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Dissertations / Theses on the topic 'Volgarizzamenti'

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1

Nieri, Valentina. "La tradizione dei volgarizzamenti toscani dell'Opus agricolturae di Palladio. Saggio di edizione del volgarizzamento III." Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2018. http://hdl.handle.net/11384/86106.

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2

Favaretto, Matteo <1978&gt. "I più antichi volgarizzamenti in versi di Terenzio." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2007. http://hdl.handle.net/10579/518.

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3

Rossetto, Laura. "Lo "Pseudolo" e lo "Stico" di Plauto: volgarizzamenti rinascimentali." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 1994. http://hdl.handle.net/10579/97.

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4

Albesano, Silvia. "Consolatio philosophiae volgare volgarizzamenti e tradizioni discorsive nel trecento italiano." Heidelberg Winter, 2005. http://deposit.ddb.de/cgi-bin/dokserv?id=2765853&prov=M&dok_var=1&dok_ext=htm.

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5

FICHERA, ALDO. "L'edizione di due trattati di mascalcia in volgare siciliano del ms. 2934 della Biblioteca Riccardiana di Firenze." Doctoral thesis, Università degli studi di Catania, 2015. http://hdl.handle.net/20.500.11769/490843.

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Abstract:
Il lavoro dal titolo L'edizione dei due trattati di mascalcia in volgare siciliano del codice 2934 della Biblioteca Riccardiana di Firenze (XV secolo) si configura, da un punto di vista generale, come un contributo alla ricostruzione di un segmento di storia della medicina veterinaria; nella prospettiva degli studi sul volgare siciliano, consente l’accesso a una tipologia di testi che, dopo i contributi di De Gregorio (1904), De Gregorio (1905), e le tesi di laurea di La Rosa (2000) e Di Costa (2001), è stata di fatto negletta. La tesi si articola in due parti: nella prima parte introduttiva il candidato, dopo aver accennato ai preliminari informativi sulle due mascalcie editate, fornisce una breve panoramica sui testi pratico scientifici in volgare siciliano, documentando gli ambiti di produzione e fruizione, e analizzando il ruolo di notevole importanza che ricoprono i trattati di mascalcia all’interno di questa tipologia di testi, come testimonia anche la loro presenza in biblioteche private. In funzione dell’edizione dei due trattati del ms. Riccardiano, l’approccio esperito è stato quello di evidenziare i loro rapporti con la tradizione latina (e, indirettamente, anche greca) e con altri trattati di mascalcia in volgare siciliano, presi in considerazione per la prima volta. L’aggiornamento della bibliografia e un'indagine accurata sui modelli ha evidenziato la natura singolare e composita del primo trattato, frutto di una contaminatio tra fonti eterogenee, quali Giordano Ruffo, la traduzione di Bartolomeo da Messina del De curatione equorum ad Bassum di Ierocle, con una distribuzione all’interno del testo corrispondente a tre nuclei o blocchi: iniziale (Ruffo), centrale (Bartolomeo da Messina), finale (Ruffo). Il confronto sistematico tra il secondo trattato e il testo di Ruffo ha confermato che siamo di fronte a un volgarizzamento dell’opera del nobile calabrese della corte federiciana. A conclusione di questa prima parte introduttiva si sono esaminati i modi della traduzione dell’anonimo volgarizzatore e i caratteri linguistici dei due trattati di mascalcia. Sulla scorta di questa indagine possiamo affermare che non si tratta certamente di una traduzione passiva, che si limita a ricodificare il testo originario nella lingua d’arrivo. La seconda parte della tesi è dedicata all’edizione dei testi. Il testo critico è corredato da un apparato suddiviso in due fasce. Le edizioni dei due volgarizzamenti sono seguite da Note ai testi con notizie sul codice, la sua descrizione codicologica, gli studi sullo stesso, la qualità della copia, la consapevolezza culturale del volgarizzatore/copista e la presentazione dei criteri editoriali adottati.
The work from the title L'edizione dei due trattati di mascalcia in volgare siciliano del codice 2934 of the Riccardiana Library of Florence (century XV) sets up himself, under a point of general view, as a contribution to the rebuilding of a segment of history of the veterinary medicine; in the perspective of the studies on the Sicilian vernacular allows the access to a text typology that after the contributions of De Gregorio (1904), De Gregorio (1905) and the degree thesis of La Rosa (2000) and of Di Costa (2001), has been of fact neglected. The thesis is divided in two parts: in the first introductory part, after outlining the informative preliminaries on two veterinary treatises relating to horses, provides a short survey on the texts practise scientific in Sicilian vernacular documenting the ambits of production and fruition, and analysing the role of remarkable importance which cover the treaties of mascalcia inside this text typology, how testifies their presence into the private libraries too. Depending on the edition of the two treatises of the Riccardiano manuscript, the approach carried out has been to highlight their relationships with the Latin tradition (and, indirectly, also Greek ) and with other treatises of mascalcia in Sicilian vulgar, taken into consideration for the first time. The bibliography updating and a careful investigation on the models has highlighted the singular and composite nature of the first treatise of a contaminatio between heterogeneous sources, as those of Jordan Ruffo, the translation of Bartholomew from Messina of the De curatione equorum ad Bassum by Ierocle , with a distribution inside the corresponding text to three cores or blocks: initial (Ruffo), plant (Bartholomew from Messina), conclusion (Ruffo). The systematic comparison between the second treatise and the Ruffo text has confirmed that we are in front of a vernacularization of Calabrian nobleman s work at Frederic s court. To conclusion of this first introductory part the ways of the translation of the anonymous translator into the vernacular and the linguistic characters of the two mascalcia treatises have been examined. On the escort of this investigation we can affirm that it is not certainly a passive translation, which is limited to recodify the original text in the arrival tongue. The second thesis part is dedicated to the text edition. The critical text is equipped by a device divided into two strips. The editions of two vernaculatizations are followed by notes to the texts with news on the code his codicological description, the studies on the same one, the copy quality, the cultural consciousness of the translator/copyist and the presentation of the adopted publishing criterions.
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6

LUTI, MATTEO. "Il volgarizzamento dei Trattati morali di Albertano da Brescia, secondo Andrea da Grosseto. Studio della tradizione e saggio di edizione critica." Doctoral thesis, Università di Siena, 2018. http://hdl.handle.net/11365/1059455.

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Abstract:
Lo studio ha come oggetto il volgarizzamento di Andrea da Grosseto (1268) dei Trattati morali di Albertano da Brescia, di cui viene offerto un saggio di edizione critica. La prima parte della tesi, dedicata alla ricezione dell’opera di Albertano, inserisce la traduzione di Andrea nel più ampio contesto della circolazione italiana dei Trattati. Si descrivono i volgarizzamenti realizzati nella Penisola tra i secoli xiii e xv, aggiornando le ricerche sulla tradizione manoscritta dei testi e sulle diverse aree di provenienza e diffusione. Ci si concentra in particolare sui codici che tramandano il volgarizzamento di Andrea da Grosseto: Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Conv. soppr. F.4.776 (fine xiii secolo), il più antico testimone completo; Firenze, Biblioteca Medicea Laurenziana, Gad. Rel. 143 (fine xiii o inizio xiv s.) e il meno noto Genève, Bibliothèque de Genève, Comites Latentes 112 (sec. xiv, seconda metà). Ampio spazio è dedicato alla descrizione dei manoscritti e alla loro analisi linguistica. Lo studio introduttivo si conclude con un capitolo che ricostruisce i rapporti testuali tra i testimoni, per procedere all’edizione del volgarizzamento. La seconda sezione della tesi è occupata dalla proposta di edizione critica dei Trattati. Nelle note di commento che seguono il testo si è dato risalto al confronto tra la traduzione di Andrea e il testo latino, con frequenti rimandi ai coevi volgarizzamenti italiani.
The object of this is the vulgarization of Andrea da Grosseto (1268) of the Moral treaties of Albertano da Brescia, of which a critical edition essay is offered. The first part of the thesis, dedicated to the reception of the work of Albertano, inserts the translation of Andrea into the context of the Italian circulation of the Treaties. The vulgarisations made in the Peninsula between the thirteenth and fifteenth centuries are described, updating the research on the manuscript tradition of the texts and on the different areas of origin and diffusion. We focus in particular on the manuscripts that pass on the vulgarization of Andrea da Grosseto: Florence, Biblioteca Nazionale Centrale, Conv. Soppr. F.4.776 (end of the 13th century), the oldest complete witness; Florence, Laurentian Library, Gad. Rel. 143 (end of XIII or beginning of 14th century) And the less known Genève, Bibliothèque de Genève, Comites Latentes 112 (14th century, second half). Ample space is dedicated to the description of the manuscripts and their linguistic analysis. The introductory study concludes with a chapter that reconstructs the textual relationship between the witnesses, to proceed with the edition of the vulgarization. The second section of the thesis is occupied by the proposal for a critical edition of the Treaties. The commentary notes following the text offer a comparison between Andrea's translation and the Latin text, with frequent references to contemporary Italian vulgarisations.
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7

Colombo, Michele. "I volgarizzamenti toscani della «Formula vitae honestae» di Martino di Braga: edizione critica e commento." Doctoral thesis, Università di Siena, 2022. http://hdl.handle.net/11365/1211694.

