblé important d’analyser les modèles anglais et français dont les médecins italiens déclarent s’inspirer dans leur réflexion théorique et donc dans la construction de la discipline ainsi que dans les solutions pratiques mises en œuvre pour faire face à la question psychiatrique dès le début des différentes expériences coloniales. Le nœud de l’assistance aux colons et aux militaires qui présentaient des troubles psychiques, ainsi qu’aux indigènes considérés fous, a plus retenu l’attention dans la colonie libyenne (déjà en 1911-1912, avec des réalisations institutionnelles dans les années trente) tandis que dans les colonies de l’Afrique orientale italienne, la question de l’assistance psychiatrique a été moins débattue, débouchant par conséquent sur très peu de réalisations pratiques<br>The dissertation reviews the ways in which psychiatry developed in the Italian colonies in the Horn of Africa and in Libya. Colonial psychiatry – variously called “ethnographic”, “comparative”, or “racial” psychiatry – drew on established anthropological theories, anthropometric measurements and clinical observations, the consistently-organized framework within which it emerged as an discipline supporting colonial government and at least partially independent of psychiatry in the home country. The primary interaction within this colonial psychiatry was that between doctors and patients; in the background were the colonial administrators, the political decision-makers, and the patients’ families and home communities. Precious documentary resources such as medical records let us trace patients’ careers, tell their life stories, reconstruct typical cases and confirm recurrent features in their various experiences; from the private papers of some colonial doctors we can gather the specialists’ motivations to move to the colonies; and an examination of the psychiatric literature of the day enables us to reconstruct the discussions and inspirations which fostered the work of the colonial psychiatrists. I have recognized the importance of analysing the British and (still more) the French models from which the Italian clinicians claimed to draw their inspiration, both in terms of theory (and the construction of the resulting discipline), and in the practical solutions implemented to tackle psychiatric issues from the earliest days of the various colonial experiments. This issue – of supporting psychiatrically-afflicted colonists and soldiers and natives regarded as “mad” – was paid most attention in the Libyan colony, starting in the very first months of the occupation (in 1911 and 1912) and then taking institutional form in the 1930s; in the colonies of what was known as “Italian East Africa”, on the other hand, there was less discussion of psychiatric support and correspondingly limited practical achievements<br>La tesi percorre gli sviluppi della psichiatria nelle colonia libica e nelle colonie del Corno d’Africa. La psichiatria coloniale – che assume denominazioni diverse: ‘etnografica’, ‘comparata’, ‘razziale’ – si nutre di teorie antropologiche consolidate, di misurazioni antropometriche, di osservazioni cliniche ed è in questo quadro articolato che emerge come disciplina autonoma, almeno in parte, rispetto alla psichiatria della madrepatria, e funzionale al buon ordine del regime coloniale. Nella cornice della psichiatria coloniale interagiscono in primo luogo medici e pazienti; sullo sfondo ci sono gli amministratori e i decisori politici, le famiglie e le comunità di provenienza dei pazienti. Attraverso documenti preziosi come le cartelle cliniche è possibile tracciare le traiettorie dei pazienti, raccontare storie di vita, ricostruire casi esemplari e fissare dei punti ricorrenti nelle diverse esperienze. Grazie alla documentazione privata di alcuni medici coloniali è possibile cogliere le ragioni che spingevano gli specialisti in colonia. Infine la letteratura psichiatrica del periodo preso in esame permette di ricostruire gli scambi e le ispirazioni che alimentavano l’attività degli psichiatri coloniali. In tal senso si è ritenuto importante analizzare i modelli inglese e soprattutto francese a cui i medici italiani dichiarano di ispirarsi, sia nella riflessione teorica e quindi nella costruzione della disciplina, sia nelle soluzioni pratiche attuate per far fronte alla questione psichiatrica sin dai primi tempi delle diverse esperienze coloniali. Tale questione, ovvero il problema dell'assistenza ai coloni e ai militari che presentavano disturbi psichiatrici nonché agli indigeni ritenuti folli, ha ricevuto maggiore attenzione nella colonia libica, e questo sin dai primi mesi della sua occupazione, tra 1911 e 1912, per poi manifestarsi in realizzazioni istituzionali negli anni Trenta; mentre nelle colonie della cosiddetta Africa Orientale Italiana il tema dell’assistenza psichiatrica è stato meno dibattuto, sfociando pertanto in scarse realizzazioni pratiche
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Ben, Ezzeddine Amira. "IL PALAZZO DELLA ROSA E IL PALAZZO KOBBET-EN-NHAS (XVIII e XIX SECOLO), ARCHITETTURA, USO DEGLI SPAZI, INFLUENZE ITALIANE." Doctoral thesis, 2012. http://hdl.handle.net/10447/94601.