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Abstract:
Composta da Martino di Braga alla fine del sec. VI, la "Formula vitae honestae" è un breve trattato sulle quattro virtù cardinali (prudentia, magnanimitas, continentia e iustitia), che godette di ampia fortuna lungo tutto il Medioevo, soprattutto a partire dal sec. XII quando venne inclusa tra le opere morali di Seneca. Di un tale successo sono prova da un lato la ricca tradizione manoscritta (che conta circa settecento manoscritti latini), dall’altro le versioni volgari procedenti da più aree linguistiche d’Europa. In Toscana, regione che più di altre conobbe con intensità e fervore il fenomeno dei volgarizzamenti, il trattato è stato tradotto undici volte tra la seconda metà del Duecento e il primo Quattrocento, per un totale di più di sessanta testimoni manoscritti. Si tratta di traduzioni perlopiù inedite o disponibili in pubblicazioni ormai datate, inaffidabili dal punto di vista testuale. Con questo lavoro abbiamo voluto colmare questa lacuna. Dopo aver sondato la tradizione manoscritta, abbiamo offerto l’edizione critica degli undici volgarizzamenti. Nel primo capitolo viene presentato per sommi capi il testo latino, cercando di mettere in luce le ragioni di un tale successo e dell’attribuzione a Seneca. Successivamente si passano in rassegna le traduzioni della "Formula vitae honestae" redatte fuori Toscana. Nel terzo e nei seguenti capitoli, dopo aver presentato le caratteristiche del nostro corpus, si forniscono le edizioni critiche di ciascuna versione, procedendo in ordine cronologico. Per ciascun testo si propone un inquadramento all’interno dell’ambiente di produzione e di circolazione, per poi procedere con la descrizione dei testimoni e con la presentazione dei risultati della collazione. La brevità del trattato ha talvolta costretto ad abbandonare la possibilità di allestire l’edizione critica per via stemmatica: in questi casi vengono di volta in volta presentati i criteri adottati nella constitutio textus. Per ogni testo si fornisce l’analisi linguistica del manoscritto di base e, ove possibile, si tenta di individuare la forma dell’ipotesto latino, sulla base delle varianti registrate nelle edizioni critiche della "Formula" e dell’analisi autoptica di alcuni codici latini. Le note di commento ai testi, collocate in chiusura delle singole edizioni, hanno il duplice scopo di giustificare alcune scelte editoriali e di fornire un’interpretazione dei passi stilisticamente e linguisticamente più rilevanti.
The "Formula vitae honestae" is a short treatise about the four cardinal virtues (prudentia, magnanimitas, continentia and iustitia) composed by Martin of Braga at the end of the 6th century. This work met an incredible success during the whole Middle Ages, particularly from the 12th century, when it began to be copied as a moral work of Seneca. Evidence of such a success is the abundant manuscript tradition (we know about 700 Latin manuscripts) and the production of vernacular translations in different linguistic areas of Europe. In Tuscany, where the translation activity was particularly strenuous in the Middle Ages, the treatise was translated eleven times between the second half of the 13th and the beginning of the 15th century, for a total amount of more than 60 manuscripts. Most of these vernacular versions are unpublished and the published ones are unreliable. The present study aims to provide the edition of the Tuscan translations of the Formula vitae honestae, after having examined the whole manuscript tradition. The first chapter is devoted to the Latin text, in particularly to the reasons for such a success and for the attribution to Seneca. Then we offer an account of the translations of the "Formula vitae honestae" executed outside Tuscany. The third and following chapters, after having shown the characteristics of our corpus, are devoted to the critical editions of the texts, following the chronological order. Each edition is introduced by an account of the cultural environment in which the treatise has been translated and circulated. Then we deal with the manuscript tradition, firstly providing a paleographical description of the codices, then presenting the results of the collatio of the manuscripts. Due to the conciseness of the "Formula vitae honestae", sometimes it has not been possible to provide a critical edition through the stemmatic approach: for each of these cases, we explain the criteria followed for the constitution textus. We present then a linguistic analysis of the manuscripts used as the linguistic base for the critical editions and, where it has been possible, we try to outline the form of the Latin hypotext, based on the critical apparatus of the recent editions and the examination of some Latin codices. The notes, placed at the end of the editions, have a double aim: on the one hand they provide the reason behind some editorial choices, on the other hand they presented an interpretation of the loci which are particularly interesting from a linguistic or stylistic point of view.
Compuesta por Martín de Braga al final del siglo VI, la "Formula vitae honestae" es un breve tratado sobre las cuatro virtudes cardinales (prudentia, magnanimitas, continentia y iustitia), que conoció un increíble éxito durante toda la Edad Media, especialmente a partir del siglo XII, cuando empezó a ser copiada y leída como obra moral de Séneca. Su tan gran fortuna queda probada por una rica tradición manuscrita (alrededor de 700 testimonios manuscritos) y por las traducciones realizadas en diferentes áreas lingüísticas de Europa. En Toscana, que fue una región particularmente precoz y animada en la actividad de la traducción, el tratado ha sido puesto en volgare once veces entre la segunda mitad del siglo XIII y los primeros años del XV, en un total de más de 60 testimonios manuscritos. En su mayoría se trata de traducciones inéditas o disponibles en ediciones obsoletas, poco fiables desde el punto de vista textual. Este trabajo quiere llenar este vacío. Después de haber sondeado la tradición manuscrita, ofrecemos la edición crítica de las onces traducciones. En el primero capítulo hemos presentado someramente el tratado latino, intentando de aclarar las razones de su gran éxito y de la atribución a Séneca. En segundo lugar hemos pasado revista a las traducciones de la "Formula vitae honestae" fuera de la Toscana. En el capítulo tercero y siguientes, después de haber presentado las características de nuestro corpus, ofrecemos las ediciones críticas, procediendo en orden cronológico. Para cada versión proponemos un encuadre en el ambiente de producción y circulación, y después presentamos la descripción de los testimonios manuscritos y los resultados de la collatio. La brevedad de este tratado a veces no permite seguir el método estemático: en esos casos hemos expuestos en cada caso los criterios adoptados en la constitutio textus. Para cada traducción de la "Formula vitae honestae" ofrecemos una descripción lingüística del manuscrito base y, cuando es posible, intentamos de trazar los rasgos del hipotexto latino, a través de la confrontación con las variantes registradas en el aparato crítico de las ediciones de la "Formula" y del examen de otros códices latinos. Las notas al texto, puestas al final de cada edición, tienen una doble finalidad: por un lado, la de legitimar unas elecciones editoriales, por el otro, la de ofrecer una interpretación de los pasajes particularmente relevantes desde un punto de vista lingüístico y estilístico.
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CICCHELLA, ATTILIO. "Domenico Cavalca "Volgarizzamento degli Atti degli Apostoli". Edizione critica." Doctoral thesis, Università del Piemonte Orientale, 2017. http://hdl.handle.net/11579/102644.

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Abstract:
Studio della tradizione, manoscritta e a stampa, ed edizione critica degli Actus Apostolorum volgarizzati da Domenico Cavalca da Vicopisano. L'edizione è accompagnata una postilla linguistica e da un glossario.
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9

Trentin, Eleonora <1992&gt. "I volgarizzamenti italiani della relazione di viaggio di Nicolò de' Conti (Poggio Bracciolini, De varietate fortunae, libro IV): edizione critica commentata." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2021. http://hdl.handle.net/10579/20586.

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Abstract:
La tesi è dedicata all’edizione critica con commento alle tecniche traduttive dei volgarizzamenti italiani del resoconto odeporico del mercante Nicolò de’ Conti (ca. 1385-1469), contenuto nel IV libro delle Historiae de varietate fortunae di Poggio Bracciolini. In Italia nel corso della seconda metà del XV secolo questo testo fu oggetto di tre trasposizioni in volgare, due di area toscana e una di origine veneta, fino ad oggi inedite e tràdite da sei testimoni. Oltre allo studio della tradizione manoscritta dei tre volgarizzamenti e alla ricostruzione dei loro rapporti genealogici, si dedica ampio spazio all’analisi delle caratteristiche testuali di ciascuna traduzione e all’esame delle tecniche traduttive adottate dai rispettivi volgarizzatori. In apertura alla tesi si propongono inoltre alcuni cenni biografici sulla figura di Nicolò de’ Conti e un quadro della storia redazionale, della struttura e dei contenuti del IV libro del De varietate fortunae.
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10

Pilati, Filippo. "I "Fatti di Cesare" nel Veneto e le "Zesarie batalie romane" del ms. Canon. Ital. 136 di Oxford." Doctoral thesis, Università di Siena, 2020. http://hdl.handle.net/11365/1105152.

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Abstract:
Questa tesi si pone l’obiettivo di studiare la fortuna e la circolazione nel Veneto dei "Fatti di Cesare", con una proposta di edizione critica delle inedite "Zesarie batalie romane contenute nel ms. Oxford, Bodleian Library, Canonicianus Italicus 136. Nel fare questo si è anzitutto offerto, nella parte I di questo lavoro, una disamina attenta dei numerosi volgarizzamenti italiani dei "Faits des Romains", con l’ampia discussione della bibliografia esistente sulla questione e un riesame complessivo delle diverse testimonianze manoscritte, unito anche a un controllo sulla tradizione del testo francese. Ѐ stata quindi proposta, sulla base di nuovi dati ricavati dalle nostre indagini, una nuova classificazione di tutti i volgarizzamenti italiani dei "Faits des Romains" in otto diversi raggruppamenti. La parte II è invece focalizzata sulla tradizione manoscritta dei "Fatti di Cesare", uno dei più diffusi e fortunati volgarizzamenti dei "Faits des Romains", contraddistinto per essere una versione abbreviata del testo francese che godette, tra i secc. XIV e XV, di una consistente circolazione, attestata anche nell’Italia settentrionale e, in particolare, nel Veneto. A partire da una nuova ricognizione dell’intero testimoniale manoscritto dei Fatti di Cesare, che ha permesso inoltre di incrementare la tradizione con alcuni codici finora mai segnalati, è stata dapprima studiata da un punto di vista materiale la diffusione e la circolazione di questo testo in spazi e tempi diversi. Tutti i codici di questa tradizione sono stati visionati direttamente e descritti tramite l’esame codicologico di ogni singolo testimone, supportato inoltre da un controllo sui cataloghi delle principali biblioteche, sui database digitali disponibili e sulla più aggiornata bibliografia filologica. Si è quindi proceduto con una recensio codicum dell’intera tradizione manoscritta, che, condotta tramite la collazione di loci critici opportunamente selezionati, ha permesso una precisa classificazione dei numerosi codici dei Fatti di Cesare, operazione indispensabile, in attesa di un’edizione critica del testo, per poterne studiare, in una prospettiva ecdotica, la circolazione nel Veneto. Ѐ stato così possibile dimostrare da quale snodo della tradizione abbiano avuto origine le "Zesarie batalie romane" – adattamento quattrocentesco in dialetto veneziano dei Fatti di Cesare –, il cui studio è stato dedicato alla terza ed ultima parte di questo lavoro. L’edizione del testo è stata preceduta da alcune annotazioni sulla lingua delle "Zesarie batalie romane, con uno studio della grafia, della fonetica e della morfologia, che permetta di apprezzarne la particolare stratigrafia linguistica, caratterizzata da un diasistema in cui, alla lingua primaria del modello toscano, si sovrappone la patina linguistica del veneziano. Il testo critico è stato infine presentato, come è norma comune nell’edizione di testi veneti antichi, secondo criteri prudentemente interpretativi, che, pur tenendo conto delle peculiarità del manoscritto, testimone, nella sua specificità, di una precisa modalità di riuso dei "Fatti di Cesare" nel Veneto, non rinuncia a intervenire laddove necessario ai fini di una migliore fruibilità e leggibilità del testo. Naturalmente, si è sempre dato conto di ogni singolo intervento, segnalando in un apposito apparato la lezione del manoscritto, in modo da consentire, a chi lo desideri, la costante ricostruzione della facies originaria. L’edizione critica delle "Zesarie batalie romane", che qui si pubblica per la prima volta, costituisce dunque un’importante acquisizione per lo studio dei volgarizzamenti italiani dei "Faits des Romains", permettendoci di apprezzare le complesse modalità di ricezione, circolazione e riuso nei secoli di un testo che ebbe una tale fortuna nel corso di tutto il Medioevo e che significò molto per la storia dei volgarizzamenti in Italia.
This work aims to study the fortune and circulation in the Veneto region of the "Fatti di Cesare" with a critical edition of the unpublished "Zesarie batalie romane" of the ms. Oxford, Bodleian Library, Canonicianus Italicus 136. The first part of this work offers a careful examination of the numerous Italian vernaculars of the Faits des Romains, with an extensive discussion of all the bibliography on the issue and a comprehensive review of the various manuscripts, together with a check on the tradition of the French text. The second part focuses on the manuscript tradition of the "Fatti di Cesare", one of the most widespread and successful vernaculars of the "Faits des Romains", distinguished by being an abbreviated version of the French text that enjoyed, between the 14th and 15th centuries, a consistent circulation, also attested in northern Italy and, in particular, in the Veneto region. A recensio of the entire manuscript tradition was then carried out through the collation of suitably selected loci criciti, allowing a precise classification of the numerous codices of the "Fatti di Cesare", an indispensable operation, pending a critical edition of the text, in order to study, from a textual perspective, its circulation in the Veneto region. It has thus been possible to identify the origin of the" Zesarie batalie romane" – fifteenth-century adaptation in Venetian dialect of the "Fatti di Cesare" –, whose study has been dedicated to the third and last part of this work. The edition of the text was preceded by some notes on the language of the "Zesarie batalie romane", with a study of handwriting, phonetics and morphology, As is the common norm in the edition of ancient Venetian texts, the critical text was presented according to prudently interpretative criteria, considering the peculiarities of the manuscript, which testifies, in its specificity, to a precise willingness to reuse the material of the "Fatti di Cesare" in Veneto region. By the way, in order to the readability of the text, we do not renounce to correct it where necessary. Every single intervention on the text has always been considered, pointing out the lesson of the manuscript in a special apparatus, so as to allow the constant reconstruction of the original facies. The critical edition of the Zesarie batalie romane, which is published here for the first time, is therefore an important acquisition for the study of the Italian vernaculars of the Faits des Romains, allowing us to appreciate the complex ways of receiving, circulating and reusing over the centuries of such a significant text in the history of vernaculars in Italy.
L’objectif principal de ce travail a été d’étudier la fortune italienne des "Faits des Romains" et, notamment, leur réception en Vénétie; mon étude est complétée par l’édition critique des "Zesarie batalie romane" du ms. Oxford, Bodleian Library, Canonicianus Italicus 136, jusqu’alors inédites. Celles-ci constituent une transposition en vernaculaire vénitien librement adaptée d’une version toscane des "Faits des Romains" connue sous le nom de "Fatti di Cesare" et dotée d’une grande fortune même hors de Toscane, devenant la source de beaucoup d’autres textes. Dans la première partie de ce travail, je présente un examen attentif des nombreuses traductions italiennes des "Faits des Romains". Sur la base de mes enquêtes, conduites à partir d’une discussion approfondie de toute la bibliographie existante sur la question et d’une analyse des différents témoignages manuscrits, aussi bien français qu’italiens, je propose une nouvelle classification de toutes les versions italiennes des "Faits des Romains". La deuxième partie est centrée sur la tradition manuscrite des "Fatti di Cesare". À partir d’une nouvelle recognitio codicum des "Fatti di Cesare", qui m’a permis de dénombrer 49 manuscrits survivants de cette tradition, parmi lesquels deux manuscrits jamais mentionnés auparavant, j’ai d’abord étudié d’un point de vue matériel la diffusion et la circulation de ce texte dans différents espaces et époques. J’ai ensuite procédé à une recensio codicum de toute la tradition manuscrite, qui, grâce à une collation pour loci critici choisis, m’a permis de classer avec précision les nombreux manuscrits des "Fatti di Cesare", opération indispensable, en attendant l’édition critique du texte, pour en étudier même dans une perspective textuelle sa circulation en Vénétie. La troisième partie de ce travail a été finalement dédiée à l’étude des "Zesarie batalie romane". L’édition du texte a été précédée de quelques annotations sur la langue du texte avec une étude de la graphie, de la phonétique et de la morphologie. A cause de la stratigraphie linguistique de ce texte, caractérisée par un diastème dans lequel la patine linguistique du vénitien se superpose à la langue primaire du modèle toscan, il n’a pas toujours été possible d’isoler avec certitude les éléments attribuables au système primaire ou secondaire. De plus, en raison de la datation du ms. Canonicianus Italicus 136, à savoir l’année 1454, il était légitime d’y attendre, également au niveau du système linguistique vénitien-padan, un degré plus ou moins élevé de phénomènes typiquement toscans, et pour cette raison superposable au système linguistique de l’antigraphe toscan. Pour tout cela, j’ai décidé de proposer une analyse linguistique de nature purement descriptive, qui sans viser une analyse linguistique complète, peut présenter un examen attentif des phénomènes les plus importants retraçables dans le texte. Le texte critique a été présenté, comme d’ordinaire pour l’édition des anciens textes vénitiens, selon des critères prudemment interprétatifs, qui, tout en tenant compte des particularités du manuscrit Canonicianus, ne renonce pas à intervenir là où cela est nécessaire pour une meilleure lisibilité du texte. Naturellement, j’ai rendu compte de chaque intervention dans un apparat, où j’ai toujours indiqué la leçon du manuscrit, afin de permettre aux lecteurs la reconstruction constante de la facies original. L’édition critique des "Zesarie batalie romane", qui est publiée ici pour la première fois, est donc une acquisition importante pour l’étude des versions italiennes des "Faits des Romains", nous permettant d’apprécier les méthodes complexes de réception, de circulation et de réutilisation au cours des siècles d’un texte qui a connu un tel succès tout au long du Moyen Âge.
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Fichera, Aldo. "L'edizione di due trattati di mascalcia in volgare siciliano del ms. 2934 della Biblioteca Riccardiana di Firenze." Doctoral thesis, Università di Catania, 2015. http://hdl.handle.net/10761/3864.

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Abstract:
Il lavoro dal titolo L edizione dei due trattati di mascalcia in volgare siciliano del codice 2934 della Biblioteca Riccardiana di Firenze (XV secolo) si configura, da un punto di vista generale, come un contributo alla ricostruzione di un segmento di storia della medicina veterinaria; nella prospettiva degli studi sul volgare siciliano, consente l accesso a una tipologia di testi che, dopo i contributi di De Gregorio (1904), De Gregorio (1905), e le tesi di laurea di La Rosa (2000) e Di Costa (2001), è stata di fatto negletta. La tesi si articola in due parti: nella prima parte introduttiva il candidato, dopo aver accennato ai preliminari informativi sulle due mascalcie editate, fornisce una breve panoramica sui testi pratico scientifici in volgare siciliano, documentando gli ambiti di produzione e fruizione, e analizzando il ruolo di notevole importanza che ricoprono i trattati di mascalcia all interno di questa tipologia di testi, come testimonia anche la loro presenza in biblioteche private. In funzione dell edizione dei due trattati del ms. Riccardiano, l approccio esperito è stato quello di evidenziare i loro rapporti con la tradizione latina (e, indirettamente, anche greca) e con altri trattati di mascalcia in volgare siciliano, presi in considerazione per la prima volta. L aggiornamento della bibliografia e un indagine accurata sui modelli ha evidenziato la natura singolare e composita del primo trattato, frutto di una contaminatio tra fonti eterogenee, quali Giordano Ruffo, la traduzione di Bartolomeo da Messina del De curatione equorum ad Bassum di Ierocle, con una distribuzione all interno del testo corrispondente a tre nuclei o blocchi: iniziale (Ruffo), centrale (Bartolomeo da Messina), finale (Ruffo). Il confronto sistematico tra il secondo trattato e il testo di Ruffo ha confermato che siamo di fronte a un volgarizzamento dell opera del nobile calabrese della corte federiciana. A conclusione di questa prima parte introduttiva si sono esaminati i modi della traduzione dell anonimo volgarizzatore e i caratteri linguistici dei due trattati di mascalcia. Sulla scorta di questa indagine possiamo affermare che non si tratta certamente di una traduzione passiva, che si limita a ricodificare il testo originario nella lingua d arrivo. La seconda parte della tesi è dedicata all edizione dei testi. Il testo critico è corredato da un apparato suddiviso in due fasce. Le edizioni dei due volgarizzamenti sono seguite da Note ai testi con notizie sul codice, la sua descrizione codicologica, gli studi sullo stesso, la qualità della copia, la consapevolezza culturale del volgarizzatore/copista e la presentazione dei criteri editoriali adottati.
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Sideri, Cecilia <1992&gt. "Per la fortuna di Diodoro Siculo fra XV e XVI secolo: la traduzione latina di Poggio Bracciolini e i primi volgarizzamenti : con un saggio di edizione critica dei testi volgari." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/17835.

Full text
Abstract:
La tesi indaga la fortuna di cui godettero i primi cinque libri della 'Biblioteca storica' di Diodoro Siculo nei secoli XV e XVI attraverso lo studio della traduzione latina ad opera di Poggio Bracciolini (1449) e dei primi due volgarizzamenti italiani noti, entrambi anonimi, di cui si propone un'analisi e un saggio di edizione.
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MORLINO, Luca. "«Alie ystorie ac dotrine»: Il "Livre d'Enanchet" nel quadro della letteratura franco-italiana." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2009. http://hdl.handle.net/11577/3426512.

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Abstract:
The subject of this thesis is the so-called "Livre d’Enanchet", the oldest text of Franco-Italian literature, already composed in the first half of 13th century. It was nevertheless overlooked by former critics because of its extraneousness to Epic literature whom most of the other Franco-Italian texts composed in the following century instead belongs. The present study is therefore an attempt to fill the gaps still present in our current historical and cultural picture of the diffusion of French language in several parts of Medieval Italy, with special regard to didactic texts and prose works. The introduction deals with a historical and literary setting of "Livre d’Enanchet"; a description of its two manuscripts, stored in Wien and Zagreb; an onomastical study of the Author’s name; a general analysis of text’s contents and internal structure (estates materials, universal history and love doctrine or "ars amandi"); a study of its Latin sources (Saint Paul’s "Epistles", Peter Comestor’s "Historia scolastica", Andreas Capellanus’ "De amore", Boncompagno da Signa’s "Rota Veneris", the anonymous "Facetus Moribus et vita" and another alleged one on the basis of some analogies with the following Antonio Pucci’s "Libro di varie storie"); a discussion about the general nature of the text, which could be either a compilation in vulgar language or a translation of a pre-existent Latin compilation; a comparative analysis of main linguistic features of the MSS, generally similar to those of other Franco-Italian or French texts copied in Northern Italy (the so-called "francese di Lombardia"); finally editorial principles and translation criteria. The central part of this work consists of a interpretative and synoptical edition of the MSS, supplemented by a critical translation founded on the hypothetical original text and then by an analytical commentary of each chapter in relation to sources and historical and cultural context. This commentary includes also the philological discussion of variants and emendations. The last part of this work is a quite complete glossary, which is a kind of supplementary linguistical study through a faithful representation of a language not very omogeneous and not regularly ranging from the French rule to Italian interference.
L’oggetto di questa tesi è il cosiddetto "Livre d’Enanchet", il testo più antico della letteratura franco-italiana, composto già nella prima metà del XIII secolo, ma trascurato dalla critica precedente a causa della sua estraneità al genere epico cui appartengono invece i principali testi di questa letteratura, composti invece nel secolo successivo. Il presente lavoro si configura pertanto come occasione per un’integrazione delle molte lacune che ancora caratterizzano il quadro storico-letterario e culturale della diffusione del francese come lingua letteraria in diverse aree dell’Italia medievale, in particolare per quanto riguarda la composizione di testi didattici nonché per l’uso della prosa. L’introduzione comprende un inquadramento storico-letterario del "Livre d’Enanchet"; la descrizione dei suoi due manoscritti, conservati a Vienna e a Zagabria; la discussione onomastica relativa al poco trasparente nome dell’autore; l’analisi generale del suo contenuto e della sua struttura interna, suddivisibile in tre parti, consistenti rispettivamente nell’esposizione dei doveri dei vari status socio-professionali, in una breve trattazione di storia universale in cui sono esposte le origini di alcuni di questi accanto a quelle di altri status e di alcune istituzioni, infine in un’ars amandi; la presentazione delle sue fonti (le "Lettere" di San Paolo, l’"Historia scolastica" di Pietro Comestore, il "De amore" di Andrea Capellano, la "Rota Veneris" di Boncompagno da Signa, l’anonimo "Facetus Moribus et vita", nonché un’altra fonte finora non rinvenuta ma ipotizzabile sulla base dei riscontri con il più tardo "Libro di varie storie" di Antonio Pucci); la discussione relativa al problematico statuto complessivo del testo, che potrebbe essere tanto quello di una compilazione in volgare quanto all’opposto quello del volgarizzamento di una compilazione latina preesistente; l’analisi comparativa dei principali tratti linguistici che caratterizzano i due testimoni, in buona sostanza riconducibili alla fenomenologia del cosiddetto "francese di Lombardia" degli altri testi francesi composti o copiati in Italia settentrionale; infine i criteri di edizione e traduzione. La parte centrale del lavoro consiste nell’edizione interpretativa sinottica dei due testimoni, con a fianco una traduzione critica, basata cioè sul testo dell’originale, e da un commento analitico di ciascun capitolo in rapporto alle fonti e al contesto storico-culturale. Il commento comprende anche la discussione filologica delle varianti e degli interventi testuali. L’ultima parte del lavoro è costituita da un ampio glossario, tendenzialmente completo, che costituisce una sorta di integrazione dello studio linguistico attraverso una rappresentazione fedele di una lingua così poco omogenea e oscillante tra il rispetto della norma francese e l’interferenza italiana.
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Rampin, Francesca <1997&gt. "Un volgarizzamento francese del Decameron: Laurent de Premierfait." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/21560.

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Abstract:
La tesi si prefigge di analizzare le tecniche di traduzione della traduzione francese del Decameron di Laurent de Premierfait (1411-1414) con particolare attenzione alla Giornata X e alle problematiche legate alla ricezione della novella di Griselda.
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Segato, Maria. "Un inedito volgarizzamento dell'Achilleide di Stazio. Edizione critica e commento." Doctoral thesis, Università degli studi di Padova, 2016. http://hdl.handle.net/11577/3421795.