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DE, LONGIS ELEONORA. "Cedit antiqua feritas communi humanitati: le istituzioni culturali italiane prima e dopo l’Unità: esperienze e testimonianze di Theodor Mommsen." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11573/1178347.

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Abstract:
Il tema di questa ricerca è la ricostruzione della rete di relazioni stabilite in Italia da Theodor Mommsen tra il 1844 e il 1870 con studiosi e istituzioni attraverso la corrispondenza che lo storico tedesco intrattenne con coloro che, direttamente o indirettamente, collaborarono con lui nella realizzazione del Corpus Inscriptionum Latinarum. Il 1844 è l’anno della prima venuta nella penisola del giovane Mommsen, che aveva appena conseguito il dottorato presso l’Università di Kiel, l’ateneo dove si era anche laureato. Cittadino danese, in quanto nato a Garding, una cittadina dello Schlesig- Holstein allora appartenente alla Danimarca, Mommsen era titolare di un Reisestipendium biennale assegnatogli dal governo su raccomandazione dell’università di Kiel, per completare la sua raccolta di fonti giuridiche romane. Il mio scopo ufficiale è la nuova edizione dei monumenta legalia di Haubold con testo riveduto e ampio commento; lei vede che i confini del mio piano sono abbastanza ristretti e quindi praticabili e che mi rimane tempo a sufficienza [...]. Genova, Firenze, Roma e Napoli sono i punti in cui senz’altro mi condurrà il mio piano di viaggio; oltre al mio preciso scopo, penso di fare qualche interessante bottino epigrafico. In questo, conto particolarmente sul suo amichevole aiuto; lei non pianterà in asso il suo allievo nell’epigrafia. La mia intenzione è di rivolgermi anzitutto all’Accademia di Berlino, che certamente appoggerà il mio progetto, se lei lo raccomanda. Così scriveva Mommsen al suo maestro e mentore Otto Jahn, appena ricevuta la notizia che la sua domanda di sovvenzione per un viaggio di studio in Italia era stata accolta: parole che esprimono senza ombra di dubbio le intenzioni e i progetti – sia immediati sia a più lungo raggio – del giovane giurista, niente affatto desideroso di dedicarsi alle professioni legali, bensì propenso a intraprendere la ricerca storica ed epigrafica e, come si vedrà, la carriera universitaria. Tuttavia, benché al momento di iniziare quello che sarà il ‘primo’ viaggio nella penisola Mommsen nutrisse già verso l’Italia e l’antichità romana interessi molto forti, questi ancora non erano precisamente delineati. Mommsen giunge in Italia alla fine del novembre 1844, dopo un soggiorno di due mesi in Francia, con tappe a Parigi – dove soggiorna oltre un mese –, Lione, Montpellier, Nîmes, Marsiglia; da qui il 23 novembre si imbarca per Genova. Dopo alcuni giorni di permanenza in Liguria, attraverso la Toscana, giunge negli ultimi giorni dell’anno a Roma, dove, grazie all’appoggio dell’Istituto di Corrispondenza Archeologica e alla collaborazione di Wilhelm Henzen, farà base per tutta la durata del soggiorno che si concluderà alla fine del maggio 1847, con frequenti e lunghi trasferimenti in altre regioni, prevalentemente a Napoli e nell’area meridionale. Fino a quel momento gli interessi di Mommsen si erano orientati per lo più allo studio delle istituzioni romane e avevano portato alla pubblicazione di due opere, il De collegiis et sodaliciis Romanorum e il Die romischen Tribus in administrativer Beziehung, che lo avevano fatto conoscere presso gli specialisti italiani – soprattutto la prima, scritta in latino, la lingua della «repubblica delle lettere». Si è visto quali fossero i reali progetti di vita del neodottorato giurista: tuttavia, benché la raccolta di iscrizioni latine rientrasse nelle sue prospettive di studio, gli giunse inaspettata, mentre era in Italia, la proposta di divenire coordinatore del progetto di un corpus epigrafico inizialmente promosso dal filologo danese Olaus Christian Kellermann. Il progetto languiva dopo la morte di Kellermann, avvenuta il 1° settembre del 1837 a Roma, ed era fallito anche l’analogo e pressoché contemporaneo progetto francese. Allo stesso tempo viene inoltre prospettato a Mommsen di assumere la cattedra di materie giuridiche a Lipsia. Entrambe le proposte – alle quali non poteva che rispondere positivamente – nell’immediato spiazzano il giovane e ambizioso ricercatore e imprimono