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Abstract:
With this work the critical edition of an unpublished vernacular translation of the Achilleid by Statius is offered; this is possible thanks the only two manuscripts that are known today: the former located in Florence at the Medicea Laurenziana library and the latter at the Estense library in Modena. Apart from three works that make an isolated mention of the existence of the work, there is no trace of a vernacular edition of the unfinished poem by Statius. In both copies, in addition to the almost complete translation of the classic work, there are the preface and the résumé of the poem; in the Estense manuscript other elements are included: an excursus of the pagan deities; a short description of pre-Christian religions. In the sections where the work appears to require more clarification, the translation of the letter is sometimes followed by a synthetic explanation of the meanings. The two manuscripts present a different version of the vernacular translation: the first in the Florentine language, whereas the second, which is more complete and detailed, in Venetian. The necessity of proposing two separate editions is due to two main reasons: the diverse extensiveness of the discussion and of the linguistic features; and the significant and numerous differences between the two versions of the work. Both editions are made of an apparatus which exposes the content of the manuscripts and, for each locus criticus, makes a comparison with the two; finally, it gives information on the vocabulary, it deals with the history of translation and it shows the association with the Latin original work. The introduction gives the most relevant information related to the textual elements and dating; it presents a synthetic reconstruction of the diffusion of the Achilleid during the Middle Ages and Humanism; and it offers a study on the relations between our work and the manuscript translation of the unfinished poem by Statius. The first chapter deals with a detailed comparison between the two versions of the work: a synoptic reading is given of each table of contents, of the presence/absence of chapters or paragraphs related to an historical or mythological excursus, of the additional elements or variations (more or less equivalent to the Latin original work), of the mistakes related to the work by Statius and, finally, of the shared omissions. Looking at the single editions that show a minute knowledge on the connection between the works, there’s an initial study on the relations with the Achilleid, the translations, and the variations and extensions. Thanks to the error analysis, the presence of coincidences and relevant omissions, it was possible to speculate on the existence of an archetype. In the section dedicated to the error analysis, both polygenic and non-polygenic, there are two charts that contain those variae lectiones that may be set as wrong variations or single omissions of the two manuscripts (this choice comes from the need to promote an easy comparison between the two manuscripts, that are so diverse even though bonded). Two linguistic studies based on the most recent editions of the vernacular translations were led, this was due to the demand for the establishment of the genesis and development of the two works. Hence, the Florentine version was analyzed from a diachronic point of view: the linguistic devices were not only interpreted in relation to their phonetic, morphological or syntactic nature but in relation to their historical development and distribution. Apart from the bibliography and the footnotes, the work end with a glossary compiled on the Venetian manuscript, this choice was dictated by two major arguments: the need of studies on vocabulary related to the Veneto-Venetian area, and unwitnessed elements present in this work.
Si propone in questa sede l’edizione critica di un inedito e integrale volgarizzamento dell’Achilleide di Stazio, noto, ad oggi, soltanto attraverso due testimoni, custoditi l’uno a Firenze, presso la Biblioteca Medicea Laurenziana, e l’altro a Modena, presso la Biblioteca Estense. Di un volgarizzamento dell’incompiuto poema staziano non si rintraccia alcuna notizia, con l’eccezione di tre contributi che recano soltanto isolata menzione dell’esistenza del testo. In entrambe le copie alla quasi completa traduzione dell’opera classica si aggiungono un proemio, un’esposizione dell’opera e, per l’esemplare estense, un’excursus inerente la genealogia delle divinità pagane e una breve descrizione delle singole religioni antecedenti il cristianesimo; la traduzione della lettera è a volte seguita, nei passi in cui il testo sembra presentare maggiori esigenze di chiarimento, da una sintetica illustrazione del significato del testo stesso. I due manoscritti recano una differente versione del volgarizzamento: la prima, in volgare fiorentino; la seconda (più completa e ricca), in volgare veneziano. La differente ampiezza della trattazione e la fisionomia linguistica, unite alle sostanziali e numerose differenze che intercorrono fra le due versioni dell’opera, hanno portato alla decisione di offrire due distinte edizioni, entrambe corredate da un apparato che, oltre a rendere notizia di quanto attestato dai manoscritti, per i singoli loci critici, propone il confronto con l’altro esemplare e, in ulteriore fascia, informazioni di carattere lessicale e lo studio della traduzione e del rapporto con l’originale latino. Nell’Introduzione si propongono le prime sintetiche e necessarie informazioni inerenti i caratteri testuali e la datazione dei testi, la ricostruzione sintetica della fortuna medievale e umanistica dell’Achilleide, lo studio del rapporti tra il nostro testo e la tradizione manoscritta dell’incompiuto poema staziano. Segue poi un capitolo dedicato a un minuto confronto tra le due versioni del testo; si esaminano pertanto, in chiave sinottica, i singoli indici, la presenza /assenza di capitoli o paragrafi dedicati a excursus storici o mitologici, le rispettive aggiunte o variazioni (corrispondenti o meno all’originale latino), i singoli errori in rapporto al testo staziano e, infine, le comuni omissioni. Si aggiungono alcuni approfondimenti in merito allo studio delle relazioni col testo dell’Achilleide, agli interventi traduttivi, alle variazioni e alle rese amplificate, rimandando all’apparato delle singole edizioni, che reca più dettagliata notizia di ogni singolo legame fra i testi. La certezza di un comune ascendente è proposta attraverso uno studio degli errori che concede, per la presenza di due coincidenti e significative lacune, di ipotizzare l’esistenza di un archetipo. A uno spazio dedicato allo studio di altri errori comuni (poligentici e non) seguono due tavole che riportano tutte quelle variae lectiones che si configurano come errate lezioni o omissioni singolari dei due manoscritti (scelta non necessaria, ma dettata dall’esigenza di favorire un più agile confronto tra due esemplari minutamente differenti nella loro parentela). La necessità di stabilire una ipotetica datazione della genesi e della stesura dei due testi ha condotto a due studi linguistici esemplati sul modello delle più recenti edizioni di testi volgarizzati. In particolare, per la versione tradita dal codice fiorentino, si è deciso di condurre un’analisi strutturando le indagini e l’esposizione in chiave diacronica, quindi esaminando i singoli fenomeni linguistici non appena in relazione alla loro natura fonetica, morfologica o sintattica, ma in rapporto al loro periodo di sviluppo e diffusione. All’informazione bibliografica e alla nota al testo segue, infine, un glossario redatto sulla base del testo veneziano, scelta dettata dalla minore diffusione di studi e repertori lessicali inerenti l’area veneto-veneziana e dalla presenza, nel testo volgare, di voci non ancora attestate.
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Verzi, Greta <1989&gt. "Edizione critica e studio lessicale del più antico volgarizzamento degli 'Statuta Veneta'." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2019. http://hdl.handle.net/10579/17790.

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Silvaggi, Alessandra. "Lucidari: edizione critica del volgarizzamento provenzale dell'Elucidarium di Onorio d'Autun (ms. Carpentras 157)." Doctoral thesis, Università degli studi di Trento, 2011. https://hdl.handle.net/11572/368689.

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Silvaggi, Alessandra. "Lucidari: edizione critica del volgarizzamento provenzale dell'Elucidarium di Onorio d'Autun (ms. Carpentras 157)." Doctoral thesis, University of Trento, 2011. http://eprints-phd.biblio.unitn.it/502/1/LUCIDARI.pdf.

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Mizzon, Liu <1998&gt. "Le «Egloghe del clarissimo poeta frate Evangelista Fossa». Un volgarizzamento quattrocentesco delle Bucoliche di Virgilio." Master's Degree Thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2022. http://hdl.handle.net/10579/21861.

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Abstract:
Nei primi anni dell’ultimo decennio del Quattrocento, in un’epoca di rinnovato interesse per la classicità e in particolar per la poesia bucolica, Evangelista Fossa, un frate minorita cremonese di stanza a Venezia, dà alle stampe la sua traduzione delle Bucoliche di Virgilio in versi volgari, facendo precedere il volgarizzamento da un'egloga dialogata di dedica a frate Filippo Cavazza. In questo studio, dopo aver fornito un quadro generale della temperie culturale che ha portato alla versione della Bucolica e aver tracciato le linee principali della biografia dell’autore, si procederà all’analisi puntuale, egloga per egloga, dei passi più significativi del volgarizzamento tenendo conto degli aspetti contenutistici, linguistici e metrico-stilistici. L'attenzione sarà costantemente rivolta al testo virgiliano in modo da individuare attraverso un’analisi comparata le principali differenze tra il volgarizzamento e l’originale latino. Seguirà in appendice una proposta di edizione del testo.
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De, Luca Alina Laura <1984&gt. "La lectura di Boezio nel Medioevo. Edizione critica del volgarizzamento inedito della Consolatio Philosophiae (Città del Vaticano, BAV, Reg. Lat. 1971)." Doctoral thesis, Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, 2018. http://amsdottorato.unibo.it/8697/1/De%20Luca_Alina%20Laura_Tesi.pdf.

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Abstract:
Il contributo si propone la restituzione critica della versione anonima, in antico italiano, della Consolatio Philosophiae con commento aristotelico di Nicolas Trevet attestata in tre codici del XIV secolo (Città del Vaticano, BAV, Reg. lat. 1971 [V]; Kraków, Biblioteka Jagiellońska, Ita. Fol. 174 [K]; Roma, Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana, 44.D.18 [R]). Attraverso la rassegna dei commenti, delle opere originali in qualche modo ispirate al prosimetro e dei volgarizzamenti si prova a ricostruire un quadro il più possibile esaustivo delle molteplici implicazioni culturali che hanno contraddistinto la cosiddetta eredità medievale di Boezio e generato la ricezione della Consolatio nel tempo. In quest’orizzonte un riguardo particolare è stato riconosciuto all’expositio di Nicolas Trevet, uno degli attori principali dell’esegesi boeziana e paradigma per eccellenza della lettura moraleggiante, di matrice schiettamente tomista, nel tempo e in un’area geografica prossimi al contesto «umanistico» fiorentino entro cui il volgarizzamento in oggetto si colloca (localizzazione confermata peraltro dallo studio linguistico del testo). L’analisi della tradizione manoscritta e la collazione dei testimoni ha permesso di avanzare alcune ipotesi stemmatiche, soprattutto alla luce dell’ampio e complesso apparato di glosse che correda la versione nei codici V e K. L’esame delle tecniche traduttorie ha consentito di rilevare l’intento precipuo di una resa fedele dell’originale latino tale da annoverare degnamente l’anonimo volgarizzamento nel quadro della traduzione dei classici, documento prezioso, dunque, di una delle articolazioni più floride della prosa italiana e toscana due-trecentesca. Una sezione conclusiva è dedicata agli aspetti del commento latino di Trevet ritenuti di maggiore interesse: ad essi è dedicato un breve ma significativo approfondimento.
This work aims to publish an anonymous italian translation of Boethius Consolatio Philosophiae with the commentary of Nicolas Trevet; it is attested in three codes of the fourteenth century (Città del Vaticano, BAV, Reg. lat. 1971 [V]; Kraków, Biblioteka Jagiellońska, Ita. Fol. 174 [K]; Roma, Biblioteca dell’Accademia Nazionale dei Lincei e Corsiniana, 44.D.18 [R]), of Florentin origin. After a detailed overview on the medieval fortune of Boethius Consolatio in terms of editions, comments, original works and translations, with particular regard to the work of Nicolas Trevet, this research tries to establish the relationship between the manuscripts of the translation in an ecdotic perspective and with particular attention to the set of marginal glosses present in the codes V and K. Examination of the translation features has allowed to classify the text as a faithful version, worthy to stand alongside the translations of classics produced in Florence in the first half of the fourteenth century. Finally, a selection of interesting places in Trevet’s Latin commentary has been the subject of a detailed study that reveals the importance of the English monk’s work in Florence in Dante's time.
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ITALIA, Davide. "Un inedito volgarizzamento siciliano del Liber marescalciae equorum di Lorenzo Rusio, ms. London, British Library, Harley 3535, cc. 95v-156v: studio ed edizione." Doctoral thesis, Università degli Studi di Palermo, 2020. http://hdl.handle.net/10447/394449.

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Abstract:
L'edizione del ms. London, British Library, Harley 3535, cc. 95v-156v apporta un contributo allo studio dei volgarizzamenti siciliani di trattati di mascalcia. Il testimone, risalente alla fine del XV secolo, costituisce un volgarizzamento siciliano (incompleto) del Liber marescalciae equorum di Lorenzo Rusio. Il manoscritto harleiano è interessante non soltanto perché rappresenta un inedito del trattato di Rusio, ma anche perché consente di delineare l'influsso esercitato da questo autore sulla cultura ippiatrica in Sicilia.
The edition of the ms. London, British Library, Harley 3535, cc. 95v-156v is important for the study of Sicilian vulgarisations of farriery treaties. The witness, dating back to the end of the 15th century, constitutes a Sicilian (incomplete) vulgarization of Lorenzo Rusio's Liber marescalciae equorum. The Harleian manuscript is interesting not only because it represents an unpublished work of the treatise of Rusio, but also because it allows us to delineate the influence exerted by this author on the hippie culture in Sicily.
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Randino, Simonetta <1973&gt. "Leopardi e la ricerca della traduzione perfetta: i "Versi morali dal greco" e il "Volgarizzamento della satira di Simonide sopra le donne" (1823-1824)." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2003. http://hdl.handle.net/10579/448.

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Abstract:
All'interno della pur vastissima bibliografia leopardiana c'è un campo di ricerca che fino a poco tempo fa è rimasto in ombra, vale a dire la traduzione. Negli ultimi anni però l'interesse per le traduzioni sembra avere un nuovo corso, specie per quanto riguarda le lingue antiche. Mi riferisco soprattutto all'edizione dei volgarizzamenti poetici a cura di Franco D'Intino, e al contributo di Novella Bellucci sulla teoria della traduzione.1 La mia ricerca è stata condotta seguendo la strada individuata da questi lavori, prendendo l'avvio dall'ipotesi che l'opera di Leopardi come traduttore e la sua riflessione sulla traduzione si siano influenzati reciprocamente. fl primo capitolo dello studio è stato dedicato all'analisi degli scritti teorici. Una lettura comparata delle introduzioni alle traduzioni poetiche giovanili (1815-1817), dei preamboli alle più tarde traduzioni in prosa (1826­1827) e dei pensieri dello Zibaldone intorno a questo argomento ha portato alle seguenti conclusioni: i). La riflessione sul tradurre è legata alle teorie linguistiche ancor più strettamente di quanto sia stato affermato sinora. Le prime osservazioni contenute nei saggi introduttivi giovanili possono essere ritenute il nucleo generatore del "sistema delle lingue" elaborato anni dopo nelle pagine dello Zibaldone. Nei saggi giovanili Leopardi riflette per la prima volta sulle differenze di indole fra le varie lingue, per cui alcune risultano più adatte di altre a riprodurre la lingua e lo stile dei classici antichi. Nello Zibaldone proseguì la sua ricerca, distinguendo le lingue in base a due principi: universalità e libertà. La libertà è il pregio principale che una lingua possa avere: le assicura un'ampia varietà di forme e una lunga sopravvivenza. Per quanto riguarda l'universalità, essa in passato è coincisa con la libertà, nel caso del greco, liberissimo per storia e per natura e parlato in tutto il mondo conosciuto. La moderna lingua universale è il francese, che però deve la propria diffusione non alla ricchezza di forme e costrutti, come era per il greco, bensì all'uniformità. ii) In questa situazione si intravede ancora una possibilità, per l'esistenza di una lingua che sia moderna e universale, e al tempo stesso Ubera: l'italiano è fra le lingue viventi l'unica che per varietà di forme e di costruzioni è paragonabile al greco, e dunque ha in potenza le caratteristiche adatte a divenire la lingua universale e Ubera che manca alla cultura contemporanea. iii). Con questo progetto contrasta la situazione di fatto: da quando la lingua e la letteratura italiane hanno perduto il proprio primato in Europa - ciò a giudizio di Leopardi è avvenuto dal XVH secolo in poi - la lingua è progressivamente decaduta, fino a giungere a uno stato di mancanza di autonomia e di imbarbarimento. Un grave rischio è inoltre costituito dalle pretese normative dei puristi, che, se avessero corso, invece di preservare la purezza originaria della lingua, soffocherebbero per sempre la sua libertà e la sua capacità di produrre sempre nuovi vocaboU a partire da poche radici. La soluzione è offerta dall'esempio del greco, che dovrà essere imitato per ricreare le qualità originarie della lingua italiana. iv). È a questo punto che la traduzione ritorna come pratica di vitale importanza per le lingue. Si intuisce infatti che la traduzione dal greco costituisce l'attività privilegiata per esercitare la libertà e la varietà dell'italiano. Per studiare l'influenza di queste riflessioni sulla pratica della traduzione, sono stati scelti il Volgarizzamento della satira di Simonide sopra le donne e i Versi morali dal greco. La loro composizione risale al periodo fra la fine del 1823 e i primi mesi del 1824,2 quando la maggior parte delle riflessioni sin qui esposte era stata compiuta, e offrono dunque la possibilità di studiare l'influenza che su di essi ebbe la riflessione teorica. Si è creduto di riconoscere, in questa raccolta di traduzioni, una coerenza che fino ad ora non è stata posta in rilievo. L'unità delle composizioni, scritte di seguito nel medesimo autografo, è stata messa in ombra dal fatto che due di esse nel 1834 sono state scelte per essere incluse nei Canti. Si tratta delle poesie che concludono la sezione dei frammenti, intitolate Dal greco di Simonide {Canti LX) e Dallo stesso {Canti LXI). Nel corso di questa indagine si è ritenuto necessario interpretare i due frammenti assieme alle altre traduzioni, con cui sono stari conservati per più di dieci anni. L'analisi dei volgarizzamenti è stata suddivisa secondo le differenze di stile e di tecnica della traduzione. Il primo e il secondo capitolo sono dedicati ai poeti dei Versi morali: nel secondo sono analizzate le versioni dei poeti della commedia di mezzo, nel terzo invece le traduzioni da Archiloco e Simonide, l'ultimo è dedicato alla Satira sopra le donne. Di ogni traduzione sono stati innanzi tutto presi in esame gli aspetti formali -struttura metrica, lessico e sintassi- e di seguito è stato fatto un confronto con gli originali. Per il raffronto sono state consultate le edizioni utilizzate da Leopardi, secondo quanto è possibile stabilire dagli Elenchi di letture, dalle note nello Zibaldone e dal Catalogo della Biblioteca di Recanati. Le traduzioni dai poeti comici sono quattro: due da Alessi una da Amfide e una da Eubulo. Esse costituiscono un caso isolato nell'opera di Leopardi e non offrono possibilità di accostamenti come invece avviene per le altre tre composizioni dei Versi morali. La lingua si attesta su un registro medio, nel quale risaltano singole voci o espressioni particolarmente colorite. La mediazione fra cultura antica e moderna è compiuta con molta attenzione: come si è detto Leopardi tende a eliminare i riferimenti a usi del mondo greco che ritiene ormai incomprensibili, e li rende con concetti equivalenti, ma più intelleggibili. Le traduzioni da Archiloco e da Simonide sono state condotte con un metodo completamente diverso: lo stile è alto, caratterizzato da un vocabolario ricco di grecismi e di latinismi e da una sintassi complicata. Nonostante la grande differenza, è sembrato di poter istituire un rapporto fra queste tre composizioni e gli altri frammenti dei Versi morali: se questi ultimi, composti in endecasillabi sdruccioli, appartengono per metro e stile alla tradizione della commedia, un rimando alla drammaturgia è riconoscibile anche nelle versioni da Archiloco e da Simonide, che sono composte da un'unica strofa di endecasillabi e settenari variamente rimati, e sono assimilabili per forma e per temi ai cori dei drammi antichi, così come sono descritti in un passo dello Zibaldone, e così come nella tradizione letteraria italiana sono stati riprodotti nell'Aminta e nel Pastor fido. Lo studio dei due frammenti simonidei implica una discussione del problema della loro attribuzione. Come è noto, essi non appartengono al medesimo autore: il primo è opera del poeta Semonide di Amorgo, come anche il giambo Sopra le donne, e solo il secondo frammento dei Canti deve essere ascritto a Simonide di Ceo. Nonostante vari dubbi su tale questione persistano, e interventi anche recenti si esprimano in termini diversi, ritengo, anche sulla scorta di quanto affermato da Marcello Gigante nel suo ultimo intervento su Leopardi e Simonide,3 che a Leopardi fosse noto soltanto il poeta lirico Simonide di Ceo, e che a questi abbia inteso attribuire tutte le opere tradotte sotto questo nome. il Volgarizzamento della satira di Simonide sopra le donne è anteriore ai Versi morali. Per molti aspetti la composizione è assimilabile a quelle dai poeti comici, di cui condivide il metro. Per lo stile si può individuare un modello preciso, vale a dire le Satire di Ariosto. Il fondamento spirituale di questo volgarizzamento appare più complesso che nei frammenti dai poeti comici. La tendenza ad accentuare, rispetto all'originale, i toni cupi e sarcastici, fa pensare che il motivo satirico sia solo un pretesto, per suggerire una verità più profonda: come in alcuni passi dello Zibaldone e dei Pensieri, la donna assurge qui a figura esemplare del destino umano, e la scellerataggine che le è attribuita è solo una fra le tante manifestazioni dell'accanimento della sorte contro gli uomini. Dal confronto con il greco è emersa un'altra caratteristica del volgarizzamento, vale a dire la tendenza a forzare la traduzione in modo da dare un'immagine offuscata degli dei. In altre parole, nel volgarizzamento essi sono presentati come delle figure intermedie fra il destino a loro stessi superiore e l'uomo, secondo una visione non dissimile da quella espressa nella Storia del genere tonano, e tale interpretazione non è suggerita dall'originale greco. L'analisi condotta sulla base dei criteri desunti dalle stesse opere di Leopardi testimonia come queste, che sono le ultime prove poetiche prima degli anni dedicati alla prosa, rispondono all'intendimento di sperimentare, attraverso la traduzione dal greco, nuove forme e nuovi stili per la lingua italiana. Fra queste composizioni, nate come esercizio di "varietà della lingua", videro la luce due capolavori, le traduzioni simonidee dei Canti. Una riconsiderazione di questi due frammenti all'interno della breve raccolta in cui furono originariamente inclusi, è necessaria per meglio comprendere la loro storia e il loro significato. 1 Poeti greci e latini, a c. di F. D'INTINO, Roma 1999 e N. BELLUCCI, «Difficoltà e impossibilità di ben tradurre». Teoria e pratica della traduzione nei pensieri dello Zibaldone, in Lo Zibaldone cento anni dopo: composizione, edizione, temi. Atti del X Convegno intemazionale di studi leopardiani, Firenze 2001. 2 In corso d'opera è stata avanzata per i Versi morali una cronologia più precisa, in base al confronto con alcuni appunti zibaldoniani: sarebbero stati compiuti fra il dicembre 1823 e il gennaio 1824. 3 M. GIGANTE, Simonide e Leopardi, «La Parola del Passato», 53, 1998. There's a work field that has been neglected up to now, inside the huge Leopardi's bibliography, that is the translation. In these last years, however, interest in his translations seems to grow up, especially the ones from ancient languages. I'm referring first of all to the edition of poetic translations from greek and from latin, by Franco D'Intino, and to Novella Bellucci's study about Leopardi's theory of translation.1 My research has taken inspiration from these two works, and starts from the hypothesis that Leopardi's translations and his reflections on translating are strictly connected. The first chapter is dedicated to the analysis about the theory of translation. A comparative reading of the Preamboli to the earlier poetic translations (1815-1817), of the later introductions to prose translations (1826-1827) and of the thoughts of the Zibaldone (1817-1832) regarding this subject, led to the following conclusions: 1. Leopardi's considerations on translating are linked to his theory of languages. First observations included in the early introductions can be considered the origin of the "sistema delle lingue" worked out some years later in the "Zibaldone". In his early essays, Leopardi reflected for the first time about the differences between languages: some of them are more suitable to reproduce the style of ancient languages. In the "Zibaldone" he continued his research, and his classification of languages depends from two principles: freedom and universality. Freedom is the most important quality, and gives languages variety and a long life. For what concerns universality, it was the same thing of freedom, in the greek language. Greek was free for his history and nature and it was spoken in the entire known world. The modern universal language is the french one, but it owes his diffusion to his uniformity, and not to his variety, as it happened with greek. 2. Italian language is the last chance for having a modem language, which still maintains freedom. It is the only one comparable to greek, for his variety, so that it can be the modern universal language. 3. But the italian language lays in a situation of decadence: it has lost his importance in Europe since the 17* century, and has became debased and influenced from french language. A great risk is also represented from the claims of the "Accademici della Crusca": instead of preserving its original pureness, they want to stifle its freedom and its capability to create new terms. 4. The solution is represented from greek language: it shall be imitated to re-create the italian, and translating from greek is of vital interest Translating from greek is the only good mean to practice freedom and variety in Italian language. In order to understand the influence of these reflections on Leopardi's practice of translation, we have decided to analyse a little number of translations, composed between the end of 1823 and the beginning of 1824: the Volgarizzamento della satira di Simonide sopra le donne and the Versi morali dal greco. They are characterised by a coherence that has been till now neglected. The consideration of the unity of the Versi morali has been obscured because Leopardi in the "Canti" has included two of them. They are the two compositions entitled Dal greco di Simonide (Canti LX) and Dallo stesso (Canti LXT)- In our work we have considered the two poems together with the other translations, among which they have been kept for ten years, before being included in the "Canti". Second and third chapter are dedicated to the poets of the "Versi morali": translations from the poets of middle comedy are analysed in the second chapter, while in the third one the translations form Archilocus and Simonides are analysed; the last chapter is dedicated to the Satira sopra le donne. For each translation we have analysed metre, vocabulary and syntax, then we have compared it with the original greek composition. For the comparison we have referred to the same editions of ancient poets used by Leopardi. There are four translations from poets of the middle comedy: two from Alexis, one from Amphis and one from Eubulus. Language and style are those of common speech, with a few rare and vernacular terms. Great attention is given to eliminate from them elements that are peculiar of ancient world and difficult to understand to a modern reader. The translations from Archilocus and Simonides are completely different: the vocabulary is full of terms taken from greek and latin, the syntax is very difficult and style is noble and magnificent. We can presume a relationship between the translations from the poets of middle comedy and the translations from Archilocus and Simonides: the first ones have the metre and the style of italian comedy, while the second ones are a sort of "chorus", like the ones of the Aminta and Pastor fido. There's a problem concerning the attribution of the two fragments Dal greco di Simonide. They are not from the same author only the second is by Simonides Coeus, while the first one is by Semonides of Amorgo, and also the Satira sopra le donne is by Semonides. We must presume that Leopardi knew only Simonides Coeus: he thought that Simonides was the author of all the compositions he translated under this name. Poeti greci e latini, a c. di F. D'INTINO, Roma 1999 e N. BELLUCO, nDifficolta e impossibilita di ben tradurre*. Teoria e pratica della traduzione nei pensieri dello Zibaldone, in Lo Zibaldone cento ami dopo: composizione, edizione, temi Atti del X Convegno internazionale di studi leopardiani, Firenze 2001. The "Volgarizzamento della satira di Simonide sopra le donne" has been composed before the "Versi morali". It has the same metre of the translations from poets of middle comedy, but it is more complex. Leopardi emphasizes the dark and sardonic note, and the satire is just an opportunity to speak about the cruelty of human destiny. As in the "Zibaldone" and in the "Pensieri", woman here is the symbol of a more general unhappiness, and her wickedness is just one of the many misfortunes that trouble mankind. Leopardi also forces the translation in order to give a particular description of gods: they are presented as an intermediary between mankind and destiny, and they are similar to the gods in the "Storia del genere umano", but this interpretation is not suggested from the original greek poem. These compositions are the last poems of Leopardi, before the composition of the "Operette morali": and they give evidence to the attempt to find, through translation, new forms and styles for italian language. Two masterpieces, the translations "Dal greco di Simonide" of the "Canti", rose among these poems: a study of the two fragments together with the other translations is necessary to improve knowledge of their history and their meaning.
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MATASCI, JOELLE. "Le Historiae adversus paganos di Paolo Orosio volgarizzate da Bono Giamboni." Doctoral thesis, Scuola Normale Superiore, 2020. http://hdl.handle.net/11384/95190.