alla sua vita un indirizzo diverso dal previsto. A quel punto, i cambiamenti intervenuti rispetto al piano iniziale agiscono da moltiplicatori dell’interesse di Mommsen per la filologia e per le fonti epigrafiche e dal soggiorno italiano nascono, oltre agli interventi e alle periodiche rassegne per il bollettino dell’Istituto di Corrispondenza Archeologica, tra cui le Iscrizioni messapiche, gli Oskische Studien e gli studi pubblicati dopo il rientro in Germania, in particolare le Inscriptiones Regni Neapolitani Latinae. Secondo la testimonianza del suo allievo Christian Schüler, Mommsen, nel giorno del suo sessantesimo compleanno, avrebbe detto di quel suo viaggio: «Der Jurist ging nach Italien – der Historiker kam zurück». Una battuta efficace, senza dubbio, ma forse eccessivamente tranchant: dopo la morte di Mommsen, non pochi tra quanti ne hanno tracciato la biografia hanno messo in luce il peso determinante della sua formazione giuridica nello studio dell’antichità romana e nelle stesse indagini epigrafiche. Dalla permanenza in Italia, come è evidente, è derivata la messa a fuoco dell’area napoletana come microcosmo rappresentativo di tutte le questioni che attengono in realtà alla nascita della moderna disciplina archeologica e al contempo alla capacità delle istituzioni – culturali, universitarie – di gestirsi, di organizzare gli studi e di confrontarsi con le proprie e più profonde radici culturali: tutte questioni rese tanto più cruciali dalle condizioni politiche dell’Italia, in parte paragonabili a quelle della Germania preunitaria. Le questioni erano tutte in nuce già nei primi contatti di Mommsen con i corrispondenti italiani e si manifestarono con particolare evidenza con gli studiosi dell’area napoletana. La carriera universitaria a Lipsia subì una battuta d’arresto nel 1851, anno in cui Mommsen fu costretto a dimettersi per essersi compromesso con la partecipazione ai moti del ‘48; tra il 1854 e il 1856 venne portata a termine, insieme con altri importanti studi di filologia, la Römische Geschichte e, soprattutto, l’impegno per il Corpus Inscriptionum Latinarum (CIL) assunse una crescente e assoluta preminenza nell’attività – e, si potrebbe dire a buon diritto, nella vita – di Mommsen. Il termine ad quem del periodo fatto oggetto della mia ricerca, il 1870, momento cruciale nella storia politica europea perché segna l’unificazione politica della Germania e il compimento dell’unità italiana con l’annessione di Roma, è significativo anche per Mommsen, per i suoi interessi e i suoi rapporti con l’Italia stessa, poiché a partire da quel momento si avviarono profonde trasformazioni nella politica culturale dei due paesi e si definirono le sorti future delle “due patrie”. In Italia a completamento dell’unificazione tornano sul tappeto i nodi critici dell’organizzazione degli studi e, si può dire, degli stessi fondamenti della identità nazionale. Sono efficaci le parole che Mommsen rivolge a Gian Carlo Conestabile Della Staffa in una lettera del 1873, indicando tra le «piaghe d’Italia», non ultimo quel quotidiano deperimento degli studii classici ed archeologici che pur per voi sono anche patrii, e quanto questo deperimento impoverisce l’intelligenza della vostra nazione, creata larga e grande, come chi togliesse all’uomo maturo i ricordi della casa paterna e della bella sua gioventù. Ed io che conosco l’Italia da trent’anni e che l’amo come era e come è con tutti i suoi difetti, non posso nascondermi che, se sotto quasi tutti gli altri rapporti vi vedo un bel progresso, gli studii classici fanno un’eccezione assai triste e che nell’Italia del 1873, nell’Italia felicemente risorta noi altri poveri pedanti pur cerchiamo invano, non già l’Italia del 1843, ma bensì l’Italia dell’Avellino, del Furlanetto, del Cavedoni, del Borghesi. Il percorso inizia dal punto di approdo, cioè dal 1870, e prosegue, à rebours, con due capitoli che abbracciano il primo gli anni 1844-1847, il secondo il decennio successivo, cioè il periodo che corre tra la prima venuta in Italia di Mommsen e la data di pubblicazione dell’ultimo volume della prima edizione italiana della Storia romana: si tratta di un arco di tempo finora poco considerato dagli studi che hanno messo a fuoco soprattutto il Mommsen compilatore del CIL e molto meno l’autore della Römische Geschichte. In realtà è proprio in questo periodo che ha inizio l’ultradecennale