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Ventura, Simone. "Il volgarizzamento occitanico del De proprietatibus rerum di Bartolomeo Anglico (Paris, Bibliothèque Sainte-Geneviève, ms. 1029) : edizione interpretativa del prologo in versi Palaytz de Savieza e del libro XV, De las proensas." Paris 3, 2005. http://www.theses.fr/2005PA030150.

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Abstract:
L'encyclopédie occitane intitulée Elucidari de las proprietatz de totas res naturals est l'une des versions vernaculaires du De proprietatibus rerum, ouvrage latin compilé au milieu du XIIIe siècle par le franciscain Barthélemy l'Anglais. Exécutée dans les années 1355-1360, la version en langue d'oc a été commandée par Gaston III Fébus (1331-1391), comte de Foix et de Béarn. Elle s'inscrit dans la vague de traductions qui caractérise la seconde moitié du XIVe siècle en France. L'œuvre analysée est transmise par un manuscrit unique, le ms. 1029 de la Bibliothèque Sainte-Geneviève à Paris. Ce travail consiste en l'édition commentée du prologue en vers intitulé Le Palaytz de Savieza et des livres III (De anima), XV (De provinciis et lapidibus) et XVI (De lapidibus). L'édition de ces textes est précédée par une introduction qui situe l'œuvre dans son cadre historique et culturel, et d'un examen de la langue du scribe, qui s'assimile à un dialecte languedocien méridional (Toulouse, Pays de Foix) avec des influences gasconnes. Une bibliographie, un glossaire et, en annexe, un tableau des rubriques des livres édités, la version latine du livre sur l'âme ainsi qu'un glossaire, concluent le travail de thèse ici présenté
The occitan encyclopedia Elucidari de las proprietatz de totas res naturals is a vernacular rendering of the De proprietatibus rerum, a latin work compiled in the middle of the XIIIth century by the Franciscan friar Barthelemy the Englishman. Composed in the years 1355 to 1360, the occitan version was requested by Gaston III Febus (1331-1391), count of Foix and Bearn. The work in question is known in only one manuscript, ms. 1029 of the Bibliotheque Sainte-Genevieve in Paris. This dissertation consists in the critical edition and commentary of the verse prologue, entitled Le Palaytz de Savieza, book III (De anima), XV (De provinciis et lapidibus) and XVI (De lapidibus). The edition itself follows an introduction where the historical and cultural context of that translation is clearly set out and where we proceed to a detailed linguistic study, in which we conclude that the text is written in a south Languedocian dialect (Toulouse, Pays de Foix) marked by Gascon influences. This dissertation finally includes a bibliography, a glossary, and in appendix a table with the rubrics of the books edited, the latin text of the book on the soul as well as a glossar
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Ventura, Simone <1974&gt. "Il volgarizzamento occitanico del "De proprietatibus rerum" di Bartolomeo Anglico (Paris, Bibliothèque Sainte-Geneviève, Ms. 1029): edizione interpretativa del prologo in versi "Palaytz de savieza" e del libro XV "De las proensas"." Doctoral thesis, Università Ca' Foscari Venezia, 2005. http://hdl.handle.net/10579/664.

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Capirossi, Arianna. "La ricezione di Seneca tragico tra Quattrocento e Cinquecento: edizioni e volgarizzamenti." Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/2158/1154757.

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Abstract:
La tesi presenta un’indagine sulla ricezione del corpus tragico di Seneca in età umanistica, focalizzandosi in particolare sulle edizioni a stampa (incunaboli e cinquecentine fino all'anno 1514) e sui volgarizzamenti. Il primo capitolo riassume brevemente la circolazione delle tragedie senecane nei codici manoscritti durante il Medioevo. Il secondo capitolo contiene il catalogo e la descrizione delle edizioni a stampa delle tragedie dall'editio princeps (Ferrara, ante 17 dicembre 1478) all'edizione a tre commenti a cura di Josse Bade (Parigi, 5 dicembre 1514). Per ciascuna edizione, si analizzano i paratesti (prefazioni, lettere di dedica, commenti, componimenti poetici, illustrazioni) e si ricostruiscono le identità delle personalità che contribuirono alla pubblicazione (editori, commentatori, dedicatari, tipografi). Le prefazioni e le lettere di dedica sono pubblicate in appendice e corredate di traduzione. Una sezione è dedicata ai commenti umanistici di Gellio Bernardino Marmitta, Daniele Caetani e Josse Bade. Il terzo capitolo propone l’analisi testuale dei cinque volgarizzamenti delle tragedie senecane prodotti fino all'anno 1497. Il primo è contenuto nel poemetto incompiuto «Ippolito e Fedra» di Sinibaldo da Perugia (ante 1384). Il secondo è un volgarizzamento anonimo in prosa di area napoletana (prima metà del Quattrocento). Il terzo è il volgarizzamento in versi di Evangelista Fossa dell'«Agamemnon», stampato a Venezia il 28 gennaio 1497. Il quarto è il volgarizzamento in versi di Pizio da Montevarchi dell'«Hercules furens», inedito, conservato nel manoscritto 106 della Biblioteca Classense di Ravenna, del 1497-1498. Il quinto è il volgarizzamento in versi dell'«Hippolytus», ancora di Pizio da Montevarchi, stampato a Venezia il 2 ottobre 1497. Nella tesi, si pubblicano i testi degli ultimi tre volgarizzamenti individuati. This thesis presents a survey of the reception of Seneca's tragedies between Quattrocento and Cinquecento, focusing on printed editions (incunabula and cinquecentine published until 1514) and vernacular translations. The first chapter summarizes the circulation of Seneca's tragedies in manuscripts during the Middle Ages. The second chapter contains the catalogue and the description of the printed editions of the tragedies from the editio princeps (Ferrara, before 17 December 1478) to the three-comment edition edited by Josse Bade (Paris, 5 December 1514). For each edition, I analyzed the paratexts (prefaces, dedicatory letters, comments, poems, illustrations) and I reconstructed the identities of the personalities who contributed to the publication (editors, commentators, dedicatees, printers). Prefaces and dedicatory letters are published in the appendices with an Italian translation. A section is devoted to the humanistic commentaries by Gellio Bernardino Marmitta, Daniele Caetani and Josse Bade. In the third chapter I focused on the five vernacular translations of Seneca's tragedies produced until 1497. The first is contained in the unfinished poem "Ippolito e Fedra" by Sinibaldo da Perugia (before 1384). The second is an anonymous prose translation produced in the Neapolitan area during the first half of the fifteenth century. The third is the verse translation by Evangelista Fossa of the "Agamemnon", printed in Venice on 28 January 1497. The fourth is the verse translation by Pizio da Montevarchi of the "Hercules furens", preserved in the manuscript 106 of the Classense Library of Ravenna (1497-1498). The fifth is the verse translation of the "Hippolytus", again by Pizio da Montevarchi, printed in Venice on 2 October 1497. In my thesis, I edited the texts of the last three vernacular translations.
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SANTONI, ALESSANDRA. "I volgarizzamenti di Bernardo di ser Francesco Nuti: l'Etica d'Aristotile e il De bello italico adversus Gothos." Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/2158/1156063.

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PENAZZI, Alessandro. "Pietro Crescenzi, Libro dell'utilità della villa, Primi studi sul volgarizzamento." Doctoral thesis, 2012. http://hdl.handle.net/11562/397135.

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Abstract:
Il Liber ruralium commodorum è un punto di partenza privilegiato per lo studio della cultura medievale italiana ed europea. L’opera è una compilazione manualistica di respiro enciclopedico che descrive la vita di una tenuta agricola padana alla fine del ‘300. Il suo autore, Pier de Crescenzi, bolognese giudice per professione, agronomo per passione, aveva raccolto una buona esperienza nel corso delle sue peregrinazioni per l’Italia settentrionale a seguito dei podestà e, al termine della sua carriera, si era ritirato nei suoi possedimenti poco lontano da Bologna. Lì, spinto dall’insistenza di alcuni amici, aveva dato termine al trattato illustrando in dodici libri una pianificazione organica ed una perfetta organizzazione della tenuta che, unita ai valori etici e morali all’insegna della pace della concordia, arriva a formare una vera e propria filosofia agricola. Per questo spirito, per l’ efficacia dell’illustrazione e la chiarezza del dettato, l’opera godette fortuna immediata e duratura fino a trasformarsi in paradigma per tutta la tradizione agronomica europea. Però, mentre la circolazione nelle regioni transalpine si lega indissolubilmente alla lingua latina, lasciando ad un momento successivo le traduzioni secondo le varie lingua nazionali, in Italia l’opera segue immediatamente i percorsi del volgare e della traduzione. Oltre a dimostrare il favore del pubblico per l’opera, i volgarizzamenti sono testimonianza tangibile di nuove dinamiche culturali che investirono profondamente la società italiana. Il testo latino, in effetti, si proponeva come strumento di cerniera tra le conoscenze classiche degli autori latini, le nuove teorie elaborate dalla filosofia naturale medievale e le moderne esperienze agronomiche dell’autore. Nel disegno di Crescenzi, il pubblico dell’opera era formato dalle fasce urbane politicamente più influenti e socialmente meglio istruite che, sul finire del XIV secolo, riscoprivano le possessioni terriere sia come investimento sia come riflesso del loro status. All’interno di quel settore civico coesistevano anche altri gruppi, che vantavano un dinamismo sociale ed economico identico o superiore ai precedenti, ma su una base culturale lontana dai modelli latini tradizionali. Spinto dall’ambizione del confronto, questo pubblico richiese la costruzione di una propria cultura, sempre basata su autori e testi canonici, ma svolta in lingua volgare. Questa dinamica portò nel volgere di un secolo alla nascita di un ampio filone di traduzioni che trasformeranno la cultura medievale in qualcosa di nuovo e, con l’arrivo della stampa, troveranno una netta affermazione sulle lingue classiche. È proprio grazie ai volgarizzamenti che il Libro dell’utilità della villa prosegue la sua storia, rinnovando attorno a sé l’interesse e gli studi. Se il testo viene più volte ristampato fino al 1851 per il suo valore tecnico, è l’interesse linguistico a predominare gli studi sull’opera a partire dalla citazione dell’opera fatta da Pietro Bembo nelle sue Prose della volgar lingua fino all’ingresso del testo nel Dizionario dell’Accademia della Crusca del 1612 attraversando tutta la questione della lingua. A questa sfera d’interesse, che per tre secoli garantisce all’opera l’attenzione degli studiosi, si sommano le analisi portate avanti dalla storiografia in concomitanza con il tramonto dell’agricoltura tradizionale sul finire del XIX secolo. In quelle analisi il trattato diviene testimonianza di pratiche scomparse e di tradizioni passate, figlie della loro epoca e caratteristiche di un momento storico, il Medioevo, sempre più identificabile nei fenomeni che lo caratterizzano (comuni, mercatura, autori e testi). Tuttavia il testo in circolazione ancora oggi ha subito gli incidenti tipici dei manoscritti, aggravati da molti interveti arbitrati che, con l’intento di restaurare la bontà, hanno prodotto una vulgata di scarso valore filologico. L’esigenza di produrre finalmente un testo critico, affidabile e controllato secondo le moderne esigenze ecdotiche, si prefigura, ormai, come il prossimo passaggio degli otto secoli di storia del Libro dell’utilità della villa.
Study the ancient translation in Italian vulgar of the Pietro Crescenzi's Liber ruralium commodorum, alias Libro dell'utilità della villa, revels new elements for ancient agronomy, medieval society, history of Italian language and for the whole literal gender of vulgarization.
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Cambi, Matteo. "Indagini sull'Histoire ancienne jusqu'à César in Italia." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11562/978426.