legame dello studioso tedesco con l’Italia e la nascita di quella rete con i sodali italiani che avrebbe reso possibile la costruzione del CIL. Si tratta di rapporti che ebbero origine da una conoscenza diretta fatta durante il primo e i successivi viaggi e si consolidarono poi attraverso un fitto scambio epistolare finalizzato al reperimento delle fonti per il CIL. Successivamente ai capitoli riguardanti i rapporti con i corrispondenti italiani tra il 1844 e il 1857, l’indagine si concentra sul periodo 1847-1857, denso di eventi politici che, come si è accennato, influiranno decisivamente sulla vita di Mommsen: si intensificano, in questi anni i rapporti con l’Italia, estendendosi dalle regioni meridionali – oggetto delle ricerche che avevano portato alla pubblicazione delle Inscriptiones Regni Neapolitani Latinae – alle regioni del nord-est a dominazione austriaca. Infine, la parte relativa agli anni 1857-1870 approfondirà, attraverso i percorsi paralleli della costruzione del CIL e dell’unificazione italiana, le relazioni di Mommsen con il contesto istituzionale italiano. In questo periodo Mommsen si immerge, totalmente e letteralmente, nel lavoro per il CIL e, in conseguenza di questo, nell’Italia e nelle sue istituzioni a cavallo dell’unificazione politica. L’esperienza risente inevitabilmente del contesto politico-amministrativo con il quale lo studioso e i suoi corrispondenti e amici devono confrontarsi per condurre a termine la loro impresa ed è in questa fase che si inaugura uno stretto confronto con gli uomini delle istituzioni, i quali prendono a riconoscere in Mommsen uno dei loro interlocutori di maggior peso. È importante sottolineare il fatto che Mommsen ha sempre nutrito forti interessi per la vita politica, fin da quando la partecipazione alla mobilitazione del 1848 gli era costata la perdita della cattedra di cui era titolare a Lipsia. Successivamente aveva fatto parte, schierandosi con l’ala progressista liberale, sia del Parlamento prussiano tra il 1863 e il 1879 sia del Reichstag dal 1881 al 1884. Eppure, nel 1870, l’esponente illustre del partito liberal-progressista e fiero oppositore di Bismarck si schiera toto corde con la politica nazionalista della Prussia, divenuta capofila dell’unificazione tedesca: un orientamento sostenuto in alcuni interventi pubblicati sui giornali italiani che ebbero un’eco potente in tutta Europa e provocarono forti reazioni sia nelle fila degli intellettuali francesi (famose quelle di Numa Fustel de Coulanges ed Ernest Renan, tra gli altri) sia nel dibattito pubblico in Italia, anche perché veicolate dalla stampa di tutti gli schieramenti politici. Mommsen era stato osservatore costante e partecipe della situazione politica italiana e aveva seguito il processo di unificazione con profonda empatia, sia per le analogie con la situazione tedesca, sia per le aspettative da lui nutrite di una “rigenerazione” degli studi classici e delle istituzioni culturali grazie alle trasformazioni indotte dall’unità politica e dalla nascita dello uno stato liberale. Il lavoro ha l’obiettivo di illustrare le forme di collaborazione attuata da Mommsen in Italia per la realizzazione del grande progetto cooperativo del CIL principalmente attraverso le corrispondenze inviate a Mommsen dagli studiosi italiani. La ricerca, perciò, ha preso le mosse dal censimento dei mittenti italiani di Mommsen ed è proseguito con la consultazione delle relative lettere presenti nel Nachlass Mommsen della Staatsbibliothek di Berlino. Oltre alle ‘carte Mommsen’ (corrispondenza, diario di viaggio in Italia e altro) presenti nella Staatsbibliothek, la ricostruzione del contesto non ha potuto non tenere in conto la documentazione presente nell’archivio del Corpus Inscriptionum Latinarum conservato presso l’Akademie der Wissenschften di Berlino, responsabile del grande repertorio, tuttora in corso di pubblicazione. Alle vicende del Nachlass dal momento in cui furono depositate dagli eredi presso le istituzioni bibliotecarie della Berlino imperiale di inizio Novecento, all’attuale sistemazione nella capitale della Germania unificata e alle trasformazioni subite dal CIL e dall’Accademia delle Scienze dopo la seconda guerra mondiale è dedicato uno specifico capitolo del lavoro, nella consapevolezza che in ogni ricerca non solo vanno accuratamente considerate le “fonti della storia”, ma che anche la “storia delle fonti” svolge un suo specifico e cruciale ruolo. La ricerca si concentra sui mittenti italiani di Mommsen, e su come una cerchia di intellettuali e di responsabili delle istituzioni, che si amplia progressivamente negli anni per effetto della sempre più intensa attività di Mommsen nella raccolta delle testimonianze epigrafiche, risponda alle sollecitazioni dello studioso e rappresenti uno spaccato del dibattito culturale e, al tempo stesso, delle difficoltà e contraddizioni che le classi dirigenti italiane si trovarono ad affrontare sul terreno dell’organizzazione degli studi. La raccolta delle lettere inviate da Mommsen ai suoi collaboratori italiani è da tempo al centro di uno specifico progetto che ha dato luce a una estesa pubblicazione curata da Marco Buonocore, le Lettere di Theodor Mommsen agli italiani: la mia ricerca, si parva licet, integra in parte il quadro degli scambi epistolari di Mommsen con una specifica attenzione dedicata alle lettere inviate a Mommsen dai suoi corrispondenti italiani, che sono state finora meno valorizzate, con poche eccezioni, quale il carteggio di Pasquale Villari, che si collocano tuttavia in gran parte nell’ultimo trentennio del XIX secolo, quando, nell’Italia unita, lo studioso tedesco era famoso e particolarmente stimato dal mondo della cultura e delle istituzioni italiane. Molto meno considerate, invece, le relazioni che Mommsen fresco di laurea (ma già ambizioso e consapevole dell’impegno della propria ricerca) intraprende con un’Italia ancora in fieri, alla quale si accosta con un misto di ammirazione per le antiche vestigia e l’immenso patrimonio archeologico e di malcelato terrore per le condizioni di arretratezza della ‘prigione esperia’, come la definisce nel suo diario di viaggio. La prima tessitura di queste relazioni e l’accoglienza di Mommsen da parte degli italiani viene soprattutto sottolineata dalla mia ricerca, che si concentra non tanto sui dettagli “epigrafici” della collaborazione prestata a Mommsen dagli italiani quanto piuttosto sul terreno dal quale si svilupparono tali rapporti, fortemente condizionati, sotto il profilo istituzionale, dalla divisione della penisola e dalle dinamiche politico- amministrative interne agli stati preunitari. Indubbiamente, fin dal primo soggiorno si radica in Mommsen quell’attaccamento all’Italia che, negli anni successivi, si sarebbe espresso nel rimpianto di non essersi potuto trasferire stabilmente nella sua patria elettiva e nel riconoscere negli italiani quei tratti di gentilezza e di tolleranza, che ancora sottolineava a Pasquale Villari con lettera del 30 gennaio 1903, viceversa del tutto assenti nel popolo tedesco. Molte delle sue lettere costituiscono un vero e proprio spaccato della società di specifiche aree geografiche italiane; sono fonte preziosa per determinare – con ricchezza di particolari del tutto sconosciuti – la storia culturale, il dibattito scientifico, il tessuto sociale ed umano della nostra Italia di secondo Ottocento; ci consentono di calarci con sensibilità e rispetto nelle pieghe della storia locale, dialogando con i fatti, antichi e recenti, di modellare una scandita e precisa ricostruzione storico-culturale. Uno strumento, quindi, assai utile per tracciare a tutto tondo la sua presenza in Italia, il suo interesse verso l’Italia, le sue priorità scientifiche che scaturivano dallo studio delle irripetibili bellezze storiche e artistiche che il suolo nazionale generosamente gli concedeva; e, di converso, esso ci dà l’opportunità a tutti noi di seguire con maggiori dettagli quelle personalità italiane che caratterizzarono, ciascuno con il proprio spessore, il dibattito culturale della seconda metà dell’Ottocento. Condividevano – Mommsen e gli italiani – gli stessi interessi di studio, le stesse aspettative politiche, lo stesso ‘linguaggio’? Fino a che punto – uomini e istituzioni –furono coinvolti dai progetti di Mommsen? E fino a che punto l’attività di Mommsen nel Corpus Inscriptionum Latinarum e nei Monumenta Germaniae Historica può rappresentare una cartina di tornasole delle trasformazioni in atto nel cuore dell’Ottocento in un paese che si apprestava, tra fughe in avanti e pesanti arretramenti, a raggiungere la propria unità politica? Questi gli interrogativi sottesi alla ricerca, che hanno orientato le mie scelte nella vastissima area delle fonti epistolari mommseniane.