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Pregnolato, Simone. "Il «Troiano Riccardiano» di Mazzeo Bellebuoni, volgarizzamento trecentesco pistoiese dell'«Historia destructionis Troiae» di Guido delle Colonne. Saggio d'edizione critica, commento linguistico e glossario." Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/11562/994417.

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Abstract:
La presente Tesi di Dottorato verte sull’inedito volgarizzamento in pistoiese dell’«Historia destructionis Troiae» che il notaio Mazzeo Bellebuoni (ca. 1270-1348) realizzò nell’anno 1333 (si tratta della redazione tradizionalmente siglata B all’interno della compagine dei volgarizzamenti italiani da Guido Giudice). Di questo testo, per il quale propongo la denominazione – non attestata nella tradizione manoscritta ma univoca – di «Troiano Riccardiano» (= TR), s’è approntato un saggio d’edizione secondo il cod. Firenze, Biblioteca Riccardiana, 2268 (= R2), apografo databile al terzo quarto del XIV secolo, di colorito linguistico assimilabile al vernacolo proprio dell’autore; le carte edite vanno da 2r a 24v e corrispondono ai primi sei Libri della fonte volgarizzata. Il teste base è parecchio inquinato da errori di copia, che si sono cercati d’emendare, qualora possibile, attraverso il secondo testimone del TR, segnato Firenze, Biblioteca Riccardiana, 1095 (= R1; a. 1399, patina pratese: tutte le varianti di sostanza emerse dalla collazione sono registrare in Appendice); in casi d’adiaforia, a ogni buon conto, l’«edizione critica del manoscritto» (e non del testo), così come l’ha chiaramente descritta Pietro G. Beltrami, prevede la difesa del cod. «di superficie» (L. Leonardi) e l’accoglimento a testo delle sue lezioni. Una collazione sistematica in vista d’una futura edizione integrale del TR riuscirà a determinare con precisione l’ordinamento stemmatico dei due mss. Riccardiani, che a un primo esame paiono comunque collaterali e discendenti da un archetipo comune. L’interesse per questo volgarizzamento (e per il cod. R2) è soprattutto storico-linguistico, e la scelta di predisporre un’edizione critica del manoscritto va proprio nella direzione dell’esame del pistoiese letterario del Bellebuoni; una volta allestito il testo critico, s’è proceduto infatti a un’analisi della grafia e della fonomorfologia: gli spogli hanno confermato quanto Arrigo Castellani aveva ipotizzato, e cioè la caratterizzazione sostanzialmente pistoiese di R2, ciò che significa, dal punto di vista della critica del testo, l’avallo della scelta di fondo d’eleggere questo ms. (e non l’altro) a testimone di riferimento. I tratti della parlata medioevale di Pistoia, già noti specialmente attraverso l’esame dei testi pratici condotto da Paola Manni e l’expertise di Valentina Pollidori sul canzoniere P della nostra lirica delle Origini (Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, Banco Rari 217 [olim Palatino 418]), ne sono usciti convalidati; tuttavia, il TR secondo la redazione R2, teste assai lungo (ca. 90 fogli vergati in una fitta scrittura notarile), fornisce allo storico della lingua una documentazione consistente che non ha eguali per numero d’allegazioni, mostrando al contempo quanto il pistoiese della prima metà del Trecento abbia perduto molti dei suoi antichi connotati più caratterizzanti, scolorendo nella varietà di Firenze (dominatrice su Pistoia già dal celebre assedio del 1305-1306). Corredano la Tesi un Glossario selettivo, comprendente tutto il lessico di non immediata intellegibilità e le voci etimologicamente incerte (ancorché semanticamente chiare), gl’Indici onomastici (degli antroponimi, dei toponimi e degli idronimi, degli asteronimi, dei teonimi e degli etnonimi) e un’Introduzione che colloca l’autore nel proprio ambiente storico e filologico-letterario.
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GUALDO, IRENE. "La tradizione manoscritta del volgarizzamento del "Liber de doctrina dicendi et tacendi" di Albertano da Brescia." Doctoral thesis, 2018. http://hdl.handle.net/11573/1209817.