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VINCI, RENATA. "L’immagine dell’Italia nella stampa cinese di epoca tardo-Qing: Il ruolo dello Shenbao 申報 (1872-1911)". Doctoral thesis, 2017. http://hdl.handle.net/11573/1340704.

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Abstract:
Il lavoro di ricerca svolto dalla dottoranda Renata Vinci negli anni 2013-2016 ha avuto come oggetto l’immagine dell’Italia all’interno del quotidiano di Shanghai Shenbao, pubblicato tra il 1872 e il 1949. Il periodo di indagine su cui si è concentrata la ricerca della dott.ssa Vinci è quello tardo imperiale, dall’inizio della pubblicazione del quotidiano al 1911. L’importanza del periodico scelto come fonte principale dello studio è stata ampliamente riconosciuta dalla comunità accademica internazionale, che ne ha sottolineato l’alto valore storiografico ed enciclopedico per lo studio della storia della Cina moderna. Inoltre, la dott.ssa Vinci si è servita di altre fonti per effettuare un’analisi comparativa, tra cui periodici pubblicati in Cina sia in cinese che in inglese, stampa italiana, documentazione diplomatica e altre fonti storiografiche. L’indagine all’interno di un ampio corpus di testi è stata possibile grazie alla consultazione di database elettronici che raccolgono i maggiori periodici dell’epoca, a cui la dott.ssa Vinci ha potuto accedere durante alcuni viaggi di ricerca principalmente presso la Biblioteca Nazionale di Berlino e durante un anno di lavoro condotto presso la Fudan University di Shanghai. Il suo lavoro di raccolta delle fonti ha dato origine a un database di oltre duemila articoli apparsi sullo Shenbao e contenenti il toponimo Italia, nelle sue diverse trascrizioni cinesi, che la dottoranda ha catalogato annotandone data di pubblicazione, titolo, autore o fonte (quando presente) e tematiche trattate. Quest’ultima classificazione è stata propedeutica alla selezione di alcuni argomenti rappresentativi dell’immagine dell’Italia per i quali la dott.ssa Vinci ha selezionato un campione di testi che ha tradotto e analizzato alla luce delle altre fonti sopra menzionate. Le tematiche emerse dalla classificazione nel database sono state: attualità, diplomazia, cultura, scienze e tecnologie, commercio, casi giudiziari, affari militari eccetera. Tra queste la dott.ssa Vinci ha selezionato tra macro-aree all’interno delle quali svolgere la sua indagine, che sono: 1) la cultura italiana, che include articoli su arte e archeologia, letteratura, lingua e istruzione, storia e personalità storiche; 2) scienza e tecnologie, con un focus sulle tecnologie di telecomunicazioni e trasporti e l’illustrazione di altri casi di invenzioni o tecniche scientifiche a cui l’Italia ha dato un contributo; 3) gli italiani in Cina, sezione che raccoglie notizie sull’operato della comunità italiana e che incluse un approfondimento sull’episodio della Baia di Sanmen, spettacoli e attività culturali ad opera di italiani e casi giudiziari che videro coinvolti nostri concittadini. Il database sopra citato, inoltre, sarà incluso in appendice alla tesi come strumento di consultazione, ma rappresenta uno strumento con maggiori potenzialità di ricerca e indagine se consultato su supporto elettronico.
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Bernardi, Davide. "CYRENAIC ECONOMIC EVOLUTION DURING FASCIST PERIOD (1922-1939)-The impact of Italian repression against Indigenous on local economy." Doctoral thesis, 2020. http://hdl.handle.net/11562/1018034.

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Abstract:
This study wants investigate the impact of Italian dominion on Libyan economy during the period between 1922 and 1940. In particular, we attempt to understand if the repression in Cyrenaica in years between 1930-33, with the creation of concentration camps, caused a deconstruction of local economy. To make this, we reconstructed the events related to Italian colonialism until WWI and then we collected data about Libya between 1920 and 1940. Our work focused on the relationship between two primary indigenous goods: barley and sheep, although we also used other several control variables. Analysing this, we conclude that the dynamics of local economy, which showed a strictly negative correlation between agriculture products and breeding products before the Fascist Regime, and which are represented by the town of Barce in the Cyrenaic hinterland, changed in the period between 1926-39 compared to the three years between 1920 and 1922.
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DE, LAUDE Silvia Giovanna. "GIANFRANCO CONTINI ALFREDO SCHIAFFINI CARTEGGIO (1935-1971)." Doctoral thesis, 2014. http://hdl.handle.net/11562/565549.

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Abstract:
Fra tutti i carteggi di Gianfranco Contini (e ne sono stati pubblicati ormai molti: con Carlo Emilio Gadda, Eugenio Montale, Emilio Cecchi, Aldo Capitini, Luigi Russo, Giorgio Pasquali, Giuseppe De Luca, ecc.), quello con Alfredo Schiaffini ha un posto particolare: è il più considerevole per numero di lettere e per durata cronologica (dal 1935 al 1971) con un “addetto ai lavori”, un collega. Quando Contini scrive a Schiaffini per la prima volta, ha ventitré anni. Si è appena laureato in Filologia Romanza all'Università di Pavia, e ha vinto una borsa di studio per perfezionarsi a Parigi, con Joseph Bédier. Schiaffini, quando riceve quella prima lettera da Parigi, il 18 febbraio 1935, ha quarant'anni. È un professore affermato, con cattedra a Genova e incarichi alla Scuola Normale di Pisa. La complicità è immediata. L'affetto, durerà per tutta la vita, e i contatti non si interromperanno mai, fino alla morte di Schiaffini, avvenuta nel 1971. Succede, nel frattempo, di tutto. Contini diventa la star indiscussa della filologia italiana, venerato e temuto da amici e colleghi, autore di saggi mirabili, che rivoluzionano la disciplina, e punto di riferimento per molti scrittori contemporanei (Montale, Gadda e Pasolini sono solo i più celebri). Nasce, in polemica con Benedetto Croce, e su impulso proprio di Contini, la “critica delle varianti”, che Schiaffini (è tra gli aspetti poco noti emersi da questo carteggio) è fra i primi ad appoggiare e sostenere. Nel 1935, c'è la guerra. Le biblioteche universitarie non comprano riviste straniere, e Contini procura a Schiaffini, da Parigi, estratti introvabili in Italia, acquistati da Droz. Entrambi i corrispondenti perdono, negli anni della guerra, libri, carte, lettere. La ricostruzione li vede ancora l'uno accanto all'altro, impegnati, con ruoli diversi, nel programma di ricostruzione della storia letteraria nazionale portato avanti dalla casa editrice Riccardo Ricciardi: Schiaffini è coinvolto da Mattioli fin dal 1949 nella direzione della collana “La letteratura italiana. Storia e testi”, insieme a Pietro Pancrazi, che intende stabilire un 'canone' della letteratura italiana in 75 volumi, da consegnare alla classe dirigente del futuro. Prima ancora che l'incarico sia ufficializzato, ne dà notizia a Contini, e gli affida l'incarico di curare per la collana i due volumi dei Poeti del Duecento, che usciranno nel 1961, e cambieranno il modo di pubblicare i testi delle origini. Poco più tardi, Schiaffini promuove alla Ricciardi una nuova casa editrice, i “Documenti di filologia”: che dirigerà scegliendo di avere al suo fianco, ancora una volta, Contini. Quarant'anni di storia non solo accademica italiana, come si riflettono nelle lettere di due studiosi che hanno messo le basi della disciplina filologica in Italia.