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Abstract:
La tradizione manoscritta del volgarizzamento del «Liber de doctrina dicendi et tacendi» di Albertano da Brescia La tesi affronta lo studio della tradizione manoscritta di tre versioni anonime italiane (tra cui due inedite) del volgarizzamento del De doctrina dicendi et tacendi (1245) di Albertano di Brescia (inizio del XIII secolo - Brescia, 1270 ca.). L’opera del giudice bresciano è un trattato retorico e morale che ha goduto di immediato successo e diffusione nel Medioevo, sia in Italia che in Europa, come dimostrano le sue numerose traduzioni in diverse lingue romanze. Tra queste, il primo volgarizzamento a noi noto è quello attribuito ad Andrea da Grosseto, che tradusse i trattati morali di Albertano nel 1268, in Francia, imitato, a distanza di pochi anni, dal notaio pistoiese Soffredi del Grazia. Tra le altre versioni, ne ricordiamo anche una fiorentina (della fine del XIII secolo), una pisana (1287-8) e tre volgari anonime, di cui due pubblicate per la prima volta in questa sede. Ad oggi, il quadro della tradizione manoscritta del "Liber de doctrina dicendi et tacendi" rimane poco chiaro. Già Segre e Marti, nel 1959, sottolineavano che gli studi sui rapporti tra i vari volgarizzamenti del lavoro di Albertano erano insufficienti. In particolare, l’assenza di una distinzione tra le diverse redazioni italiane e, soprattutto, di un’edizione delle versioni anonime fondata su criteri scientifici ha a lungo impedito il confronto con le altre versioni italiane ed europee. La prima metà di questo lavoro si propone di inquadrare le versioni italiane del trattato nel loro contesto storico e di commentarle dal punto di vista culturale, letterario e linguistico. Nell’introduzione ai testi si è tentato, per quanto possibile, di tracciare un quadro del Fortleben europeo dell’opera di Albertano. L’indagine si è soffermata, in particolare, sulla traduzione del trattato ad opera di Brunetto Latini; la collazione tra la versione francese del "Liber" inglobata nel "Tresor" e i volgarizzamenti toscani evidenzia errori e innovazioni comuni, che suggeriscono l’esistenza di una parentela. Dal punto di vista letterario, questo lavoro considererà lo sviluppo dei temi del silenzio e della consolatio come possibili remedia per sanare il conflitto interiore dal trattato di Albertano fino alle opere di Petrarca. Dal punto di vista linguistico, si valorizzerà l’imprescindibile contributo dei volgarizzamenti del "Liber" alla fondazione della prosa italiana, paragonabile a quello dei tre Canzonieri della lirica delle origini, che ha segnato l’inizio della nostra tradizione poetica. La seconda parte di questa tesi è dedicata allo studio della tradizione manoscritta del volgarizzamento del trattato, che ha permesso di arricchire il censimento del 2011 di tre nuovi manoscritti e di ricostruire le relazioni stemmatiche tra i suoi testimoni. Lo studio dei testi trasmessi da questi manoscritti ha permesso di rischiarare alcune zone d’ombra riguardanti i rapporti che intercorrono tra le versioni volgari, e di identificare almeno tre diverse versioni anonime: la «Vulgata», una versione abbreviata, trasmessa da ventinove manoscritti, che privilegia il messaggio morale e gnomico del trattato a discapito della precettistica retorica; l’«Integrale», una versione completa più fedele alla fonte latina, testimoniata da cinque manoscritti; la «Composita», apparentemente più tarda rispetto alle precedenti, trasmessa anch’essa da cinque testimoni. Per ogni versione si è tracciato uno stemma codicum e pubblicato un testo rappresentativo, al fine di fornire un’analisi linguistica necessaria a stabilire le relazioni che collegano queste versioni tra loro e, se possibile, la loro origine.
The manuscript tradition of the «Liber de doctrina dicendi et tacendi» by Albertanus of Brescia in the Italian vernacular This thesis deals with the study of the manuscript tradition of three anonymous Italian versions (including two unpublished) of the vulgarisation of the De doctrina dicendi et tacendi (1245) by Albertanus of Brescia (beginning of the 13th century - Brescia, around 1270) and aims to publish the critical edition of these versions. The work of the Lombard Judge is a rhetorical and moral treatise that has enjoyed immediate success and diffusion in the Middle Ages, both in Italy and in Europe, as it can be proved by its many translations into several Romance languages. Among them, the first vulgarisation that we know is the one attributed to Andrea da Grosseto, who translated the moral treatises of Albertanus in 1260, in France; his work was followed by another translation, accomplished by the notary of Pistoia Soffredi del Grazia. Among other translations, we also recall one Florentine version (late Thirteenth century), one pisane (1288), and three anonymous vulgar versions, two of which published here for the first time. Previously, the framework of the manuscript tradition of the "Liber de doctrina dicendi et tacendi" was very nebulous. As already pointed out by Segre and Marti in 1959, studies concerning the relations among the various Italian vulgarisations of Albertanus’s work were insufficient. In particular, the absence of a distinction between the different Italian versions and, especially, of an edition of the anonymous ones, based on scientific criteria, has long prevented comparisons with other Italian and European versions. The first part of this work aims to frame the Italian versions of the treatise in their context and to comment on them from the cultural, literary and linguistic point of view. In this introduction to the texts, an attempt has been made to bring together the results of the inquiry into the European heritage of Albertanus’s book, related to the popularisation of Latin and French rhetorical and moral treatises. The comparison also concerned the translation of the treatise by Brunetto Latini. The collation between the French version of the Liber included in the Tresor and the Tuscan vulgarisations highlighted common errors and innovations, which suggest the existence of a relation. From the point of view of the literary heritage, this work will examine the themes of silence and consolatio considered as possible remedies to heal the inner conflict, from Albertanus’s treatise to Petrarch’s works. From a linguistic point of view, the indispensable contribution of the vulgarisations of the "Liber" to the founding of the Italian prose, comparable to that of the three Canzonieri, which marked the beginning of the vulgar poetic tradition, will be highlighted. The second part of this thesis is devoted to the study of the manuscript tradition of the vulgarisation of the treatise, which allowed to enrich the 2011 census with three new manuscripts and to reconstruct the stemmatic relations among its witnesses. The examination of the texts has led to clarify areas of shadow concerning the relations among the vulgar translations and to identify at least three different anonymous versions: the «Vulgate», a shortened version, transmitted by twenty-nine manuscripts, which privileges the moral and gnomic message to the detriment of its rhetorical content; the «Integral», a complete version more similar to the Latin text, testified by five manuscripts; the «Composite», apparently subsequent to the previous ones, also transmitted by five witnesses. For each version, a stemma codicum was drawn and a representative text was published, in order to carry out a linguistic analysis necessary to establish the relations which connect these versions and their origin.
La tradition manuscrite du « Liber de doctrina dicendi et tacendi » d’Albertano da Brescia dans les vulgaires italiens Cette thèse porte sur l’édition et l’étude de la tradition manuscrite des trois rédactions (dont deux inédites) de la « vulgarisation » (« volgarizzamento ») du De doctrina dicendi et tacendi (1245) d’Albertano da Brescia. L’oeuvre du Juge lombard est un traité rhétorique et moral qui a connu un immédiat succès de public au Moyen Âge, à la fois en Italie et en Europe, comme le prouvent ses nombreuses traductions dans plusieurs langues romanes. Parmi elles, la vulgarisation la plus ancienne que nous connaissons est celle attribuée à Andrea da Grosseto, qui traduisit les traités moraux d’Albertano en 1268, en France ; son travail fut suivi par celui du notaire de Pistoia Soffredi del Grazia, qui prépara une seconde traduction. Parmi les autres traductions, nous rappelons également une version florentine (fin du XIIIe siècle), une pisane (1288, transmise par le manuscrit connu comme « Bargiacchi »), et trois rédactions vulgaires anonymes, jusqu’à aujourd’hui inconnues, dont ce projet vise à publier les textes. Auparavant, le cadre de la tradition manuscrite de la vulgarisation du Liber de doctrina dicendi et tacendi était peu clair. Comme l’avaient déjà souligné Segre et Marti en 1959, les études concernant les relations entre les vulgarisations italiennes de l’oeuvre d’Albertano étaient insuffisantes. En particulier, l’absence d’une distinction circonstanciée entre les différentes rédactions et, notamment, d’une édition des rédactions anonymes fondée sur des critères scientifiques a longtemps empêché la comparaison avec les autres versions italiennes et européennes. La première partie de ce travail vise à resituer les versions italiennes du traité dans leur contexte et à les commenter du point de vue culturel, littéraire et linguistique. Dans cette introduction aux textes, on a essayé de réunir les résultats de l’enquête sur la fortune européenne du livre d’Albertano, mise en rapport avec les vulgarisations du latin au français de traités rhétoriques et moraux, parmi lesquelles la traduction du "De doctrina" peut s’inscrire. La comparaison a concerné aussi la traduction du traité faite par Brunetto Latini. La collation entre la version française du Liber de doctrina dicendi et tacendi comprise dans le "Tresor" (II, LXI-LXVII) et les vulgarisations toscanes a mis en relief des fautes et des innovations communes, qui laissent supposer l’existence d’une parenté. La présence, dans l’oeuvre de Brunetto, de choix lexicaux et de syntagmes absents dans le texte latin et cependant repérables dans une version toscane du traité est une nouveauté très intéressante. Sur la base de ces leçons alternatives, on a pu bâtir un raisonnement génétique et postuler un lien entre la version de Brunetto et la traduction effectuée par Andrea da Grosseto. Du point de vue de l’héritage littéraire, on examinera les thèmes du silence et de la consolatio considérés comme de possibles remèdes pour guérir le conflit intérieur, à partir du traité albertanien jusqu’à Pétrarque. On analysera d’abord les similarités et les différences entre les approches des deux auteurs du conflit intime : d’une part, un projet pédagogique qui s’adresse aux citoyens de la ville, de l’autre, la quête de l’ataraxie et de la solitude, à l’abri des dangers que la ville et sa perniciosa occupatio peuvent présenter, avec la seule compagnie des grands hommes du passé, interlocuteurs privilégiés d’un méditatif silentium animi. Sous l’aspect linguistique, le dernier chapitre de la première partie mettra en évidence l’apport indispensable des vulgarisations du Liber à la fondation de la prose italienne des origines, surtout du côté lexical, comparable à celle des trois Canzonieri qui marquent le début de la tradition poétique vulgaire. La deuxième partie de cette thèse concerne l’étude de la tradition manuscrite de la vulgarisation du traité, qui a permis d’enrichir le recensement du 2011 avec trois nouveaux manuscrits (dont un, le manuscrit MA 465 de la Bibliothèque Angelo Mai de Bergamo, bilingue) et de reconstruire les relations stemmatiques parmi ses témoins. L’examen approfondi des textes a permis d’éclaircir certaines zones d’ombre qui concernent les rapports entre les rédactions vulgaires et d’identifier au moins trois versions anonymes différentes : 1) la « Vulgate », une version « abrégée », transmise par vingt-neuf manuscrits, dont celui du Collège d’Espagne de Bologne n’avait jamais été recensé auparavant. Il s’agit d’une version qui privilège le message moral et gnomique au détriment de son contenu rhétorique, en flattant le goût médiéval pour la brièveté et la condensation aphoristique. 2) L’ « Intégrale », une version complète et plus fidèle au texte latin, dont nous avons cinq manuscrits.3) La « Composite », remaniement transmis par cinq témoins, apparemment plus tardive et caractérisée par l’attribution de certaines citations à des auctoritates différentes de celles utilisées dans le texte-source latin. Cette version garde seulement le prologue et le premier livre du traité : la deuxième partie du texte semble provenir de Liber de Amore et Dilectione Dei d’Albertano, mélangé avec le Liber de doctrina et d’autres sententiae. Enfin, la structure cicéronienne des circumstantiae locutionis (bien qu’annoncée dans le prologue et présente dans le modèle latin) disparaît complètement dans cette rédaction. Pour ce qui concerne cette version, le recensement a été enrichi d’un autre témoin, le ms. 1004 de la Bibliothèque Universitaire de Padoue. Pour chaque version, on a essayé de tracer un stemma codicum en choisissant un certain nombre de loci critici, à partir desquels on a pu effectuer une collation de tous les témoins et publier au moins un texte représentatif, afin d’effectuer une analyse linguistique, textuelle et macrotextuelle nécessaire pour établir les rapports qui lient ces versions et, si possible, leur origine.
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CIRONE, GIUSEPPE. "Il volgarizzamento del "Dialogo di Sancto Gregorio" di Domenico Cavalca: prime indagini testuali." Doctoral thesis, 2019. http://hdl.handle.net/11573/1549912.

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D'Anzi, Maria. "Il volgarizzamento anonimo dell’"Anathomia" di Mondino de’ Liucci (ms. B.1611 - Bologna, Archiginnasio)." Tesi di dottorato, 2007. http://www.fedoa.unina.it/2190/1/D%27Anzi_Il_Testo_tra_Filologia_e_Storia.pdf.

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Bellia, Marcello. "Herculea ope vobis Menaechmis Scena revixit: il Principe e la commedia (Ferrara, 1486-1505)." Doctoral thesis, 2021. http://hdl.handle.net/2158/1265159.

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Abstract:
La tesi indaga la civiltà dello spettacolo ferrarese sotto Ercole I d’Este, un sovrano che controlla, promuove e dirige la vita festiva e cerimoniale con fermezza secondo un preciso disegno politico. Con il sussidio di un’ampia gamma di fonti cronistiche, epistolari, archivistiche, letterarie e iconografiche, il lavoro tenta di ricostruire le fonti di ispirazione, la trama simbolica e allegorica del progetto teatrale erculeo e le realizzazioni materiali di alcuni spettacoli. Il focus si concentra su un aspetto ancora non indagato in profondità, perché dato per scontato o ingiustamente ritenuto estraneo all’ambito delle discipline dello spettacolo: la ricezione attiva di Plauto e Terenzio ma anche di Luciano o Ovidio e il loro specifico riuso nei volgarizzamenti commissionati dal Duca agli intellettuali della sua corte. Intrecciando le prospettive tradizionali della filologia classica con quelle teatrologiche si indagano, cioè, i modi attraverso i quali si assimila a più livelli e si attualizza espressivamente il patrimonio ritrovato della cultura classica identificando in questo passaggio la cifra costitutiva della scena erculea, l’aspetto che, in altre parole, maggiormente la definisce e la distingue da altre realtà coeve. Il lavoro è articolato in due parti precedute da un’introduzione, nella quale si fissano alcuni punti nodali relativi al contesto ferrarese tardo-quattrocentesco. Ai nastri di partenza si colloca l’illustre umanista Guarino Veronese, decisivo protagonista, con il suo magistero, nell’esegesi e nella diffusione dei capolavori comici latini, che imprime un forte impulso riformista alla vita culturale estense, arrivando a rivoluzionare il concetto stesso di princeps e di corte. Dallo Studio alla città: un Apologo di Pandolfo Collenuccio è il punto di avvio di una riflessione teorica intorno alla categoria estetica di comico e di commedia; quindi, si guarda al laboratorio teatrale erculeo nei suoi tratti ibridi e polimorfi, quale spazio privilegiato di incontro tra l’eredità romanza della cultura volgare e i classici da poco riscoperti dagli umanisti. L’indagine è condotta attraverso una campionatura di episodi festivi e di documenti estrapolati come più significativi. La prima sezione esplora la festa per le nozze di Alfonso d’Este, primogenito di Ercole ed erede al soglio ducale, e Anna Sforza, nipote di Ludovico il Moro e sorella del duca nominale di Milano Gian Galeazzo Maria Sforza, ricostruita alla luce di evidenze documentarie inedite. Il confronto tra l’ingresso trionfale della sposa a Ferrara, avvenuto il 12 febbraio 1491, e la speculare entrata processionale degli Este a Milano del 22 gennaio dello stesso anno, rivela con chiarezza le differenze tra le rispettive tattiche promozionali di Ercole I e Ludovico il Moro. Il complesso cerimoniale architettato da Ercole per la giornata conclusiva dei festeggiamenti costituisce da questo punto di vista una sorta di prototipo delle sue strategie mitopoietiche con cui l’immagine del principe e della corte vengono trasfigurate tra teatro, iconografia e letteratura. L’Amphitrione di Pandolfo Collenuccio, andato in scena con tutta probabilità proprio in quella circostanza, funge da ponte con la seconda sezione della ricerca, dedicata ai volgarizzamenti plautini. La scelta è ricaduta su quelli di sicura provenienza ferrarese: oltre al volgarizzamento collenucciano dell’Amphitruo, rientrano nel gruppo la Cassina e la Mustellaria di Girolamo Berardo e l’Asinaria finora ritenuta anonima e della quale si tenta un’attribuzione. A questo insieme si è aggiunta la Vita de Iosep andata in scena a Ferrara nel 1504, un singolare esperimento di “commedia religiosa” ascrivibile a Collenuccio che assimila il duca estense alla figura del patriarca biblico Giuseppe. L’indagine sui singoli testi si svolge lungo due principali direttrici: A. L’analisi dei motivi tematici. Il filtro culturale imposto dalla scrittura in volgare condiziona le originarie tematiche plautine, di cui naturalmente il volgarizzamento fornisce una declinazione sua propria. L’obiettivo è valutare l’originale apporto dell’autore, che non si limita a ricevere e rielaborare attivamente gli spunti plautini, ma ne aggiunge anche di nuovi, provenienti dal repertorio novellistico-popolare. B. L’interpretazione delle modifiche “strutturali” apportate dai volgarizzatori al dettato plautino. In questa fase si cercano di individuare e analizzare i moduli del testo che ricorrono spesso in corrispondenza di situazioni in cui venga alterato significativamente il testo di Plauto, come ad esempio laddove viene inserita una fine d’atto diversa da quella dell’originale (reimpostando di conseguenza la sequenza fine di atto–inizio del successivo secondo una serie di schemi che hanno tutta l’aria di essere considerati dai traduttori come “canonici”) o in corrispondenza delle sequenze testuali lacunose, mutile o molto problematiche dell’originale. Si tratta di passi che per forza di cose richiedevano un considerevole lavoro di rimaneggiamento (quando non di scrittura ex novo) per poter essere adattati alle esigenze della rappresentazione. In gran conto è tenuta l’eventuale presenza di un codice formulare che descriva il movimento e le forme di interazione dei personaggi sul palco, per noi potenzialmente utilissimo in qualità di porta di (parziale) accesso all’azione scenica.
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