<br>The exchange of letters between Gianfranco Contini and Alfredo Schiaffini is quite peculiar, even if compared with the many ones Contini had with Carlo Emilio Gadda, Eugenio Montale, Emilio Cecchi, Aldo Capitini, Luigi Russo, Giorgio Pasquali, Giuseppe De Luca and others, already published. It is the most considerable for its length and for the incredible number of letters: it lasts from 1935 to 1971 and involves two “colleagues”. Contini addresses his first letter to Schiaffinin on February 18th, 1935: he is only 23 y.o., he has just taken his degree in Romance Philology and obtained a scholarship to specialize with Joseph Bedier in Paris. Schiaffini is a 40 y. o. well known professor at Genova University, who lectures at Pisa Scuola Normale Superiore. Their complicity is immediate; they love each other and won’t interrupt their friendly relation up to Schiaffini’s death in 1971. Contini is soon going to become the undisputed ‘star’ of Italian Philology, revered and feared by friends and colleagues, author of admirable essays which turn his teaching upside down; the reference point of many contemporary writers (Montale, Gadda and Pasolini are only the best known). Schiaffini supports and backs up at once “critica delle varianti”, born under the impulse of Contini and in dispute with Benedetto Croce: this is one of the less known aspects these letters have drawn the attention on. In 1935 war is on. University libraries don’t buy foreign reviews and Contini sends Schiaffini otherwise unobtainable off prints he buys at Droz. During the war both Contini and Schiaffini lose books, papers and letters. Reconstruction sees them again side by side, engaged with different roles in a programme of rebuilding the national literary history planned by Riccardo Ricciardi. Since 1949 Schiaffini has been called by Mattioli, together with Piero Pancrazi, in the executive staff of “La letteratura italiana”. The aim is to establish a “canon” of the Italian Literature in 75 volumes for the ruling class of the future. Schiaffini writes about his new job to his dear friend Contini – even before its officialization, and gives him the task to edit the two volumes on Poeti del Duecento. These will be ready in 1961 and will change the way of publishing the texts of the origins of our lietrature. Soon after Schiaffini promotes “Documenti di filologia”: once again Contini is at his side to share the management. Forty years of Italian History – not only from an academic point of view, are reflected in the letters of two scholars who laid the foundations of the philological discipline in Italy.
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Marchese, Pina. "Awakening the Calabrian Story: The Diverse Manifestations of Acquiring Knowledge." Thesis, 2010. http://hdl.handle.net/1807/26445.

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Abstract:
It all began in the village. We would wake up with the sun, we would rest our laboured bodies underneath the moon. Gli vecchi (old folks) often told us: “In the end, all that will remain is our story. Nothing else really matters.” This thesis “Awakening the Calabrian Story: The Diverse Manifestations of Acquiring Knowledge” will take you into the lives of ten Southern Italian women from Calabria. They will lure you back to their villages: their place of birth, their hearth, to the midst of the olive trees. Their stories will then migrate to Canada, as these women take their first steps on Pier 21. “In the end, all that matters is our stories.” This thesis will give voice to ten Southern Italian women who will tell the world what, to them, matters most. They will tell their tales and pass on the wisdom they have learned along the way. With each breath and each step, they are always growing, never remaining the same. They go along and live out their villages wherever the thread takes them. This thesis itinerary will begin in the village, follow a journey across the Atlantic Ocean to a life in Canada. Chapter One: (Introduction) will outline and describe the background, purpose and objectives, on this journey of awakening. Chapter Two: (Literature Review) will look at pedagogical perspectives in curriculum theory. Chapter Three: (Methodology) will focus on the research methodology applied throughout this thesis process. Chapter Four: (Stories as Data) will lure readers into the personal lives and experiences of participants. Chapter Five: (Interpretation of Stories) will reveal the analysis of acquired knowledge as reported by participants. This thesis itinerary will continue and conclude by the fireside with a collection of Calabrian folktales told by these participants, and translated from the Calabrian dialect into English.<br>PhD
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